Ultimo Aggiornamento : 10-09-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobiltà e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
 
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Nanni Balestrini

Vogliamo tutto

 

 

 

Prima parte


Primo capitolo


Il sud

Nel sud erano già dieci quindici anni che era cominciato. L'intervento Cassa le nuove industrie la campagna che deve essere industrializzata. E nei comizi che si sentivano allora si diceva che per il progresso nel mezzogiorno bisognava lavorare. Per una nuova dignità umana bisognava produrre. Che ci voleva un nuovo sud lo sviluppo pane per tutti lavoro per tutti eccetera. Lo diceva la Dc lo diceva il Pci lo dicevano tutti.

Che poi quello è stato invece il via all'emigrazione il segnale che tutti dovevano partire su per le fabbriche del nord. Perché nel nord Italia e nell'Europa le fabbriche erano pronte adesso per ricevere tutta quella massa di gente. Gli servivano tutti adesso per le catene di montaggio alla Fiat e alla Volkswagen. E era proprio quell'operaio lí che gli serviva. Un operaio che poteva fare ugualmente tutti i lavori sulla catena come giú nel sud indifferentemente faceva il bracciante o faceva le strade. E che quando era necessario poteva tranquillamente fare anche il disoccupato.

Mentre prima era tutto il contrario. Prima i braccianti dovevano restarsene contadini si doveva tenerli tutti legati alla terra. I lavoratori del sud dovevano essere tenuti tutti legati al sud. Perché se se ne fossero andati tutti a lavorare su nel nord e in Europa allora prima di quindici anni fa ci sarebbe stato un grosso casino lassú. Perché non erano ancora preparati con le fabbriche e con tutto quanto lassú allora. Io queste cose qua che erano successe non le sapevo ancora allora. Me le sono imparate poi nelle discussioni coi compagni. Dopo che l'avevo piantata lí per sempre col lavoro. Dopo il casino che avevo piantato quel giorno lì a Mirafiori.

Ma allora nel sud la parola d'ordine del Pci era: La terra a chi lavora. Ma che cosa gliene poteva fregare ai braccianti della terra della proprietà della terra. Quello che gli fregava a loro erano i soldi che non avevano era la sicurezza di poterseli avere garantiti sempre per tutti i mesi dell'anno. Per cui è finito il Pci nel sud a cambiare la sua politica rispetto al tempo dell'occupazione delle terre. Si è ritirato nelle città amministrative dove non gli resta che correre dietro alle insoddisfazione di artigiani e impiegati. Mentre intanto scoppiano le grandi lotte a Battipaglia e Reggio che per il Pci sono sottoproletari di merda.

E oltre a tutto non è che fosse mai stato povero il sud in generale. Lí si guadagnavano un sacco di soldi da sempre i padroni nell'agricoltura. E cosí aveva continuato a essere dopo la Cassa del Mezzogiorno. Solo che i terrieri erano quelli che guadagnavano mentre quelli che tenevano meno di cinque ettari di terra di lí se ne dovevano sparire.

Facciamo poi anche l'esempio dei padroni delle terre fertili alla periferia di Salerno nella piana del Sele. In questa piana c'erano i pommarolari. Gente che stagionalmente pianta i pomodori e ci lavora tutta la famiglia. Man mano che si guadagnavano i soldi i proprietari hanno trasformato tutto questo lavoro in industria. Cosí adesso producono tutto quanto direttamente dal campo al barattolo di conserva. E i braccianti diventano operai e con le macchine c'è meno gente che lavora ma che produce di piú. E gli altri di lí se ne devono sparire.

Quei proprietari ricchi che la Cassa li aveva espropriati delle terre si erano presi centinaia di milioni in contanti. Anche loro avevano interesse che si facessero le industrie. E poi con quei milioni costruivano appartamenti in città migliaia di appartamenti. E quelli che venivano a lavorare nei cantieri non erano di Salerno la maggior parte venivano da fuori. Gente dell'interno dei paesi di montagna dell'Appennino. Tutta gente che c'aveva la casa il porco le galline la vigna le ulive l'olio ma che lí non ce la facevano piú a campare. Allora si sono venduti sta roba si sono comprati l'appartamento in città e si sono messi lí a lavorare in fabbrica. E cosí in città i disoccupati sono rimasti anzi piú di prima.

Ma era specialmente su al nord che dovevano andarsene la gente dell'interno e dei paesi dell'Appennino. Lí la Cassa non interviene perché di lí se ne devono sparire. Andare al nord a fare lo sviluppo. Perché a loro su gli serviva il nostro sottosviluppo per farlo. Chi ha fatto lo sviluppo del nord tutto lo sviluppo dell'Italia e dell'Europa? Noi lo abbiamo fatto noi i braccianti del sud. Come fossero una cosa diversa gli operai del nord e i braccianti del sud. Altro che sottoproletariato. Perché siamo noi che siamo gli operai del nord. Perché cosa è Torino se non una città del sud? Chi ci lavora? Come Salerno come Reggio come Battipaglia. Dove poi infine capita lí corso Traiano come capita Battipaglia quando si accorge che non ne' può piú la gente. Con tutte queste storie del lavoro su o giú che c'è o non c'è e è sempre una fregatura. Allora si comincia a capire che l'unica è bruciare tutto. Come a Battipaglia eccetera. Come succederà dappertutto tra un po' quando saremo pronti. Che poi cambieremo tutto qua finalmente. Li manderemo a fa 'n culo tutti quanti loro e il loro lavoro di merda.

A Salerno venivano da Nocera da Cava da San Cipriano Picentino da Giffoni da Montecorvino gli edili. Da tutti questi paesi qua venivano gli edili al mattino con le lambrette coi motorini. C'era molto lavoro nella costruzione delle fabbriche. Camionisti per portare il cemento la pietra il ferro. Per fare le strade e tutta sta roba qua. Un boom dell'edilizia a Salerno negli anni 50. Tutti si compravano la lambretta o il motorino. Si cominciava a vedere la prima macchina di massa la 600 che ce l'aveva l'operaio anche. E tutti si compravano il televisore sbucavano fuori antenne della televisione da tutte le parti.

Cominciò a circolare forte la moneta. E c'era sempre piú roba nei negozi di abbigliamento di alimentari eccetera e se ne aprivano sempre di nuovi. Tutti guadagnavano e spendevano di piú a Salerno. Ma in genere non erano il proletariato i disoccupati salernitani. Erano quelli della cintura di paesi intorno. I soldi arrivavano in quei paesi però non restavano in quei paesi naturalmente. La gente si rompeva le scatole di venire tutti i giorni col motorino con la lambretta con la 600 da Montecorvino a Salerno per lavorare e tornarsene poi via la sera. Allora si cercò l'appartamento in città. Infatti tutte queste case nuove che sono state costruite a Salerno sono abitate da gente che prima veniva da fuori.

Molti lavoravano nei cantieri delle case che poi abitavano. Dopo un po' andavano in questi appartamenti in città e pagavano l'affitto o addirittura lo compravano. Questi qua prima non erano dei proletari come quelli in città cioè gente che non teneva un cazzo. A modo loro erano anche dei proprietari avevano la casa il porco le galline la vigna le ulive l'olio. E riuscivano anche a comprarsi l'appartamento in città. Poi si trovavano il posto in fabbrica. Per le assunzioni in fabbrica ci voleva la raccomandazione. Questi campagnoli portavano il prosciutto al deputato. Portavano olio vino e tutta questa roba qua e cosí andavano a lavorare. Riuscivano a trovare il posto solo in questo modo qua. E poi diventavano proletari come quelli in città anche se in verità lo erano sempre stati.

Anch'io riuscii a trovare il posto perché c'avevo uno zio. Che adesso è pensionato statale era nella finanza. Che c'aveva un cugino nell'ufficio di collocamento. Mi portò nell'ufficio di collocamento. Disse al cugino: Questo è un mio nipote. Tu lo devi aiutare lo devi mandare a lavorare. Quello mi fece la carta mi mandò all'Ideal Standard. Feci il colloquio passai la visita all'Inam. Poi ritornai lí per l'esame psicotecnico. L'esame psicotecnico si passava insieme agli impiegati. Solamente avevamo un tempo diverso. Cioè loro dovevano farlo in un minuto e noi in tre minuti. Poi dissero che ci mandavano a fare un corso. Quelli che avevano fatto l'esame psicotecnico migliore andavano a farlo a Brescia.

Noi chiedemmo per quale motivo andavamo a fare questo corso. Dissero che questo corso ce lo pagava la Cassa del Mezzogiorno e serviva a preparare dei tecnici meridionali per le industrie meridionali. Io quando sentii parlare del corso pensai che fosse tutto un fatto tecnico. Tutto il periodo che ero rimasto disoccupato dopo le scuole professionali mi ero fatto un sacco di corsi. Aggiustatore meccanico tornitore eccetera. Facevo corsi per imparare tutte queste cose. Che poi non m'imparavano un cazzo non servivano proprio a niente. Serviva solo all'ufficio di collocamento per tenere una scuola. Non so per quali motivi politici che c'erano dietro a tutte queste scuole.

Comunque sentendo dire corso pensavo che andavamo lí a sentire delle cose che ce le spiegavano. Per partire per Brescia ci dettero il biglietto gratis ci dettero il cestino da viaggio. Alla stazione di Brescia ci aspettava un assistente sociale dell'Ideal Standard. Ci presero dei tassí ci chiamarono per nome che eravamo una ventina. Dieci da una parte cinque da un'altra sette da un'altra. C'avevano trovato anche le pensioni dove dormire. Queste sono le pensioni che vi abbiamo trovato dissero. Poi se non vi piacciono cambiate voi dopo. E il giorno dopo ci presentammo in fabbrica all'Ideal Standard. E questi qua ci dissero che eravamo dei ragazzi simpatici robusti eccetera. E chiesero se volevamo fare delle gite in Francia a Torino a Milano. L'azienda faceva delle gite settimanali o mensili. Ma a noi non ce ne fregava niente di queste gite e dicemmo sí va be'.

Ci dettero la tuta una tuta bianca col marchio sopra IS. Ci portarono nella fabbrica che c'erano fra i trenta e quaranta gradi di calore. Era piena di umido perché lí c'è tutta la ceramica che si deve asciugare. L'acqua evapora e tutto è umidissimo. Noi ci sentivamo proprio di soffocare. Eravamo piú scuri noi di pelle degli operai dell'Ideal Standard di Brescia. Perché lí ogni sera si devono fare la doccia stanno sempre al caldo nel vapore umido e sempre piú la pelle gli diventa bianca. Poi fuori non è che ci sia tanto sole a Brescia. Per cui noi che venivamo dal sud e era fine estate noi eravamo neri. E a quelli gli spaventava un po' il fatto.

Comunque ci spiegano. Ci fanno vedere il cesso il bidè il lavabo la colonnina del lavabo la vasca. Ce li sezionano ci spiegano di quanti centimetri devono essere. Quanti minuti deve stare nella forma il lavabo quanti minuti devono stare nella forma tutti i vari cosi. Ci spiegano la forma come è fatta e le altre cose. E poi ci cominciano a fare vedere come si lavora. Vedevo che lí gli operai bresciani facevano questo lavoro dritto senza pensarci su tanto. Lo facevano za za e basta quasi senza farci caso. Allora mi dissi che cazzo significa questo corso porco dio. Qui si tratta di lavorare realmente o si tratta di diventare dei capi?

Be' mi dissi se si tratta di diventare dei capi allora bisogna lavorare poco. E imparavo con calma io. I miei compagni mettevano due cessi da fare io ne mettevo uno. E andavo avanti a fare cosí. Dopo due o tre mesi che stavamo lí ci mettemmo anche a fare delle lotte. Perché lí facevano sciopero e facevamo sciopero pure noi istintivamente appresso a questi bresciani. Ci pagava la Cassa del Mezzogiorno prendevamo diecimila lire la settimana di trasferta piú di quarantamila lire al mese. Poi ci davano sessantamila lire al mese e c'avevamo la mensa gratis la mensa nell'azienda. C'avevamo il trasporto gratis per tutta la città per tutte le linee.

Prima di Brescia ognuno di noi era di un paese diverso di una zona diversa. E facevamo tutti una vita tipicamente meridionale. Invece lí dormivamo in cinque o sei per pensione mangiavamo allo stesso orario prendevamo gli stessi pullman: E così cominciavamo a capire i vantaggi del lavoro nell'industria. Perché in effetti non è che ci sfruttavano a fare quel lavoro perché stavamo facendo soltanto un corso. Non ci sembrava di essere sfruttati almeno questa era la nostra impressione. E ci avvicinavano dei sindacalisti di fabbrica dicendo che poi una volta tornati nel sud bisognava lottare. Bisognava portare il sud allo stesso livello del nord eccetera.

Un giorno questi operai dell'Ideal Standard facevano una lotta uno sciopero e allora noi ci fermammo a parlare coi sindacalisti. Facevano sciopero per l'aumento del premio di produzione e dissero che noi pure facevamo produzione. E io dissi: No noi facciamo un corso. No fate anche voi la produzione perché quei pezzi che voi fate se li prendono e se li vendono. Voi non è che fate un corso voi producete. Un cesso costa dieci quindicimila lire non è che fate un cazzo. A noi ci va benissimo questo fatto questa scoperta noi che credevamo di vivere a sbafo alle spalle della ditta. E ci mettiamo fuori seduti a non entrare neanche noi.

In quel periodo era arrivato a Brescia il direttore dell'Ideal Standard di Salerno. Ci vede lí seduti per terra e ci chiede che cosa cavolo facciamo. Eh stiamo facendo sciopero. Ma entrate no? Ma noi abbiamo deciso di lottare. Poi dopo due giorni quelli di Brescia smettono la lotta ma noi decidiamo di continuare ancora. Stiamo lí seduti soltanto noi noi venti davanti al cancello gli altri erano entrati. Mentre stavamo lí cosí arriva un guardione e ci chiama: Vi vuole parlare il direttore. Entriamo dentro. Cazzo ci vuole parlare il direttore chissà forse ci vogliono dare qualche aumento.

Entriamo dentro e quello ci fa: Sentite ragazzi nel sud ci sono tanti operai disoccupati voi non siete gli unici. Noi vi possiamo sbattere fuori subito da questo momento. Anzi dovrei averlo già fatto. Per quale motivo avete fatto sciopero? Ve lo ha detto il sindacalista? Siete iscritti a qualche sindacato? No dico perché bisogna essere iscritti a qualche sindacato per fare sciopero? Sí gli scioperi si fanno soltanto col sindacato. Se li fate fuori dal sindacato vi possiamo sbattere via. Eh ma noi non lo sapevamo. Abbiamo fatto la lotta cosí l'hanno fatta gli altri e l'abbiamo fatta pure noi.

Comunque voi volete essere aumentati ma lo sapete che non producete niente? Lo sapete che nella fabbrica di Salerno hanno cominciato a lavorare un mese fa e adesso già producono sedici pezzi e qualcuno anche diciotto? E voi qua ne fate quattordici e prendete di piú? Noi diciamo che non può essere vero che è impossibile che è una bugia per farci smettere. No dice lui io vi posso bloccare il corso da questo momento e vi rimando a Salerno. Se voi volete venire a lavorare ci venite se no ve ne andate. A noi non ci interessa. E non vi do nessun aumento.

O vi sbatto fuori subito o voi decidete qui adesso di tornare a lavorare. E se fate cosí io vado di là e decido se rimandarvi a Salerno o riprendervi a lavorare. Insomma ci mettiamo un po' a discutere tra noi. Io dico be' ci conviene tenere duro no? Diciamo che non vogliamo lavorare e cosí questi ci sbattono via. Torniamo giú fuori tutti venti e ci mettiamo a fare casino davanti alla Standard e poi facciamo anche altre cose. Ma alcuni dicono che sono sposati che vogliono finire il corso al piú presto. Vogliono lavorare e guadagnare a Salerno non vogliono fare casino. E cosí si decide di accettare di tornare a lavorare senza avere ottenuto nulla.

Comunque dopo un mese finiamo il corso e torniamo a Salerno. Qua scopriamo che con i soldi della Cassa del Mezzogiorno questi pagavano dei bresciani cioè degli operai dell'Ideal Standard di Brescia con la scusa che dovevano insegnare lí agli operai salernitani. Altro che i nuovi tecnici meridionali. E qua gli operai già producevano piú di noi che avevamo fatto il corso a Brescia. A Brescia la fabbrica c'era da trent'anni e facevano sedici pezzi al giorno. A Salerno che c'era da due mesi già ne facevano diciotto. Questo lo giustificavano dicendo che la fabbrica era moderna che gli impianti erano piú efficienti.

Era soltanto che i pezzi invece di alzarli tu a mano si alzavano con una maniglia insieme tutti quanti. Alcune operazioni venivano automatizzate e ti risparmiavi la schiena almeno. Ma cosí un fatto che poteva essere utile per la salute dell'operaio ti costava invece due pezzi in piú cioè due cessi in piú. Questo non mi andava pensando che a Brescia gli operai c'avevano tutti il mal di schiena. Portavano tutti la fascia intorno ai fianchi perché prendevano degli strappi. E qua questa novità della maniglia cioè non usare la schiena per alzare i pezzi loro l'avevano fatto per evitare che la gente si mettesse in mutua per gli strappi. Che poi invece ce la facevano pagare ancora' a noi facendoci fare due pezzi in piú. Cioè le nuove macchine nelle nuove fabbriche qua servivano solo per farci lavorare meno gente e che però ognuno produce di piú.

Ma quelli non volevano sentire ragioni. Dicevano: Li vede lei che gli altri lavorano e che fanno diciotto pezzi? Tutti quanti insomma facevano questi diciotto pezzi ero rimasto solo io che ne facevo sedici. Allora mi chiamano in ufficio. Dicono: Senta lei ci sembra un bravo ragazzo ma le dobbiamo cambiare posto. Veramente la dovremmo mandare via perché lei non produce. Ma preferiamo cambiarle posto la mettiamo in un altro reparto. Mi misero in un altro reparto però per due giorni dovevo stare ancora in quello vecchio nel reparto colatura. Perché c'erano dei pezzi secchi che dovevo finire. Dovevo togliere i pezzi dalle forme e finire i pezzi bianchi asciutti che avevo ancora.

Torno giú dall'ufficio e trovo un sindacalista che era andato a chiedere degli aumenti sul cottimo. La direzione gli aveva risposto picche e questo qua aveva detto che bisognava scioperare. Appena sento questo dico: Benissimo. E mi metto a gridare insieme a questo sindacalista: Sciopero, sciopero. Vado vicino ai compagni nel sentiero di colatura e li faccio uscire fuori. Arriva un capo e mi dice: Lei che fa qua questo non è il suo reparto. Io dico: Sí questo è ancora il mio reparto perché devo finire dei pezzi. E perché non li finisce? Eh perché è sciopero. Questo non parla piú.

Eravamo una cinquantina che non lavoravamo. Quelli si mettono a controllare chi lavorava ancora. Allora noi andiamo da quelli che lavorano ancora e li sbattiamo fuori dai sentieri di colatura. I capi si incavolano e uno di loro mi minaccia. Io che stavo mangiando gli sbatto il pane in faccia. Gli sto saltando addosso i miei compagni mi trattengono. Dicono: Hai fatto bene ma cosí basta. Poi andiamo negli altri reparti li facciamo fermare. Usciamo fuori nel cortile e ci mettiamo a fare un'assemblea. Facciamo uno sciopero di quindici giorni con picchetti notte e giorno. E tutto intorno i cellulari della polizia. Poi andiamo a Salerno in corteo davanti alla prefettura e tutte le altre cose.

Al ritorno in fabbrica io stavo nel mio nuovo reparto. Lí dovevo mettere dei pezzi finiti su una linea che camminava. Un altro li controllava e altri due li mettevano sui carrelli. Ma per recuperare lo sciopero decidono di mettere due linee. Due controllori e altri due che incartavano. Quello che metteva i pezzi su una sola linea li doveva mettere su due linee. Cioè ero io che dovevo fare questa doppia operazione. Per arrivare a questo quelli avevano detto ai controllori che controllavano i pezzi finiti se erano buoni o no di accelerare il ritmo di controllo. Cioè se il pezzo quelli là davanti non lo incartavano lui era autorizzato a metterlo per terra. Che in genere il pezzo a terra non si può mettere perché si può rompere.

E a me mi avevano detto di mettere sempre nuovi pezzi sulla linea. Di spingere i pezzi di metterli stretti. Anche se stretti non si possono mettere perché si possono rompere. Perché sono di porcellana non si devono toccare tra loro. E mi avevano autorizzato anche a stringerli i pezzi. Io dicevo: Ma voi siete pazzi questi si rompono. Mi rispondevano: E a te che te ne frega tu fai cosí come ti è stato detto. Il loro problema era solo di riuscire a aumentare la produzione. Mi chiama un compagno un sindacalista e mi dice: Senti qua questi vogliono farci produrre di piú. Vogliono mettere due linee invece di una e poi tu ti devi fare il culo le devi caricare tutte due.

Io lo dico ai miei compagni che incartavano e loro dicono: Cazzo allora dobbiamo andare piano. E parlano col controllore gli dicono: Ma che cazzo corri vai piano. Quello lí dice: No a me mi va di lavorare cosí. Allora io gli sputo in faccia e poi me ne vado al cesso a pisciare. Arriva il capo della cottura il capo dei forni un geometra. Dice: Lei qua sta rompendo le scatole stia attento che la sbattiamo fuori. Eh gli dico io se lei c'ha le scatole cosí delicate se le può tenere anche a casa. Comunque ritorno al mio posto di lavoro mentre il controllore continuava a lavorare come un matto.

Il giorno dopo arrivo lí al lavoro e mi chiamano i guardioni e mi danno una lettera in mano. La apro e c'è scritto che sono licenziato. Per rissa in fabbrica per sabotaggio e non so che cazzo. Per cui non mi davano neanche gli otto giorni di preavviso e non so quali altri diritti. Io dico: Ma non posso entrare dentro? No non puoi piú entrare. Che questi guardioni li conoscevo uno era il padre di un mio amico con l'altro c'avevo fatto amicizia. Mi dispiaceva fare a botte con loro non c'avevo il coraggio. Da allora decisi che se andavo in una fabbrica da qualsiasi parte non avrei mai fatto amicizia con i guardioni.

Aspettai fuori che entrasse l'ingegnere per farmi dare i soldi. Ma mentre ero lí mi venne da cacare andai a cacare e l'ingegnere passò. Insomma non feci in tempo a acchiapparlo. Andai allora alla camera del lavoro e dissi che mi avevano licenziato per questi fatti qua. Ah non ti preoccupare ci pensiamo noi. Adesso gli facciamo una bella denuncia. Quello ti darà tutto. Intanto mi chiesero se mi ero fatto la tessera del sindacato. Io dissi che la tessera me l'ero fatta durante lo sciopero avevo cacciato mille lire. Va bene e loro mi fanno fare la lettera per l'Ideal Standard. Me la fanno spedire per espresso e per raccomandata spendendo altre due trecento lire. Aspetto una quindicina di giorni piú di quindici giorni aspettai che succedesse qualcosa. Andai da loro e dissi: Sentite qua non ho piú saputo niente e a me mi servono i soldi.

Ma devi avere pazienza non ti preoccupare. Se non pagano facciamo causa e ti daranno tutto. Io mi ruppi le scatole di aspettare. Una mattina andai a aspettare l'ingegnere che entrava in fabbrica. Come arrivò l'ingegnere mi buttai davanti alla macchina. Lui frenò io aprii lo sportello e mi ficcai dentro. Aveva tentato di mettere la sicura io gli misi una mano sopra la spalla e gli sbattei la lettera in faccia. Dissi: Per quale motivo non mi toccano gli otto giorni di preavviso? Siete voi che mi avete licenziato e io adesso voglio essere pagato. Non solo gli otto giorni di preavviso ma anche questo mese di lavoro che ho perso.

Voglio tutto quello che mi spetta. Non di piú e non di meno perché con me non si scherza. Disse: Senti io non c'ero quando tu sei stato licenziato. Se era per me non ti facevo licenziare. Tu sei un bravo ragazzo io ti avrei cambiato di posto. Se vuoi tornare a lavorare ti metto in un posto migliore. Un posto dove non te ne stai in mezzo agli altri un posto per conto tuo. Io dissi che i posti dell'Ideal Standard non m'interessavano piú. Mi sono stufato voglio i miei soldi ora subito immediatamente. Di piú e non di meno di quello che mi spetta. Dice: Sí non ti preoccupare. Mi porta in ufficio chiama gli impiegati. Dice: Fategli i calcoli. Come i calcoli? Sí tutto tutto tutto. Ma no? Sí tutto dice.

Fanno i calcoli e mi spettano centoventimila lire. Quello mi chiama e dice: Ti vanno bene centoventimila lire? Io dico: No. Lui allora dice: Senti io con i conti qua questo ti posso dare. Facciamo una cosa adesso ti faccio timbrare il cartellino del mese di novembre dal capo. Te lo faccio timbrare cosí tu il prossimo mese ti vieni a prendere lo stipendio senza lavorare. E va bene dico mi sta bene. Però non facciamo scherzi. Io il prossimo mese torno qua. Lei poi la vedo passare tutte le mattine per Fuorni so anche dove abita. Perciò non facciamo scherzi. L'ingegnere dice: Ma no anzi ti voglio dire una cosa. Metti la testa a posto io ti posso trovare un altro lavoro.

Era uno che era di Brescia era trasferito a Salerno. Non voleva farsi troppi nemici evidentemente. Mica voleva rimetterci la pelle lui per trenta o quarantamila o centomila lire neanche sue. Che cazzo gliene fregava? E disse anche che voleva aiutarmi ti trovo un altro lavoro mi disse. No lei non ha capito io non voglio lavorare piú. Voglio non fare niente. E cosí poi mi andai a prendere i soldi il mese dopo e cosí finí la mia storia all'Ideal Standard. Restai disoccupato per un certo periodo ma mi comprai scarpe eleganti impermeabile vestiti. Spesi tutti i soldi. In meno di quindici giorni spesi tutti i soldi. Tutti quanti li spesi. Non tenevo piú manco una lira.

La disoccupazione non la prendevo perché non c'avevo due anni di marchette. Però nel sud l'ufficio di collocamento mette dei cantieri scuola. Che è solo un modo per distribuire dei soldi alla gente. Ti danno settecento lire al giorno. Tu vai sul cantiere che poi non è neanche un cantiere. E' un prato dove non c'è niente c'è lí uno che chiama l'appello. Tu dici presente lui ti segna la giornata e te ne vai. Poi il sabato ti vai a prendere i soldi quattromila e duecento lire. E con questi soldi mi compravo le sigarette andavo al cinema piú o meno riuscivo a cavarmela. Per il resto dormivo a casa in famiglia.

Un giorno decido che cosí non andava bene. Mi feci l'ultima lavorazione estiva alla Florio. Lí ci stanno molte fabbriche di conserve quasi tutto pomodoro. Si fa il lavoro stagionale. Prima questo lavoro stagionale variava dai quattro ai tre mesi due mesi. Adesso è di un mese appena perché ci sono meno pomodori. Comunque mi feci un mese alla Florio facendo dodici ore al giorno lavorando la domenica. Feci centocinquanta centosessantamila lire. Non mi misi neanche in mutua perché avevo deciso che dovevo andare a Milano. Generalmente tutti quelli che fanno questa lavorazione stagionale estiva poi si fanno due o tre mesi quattro mesi anche sei mesi di mutua. Cosí prendono duemila o millecinquecento lire al giorno. Cosí fanno quando non c'è lavoro. Si mettono in mutua.

 

 

Secondo capitolo


Il lavoro

Io stavo lí a Fuorni che è una frazione di Salerno. Poi c'erano Giovi e Caserosse e Mariconda e Pastena e Mercatello eccetera. Alla fine delle scuole elementari mio padre e mia madre pensarono di farmi continuare e si consigliarono dagli insegnanti. E questi qua elogiarono mio padre e mia madre. Dovrebbero fare tutti cosí i genitori gli dissero. Però gli dettero un consiglio. Meglio che non vada alle scuole medie. Innanzitutto lí ci vuole l'esame integrativo. E poi alle scuole medie si studia di piú lo studio è piú pesante. Ci vogliono piú libri piú soldi. E poi magari non le può finire le scuole medie perché vi costa troppo.

Però vostro figlio può andare alle scuole professionali cosí poi potrà avere un posto in una fabbrica. Fare il capo operaio il capo reparto. A noi le parole capo operaio capo reparto suonavano come un mito. Una cosa che non si sapeva neanche bene che cazzo era. Perché come potevamo saperlo che di fabbriche lí ancora non ce n'erano? Mio padre era uno che ha fatto mille mestieri. Figlio di contadini aveva fatto di tutto dal contrabbandiere nel dopoguerra al manovale nell'edilizia come faceva adesso. E cosí si decide che io continuo a andare a scuola. Io tenevo paura di andare alla scuola superiore come si diceva. Per fortuna c'erano altri amici di Fuorni che c'andavano anche loro.

Ci dovemmo fare l'abbonamento alla filovia da Fuorni in città. Già subito dai primi giorni di scuola ci furono tra noi in classe delle divisioni. Fra quelli che erano dei cittadini e noi che venivamo da fuori. Venivamo da Pontecagnano da Battipaglia da Baronissi da Giffoni da Nocera. Quelli che venivano dalla provincia erano i così detti cafoni gli altri erano i cittadini. Alcuni i primi giorni si adeguavano a questa condizione d'inferiorità dei cafoni. Cercavano di accaparrarsi la simpatia di fare amicizia coi cittadini col ragazzo di Salerno. Col gelato con la caramella prestandogli la penna o il quaderno.

Io e un mio amico di Pontecagnano preferimmo affrontare direttamente questo problema. Facemmo a botte direttamente con quelli di Salerno. E ci meritammo il rispetto di quei ragazzi proprio facendo a botte. Spesso all'uscita della scuola avvenivano scazzottate lotte terribili. Questo durò per tutto il primo anno delle scuole professionali. Poi il secondo e il terzo anno fu diverso. La differenza non era più tra cittadini e cafoni ma tra dritti e fessi. Quelli più fessi noi li prendevamo in giro gli fottevamo le colazioni e i soldi.

Fu allora che avvenne la scoperta della città. Che si fece il confronto tra la vita di paese e la vita di città. Vedevo tutte queste vetrine piene di merci. Pantaloni borse scarpe mobili radio. Vedevo più roba da mangiare nei negozi alimentari. Vedevo nelle edicole i giornali con le donne sopra. Mentre quando tornavo al paese vedevo le donne con la gonna giù fino ai piedi. Vedevo in città le copertine dei giornali i manifesti con queste donne così diverse. Le vedevo per strada le vedevo andando al cinema. Erano tutte cose nuove che stimolavano la fantasia. Cominciavo a capire qualcosa mi sembrava. E allora scoprii subito una cosa fondamentale. Che per vestire bene per mangiare bene per vivere bene ci volevano i soldi.

Tutta questa roba nuova che vedevo in città teneva un prezzo sopra. Dal giornale alla carne alle scarpe tutto teneva un prezzo sopra. Non era la frutta che stava sugli alberi e che noi m paese c'andavamo a prendere la sera. Non erano i pesci che stavano nel fiume e che noi c'andavamo a pescare. Non erano i vestiti che ci davano le madri che li facevano loro o che venivano da chissà dove. Pantaloni o scarpe che ci mettevamo senza neanche sapere di che colore erano perché ce ne fottevamo. C'era una grande differenza fra l'educazione ricevuta fino allora in paese dalle famiglie dall'ambiente contadino e adesso questo ambiente di città.

Allora scoprii l'importanza dei soldi e cominciai a chiedere più soldi a casa la domenica. Ma questi qua porco dio non me li potevano dare. Mi davano cento centocinquanta lire la settimana. Era già molto veramente non ce n'erano soldi in casa. Poi notavo una cosa. Vedevo tutti i miei amici quelli che non avevano continuato le scuole. Non andavano nei campi coi genitori a mettere i pomodori. Come era l'abitudine di sempre che avevo visto da quando ero nato. Vedevo che questi mentre io avevo rotto le abitudini del paese andando a scuola questi qua pure loro le avevano rotte in un altro modo. Invece di andare nei campi andavano a lavorare nei cantieri edili. E guadagnavano in due mesi più soldi che i genitori col raccolto di un anno.

Guadagnavano più soldi dei genitori e si mettevano i blue-jeans. Allora i blue-jeans erano la cosa più di moda. Erano gli anni che si vedevano quei film come Poveri ma belli. Ma noi che andavamo a scuola non c'avevamo le mille o le tremila lire per comprare i blue-jeans. Vedevo che quelli c'avevano i blue-jeans vedevo che c'avevano le magliette. Ma non quelle maghe di pastore dell'Irpinia di lana a mano, una maglia da negozio una maglia bella che ce n'erano di tutti i colori. Poi si compravano il giradischi i dischi. Il rock and roll il rhythm and blues tutta questa roba qua. Allora si cominciavano a ballare queste cose qua all'americana.

Ma ci volevano sempre i soldi. Qualcuno già pensava di comprarsi la lambretta. Erano cose eccezionali rompevano tutte le abitudini della vita dei paesi. Lí il proprietario terriero teneva il roirote il calesse col cavallo per uscire la domenica o per andare in città. Oppure la bicicletta quella col manubrio alto sempre nera. E adesso qua i figli dei pommaroli si compravano la lambretta e tutte le altre cose.

Io allora cominciai a dire a mia madre: Senti io non ci voglio andare più a scuola. Perché voglio i blue-jeans voglio andare al cinema voglio mangiarmi la pizza fuori. Voglio uscire e per fare questo ci vogliono i soldi. Se no che faccio. Studio ma poi devo stare qua a desiderare tutto. E mica è bello vivere desiderando tutto. Volevo vivere immediatamente allora. Era già l'età che si comincia a averci la ragazzina e tutte le domeniche organizzavamo da ballare. A questa richiesta mia madre dice: Senti però ti dico una cosa. Che tu sei superiore perché vai a scuola perché studi. Ma io non la sentivo proprio questa superiorità non l'avevo mai sentita.

Io la superiorità la misuravo in base alle cose. In base al blue-jeans in base alla maglietta in base al giradischi e basta. Non la misuravo in base a quelle cazzate che m'insegnavano a scuola. Perché guarda caso quelle cazzate non mi servivano mai per ballare mai per uscire mai per mangiare la pizza. Perciò questa cosa che mi diceva mia madre che ero superiore non la capivo. Sentivo che non era vera per niente.

E poi ne parliamo una volta che c'era anche mio padre. Mio padre tentenna un po'. Lui pensava che mandandomi a scuola io avrei avuto una vita migliore della sua. Adesso che vedeva che non ero più un bambino che stavo diventando un ragazzo che avevo certe richieste lui forse le capiva queste cose. Ma stai attento che il lavoro è una cosa brutta mi disse. Ti devi svegliare presto il mattino devi stare sempre a sentire il capo cantiere. Se non c'è lavoro non mangi se c'è lavoro devi faticare. Il lavoro non è mai una cosa bella. A te ti pare bello il lavoro perché ti fa mangiare la pizza ti fa andare a ballare ti fa andare al cinema. Ma quando c'avrai una famiglia con questo lavoro non potrai mangiarti la pizza non potrai andare a ballare. Ma dovrai dare da mangiare alla famiglia e allora vedrai che il lavoro è brutto e pesante.

Per questo devi pensarci bene. Io non ti dico vai a scuola o vai a lavorare. Ti dico solo una cosa. Il lavoro è brutto cerca di evitarlo. Io ti mando a scuola perché credo che è un modo per evitarti il lavoro. Questo ragionamento che il lavoro è una cosa brutta lo sentivo più vero rispetto a quello che aveva detto mia madre che io ero superiore. E comincio a pensare che non era vero neanche quello che avevano capito i miei amici che erano andati nei cantieri. Cioè che soldi uguale lavoro. E che dunque lavoro uguale felicità. Comincia a venirmi il dubbio sulla scoperta che avevo fatto che la felicità significa andare a lavorare in un cantiere edile.

Mio padre con questa prospettiva che mi dà sul lavoro su quello che è stata la sua vita era come se mi avesse detto: La vedi sta famiglia mi vedi me ti vedi te? E' una famiglia felice questa io te tua madre e le tue sorelle? Dei poveracci dei disgraziati ecco quello che siamo. E io allora capisco che è una fregatura il lavoro e basta. Perché nella mia famiglia non vedevo il blue-jeans non vedevo la maglietta non vedevo il giradischi. Mio padre diceva: Qua c'è una famiglia e qua c'è pure il lavoro. Io non faccio forse il lavoro? E il risultato lo vedi tu quale è.

Allora io comincio a traballare comincio a essere indeciso. Andare a scuola o andare a lavorare? Mi prendo il giradischi e la maglietta col lavoro ma poi faccio la fine di mio padre. Oppure vado a scuola che può darsi pure che sarò più felice. Nel senso che non farò la vita che sto facendo adesso in famiglia e come l'hanno fatta mio padre mia madre e le mie sorelle. E questa fu la cosa che mi fece continuare a andare a scuola. Andavo all'istituto professionale perché si pagavano meno tasse meno libri. E lo studio era più leggero o pressappoco inesistente.

Feci un corso triennale per elettrauto. Una cosa assurda perché quello è un mestiere che si impara in officina. Lo imparano i ragazzini svitando e avvitando le lampadine lo spinterogeno eccetera. Devi conoscere tutti i tipi di macchine. Noi imparavamo invece tutto così sui libri. I vari tipi di batteria di spinterogeno non li vedevamo mai. Imparavamo delle cose astratte che servivano a farti avere il voto. Poi vedevi che se si fulminava la lampadina di una macchina un ragazzino d'elettrauto di dodici anni sapeva aggiustarla subito. E tu non lo sapevi fare.

Questi istituti professionali servivano solo a dare il posto ai bidelli ai presidi ai professori disoccupati. Non servivano a noi che per andare a scuola spendevamo soldi in libri quaderni e pasti. E erano spese insostenibili per noi. Li tutto quello che contava era di sapere parlare bene della batteria dello spinterogeno della dinamo del motorino di avviamento. Se ne parlavi bene se sapevi a memoria quello che c'era sul libro avevi il voto. Ma ormai tutti erano convinti che quel cazzo di scuola non serviva a niente. Se ne parlavi con un professore lui naturalmente negava.

Ma no diceva ma loro sono ignoranti. Sono ragazzini che sanno fare solo le cose normali. Le fanno così ma non capiscono perché le fanno. Voi invece sapete cos'è la corrente elettrica come si forma come circola. Questo è un fatto superiore. Poi voi andrete a fare i capi nelle industrie. Ancora una volta ti sbattevano in faccia che diventavi un capo. Tutti noi capi che eravamo cinquanta o sessanta. E poi tutte le scuole professionali che c'erano in tutta Italia e che ogni anno sfornavano migliaia di capi. Ma quanti capi servono alle industrie in Italia?

Finalmente finí questa scuola in cui non s'imparava niente che servisse a qualcosa. E che lo sapevano anche i professori tanto è vero che agli esami non ci fu nessuno bocciato. Finita la scuola ognuno di noi cercava un posto. Andavamo a presentarci alla Fiat. Ai concessionari Fiat che c'hanno l'officina meccanica. Andavamo a parlare li. Chi sei? Elettrauto. Ma l'hai mai fatto? No ma l'ho imparato a scuola. Non ci prendevano mai. Andammo all'OM all'Autobianchi all'Alfa alla Lancia. Non ci prendevano non avevano bisogno di noi. Avevano bisogno dei loro ragazzini che imparavano tutto li e che sapevano fare tutto. Allora ognuno di noi prese una sua strada diversa non ci siamo manco visti più. Non credo che nessuno abbia mai fatto l'elettrauto o il capo reparto.

Io quell'estate andai a lavorare nelle fabbriche di pomodori. Lavoravo per dodici ore al giorno lavoravo anche la domenica. Lavorai due mesi e guadagnai quasi duecentocinquantamila lire. E con quei soldi comprai il cappotto e l'abbigliamento per tirare tutto l'inverno. Ma questo non bastava. Però non andai nel cantiere edile come avevo pensato di fare tre anni prima. Perché vedevo quelli che c'erano andati adesso che cominciavano a avere diciotto diciannove anni. Arrivati alla lambretta si erano fermati. Poi la lambretta si scassava. Ci volevano soldi per aggiustarla. E per le multe per la benzina. E cominciavano a sorgere i problemi di fidanzarsi di sposarsi. Ci voleva un sacco di soldi.

Una serie di problemi cominciavano a sorgere. E quelli mica ci pensavano più a ballare o al blue-jeans. Queste cominciavano a diventare cose di secondo piano. E poi succedeva che a volte venivano licenziati. Il lavoro cominciava a diventare duro. Si cominciava a fare il cottimo. E poi c'era il fatto che adesso tutti quanti si erano messi a guadagnare. Non era più un'eccezione in privilegio come quattro cinque anni prima. Era una necessità diventava una cosa uguale per tutti dovere guadagnare.

C'era anche un'idea fissa. Ma come tu sei stato a scuola e adesso ti metti a fare l'operaio? E così non potevi farlo. Era proprio un punto d'onore non andare a fare un certo lavoro se eri stato studente. Allora i miei genitori cercavano di mantenermi perché non andassi a lavorare nell'edilizia. E quando lavoravo nelle fabbriche di pomodori cercavano e anch'io cercavo di tenerlo nascosto.

E fu in quegli anni che cominciò l'industrializzazione. Cominciò l'epoca dello sviluppo nel sud. Anche per evitare che questi braccianti questi pommarolari si ribellassero perché non guadagnavano abbastanza soldi per vivere. Allora si fece un po' di industrie. Si potevano dare salari più bassi non c'erano sindacati. E così cominciarono a fare lavorare un po' di gente nelle fabbriche. Ma non troppa perché il grosso doveva partire per il nord doveva emigrare. E' cominciarono a esserci mi giro un po' di soldi.

Si vedevano automobili si vedevano frigoriferi televisori nelle case. E anch'io andai a lavorare per la prima volta in fabbrica. Andai all'Ideal Standard. E lí scoprii che era vero quello che mi aveva detto mio padre. Cioè che il lavoro è soltanto fatica. La fatica il lavoro e basta. Così poi fui licenziato dall'Ideal Standard. E pensai ano sbocco che veniva proposto in massa allora a tutti i meridionali. Cioè di emigrare di andare a Milano. Di andarmene anch'io su nel nord su dove tutta questa gente qua se ne stava partendo tutti in massa. Treni zeppi che si portavano via interi paesi dell'interno, dell'Appennino.

Non era la prima volta quella che io andavo su nel nord. C'ero già stato una volta subito dopo finito le scuole professionali prima dell'Ideal Standard a Brescia. Ero stato a Torino c'ero stato giusto un mese. C'era su mia sorella sposata che tornava giù ogni anno per le ferie in macchina. Io ero rimasto sconvolto da sta pianura da sto lavoro da sta mentalità. E me ne tornai precipitosamente indietro per starmene al mare per starmene a fare niente coi miei amici. Ero andato a Torino da mia sorella sposata e vidi che li abitava in una casa peggio della nostra a Salerno. Una casa che era in un portone a pianterreno. Una istanza e li dormivano e li mangiavano. Però giù tornavano in macchina sti stronzi.

Io ero andato su col treno. Un treno affollatissimo che volevo scendere già dopo trenta chilometri. Feci tutto il viaggio in piedi. Gente ubriaca con pezzi di pane così che mangiavano nei corridoi. Bambini che piangevano cacavano. Valigie pacchi scatole dappertutto. Una cosa tremenda e questi qua viaggiavano già da dieci ore. Io ero salito allora a Salerno e loro venivano dalla Sicilia. Viaggiavano già da dieci ore dal mattino. Erano incazzatissimi. Era il mese di aprile. Giù l'abitudine è sempre di emigrare in primavera perché si sa che al nord prima fa freddo. Allora per questa ragione la gente parte sempre tutta in primavera.

A Torino facevo il lucidatore metallico. Cioè la Fiat non è che certi pezzi certi accessori li fa tutti lei. Anzi non ne fa nessuno. Per esempio le maniglie della 500 della 600 che sono di alluminio e così tutta la roba di alluminio. Le fanno delle fonderie e poi le fonderie danno in subappalto sta roba per sgrossarla. C'è la sbavatura della fonderia la sbavatura intorno. Bisogna sgrossarlo il pezzo poi lucidarlo su un'altra smeriglio. C'è una smeriglio che lo sgrossa e una smeriglio che lo lucida. Con stoffa e fili d'acciaio. Si passa la maniglia che diventa lucida e si liscia. Quello era il lavoro. Mi dettero la qualifica di lucidatore metallico.

Ma li bisognava fare duemila pezzi al giorno. Non c'avevo neanche il tempo per soffiarmi il naso. Ero sempre tutto nero e sporco. Però ero lucidatore metallico. Ma a me non mi piaceva essere lucidatore metallico e dopo un mese me ne scappai via. Mi feci su i soldi che poi ho speso quella primavera. Ma adesso questa seconda volta che andavo su andavo su in un modo diverso. Vedevo chiaramente che non era più vero che qua al sud adesso per campare ce ne volevano meno di soldi che la roba costava meno. La roba che ormai usavano tutti la televisione o la carne in scatola costavano uguale a Salerno come a Torino. E la benzina costava uguale la lambretta costava uguale il treno costava uguale.

Qua al sud la roba che adesso si doveva usare non costava più di meno. Si fino a cinque o sei anni fa l'aglio le cipolle e le galline la frutta li riuscivi a prendere direttamente. Andavi in un campo e ti facevi la frutta il basilico le cipolle. Ma adesso tutti i campi erano recintati molto accuratamente e c'erano i guardiani dentro. C'erano i commercianti di frutta che questa frutta la vendevano. Insomma adesso andavi a finire dentro se la rubavi. E poi la gente si vergognava di fare vedere che era povera. E così la stessa roba di frutta e di verdura che prima in qualche modo non la compravi adesso la dovevi comprare. Costava forse un po' meno che a Torino o a Milano. Però qua non c'erano i soldi. Di soldi qua ce n'erano molti di meno. E io avevo deciso di andare su perché là si guadagnava veramente di più.

Lassú c'erano delle famiglie che conoscevo. Intere famiglie che erano partite. Una che abitava proprio di fianco alla porta della mia casa. Che erano partiti tutti. Il padre era stato pommarolaro. Metteva i pomodori alla Versecca una zona della piana del Sele. E i figli erano Angelo Rocco Andrea Armando Carmine Giovanni. Tutti fratelli e lavoravano tutti quanti insieme al padre coi pomodori. Tutti quanti a fare le canne tutti quanti a fare i turtielli. Cioè i rami delle ginestre che servivano per legare le piante dei pomodori alle canne per farli salire.

Poi c'era l'abitudine di prendere i pomodori di tagliarli a metà metterli al sole e di farli seccare. Poi passarli in un setaccio di rame e usciva la salsa il concentrato. Un modo antico di fare il concentrato. Che poi si metteva nei vasi di creta con una foglia di fico sopra. Si faceva così il concentrato di pomodoro poi si facevano anche le bottiglie. Le bottiglie le facevano tutti. A mezzogiorno si mangiava insalata di pomodori. La sera insalata di pomodori. La mattina insalata di pomodori. Vino e pane duro quel pane biscottato che si fa qua.

Mio padre invece faceva l'operaio saltuario. Faceva le canne, nella pianura. Cioè tagliava le canne nei prati selvatici che c'erano e poi ste canne le vendeva. Duecento trecento fasci di canne che ci voleva una settimana per farli li vendeva per trentamila lire alle fabbriche di maccheroni. Perché le fabbriche di maccheroni ci mettevano i maccheroni a seccare sulle canne. Un mestiere vecchio che poi è scomparso anche quello. Mio padre, un po' faceva questo mestiere qua. Un po' il manovale edile. Si arrangiava a fare tutti i mestieri. Molto spesso faceva il carrettiere perché aveva anche un cavallo col carretto. Si arrangiava in tutti i modi però assolutamente non faceva il bracciante non faceva il pommarolaro. Perché era un mestiere impossibile.

Io qualche volta quella famiglia di vicini li aiutavo coi pomodori. E mia madre mi chiamava: Non andarci con loro. Che vuoi mischiarti coi pommarolari? Quella famiglia adesso è tutta quanta emigrata però non erano emigrati così di un colpo tutti insieme. Era partito per primo il secondo fratello Andrea un tipo che in famiglia era la pecora nera. Era il tipo che si scansava sempre dal lavoro che nei campi si metteva sempre al fresco. Uno che il lavoro non gli piaceva. Era analfabeta neanche a scuola era voluto andare. Partì per fare il servizio militare e poi non tornò più giù.

Arrivava una lettera ogni tanto. E poi era arrivato lui qua in paese tutto elegante e pieno di soldi. Diceva che lui vendeva i fiori perché la gente comprava i fiori lassú nel nord. Era una cosa che a noi sembrava da pazzi che la gente comprasse i fiori. Lui diceva che vendeva i fiori che durante il giorno dei morti faceva settanta ottantamila lire di incasso. Ci sembrava incredibile. Adesso lui stava tentando di mettere su un negozio di fiori. Si stava prendendo la patente della macchina si voleva comprare un furgone per prendere i fiori a San Remo e portarli a Milano. Cose che sembravano fiabe ai fratelli ai vicini agli amici.

Le raccontava anche a noi queste cose perché c'era l'abitudine che ci sedevamo la sera davanti alle case sotto la pergola d'uva.

Che adesso c'hanno fatto il marciapiede e non c'è più neanche l'erba. E lí si parlava la sera e si ragionava. E Andrea raccontava queste cose che combinava nel nord. Così dopo tre o quattro anni che Andrea se n'era andato e era tornato a trovare la famiglia due o tre volte parte un altro fratello Rocco. Questo qua Rocco era uno dei giovani più parlati del paese. E tipo che mandava a fare in culo i padroni. Era il tipo che ai padroni non piaceva un tipo che si comprava anche i vestiti. Perché allora se uno si faceva un vestito nuovo i padroni quelli delle terre lo guardavano di brutto. Lo criticavano perché si era fatto il vestito nuovo.

Questo Rocco si era stancato di fare sta vita nei campi insieme a suo padre. E se ne va pure lui va a Milano. Arriva lí che stanno facendo la metropolitana e si mette a lavorare su uno scavatore. Ogni tanto anche lui scriveva. Quando arrivavano le lettere di uno che stava fuori prima si leggevano in famiglia. Poi si facevano leggere a tutte le famiglie di vicini che conoscevano questo qua. Diventava un fatto del paese: Quello ha scritto. Che dice. Che c'è di nuovo. Si sapeva che il postino era arrivato li a consegnare la lettera: Chi ha scritto. E' tuo figlio. Che dice. Che c'è di nuovo.

Che non c'era la televisione o il cinema o il giornale come c'è oggi. E giornale con su tutte le notizie. Prima le lettere erano un fatto importantissimo per la circolazione delle notizie. Che se ne parlava poi per una settimana o più si parlava di questa lettera. Poi ne arrivava un'altra e così si campava. Così io sapevo che Rocco a Milano lavorava su uno scavatore. E io non riuscivo a immaginare che cazzo fosse questo scavatore. Doveva essere una cosa bellissima lavorare su uno scavatore. In un paese contadino si conosce solo la zappa e i buoi.

Rocco scriveva che lavorava dodici ore al giorno. Il che non meravigliava perché nei campi magari se ne lavoravano quattordici il lavoro era senza orario. E guadagnava non so ma una cifra favolosa. Il padre naturalmente era soddisfatto. Rocco era fidanzato in un paese vicino e dopo un anno e mezzo arriva per sposarsi. Arriva in paese con un vestito nero con una camicia bianca una cravatta nera scarpe nere. Arriva elegantissimo lo guardavano tutti. Con una valigia non il solito cartone legato con lo spago con cui si andava su. E il padrone di casa dove abitava e dove abitavamo anche noi lo chiama. Gli dice: Come stai come vanno le cose. Lo guardava storto dalla testa ai piedi.

Poi tutti i proprietari di case o di terre parlavano di lui la sera quando andavano a farsi la barba dal barbiere. Li nel paese dal barbiere tutti i braccianti i contadini quando arrivava un proprietario gli davano sempre la precedenza a fare la barba. E il barbiere prendeva la tovaglia nuova pulita. Mentre per tutti gli altri usava sempre la stessa tovaglia per una giornata intera. La cambiava il giorno dopo perché erano tutti zozzi sporchi di terra. Per i proprietari invece prendeva ogni volta la tovaglia nuova. E il bello è che i proprietari la barba non la pagavano nemmeno mentre gli altri la pagavano.

I proprietari nel salone parlavano: Avete visto Rocco è tornato. Eh lui sta bene perché non andate via pure voi. E i braccianti dicevano: Macché sopra ci si sta malamente. Ci sta la nebbia l'aria è malamente. Noi non ci andiamo ci vanno i fessi. Quello mo' si crede di fare il signore così vestito pulito. Cioè il ragionamento padronale mica lo facevano i proprietari lo facevano gli altri quelli che restavano. Mentre i proprietari attizzavano solo il fuoco. Controllavano per vedere come andava questo fatto. Che arrivava un campagnolo così conciato in quel modo che loro non ce l'avevano neanche un vestito così. Li spostava un po' sto fatto gli guastava le cose. L'unica cosa che dicevano sti padroni era: Ma questo è un bravo ragazzo un ragazzo a posto. A questo non ci sono dubbi dicevano i braccianti.

Quando si era sposato Rocco aveva portato un vestito per suo padre per sua madre per i suoi fratelli. Tutti coi vestiti nuovi e tutti quanti a guardare la famiglia coi vestiti nuovi. Perché era roba che non si trovava lí nel paese manco in città. E c'erano i camerieri a questo matrimonio. Che portavano dolci champagne tutto. E la musica. Ma il matrimonio nel sud fra i contadini è sempre stato una grossa cosa un punto di arrivo per tutti. Per cui facevano anche i debiti per sposarsi e poi li pagavano per tutta la vita.

Sta famiglia man mano che le cose cominciavano a andare male se ne andavano uno alla volta anche gli altri. Tutti i fratelli se ne andavano e Rocco gli trovava il posto. Poi lassú stavano bene si sposavano eccetera. Finché se ne andarono tutti quanti anche i genitori. C'erano molte famiglie che avevano fatto così questa è quella che mi ricordo meglio perché li conoscevo direttamente. Erano i nostri vicini abitavano proprio qua di fianco a noi. E anch'io avevo deciso adesso di andarmene su al nord perché li c'erano i soldi.

 

 

Terzo capitolo


Il nord

Comunque me ne andai su nel nord lí a Milano. A Milano la prima cosa che pensai era di andare a trovare questo Rocco che era per me un punto di riferimento di sicurezza. Rocco aveva vent'anni più di me. Me lo ricordo sempre che lui era già un uomo quando io ero ancora un bambino. Era un tipo molto parlato. Un fetente dicevano uno che si voleva mettere a pari dei padroni. Che dal niente era andato su e poi c'era anche riuscito. Rocco era un modello per il giovane che voleva emigrare da questo paese. Stava in un paese li vicino a Milano a Corsico. Lui come mi vede chiede come stava mia madre come stavano le mie sorelle. Apre il frigorifero e prende due o tre birre. Mi fa un sacco di domande era felicissimo di vedermi. E comincia a farmi bere.

Poi dice alla moglie: Prepara le bistecche. Mi chiede: Tu quanta ne mangi poco o assai. Era un tipo sano Rocco gli piaceva mangiare e bere. Gli piaceva avere tutto quello che voleva e c'era riuscito adesso. Si mette a parlare di quando stava giù. Dice: Noi ce la siamo vista brutta giù perché i padroni sono tutti ignoranti. Credono chissà che cazzo solo perché hanno un po' di terra. Non hanno capito che siamo noi operai che produciamo tutto. Che se non fosse per noi loro si morirebbero di fame. Adesso stanno crepando sono degli straccioni proprio perché non hanno voluto fare del bene al popolo.

Faceva dei ragionamenti di questo tipo. Qua invece diceva quando sono arrivato io i padroni si sono messi a disposizione.

Mi facevano dormire in baracca mangiare e dormire senza pagare. Lavoravo sullo scavatore e mi pagavano a cottimo. Cioè quanto più facevo più mi davano. Mentre giù comunque lavoravi ti davano sempre quello che dicevano loro non sapevi mai quello che prendevi. Ne hanno combinato di tutti i colori sti stronzi. Il popolo meridionale è fesso non ha capito niente. Qua sono tutti uguali il padrone e gli operai. C'è sí la differenza che lui ha più soldi. Che lui comanda la fabbrica che è sua.

Però io mangio pure io e c'ho io pure la casa. Vedi questa casa qua è mia c'ho la macchina c'ho il camion lo scavatore. Cioè in fondo sono padrone pure io. Ognuno è padrone al livello suo qua. Poi ci sta pure l'operaio che non c'ha niente che lavora in fabbrica. Però lui tiene tutti i diritti tiene le ferie la mutua e tutte queste cose. Insomma qua non è che si sta male. Basta che uno c'ha un lavoro che c'ha un posto e sta bene. Allora non si deve stare a preoccupare di niente. Mi faceva tutta questa apologia di Milano e del nord mi faceva Rocco.

Stetti lí un po' a parlare con Rocco poi chiesi di Giovanni che era il suo fratello minore. Quello che aveva tre anni più di me eravamo quasi coetanei. Sta lavorando in una fabbrica qua vicino ancora deve smettere verrà verso le nove. Però Giovanni è un po' sfaticato diceva Rocco. Deve tenere la stessa capa tua. Voi tenete tutti la stessa capa voi guaglioni. Ha già cambiato tre fatiche. Non ha capito che qua bisogna starci in un posto. Bisogna cercare in quel posto dove si lavora di migliorare. Mica che il sistema per migliorare è quello di cambiare. Io sono stato sempre con la stessa ditta e mo' lavoro per conto mio. Per conto mio però sempre con la stessa ditta.

Comunque dico io io adesso mi devo mettere a lavorare. Mi serve un lavoro per vivere subito. Non è che penso adesso di fare carriera eccetera. E che vuo' fa' dice lui che te piacesse 'e fa'? Tu devi fare l'operaio devi cercare di guadagnare assai. Di non cambiare sempre perché se no non guadagni niente. Poi arrivò questo Giovanni ci salutammo parlammo di Fuorni di Salerno di Pontecagnano. Degli amici che conoscevamo delle ragazze eccetera. E poi mi dice: Adesso dormi qua. Poi domani vieni a lavorare con me e domani sera cerchiamo una pensione dove dormi.

Il giorno dopo Giovanni mi portò a lavorare. Questa fabbrica stava vicino al quartiere Zingone e faceva il celegno. Si facevano tutti quei pezzi stampati che si attaccano ai mobili come decorazioni. Che sembrano intagliati a mano e invece è legno pressato cioè segatura e vinavil. Sembra legno vero lo chiamano celegno. Mi misi a lavorare in questa cosa artigianale stavo in una pensione con altri due emigranti. In questo paese erano tutti immigrati non c'era neanche uno di lí. Anche i settentrionali che stavano lí erano immigrati chi era di Brescia chi di Bergamo e cosí via.

C'era in questa pensione un lucano che faceva dodici ore al giorno nell'edilizia. Si cucinava lui la sera spendeva al massimo cinquecento lire al giorno e ne guadagnava sette ottomila. Faceva un sacco di economia non usciva mai la sera e di festa. Dopo tre o quattro mesi questo qua aveva sei settecentomila lire sulla banca. Mi fece vedere il libretto disse che si doveva comprare la macchina. Io arrivata la primavera cominciavo a fare ritardo al mattino tutte le mattine. Mi ero rotto le scatole volevo tornarmene giù a farmi i bagni. Calcolai che avevo fatto tutto l'inverno mi toccavano trenta quarantamila lire forse cinquantamila lire di liquidazione. Più gli otto giorni di preavviso la settimana di lavoro, insomma un qualche centomila lire mi toccavano se mi licenziavo. Per cui me ne potevo anche tornare giù a starmene un po' senza fare niente.

Cominciai a arrivare tutte le mattine in ritardo. Quelli a un certo punto si rompono le scatole mi minacciano di licenziamento se andavo ancora in ritardo il giorno dopo. Io faccio ancora ritardo e quelli mi licenziano. Mi danno la liquidazione gli otto giorni di preavviso la settimana di lavoro e io me ne scendo giù a farmi i bagni. Poi arrivò l'estate ma i soldi erano finiti già dopo il primo mese. Era aprile fine aprile quando scesi giù e in maggio i soldi erano già finiti. Giugno luglio agosto e settembre sono rimasto ancora giù. Prima ho lavorato un po' in un posto dove intagliavo il legno delle casse da morto. Poi i mesi estivi li ho passati a fare il bagnino. Lí ci sono gli stabilimenti balneari dove prima della stagione uno aiuta a pittare le cabine a tirare su le cabine. Poi una volta finito lo stabilimento si sta lí a mettere su gli ombrelloni tutte le mattine a pulire la spiaggia a fare questi lavori qua.

E cosí ho passato tutta l'estate. Poi a fine estate me ne sono ritornato di nuovo a Milano. Però stavolta non avevo nessuna voglia di stare ancora in periferia. A stare in periferia spendevo anche di più perché tutte le sere venivo a Milano. Fra viaggi e casini vari spendevo molto di più e poi non mi divertivo niente a stare lí in periferia. Perciò decisi di andare a stare a Milano. Appena arrivato a Milano lasciai le valigie alla stazione e mi cercai una pensione nel centro. La trovai a via Pontaccio lí vicino a Brera via Solferino via Fatebenefratelli quella zona lí.

Lí era il centro. Si stava in quei bar fino alle tre alle quattro del mattino insomma era molto divertente. Poi lí si mangiava pure in un bar. C'è un bar che si chiama Gran Bar e ci si mangia pure. Cosí io al posto di mangiare al ristorante e spendere i soldi che poi per stare in un bar dovevo spendere altri soldi mangiavo al Gran Bar un piatto di pasta un fiordilatte qualcosa. Spendevo sette ottocento lire e me ne stavo tutta la serata nel bar. C'erano certe fiche meravigliose che bazzicavano per quella zona. Froci magnaccia drogati contrabbandieri capelloni insomma un buon ambiente.

Poi decisi di darmi una qualifica. Dicevo devo studiare porco dio qua c'è il lavoro ci sono le scuole. E volevo studiare mi ero fissato che volevo studiare volevo fare una scuola di disegno. Al Castello Sforzesco c'era una scuola d'arte serale. Andai là a iscrivermi si pagava centocinquanta lire la domanda. Andai a fare l'esame l'esame durava tre giorni. C'erano dei prismi dei cubi delle sfere delle cose di questo tipo. Tu dovevi disegnarle e poi loro attraverso il tuo disegno ti davano un giudizio.

Ma invece il giudizio lo davano su altre cose. Cioè ti chiedevano che lavoro facevi se stavi a Milano con la famiglia eccetera. E in effetti presero della gente che non sapeva disegnare per niente però che erano molto giovani e stavano in famiglia o che lavoravano. Mentre a me che non avevo un lavoro fisso non mi presero perché pensavano che poi la scuola non la finivo. O che comunque era inutile che la facevo o qualcosa del genere. Non è che non mi presero per motivi tecnici che non sapevo disegnare perché gli avevo fatto vedere che sapevo disegnare. Allora visto che non riuscivo neanche a farmi prendere nella scuola per avere un diploma per qualificarmi decisi che l'unica cosa che c'era di buono era la vita il tempo libero.

Mi dissi che cazzo mi serve il diploma? Mica che m'interessa a me di imparare un lavoro. Mi serve evidentemente per fare più soldi per fare una vita più comoda. Ma la vita più comoda significa faticare poco mangiare bene scopare molto. E va bene mi dissi queste cose le posso fare anche senza il diploma basta che lavoro il meno possibile e cerco di guadagnare i soldi nel modo più immediato possibile. Allora decisi di fare proprio così. Trovai un lavoro in un cantiere edile. Dopo un po' mi ruppi il cazzo e mi ubriacai e non andai a lavorare di pomeriggio. Cosí mi licenziarono e me ne stetti un po' di tempo senza fare niente.

Tenevo un po' di soldi disponibili e andavo in giro cosí. Non come l'anno scorso a Corsico che era una cosa assurda il tempo libero a Corsico. Un paese che aveva due sale da ballo tre o quattro cinema il cinema parrocchiale. La gente che si riuniva nel bar giocava a ramino o parlava di sport. E le ragazzine figlie di meridionali che avevano la stessa abitudine del sud di farsi la passeggiata insieme e i ragazzi le aspettavano in un luogo fuori mano e magari le scopavano all'impiedi vicino a un albero. Ma non c'era mai nessun rapporto tra la gente. Se avevi i soldi da spendere nel bar eri un tipo alla moda un tipo conosciuto. Quanto più spendevi quanto più vestivi bene tanti più amici avevi. Se no eri isolato completamente e questo fatto mi rompeva le scatole.

La città invece per me che ero nato in provincia in un paesino era secondo me il punto di arrivo per tante esperienze. Vedevo in questa pensione dove stavo la gente che arrivava in continuazione. Chi era cameriere chi era studente chi era pittore chi era stronzo chi era muratore. C'era gente di tutti i tipi e di tutte le razze che andava e veniva in questa pensione. Poi scendendo sotto al bar incontravo della gente che si vedeva sui giornali attori cantanti c'erano un sacco di cantanti che bazzicavano lí. Poi c'erano quelli dei giornali a fumetti che fanno quelle storie quasi pornografiche storie tipo Men o Bolero. E c'erano molte donne e molti di questi attori che bazzicavano in via Brera.

Era una soddisfazione abbastanza provinciale la mia di vedere questa gente a portata di mano. Ah stanno qua sono vivi sí sono stronzi come me. E io volevo aspettavo di avere dei rapporti con questa gente per vedere come cazzo erano. Stavo sempre lí a aspettare ma in effetti poi se volevo scopare andavo con le battone che stavano intorno. Non sono mai riuscito a scopare con quelle che incontravo nei bar anche se mi tenevo sempre pronto per una avventura di qualsiasi tipo. Mi tenevo sempre pronto bazzicavo in quei posti il Gran Bar un altro come sì chiamava Giamaica. E c'erano poi studenti di ogni tipo con cui si parlava e si discuteva.

Molti altri specialmente pittori ti fregavano invece cosí. Si mettevano anche se erano italiani si mettevano a parlare francese o inglese. Per cui se tu conoscevi l'inglese o il francese dimostravi che avevi viaggiato o che avevi studiato. Usavano questo come differenza in quei posti usavano parlare francese o inglese per non mescolarsi per evitare i tipi come me evidentemente. E soltanto una sera che eravamo ubriachi io e un mio amico che conosceva il tedesco uno con cui ho lavorato all'Alemagna riuscimmo a fare un po' di casino. Uno suonava con la chitarra noi ubriachi ci mettemmo a cantare in tedesco cioè lui cantava in tedesco io facevo solo casino. Conoscemmo un tizio che ci voleva proporre di fare il rappresentante di mobili o il contrabbando di sigarette. Questo qua si interessava di tutto soltanto che era un cazzone. Io però non avevo la patente automobilistica non sapevo guidare.

Un'altra sera incontrai una drogata che voleva la chiave per andare a dormire chiamava una sua amica da sotto la pensione. Scesi giù questa qua era drogata la cominciai a baciare. Lei disse: Ma che vuoi scoparmi io non ne ho voglia. E questo mondo mi sembrava cosí strano mi piaceva questo modo di vivere che non aveva niente a che fare con la fabbrica con la campagna con la religione. Un mondo tutto staccato da quello che conoscevo io e che mi piaceva. E io mi tenevo pronto per tutte le avventure anche se poi andavo a finire al cinema. Oppure andava a finire che facevo il pappagallo nel senso che cercavo di agganciare le straniere per strada o ragazze nelle sale da ballo nei bar.

La stessa storia che volevo andare a scuola io l'avevo pensata perché mi serviva per conoscere delle ragazze che andavano alla scuola d'arte e fare un po' di amicizia. Cercavo le basi per il lancio perché in una città se stai solo non riesci a fare niente non ti puoi muovere. Devi avere una base di amici di amiche specialmente per poterti muovere per potere essere ricco. C'erano molte sbandate a Milano ragazze della provincia che scappavano di casa e venivano a Milano perché volevano stare coi capelloni. Una volta mi portai una di queste qua su in pensione ma il padrone mi minacciò di cacciarmi via. Poi trovai un posto all'Alemagna.

Poi conosco una ragazza che lavorava in una fabbrica mi diceva che faceva la segretaria. Ma a me non me ne fregava niente e non mi piaceva neanche. Se stavo nel sud non l'avrei neanche cacata. Solamente che a Milano queste stronze erano abituate a farsi pagare tutto. Si vendevano proprio come prostitute queste ragazze queste operaie queste salariate. E allora io ci stavo con questa perché lei invece si pagava il suo io il mio. Io ci stavo con questa e la portai di sopra nella pensione dove abitavo. Ma il padrone mi sbatté fuori il giorno dopo perché mi aveva già avvertito di non portare nessuno di sopra. Non si poteva portare nessuno di sopra. Se volevi scopare dovevi andare in albergo non potevi portarla su nella pensione. La pensione serviva soltanto per dormire. E cosí fui anche sbattuto fuori dalla pensione.

Avevo un amico che mi ero fatto all'Alemagna e andai a dormire a casa sua. Non mi andava più giù di lavorare mi ero stufato e facevo il giro degli amici per andare a mangiare. Li andavo a trovare a turno. A questi amici ero molto simpatico perché lavoravo poco e avevo molto da dire. E cosí riuscivo a andare al cinema e a mangiare. La sera andavo a aspettare questa ragazza che usciva dal lavoro ci andavamo a mangiare una pizza. Insomma riuscivo a campare cosí. E poi bazzicavo questi bar e cercavo qualcuno che mi proponesse di fare contrabbando o qualche altro modo rapido per guadagnare. O se trovavo qualche donna da scopare. Mi tenevo disponibile per qualsiasi avventura.

Trovai solo un ingegnere che mi propose di fare il guardiano dello yacht che aveva a Viareggio. Comunque a Milano mi ero fatto molti debiti e abbastanza amici. E poi nella casa dove abitavo da questo mio amico siciliano ero diventato molto amico della moglie. Mi seccava che lui se ne accorgesse e pensai di svignarmela da Milano. A Milano avevo provato tutti i lavori generalmente lavoravo nelle carovane di facchini. Andavo in un ufficio poi facevo due o tre giorni di lavoro mi sbattevano a fare qualsiasi genere di cose. Feci la domanda di assunzione alla Fiat per andarmene da Milano perché ero anche pieno di debiti. Cominciavo a stare sul cazzo a tutti i miei conoscenti meno che a questo mio amico che avevo incontrato quando lavoravo all'Alemagna.

L'Alemagna è un posto dove fanno i contratti per un mese o per due o quattro mesi. Io avevo il contratto per due mesi e cominciai a lavorare che era novembre. Ci dettero un turbante in testa come quello che portano i cuochi un grembiule da tenere davanti e un paio di pantaloni. Ci davano una divisa più o meno igienica. Da lí fui licenziato in un modo abbastanza strano. Stavo in un posto dove facevano la pasta poi la mischiavano con dei macchinari. Quando questa pasta usciva si mettevano sotto dei carrelli di plastica come delle grosse bacinelle. Ci entrava la pasta dentro e noi ci dovevamo mettere della farina prima e poi la pasta stava lí a crescere. Era un lavoro abbastanza leggero tutto sommato.

Un giorno mentre stavo leggendo Diabolik nella pensione mi dimenticai che dovevo andare a lavorare. Mi venne in mente all'ultimo, momento scappai giù presi il metrò arrivai in ritardo. Poiché quando uno arriva in ritardo anche di due minuti prende mezz'ora di multa cioè mezz'ora non te la pagano e allora io decisi di entrare effettivamente con mezz'ora di ritardo. Mi andai a prendere un grappino mi spogliai con comodo calcolando di timbrare il cartellino un minuto prima che scadesse la mezz'ora. Due minuti o mezz'ora di ritardo tanto era sempre uguale.

Dove si timbra il cartellino c'era una specie di gabbione di vetro dove c'erano delle lampade le spie dei forni di tutti i reparti. C'erano due o tre dirigenti e c'era un direttore dell'Alemagna proprio il direttore del mio reparto. Passando davanti questo direttore mi fa un segno. Io dico: Prego cosa vuole? Si aggiusti il cappello dice lui. Questo cappello altissimo io me l'ero schiacciato e lo tenevo come quelle coppole sarde dei pastori sardi. Me lo tenevo davanti agli occhi con le mani mi tasca con la mia mezz'ora di ritardo. Sicché quello s'incazzò un po' e mi disse: Si aggiusti il cappello. No per me va bene cosí perché me lo devo aggiustare? Se lo aggiusti lei. E continuai a camminare. Quello esce fuori dalla gabbia e dice: Perché ha fatto ritardo? Eh non me lo ricordo perché ho fatto ritardo non so ho fatto ritardo cosí. Si può fare ritardo in tanti modi non me lo ricordo. Ma come lei fa ritardo e non sa perché. E' perché mi sono dimenticato che dovevo venire a lavorare. Ah lei si è dimenticato che doveva venire a lavorare. Questo è un fatto grave. Ma lo sa che adesso le do una giornata di sospensione?

Io dico: Senta o mi licenzia oppure io me ne vado a lavorare. Una giornata di sospensione perché ho fatto mezz'ora di ritardo non mi tocca e non la voglio. Perciò o mi licenzia e mi motiva il perché oppure io vado a lavorare. Questa giornata di sospensione non mi tocca e non la voglio. Quello dice che dovevo andarmene via io lo chiamo stronzo e vado al lavoro. Quello manda un guardione di sopra a domandare come mi chiamavo poi arrivano due guardioni chiedono dove sono. Dico: Eccomi. Li avverto a questi qua: Sentite se mi volete mandare via con la forza non ci provate perché piuttosto finisco in galera ma cosí non me ne vado. Se mi vogliono mandare via mi devono dare un mese di paga perché ho il contratto per due mesi e ho fatto soltanto un mese cioè mi tocca un altro mese di paga.

Ma è solo una giornata di sospensione dicono quelli. No la giornata di sospensione non mi tocca e non là voglio. Comunque dicono vai a parlare nell'ufficio del capo. Ci vado mi metto a sedere il capo arriva e dice: Che cosa fa seduto lí? Eh sto seduto perché sto aspettando lei ma lei che cosa vuole da me? Lei si deve squagliare e deve andarsene via. Io dico: Un momento. Qua mi vogliono dare una giornata di sospensione che non mi tocca. Io ho fatto mezz'ora di ritardo per la prima volta e non credo che per mezz'ora di ritardo mi tocca una giornata di sospensione.

No dice non è per questo è perché lei ha chiamato stronzo il direttore. Ma è impossibile io non l'ho chiamato stronzo evidentemente ha sbagliato a capirmi. Io non posso farci niente se il direttore è sordo e non capisce quello che uno dice. Ho detto solo che me ne andavo a lavorare e che non me ne andavo via. Lei comunque deve andare via dice quello. E se non va via chiamo la polizia. Benissimo chiami la polizia. Io piuttosto vado in galera ma non vi do la soddisfazione di prendermi una sospensione che non mi tocca perché non c'è motivo. Se mi licenziate mi dovete dare un mese di paga più otto giorni di preavviso. Ah questo è da vedere. Eh lo vedremo.

Quello telefona mi manda in un altro ufficio qua mi preparano i documenti il libretto di lavoro una dichiarazione che dovevo firmare in cui mi licenziavo tutte queste cose qua. Mi dicono di firmare. Io dico: Non firmo niente prima voglio vedere i soldi e poi firmo. Mi dicono: Guardi lei non faccia il furbo che le va a finire male. Va a finire dentro veramente e non prende neanche una lira. Dico: Guarda questi sono affari miei. Io ho capito che cos'è la vita che cos'è il lavoro e non m'importa proprio se vado dentro.

Io però avevo calcolato bene tutto. Non mi potevano arrestare per una cosa del genere. L'Alemagna non poteva fare questa figura di merda che uscisse un episodio del genere sui giornali. Un operaio arrestato perché rifiuta una giornata di sospensione. E perché tutte queste grane loro non le potevano affrontare io ero abbastanza sicuro di non andare dentro e magari di prendermi tutti i soldi. Quello stronzo insisteva e un po' minacciava e un po' faceva il paternalista: Ma tu di dove sei? Sono di Salerno. Eh io pure sono di li vicino a Salerno sono di Avellino. Cercava di fare il paesano il paternalista. Mi offriva le sigarette e poi insisteva. Ma tu firma cosí la prossima volta puoi fare ancora la domanda all'Alemagna e ti prendono un'altra volta. Mentre se fai cosí non ti prendono più qui a lavorare.

Io dico Cazzo c'è tanto di quel lavoro che non mi preoccupo proprio dell'Alemagna. Poi uno deve lavorare ma non deve farsi prendere per fesso e qua mi vogliono proprio prendere per fesso. O devo fare come mi dice di fare il direttore per avere ancora lavoro qua? Ma non m'interessa proprio. E direttore ha sbagliato e a me non m'interessa di farmi questa giornata di sospensione. Adesso mi vogliono mandare via. Tanto meglio mi paghino il mese. Quello comincia a telefonare a tutti gli uffici che so all'amministrazione al personale eccetera. La direzione insisteva per telefono: Tenete duro minacciatelo ancora poi vedete. Dalle tre intanto, erano arrivate le sette quattro ore di discussione e di casino.

Gli impiegati erano proprio con i nervi a pezzi. Io non mi muovevo dall'ufficio quello era lí con il libretto e le carte pronte e loro continuavano a fare calcoli di quello che mi dovevano dare. E arrivavano ogni mezz'ora con un foglio con su una nuova cifra sopra. Ottantamila. E che sono ottantamila dico io. Sono il resto del mese che deve fare più gli otto giorni di preavviso. E che c'entra a me mi dovete dare anche un altro mese di paga altre ottantamila lire oltre i soldi del mese precedente e gli otto giorni di preavviso. Perciò saranno un sacco di soldi mica solo ottantamila lire.

Un casino che non finiva più l'impiegata diventava isterica: Eh mandatelo via qua non possiamo più lavorare. Io dico Non me ne frega niente per me potete fare anche sciopero se non volete lavorare. A me non m'interessa io voglio i miei soldi. Quello ritelefona dice: Questo qua c'ha la testa dura non molla gli impiegati sono incazzati non vogliono più lavorare. Dobbiamo dargli i soldi per forza sennò io telefono alla questura perché non ne posso più. Ma come telefona alla questura? Sí io telefono alla questura. Ma glielo dica a lui gli rispondono dall'altra parte che io sentivo perché ero lí davanti.

Mi viene vicino un'altra volta: Senti se non prendi i soldi ti giuro ti giuro su mio padre sui miei figli sul bene che voglio ai miei figli io telefono alla questura. Eh dico io e telefona alla questura cosí la finiamo di stare qua a discutere. Perché io non c'ho voglia di discutere con te. Tu mi vuoi fregare che cazzo discutiamo a fare io e te. Ti ho detto che io voglio i soldi io non voglio ragionare sei tu che vuoi ragionare con me, E perciò sono io che faccio incazzare te ma se mai sei tu che fai incazzare me. Quello telefona un'altra volta e dice: Senta io mollo. Io dico agli impiegati di dargli tutto perché non ne posso più. Questo è proprio un duro e non c'è niente da fare.

E va bene fate quello che volete si sente al telefono dall'altra parte perché quello telefonava proprio davanti a me. Poi mi fa: Va bene hai vinto tu hai visto? Tieni 'a capa tosta bravo ce l'hai fatta. Firma qua. Dico: Un momento voglio vedere prima i soldi. Prima dei soldi non voglio firmare niente. Quello si fa dare dall'impiegata le carte il libretto mi porta all'ufficio cassa. Lí mi danno il resto del mese le ottantamila lire del mese ancora da fare e gli otto giorni di preavviso. Io firmo tutto e me ne esco dall'Alemagna. Per quella cazzata del direttore ero riuscito a farmi dare un mese di paga senza farlo.

Questo dell'Alemagna fu in effetti il mio secondo lavoro in fabbrica a Milano. Dopo due mesi di lavoro nell'edilizia un mese all'Alemagna e poi ero diventato sottoccupato. Lavoravo nelle varie carovane di facchini che ci sono. Ti potevano mandare alla Siemens alla Sip alla Standa in qualsiasi posto dove c'era materiale da scaricare. Anche le industrie che avevano bisogno di operai interni per certi lavori si rivolgevano a queste carovane di facchinaggio che era tutto sommato una sottoccupazione legalizzata.

Per un po' ho fatto questo tipo di lavoro. Solamente che qualche volta capitava di non trovarne. Io mi mettevo alla e ricerca di questo lavoro di questi soldi quando proprio non avevo più in tasca e allora qualche volta rischiavo di no trovarne. Una volta che ero proprio in bolletta avevo solo ancora mille lire mi misi a cercare il lavoro. Era venerdì non trovai niente. Il sabato non ti prendono a lavorare se ne riparla il lunedí. Allora venerdì sabato domenica e lunedí quattro giorni e io avevo soltanto mille lire. Andò a finire che mangiai il venerdì e il sabato non mangiai tutta la giornata. La domenica mattina pensai di andare a farmi tirare il sangue.

Un mio amico mi aveva detto che facendosi tirare il sangue gli avevano dato tremilacinquecento lire. Allora avevo pensato di farmi tirare il sangue anch'io cosí facevo su tremilacinquecento lire e mangiavo. Mi bevvi un cappuccino cosí facevo più pressione. A Milano devi sempre bere qualcosa per tenerti su. Presi il cappuccino a San Babila in quel bar Motta che è lí di fronte alla roulotte delle trasfusioni che sta sempre in corso Vittorio Emanuele fra San Babila e i portici. Salii dentro mi tolsi la camicia.

Mi fecero la visita al torace mi tolsero un po' di sangue da un dito. Mi fecero la radioscopia e quell'esame per vedere se uno c'ha la sifilide. Poi mi misurarono la pressione e ce l'avevo bassissima. Mi chiesero quanti anni avevo se avevo avuto malattie che lavoro facevo. Sono disoccupato dissi. Mi chiedevano che malattie avevo questi stronzi senza chiedermi se avevo mangiato una cosa del genere non gli passava per la mente. Videro che avevo venticinque anni che c'avevo la pressione bassa che ero disoccupato e non gli passò manco per la testa che potevo essere affamato.

Mi stesero sul lettino ficcarono l'ago e di sangue ne usciva pochissimo. Infatti si riempì neanche la metà del flacone e poi non ne usciva più di sangue si coagulava. Quelli si spaventarono videro che il sangue non usciva più perché generalmente quando si ficca l'ago il sangue sprizza nel barattolo e lo riempie immediatamente dopo un minuto massimo un minuto e mezzo. Stavo lí da tre minuti e il flacone non si era riempito neanche per metà e sangue non ne usciva più. Quelli si spaventarono un po' allora io dissi al dottore: Sentite mi servono dei soldi almeno mille lire. Perché? Perché non ho mangiato e ho fame. Ah lei non ha mangiato ci dispiace. Ma possiamo darle del caffè dei buondì Motta.

In effetti sapevo che all'Avis il sangue si donava però credevo che se uno voleva glielo pagavano gli davano i soldi. Perché uno gli aveva dato tutto sommato della merce non è che non gli aveva dato niente. Il dottore mi disse: No qua il sangue si dona soltanto. Mi sembrava strano questo dono obbligatorio. Mi disse: Insomma beva un po' di caffè. I buondì Motta non li mangiai perché avevo lavorato all'Alemagna e c'avevo in mente bene come la trattavo io quella roba lí. Tutto sommato non avevo una grande fiducia nei buondì Motta.

Comunque ero arrivato a soffrire la fame a Milano poi avevo un sacco di debiti con gli amici i paesani. E poi c'era anche la storia con la moglie dell'amico siciliano dove abitavo. Per cui non volevo più stare a Milano e decisi di cambiare aria. Feci la domanda alla Fiat poi mi arrivò la lettera di presentarmi e me ne andai a Torino. Molti mi avevano detto che alla Fiat si stava bene che c'erano le ferie c'erano un sacco di cose. A me non era tanto quello che m'importava il motivo era che a Milano mi ero bruciato tutti gli amici tutte le possibilità. Pensavo che andando alla Fiat guadagnando un certo salario mi aggiustavo un poco poi vedevo.

Poi andando a Torino io ci avevo da dormire a casa di mia sorella. Molti altri emigranti che venivano direttamente dal sud dormivano a casa di amici di parenti oppure avevano qualche indirizzo di pensione o di alberghetto. Ma c'erano dei disgraziati che hanno dormito per tre o quattro giorni e molti anche per un mese nella stazione nella sala d'aspetto di seconda classe a Porta Nuova. E erano anche controllati dalla polizia che non lasciava che nessun giornalista li avvicinasse. Per entrare la notte nella sala d'aspetto di seconda classe a Porta Nuova uno doveva mostrare il tesserino Fiat se già lavorava alla Fiat oppure la carta della visita cioè la lettera della Fiat che ti dice di presentarti a passare la visita. Se no la polizia non fa entrare nessuno in questo dormitorio che c'ha la Fiat gratis alla stazione a Torino.

 

 

Quarto capitolo


La Fiat

Prima della Fiat politicamente ero un qualunquista. Vedevo adesso alla Fiat gli studenti che davanti al cancello davano volantini. Che volevano parlare con gli operai. Il fatto mi sembrava un po' strano. Mi dicevo ma come. Questi che hanno il tempo libero per scopare e per divertirsi. Vengono davanti alla fabbrica che è la cosa piú schifosa che c'è. La fabbrica che è davvero la cosa piú assurda e schifosa che c'è. Vengono qua davanti alla fabbrica cosa ci vengono a fare. M'incuriosiva un po' questo fatto. Però pensavo alla fine che erano dei pazzi dei coglioni dei missionari. E non m'interessavo a quello che dicevano.

Questo era in primavera. In aprile. Non c'ero mai andato alle riunioni con gli studenti. Una volta andai al primo maggio. Io le feste del lavoro non le ho mai concepite. Ma che scherziamo la festa del lavoro. La festa dei lavoratori i lavoratori che si fanno festa. Non mi entrava nella testa cosa significava festa dei lavoratori o festa del lavoro. Non mi era mai entrato nella testa perché il lavoro doveva essere festeggiato. Ma poiché quando non lavoravo non sapevo che cazzo fare. Perché ero un operaio cioè uno che la maggior parte della sua giornata la passava nella fabbrica. E il resto non potevo fare altro che riposarmi per il giorno dopo. Quel giorno di festa invece per sfizio me ne andai al primo maggio a sentire il comizio di non so chi perché non li conoscevo.

E vedevo tutta questa gente con la cravatta rossa. Le bandiere. Sentivo che dicevano cose che io già conoscevo in effetti. Non è che venivo da Marte. Le conoscevo anche se non le capivo insomma. E davanti ai bar eleganti della piazza c'era la borghesia. E c'era la piccola borghesia i contadini i commercianti i preti i risparmiatori gli studenti gli intellettuali gli speculatori gli impiegati e i leccaculi vari. A sentire il discorso dei sindacati. E lí fra i sindacati che stavano in mezzo alla piazza e i borghesi che stavano tutto intorno alla piazza davanti ai bar lí c'era tutta la massa degli operai come un'altra razza. E fra i borghesi e gli operai c'era lí grande l'esposizione Fiat dell'automobile.

Una festa insomma una fiera. Sentivo i sindacalisti. Compagni queste cose non le dobbiamo solo dire oggi in piazza. Ma le dobbiamo dire e fare anche domani nelle fabbriche. E io pensai bene questo qua c'ha ragione. E' inutile fare festa fare casino solo quando ce lo permettono di stare in piazza con la bandiera rossa. Questo lo dobbiamo fare anche in fabbrica.

Poi me ne andai per i fatti miei e vidi un altro corteo che gridava Mao Tzetung Ho Ci Min. Mi dicevo chi sono questi altri. Altre bandiere rosse altri cartelli. Ma non ne sapevo niente allora. Stavo all'oscuro. Qualche settimana dopo capitai a una riunione con sti studenti al bar di fianco a Mirafiori. Erano comunque vari giorni che avevo cominciato a piantare casino nella fabbrica. Ero nell'officina 54 delle Carrozzerie alla linea della 500. C'ero da un mese dal giorno dopo la visita che avevo passato per entrare alla Fiat.

Alla visita eravamo duemila persone ognuno riceveva un numero e ci facevano delle domande a cazzo. Domande prefabbricate domande uguali per tutti. Ma poiché eravamo in molti quei poveri salariati che facevano le domande ci andavano veloci. Ti guardavano in faccia e ti sparavano un paio di domande. Tu rispondevi qualcosa e loro ti dicevano: Vai alla stanza appresso. E tutti passavano nella stanza appresso. Nella stanza appresso un guardione con l'elenco in mano ci chiamava a venti per volta e ci portava in un'altra stanza dove facevano le visite.

La prima visita fu quella della vista. Vedi qua chiudi l'occhio guarda su leggi lí tutte queste cose qua. Poi l'udito se ci sentivi bene. Alza la gamba destra alza la gamba sinistra. Controllavano i denti il naso l'occhio l'orecchio la gola. E fra una visita e l'altra si fecero le due. Alle due ci dissero che ce ne potevamo andare a mangiare. A questa visita del primo giorno eravamo dovuti andare a stomaco vuoto. Non bevendo niente non mangiando niente. Perché dovevamo fare l'analisi del sangue. Alcuni erano riusciti a farsi l'analisi per le due. Altri no. Gli altri che dovevano tornare il pomeriggio a farsi l'analisi del sangue alle due non mangiarono. Stavano digiuni dalla sera prima.

Alla visita del sangue c'era un puzzo che si sentiva fuori dalla porta. Dentro migliaia di fialette di sangue dappertutto. Batuffoli di cotone insanguinati dappertutto. Da una parte un mucchio alto un metro e mezzo di cotone rosso pieno di sangue. Tiravano il sangue e ti facevano male perché mica controllavano dove ficcavano l'ago. Ficcavano dentro l'ago da qualche parte e tiravano. Poi mettevano da una parte la fialetta e buttavano dall'altra parte sul mucchio il batuffolo di cotone rosso.

Di lí andammo in un'altra stanza dove l'infermiera ci dava un bicchiere in mano. C'erano soltanto due gabinetti per pisciarci dentro. Facemmo un cerchio e ci mettemmo a pisciare tutti quanti nel nostro bicchiere. Dicevamo che facevamo la birra e ridevamo. Poi posavamo il bicchiere lí sopra e l'infermiera ci chiedeva il nome e scriveva su un foglio il nome sotto il numero che era quello del bicchiere di ciascuno.

Il giorno dopo la visita generale. Dovevi alzare un peso. C'erano dei macchinari con dei pesi attaccati. Dovevano controllare la forza che c'avevamo. Per questa visita passarono circa due ore perché eravamo in duemila e dovevamo passarci tutti duemila per questa visita. Non tutti ce la fecero a farla quel giorno e dovevano tornare il giorno dopo sei sette ore per questa visita. Dopo che l'avevi passata dovevi aspettare la visita generale. Ti spogliavi nudo.

Stavi lí nudo in piedi davanti al medico stregone. Lui seduto col camice bianco addosso ti faceva le domande. Come ti chiamavi quant'anni c'avevi se avevi fatto il servizio militare se eri fidanzato. Poi ti faceva marciare vai avanti torna indietro alza le braccia abbassa le braccia abbassati a terra fai vedere le mani fai vedere i piedi sotto i piedi. Poi vedeva le palle se uno ce l'aveva e tutte queste cose qua. Dici 33 tossisci respira e tutte queste cazzate qua. Tutta una giornata per fare questa visita perché per fare la visita ci voleva un quarto d'ora ciascuno e eravamo in duemila.

Poi mi disse il medico stregone: Hai ricevuto mai operazioni chirurgiche? Si vedeva benissimo che io non avevo mai ricevuto operazioni chirurgiche perché grazie a dio non c'avevo un taglio addosso. Sí sí faccio io alla palla sinistra. Come è successo? Questo qua resta male perché non se n'era accorto prima. Mi dissi io adesso gli faccio fare una figura a questo dottore. E' perché giocavo al pallone risposi e allora ho preso un calcio nelle palle e mi dovettero operare.

Veramente? E va bene tu devi venire a una visita di controllo domani. Un altro aveva detto che aveva avuto il braccio rotto e anche lui doveva venire il giorno dopo. Questo serviva secondo me per mettere bene in testa all'operaio che doveva essere sano intero eccetera non lo so a che cazzo serviva. Poi infatti ci presero tutti quanti. Anche quelli che non ci sentivano che avevano gli occhiali che erano zoppi o che avevano avuto un braccio ingessato. Tutti proprio tutti fino all'ultimo uomo solo un paralitico forse non l'avrebbero preso.

Andammo il giorno dopo ancora a passare la visita di controllo. Mi mandarono in una stanza dove c'era uno stregone che non c'aveva neanche il camice bianco addosso. C'aveva soltanto una segretaria bionda bona che sbatteva il culo su e giú per la stanza. Gli portò la mia scheda e lui si sedette sullo sgabello. Mi fece abbassare i pantaloni e le mutande e mi toccò le palle. Dove hai avuto l'operazione. A questa qua. Chiudi. Tirai su e non mi disse niente. L'infermiera bona mi diede una carta che dovevo andare alla Fiat dopo due giorni.

Alla Fiat dopo due giorni c'eravamo tutti quelli che avevamo passato la visita. Cioè tutti quanti. Arrivò subito quello dell'ufficio assunzioni. O delle pubbliche relazioni era lo psicologo o l'assistente sociale chissà che cazzo era. Arriva lui e dice: Amici. Vi do il benvenuto alla Fiat a nome mio personale e della direzione che vi ha accettati. Bene bravo. Tutti quanti a battere le mani. L'ufficio personale dice è a disposizione dei dipendenti Fiat che c'hanno dei bambini che c'hanno dei problemi personali dei problemi sociali da risolvere e tutte queste cose qua. Se vi servono dei soldi ce li chiedete. Ah fanno alcuni napoletani io mi servono diecimila lire. No non cosí il prestito lo dovete chiedere quando lavorate. Se c'avete dei reali bisogni. Adesso ve le dovete risolvere ancora da voi queste cose qua. Poi quando lavorate ci potrete chiedere il prestito.

Poi dagli uffici ci sbattono giú nella Fiat nella fabbrica proprio. Un altro coso un impiegato ci prendeva il numero e ci dava altri numeri. Il numero di spogliatoio il numero di corridoio il numero di armadietto il numero di officina il numero di linea. Per tutto questo ci fecero stare quasi una mezza giornata appresso a loro. Poi andammo nell'ufficio del gran capo l'ingegnere delle Carrozzerie. A tre alla volta entravamo dentro evidentemente faceva a tutti le stesse domande lo stesso discorso sempre con le stesse parole uguali per tutti.

Vi do il benvenuto alla Fiat. Sapete che cos'è la Fiat la Fiat è tutto in Italia. Se avete letto delle cose, cattive sulla stampa comunista che parla male della catena di montaggio sono tutte calunnie. Perché qua gli unici operai che non stanno bene sono quelli sfaticati. Quelli che non hanno voglia di lavorare. Il resto lavorano tutti e sono contenti di lavorare e stanno anche bene. C'hanno tutti quanti l'automobile e poi la Fiat c'ha le colonie per i bambini dei dipendenti. E poi si hanno gli sconti in certi negozi quando uno è dipendente Fiat. Tutta una apologia ci faceva.

Anche lui come gli altri prima non faceva nessuna domanda precisa. Non diceva nessuna cosa che ci riguardasse come singolo personalmente. Queste cose evidentemente le fanno con gli impiegati anche perché con loro c'hanno piú tempo materiale perché sono di meno. Ma noi eravamo una massa una marca. Non eravamo mica solo noi duemila eravamo ventimila tutte le nuove assunzioni. Arrivavano i mostri gli orribili lavoratori. E loro erano due mesi che facevano a tutti le stesse domande e lo stesso lavoro.

Perciò gli giravano le palle anche a loro che facevano questo lavoro. Cioè questa massa di operai che entrava nella Fiat aveva proletarizzato anche gli stessi impiegati gli stessi medici. Che poi la cosa in sostanza non era di fare una scelta ma serviva semplicemente a far passare un concetto di organizzazione di subordinazione di disciplina. Infatti se no non avrebbero preso anche quelli che non ci vedevano che erano malati proprio di fatto che avevano una pancia cosí. Li prendevano tutti perché gli servivano tutti. Andavano bene tutti per quel lavoro di merda.

E questo qua l'ingegnere dice: lo sono il vostro colonnello. Voi siete i miei uomini e cosí ci dobbiamo rispettare gli uni con gli altri. Io i miei operai li ho sempre difesi. Gli operai Fiat sono i migliori quelli che producono di piú e tutte queste cazzate qua. A me allora mi comincia a andare la mosca al naso e comincio a pensare: Qua mi sa che andrà a finire male con questo colonnello. Poi ci spiegò che non bisogna fare sabotaggio alla produzione perché oltre a essere licenziati immediatamente si poteva anche essere denunciati. Tirò fuori un articolo del codice penale che diceva che si può anche essere denunciati. Si mise a fare il terrorista. E io cominciai a pensare: Questo colonnello qua una bella lezione gli starà proprio bene.

Poi ci presentarono i capi a ognuno di noi. Ci avevano diviso. Eravamo stati una massa sola fino a quel momento poi ci divisero quattro o cinque per ogni linea. Io che andavo alla linea della 500 mi presentarono il mio capo. Il capo della linea. Poi il mio capo mi presentò il fuorilinea. Che sarebbero gli operai che sanno fare tutti i lavori della linea. Se tu devi andare a pisciare o a cacare quando ti lasciano andare perché ci vuole a permesso loro intervengono e ti danno il cambio. Oppure se ti senti male o se sbagli qualcosa. Interviene il fuorilinea il jolly quello che fa tutto.

Mi presentano questi qua e mi fanno stare vicino alla linea. Mancavano altre due ore per finire la giornata e il capo mi fece fare dei lavoretti cosí da niente. Io guardando la linea di montaggio mi sembrava un lavoro leggero. Il modo come camminava questa linea tutti questi operai come lavoravano. Sembrava che non ci fosse quasi fatica. Il giorno dopo mi acchiappano e mi portano al mio posto un altro posto un'altra linea. E mi presentano un altro capo il giorno dopo quando dovevo cominciare a lavorare. Questo qua prende un fuorilinea e gli dice: Portalo là. Insomma stavo in un posto dove mettevo i fascioni col paraurti alla 500. Dovevo piazzarli sul motore metterci due bulloni su e stringerli con un affare.

Io prendevo questo fascione col paraurti sopra di me c'era la carrozzeria della 500 che arrivava dall'altra parte arrivava il motore io piazzavo questo fascione col paraurti che peserà un dieci chili fra tutt'e due. Lo prendevo da un altro posto che lo preparava un altro lo mettevo sopra il motore ci mettevo i bulloni sopra. Avvitavo con sta chiave automatica a aria. Veloce trrrr trrrr due bulloni e tutto andava via mentre un altro arrivava. Venti secondi ci dovevo mettere Dovevo fare il ritmo. I primi giorni non ci riuscivo e mi aiutava il fuorilinea. Per tre giorni mi aiutò.

Alla linea Fiat non è questione di imparare ma di abituarti la muscolatura. Di abituarla allo sforzo con quei movimenti con quel ritmo. Dovere mettere un coso di quelli ogni venti secondi significava che avevi dei movimenti piú veloci del battito del cuore. Cioè un dito l'occhio qualsiasi parte eri costretto a muoverla in decimi di secondo. Operazioni obbligate in frazioni di secondo. L'operazione di scegliere le due rondelle l'operazione di scegliere i due bulloni quei movimenti erano operazioni che i muscoli e l'occhio dovevano farle da sé subito senza che io dovevo decidere niente. Dovevo solo tenere il ritmo di tutte quelle mosse che si ripetessero in ordine e uguali. Fin che non ti ci abitui per tre o quattro giorni a quel ritmo non ce la fai.

Come mi cominciai a abituare da solo questo qua che mi aiutava mi lasciò. Mi accorgevo che qua dentro avevano interesse a aumentarci le operazioni. Molti fra gli operai nuovi arrivati chi faceva mezza giornata chi una giornata chi tre giorni chi una settimana di lavoro poi se ne andavano via. Specialmente molti di quelli giovani se ne andavano immediatamente dopo aver visto di che razza di lavoro di merda si trattava. Chi cazzo ha voglia di starci piú qua e se ne andavano via. Poi una quantità di altri si mettevano in mutua tutti i giorni. Allora dato che c'erano meno operai che lavoravano sulla linea avevano bisogno che ognuno di noi facesse molte piú operazioni. Perché se no dovevano tenere tanto di quel personale che poi non se ne servivano perché non c'era mai. E a me mi imposero di fare un'altra operazione in piú. Allora io cominciai a incazzarmi e mi feci anche un po' male al dito.

Mi si schiacciò un po' l'unghia ma non è che mi feci tanto male. Però mi ci misi del grasso sopra del grasso nero sul dito cosí sembrava nero sangue aggrumato. L'unghia era un po' nera il dito era nero e io cominciai a chiamare il fuorilinea e gli dissi che dovevo andare in infermeria. Arrivò il capo e mi disse: Tu vuoi andare in infermeria? Sí mi sono fatto male al dito. Ma non ci puoi andare in infermeria per un dito cosí. Invece io ci vado. Tu non ci vai. Arrivò un altro capo quello delle 500. Cioè lí c'è un capo delle Carrozzerie poi c'è un capo delle 500 un capo delle 850 un capo delle 124. E sia le 124 che le 500 che le 850 hanno ciascuna piú linee. La 850 ha quattro o cinque linee la 500 ha sei o sette linee la 124 ha due o tre linee.

Arrivò il capo delle 500 e mi disse: Senti io ti faccio una proposta. Scegli tu se vai dal medico se vai in infermeria con quel dito oppure se vuoi stare qua. Se vuoi stare qua io ti metto a fare un lavoro leggero. Se vuoi andare dal medico e se il medico non ti riconosce ti faccio fare il lavoro piú pesante anzi ti faccio dare una sospensione dal lavoro. Allora io accetto la sfida e dico: Voglio andare dal medico. Quello mi fa il biglietto perché devo avere il biglietto suo per andare su in infermeria. Poi ci vedremo mi minaccia. E andai in infermeria. Entrando in infermeria vidi che usciva un operaio con un braccio fasciato che si era fatto un taglio. Vai a casa? gli dico. No non mi hanno riconosciuto. Come con quel braccio tagliato non ti hanno riconosciuto? No.

Subito m'incazzai e mi dissi: Allora io con questo dito anche se non c'ho niente mi faccio dare dieci giorni. Perché quello si era fatto male veramente e gli dicono: No tu devi lavorare. Ma che siamo impazziti siamo in guerra siamo nel Vietnam qua? Con tutta questa gente sanguinante ferita che deve lavorare per forza? Entrai in infermeria e in quel momento arrivavano altri feriti. Lí in infermeria era sempre pieno sembrava proprio un ospedale di guerra. Con tutti questi operai che arrivavano in continuazione con una mano schiacciata con un taglio da qualche parte con qualcosa di rotto. Arrivava' uno che gli era scesa l'ernia e gridava. Lo portavano al pronto soccorso chiamavano l'ambulanza.

Arrivai io e cominciai a bluffare. Controllai bene e mi toccai il dito per sapere quando dovevo urlare. Quando mi toccarono il dito cominciai a bestemmiare in dialetto in napoletano. Quello che mi visitava era un torinese e gli faceva un certo effetto. Perché se bestemmiavo in italiano sembrava che recitavo mentre bestemmiando in napoletano questo qua non sapeva se recitavo o no. Mannaggia 'a maronna me stai cacando 'o cazzo statte fermo porco dio tutte queste cose qua dicevo. Ma io la devo visitare diceva lui. Si stia fermo. Ma che fermo. Ho fatto male al dito qua è rotto. E lui: Voglio vedere se è rotto io non so se è rotto. Ma io lo so io me lo sento rotto. Non lo posso muovere proprio.

Arriva un medico quello che aveva guardato l'ernia all'altro e dice: Va be' faccia un biglietto sei giorni. Sei giorni dice poi se le fa ancora male la mandiamo all'ospedale. Mi fa il biglietto e me ne vado. Vado dal capo e dico: Mi ha dato sei giorni. Quello si fa nero dalla rabbia e pensa: Questo stronzo m'ha fregato si farà sei giorni di festa alla faccia della Fiat. Che poi me li doveva pagare la Malf. Perché non era la mutua che c'è adesso l'Istituto Nazionale l'Inam. La Mutua aziendale Fiat pagava di piú. L'Inam i primi tre giorni di malattia non li paga ma con la Malf eri pagato dal primo giorno in poi. Era una bella fregatura per la Fiat avere quella mutua che infatti poi l'ha tolta.

Allora me ne vado a casa. A casa il dito non lo lavavo mai con il suo grasso nero tutto intorno. Non lo lavavo mai e nemmeno lo muovevo e stavo attento a non appoggiarlo da nessuna parte. Dopo i sei giorni era venuto gonfio. Il dito io non lo avevo mosso mai proprio per farlo gonfiare. Se uno le muove le dita le dita diventano snelle. Ma se uno prende un colpo a un dito e poi quel dito non lo muove mai il dito si gonfia veramente e diventa piú grosso dell'altro. Mica si gonfia molto ma si vede che è un po' piú grosso. E poi è piú liscio perché non gli hai fatto toccare niente.

Torno dentro dopo sei giorni e dico: Guardate che qua il dito si è fatto gonfio. A me sembra che mi fa male ancora. Ma non può lavorare cosí? No perché noi lavoriamo con le mani. Se io devo prendere un bullone o devo prendere la pistola cioè quella che avvita i bulloni e che si chiama pistola la devo usare con le mani. Ora o io sto attento a quello che faccio ai bulloni che prendo oppure sto attento al dito che non lo faccio toccare vicino a un posto. Invece cosí devo stare attento a quello che faccio e anche al dito. Ma io non posso fare questo. Perché se no dopo tre ore a furia di colpi che do qua contro a qualcosa finisce che m'innervosisco divento pazzo tiro una cosa in testa a qualcuno. Non posso farlo.

Il medico intuisce che sto bluffando e mi fa una proposta: Preferisce andare a lavorare o preferisce che le faccio il ricovero all'ospedale? Io mi dico: Qua devo fare il duro, perché il ricovero all'ospedale a loro gli costa di piú. Lui non può giustificare di mandare un operaio all'ospedale per un dito non lo può fare. Lui voleva bluffare con me pensava: Questo qua si vuole fare altri tre o quattro giorni di festa e allora io lo minaccio. E lui al posto di andare all'ospedale preferirà tornare in fabbrica. All'ospedale chiaramente sei fottuto non puoi divertirti insomma stai lí dentro e basta.

Faccio: No io allora vado all'ospedale. Perché secondo me il dito mi fa male ancora non è guarito. Allora lui dice a uno': Fai la carta per l'ospedale a questo qua. Io mi feci verde pensai: Mi ha fregato questo stronzo. Me ne stavo lí zitto volevo quasi dire: Vado a lavorare. Allungo il collo per guardare la carta e vedo che quello stava scrivendo altri sei giorni. Io non dico niente mi prendo la carta e me ne vado. Lui zitto io zitto. Io senza dire: Allora non devo andare all'ospedale. C'eravamo capiti immediatamente che ci stavamo prendendo per il culo l'uno con l'altro.

Cosí mi feci dodici giorni di mutua pagata e ero contento. Perché ero riuscito a fregare il lavoro e la sua organizzazione a vantaggio dei miei propri interessi. Ma in quei giorni senza lavoro non sapevo che cazzo fare tutto il giorno. Me ne andavo in giro cosí per il Valentino dove stavano le puttane i froci. Andavo in giro così a cazzo mi annoiavo e non sapevo che fare anche se avevo i soldi. Mi pagavano quasi centoventimila lire al mese alla Fiat. Ogni quindici giorni davano un anticipo come prendevo l'anticipo davo quarantamila lire a mia sorella dove abitavo.

Mi restavano diecimila lire queste diecimila lire le sprecavo in due o tre giorni. Un po' perché non sapevo che cazzo fare passavo da un bar all'altro compravo i giornali Playmen Diabolk Me ne andavo al cinema non sapevo che cazzo fare. Quei soldi me li consumavo così senza sapere che cazzo facevo. Stavo cosí mi riposavo della stanchezza di un lavoro di merda. Una cosa abbastanza assurda cioè assurda veramente. E in quei dodici giorni di mutua pagata me ne accorgevo che non sapevo neanche come riposarmi del lavoro e non sapevo che cazzo fare a Torino.

Al ritorno dai dodici giorni di mutua fatti comunque alla faccia della Fiat perché non c'avevo un cazzo torno dentro. Mi misero a avvitare le marmitte e decisi di fare il culo al nuovo fuorilinea che avevo. Perché quando devi imparare una nuova operazione hai ancora il fuorilinea vicino che te la insegna. E io a questo qua gli volevo fare il culo perché i fuorilinea sono dei crumiracci gente che lí ci lavorano da dieci anni da tre anni. Lui mi faceva vedere: Hai visto trrrr trrrr trrrr fai tu il prossimo. Andavo io trrrrrrrr e m'incagliavo. Facevo finta d'incagliarmi con la pistola facendo finta che s'incastrava vicino al bullone. Fai presto chiamavo il fuorilinea vieni a vedere che non riesco.

Dio cane dio cane cominciava a fare quello che era un torinese. Si chiamano barott sono quelli della cintura torinese dei contadini sono. Sono tuttora dei contadini che c'hanno la terra e la moglie la lavora. Sono i pendolari gente durissima ottusi senza un po' di fantasia pericolosi. Mica fascisti ottusi proprio. Poi erano pane e lavoro. Io che ero qualunquista almeno ero uno recuperabile. Ma quelli accettavano fino in fondo il lavoro il lavoro era tutto per loro e te lo dimostravano coi fatti. Stavano qua a lavorare per anni per tre anni per dieci anni. Che uno invecchia subito e muore presto. Per quei quattro soldi che non ti bastano mai è solo un ottuso un servo che può farlo. Restare per anni in questa prigione di merda e fare un lavoro che annienta la vita.

Comunque questo qua ha il sospetto che voglio fargli il culo e allora abbandona il posto e ferma la linea. Arrivano i capi. Quando si ferma una linea si accende il rosso dove è stata fermata la linea e arrivano tutti i capi lí. Che succede? C'è questo che non vuole lavorare. Ma stai dicendo un'infamia perché io sto lavorando non ci riesco perché sto imparando. Mica sono intelligente come te tu ci stai da dieci anni qua dentro è chiaro che uno come te impara tutto subito. Lo volevo vedere morire. Tu sei intelligente gli dicevo ci stai da dieci anni qua dentro e capisci tutto per me è un po' piú difficile. Poi vengo da una convalescenza con questo dito qua come faccio.

Allora il capo mi dice: Senta a me sembra che lei vuole fare un po' il lavativo. Invece deve mettersi in mente che alla Fiat si deve lavorare non si deve fare il lavativo. Se vuole fare il lavativo vada a via Roma lí dove ci stanno gli amici suoi. Gli dico: Guardi io non lo so se a via Roma c'ho degli amici. Comunque io vengo qua perché c'ho bisogno dei soldi. Sto lavorando non ho imparato ancora e quando imparo lavoro. Mi volete dare sei giorni di prova o no? Ma come sei giorni di prova dice il capo lei già sta da un mese qua. Sí da un mese ma stavo a quel posto là non a questo qua. Adesso devo avere altri sei giorni di prova e lui il fuorilinea per sei giorni deve stare qua con me. Se no non faccio un cazzo.

Dovevo avvitare i bulloni alla marmitta nove bulloni. Dovevo stare otto ore con la pistola in braccio il motore mi passava davanti avvitavo poi andava via. Un altro metteva la marmitta e infilava i bulloni io li avvitavo solo. Era abbastanza facile ma dovevo stare otto ore con la pistola in braccio o su una spalla una pistola a aria che pesa quattordici chili. Poi a me i lavori che devo usare una mano sola o un solo braccio che non li devo usare tutti e due insieme non mi piacciono. Perché mi fanno una spalla piú grossa e un'altra piú piccola. Diventi storto con una spalla in un modo e una in un altro un muscolo piú grosso e un altro piú piccolo. Ti deformi veramente. Mentre se fai dei movimenti come la ginnastica dove muovi tutte due le parti allo stesso modo questo non mi dà fastidio. Questa ginnastica qua invece mi faceva incazzare. Mi mettevo il motore sulla spalla e poi il rumore totototototo to to to non ne potevo piú.

Io comunque avevo già deciso di rompere con la Fiat di minacciarli. All'ultimo scontro con il mio fuorilinea arrivano un'altra volta i capi tutti quanti insieme. Gli operai si erano fermati perché il mio fuorilinea aveva ancora fermato la linea. Stavano tutti lí a guardare me io a guardare i capi. E li minaccio minaccio il capo il fuorilinea il gran capo che era venuto lí anche lui quello là il colonnello. Guardate dico guardate che la Fiat non è mia mettetevelo bene in mente. Non l'ho voluta io non l'ho fatta io io sto qua dentro per guadagnare i soldi e basta. Però se mi fate incazzare e mi rompete le scatole io vi spacco la faccia a tutti quanti. Davanti agli operai glielo dico. Li avevo minacciati esplicitamente ma quelli non potevano rischiare. Perché non sapevano io come la pensavo se facevo sul serio o no. Allora il gran capo usò il paternalismo.

Lei ha ragione mi fa davanti agli operai. Però il lavoro è una cosa importante il lavoro è una cosa che si deve fare. Evidentemente lei sta un po' nervoso oggi ma noi non ci possiamo fare niente qua non è un ospedale. Si vada a curare fa avvicinandosi a me si metta in mutua fa vicino a me davanti agli operai non rompa le scatole alla gente che vuole lavorare. Mi recupera insomma mi recupera e poi chiude il discorso. Se vuoi rompere le scatole mettiti in mutua va a fa 'nculo non rompere le scatole qua dentro a gente che lavora e che vuole lavorare. Qua non c'è posto per lavativi pazzi malati che non gli va di lavorare. Intanto la linea si rimetteva in moto e gli operai non mi guardavano piú.

 

 

Quinto capitolo


La lotta

Tutto questo prima di conoscere i compagni fuori della porta. Una sera uscivo dalla Fiat e vedo uno studente che mi fa: Vuoi venire a una riunione li al bar? lo decido che mi va e gli dico va bene che ci vado. Che cazzo non c'ho niente da fare mi vado a vedere questi stronzi che vogliono che dicono. Li vedevo tutti i giorni questi studenti e li giudicavo stronzi. Non sapevo neanche quello che dicevano non leggevo nessuno dei loro volantini.

C'erano allora gli scioperi quelli fatti dal sindacato. Erano quelli che volevano la seconda categoria i gruisti e i carrellisti. C'erano questi scioperi dentro c'erano alcune linee quelle della 124 che stavano ferme. Gli operai giocavano a carte a soldi a scommesse. Leggevano o stavano li fermi perché non arrivavano i pezzi. Stavano ferme due o tre linee. Quando uscivo vedevo gli studenti che davano i volantini e che parlavano di questo sciopero. Ma a me la cosa non mi interessava.

Allora vado a quella riunione li al bar di fianco a Mirafiori. Conosco Mario e degli studenti e gli dico in che officina stavo quello che facevo. Conosco anche altri operai e Raffaele uno della 124 che vedevo che veniva tutte le sere alle riunioni. Lui diceva che conosceva un'ottantina di compagni che erano disposti a fermarsi quando diceva lui. Cazzo mi dicevo io a me mi conoscono tutti quanti ma nessuno è disposto a fermarsi quando dico io. Allora gli dico se tu conosci questi ottanta compagni possiamo fermarci quando vogliamo. Possiamo fermarci anche domani. Non lavoriamo piú cominciamo a lottare da domani.

E Mario e gli altri studenti stavano con le orecchie tese a sentire quello che dicevamo io e questo Raffaele. Poi si decide di fare un volantino per domani in cui diciamo di fare la lotta di fermarci. Non lo so su che cosa doveva essere quel volantino. Sulla seconda categoria pure forse non lo so. O mi sembra che volevamo i soldi della mensa. Alla Fiat non c'è la mensa e volevamo i soldi della mensa che c'avevano promesso. Doveva essere una cosa del genere.

Come in tante fabbriche alla Fiat per mangiare ci portavamo il baracchino. E io dicevo che la mezz'ora del mangiare ce la dovevano pagare perché anche quella mezz'ora lavoravamo. Perché mentre stai lavorando suona la sirena uuuhhh e allora tu ti metti a correre fai le scale arrivi nel tuo corridoio arrivi nel tuo spogliatoio arrivi al tuo armadietto prendi la forchetta il cucchiaio il pane corri vai dove sta il tuo baracchino che ce ne stanno duemila prendi il tuo baracchino arrivi al tavolo parli tatatatatatatatatata mangi giú uuuhhh salti su scappi corridoio spogliatoio armadietto posi un'altra volta la roba corri giú mezz'ora eccoti un'altra volta nell'officina. Tutto di corsa mentre vai e mentre torni in officina se no non ce la fai. Questo è lavoro mica è intervallo. E' produttivo sto fatto.

Comunque sento Raffaele che lui dice che poteva bloccare ottanta compagni. E gli dico che ci diamo l'appuntamento domani lui con i suoi e io con i miei. Che io non avevo nessun seguito comunque pensavo vediamo se mi seguono io ci provo. Ci vediamo con i miei e con i tuoi dico a Raffaele. Ci vediamo al terminale delle linee e li facciamo un'assemblea un corteo. E minacciamo di morte e di impiccagione tutti i ruffiani i crumiri i fuorilinea. Li minacciamo e cosí facciamo i cortei e ci mettiamo a gridare e a cantare. Vediamo un po' che cazzo combiniamo poi ce ne usciamo fuori dall'officina. Insomma lottiamo domani non si lavora. Va bene va bene. Allora facciamo questo volantino domani all'una li distribuiamo davanti ai cancelli. Poi quando siamo dentro parliamo COI compagni negli spogliatoi durante il percorso per andare negli spogliatoi.

Il giorno dopo cominciamo a distribuire il volantino davanti alla porta insieme agli studenti. Mario aveva fatto un cartello non so cosa c'era scritto sopra Potere operaio La classe operaia è forte questa roba qua. Allora io mi metto a fare l'agitazione fuori della porta: Compagni noi oggi ci dobbiamo fermare. Perché ci siamo rotti il cazzo a lavorare. Avete visto il lavoro com'è duro. Avete visto com'è pesante. Avete visto come fa male. Vi avevano fatto credere che la Fiat era la terra promessa che era la California che ci eravamo salvati.

Io ho fatto tutti i lavori il muratore il lavapiatti lo scaricatore. Tutti li ho fatti ma il piú schifoso è proprio la Fiat. Io quando sono venuto alla Fiat credevo che mi sarei salvato. Questo mito della Fiat del lavoro Fiat. Invece è una schifezza come tutti quanti i lavori anzi peggio. Qua ogni giorno ci aumentano i ritmi. Molto lavoro e pochi soldi. Qua pian piano si muore senza accorgersene. Questo significa che è proprio il lavoro che è schifoso tutti i lavori sono schifosi. Non c'è lavoro che va bene è proprio il lavoro che è schifoso. Qua oggi se vogliamo migliorare non dobbiamo migliorare lavorando di piú. Ma lottando e non lavorando piú solo cosí possiamo migliorare. Ce repusammo nu poco oggi ce ne iammo a fa' 'na iurnata 'e festa. Parlavo in dialetto perché erano tutti napoletani meridionali. Che cosí capivano tutti perché lí la lingua ufficiale era il napoletano.

Poi entriamo dentro e mentre entriamo dentro mi viene in mente una cosa. Mi faccio dare il cartello da Mario non so neanche che cazzo c'era scritto sopra di preciso. Mi viene uno sprazzo di fantasia adesso entro nella Fiat col cartello. Entro col cartello in una mano e il tesserino nell'altra. Perché per entrare bisogna mostrare il tesserino se sei dipendente o no. Se no chissà ci può andare dentro un bandito uno che vuole mettere una bomba. Il primo guardione mi guarda sorpreso a bocca aperta. E' la prima volta in vita sua che vede un cartello dentro la Fiat passare i cancelli legalmente col tesserino Fiat in mano. Il capo dei guardioni mi viene incontro e dice: Lei si fermi. Dici a me? Sí cosa fa con questo cartello?

Con questo qua? faccio io. Lo tengo esposto. Ma non sa che non si può entrare coi cartelli? E dove sta scritto? Nei regolamenti non c'è questo fatto che non si può entrare coi cartelli perciò io entro. No non si può entrare. Ma allora questo è un arbitrio che non si può entrare lo stai decidendo tu adesso qua io invece entro. Questo cartello mi piace e me lo porto appresso. No non si deve entrare con cose che non c'entrano col lavoro. E allora perché quello lí entra col Corriere dello Sport che cazzo c'entra il Corriere dello Sport col lavoro e cogli operai. Questo cartello qua almeno interessa agli operai quel giornale li non interessa a nessuno. Non me ne frega lei venga con me. E io dico: Se lo poso il cartello posso entrare? Sí posi il cartello. Guarda che io lo poso qua fuori dal cancello. Cosí va bene?

Entro dentro. Mi chiama ancora il capo dei guardioni: Lei venga con me. Ma dove? Io devo andare a lavorare. Venga con me. Allora io lo prendo per la cravatta e gli dico: Ma vieni tu invece con me. Lo trascino un po' poi gli tiro un calcio nei coglioni un calcio nella pancia e lo butto a terra. Dico: Non cacatemi il cazzo oggi si fa la lotta oggi andate a fa 'n culo tutti quanti. Tutti gli operai che entravano un boato uhhhhh come quelle tribú arabe. Tutti quanti che mi applaudivano. Poi dicono: Scappa dentro dai se no ti individuano. Scappai dentro e andai nello spogliatoio: Compagni oggi si fa la lotta adesso andiamo tutti a fare un grande casino.

Tutti quanti si sbiancarono in faccia. La cosa era troppo provocatoria per loro. Non avevano mai fatto delle lotte. Lí il sindacato non si faceva vedere mai. Pensavano: Questo qua dove sbuca fuori questo pazzo che dice che dobbiamo fare la lotta. Comunque io li aspettavo ancora sotto le scale: Oggi si deve fare la lotta. Ma come facciamo? Ce ne scendiamo giú e al posto di andare nelle linee facciamo tutti un gruppo in fondo ai terminali. Ma questi qua non ci andavano. Erano frustrati erano bloccati non capivano e andavano tutti alle linee. Perché c'avevano la nevrosi.

Cos'è la nevrosi. Ogni operaio Fiat ha un numero di cancello un numero di corridoio un numero di spogliatoio un numero di armadietto un numero di officina un numero di linea un numero di operazioni da fare un numero di pezzi di macchina da fare. Insomma è tutto numeri la sua giornata alla Fiat è tutta articolata organizzata da questa serie di numeri che si vedono e da altri che non si vedono. Da una serie di cose numerate e obbligate. Stare lí dentro significa che come tu passi il cancello devi fare cosí col tesserino numerato poi devi fare quella scala numerata girando a destra poi quel corridoio numerato. E cosí via.

Alla mensa per esempio. Automaticamente gli operai si scelgono i posti da sedere e i posti rimangono quelli poi per sempre. Mica si è organizzati lí alla mensa che tutti si devono sedere sempre allo stesso posto. Ma di fatto tu va a finire che ti siedi sempre allo stesso posto. Cioè è veramente un fatto scientifico questo è un fatto strano. Io ho mangiato sempre alla stessa sedia allo stesso tavolo con le stesse persone senza che nessuno ci avesse mai messi insieme noi. Allora questo significa secondo me la nevrosi non so se si può dire nevrosi per questa cosa qua se la parola è esatta. Ma per stare lí dentro devi fare questo perché se no neanche ci stai lí dentro se non fai questo.

Questi qua con cui avevo parlato di fare la lotta non sapevano che cazzo fare. La proposta che gli facevo io non la capivano immediatamente. Intuivano che doveva essere giusto quello che io gli proponevo ma non sapevano come realizzarlo. Non capivano che l'importante era solo di fare casino tutti insieme. Io mi incazzai. Non perché venivo licenziato per quello che avevo fatto perché infatti già mi volevo licenziare da solo cercavo solo la scusa. Erano tre mesi che stavo alla Fiat e non ne potevo più. Non mi potevo piú sopportare come operaio come lavoratore. Era maggio c'era già caldo e volevo tornare giú a casa a farmi i bagni.

Non m'incazzai perché venivo licenziato. Quello era sicuro ma non me ne fregava niente. Ero facilmente individuabile cosí com'ero. Avevo i baffi avevo le scarpe bianche e la camicia blu il pantalone blu ero facilmente individuabile. E stavo cosí com'ero entrato nell'officina senza travestirmi. Cioè senza prendere dallo spogliatoio le scarpe vecchie il pantalone vecchio la maglia vecchia senza cambiarmi come si faceva sempre. Ero entrato cosí come stavo fuori sulla strada con le scarpe bianche pulite tutto acchittato. Ero entrato cosí dentro l'officina proprio deciso a non lavorare. Ero incazzato invece perché non ero riuscito a convincere gli altri.

Mi vado a prendere una coca all'automatico e me la bevo e arrivo in ritardo alla linea di montaggio. Perché ci si deve arrivare sempre prima alla linea mai dopo. E trovai già li il capo l'altro capo tutti quanti lí che mi guardavano. E c'era il fuorilinea al mio posto. Arrivai lí e il capo dice: Guardi che lei sta rompendo le scatole. Qua si arriva in orario adesso le do mezz'ora di multa. Gli dico: Fai che cazzo vuoi tu m'hai rotto le scatole tu e la Fiat. Va' fa 'n culo se no ti tiro qualcosa in testa. Fatevele da voi queste zozze macchine di merda a me che mi frega.

E tutti gli operai che stavano lì intorno mi guardavano e io gli dicevo: Ma siete degli stronzi voi siete degli schiavi. Qua bisogna picchiarli a sti guardioni qua a sti fascisti. Che cazzo sono sti insetti sputiamogli in faccia e facciamo quello che vogliamo qua mi sembra il servizio militare. Fuori dobbiamo pagare se entriamo in un bar dobbiamo pagare nel tram dobbiamo pagare la pensione tutto dobbiamo pagare. E qua dentro ci vogliono comandare. Per quattro soldi che non ci servono a un cazzo per un lavoro che ci fa crepare e basta. Ma siamo impazziti. Questa è una vita di merda sono piú liberi quelli che stanno in galera di noi. Qua incatenati a queste macchine schifose che non ci possiamo mai muovere coi secondini tutti intorno. Ci manca solo che ci frustino anche.

Comunque cominciai a lavorare di malavoglia perché volevo lottare. Volevo fare qualcosa stare lí non mi andava. Mentre ero cosí sento da lontano le urla. Le officine delle Carrozzerie sono dei capannoni grandissimi che non si vede in fondo. Dove c'è un rumore grandissimo e non si sente la voce umana. Per parlarsi tra loro gli operai devono urlare sempre. Sentivo dei casini urla e mi dico: Questi sono i compagni che cominciano a fare il corteo. Che non si capiva dov'era che non si vedeva. Io abbandono il posto di lavoro attraverso tutte le linee le taglio in mezzo lí dove stanno tutte le altre macchine e vado dai compagni. Arrivo e anch'io mi metto a urlare insieme. Ma le cose piú strane urlavamo che non c'entravano un cazzo. Le urlavamo per fare un momento di rottura urlavamo Mao Tzetung Ho Ci Min Potere operaio. E altre cose che non erano legate a niente lí ma che ci piaceva di dirle.

Cose come Viva Gigi Riva Viva il Cagliari Viva la fica urlavamo. Volevamo urlare delle cose che non c'entravano niente con la Fiat con tutto quello che dovevamo fare lí dentro. Per questo tutti quanti gente che non sapeva per niente chi era Mao e Ho Ci Min gridavano Mao e Ho Ci Min. Perché non c'entrava un cazzo con la Fiat e gli andava bene. E cominciamo fare un corteo eravamo un'ottantina di operai. Man mano che il corteo passava tra le linee si ingrandiva di dietro. A un certo punto arriviamo in un posto dove c'erano dei cartoni li strappiamo e col gesso ci scriviamo: Compagni uscite dalle linee il vostro posto è con noi. Su un altro scriviamo: Potere operaio. Su un altro ancora: Ai lecchini il lavoro agli operai le lotte. E andiamo avanti con questi tre cartelli.

Il corteo cominciò a ingrandirsi e arrivarono i sindacalisti. I sindacalisti era la prima volta che io li vedevo in vita mia dentro la Fiat. Cominciano i sindacalisti: Compagni non bisogna lottare adesso. Le lotte le faremo in autunno insieme al resto della classe operaia insieme a tutti gli altri metalmeccanici. Adesso significa indebolire la lotta se ci scontriamo adesso come faremo poi a ottobre. Noi gli diciamo: Le lotte bisogna farle adesso perché è ancora primavera e c'è ancora l'estate davanti. A ottobre ci serviranno i cappotti le scarpe ci servirà pagare il riscaldamento nelle case i libri dei figli per la scuola. Per cui l'operaio non può lottare d'inverno deve lottare d'estate. Perché d'estate può dormire pure all'aria aperta d'inverno no. E poi lo sapete che è in primavera che la Fiat ha piú richiesta di produzione se fermiamo adesso freghiamo la Fiat che a ottobre non gliene importa piú niente.

I sindacalisti cominciano a fare capannelli a dividerci a separare il corteo. Noi in una ventina facciamo un altro corteo in un altro posto e recuperiamo altri compagni. Dopo due ore riusciamo a bloccare tutte le linee. Proprio allora arriva il capo delle Carrozzerie il colonnello. Lí eravamo all'officina 54 ma si erano fermate tutte quante le linee perché eravamo andati anche nelle altre officine delle Carrozzerie e le avevamo fatte fermare tutte. Arriva il colonnello e come arriva lui si apriva lo spazio fra gli operai tutti rientravano nelle linee precipitosamente. Eravamo rimasti lí solo in quindici con i cartelli in mano. Allora io decido che questo è il momento di affrontarlo perché se no ci sputtaniamo proprio.

Lui avanza verso di noi e io avanzo verso di lui col cartello dritto verso la sua faccia. Glielo pianto a mezzo metro dal naso e lui lo legge. Non mi ricordo quale cartello era cosa c'era scritto non mi interessava. A me interessava solo che lui se ne andasse a fare in culo. Fargli capire che non c'era niente da fare con noi. Lui vede che io non me ne andavo via che mi ero piazzato proprio lí davanti a lui e dice: Ma questi cosa sono? Cartelli per la verdura? Siamo al mercato? No dico io sono cartelli che vanno contro gli interessi dei padroni perciò li abbiamo fatti. Poi lui si mette a fare capannello l'ingegnere delle Carrozzerie con gli altri operai. E c'era intorno all'ingegnere un cinquecento operai che dicevano sempre sì sempre si con la testa. Lui parlava e gli operai dicevano sí. Gli altri capannelli E facevano i sindacalisti sulle altre linee delle Carrozzerie e noi eravamo rimasti un gruppetto di quindici compagni isolati.

Allora dico: Compagni qua bisogna intervenire perché se no qua ci isolano ci fanno il culo. Dobbiamo intervenire dove sta parlando l'ingegnere perché lí è il pesce piú grosso. Se riusciamo a mandare a fare in culo l'ingegnere davanti agli operai recuperiamo tutto. Se spacchiamo la gestione capitalistica di questo capannello siamo a posto qua abbiamo vinto la lotta oggi. Ci avviciniamo l'ingegnere parlava e io dico: Posso intervenire anch'io in questa discussione? Lui fa: Prego parli pure cosa ha da dire? Ho da dire una sola cosa. Lei quanto prende di premio di produzione? Questi sono fatti che non l'interessano fa l'ingegnere.

No m'interessa sí invece. M'interessa perché noi di premio di produzione prendiamo massimo non lo so neanche quanto prendo io. Io non la guardo mai la busta paga cosa c'è scritto la paga base il cottimo l'indennità quelle cose lí. Prendo solo i soldi senza leggerla perché non m'interessa leggerla m'interessano i soldi. Ma certamente prenderemo al massimo il cinque il sei per cento il sette per cento. E lei invece che cosa prende? Non la interessa. Rispetto alle piccole percentuali che prendiamo noi continuo io voi secondo la produzione annua di automobili che noi facciamo vi prendete dei premi di vari milioni di lire. E per questo che avete interesse a farci produrre sempre di piú. Mentre per noi il lavoro e i soldi restano sempre gli stessi. E' vero o no?

Le ripeto che queste sono cose che a lei non interessano. Come non m'interessano? Lei col mio lavoro si fa i milioni e poi dice che non mi deve interessare. Se li fa lei i soldi perché il premio di produzione aumenta con l'aumento della categoria. Cioè se sei un fuorilinea un capo un gran capo se sei Agnelli. Agnelli evidentemente il massimo premio di produzione è suo. Mi voltai verso gli operai: Lo sapete voi quanti soldi si piglia questo qua come premio di produzione? Lo sapete perché non me lo vuole dire?

Allora il colonnello interviene e dice: Ma lei lo sa che io ho studiato? Che sono ingegnere? No non lo so rispondo io. E dico: Ma lei lo sa che a noi non ce ne frega un cazzo che lei ha studiato? Che non gli riconosciamo nessun diritto piú di noi? Dice; Ma a lei gli hanno insegnato l'educazione i suoi genitori? No non me l'hanno insegnata perché a lei gliel'hanno insegnata? A me me l'hanno insegnata. E poi ha fatto il militare lei dice? No non l'ho fatto il militare io perché cosa c'entra la famiglia e il militare? C'entra perché le famiglie devono insegnare l'educazione e a rispettare le persone piú istruite. E se lei avesse fatto il militare avrebbe capito che dappertutto c'è un'organizzazione che va rispettata. Chi non rispetta questa organizzazione è un anarchico un delinquente un pazzo.

Può darsi che io sono un pazzo ma c'è il fatto che a me non mi piace lavorare. Ecco ecco strilla lui avete sentito avete sentito a tutti quelli che fanno sciopero non gli piace lavorare. E allora dico io perché tutti questi qua invece di mettersi nelle linee a lavorare preferiscono starsene qua a parlare con lei? Si vede che anche a tutti questi non gli piace lavorare. Basta una cosa qualsiasi basta che trovano una scusa anche di stare a sentire qualcuno che parla pur di non lavorare. All'operaio non piace il lavoro l'operaio è costretto a lavorare. Io ci sto alla Fiat non perché mi piace la Fiat che non c'è un cazzo che mi piace della Fiat neanche le macchine che facciamo mi piacciono e non mi piacciono neanche i capi e neanche lei mi piace. Ci sto perché ho bisogno dei soldi della Fiat.

Secondo me lei ci starà ancora per poco qua dentro fa il colonnello. Ho saputo che è stato picchiato un guardiano fuori. Se scopro chi è stato gliela faccio pagare cara. Non deve andare molto lontano per scoprire chi è stato dico io gli indovinelli a me non mi sono mai piaciuti. Lo so che lei me la farà pagare cara ma non me ne frega niente. Ho picchiato quello lí e picchierò ancora qualcun altro stasera. Quello sente odor di botte e subito scappa via da in mezzo a noi dagli operai. Perché noi quindici ci eravamo messi davanti a lui e dietro a lui ci stavano tutti gli altri operai. Scappa via ma prima mi domanda: Lei come si chiama? Gli dico il mio nome e cognome il nome del mio capo che sono dell'officina 54 della linea della 500 e che sto sempre a disposizione. Gli dico tutto cosí per fare vedere che non lo temo. Vedrà che gliela farò pagare. Ma va' fa 'n culo vattene via brutto stronzo un'altra volta me la farai pagare.

Se ne va e come se ne va gli operai tutti quanti ehhhhhhhh un urlo tutti a applaudire: Sei un dio gli hai fatto un culo cosí quello è uno stronzo veramente quello ci voleva prendere in giro tutti. Va bene va bene dico io questa l'abbiamo fatta ma adesso dobbiamo fare il corteo. Dobbiamo fare un casino che non finisce piú dobbiamo spaccare tutto qua dentro adesso. E picchiavamo a calci contro i cassoni del materiale per fare rumore un rumore cupo violento dududu dududu dududu e per due ore a fare questo casino. Poi ogni tanto facevamo delle assemblee una volta a nord delle linee una volta a sud delle linee. Le tagliavamo a zig zag gridando tutti insieme: Piú soldi meno lavoro. Oppure: Vogliamo tutto. Salivamo e scendevamo le linee e facevamo le assemblee.

Cosí fino alla sera. La sera vado per timbrare il cartellino. Il mio cartellino non c'era se l'erano preso loro. Vado dal capo. Capo dove sta il mio cartellino? Dice: Perché non c'è? Non faccia lo spiritoso dove l'ha messo? rispondo io. Io non so dov'è fa lui se non c'è significa che lei deve aspettare e poi vediamo un po'. Va bene, aspetto pure. Intanto vanno via tutti gli operai se ne vanno via tutti quanti. Mi sembrava che ero rimasto solo io nella Mirafiori. Mentre sto cosí sbuca fuori un altro capo poi un altro ancora un altro ancora. Mi dico: Eh qua c'è odore di guardioni. Capo il mio cartellino dov'è? Lei deve venire in ufficio fa lui.

Col cazzo che ci vengo in ufficio. Io domani entro in fabbrica un'altra volta col cartellino o senza cartellino. Ma nell'ufficio non ci vengo. Se il colonnello mi deve dire qualcosa me la viene a dire lui qua in officina. Io non ho niente da dire a lui è lui che vuole dire qualcosa a me. E scappo via veloce per non restare l'ultimo. Uscivano allora degli operai dagli spogliatoi che si erano lavati e si erano vestiti. Raggiungo i miei compagni e dico: Compagni qua mi vogliono acchiappare per denunciarmi. Quelli mi acchiappano all'uscita mi mettono un ferrovecchio in tasca e poi chiamano la polizia e mi denunciano come ladro ecco come fanno.

Tutto organizzato. Mi acchiappavano mi mettevano un ferro in tasca un ferro qualsiasi un bullone una chiave. Telefonavano alla polizia: L'abbiamo sorpreso a rubare e stamattina ha picchiato pure un guardione. Mi davano pure tre anni. Questo era il loro trucco. Mi volevano prendere a tutti i costi. Andavo avanti coi compagni. Stiamo attenti all'uscita. Perché all'uscita un guardione ti indica ti fanno entrare in una stanza e ti frugano nella borsa e addosso. Adesso se indicano me dico ai compagni io non ci vado dentro alla visita perché se ci vado dentro sono fottuto. Andiamo avanti arriviamo al cancello e vedo il capo il mio capo in mezzo ai guardioni cinque guardioni. Fa il capo. E' lui è quello lí.

Avanza un guardione doveva essere il picchiatore della situazione e dice: Tu no anzi lei danno sempre del lei alla Fiat lei venga con me. Chi io? Perché devo venire? Venga con me. Non ci voglio venire. Venga con me. Non ci voglio venire cosa vuoi tu da me? Perché non è mai passato a rivista lei? Sí ma stasera non c'ho voglia e poi io non c'ho borsa vedi c'ho la maglia. La sollevo sul torso nudo. C'ho il pantalone e basta non c'ho niente addosso hai visto? Ciao. Venga qua urla lui.

Mi prende per il collo questo bestione di merda e mi tira. Allora io studio un attimo come cazzo fare. Faccio finta di andare con lui. Poi gli metto un piede davanti e gli do una spallata. Púnfete cade per terra come una merda di vacca. Gli tiro un calcio nelle palle. Mi si buttano addosso altri due guardioni. Il primo mi teneva da sotto e questi due mi stavano sopra. Riesco a calci a gomitate a buttare gli altri due via da sopra di me. Adesso io stavo di traverso addosso a loro ma con la testa giú che me la teneva stretta il bestione. A questo punto un compagno tira il braccio che questo stronzo mi teneva intorno al collo come una morsa. Io gli strappo via il braccio salto su gli sputo in faccia al bestione. E scappo. Poi prendono il compagno e l'hanno licenziato questo qua perché mi aveva aiutato.

E sono uscito fuori. Sono uscito fuori e c'erano lí tanti operai e studenti davanti. C'erano davanti al cancello tutti i compagni che parlavano della lotta. C'erano lí i compagni che dicevano che avevo fatto bene a menare i guardioni. Che quel giorno era stata una grossa lotta una grossa soddisfazione. E abbiamo fatto la riunione poi e tutte queste cose qua. Sono venuti in massa gli operai nel bar tanti che non ci si entrava. E lí ho conosciuto anche Emilio e Adriano tutti questi compagni qua. Eravamo tanti quella sera che si decise di fare poi le assemblee all'università. E quello fu l'inizio delle grandi lotte alla Fiat. Che era stato il 29 maggio quel giorno giovedí.

 

 

 

 

Seconda parte


Sesto capitolo


Il salario

Alla Fiat erano già due tre settimane che era cominciato. Erano cominciate le lotte dopo lo sciopero per Battipaglia che alla Fiat i sindacati avevano fatto per prudenza solo di tre ore. L'11 aprile c'era stata la prima assemblea politica di 1.500 operai delle Presse Sud di Mirafiori. Che è stata la prima occasione che gli operai Fiat hanno preso per lottare contro il piano dei padroni. Che è fare la disoccupazione e prendere per fame la gente del sud. Fare una enorme massa di riserva di giovani e obbligarli a partire come il servizio militare per il lavoro nelle fabbriche del nord. Il lavoro che diventava quasi un premio un regalo che i padroni ci fanno. A farci venire a dormire nelle stazioni o a mucchi in una stanza con affitti da rapina.

Questo lo spiegava alle officine delle Ausiliarie un operaio dopo lo sciopero di Battipaglia Sale su un tavolo della mensa e spiega perché i meridionali sono costretti a venire al nord. Allora la direzione prende la solita misura trasferisce quell'operaio alla Mirafiori Nord isolandolo da tutti. Ma martedí 15 c'è già un gruppo di operai che discute in un secondo comizio. Interviene in mensa chiede la fermata e impone alla commissione interna di far rientrare subito l'operaio in squadra. Io queste cose qua che erano successe non le sapevo ancora allora. Me le sono imparate poi nelle discussioni coi compagni. Dopo che l'avevo piantata lí per sempre col lavoro. Dopo il casino che avevo piantato quel giorno lí a Mirafiori.

A distanza di 48 ore partono le lotte delle Ausiliarie per le categorie e i superminimi: 2 ore per turno. Si chiede l'eliminazione della terza categoria per le Ausiliarie. Per far partecipare alla lotta anche gli operai di prima categoria il sindacato chiede l'aumento dei superminimi. Il via alla fermata lo danno immediatamente gli operai. Il sindacato tiene dietro. Ma è una fase di assaggio. Solo fra un mese la lotta comincerà a investire tutti i reparti di Mirafiori.

Come funziona Mírafiori. La prima delle due grandi correnti della produzione parte dalle Fonderie dove si costruiscono le parti dei motori monoblocco e testata di alluminio. Da qui alle Meccaniche dove i motori vengono montati e completati delle altre parti. Poi i motori passano all'Assemblaggio la linea di montaggio. La seconda corrente parte dalle Presse dove vengono stampate le parti della carrozzeria in lamiera. Da qui all'Assemblaggio dove vengono saldate insieme e verniciate. Mentre le scocche percorrono la linea vengono montati il motore e le parti meccaniche. Le vetture vengono addobbate dotate delle gomme e infine escono sul piazzale.

A metà maggio partono gli scioperi dei carrellisti. Perché le scorte si esauriscano e il contraccolpo della fermata pesi sui reparti che i carrellisti collegano con i trasporti interni lo sciopero va avanti per l'intera durata dei tre turni. Alle 12 del primo giorno la Fiat spara la prima offerta: 40 lire orarie di aumento per tutti i carrellisti di terza categoria in modo da salvare la gerarchia con le 10 lire di differenza rispetto alla seconda. Rifiuto netto dei carrellisti della Mirafiori Nord.

Lunedí 19 maggio i carrellisti scioperano ancora per tutto il primo turno. Gli operai rompono la divisione per squadre e danno inizio alle assemblee di officina. Viene respinta la proposta dei capi officina di mandare in direzione a discutere una delegazione di operai. I carrellisti rispondono che loro sarebbero piú comodi se la Fiat mandasse i suoi rappresentanti alle assemblee operaie. Nelle assemblee gli operai decidono: Ciò che importa è la richiesta di salario.

Cos'è il salario operaio. Io la busta non la leggevo mai perché non mi fregava un cazzo. Ma sulla busta c'è scritto tutte le voci in cui il padrone divide il salario che dà all'operaio. Lo divide soprattutto in due parti. La prima parte che è la paga base corrisponde alle ore di lavoro che ha fatto nella fabbrica. Questa che dovrebbe essere l'unico salario è invece sempre molto bassa cioè non basta mai al minimo vitale dell'operaio. Cosí poi c'è l'altra parte del salario che è la cosí detta parte variabile. Nella parte variabile ci possono essere diverse voci: premio di produzione premio di assiduità cottimo indennità varie eccetera.

Tutte queste voci servono solo per legare il salario dell'operaio alla produzione del padrone. Cioè il cottimo per esempio è la paga per il numero di pezzi che l'operaio produce. Perciò l'operaio deve stare sempre zelante e obbediente agli ordini dei capi. Perché loro stabiliscono questa parte variabile del salario che gli è assolutamente indispensabile per vivere. E che al padrone gli permette di mantenere il controllo politico sulla classe operaia. Di fare che essa accetti di collaborare allo sfruttamento di se stessa. E è questa poi la ragione perché il padrone e i sindacati quando chiediamo gli aumenti sulla paga base vogliono darceli invece sempre sulla parte variabile.

Perché piú soldi che ci dà il padrone di aumento in questo modo legano ancora di piú il salario dell'operaio alla produzione e aumenta quindi il controllo politico del padrone. Però col cottimo possiamo fregare il padrone con l'autolimitazione che è quando l'operaio fa meno pezzi di quanti dovrebbe. Quando ne fa di piú è sempre il padrone che ci guadagna di piú in pezzi in confronto ai soldi che dà in cambio all'operaio. Facendo l'autolimitazione invece i soldi che l'operaio piglia in meno sono in cambio di moltissimi pezzi in meno per il padrone che è cosí il piú danneggiato.

Allora questa parte variabile del salario è quella dunque che paga la diversa quantità di lavoro fornita dall'operaio. C'è poi la così detta struttura verticale del salario cioè le differenze di salario tra un operaio e un altro operaio secondo il tipo di lavoro che fa. E' il sistema delle qualifiche e delle categorie e di altri strumenti che il padrone usa volta per volta per dividere tra loro gli operai. Che sono le paghe di posto gli scatti di merito i superminimi differenziati la job evaluation fino ai metodi arretrati come il fuori busta e il salario nero. Tutto questo paga la diversa qualità di lavoro fornito dall'operaio.

Ma questo fatto che il tipo di lavoro che fa un operaio ha un valore diverso che cioè viene pagato di piú o di meno del lavoro di un altro operaio è tutta un'invenzione capitalistica. Che se lo sono inventati i padroni per avere in mano cosí un altro strumento di controllo politico sulla classe operaia. Non dimentichiamo che anche il partito e il sindacato sono d'accordo su questa invenzione capitalistica. Anche per loro è sempre giusto che i soldi che l'operaio riceve devono essere basati sulla diversa qualità del lavoro che fa.

Tutte queste differenze di salario servono al padrone per avere un ricatto continuo sull'operaio: Se vuoi la qualifica se vuoi migliorare devi stare buono non devi rompere i coglioni non devi fare sciopero eccetera. E gli servono per dividere gli operai durante le lotte perché allora tutti fanno delle richieste diverse secondo le loro qualifiche e categorie e lottano così divisi. E il padrone trova poi sempre il sindacato servizievole che firma gli aumenti a percentuale diversi per le diverse qualifiche e categorie.

Poi c'è il fatto dell'orario di lavoro. Otto ore di lavoro quando non sono nove o dieci che distruggono l'operaio completamente. Cosí poche energie gli restano nel cosí detto tempo libero per comunicare con gli altri operai e quindi per organizzarsi politicamente. Perché i padroni vogliono tenere sempre cosí alto l'orario di lavoro? Prima di tutto per avere il controllo politico anche fuori della fabbrica. Viene in secondo piano il fatto di fare produrre di piú agli operai. Ma gli operai oggi rifiutano il lavoro vogliono avere meno ore di lavoro per potersi organizzare politicamente.

E infine c'è la normativa cioè la divisione in due settori che fa il padrone della forza lavoro. Operai da una parte impiegati e tecnici dall'altra. Per esempio la normativa delle assenze per malattia è tutta studiata per imporre il lavoro all'operaio. Se fa assenza fino a 3 giorni l'operaio perde infatti completamente il suo salario. Questo non succede nella normativa degli impiegati e dei tecnici. Questo è appunto studiato per impedire all'operaio di starsene a casa quando non gli va di lavorare.

Ma poiché gli obiettivi degli operai sono unicamente le loro esigenze economiche e materiali cioè i loro bisogni di vita senza che gli freghi assolutamente niente delle esigenze dei padroni. Cioè della produzione che stabilisce in che misura quei bisogni devono essere soddisfatti. Allora è chiaro che il problema politico è adesso aggredire tutti insieme gli strumenti di controllo politico che il padrone ha in mano. Che usa per legare e far partecipare la classe operaia alle sue esigenze della produzione e al loro sfruttamento.

Lo strumento che hanno gli operai per inceppare questo strumento dei padroni è il rifiuto del salario come compenso della quantità e della qualità del lavoro. E' dunque il rifiuto del legame che c'è tra il salario e la produzione. E' la richiesta di un salario non piú stabilito dalla produzione dei padroni ma dai bisogni materiali degli operai. Cioè: Aumenti uguali per tutti sulla paga base. Gli incentivi materiali come il cottimo le categorie eccetera significano invece per l'operaio solo partecipare al proprio sfruttamento.

E chi ha il ruolo puttanesco di contrattare sempre col padrone qualche soldo in piú per l'operaio in cambio di nuovi strumenti di controllo politico? E' il sindacato. Che diventa dunque lui stesso strumento di controllo politico sulla classe operaia. Lottando per i suoi obiettivi economici e cioè politici la classe operaia finisce sempre per scontrarsi con il sindacato. Perché quando gli operai non vogliono piú dare al padrone altro controllo politico in cambio di un aumento economico allora il sindacato che ha il ruolo puttanesco di contrattare questo scambio è messo fuori gioco dagli operai.

Di qui dunque l'esigenza del salario garantito sganciato dalla produttività. Di qui l'esigenza operaia di aumenti sulla paga base senza aspettare i contratti. Di qui l'esigenza operaia delle 40 ore 36 per i turnisti pagate 48 subito. Di qui l'esigenza operaia della parità normativa subito. Per il semplice fatto di entrare nell'inferno della fabbrica: Noi vogliamo il salario minimo garantito di 120.000 lire al mese:

Perché questi soldi ci servono per vivere in questa società di merda. Perché non vogliamo piú tirarci il collo dietro al cottimo. Perché vogliamo eliminare le divisioni tra operai che si è inventato il padrone. Perché vogliamo essere uniti per lottare meglio. Perché allora possiamo rifiutare meglio i tempi del padrone. Perché piú soldi in paga base significano maggiori possibilità di lotta. Noi vogliamo le 40 ore 36 per i turnisti pagate 48 subito:

Perché non vogliamo passare metà della nostra vita in fabbrica. Perché il lavoro è nocivo. Perché vogliamo avere piú tempo per organizzarci politicamente. Noi vogliamo la parità normativa tra operai e impiegati subito:

Perché vogliamo un mese di ferie. Perché vogliamo condurre la lotta contro il padrone operai e tecnici uniti. Perché vogliamo starcene a casa senza perdere tutto il salario quando non ce la facciamo piú a lavorare.

Verso le 11,30 di lunedí 19 i carrellisti della Nord riescono a comunicare per telefono coi compagni della Sud. Mezz'ora dopo i carrellisti della Mirafiori Sud si fermano fino alle 14,30. Al secondo turno altre due ore di sciopero per le 50 lire. Se ce ne offrono 50 ne chiediamo 70 dicono. Per il giorno seguente i sindacati prevedono per i carrellisti uno sciopero di due ore per turno all'inizio dei turni. Gli operai ne fanno tre nel primo come nel secondo turno. Mercoledí 21 i capi riescono a chiudere lo sciopero del primo turno alla sesta ora. Ma prima i della chiusura partono i gruisti che si fermano due ore sul problema delle qualifiche e bloccano il rifornimento dei pezzi alle linee di montaggio.

Giovedí 22 maggio l'accerchiamento mobile dei carrellisti e dei gruisti si trasmette ai primi reparti fissi. Si uniscono alla lotta gli i operai delle Grandi Presse. Il sindacato indice uno sciopero di due ore per turno. Lo sciopero dalle dieci alle dodici del primo turno comincia con un corteo interno che strappa dalle macchine gli operai che ancora lavorano. Fallisce intanto l'ultimo tentativo della Fiat di recuperare gli ingorghi creati da questi primi scioperi. Al mattino i capi tentano di spingere la linea della 124 da 600 a 641 pezzi. Gli operai non iniziano il lavoro. Dirigenti e commissione interna li convincono a cominciare ma devono scordarsi 141 pezzi in piú.

Alle 14,30 dello stesso giovedí 22 entra il secondo turno delle Grandi Presse ma non può che lavorare poco e male perché lo sciopero dei carrellisti blocca l'affluenza del materiale. Dopo un'ora inizia lo sciopero di due ore come stabilito. A questo punto passa la proposta di scioperare nelle due ore dalle 21 alle 23 in cui sarebbe arrivato il materiale per i carrellisti Passa un dirigente e chiede agli operai che cosa vogliono ma nessuno vuole niente. Il dirigente conclude che non lo sanno. A ruota del dirigente arriva la commissione interna dicendo che gli operai delle Presse non devono fare come i carrellisti che scioperano da soli. Questo danneggia tutta la Fiat che può passare alla serrata.

Per il terzo turno i sindacati avevano proposto la fermata dalle tre alle cinque. Gli operai decidono insieme di farla invece dalle due alle sei. Venerdí 23 al primo turno delle Presse si fanno le due ore stabilite dal sindacato e discutendo si decide che occorre prolungare lo sciopero fino alle 14,30. Intanto gli operai delle linee di montaggio raccolgono l'invito alla lotta dei loro compagni. Da quel giorno non escono piú dalla Mirafiori né 124 né 125 e poche 600 e 850. Sono ormai 12.000 gli operai in sciopero. Sabato 24 il sindacato decide che non vale la pena di fare sciopero perché c'è un solo turno. Si lavora ma si autolimita la produzione. Escono solo 1.300 pezzi invece dei normali 3.500.

Nelle assemblee e nelle discussioni si dice: Il nostro obiettivo non sono le 50 lirette anche se ci fanno comodo il nostro obiettivo è l'organizzazione operaia permanente che possa battere in ogni momento il padrone. In culo la democrazia sono 25 anni che c'è la democrazia e sono 25 anni che ce l'abbiamo in culo. Dobbiamo organizzarci e i sindacati siamo noi non c'è nessun esercito piú forte della classe operaia unita e organizzata. La lotta continua nei giorni successivi sempre con cortei e assemblee di reparto estendendosi spontaneamente alle Medie e Piccole Presse. Qui gli scioperi sono dichiarati autonomamente dagli operai non dal sindacato. Perché questo sciopero continua giorno per giorno e si allarga cosí a macchia d'olio? Che cosa vogliono gli operai della Fiat?

Gli operai della Fiat per la prima volta non si muovono per particolari rivendicazioni poste dal sindacato come il delegato di linea. Ma rifiutano in blocco l'organizzazione del lavoro in fabbrica e lo decidono da soli. Per 80 90 100 mila lire al mese hanno ritmi di lavoro massacranti insopportabili che il padrone aumenta continuamente. Infatti alle Carrozzerie della 124 si producevano 320 vetture al giorno all'inizio del 1968 poi 360 in ottobre poi 380 dopo Avola. Oggi il padrone spinge a 430 e solo perché ci sono le lotte si accontenta. Questi aumenti sono possibili solo attraverso l'accelerazione del ritmo di montaggio a catena. Ma gli operai Fiat non vogliono piú saperne vogliono decidere loro quanto lavorare.

Vogliono insieme una garanzia di salario che permetta loro di vivere e se ne fregano di aumenti di merito aumenti in percentuale parametri eccetera. Cioè di tutti i meccanismi che i padroni hanno inventato insieme ai sindacati per legare sempre di piú il salario allo sfruttamento e dividere gli operai l'uno dall'altro. Se ne fregano del delegato di linea su cui il sindacato i vuole farli lottare. Il delegato di linea è una specie di controllore che deve vigilare sul rispetto dell'accordo per i ritmi cioè sulla regolarità dello sfruttamento. Ma è proprio questo che gli operai rifiutano. La lotta contro i ritmi di lavoro che gli operai vogliono.

Mentre i delegati di linea i padroni li vogliono perché gli servono subito. Li vogliono presenti alle trattative rapide e alla firma del contratto. Li vogliono perché assicurino in permanenza il controllo democratico sugli operai e sui loro movimenti politici. Ma adesso gli operai Fiat hanno deciso di anticipare lo scontro rispetto alle scadenze contrattuali fissate dai padroni in accordo coi sindacati. I contratti che dovrebbero bloccare per tre anni le lotte e favorire i piani del padrone. Tutto questo viene discusso e deciso dagli operai Fiat nelle assemblee di reparto. Durante l'orario di lavoro gli operai cercano di darsi per la prima volta un'organizzazione autonoma.

Cos'hanno fatto finora i sindacati? Hanno cercato di spegnere le lotte o di isolarle. Alle Medie e Piccole Presse e alla Meccanica hanno detto che lo sciopero spontaneo era illegale: Noi non tratteremo se voi lo fate. Hanno detto che è considerato sabotaggio lo sciopero non dichiarato dai sindacati. Hanno detto che se si ottenevano forti aumenti salariali questi sarebbero stati assorbiti dal contratto nazionale. Ma questo non è vero perché contemporaneamente sono stati firmati accordi alla Nebiolo e alla Olivetti che escludono l'assorbimento degli aumenti.

Hanno deformato la realtà della lotta stessa mettendo in giro voci ad esempio che la lotta alle Presse era finita mentre questo non era vero. Dicendo che la Fiat nel caso che la produzione risultasse danneggiata per il concatenamento delle lotte cioè per il fatto che i singoli reparti scioperassero due ore coordinando l'azione in modo da bloccare la produzione allora la Fiat avrebbe fatto la serrata.

Facevano girare la voce che se la prossima settimana le linee fossero state ancora ferme la Fiat avrebbe messo gli operai in cassa integrazione. Bluffavano sulle trattative affermando che erano stati raggiunti certi risultati mentre questo non era vero. Facevano circolare pareri secondo i quali occorrerebbe evitare che alla Fiat si ricreasse il clima degli anni 50 ovvero la caccia alle streghe e l'inizio dei licenziamenti degli operai piú attivi.

Hanno detto che c'era il rischio di arrivare a un contratto separato anticipato alla Fiat spezzando cosí l'unità della categoria. Ma questo è proprio quello che loro hanno sempre fatto. Operai: Se i sindacati hanno continuato a isolare e a spegnere la lotta se la stampa di tutti i partiti non dice quello che veramente succede alla Fiat la parola d'ordine degli operai è invece: Tutta la Fiat in lotta. Alle minacce di sospensione gli operai di Mirafiori rispondono: Tutta la Fiat in lotta.

Martedí 27 maggio: Sciopero di 8 ore. Si forma un corteo all'interno della fabbrica che gira per le officine 5 7 13 urlando: Potere operaio. I cartelli portano scritto: Vogliamo lavorare meno e guadagnare di piú. Il corteo è stato deciso in assemblea dagli operai appena entrati in fabbrica. Durante l'assemblea si decide che si vuole: Aumento salariale di 50 lire per tutti piú 80 lire per il turno di notte su 5 settimane. Attacco contro i tempi di produzione. Il sindacato deve diventare lo strumento di attuazione delle decisioni degli operai.

Scioperi dichiarati dagli operai nelle assemblee interne: Officina 13 primo e secondo turno. Officina 1 primo turno 4 ore secondo turno 4 ore. Officina 3 primo turno 4 ore secondo turno 4 ore. Scioperi dichiarati dai sindacati: Ausiliarie primo turno 2 ore secondo turno 2 ore. Officina 5 primo turno 4 ore dichiarato di 2 ore. Secondo turno 8 ore dichiarato di 2 ore. La produzione della giornata tocca i livelli minimi.

Giornale per le porte 15 e 17 officine Presse: La Fiat ci prende in giro offrendoci 7 lire. I sindacati ci prendono in giro dicendo che la Fiat offre 36,30 lire. Vediamo queste 36,30 lire. 21,50 le abbiamo già accordo mensa del mese scorso. 9,80 sono legate al cottimo e quindi dovremo sudarcele giorno per giorno. Piú 5 queste sono le 5 lire che la direzione con un grosso sforzo ha portato a 7 lire. Non vendiamoci per 7 lire. La lotta continua. Meccaniche e linee stanno per unirsi alla nostra lotta. Giornale per le porte 18 e 20 Meccaniche: La lotta alle Presse e alle Ausiliarie continua. Bisogna estenderla alle Meccaniche e alle linee. Dobbiamo chiedere la seconda categoria per tutti compresi quelli delle linee meccaniche. Dobbiamo realizzare il controllo operaio sui tempi e sul numero delle macchine su cui si lavora.

Giornali di lotta distribuiti ai cancelli 1 e 2 delle linee: Lo sciopero alle Presse continua non credete alle voci messe in giro dai capi. Presse e Ausiliarie non possono scioperare da sole ma chiedono la vostra collaborazione. Perché i problemi della lotta sono gli stessi: Controllo sulla produzione. Passaggio di categoria per tutti. Come possiamo lottare con le Presse e le Ausiliarie? Fermando le lavorazioni che ancora funzionano. Mercoledí 28 maggio: Alle linee carrozzerie gli operai hanno fatto una fermata tentando il corteo. E' arrivato il caporeparto e è riuscito a impedirlo.

Giovedí 29 maggio: Un giovane operaio meridionale ha tentato di entrare con un cartello. I guardiani glielo hanno impedito e ne è nato uno scontro. Al secondo turno un gruppo di un'ottantina di operai delle linee della Carrozzeria subito dopo avere timbrato si unisce in fondo alle linee e parte in corteo con l'intenzione di bloccare la linea della 500 l'unica che nei giorni scorsi aveva continuato a tirare a pieno ritmo. A questo punto sono intervenuti capi e sindacati che con una azione concorde hanno ridotto il corteo a una quindicina di operai. Questi operai se ne infischiano continuano a girare tra gli operai discutendo e a poco a poco si riforma il corteo bloccando completamente la produzione. Dalla Fiat non esce piú nessuna macchina.

 

 

Settimo capitolo


I compagni

Come uscii dal cancello della Fiat dopo che ero riuscito a scappare via dalle grinfie dei guardioni non vedevo l'ora di trovare gli altri compagni. Sia i compagni con cui avevamo fatto la lotta dentro sia gli studenti, quelli con cui avevamo fatto i volantini e li avevamo distribuiti all'entrata. Facevo delle considerazioni mentre andavo al bar per incontrare i compagni. Le considerazioni che facevo le avevo già fatte altre volte ma stavolta mi sembrava di arrivare alla conclusione completa.

Cioè io avevo fatto tutti i lavori nella mia vita. L'operaio edile nelle carovane di facchini il lavapiatti in un ristorante avevo fatto il bracciante e lo studente che è anche quello un lavoro. Avevo lavorato all'Alemagna alla Magneti Marelli all'Ideal Standard. E adesso ero stato alla Fiat a questa Fiat che era un mito per tutti i soldi che si diceva che lí si guadagnavano. E io veramente avevo capito una cosa. Che col lavoro uno può soltanto vivere. Ma vivere male da operaio da sfruttato. Gli viene portato via il tempo libero della sua giornata tutta la sua energia. Deve mangiare male. Viene costretto a alzarsi a delle ore impossibili secondo in che reparto sta o che lavoro fa. Avevo capito che il lavoro è sfruttamento e basta.

Adesso finiva anche questo mito della Fiat. Cioè avevo visto che il lavoro Fiat era un lavoro come quello edile come il lavapiatti. E avevo scoperto che non c'era nessuna differenza tra l'edile e il metalmeccanico tra il metalmeccanico e il facchino tra il facchino e lo studente. Le regole che usavano i professori in quella scuola professionale e le regole usate dai capi reparto in tutte le fabbriche dove ero stato erano la stessa cosa. E allora si poneva un grosso problema per me. Cioè pensavo che faccio adesso. Cosa faccio cosa devo fare.

Non avevo mai rubato ancora non avevo mai avuto una pistola. Non avevo mai avuto amicizie con gente cosí detta della malavita. Che almeno avrei avuto uno sbocco da darmi. Da dare sia alla mia incazzatura alla mia insoddisfazione e sia ai miei bisogni alla mia vita materiale. Non ero né un medico né un avvocato o un professionista. Per cui non è che dicevo mo' mi metto a fare il rapinatore o il professionista. Insomma veramente non ero niente non potevo fare niente.

Eppure c'avevo sta voglia di vivere di fare qualcosa. Perché ero giovane e sto sangue mi pulsava nelle vene. La pressione era abbastanza alta insomma. Volevo fare qualcosa. Ero disposto a fare qualsiasi cosa. Ma è chiaro che qualsiasi cosa per me non significava piú fare l'operaio. Questa parola era ormai abbastanza sputtanata per me. Non significava piú niente ormai per me. Significava continuare ancora a fare la vita di merda che avevo fatto finora insomma. Che me ne fregava piú del lavoro che tanto era una cosa che non mi era mai piaciuta e non mi aveva mai interessato. E che me ne facevo io del lavoro se non mi dava neanche i soldi abbastanza per campare bene. Adesso avevo capito tutto avevo sperimentato tutti i possibili modi di vivere. Prima volevo inserirmi poi avevo scoperto che anche inserendomi nel sistema avrei pagato sempre. Per qualsiasi tipo di vita c'era da pagare un prezzo.

Cioè qualsiasi cosa vuoi fare se ti vuoi fare un'automobile o un vestito tu devi lavorare di piú devi fare lo straordinario. Non puoi prenderti un caffè andare al cinema. In un sistema in un mondo dove lo scopo è solo di fare lavoro e di produrre merci. Qualsiasi cosa vuoi avere con questo sistema ci devi sempre rimettere. Ma proprio rimetterci fisicamente devi. Questo l'avevo capito. Per cui l'unica cosa per ottenere tutto per soddisfare i bisogni e i desideri senza distruggerti era distruggere questo sistema del lavoro dei padroni cosí come funzionava. E soprattutto distruggerlo qui alla Fiat in questa fabbrica enorme con tanti di questi operai. Che è questo il punto debole del capitale perché quando si ferma la Fiat questi se ne devono andare per forza in crisi tutti quanti perché allora salta tutto.

Arrivai lí al bar e trovai molti compagni che mi aspettavano. Ci abbracciammo eravamo esaltati per quello che avevamo fatto. Tutta Mirafiori si era fermata anche tutte le linee della 500. La produzione si era completamente bloccata per il secondo turno. Anche se i sindacati erano riusciti a chiudere con risultati ridicoli la lotta delle Ausiliarie. Man mano arrivavano gli altri arrivavano gli studenti arrivavano altri operai che non avevo mai visto e che avevano fatto la lotta. Tutti parlavano e si decideva che lo sciopero anche domani doveva continuare.

Anche gli operai dei plurimandrini che sono i grossi torni automatici volevano tentare domani lo sciopero. Avevano deciso che gli operai del secondo turno avrebbero aspettato in fabbrica quelli del terzo e questi quelli del primo. Dicevano che volevano fare in fabbrica un corteo per fermare altre officine. Alcuni operai delle linee meccaniche volevano fare sciopero per tutto il turno. C'è una lunga discussione. Si decide di fare proseguire lo sciopero per il primo turno di domani dalle 7,30 alle 11. Le richieste: Rifiuto dei tempi rifiuto delle categorie forti aumenti salariali uguali per tutti. Vogliamo meno lavoro e piú soldi scriviamo grande sul volantino che si prepara per distribuirlo domani ai cancelli.

E lí finalmente ebbi la soddisfazione di scoprire che le cose che pensavo io da anni da quando lavoravo le cose che credevo essere solo io a pensarle le pensavano tutti. E che noi eravamo veramente tutti la stessa cosa. Che differenza c'era fra me e un altro operaio? Che differenza ci poteva essere? Che magari quello pesava di piú era piú alto o piú basso c'aveva il vestito di un altro colore o non so.

Ma la cosa che non aveva differenza era la nostra volontà la nostra logica la nostra scoperta che il lavoro è l'unico nemico l'unica malattia. Era l'odio che avevamo tutti quanti per questo lavoro e per i padroni che ci obbligavano a farlo. Era per questo che tutti stavamo incazzati era per questo che quando non scioperavamo ci mettevamo in mutua. Per evitare quella galera dove ci portavano via la nostra libertà e la nostra forza tutti i giorni. Questi pensieri che io facevo da molto tempo per cazzi miei finalmente vedevo che erano quello che tutti pensavano e dicevano. E le lotte che fino allora facevo per cazzi miei contro il lavoro avevo visto che erano lotte che tutti noi potevamo farle insieme e cosí vincerle.

A volte non ci si capisce e non ci si mette d'accordo perché uno è abituato a parlare in un modo e uno in un altro. Chi è abituato a parlare da cristiano chi da sottoproletario chi da borghese. Però finalmente nei fatti nel fatto che avevamo fatto la lotta potevamo parlare tutti allo stesso modo. Scoprire che avevamo tutti gli stessi bisogni le stesse necessità. E questi stessi bisogni e necessità facevano che eravamo tutti uguali nella lotta che dovevamo lottare tutti per queste stesse cose. La riunione che facemmo fu bellissima entusiasmante. Ognuno raccontava episodi che erano successi nella sua linea. Perché nessuno riesce a sapere tutto di tutto in quella fabbrica anche perché ci stanno ventimila operai solo nelle Carrozzerie.

Mica uno può sapere tutto quello che è successo. I capi gli operai che cosa hanno detto che cosa hanno fatto durante la lotta. Raccontandoci tutto cosí scoprivamo una serie di cose. Si creava l'organizzazione che come dicevano i compagni è l'unica cosa che abbiamo bisogno per vincere tutte le lotte. E appena un compagno parlava e diceva quello che era successo nella sua linea e come lui aveva fatto per convincere gli altri a partecipare al corteo allo sciopero all'assemblea come spiegava sti fatti immediatamente questo compagno che non avevo mai visto mi diventava simpatico. Diventava uno che era come se lo conoscevo da sempre. Diventava come un fratello non so come e. Diventava un compagno. Lo scopri ecco il compagno quello che ha fatto le mie stesse cose. E l'unico modo per vedere che la pensiamo tutti allo stesso modo è di fare le stesse cose.

Alla fine della riunione si decise il volantino e come continuare l'intervento il giorno dopo. I compagni mi consigliarono di non entrare in fabbrica perché mi avrebbero arrestato. Anzi mi dissero che non dovevo tornare a dormire a casa perché ci poteva arrivare la polizia. E un compagno mi portò a dormire a casa sua. E questo fatto mi piaceva molto anche perché era l'aiuto che tutti ci davamo nella lotta era la nostra organizzazione. Infatti il giorno dopo telefonai a mia sorella e mi disse c'era stata quella sera stessa la polizia a casa a cercarmi. Mia madre poi mi scrisse da casa che i carabinieri chiedevano informazioni per sapere se stavo a Salerno. Andarono ancora o quattro volte a casa di mia sorella.

La Fiat aveva fatto una denuncia per lesioni al guardione. Io andai dal medico della mutua aziendale mi feci fare un certificato medico di dieci giorni perché c'avevo un graffio me l'aveva fatto il guardione. Mi misi in mutua. Poi dopo una settimana andai a prendermi la liquidazione di sorpresa. Poiché evo ancora il tesserino Fiat potevo entrare in fabbrica. E come arrivo al posto di lavoro sulla linea il capo mi si fa incontro con due guardioni e dice: Lei deve venire con me in ufficio.

Io guardo la mia linea dove stavo io. Non c'avevo nessun compagno proprio nessuno ero isolato. E non sapevo se cominciare a menare le mani che cazzo fare non lo sapevo piú. Vado nell'ufficio e mi fanno stare lí a aspettare il colonnello l'ingegnere. Intanto che sono lí che aspetto mi prendo di tasca il tesserino Fiat e lo metto lí bene in mezzo al tavolo dell'ingegnere. Perché era il tesserino Fiat che mi volevano togliere per non farmi piú entrare in fabbrica. Arriva dopo poco l'ingegnere e dice: Ah è proprio questo che volevo come l'ha capito. Io stavo lí seduto sbracato su una poltrona ma lui non dice niente.

Arriva un altro guardione un gorilla enorme e fa: Che fai seduto lí? Eh sto seduto perché sto stanco. Ti devi alzare. Eh non mi va di alzarmi se vuoi mi alzi tu. Tu ti credi che sei forte fa lui avvicinandosi. Io non mi credo niente soltanto non mi va che mi rompono le scatole. Però dice lui hai fortuna che non c'ero io quella sera fuori. Se c'ero io te ne davo tante che ti ammazzavo. Lo so che mi ammazzavi però tu non c'eri quella sera e adesso stai tranquillo. Una provocazione fascista facevano per farmi fare a botte così mi menavano e mi denunciavano. Chiamavano la polizia e mi mettevano finalmente dentro.

Io non ci casco proprio perché li dentro prendevo un sacco di botte mi massacravano. Firmo le carte che mi portano che davo le dimissioni e tutti questi soliti imbrogli. E quando esco fuori c'erano venti proprio venti guardioni fuori dalla porta dell'ufficio che aspettavano che succedesse la rissa. Mi scortano fino allo spogliatoio mi prendo la roba e mi scortano fino a fuori. Dopo un mese andai nella palazzina dove c'è pure la mutua con lo scontrino dei soldi e mi andai a prendere i soldi. Della denuncia che mi avevano fatto poi non ho piú saputo niente come è andata a finire. Ci sarà stata l'amnistia queste cose qua.

La mattina mi svegliai a casa di quel compagno dove ero andato a dormire poi andammo alla casa dello studente. Lí c'era una riunione di tanti compagni. Si distribuí il volantino che era stato ciclostilato nella notte e andammo sotto la fabbrica. E si facevano dei grossi capannelli e i compagni che entravano dicevano che si fermavano pure loro. Gli operai che entravano i nostri obiettivi di lotta ormai li conoscevano già. Questi. obiettivi di lotta per cose uguali per tutti che si erano portati ori davano nessun valore al avanti fino a allora. Gli operai non davano nessun valore al lavoro che facevano non si sentivano né di seconda né di terza categoria si sentivano soltanto uguali sfruttati. Per la prima volta gli operai lottavano per avere tutti gli stessi soldi. Per i avere tutti gli stessi diritti di parità normativa con gli impiegati. Gli aumenti uguali per tutti la categoria uguale per tutti tutte queste cose li entusiasmavano li univano.

E così è stato poi tutti i giorni. La mattina presto si andava a distribuire il volantino ai cancelli o il giornale settimanale delle lotte La Classe come si chiamava. Lí su c'erano tutti questi volantini e queste cronache delle lotte. Poi si dormiva un po' poi si andava ancora all'una e mezzo le due davanti ai cancelli per distribuire il volantino all'entrata del secondo turno. E si aspettava il primo turno che uscisse per fare la riunione con quelli del primo turno. Si andava lí ancora alla sera alle undici a aspettare gli operai del secondo turno che uscivano e si faceva la riunione con loro si faceva l'assemblea. Le porte di Mirafiori in quei giorni erano diventate un mercato generale. C'erano tutti sindacalisti Pci ragazzi marxisti leninisti dell'Unione vestiti di rosso poliziotti vestiti di verde e cosí via. Tutti a fare concorrenza ai venditori ambulanti che aspettavano gli operai all'uscita con la frutta la verdura le maglie e i transistor. Tutti a propagandare la loro merce.

Veramente il Pci sempre assente dalle lotte arrivò poi arrivò solo dopo il 3 luglio a raccontare che i proletari che si erano battuti erano degli irresponsabili e provocatori prezzolati. Gli stessi operai che il tribunale borghese ha poi condannato. Veniva a spiegare che le lotte decise e condotte autonomamente dagli operai sono pericolose perché i padroni possono ricorrere alla repressione. Veniva a accusarci di essere gruppetti estranei alla fabbrica ma non ci diceva come facevano dei miseri gruppetti a condurre una lotta cosí lunga e cosí forte come quella di questi mesi.

Sindacalisti burocrati del Pci falsi marxisti leninisti poliziotti e fascisti hanno tutti una caratteristica in comune. Hanno una paura dannata della lotta operaia della capacità operaia di mandare al diavolo padroni e servi dei padroni per decidere e organizzare autonomamente la lotta in fabbrica e fuori della fabbrica. Per loro abbiamo fatto questo volantino che finiva così: Diceva un tale che anche le balene hanno i loro pidocchi. La lotta di classe è una balena. Poliziotti burocrati di partito e di sindacato fascisti e falsi rivoluzionari sono i suoi pidocchi.

Venerdí 30 maggio. Mentre ieri lo sciopero era stato iniziato da pochi operai che avevano organizzato il corteo oggi gli operai della 500 arrivati alla linea rifiutano al 90 per cento di lavorare. Lo sciopero dura tutto il turno la produzione è bloccata. Gli operai della linea fanno dei cartelli e organizzano un corteo. Il capofficina chiede agli operai fino a quando faranno sciopero. Gli operai rispondono: Finché non metteremo le cose a Posto. Un membro di commissione interna rimprovera agli operai di credere piú agli studenti che al sindacato. Li invita a riprendere il lavoro a partire dalle 10,30 dicendo che è in corso una riunione per discutere le rivendicazioni operaie.

Gli operai della manutenzione hanno fatto sciopero per tutto a turno di notte e al mattino sono andati in corteo alla linea della 500. Le cabine della verniciatura sono bloccate. Al secondo turno alla linea della 124 viene eletto un operaio con l'incarico di presentare le richieste che sono: I tempi. Il passaggio di categoria dopo 6 mesi. I soldi. Oggi allo sciopero hanno partecipato convinti anche gli anziani. Un capo ha chiesto i nomi degli scioperanti. Passa la commissione interna dicendo che la Fiat è disposta a proseguire le trattative solo se si interrompe lo sciopero.

Perché questo sciopero infatti aveva preso di sorpresa il sindacato anticipando i suoi tempi previsti. Che intendeva sulle linee a tempo debito impostare la battaglia per il delegato. Solo dopo due o tre giorni di fermate e agitazioni autonome il sindacato riesce a riprendere terreno e a dichiarare il suo sciopero ufficiale.

Si ha notizia che alla Grandi Motori si è fermato un reparto di 400 operai. Alla sala prova della Spa Stura fermata spontanea di 400 operai. Già 15 giorni fa c'erano state due fermate. Alle Meccaniche di Mirafiori gli operai dei plurimandrini hanno i deciso uno sciopero per martedí dalle 8 alle 10. All'officina 24 si sono avute fermate spontanee. Le voci messe in giro dai sindacati creano divisioni fra gli operai favorevoli agli studenti e quelli favorevoli ai sindacati. Un operaio dà notizia che alla Fiat di Cordoba in Argentina gli operai sono scesi in sciopero e la polizia ha sparato uccidendone alcuni. Ci sono stati grossi scontri.

Domenica 1 giugno e lunedí 2 giugno si svolgono per tutto il giorno assemblee di operai e studenti. Martedí 3 alle linee c'è lo sciopero di due ore. Le linee della 124 e della 125 sono ferme i per mancanza di pezzi. La verniciatura è stata ferma otto ore. La preparazione della 124 è a corto di pezzi da otto giorni. Diceva un operaio che essendo ferme le Presse per far funzionare le linee la Fiat sta usando pezzi di ricambio che dovevano essere spediti in Germania. Alla linea della 600 e dell'850 sciopero. All'officina 55 sciopero. Non hanno eletto il delegato. Alla preparazione hanno fatto sciopero nonostante non fosse stato dichiarato. Gli operai non hanno capito i motivi dello sciopero sindacale. Non sentono la lotta per il delegato di linea. Decidono i loro scioperi nelle loro assemblee interne sugli obiettivi che li interessano. Utilizzano gli scioperi dichiarati dai sindacati per prolungarli. Quando non scioperano limitano la produzione.

Notizie dalle porte sull'andamento della lotta. Sono partite le Fonderie completamente fuori dal controllo sindacale. L'officina 2 è stata ferma per 8 ore. Obiettivo piú sentito il salario. Gli operai non si fidano piú di nessuna forza estranea. Chiedono 200 lire l'ora di aumento sulla paga base. Officina Grandi Motori via Cuneo da giovedí un reparto è in sciopero sulle categorie e il salario. La direzione ha offerto 7 lire e la seconda categoria. Officina 13 Presse 4 ore di sciopero dichiarate dal sindacato. E' stato eletto il delegato. C'è stata una violenta discussione. Il delegato ha dato dei venduti ai sindacati. Porta 20 800 operai hanno fatto una fermata di 2 ore. Porta 13 è andata avanti l'autolimitazione della produzione. L'autolimitazione della produzione è la risposta operaia al delegato di linea dicono gli operai.

Porta 8 continua lo sciopero. Ci sono scorte per 4 5 giorni. I sindacati spingono per la ripresa del lavoro. Officina 53 sciopero riuscito. Eletto il delegato. Il sindacato fa opera di divisione fra gli operai proponendo solo il controllo dei tempi di linea e rifiutando la lotta sul salario e le categorie. Il padrone tenta di recuperare. La linea prima andava a 1'50". Poi a 1'40". Dopo la fermata si è scesi a 1' netto. I tempi li stabilisce sempre il padrone. Officina 58 categoria ritmi paga. Questi sono gli obiettivi da seguire. Il delegato di cottimo non serve a niente. I ritmi li riduciamo noi.

Tutte le lotte venivano preparate nelle assemblee che si facevano all'uscita del primo e del secondo turno. Alle prime di queste assemblee di operai e studenti venivano soltanto gli operai di Mirafiori. Ma poi man mano che la lotta si allargava man mano che si interveniva in altre fabbriche alla Spa Stura alla Lingotto a Rivalta eccetera cominciarono a arrivare operai anche da queste altre fabbriche Fiat. E questo fatto accresceva proprio la possibilità di portare avanti le lotte perché ogni operaio ogni compagno portava il suo contributo di esperienze e di idee. Come fermarsi come fare i cortei quali obiettivi proporre eccetera. Cosa è meglio bloccare in fabbrica per fermare col minimo sforzo.

Bisogna dire questo bisogna per esempio chiedere centocinquanta lire di aumento sulla paga base e riduzione dei ritmi seconda categoria per tutti e queste cose qua. Per esempio quelli dei terminali che devono togliere le auto finite dalle linee e guidarle sui piazzali e sui mezzi di trasporto nelle portaerei dicevano: A noi non ci pagano come autisti che è la seconda categoria. Ma ci pagano come addetti allo spostamento materiale che è la terza categoria con diecimila lire in meno. Anche se abbiamo la patente interna e esterna di guida. Allora noi cosa facciamo allora noi la macchina al posto di guidarla la spostiamo a mano dalle linee in quattro. E cosí intasiamo le linee che si devono fermare e cosí blocchiamo tutto.

Venivano fuori un sacco di idee su come portare avanti la lotta dai compagni. Si domandava nelle assemblee se c'erano state fermate all'interno fermate nei reparti nelle varie officine. Come era andato il volantino se c'erano state sospensioni di compagni se c'erano state misure repressive. Cioè se compagni che avevano fatto la lotta li avevano sospesi o cambiati di posto tutte queste cose qua. A seconda di com'era l'umore di lotta nelle varie officine a seconda dell'informazione che c'era facevamo poi il volantino per il giorno dopo. Se tutti i compagni che uscivano assicuravano che ci si poteva fermare a giorno dopo si dichiarava la lotta per il giorno dopo su qualche obiettivo.

Sono stati piú di due mesi di lotta una lotta proprio brutalmente spontanea. Non c'era giorno che non si fermava un reparto un'officina. Ogni settimana piú o meno si bloccava tutta la Fiat. Erano proprio giornate di lotta continua. Infatti la testata dei volantini che si facevano era Lotta Continua e realmente alla Fiat a Torino in quei mesi c'era una lotta continua. Si voleva bloccare il lavoro a tutti i costi cioè non si voleva lavorare piú. Si cercava di mettere in crisi per sempre la produzione. Di mettere in ginocchio i padroni e di farli scendere a patti con noi. Si combatteva una battaglia a fondo.

Ormai una cosa era evidente in queste assemblee. L'impressione che avevano tutti gli operai era che fosse una grande fase dello scontro tra noi e i padroni una fase decisiva. Si sentiva nell'aria questa coscienza che c'era. E in effetti nelle assemblee veniva usata spesso la parola rivoluzione. Si vedevano compagni di quarant'anni con la famiglia che avevano lavorato in Germania che avevano lavorato nei cantieri edili. Gente che avevano fatto tutti i mestieri. Che ormai dicevano che a sessant'anni ci sarebbero arrivati morti di fatica.

Non è giusto fare questa vita di merda dicevano gli operai nell'assemblea nei capannelli alle porte. Tutta la roba tutta la ricchezza che produciamo è nostra. Ora basta. Non ne possiamo piú di essere della roba della merce venduta anche noi. Noi vogliamo tutto. Tutta la ricchezza tutto il potere e niente lavoro. Cosa c'entriamo noi col lavoro. Cominciavano a avercela su a volere lottare non perché il lavoro non perché il padrone è cattivo ma perché esiste. Cominciava a venire fuori questa esigenza di volere il potere insomma. Cominciava per tutti operai con tre o quattro figli operai scapoli operai che c'avevano figli da mandare a scuola operai che non avevano casa. Tutte le nostre infinite esigenze venivano fuori in obiettivi concreti di lotta nell'assemblea. Per cui la lotta non era soltanto una lotta di fabbrica. Perché la Fiat c'ha centocinquantamila operai. Era una grossa lotta non soltanto perché investiva questa enorme massa di operai.

Ma perché i contenuti di queste lotte le cose che volevano gli operai non erano delle cose come diceva il sindacato: I ritmi sono troppo alti abbassiamo i ritmi. Il lavoro è nocivo cerchiamo di togliere la nocività tutte queste cazzate. Gli operai invece non volevano piú partecipare. Scoprivano di volere il potere fuori. Va be' in fabbrica riusciamo a lottare a bloccare la produzione quando vogliamo. Ma fuori cosa facciamo? Fuori dobbiamo pagare l'affitto dobbiamo mangiare. C'abbiamo tutte queste esigenze qua. Scoprivano che non avevano nessun potere lo Stato li fotteva fuori a tutti i livelli. Fuori dalla fabbrica non diventavano dei cittadini come tutti gli altri gli operai quando si levavano la tuta. Continuavano a restare un'altra razza. In questo sistema dello sfruttamento continua vano a restare operai anche fuori. A vivere da operai anche fuori a essere sfruttati come operai anche fuori.

Questi volantini che si facevano che uscivano dall'assemblea questi volantini erano portati dagli operai nelle loro case. Fatti vedere a altri amici magari che lavoravano nell'edilizia o da altre parti. E cosí giravano dappertutto. Molte volte li andavano a distribuire anche nei quartieri come a Nichelino. Infatti a Nichelino ci fu poi un'occupazione del municipio sulla questione della casa che durò molti giorni. Dicevano che pagavano i affitti troppo alti che non potevano pagarli. Si fece un volantino con scritto: Affitto furto sul salario. E non lo pagarono piú. Questa occupazione era stata fatta anche da certi compagni che stavano nel Pci e che poi se ne uscirono dopo che il Pci fece di tutto e poi riuscí a interrompere l'occupazione del municipio.

Nichelino è un dormitorio operaio alle porte di Torino. Su 15.000 attivi 12.000 sono operai di cui 1.700 lavorano a Nichelino e 5.500 lavorano alla Fiat nei vari stabilimenti di Carmagnola Rivalta Mirafiori Airasca Spa Stura eccetera. Gli altri in fabbriche sparse prevalentemente all'interno del ciclo Fiat per esempio Aspera Frigo Carello e moltissime altre sparse tutt'intorno.

Lí il bilancio di una famiglia operaia è il seguente: Il salario di una fabbrica di Nichelino per 8 ore di lavoro varia dalle 60.000 alle 80.000 mensili. L'affitto anche 10.000 a vano varia dalle 20.000 alle 35.000 piú 2.000 4.000 per le spese e altrettanto per il riscaldamento. Restano dalle 30.000 alle 50.000 per vivere per cui le ore di lavoro devono salire a 10 o a 14. Chi lavora alla Fiat non migliora per niente il proprio bilancio. Il costo e le ore non pagate di trasporto che sono almeno due ore giornaliere. assorbono le differenze salariali.

Caratteristiche delle abitazioni di Nichelino: Assenza pressoché totale di servizi. Fitti in continuo aumento. Ricatti continui da parte dei padroni di casa con la minaccia dello sfratto. Difficoltà enormi per le famiglie numerose soprattutto meridionali a trovare alloggio. Durante l'occupazione del municipio durata tredici giorni giornali murali sulla piazza hanno illustrato giorno per giorno lo sviluppo delle lotte Fiat e portato alla discussione nel municipio occupato tutta la popolazione. Si sono formati comitati di lotta di nuove fabbriche e si sono unificate le piattaforme rivendicative con quelle di Mirafiori. I problemi di fabbrica si collegavano con quelli di fuori la fabbrica e gli obiettivi unificavano le lotte.

Questi obiettivi di lotta concreti materiali ormai giravano per tutta la città perché erano cose che interessavano tutti che li toccavano direttamente. E fu questo che fece scoppiare il 3 luglio quando ci fu quella grossa battaglia tra il proletariato e lo Stato con le sue bande poliziesche. Quella grossa battaglia il 3 luglio è spiegabile perché tutta la gente nelle strade e dalle case capivano immediatamente perché tutti quegli operai facevano la manifestazione e perché si scontravano con la polizia. Non manifestavano mica perché erano dei rivoluzionari e che allora dovevano fare una manifestazione. Ma era una lotta per degli obiettivi proletari la stessa che facevano da settimane dentro a Mirafiori e che adesso usciva qua fuori a corso Traiano. Per degli obiettivi che tutti già conoscevano da settimane. La scuola i libri i trasporti la casa tutte queste cose qua. Queste cose che fottevano sempre tutti i soldi che si guadagnavano in fabbrica.

E sapevano che non era mica con gli scioperi dei sindacati con. queste riforme che i sindacati chiedevano e che lo Stato doveva concedere gentilmente e che anche se le concedeva era tutto per i suoi interessi non era mica con questi scioperi con queste riforme qua che si risolveva niente. Le cose bisogna prendersele invece con la forza sempre. E ce l'avevano su con lo Stato che li fotteva sempre e volevano attaccarlo perché era quello loro vero nemico quello da distruggere. Perché sapevano loro le case le potevano avere e i loro bisogni potevano essere soddisfatti solo se quello Stato loro lo spazzavano via finalmente per sempre quella repubblica fondata sul lavoro forzato. Per questo mica perché la gente stava incazzata perché faceva caldo il 3 luglio è spiegabile quella grossa battaglia che c'è stata.

 

 

Ottavo capitolo


L'autonomia

Giovedí 5 giugno: A Mirafiori mentre alle linee si riprende a lavorare a strappi entrano in lotta gli operai delle Fonderie. Quelli dell'officina 2 hanno continuato a scioperare 8 ore per turno. La lotta si è estesa alle officine 3 e 4. Gli operai di queste officine hanno deciso di entrare in lotta sulle stesse rivendicazioni dell'officina 2: 200 lire di aumento sulla paga base e passaggio alla categoria siderurgica. La direzione ha offerto da 3 a 21 lire sulla paga di posto. Gli operai hanno rifiutato questa offerta. Fino a quando non otterremo tutto quanto abbiamo chiesto la lotta continua. Alle linee sono state proclamate dai sindacati 2 ore di sciopero per turno. La riuscita è stata solo parziale. Gli operai delle linee si sono mossi fin da giovedí scorso contro i ritmi di lavoro e per gli aumenti salariali e il passaggio di categoria. Con lotte autonome dal sindacato.

La richiesta del sindacato del delegato di linea non significa risolvere questi problemi. La lotta di questi giorni non può essere ridotta all'elezione di un delegato. Alle linee montaggio motore e montaggio cambio gli operai scioperano due ore per turno sin da martedí. Hanno deciso di scendere in lotta per ottenere il passaggio alla seconda categoria per tutti. Si sono uniti a loro alcuni operai delle preparazioni. Alle Presse i sindacati hanno chiuso lo sciopero con risultati ridicoli. Gli operai sono contrari e la produzione non è tornata normale. Gli operai non vogliono tornare ai ritmi di prima e il padrone ha paura. La direzione Fiat cerca a tutti i costi di ritornare alla normalità produttiva di cui ha bisogno perché ha perso decine di miliardi di produzione proprio nel momento in cui c'è maggior richiesta sul mercato.

I sindacati cercano di far partire le lotte una alla volta finita una se ne apre un'altra per evitare la generalizzazione e impedire che gli operai organizzandosi nella lotta in fabbrica esprimano una loro volontà autonoma. Ma la lotta operaia sfugge a questi tentativi di controllo. Quasi ogni giorno si apre una nuova lotta e sono gli operai a deciderla. Questa è una grande prova di forza della classe operaia. Però non basta. Si corre il rischio che mentre si aprono le lotte nuove quelle già iniziate vengano chiuse con risultati insoddisfacenti e si riesca a impedire il formarsi di una organizzazione forte e permanente degli operai che sappia opporsi giorno per giorno alle condizioni di lavoro decise dal padrone. Se dopo la lotta gli operai restano divisi e disorganizzati questa è una sconfitta anche se si è ottenuto qualcosa. Se dalla lotta gli operai escono piú uniti e organizzati questa è una vittoria anche se alcune richieste sono rimaste insoddisfatte.

Venerdí 6 giugno: 8 ore di sciopero per turno non solo alle officine 2 e 3 ma anche alle Fonderie Sud. Anche all'officina 4 continua la lotta. Sabato 7 giugno: La direzione sospende un operaio dell'officina 13 per tre giorni. Lunedí 9 giugno: 8 ore di sciopero per tutti e due i turni all'officina 13. I motivi sono: Mancato motivo da parte della direzione della sospensione all'operaio, e mancata risposta dei sindacati alle richieste operaie che riguardavano: Il passaggio alla seconda categoria per tutti. Indennità di nocività uguale per tutti. Controllo operaio dei tempi di lavoro. Superminimi uguali per tutti. Aumento del tempo di fermata. Modifiche dell'ambiente di lavoro. Aumento del salario non riassorbibile.

Fonderie Nord e Sud: 8 ore di sciopero di tutti e due i turni. La direzione offre per dividere gli operai 67 lire di aumento sulla paga di posto agli operai dei magli. Solo 100 operai su 890 accettano. Linee carrozzerie primo turno fermata spontanea ore 10 degli operai della verniciatura e della pomiciatura. Rivendicazioni: Salario categorie tempi. La commissione interna ha detto che avrebbe dato una risposta alle 8 ma non si sono visti né sentiti. Adesso dicono che la daranno lunedí prossimo. Nel secondo turno sono passati i capi che tentavano di dividere gli operai dando la categoria a alcuni di essi. La Fiat è alle strette. Escono poche vetture mancano i rifornimenti per la Rivalta e l'organizzazione del lavoro è sconvolta. Questo è il primo risultato della nostra lotta. Adesso inizia una settimana decisiva.

Cosa fa il padrone? Contro la nostra organizzazione di lotta il padrone cerca di imporci con la complicità dei sindacati la partecipazione e il consenso allo sfruttamento. Questo è in sostanza il significato del delegato di linea. Contro l'interesse operaio a generalizzare in questo momento la lotta vuole o separarci dal resto della classe operaia italiana con un contratto Fiat come nel '62 oppure che è lo stesso ingabbiarci con un acconto sul contratto futuro. Cosa fa il sindacato? Tenta di chiudere le lotte nelle singole officine viene in fabbrica a dirci cosa propone il padrone porta le sue proposte al padrone le contratta sulla nostra pelle e ignora la nostra volontà e i nostri obiettivi.

Cosa vogliamo noi operai? Alle Fonderie Mirafiori Nord e Sud lo abbiamo detto e ridetto con scioperi totali. Vogliamo 200 lire ora in piú sulla paga base o parità salariale con i siderurgici. Il che vuol dire 30.000 lire al mese in piú sulla paga base e non la miseria che ha offerto il padrone. Alle linee vogliamo 50 lire in piú sulla paga base. Seconda categoria per tutti gli operai dopo sei mesi di lavoro in fabbrica. Tutto questo lo vogliamo subito. Tutto questo non è contrattabile. Tutto questo non è un anticipo sui contratti. Non vogliamo i ritmi del padrone. Al padrone e ai sindacati diciamo: Il delegato di linea non ci serve. Quello che ci serve è l'assemblea dei reparti e i comitati d'officina con cui organizzare la lotta permanente contro il padrone i suoi ritmi i suoi servi. Organizziamoci diventiamo tutti delegati. Operai quando lottiamo il padrone è debole questo è il momento di attaccare. Officina per officina bisogna organizzare e generalizzare la nostra lotta.

Martedí 10 giugno: La politica sindacale di dividere gli operai concedendo a alcuni la categoria e dando aumenti differenziati ottiene i primi risultati. Infatti la lotta alle Fonderie finisce e gli operai riprendono il lavoro. Le linee meccaniche proseguono lo sciopero per due ore. Intanto alcuni operai delle Carrozzerie dell'officina 54 si stanno riorganizzando e chiedono ai compagni che intervengono alle porte di fare un volantino in cui elencare le richieste da presentare il giorno dopo. Anche gli operai dell'officina 25 lavori a caldo forni chiedono un volantino per il giorno dopo.

Mercoledí 11 giugno: Gli operai dell'officina 54 turno del pomeriggio hanno deciso che se entro venerdí non avranno una risposta alle loro richieste entreranno in sciopero. La tendenza a organizzarsi autonomamente rinunciando alla utilizzazione del tramite sindacale per trattare con il padrone si allarga. Ci sono infatti richieste di volantini dagli operai dell'officina 13 officina 85 nuovi settori dell'officina 14 e linee di Carrozzerie e operai delle Fonderie. Conseguentemente la politica repressiva della Fiat si accentua. Nella giornata di ieri due licenziamenti all'officina 13. Oggi gli operai hanno trovato seimila lire in meno come minimo nella busta paga trattenute per le ore di sciopero.

Operai delle Fonderie: Il padrone è in crisi. La produzione ridotta alla metà è ancora sconvolta dall'iniziativa degli operai che si sono stufati di aspettare le scadenze che il padrone si prepara a affrontare. Se la lotta alle Fonderie fosse durata ancora qualche giorno si sarebbe bloccata la produzione in interi settori della Fiat Meccaniche e Rivalta. Stavolta però il padrone aveva scorte sufficienti perché altrove si produceva a ritmo ridotto e cosí ha potuto resistere piú a lungo degli operai. Ma comunque la nostra lotta a prescindere dai magri risultati ha dato al padrone la misura della nostra forza. Da questa forza bisogna partire per piegare definitivamente il padrone. Sta di fatto che qui alle Fonderie dove la lotta è stata più dura e l'unità degli operai ha resistito piú a lungo il padrone si è rassegnato a concedere aumenti. Anche se differenziati e molto al di sotto delle nostre richieste. Questo invece non è avvenuto alle linee dove pure gli operai avevano fatto richieste salariali.

Ma quali aumenti ha concesso il padrone? Le nostre richieste erano: 200 lire in piú sulla paga base o la parità salariale e normativa colla siderurgia cioè 30.000 in piú in busta. Questo perché il lavoro è duro e nocivo e noi non siamo bestie da farlo gratis. Queste richieste il sindacato si è rifiutato di portarle avanti mentre ci è venuto a sbandierare le offerte della direzione. Gli aumenti del padrone non riguardano la paga base ma quella di posto. Questo significa che qualunque trasferimento può far perdere questi vantaggi e sappiamo bene che possibilità ha il padrone di trasferirci da un posto all'altro. Le 200 lire sono uguali per tutti perché uniscono gli operai nella lotta e tolgono al padrone la possibilità di discriminazione che usa contro di noi.

Invece le offerte della direzione che il sindacato ci ha illustrato cosí bene nell'ultimo volantino sono divise e discriminante per categorie. Fatte apposta per fare abbandonare la lotta uno dopo l'altro agli operai piú avvantaggiati. E' inutile quindi che ce la pigliamo uno con l'altro perché questo è quello che vuole il padrone per scoraggiare i nostri tentativi di organizzazione. Perché compagni questa è la grossa conquista di questa lotta al di là delle misere lirette del padrone. Per la prima volta siamo; riusciti a organizzare e condurre la lotta con obiettivi nostri nel momento deciso da noi. Ma questo non è sufficiente l'isolamento delle nostre lotte voluto dal sindacato ha costretto gli operai delle Fonderie a subire per intero il peso dello sciopero quando in tutta Mirafiori gli operai volevano lottare.

Ora l'abbiamo capito l'organizzazione che ci siamo dati ci ha consentito di condurre la lotta nell'officina ma non ci ha permesso di superare l'isolamento in cui commissione interna e sindacato ci hanno tenuti: Rifiutandosi di portare avanti le nostre richieste. Separando la lotta delle Fonderie Nord da quella delle Fonderie Sud. Non informando gli operai delle altre sezioni Fiat. Ma i motivi per cui ci siamo mossi rimangono in piedi. Come siamo riusciti a organizzarci nella officina cosí bisogna sapersi organizzare in tutta Mirafiori. Come? Solo organizzandoci con gli operai di altre officine potremo organizzare lotte con il minimo di danno per noi e con il massimo danno per il padrone. Solo facendo sentire tutta la nostra forza organizzata costringeremo il padrone a mollare.

Giovedí 12 giugno: A Mirafiori continua l'autolimitazione della produzione degli operai dell'officina 13. Alle linee alla 850 alla 124 alla 125 spesso mancano le portiere. In questo momento la direzione ha troppa paura per fare rappresaglie massicce. Però cerca di colpire singoli operai nei punti piú avanzati della lotta licenziandoli o trasferendoli. Spera cosí di spaventare tutti gli altri. Ma questo gioco non deve passare. Bisogna anzitutto rispondere colpo per colpo bloccando il lavoro appena un compagno viene colpito. L'arma piú potente per rendere inefficace la repressione è proprio l'unità e il collegamento degli operai tra di loro. La lotta degli operai Fiat si estende da Mirafiori, a altri stabilimenti. Grandi Motori di Settimo gruisti e imbragatori. Grandi Motori Centro reparti P e B. Sima sbavatori. Spa Centro reparto 3.

Tutti gli operai della Fiat Mirafiori che sono scesi in sciopero in questi giorni hanno chiesto: Aumenti salariali. Anche le richieste di passaggi di categoria volevano dire: Piú salario. E lo stesso vale per gli aumenti su altre parti della paga. Ma tutte queste richieste avevano una caratteristica precisa gli aumenti erano chiesti uguali per tutti e i passaggi di categoria automatici per tutti. Anche gli scatti sulle altre voci tendevano a essere uguali per tutti. Questo significa una cosa fondamentale: Vogliamo arrivare a un salario uguale per tutti. Gli operai infatti si sono resi conto che differenze salariali superminimi categorie paghe di posto eccetera sono uno strumento del padrone per dividere gli operai.

Infatti il padrone per evitare di perdere altri miliardi di produzione si è servito proprio degli aumenti differenziati per fare cessare le lotte. Ha concesso passaggi di categoria a alcuni operai e non a altri esempio concessione di capolavori alle linee e passaggi alle Ausiliarie. Ha concesso aumenti salariali differenziati esempio capimacchina e addetti ai magli alle Fonderie. E in genere sulla parte del salario che serve a far produrre di piú o a far accettare la nocività come cottimo alle Presse o paga di posto alle Fonderie. I sindacati hanno rifiutato di farsi portavoce delle richieste operaie di aumenti e passaggi subito e uguali per tutti.

Essi rimangono fedeli al principio che gli aumenti sulla paga base si fanno solo una volta ogni tre anni alle scadenze contrattuali. Essi accettano una serie di elementi di divisione che il padrone introduce attraverso il salario le categorie la differenziazione tra officine e reparti diversi. Per questo hanno spezzettato la richiesta generale degli operai dividendo la lotta e creando confusione tra gli operai. Ma gli operai vogliono arrivare a un salario uguale per tutti. Perché elimina le divisioni e unifica le lotte. Perché ormai all'interno della fabbrica ognuno è indispensabile tanto il tecnico come l'operaio lo specializzato come l'addetto macchina e alle linee o il manovale. Perché tutti siamo ormai capaci di fare tutto. Perché la vita costa uguale per tutti.

Quindi non ha nessun senso che l'impiegato sia pagato al stipendio pieno quando è in mutua mentre l'operaio ci rimette una parte del salario. Non ha nessun senso che l'impiegato abbia 4 settimane di ferie e 40 ore mentre l'operaio ha tre settimane e lavora 44 ore. Non ha nessun senso che alcuni operai siano pagati di piú e altri di meno. Per questo noi operai della Mirafiori non ci accontentiamo dei delegati o degli aumenti differenziati di poche lire ma diciamo: La lotta continua. Alla nostra lotta si affiancano le lotte degli operai della Spa Centro con un corteo di 1.000 operai nei reparti della Grandi Motori della Spa Stura e stanno per unirsi gli operai della Lingotto.

Lunedí 16 giugno: All'officina 54 alle ore 17 si ferma la linea della 124 125 125 special. Accorrono capi reparto capi officina direttori Fiat e tentano di convincerli a riprendere il lavoro. Arrivano anche i membri di commissione interna che dicono che entro mercoledí daranno una risposta. Questa volta però la risposta degli operai cambia e dicono: Mentre voi discutete noi ci fermiamo e facciamo sciopero. Nell'intervallo del dopocena si unisce anche la linea della 850 bloccando totalmente la produzione dell'officina 84. I capi domandano perché c'è sciopero e gli operai rispondono: Lo sapete bene perché. A questo punto i capi tentano di far fare agli operai della 850 22 scocche che erano rimaste prendendo a pretesto il fatto che arrugginiscono. Gli operai si rifiutano costringendo i capi a mettersi alle linee per fare loro le scocche.

Sembra che domani ripartano gli operai delle officine 1 e 3 delle Medie e Grandi Presse e anche l'officina 85 trasporto delle vetture. Alle 18 gli operai di questa officina che guidano le vetture finite dalle linee ai mezzi di trasporto passeranno per avere una risposta dai sindacati. Se i sindacati risponderanno negativamente alle loro richieste riguardanti la categoria e l'essere considerati come autisti mentre la direzione li considera come addetti al trasporto materiali domani scenderanno in lotta e spingeranno a mano le vetture invece di guidarle. Questo potrebbe provocare il blocco delle linee perché il numero delle vetture che può contenere il piazzale viene saturato nel giro di mezz'ora. Continua intanto l'occupazione del municipio di Nichelino. In queste quattro settimane la Fiat ha perso produzione per decine di miliardi di lire e continua a perderne. Anche in questi ultimi giorni Mirafiori ha prodotto normale in solo il cinquanta per cento della produzione tonnellate.

Martedí 17 giugno: La lotta alla Mirafiori ha raggiunto il suo punto piú alto e entusiasmante. Di fronte al proseguimento i a tutta la produzione dello sciopero del secondo turno che blocca ne delle linee la Fiat ha giocato una carta nuova. I padroni hanno capito che gli operai non sanno piú che farsene dei sindacati. Sono stati costretti perciò a chiamare direttamente gli operai in lotta a trattare. Dopo essersi consultati con i sindacati propongono agli scioperanti di mandare alcuni rappresentanti all'Unione Industriali. Si illudono abituati come sono a fare e disfare di imbrogliare gli operai con quattro chiacchiere. Lí gli offrono 17 Ere e per giunta non per tutti e su voci diverse del salario. Ma gli operai non si lasciano comprare per quattro soldi.

E allora i signori padroni cosí educati e eleganti si sono lasciati scappare le ingiurie piú volgari nei confronti degli operai. Voi terroni meridionali sporchi fino a ieri eravate a zappare e oggi vi permettete di alzare la testa. A questi insulti gli operai hanno subito risposto per le rime e soprattutto rientrati in fabbrica hanno dato la risposta che conta di piú l'intensificazione e l'inasprimento della lotta. Un corteo di migliaia di operai ha bloccato ogni angolo della fabbrica compresi i posti delle donne. Al grido di: Fuori fuori bloccano quel poco di lavoro che ancora continuava. Si fermano cosí la linea della 125 special e infine anche e di nuovo la 500. La Fiat è in ginocchio. In questa scomoda posizione tenta un'ultima carta. I dodici operai che erano andati all'Unione Industriali sono chiamati da soli senza i sindacati che ormai sono fuori gioco nell'ufficio di Marciano il vicedirettore della Mirafiori.

Questo li invita a fare opera di convincimento presso i loro compagni in sciopero perché riprendano il lavoro perché fa capire potrebbero essere presi provvedimenti gravi. Se entro stasera non vi decidete dice qui salta tutto e se si va avanti cosí saremo costretti a sospendere della gente. Se voi sospendete anche uno solo degli operai in sciopero rispondono i dodici tutta la fabbrica intensificherà la lotta. Su queste basi la Fiat non è disposta a trattare dice duro Marciano. E noi non siamo disposti a lavorare. E così infatti avviene. Il secondo turno delle linee esce di fabbrica alle 11 di sera senza piú avere toccato un pezzo. Ai cancelli la tensione è tale che Torino sembra dovere esplodere. Non c'è in giro un solo sindacalista.

Mercoledí 18 giugno: Alle sei di mattina gli operai del primo turno dell'officina 54 rientrando in fabbrica vengono a sapere quanto è successo il giorno prima della meravigliosa lotta che i loro compagni del secondo turno hanno continuato e anzi allargato. Ieri abbiamo scioperato a singhiozzo dicono oggi sciopereremo a valanga. E cosí avviene. Da una linea di montaggio della 124 esce una sola vettura da un'altra tre quattro automobili. Le linee della 500 dopo aver viaggiato a ritmo ridotto anch'esse si fermano definitivamente. Tutti e due i turni sono ora in sciopero tutte le linee ferme. Alle 13,30 gli operai del primo turno escono dalla fabbrica col pugno alzato. E sono accolti con lo stesso saluto dai compagni del secondo turno che rientrano in fabbrica e che hanno lanciato lo sciopero alla Mirafiori.

Gli operai del secondo turno continuano lo sciopero compatti. La Fiat tenta di farli lavorare facendo girare le linee a vuoto. Ma dopo poco è chiaro anche al padrone che della sua manovra gli operai si fanno beffe e ferma le linee. Dall'officina 54 parte subito un corteo interno e blocca le officine 52 53 55 56. Dalle linee non esce una sola vettura per tutto il pomeriggio. Con lo sciopero delle linee di montaggio completamente in mano operaia il corteo si dirige verso la palazzina della direzione. Qua trovano i sindacalisti che tentano di negare tutto quello che hanno detto nei giorni scorsi contro lo sciopero operaio. Non sono piú ascoltati. Il corteo si dirige verso le porte dove blocca l'uscita dei camion. E infine rientra alle linee dove alcuni operai prendono la parola davanti a assemblee che si formano un po' dappertutto.

Giovedí 19 giugno: Compagni operai di Rivalta ieri all'officina 72 gli operai hanno sospeso il lavoro per un'ora. La richiesta di tute era solo un pretesto la realtà è che gli operai hanno protestato contro lo sfruttamento e le condizioni di vita bestiali dentro e fuori la fabbrica. Dentro perché il padrone continua a tagliare i tempi e a rendere il lavoro sempre piú insopportabile. Con ritmi che fanno sputare il sangue senza neanche il tempo di mangiare e di andare al cesso. Fuori perché i salari di fame non bastano piú a pagare fitti sempre piú cari e non permettono agli operai l'indispensabile per vivere. Cosí gli operai sono costretti a vivere in otto persone in una camera o sulle panchine della stazione. Perciò gli operai della Fiat hanno fame di soldi e vogliono lavorare meno.

Rivalta è la punta piú avanzata dello sviluppo tecnologico il modello dell'automazione il gioiello del padrone. Qui sono state trasferite tutte le catene di montaggio delle vetture speciali. Qui si produce la 128 e la 130 gli ultimi modelli Fiat. La Fiat usa oggi Rivalta per rifarsi almeno in parte dei danni sempre piú gravi che le porta la lotta di Mirafiori. Cerca di spremere gli operai chiedendo ogni giorno aumenti di produzione tirando al massimo della resistenza degli operai. La 128 fa quattro vetture in piú al giorno. Ma l'officina 72 ha segnato l'inizio della lotta. Il padrone ha cercato di prevenirla concedendo generosamente qualche qualifica perché ha paura che la lotta di Mirafiori diventi la lotta di tutta la Fiat. E noi sappiamo che tutta la Fiat in lotta significa battere il padrone sugli obiettivi scelti e organizzati dagli operai officina per officina.

Venerdí 20 giugno: Compagni operai per il quarto giorno il secondo turno delle Carrozzerie ha fermato tutta la produzione. I cortei degli operai hanno bloccato ogni tentativo di far riprendere il lavoro. Anche il primo turno ha continuato la lotta. Mercoledí in tutta la giornata sono uscite solo 30 vetture su piú di 400 della produzione normale prima della lotta. Anche ieri la produzione è stata drasticamente ridotta. Ma questo non basta. Gli operai del primo turno devono raggiungere la forza dei loro compagni del secondo turno. Ogni differenza nella compattezza con cui la lotta si sviluppa permette ai padroni e ai loro ruffiani di metterci gli uni contro gli altri. Per distruggere alle radici ogni pericolo non c'è che una risposta l'unità nella lotta.

Tutta la produzione deve essere bloccata. In questo mese abbiamo scoperto di avere una forza straordinaria basta che un'officina si fermi per bloccare tutta la fabbrica. L'organizzazione cresce e si collega in tutte le officine e permette di utilizzare fino in fondo quest'arma formidabile. Questo vuole dire che se oggi all'officina 54 pomiciatura e verniciatura spetta il compito di portare avanti la lotta altre officine sono pronte a dare il cambio e debbono farlo al piú presto senza aspettare che si esaurisca la lotta alla 54. Molti operai oggi hanno intenzione di appoggiare con una sottoscrizione i compagni della 54 che sopportano tutto il peso dello sciopero. E', giusto ma non è sufficiente. Bisogna prepararci a prendere il nostro posto nella lotta in tutte le officine. Incontriamoci subito con gli operai della 54 e coordiniamo gli scioperi. In questo modo la lotta non potrà piú essere fermata.

Oggi i sindacati che non circolano tranquilli davanti ai cancelli hanno il permesso del padrone di venire a dare volantini all'interno della fabbrica e di diffondere false notizie. Ecco che vuole dire il sindacato in fabbrica. Ieri ci hanno raccontato che hanno ottenuto 12 lire. Ma noi abbiamo chiesto: 50 lire sulla paga base uguali per tutti. Passaggi di categoria per tutti. Pausa per tutti senza recupero della produzione.

L'officina 85 continua la lotta. Ieri sono entrati in azione gli operai di Rivalta e hanno fermato la linea della 128. Alla nostra azione si è unito da due giorni anche lo sciopero dei tecnici del controllo elettronico e meccanografico. E' un movimento di lotta formidabile. E' questo che fa paura alla radio e ai giornali dalla Stampa che tace o dice poco all'Unità che racconta menzogne. Per collegarci informarci discutere e decidere sullo sviluppo della lotta assemblea di tutti gli operai sabato 21 giugno alle ore 16 al Palazzo Nuovo dell'Università.

Sabato 21 giugno: A Mirafiori oltre alle officine 54 85 13 in lotta stanno partendo anche le officine 25 e 33. A Rivalta cominciano le fermate. Anche alla Lingotto ci sono state fermate che preannunciano una lotta piú vasta. Alla Spa Stura, le officine 29 e 25 hanno fatto due ore di fermata per tutta la settimana. A Mirafiori alle linee gli operai delle altre officine devono dare il cambio a quelli della 54 entrando in lotta. Dove sono state presentate delle richieste non bisogna aspettare i continui rinvii della direzione ma scendere subito in lotta. Nelle Meccaniche molti dicono che non conviene lottare perché la Fiat ha accumulato grandi scorte. Invece lo sciopero danneggerebbe comunque la produzione a Rivalta e alla Lingotto.

Lunedí 23 giugno: Da una settimana noi operai dell'85 siamo in lotta nelle forme che abbiamo ritenuto migliori per noi e più dannose per Agnelli con una richiesta ben precisa la seconda categoria per tutti come già i compagni della 54. Le linee per il momento hanno ripreso il lavoro ma la richiesta della seconda per tutti continuiamo a portarla avanti. Finché anche le linee non sono bloccate si ignorano le nostre richieste. Ora da sei sono passati a offrire settanta categorie. Anche qui cercano di dividerci cercando di comprare qualcuno con le promesse. Sia chiaro che noi non intendiamo contrattare la nostra richiesta. Anche ieri hanno tentato di fare lavorare i comandati in realtà sono dei veri e propri crumiri e questo ha suscitato la nostra giusta reazione. Alla Sud li abbiamo fatti scappare. Alla Nord abbiamo fermato totalmente il lavoro intasando le linee dalla 21 alla 23. Ricordiamo tutti: La lotta continua. O la seconda per tutti o blocchiamo i piazzali.

Martedí 24 giugno: Tutta l'officina 25 è bloccata tutti i tre turni scioperano per otto ore. Vogliamo dare alcuni avvertimenti ai nostri dirigenti: Sono inutili le vostre pressioni per farci scaricare i forni è inutile che ci ricordate il valore dei pezzi che sono nei forni. Se li avete voluti caricare la colpa è vostra perché sapevate che gli operai del primo turno volevano scioperare. Voi però non credevate alla nostra forza e cosí lo sciopero vi ha colti di sorpresa. Se ora volete che le Fonderie funzionino e volete evitare danni non avete che da pagare. Le lettere di minaccia che avete dato agli operai del primo turno sono una provocazione che non fa paura a nessuno. Operai della 25 ora il coltello dalla parte del manico l'abbiamo noi. Il nostro sciopero ha conseguenze dirette su tutta la produzione Fiat. Già ieri dopo otto ore di sciopero la Meccanica era m difficoltà. Adesso cominciano a mancare i pezzi per Rivalta e Spa Stura e l'Autobianchi di Milano. Continuiamo la lotta.

Mercoledí 25 giugno: Alla Mirafiori oggi sono le preparazioni della 52 e 53 a bloccare tutta la produzione dando il cambio alla 54. Sciopero in tutti e due i turni. Un corteo ferma tutta la produzione. Abbiamo visto i capisquadra mettersi a lavorare. Il record tocca al caposquadra Bruno della 52 che ha fatto da solo 13 scocche. La 25 continua lo sciopero compatto di 8 ore per turno. Al reparto 42 dell'officina 4 Fonderie 4 ore di sciopero. Continua l'autolimitazione dell'officina 16. Fermata all'officina 51. Fermate alla Lingotto alla Materferro e a Carmagnola. A Rivalta è scoppiata la lotta. Al primo turno sciopero interno di 2 ore all'officina 64. Fermata alla 72 verniciatura della 128. Fermata alla 75 e alla 76 linea della 128. Al secondo turno sciopero interno dalle nove meno un quarto alla fine. All'officina 64 tre squadre. Fermata di un'ora a due linee della revisione della 128 e di mezz'ora di tre giostre dei montanti della 128 all'officina 72. La situazione ormai è esplosa e il padrone non riesce piú a controllarla.

Giovedí 26: Cinque settimane di sciopero interno fatto da poche officine alla volta ha fatto perdere alla Fiat piú di 30.000 automobili pari a un valore di circa 40 miliardi. La produzione è piú che dimezzata. Alcuni modelli di vettura arrivano ai punti terminali con parti mancanti. Le esportazioni sono bloccate. Per questo direzione e sindacati sono arrivati a un accordo globale che dovrebbe riguardare 60.000 operai. L'accordo concede aumenti differenziati da 5 a 84 lire su voci diverse dalla paga base. Ma a quanti toccheranno 5 e a quanti 84 lire? Ma gli operai chiedono cento lire di aumento uguale per tutti. L'accordo mantiene la differenza tra le categorie anzi ne aggiunge una nuova la terza super. Ma gli operai chiedono la seconda per tutti, come primo passo per fare sparire le categorie. Differenze di salarlo e categorie sono sempre uno strumento di divisione degli operai nelle mani del padrone. La lotta continua perché le rivendicazioni degli operai non sono state soddisfatte.

Officina 85 lo sciopero continua per 8 ore. Officina 52 e 53 preparazione linee carrozzerie 8 ore di sciopero con corteo interno primo e secondo turno. Ferme tutte le linee per mancanza di materiali. 700 vetture montate senza blocco motore dovranno essere smontate e rimesse in linea. Officina 4 Fonderie 4 ore di sciopero. Officina 13 continua l'autolimitazione della produzione. Officina 26 Meccaniche fermata di 2 ore della linea di montaggio motori a causa della mancanza di pezzi per lo sciopero dell'officina 25. Officina 25 sciopero di 8 ore sui tre turni con picchetti operai intorno ai pezzi finiti perché la direzione tenta di rubarli. Lingotto fermata di 15 minuti all'officina 10. Gli operai di Rivalta dicono no all'accordo bidone delle 17 lire. Al primo turno gli operai bloccano tre linee 124 500 850 per un'ora senza che i capi e la commissione interna riescano a fermarli. Al secondo turno tutta l'officina 64 si ferma per 4 ore la linea della 128 per un'ora sola. Fermate a Spa Stura Grandi Motori Carmagnola. Sono ormai ferme anche molte fabbriche fornitrici.

Venerdí 27 giugno: Operai delle officine 23 24 25 26 28 41 la Fiat ha licenziato in tronco 12 nostri compagni dell'officina 25 che lottavano autonomamente per aumenti salariali di 50 lire uguali per tutti e per la seconda categoria. La Fiat ha licenziato questi operai per stroncare la lotta della 25 che aveva ormai paralizzato tutta la Meccanica e per dimostrare che è pericoloso lottare senza sindacato. Gli operai della 25 respingono questo infame ricatto e rispondono continuando la lotta. Aggiungono inoltre alle richieste già presentate la condizione prioritaria del ritiro immediato dei provvedimenti di licenziamento. Gli operai della 25 chiedono inoltre ai compagni della 23 24 26 28 41 di rispondere immediatamente alla provocatoria azione della Fiat con fermate assemblee in refettorio richieste scritte alla direzione perché ritiri i licenziamenti cortei fino all'ingresso della 25 collette per sostenere le lotte e i compagni licenziati.

Sabato 28 giugno: A Mirafiori la produzione è bloccata. A Rivalta molti reparti sono fermi per lo sciopero dell'officina 25 di Mirafiori e la 64 della Rivalta stessa. Continua lo sciopero a Carmagnola. Alla Lingotto le fermate si succedono con sempre maggiore intensità. La lotta va oltre Torino. Alla Fiat di Modena. Le notizie giungono tramite i volantini introdotti nelle casse d'imballaggio dei motori dagli operai di Torino. Alla Fiat di Pisa. Alla Fiat di Napoli. Alla Fiat di Firenze. Alla Fiat di Trieste. Alla Piaggio di Pontedera. Dovunque con le stesse forme e gli stessi obiettivi. Lo sciopero Fiat tocca anche tutte le ditte fornitrici. Lo scontro si fa sempre piú duro. L'organizzazione operaia si fa sempre piú forte. Il padrone risponde con un accordo bidone che è stato rifiutato. Risponde con i licenziamenti senza che i sindacati muovano un dito: Altri due licenziati all'Alluminio Carmagnola. Risponde con intimidazioni: Ordine della direzione ai capi di distribuire ammonizioni e sospensioni per potere poi licenziare con la giusta causa.

Agnelli risponde con lo squadrismo. Ieri sera una squadraccia assoldata ha picchiato a sangue il compagno Emilio davanti alla porta 5 a Rivalta dove dava i volantini. In cinque l'hanno percosso brutalmente l'hanno fatto rotolare in mezzo alla strada hanno cercato di buttarlo sotto le macchine che passavano. Ma il malcontento operaio la volontà di lottare a fondo contro i padroni cresce tra tutti gli operai di Torino. Per cercare di recuperare questa spinta alla lotta i sindacati indicono per giovedí 3 luglio uno sciopero generale per il blocco degli affitti. Sabato 28 giugno pomeriggio alle ore 16,30 assemblea generale al Palazzo Nuovo dell'Università via S. Ottavio angolo corso S. Maurizio sotto la Mole vicino a piazza Vittorio.

 

 

Nono capitolo


L'assemblea

Compagni i contenuti che sono emersi dalla lotta della Fiat sono innanzi tutto l'autonomia operaia cioè gli operai che scavalcano ogni tipo di mediazione sindacale. Che hanno organizzato autonomamente le forme di lotta che hanno stabilito autonomamente gli obiettivi. E su questo hanno cominciato a costruire l'organizzazione autonoma che gli permette di portare avanti la lotta. Teniamo presente che questa è la quinta settimana di lotta alla Fiat. I contenuti emersi da questa lotta sono soprattutto la richiesta operaia di unificazione vale a dire richiesta di aumenti salariali uguali per tutti. E richiesta del superamento delle divisioni per categorie e per paga di posto che il padrone e il sindacato avevano introdotto nella struttura del salario.

C'è stato un continuo tentativo sindacale di spegnere di circoscrivere e isolare questa lotta. Che si è articolato prima in trattative a livello di reparto e officina finché siamo arrivati all'accordo bidone dell'altro giorno riguardante tutta la Fiat. L'accordo bidone ha sviluppato a livello aziendale quelli che erano i tentativi fatti a livello di officina. Vale a dire aumenti discriminati sulle strutture del salario che lo mantengono inalterato. Vale a dire quasi tutti gli aumenti nella parte variabile del salario paga di posto eccetera. Inoltre la richiesta della seconda categoria per tutti fatta dagli operai ha dato come risultato l'introduzione da parte sindacale della terza categoria super. Una categoria fasulla che non è altro che l'aumento di 17 lire camuffato sotto la voce di categoria e che ha fatto aumentare da 5 a 6 le categorie preesistenti.

Compagni appare chiaro che la classe operaia Fiat ha dovunque rifiutato l'accordo bidone del sindacato. La lotta è proseguita si sono aperte nuove lotte e sono continuate quelle iniziate precedentemente. Ora dobbiamo avere una certa capacità di previsione nel valutare quelli che saranno ulteriori strumenti che il padrone userà per spegnere questa lotta e soprattutto per mistificarne il contenuto. Accenniamo qui a alcune di queste misure: le rappresaglie la serrata della Fiat le ferie anticipate l'anticipo delle trattative e degli accordi contrattuali e via dicendo. E si tratterà in questa assemblea anche di fare una valutazione di quello che significano queste lotte in vista dei contratti nazionali. L'ultimo punto dell'ordine del giorno riguarda lo sciopero generale indetto dai sindacati per giovedì prossimo. Possiamo dare subito inizio alla discussione.

Io vorrei dire noi abbiamo visto che con 45 giorni di lotta 17 lire le abbiamo avute. Non sappiamo che farcene però le abbiamo avute. Se non facevamo 45 giorni di sciopero neanche questo pigliavamo. Continuando cosí potremo giocare anche un grosso ruolo sui contratti nazionali. Perché l'organizzazione che creeremo adesso in questi giorni avrà la sua importanza quando si tratterà degli scioperi per il contratto. Poi c'è un'altra cosa che volevo dire. E' importante forzare la mano in questi giorni con la lotta perché Agnelli è stato colto impreparato e non ha ancora avuto il tempo di farsi la scorta. A ottobre qualunque cretino sapeva che facevamo sciopero. Magari una settimana 15 giorni 20 giorni. E lo sapeva anche Agnelli che non è cretino e cosí si sarebbero preparati le scorte.

Se noi tiriamo troppo la corda se adesso ci ha minacciato di mandarci sotto cassa integrazione però non ci ha mandato invece a ottobre chiude i cancelli e ci manda a casa perché se ne strafrega di noi. Adesso è il momento che il mercato richiede maggiormente la produzione. E' il momento che Agnelli ha maggior bisogno di noi e è questo il momento per colpire. Uniamoci compagni io non so se qui ci sia qualcuno della mia officina non me ne frega se c'è qualche ruffiano. Ma io stanotte ho tappezzato i gabinetti con manifestini. Se qualcuno non è andato ancora a leggerli vada a leggerli. La lotta Fiat deve diventare il Vietnam per i padroni in Italia. Applausi.

Sentite compagni. Ieri a noi ci hanno dato delle lettere cioè lettere di sospensione. Stamattina abbiamo trovato dodici licenziamenti io ho la lettera in tasca ve la faccio vedere. In relazione ai gravi fatti emersi a Suo carico il giorno 24 c.m. e a Lei già contestati con la presente Le comunichiamo il Suo licenziamento a norma dell'articolo 38 lettera b del vigente contratto nazionale di lavoro. Voglia pertanto provvedere al ritiro dei Suoi documenti di lavoro e delle residue spettanze presso i nostri Uffici Amministrativi a decorrere dal, giorno 9 luglio 1969. Distinti saluti. Adesso noi tutti quanti dell'officina 25 siamo d'accordo che se non si entra tutti quanti a lavorare compresi i dodici licenziati ecco stanno entrando qui adesso anche gli altri che hanno avuto la lettera allora si continua lo sciopero.

Però c'è un fatto. Fuori ho trovato un sindacalista qui all'Università e per poco insomma sono venuti gli altri a portarmi via perché volevo litigare per il fatto che gli ho detto: Voglio venirti incontro io a te, Tu sei sindacalista e va bene. Noi ti abbiamo proposto le nostre condizioni le cinquanta lire. Però ha detto lui quando avete fatto lo sciopero a oltranza tutti insieme non mi avete chiamato. Ma non c'era bisogno di chiamarti perché le cose ce le facciamo da noi. Avete sbagliato dice lui. Ma adesso sti dodici licenziamenti come si fa? Allora lui ha detto che non lo sa. Te lo dico io come si fa. Tu sei sindacalista allora chiama tutti gli operai Fiat a fare sciopero a oltranza tutti insieme. Perché almeno quando ci sono i licenziamenti lo fate fare voi lo sciopero o no? O come si fa? Lui non mi ha risposto.

Ora io dicevo se a un certo punto io mi prendo la responsabilità della lotta di tutta la mia officina allora tutte le altre officine devono contribuire allo sciopero insieme a noi. Io sono andato alla 24 a chiedere di contribuire allo sciopero. Mi hanno detto: No perché ce lo impone il Psiup. Allora sto cazzo del Psiup, sta cacando il cazzo. In tutti i modi siamo arrivati a questo se non si entra noi licenziati in fabbrica perlomeno l'officina dove lavoro io non attacco a lavorare. Prolungati applausi. Compagni adesso il signor Agnelli si piglia il potere di fare dodici licenziamenti domani non ne fa dieci ma ne fa cinquecento. Ne fa mille ne fa duemila e ci butta tutti fuori. Ma il padrone non è lui. Siamo noi operai. Se noi in fabbrica guadagniamo centomila lire mensili il signor Agnelli ogni mese guadagna duecento miliardi col nostro sangue e siamo noi che buttiamo il sangue. Scioperiamo dentro e fuori scioperiamo. Applausi.

Io vorrei parlare dello sciopero di giovedí. Sappiamo che questo sciopero è proclamato dai sindacati per tentare di recuperare la forza delle nostre lotte. Ma questo sciopero per gli sfratti o per qualunque cosa sia dobbiamo cercare di sfruttarlo a modo nostro non dobbiamo lasciarne l'iniziativa ai sindacati. Allora si tratta di portare il nostro sciopero la nostra lotta all'esterno e per questo di organizzarci. In questi tre giorni che abbiamo cerchiamo di organizzarci tra noi squadra per squadra reparto per reparto officina per officina. E cerchiamo di formare un corteo abbastanza grande per ottenere se non con le parole con la forza ciò che vogliamo. Applausi.

Compagni gli operai non andranno in piazza per esprimere lí il loro sdegno sempre controllato nell'ambito del partito e del sindacato. Ma ci andranno perché sono stufi di questo stato di cose e pretendono di dire quello che vogliono. Pretendono di colpire non solo Agnelli ma anche i partiti pseudorivoluzionari e le loro linee mistificatrici. Fragorosi applausi. Compagni qualcuno potrebbe avere dei dubbi sui rischi sul fatto che al corteo potrebbero accadere degli scontri gravi. Ma noi si dice subito che il corteo non è un corteo provocatorio ma che ha il compito di spiegare alla città la lotta della fabbrica. Fare sapere quello che è successo nelle officine da piú di un mese e perché. E che tutti i giornali hanno fatto di tutto per non parlarne. Con questo dobbiamo far sapere a tutta Torino che noi non ci fermeremo né alle venti né alle trenta lire. Vogliamo quello che abbiamo chiesto e ce lo debbono dare. Applausi.

Voce dall'assemblea: Voglio fare una proposta agli operai che si propongono di scendere in sciopero di mettere fra le rivendicazioni anche la riassunzione degli operai che sono stati licenziati. Primo bisogna rispondere a Agnelli che le lotte alla Fiat non si castrano con 17 lire di aumento. Secondo che non si castrano nemmeno col licenziamento delle avanguardie operaie. Tutti gli operai in questo momento debbono sapere che la risposta unitaria a questi atti di rappresaglia non è tanto un modo di difendere il compagno schiacciato. Ma è un modo di colpire proprio il padrone nel potere. E' un modo di dire che noi non lottiamo tanto per l'operaio licenziato quanto lottiamo per tutto un sistema che c'è attualmente nella fabbrica a Torino. Noi diciamo apertamente che il licenziamento non lo ammettiamo. Ripetuti applausi.

Compagni io vorrei soltanto avvisare i compagni qui presenti che alla Mirafiori la lotta continua e che martedí alle cinque e mezza entra in sciopero la 56 sulle solite richieste fatte dalla 54 e dalle altre officine lire 50 piú lire 50 e la categoria. Noi presentiamo le richieste lunedí mattina dandogli 24 ore di tempo soltanto. Siccome entrano in sciopero anche il collaudo e la 19 noi cercheremo di entrare in sciopero lo stesso giorno. Per chi non lo sa se c'è qualcuno della 56 qui si dia da fare per collegarsi con gli altri perché noi lo stiamo facendo. Ci hanno preso per dei coglioni perché non siamo mai scesi in sciopero adesso speriamo di poter fare qualcosa anche noi. Ho finito.

Compagni sembra che dal primo luglio il pane costerà venti lire in piú le sigarette cinquanta. I giornali sono già aumentati i padroni di casa vogliono aumentare i fitti e ci sbattono fuori. Tutto aumenta qualsiasi prodotto anche le auto della Fiat sono aumentate. E noi diciassette lire l'ora. Ma a noi diciassette lire non ci servono a niente quando tutto aumenta. A noi non ce ne frega niente dell'aumento, del premio di produzione. Ho sentito che attualmente saremo pagati in economia perché non si fa produzione. Perché non si producono giornalmente tante macchine quante stabilite dalla direzione. E ho chiesto il perché. Mi è stato detto: Perché voi lavorate a cottimo. Ma questo cottimo a me chi me lo ha proposto? Nessuno. Io non ne so niente e come me nessuno dei lavoratori. Sono stati i famosi intermediari fra gli operai e i padroni sono stati i sindacati. Noi vogliamo quello che abbiamo chiesto con la forza.

Mi è stato detto che adesso ci dobbiamo accontentare di queste diciassette lire se vogliamo arrivare a un preciso scopo di contratto. Il famoso contratto che si dovrà firmare a ottobre. Carta straccia perché non lo firmiamo noi. Ci hanno fatto capire di stare calmi ma non è possibile abbiamo delle necessità abbiamo bisogno dei soldi. E li dobbiamo avere e nessuno ci deve mettere il bastone tra le ruote. Hanno detto che la seconda categoria non è possibile dopo sei mesi di assunzione perché altrimenti il padrone se ne andrebbe in fallimento. Ma è proprio quello che noi vogliamo chi se ne frega se il padrone va in fallimento lui e la sua fabbrica di merda. Applausi.

Compagni la situazione di Torino e provincia è lo smacco del padrone. La Fiat ci fa vivere la Fiat ci fa morire alle catene. Fuori dalla fabbrica vuoi l'alloggio poi lavori alla Fiat camera e tinello fa 30.000 lire al mese piú le spese luce eccetera. Sfruttati in fabbrica e fuori. Lavoro all'officina 25 che sembra un carcere una cella addirittura che ci si trovano le zozzure di tutte le qualità. Produzione alla Fiat: mancano dieci operai e alla fine si fa sempre quella produzione. Chi soffre? Noi. Viaggi ancora piú cari. Chi soffre? Noi. Nessuno si interessa e noi soffriamo siamo democraticamente schiavi del padrone.

Lottiamo con le buone con le cattive ma lottiamo senza esclusione di colpi. Abbiamo trattenute dal 10 per cento al 12 per cento circa. Come si fa? Dobbiamo lottare lottare lottare per avere piú soldi e meno lavoro. Bisogna abolire il capitalismo e essere trattati da uomini e non da bestie da soma. Il capitalismo è un sistema marcio e disfatto. Nessuno ne può piú. I giovani lo respingono anche i giovani studenti borghesi che vediamo qui fra noi. E tutti gli operai sanno di quante sofferenze e di quanta ingiustizia si è ingrassato. Aderite aderite alla lotta compagni non fatevi illudere dal padrone non fatevi illudere dai sindacati. Applausi.

Compagni ho sentito prima che c'è stato il compagno Emilio che l'hanno menato. Ho sentito il giorno prima da un fascista che lavora con mia moglie che il signor Agnelli ha offerto un pacchetto di milioni affinché i fascisti provocassero tutti i gruppi che vanno vicino alle porte. Pensavo che era solo un'allusione ma sapendo ora che hanno menato a Emilio penso che si stia attuando questo. Noi sappiamo che hanno menato Emilio e che ne meneranno altri. Comunque il fatto piú bello è questo che Agnelli ha finito di usare la sua tattica la sua tattica cosí detta moderna e democratica. Prima aveva i tirapiedi dei sindacati che ora sono saltati completamente. Ormai non ci sono piú non sanno cosa farsene non gli servono piú.

Allora cerca di usare la maniera forte cioè l'ultima tappa del capitale. Cioè quando succede una batosta uno cerca prima con le buone. Poi quando vede che non ce la fa piú prende le varie squadre d'azione che ci sono. Comunque le prenda pure. Succederà quello che succederà. Noi rispondiamo a Agnelli che non è tanto le lotte che stiamo facendo che rafforzano la nostra volontà ma è anche lui stesso che ci ha fatto capire che è alle corde. Perciò dico questo che qualunque cosa farà lui ormai non può fermare la volontà degli operai. Non può illudersi lui lo sa benissimo ormai. Gli operai si stanno facendo un'altra mentalità hanno capito quello che devono fare. Saranno pochi saranno un'avanguardia comunque l'importante è questo. Non parlo per esperienza sentita da altri. In quattro anni sono cambiato al massimo prima avevo una mentalità per cosí dire piccolo borghese credevo che con le buone si ottenesse tutto.

Oggi sono diciamo cosí rivoluzionario. Ci chiamano cosí o cinesi non lo sanno nemmeno loro. Comunque volevo dire ci saranno delle provocazioni a proposito del corteo ma noi il corteo lo facciamo lo stesso. Dico che ormai nessuno ci può fermare. E poi c'è un'altra cosa. Il partito comunista noi lo critichiamo non cosí per criticarlo. E' logico che la rivoluzione non si farà né domani né dopodomani ma io penso questo che ormai la mentalità dell'operaio è troppo avanzata e il partito cerca di rallentarla. E' logico che bisogna andare passo per passo però alla fine dei conti quando c'è la base quando c'è la massa che spinge di sotto cioè dice che tutto è uno schifo in modo dirompente il partito continua ancora a rallentare il sindacato fa lo stesso.

Poi continuano a dire il sindacato apolitico come ha accennato prima un compagno. Ma io rispondo: Ma ci volete prendere proprio per il culo? Credete proprio che siamo ancora dei cretini da credere che il sindacato possa essere apolitico? Ma tanto loro adesso sono fregati in pieno anche loro. Sono dei mercenari e come mercenari saranno trattati. Perciò continuate cosí voi sindacati. Fatevi dare pure i soldi dai padroni finché siete in tempo. Poi vedremo al massimo ve la faremo noi la cassa da morto. Applausi. Agnelli è alle corde il capitalismo in fase di sviluppo è alle corde tutti i nostri nemici sono alle corde. Perciò continuiamo con la lotta e non ci fermeremo mai mai. Questo lo sappia Agnelli e tutti i suoi bacarozzi. Lunghi applausi.

Compagni come voi tutti sapete alla Fiat ogni giorno la percentuale di assenze è altissima. E' gente che non ce la fa più a tenere dietro ai ritmi di lavoro massacranti imposti dai padroni. E' gente che resta a casa per conservare la propria esistenza fisica. E' una continua fuga dal lavoro produttivo. Si parla di diritto alla salute di lotte contro la nocività. Ma non si dice che l'unica questione è che il lavoro è nocivo. L'immigrazione di giovani dal sud da parte della Fiat è andata avanti negli ultimi mesi a ritmo crescente. Dati i forti autolicenziamenti di operai che non vogliono piú saperne dei ritmi Fiat e dati i licenziamenti degli operai che fanno troppe assenze. Tutto questo fa comodo alla Fiat perché i nuovi assunti hanno salari piú bassi per i primi quattro anni di sfruttamento nella fabbrica.

A questo va aggiunto il circolo vizioso che porta via quasi tutto il salario. I giovani immigrati che fanno la spola fra una trattoria e un affittacamere. I risparmi per pagare i debiti dello spostamento al nord e per mandare il vaglia al sud erano possibili sei o sette anni fa. Il salario reale della Fiat è andato indietro in questi anni. Perciò lo sciopero che abbiamo fatto per Battipaglia come Battipaglia nel sud è stata la fine della politica meridionalista della Dc e del Pci dello Stato e dei monopoli quello sciopero è stata l'occasione per uno sciopero politico contro la pianificazione Fiat e statale.

Per quanto riguarda questo sciopero di giovedí non sono i sindacati che si sono accorti che gli operai non ne possono piú degli affitti. Ma sono stati gli operai con questi atti di ribellione al di fuori di ogni linea sindacale e politica a dimostrare che ne hanno fin sopra i capelli degli aumenti del costo della vita degli affitti. E che a un certo punto non possono piú essere soddisfatti dello stipendio di fame che oggi si prende. Noi chiediamo il salario garantito chiediamo di essere pagati sempre secondo le nostre necessità sia quando lavoriamo sia quando siamo disoccupati. Applausi.

Compagni adesso dopo tutte queste settimane di sciopero in cui abbiamo messo in ginocchio il padrone tutti ci dicono di non esagerare. Ce lo dicono i sindacalisti in fabbrica ce lo dicono i giornali fuori. Che se va avanti cosí ci sarà la crisi che dobbiamo stare attenti perché tutta questa produzione in meno rovina l'economia dell'Italia. E poi tutti staremo peggio ci sarà disoccupazione e fame. Ma a me non mi sembra che le cose stanno proprio cosí. Lasciamo anche da parte che come ha detto il compagno prima se l'economia dei padroni va in fallimento a noi non ci frega proprio niente. Anzi ci fa molto piacere.

Questo è verissimo ma c'è un'altra cosa. E' che a noi non ci frega niente anche perché tanto lo sappiamo che qua finché non cambia tutto siamo sempre noi a stare peggio. Non siamo stati sempre noi a pagare il prezzo piú alto di tutte le lotte? Compagni io sono di Salerno ho fatto tutti i lavori nel sud come nel nord e una cosa ho capito: Che l'operaio ha solo due possibilità o un lavoro massacrante quando le cose vanno bene o la disoccupazione e la fame quando vanno male. Io non so bene quale delle due cose è peggio. Ma tanto non è che l'operaio se la può decidere è il padrone sempre che gliela decide.

E' inutile allora che quando ci incazziamo perché non ne possiamo piú ci vengono a pregare di tornare a lavorare. Che ci vengono a fare la morale che siamo un solo paese un solo interesse generale che ognuno c'ha la sua funzione e il suo dovere e queste cose qua. Con quella vecchia storia che lo stomaco non può mangiare se le braccia non lavorano e allora tutto il corpo muore. E cosí ci pregano e ci minacciano di tornare a lavorare perché se no sarà il peggio anche per noi. Ma le cose non stanno cosí perché come ho detto prima noi tanto finché il potere ce l'hanno loro noi con loro moriamo sempre e in ogni caso sia che lavoriamo sia che no.

E in quel tranello non ci caschiamo piú perché proprio non siamo lo stesso corpo noi e loro. Non abbiamo niente in comune siamo due mondi diversi siamo nemici e basta noi e loro. La forza piú grande che noi abbiamo è proprio questo fatto di esserci convinti finalmente che col lavoro dei padroni e con lo Stato dei padroni noi non abbiamo proprio nessun i interesse in comune. Ma anzi abbiamo tutti interessi contro. Tutti i nostri obiettivi materiali sono contro questa economia sono contro questo sviluppo sono contro l'interesse generale che è quello dello Stato dei padroni. Adesso ci dicono che la Fiat fa una fabbrica in Russia a Togliattigrad e che dovremmo andarcene lí tutti per imparare a lavorare come si lavora nel comunismo.

E che cazzo ci frega a noi se anche in Russia gli operai sono sfruttati e se li sfrutta lo Stato socialista invece del padrone capitalista. Vuol dire che quello non è comunismo ma è qualcosa che non va bene. E infatti mi sembra che si preoccupano piú della produzione e di andare sulla luna anche loro invece che del benessere della gente. Perché il benessere viene prima di tutto dal farci lavorare meno. E' per questo che noi adesso diciamo no ai padroni spaventati che ci chiedono di aiutarli nella loro produzione. Che ci spiegano che dobbiamo partecipare perché è anche nell'interesse di noi tutti.

Diciamo no alle riforme per cui ci vogliono fare lottare il partito e il sindacato. Perché abbiamo capito che quelle riforme servono solo a migliorare il sistema con cui i padroni ci sfruttano. Che ci frega di essere sfruttati meglio con un po' di case un po' di medicine o un po' di scuole in piú. Tutto questo migliora solo lo Stato migliora l'interesse generale migliora lo sviluppo. Ma i nostri obiettivi sono contro lo sviluppo sono contro l'interesse generale sono nostri e basta. I nostri obiettivi cioè gli interessi materiali della classe operaia sono il nemico mortale del capitalismo e dei suoi interessi.

Noi abbiamo cominciato questa grande lotta chiedendo piú soldi e meno lavoro. Adesso sappiamo che questa è una parola d'ordine che capovolge che manda per aria tutti i progetti dei padroni tutto il piano del capitale. E adesso noi dobbiamo passare dalla lotta per il salario alla lotta per il potere. Compagni rifiutiamo il lavoro. Vogliamo tutto il potere vogliamo tutta la ricchezza. Sarà una lotta lunga di anni con successi e insuccessi con sconfitte e avanzate. Ma questa è la lotta che noi dobbiamo adesso cominciare una lotta a fondo dura e violenta. Dobbiamo lottare perché non ci sia più il lavoro. Dobbiamo lottare per la distruzione violenta del capitale. Dobbiamo lottare contro uno Stato fondato sul lavoro. Diciamo: Sí alla violenza operaia.

Perché siamo noi proletari del sud noi operai massa questa enorme massa di operai noi centocinquantamila operai della Fiat che abbiamo costruito lo sviluppo del capitale e di questo suo Stato. Siamo noi che abbiamo creato tutta la ricchezza che c'è e di cui non ci lasciano che le briciole. Abbiamo creato tutta questa ricchezza crepando di lavoro alla Fiat o crepando di fame nel sud. E adesso noi che siamo la grande maggioranza del proletariato non ne abbiamo piú voglia di lavorare e di crepare per lo sviluppo del capitale e di questo suo Stato. Non ne possiamo piú di mantenere tutti sti porci.

E allora diciamo che è ora di finirla con questi porci che tutta questa enorme ricchezza che noi produciamo qua e nel mondo poi oltre tutto non sanno che sprecarla e distruggerla. La sprecano per costruire migliaia di bombe atomiche o per andare sulla luna. Distruggono perfino la frutta tonnellate di pesche e di pere perché ce ne sono troppe e allora hanno poco valore. Perché tutto deve avere un prezzo per loro tutto deve avere un valore che è l'unica cosa che a loro interessa non i prodotti che senza valore per loro non possono esistere. Per loro non possono servire alla gente che non ne ha da mangiare. Con tutta questa ricchezza che c'è la gente invece potrebbe non piú morire di fame potrebbe non piú lavorare. Allora prendiamoci noi tutta questa ricchezza allora prendiamoci tutto.

Ma stiamo impazzendo? I padroni ci fanno lavorare come bestie e poi distruggono la ricchezza che noi abbiamo prodotto. Ma è ora di farla finita con questa gente qua. E' ora che gli facciamo il culo a tutti questi porci finalmente che li facciamo fuori tutti e ce ne liberiamo per sempre. Stato e padroni fate attenzione è la guerra è la lotta finale. Andiamo avanti compagni andiamo avanti come a Battipaglia bruciamo tutto spazziamo via queste canaglie spazziamo via questa repubblica. Lunghissimi applausi.

Martedí 1 luglio: Compagni operai di Rivalta dopo le fermate interne della scorsa settimana ieri molti operai hanno ripreso a lavorare. Questo non significa che tutto sia finito e che sia tornata la normalità. La ragione fondamentale di questa pausa nella lotta è lo sciopero generale proclamato per giovedí dai sindacati. Infatti molti operai hanno smesso di lottare ieri rinviando tutto a giovedí. Questo è pericoloso perché gli operai si stanno organizzando nella fabbrica dove sono piú forti mentre lo sciopero di giovedí tende a rompere questa organizzazione e a concludere tutto in un solo giorno. Ma i sindacati si illudono, che tutto finisca perché gli operai sapranno utilizzare anche questa occasione per rafforzare la loro lotta e i loro obiettivi. Lo sciopero va fatto come continuazione della grande lotta che gli operai della Fiat portano avanti da 45 giorni.

Lo sciopero va fatto non per chiudere le lotte come vuole il sindacato e far passare l'accordo bidone a tutti i costi ma deve essere usato dagli operai per rafforzare la lotta sugli obiettivi che sono sempre gli stessi. Lo sciopero di giovedí è stato indetto dai sindacati esclusivamente sul problema della casa. Ma il problema degli affitti non deve venire diviso dal problema della lotta in fabbrica. E' con queste lotte non andando a piagnucolare dal prefetto che si costruisce una vera forza operaia. Compagni operai giovedí mattina tutti davanti alla fabbrica in assemblea per discutere come proseguire la lotta nei giorni seguenti. Al pomeriggio corteo degli operai di tutta la Fiat che partirà da Mirafiori alle ore 15 dalla porta 2 in corso Tazzoli.

Mercoledí 2 luglio: La lotta oggi continua con le fermate a Rivalta e all'officina 13 del Lingotto e sta per riprendere alle linee. I sindacati hanno minacciato di non firmare l'accordo quell'accordo bidone che gli operai hanno già rifiutato continuando la lotta se i licenziamenti della scorsa settimana non fossero stati revocati. Pur di offrire ai sindacati ormai completamente sputtanati un'occasione per inserirsi di nuovo nel gioco la direzione ha subito revocato i licenziamenti. Senza che venisse dichiarata. nemmeno un'ora di sciopero cosa che non era mai accaduta prima negli ultimi vent'anni.

Il tentativo di intimidazione è stato completato dall'apparizione improvvisa della polizia e dei carabinieri davanti ai cancelli della Mirafiori. Come se la loro vista potesse bloccare la nostra lotta. Anche domani durante il corteo non ci lasceremo certo intimidire dalla polizia. Se il padrone crede di poter usare la polizia per bloccare la nostra lotta provi un po' a farla entrare in fabbrica per costringerci a lavorare nelle officine dove di volta in volta decidiamo di scioperare.

 

 

Decimo capitolo


L'insurrezione

La sera prima eravamo andati a incollare manifesti per tutta la città per tutti i quartieri. Era un manifesto col pugno chiuso. C'erano su gli obiettivi della nostra giornata di lotta e l'appuntamento: Alle tre davanti al cancello 2 di Mirafiori. Al mattino alle cinque andammo a megafonare davanti a Mirafiori. C'era già alle cinque del mattino moltissima polizia lí davanti. Due trecento almeno fra jeep furgoni cellulari e camion della polizia e dei carabinieri. Ce n'erano due davanti a ogni cancello e almeno una cinquantina davanti alla palazzina degli uffici. Noi andammo a megafonare alle cinque del mattino davanti a ogni cancello per spiegare agli operai del primo turno che non dovevano entrare ma nessun operaio entrava.

Non c'era nessun bisogno di fare i picchetti nemmeno. Che la polizia si aspettava evidentemente che noi facevamo i picchetti per fare delle provocazioni e aggredirci. Ogni tanto infatti la polizia ci disturbava dicendo che non dovevamo megafonare che non ci dovevamo mettere davanti ai cancelli. Noi dicevamo: Noi stiamo megafonando perché è sciopero non li stiamo mica minacciando con le pistole di non entrare. Se vogliono entrare entrano e va bene se non vogliono entrare non entrano. Noi stiamo facendo solo un'agitazione politica. Ci furono non piú di quattro o cinque crumiri che tentarono di entrare e la polizia si precipitò per impedire che fossero fermati. Ma dalla porta i gli operai del turno di notte che stavano uscendo li ributtarono fuori.

Non entrò nessuno proprio nessuno. Erano venuti tutti ma stavano dall'altro lato della strada gli operai. A controllare se qualcuno entrava. Ma nessuno entrava e dopo un po' tutti se ne tornarono a casa. Al pomeriggio andammo ancora a megafonare davanti ai cancelli per il secondo turno. C'era l'appuntamento alle tre davanti al cancello 2. Si arrivò lí alla spicciolata c'erano già molti operai che aspettavano. Oltre agli operai del secondo turno che non erano entrati c'erano anche molti operai del primo turno che erano tornati lí a Mirafiori per fare sto corteo.

Alle tre c'erano già tremila operai davanti a Mirafiori. La polizia presidiava completamente tutte le vie di accesso a Mirafiori nonché tutti i cancelli la palazzina eccetera. Erano arrivati anche altri rinforzi. Alla manifestazione sindacale del mattino non era successo nessun incidente. I sindacati avevano fatto il loro comizio sulla casa con gli operai delle piccole e medie fabbriche dove loro erano forti mentre alla Fiat erano quasi inesistenti. C'erano là davanti al cancello 2 molte bandiere rosse cartelli e striscioni. Mentre si stava cosí aspettando che partisse il corteo cominciarono le provocazioni della polizia.

Ma la cosa che non avevano proprio pensato i poliziotti che non avevo pensato il questore che non aveva pensato il ministro degli interni che non aveva pensato Agnelli era che quel giorno non si trattava del solito corteo di studenti del cosí detto corteo di estremisti. Cioè come dicevano i giornali borghesi i soliti figli di papà che si divertono a giocare alla rivoluzione.

Gli operai che si trovavano davanti al cancello 2 di Mirafiori erano quelli che avevano fatto le lotte Fiat per tutte quelle settimane. Erano operai che avevano fatto delle lotte dure delle lotte vittoriose. Mentre si stava preparando la partenza del corteo la polizia cominciò a fare le sue manovre. Misero da una parte un doppio cordone di carabinieri che si tenevano sotto braccio e spingevano indietro i dimostranti. Altri plotoni di carabinieri si erano messi in fila per quattro e avanzavano lentamente in mezzo ai dimostranti.

Mentre il vicequestore Voria dava questi ordini facendo muovere i carabinieri nei due sensi per chiuderci aveva detto a un operaio di spostarsi da lí dove stava vicino a lui. Questo operaio invece gli sferrò un cazzotto e lo stese a terra. Intanto quei plotoni di carabinieri che facevano la manovra si mettono al piccolo trotto quasi a correre come i bersaglieri in mezzo ai dimostranti. E impugnano il moschetto come un manganello come una clava. Improvvisamente suona la carica naturalmente chi cazzo la sentiva.

E cominciarono a arrivare i lacrimogeni una pioggia fittissima di lacrimogeni per cui istintivamente tutti cominciarono a scappare. Tutti scappavano e i carabinieri cominciarono a tirare botte col calcio dei moschetti a tutti. Ci spingevano contro il cordone di carabinieri che stavano lí fermi per circondarci. Io ero proprio vicino a quel cordone tenevano il viso pallido bianco verde dalla paura. Perché si trovavano cosí a contatto con noi faccia a faccia. Anzi poco prima ne avevo sfottuto uno gli avevo detto: Vuoi vedere che ti porto via la pistola e ti sparo. Lui non mi aveva detto niente.

Poi avevano acchiappato un compagno e lo volevano portare via ma non c'erano riusciti perché noi glielo avevamo strappato dalle mani e li avevamo minacciati. Intanto con questa pioggia improvvisa di lacrimogeni ci disperdono da davanti a Mirafiori. Scappiamo via tutti da davanti a Mirafiori e pure quei carabinieri che stavano facendo il cordone impugnano come una clava il moschetto, che c'avevano a tracolla e c'inseguono. E fu un piccolo massacro col calcio dei fucili tiravano botte da orbi su tutti quanti all'impazzata. E ne arrestarono una decina di compagni allora. Perché stavamo tutti cosí senza bastoni senza pietre. Mentre corro capito su un mucchio di dieci carabinieri che stavano picchiando a sangue un compagno steso per terra. Gli grido a uno: Che cazzo lo volete uccidere?

Questo qua mi guarda storto poi si gira di spalle e se ne va insieme agli altri tirandosi dietro sto compagno. Poi mentre ero così vedo a tre quattro metri di distanza un compagno uno studente che scappava inseguito da quattro o cinque carabinieri. Uno lo raggiunge e gli tira il moschetto in testa gli spacca la testa. Io e gli altri ci mettiamo a correre verso lí i carabinieri scappano via. Prendiamo questo compagno che stava per terra svenuto e lo portiamo via. Lo lasciamo a delle donne che stavano sotto un portone. Perché ormai dalle case lí intorno erano scesi tutti o stavano sui balconi donne ragazzi e bambini per vedere cosa succedeva.

Erano insomma riusciti a disperderci ma non avevano fatto i conti con la volontà di scontro degli operai. Diecimila persone si riuniscono tra corso Agnelli e corso Unione Sovietica. Lí c'erano le rotaie del tram coi sassi in mezzo. Cominciano a volare contro polizia e carabinieri. E cosí cominciarono a prenderle anche loro. Riusciamo a ricomporre il corteo che c'avevano disperso all'inizio. Era stato disarmato un poliziotto gli era stato portato via lo scudo e l'elmo che venivano alzati come trofei. C'erano anche gli striscioni con su scritto: Tutto il potere agli operai. E: La lotta continua. Improvvisamente una autoambulanza della polizia si butta velocissima in mezzo al corteo. Si butta in mezzo al corteo suonando la sirena che non c'era nessuna ragione. Perché poi se ne andò dall'altra parte tranquillamente. Era un'altra provocazione della polizia. Ma il corteo parte e poi svolta per corso Traiano.

Corso Traiano sta proprio dirimpetto alla palazzina degli uffici Fiat. Corso Traiano c'ha due corsie e una corsia centrale dove ci sono le rotaie del tram e i sassi. Noi scendevamo giú camminando sulla destra e in senso inverso dall'altra parte venivano avanti i poliziotti. Che poi si fermano e aspettano bloccando il traffico. Ci volevano tagliare la strada non ci volevano fare muovere di lí. Cioè la lotta la volevano isolare alla Fiat e intorno alla Fiat ma non doveva uscire fuori nella città. Credevano che noi volevamo andare in centro e in effetti questa era la nostra idea.

La gente ci guardava dalle finestre di corso Traiano mentre il corteo avanzava. Si affacciavano ai balconi scendevano giú e sentivano quello che dicevamo. Erano d'accordo perché erano tutti operai quelli che abitavano lí. Poi improvvisamente dai poliziotti schierati davanti a noi partono le scariche di lacrimogeni. Ma un numero pazzesco incredibile questa volta sparati anche addosso alla gente e che finivano dappertutto. Che andavano a finire sui balconi delle case al primo piano poi il gas investiva tutte le abitazioni perché era estate e c'erano tutte le finestre aperte. Altre granate andavano a finire sulle auto parcheggiate rompendole bruciandole. E tutto questo faceva incazzare molto la gente che abitava li.

Su corso Traiano intanto era sbucato un camion carico di Fiat di 500 una portaerei come si chiamavano. Tirammo sassi nella cabina e l'autista scese. Cominciammo a fracassare tutte le macchine coi sassi poi mettemmo una pezza nel serbatoio della nafta. La incendiammo per fare esplodere il camion ma la nafta non si accese. Allora cercammo di spingerlo in folle verso il corso e lo lasciammo lí di traverso, Chiamarono i pompieri e come arrivarono i pompieri si presero le sassate anche loro. Non gli lasciammo spostare il camion il camion restò lí.

Erano le quattro e quello fu l'inizio della battaglia che sarebbe durata piú di dodici ore. I poliziotti avanzavano con caroselli e cariche e dall'altra parte avanzavano i carabinieri per chiuderci in una tenaglia. Noi non ci disperdiamo e subito cominciamo a rispondere coi sassi che raccogliamo un po' dappertutto. La maggior parte ci spostiamo nel prato a fianco di corso Traiano dove c'era anche un cantiere edile. Ci riforniamo di legni di bastoni di materiale per fare le barricate. E c'era lí anche una grande scorta di pietre.

Ci mettemmo in questo prato arrivarono i poliziotti coi loro furgoni e i carabinieri coi loro camion. I carabinieri si presero un sacco di sassate in faccia perché stavano allo scoperto e cosí li si poteva colpire facilmente. Arrivammo fin sotto ai camion per menarli coi bastoni quelli ci minacciarono coi mitra di sparare allora ci fermammo. E loro intanto se ne scapparono via. I poliziotti intanto nei loro furgoni blindati sentivano questo rumore continuo l'enorme pioggia di sassi che cadeva sui loro furgoni e non ne volevano sapere di scendere. Noi avevamo circondato tutti i mezzi ci correvamo tutto intorno gettando le pietre. Appena scendevano li avremmo massacrati di legnate. Alcuni furgoni tentammo anche di rovesciarli. Questi qua terrorizzati dentro dicevano all'autista di partire e infatti scapparono via tutti quanti.

Un quarto d'ora dopo ci riprovarono scendettero a piedi nel prato. Con gli scudi gli elmi e i manganelli i fucili con le granate lacrimogene. Noi li aspettavamo sul prato. Arrivarono a una distanza di quindici venti metri. Cominciammo a sfotterli a dire: Perché non provate a menarci adesso come avete fatto davanti al cancello 2? Qui vi facciamo un culo cosí. Solo uno di loro rispondeva: Vieni avanti tu da solo facciamo da uomo a uomo ti faccio un culo cosí io a te eccetera. Però di li non si muovevano e avevano paura.

Noi c'avevamo tutte le pietre in mano e a terra davanti a noi altre pietre e i bastoni le mazze. Stanno lí un po' poi gli danno l'ordine di sparare i lacrimogeni e di fare la carica. Ma non avevano calcolato che stavamo in un prato in uno spazio aperto. Cioè sti lacrimogeni si vedevano quando, arrivavano. E noi li prendevamo e glieli lanciavamo indietro con le mani cosí che stavamo nel fumo sia loro che noi. Noi tiravamo le pietre e loro correndo non erano protetti e ne colpivamo un sacco. Quando si accorsero che non ce la facevano presero a scappare via come le lepri e noi li inseguivamo coi bastoni.

Intanto la gente di corso Traiano si era rotta le scatole per tutti questi lacrimogeni che andavano a finire sui balconi e nelle finestre e per il fumo che entrava nelle case. I poliziotti menavano tutti quelli che trovavano sotto i portoni. Donne vecchi bambini chiunque trovavano. Menavano specialmente i ragazzini anche di dieci undici anni. Si erano messi tutti a combattere con gli operai. I giovani a tirare i sassi le donne distribuivano fazzoletti bagnati contro i gas. I compagni inseguiti dai poliziotti trovavano riparo nelle case. Tutti buttavano giú cose dalle finestre e dai balconi addosso ai poliziotti.

La polizia ci inseguiva da tutte le parti e ci aveva dispersi e divisi in tanti piccoli gruppi. Anche nelle trasversali non si respirava piú dal fumo. Sto con alcuni studenti che decidono di andare alla facoltà di Architettura occupata per fare una assemblea e per riunirsi coi gruppi dispersi. Come cominciamo a muoverci per ritirarci sbuca fuori con le sirene una colonna di furgoni blindati. E ci dividono in due gruppi uno che va a Architettura e uno che resta a combattere.

Mentre la gente stava arrivando a Architettura e si era appena messa la bandiera rossa fuori sul pennone arrivano lí i carabinieri. Cominciano a caricare a sparare lacrimogeni e arrestano una decina di compagni. Noi ci difendiamo rispondiamo a sassate. Comunque nell'università non riescono a entrare. Sparano lacrimogeni dentro le finestre ma un gruppo di nostri la difende a sassate e non li lascia entrare mentre noi dentro ci riuniamo. Arrivano dei compagni e ci dicono che gli scontri a corso Traiano si erano allargati e proseguivano piú grossi. E che c'erano grossi scontri anche a Nichelino.

Anche a Borgo San Pietro anche a Moncalieri e in altri comuni di Torino sud dicevano le notizie c'erano scontri. In tutti i quartieri proletari si lottava. Fuori dall'università intanto aumentava la violenza delle cariche e della sassaiola. Lo scontro si estendeva nel viale nelle trasversali nei portoni. Granate sassi corpo a corpo fermi. Si decide di dividerci in diverse squadre d'intervento e di dirigerci verso i diversi quartieri della città in lotta. Per controllare anche fino a che punto gli scontri si erano generalizzati. Io sto con una squadra di compagni che andiamo a Nichelino. Per andare a Nichelino dovevamo passare per corso Traiano.

A corso Traiano c'arriviamo di nuovo verso le sei e mezza e vediamo un campo di battaglia incredibile. Era successo che stavano cominciando a tornare a casa gli edili e gli altri operai che abitavano nella zona. Che non avevano fatto lo sciopero che non sapevano un cazzo. Tornavano a casa e videro tutto sto fumo tutta sta polizia sta via piena di pietre di cose. Allora si unirono subito ai compagni e cominciarono a buttare materiale edile in mezzo alla strada a costruire barricate. Perché c'erano molti cantieri edili lí intorno e c'erano mattoni legna carriole quelle botti di ferro che c'è l'acqua dentro le impastatrici.

Tutto in mezzo alla strada mettevano e facevano le barricate con le automobili e poi incendiavano tutto. La polizia se ne stava lontana in fondo a corso Traiano verso corso Agnelli. Ogni tanto partivano per dei caroselli delle cariche. Sgombravano le barricate mentre la gente li riempiva di sassate e poi scappava via nei prati di fianco. Poi tornavano quando la polizia se ne era andata. Riportavano il materiale sulla strada e costruivano di nuovo le barricate con le tavole di legno e con tutto. Ci buttavano sopra la benzina e quando la polizia avanzava un'altra volta ci davano fuoco. E davano fuoco anche a dei copertoni che facevano rotolare infiammati contro la polizia. Si cominciavano a vedere sempre piú molotov.

Sulle barricate c'erano delle bandiere rosse e su una c'era un cartello con su scritto: Che cosa vogliamo? tutto. Continuava a arrivare gente da tutte le parti. Si sentiva un rumore cupo continuo il tam tam dei sassi che si battevano ritmicamente sui tralicci della corrente elettrica. Facevano quel rumore cupo impressionante continuo. La polizia non riusciva a circondare e a setacciare l'intera zona piena di cantieri officine case popolari e prati. La gente continuava a attaccare era tutta la popolazione che combatteva. I gruppi si riorganizzavano attaccavano in un punto si disperdevano tornavano all'attacco in un altro punto. Ma adesso la cosa che li faceva muovere piú che la rabbia era la gioia. La gioia di essere finalmente forti. Di scoprire che ste esigenze che avevano sta lotta che facevano erano le esigenze di tutti era la lotta di tutti.

Sentivano la loro forza sentivano che in tutta la città c'era una esplosione popolare. Sentivano questa unità questa forza realmente. Per cui ogni sasso che si scagliava contro la polizia era gioia neanche piú rabbia. Perché eravamo tutti forti insomma. E sentivamo che questo era l'unico modo per vincere contro il nostro nemico colpendolo direttamente coi sassi coi bastoni. Si scassavano le insegne luminose di pubblicità i cartelloni. Si scassavano e si tiravano giú attraverso la strada i semafori e tutti i pali che c'erano. Si cercava di fare barricate dappertutto con qualunque cosa. Un rullo compressore rovesciato gruppi elettrogeni bruciati. Mentre cominciava a fare buio e si vedevano dappertutto i fuochi in mezzo al fumo dei gas i lanci delle molotov e le fiammate.

Io non riuscivo ad avvicinarmi al centro della mischia dove si combatteva coi poliziotti. Già moltissimi compagni mi avevano preceduto arrivando da ogni parte. Non ci si vedeva per il fumo e c'era un grande rumore e confusione. Presto i poliziotti furono respinti verso il fondo di corso Traiano e molti dei nostri li inseguivano. I nostri e i poliziotti si fronteggiavano e lottavano all'inizio del prato. C'era un poliziotto per terra che si muoveva ogni tanto. Molti dei nostri inseguivano i poliziotti attraverso i binari del tram e c'era una grande nube di fumo nero che saliva dalle automobili che bruciavano. I nostri ci turbinavano intorno li si vedeva entrare nel fumo e uscirne e si sentivano molti scoppi.

C'era una grande confusione e di là. Quando arrivammo verso la fine del corso era già da un pezzo che si stavano scontrando anche lí a quanto sembrava. Ci imbattemmo in un compagno coi sangue che gli usciva dalla bocca e gli colava sulla spalla. Piú avanti ci imbattemmo in un altro compagno sanguinava e non si reggeva in piedi. Si rialzava e poi cadeva di nuovo a terra. Quando arrivammo quasi in fondo riuscii a vedere i poliziotti. Erano scesi dai furgoni e stavano tutti in gruppo con gli elmi e gli scudi.

Ci aspettavano e sparavano lacrimogeni. Ormai i nostri li avevano circondati da ogni parte. Sentivo che alcuni dei nostri gridavano: Se ne vanno. E vidi che molti poliziotti avevano preso paura e scappavano via. Dappertutto i nostri si misero a gridare: Ho Ci Min. Avanti avanti. Correvano avanti e l'aria si rabbuiava di polvere e di fumo. Vedevo i corpi che si muovevano intorno a me come ombre e il rumore di tutti quegli scoppi e delle sirene e delle urla era fortissimo. A un tratto vidi un poliziotto proprio davanti a me mi chinai e lo colpii col bastone. Il poliziotto cadde e andò a finire tra le gambe di quelli che correvano.

Alla fine tornammo giú per il viale e anche lí c'erano molti feriti. I poliziotti li avevamo spazzati via tutti. Eravamo tutti come pazzi di gioia. Rimanemmo ancora un po' lí a aspettare e a un tratto vedemmo una fila di camion che arrivavano da una trasversale. Tutti si misero a gridare: Avanti avanti. E partimmo a dare la caccia ai poliziotti che ritornarono di corsa dove erano prima. Uno rimase colpito e noi lo inseguimmo colpendolo ancora. Poi ricacciammo i poliziotti in fondo alla trasversale da dove erano venuti.

Intanto continuano a sparare lacrimogeni dappertutto l'aria è sempre piú irrespirabile e ci dobbiamo ritirare. La polizia riconquista lentamente corso Traiano ma vengono continuamente erette barricate una dietro l'altra. La gente che viene presa è pestata a sangue e caricata sui cellulari. Molti poliziotti vengono picchiati. Intanto arrivano altri rinforzi alla polizia. Arrivano da Alessandria da Asti da Genova. Il battaglione Padova che era arrivato già dal mattino non era bastato. Ma lo scontro si estende sempre di piú. Si combatte con piú violenza di fronte alla palazzina Fiat in corso Traiano in corso Agnelli in tutte le trasversali. A piazza Bengasi dove la polizia fa cariche bestiali assurde di insensata violenza. Ma viene attaccata da due parti e sfugge per un pelo all'accerchiamento. Quasi viene catturato il vicequestore Voria. I compagni che ascoltano le radio della polizia dicono che hanno chiesto l'autorizzazione a sparare.

I compagni rispondono alle cariche con continue barricate tra il fumo e gli incendi. Piccoli gruppi assalgono la polizia lanciano le molotov poi scappano nei prati al buio. Sempre risuona cupo il tam tam sui tralicci. Carcasse di auto sono in fiamme. Tutte le strade sono disselciate e una enorme quantità di pietre sono sparse un po' ovunque. Sempre piú bestiale si fa man mano che passa il tempo il comportamento della polizia. Si sparano i lacrimogeni addosso alla gente e direttamente nelle case per impedire alla gente di uscire e di affacciarsi. E' stato visto il vicequestore Voria che imbracciando il fucile lanciagranate intimava alla gente di ritirarsi dalle finestre. Poi arrivati altri rinforzi la polizia comincia a presidiare la zona. Piú tardi comincia a entrare nelle case proprio dentro le case nelle abitazioni a arrestare la gente a fare centinaia di arresti. Anche una vecchia che dà dello stronzo ai poliziotti è arrestata.

A piazza Bengasi continuavano gli attacchi e le sassaiole. La polizia ha ricevuto i rinforzi adesso non deve piú limitarsi a controllare solo Mirafiori come faceva prima facendo delle cariche di tanto in tanto per alleggerire la pressione. Adesso poteva controllare tutta la zona. Circondano piazza Bengasi entrano nei portoni rastrellano la gente fin dentro gli appartamenti. A mezzanotte gli scontri continuano sempre. Attorno a corso Traiano si sente gridare: Schifosi porci nazisti ai poliziotti che trascinano via la gente dalle case. Dalle finestre gridano: E' come i rastrellamenti nazisti carogne.

Allora noi ci decidiamo di andare a Nichelino dove la battaglia continua anche lí da tutto il pomeriggio. Non era facile arrivare a Nichelino nel senso che non si poteva arrivare per la strada normale che era bloccata da una barricata di automobili incendiate. Cosí era bloccato il ponte di accesso al quartiere. Noi arriviamo per un'altra strada secondaria fin dentro il quartiere. Tutti quegli emigranti quelle migliaia di proletari che abitavano a Nichelino avevano costruito barricate dappertutto usando tubi di cemento. Avevano piegato i semafori li avevano buttati giú tutti in mezzo alla strada. Una enorme quantità di materiale dei cantieri edili stava messa in mezzo alla strada per fare le barricate che poi venivano incendiate.

Via Sestriere la strada che attraversa Nichelino è bloccata da piú di dieci barricate fatte con auto e rimorchi che bruciano con segnali stradali sassi legname. Nella notte bruciano grandi falò di gomme e di legname. Col legname di una casa in costruzione si fa un grande fuoco. Tutto il cantiere è in fiamme. I lampioni delle strade sono spenti a sassate e nel buio si vedono solo le fiamme. La polizia cerca di temporeggiare cioè cercava di farci stare per cazzi nostri non attaccava. Infatti attaccarono verso le quattro del mattino quando arrivarono i rinforzi. Quasi tutti gli operai erano stanchissimi era da piú di dodici ore che lottavano. Mentre quelli i poliziotti si davano il cambio.

Erano stati lí a aspettare davanti alle barricate a aspettare il mattino che arrivassero gli altri freschi a dargli il cambio. Noi eravamo tornati indietro a difendere coi sassi il ponte bloccato dalle macchine incendiate da dove i rinforzi dovevano passare. Ma eravamo rimasti in pochi a difendere il ponte eravamo rimasti una ventina. Poi le jeep e i camion dei rinforzi passarono per la strada secondaria dove eravamo passati noi arrivando e noi per non essere circondati dovemmo scappare via tutti. Da un camion erano scesi i carabinieri e ci inseguivano sparandoci addosso i lacrimogeni.

Fuggivamo tutti inseguiti dai carabinieri. A un tratto vediamo una fila di jeep che ci veniva incontro proprio davanti a noi. Non so come avevano fatto per arrivare li forse ritornavano da un giro d'ispezione. Le cose si mettevano male per noi. Allora tutti urlando ci lanciamo di corsa sui poliziotti lanciando le pietre e colpendoli sulle jeep finché non scapparono. Poi vediamo che i carabinieri ci stavano dietro e cosí ci voltiamo e partiamo all'attacco contro di loro. Ma dietro ai carabinieri arrivavano molti poliziotti. Perciò fummo costretti a scappare perché eravamo in pochi.

Ormai ero stanchissimo e scappavo come un disperato. Arrivai in un prato inciampai in un sasso e quasi persi una scarpa. Quando mi fermai per dare un'occhiata alla scarpa apparve un carabiniere che mi inseguiva da solo. Allora vidi che un compagno che scappava con me saltava addosso al carabiniere. Lottarono corpo a corpo e il carabiniere cadde a terra. A un tratto vidi un fumo in cima a una strada. Arrivammo in cima alla strada e di là si vedeva un largo viale e lo scontro che continuava. Non si riusciva a sapere chi vinceva. Tutto era cosí confuso. Io volevo solo fermarmi un attimo da qualche parte per cacare non ce la facevo piú.

Alcuni carabinieri ci attaccarono e io non riuscii mai a raggiungere il centro dello scontro dove ci si batteva piú duramente. Proprio in quel momento udimmo uno che gridava: Arrivano arrivano. Vedevo alzarsi una grossa nube di fumo in mezzo al viale e tutti correvano di qua e di là urlando. Allora tra il fumo apparvero i poliziotti sui loro furgoni blindati coi fari che illuminavano tutto intorno. Sembravano grossi e forti e sparavano tutti i lacrimogeni. C'era un cantiere di fianco al viale e lí un gruppo dei nostri si stava radunando. E compagno che era con me si avviò verso quel cantiere e io lo seguii.

Molti scappavano tutti insieme giú per il viale. Guardai indietro e vidi che tutti correvano e si sparpagliavano nelle trasversali. Quando raggiungemmo il cantiere c'erano già parecchi dei nostri. I poliziotti sparavano i lacrimogeni sopra le nostre teste e facevano cadere pezzi di legno e mattoni. Non potevamo piú vedere che cosa succedeva giú per il viale. Tutto era fumo e grida e scoppi. Il viale era oscurato dal fumo e dalla polvere e c'erano soltanto ombre e un grande rumore di grida e di sirene e di scoppi. Alla mia sinistra sentivo il rombo e le sirene dei furgoni dei poliziotti che risalivano il viale. Due molotov scoppiarono in mezzo alla strada.

C'era fumo e gas dappertutto e non si respirava. Poi i poliziotti scesero dai furgoni e corsero verso dove eravamo noi. Correvano in mezzo al fumo con le maschere e gli scudi. Mi trovai tra molti dei nostri che correvano di qua e di là e si sparpagliavano per le trasversali. I poliziotti ci inseguivano correndo e eravamo tutti lí mischiati nella penombra illuminata dagli incendi e nel grande rumore. Non riuscii a vedere molto ma una volta vidi uno dei nostri lanciarsi col bastone contro un poliziotto che era rimasto isolato e colpirlo piú volte.

Vedemmo dei poliziotti che venivano di corsa da una trasversale alla nostra sinistra. Noi tutti alzammo i bastoni e ci lanciammo di corsa addosso a loro nella penombra che ci aveva avvolto. Io mi imbattei in un poliziotto col casco e lo colpii. Quello gridò e cadde per terra con la testa in avanti. Dopo ritornammo tutti verso il viale. Dall'altra, parte del viale vedemmo un gruppo di nostri che si lanciava contro i poliziotti che tornavano verso i furgoni. I poliziotti scapparono subito e tutti li inseguimmo ricacciandoli in cima al viale dove avevano lasciato i loro furgoni coi motori accesi e coi fari che illuminavano la strada. C'era un poliziotto che alzava le braccia e gemeva. Vidi alcuni dei nostri che aiutavano un ragazzo a alzarsi. Vidi che era ferito e sanguinava dalla testa.

Con l'aiuto di altri rinforzi la polizia conquistava lentamente il terreno. Cominciava il rastrellamento casa per casa con metodi spietati brutali. Ma la gente non se ne andava. Operai e gente del quartiere si davano il cambio tutti erano ormai abituati ai gas lacrimogeni e continuavano a costruire barricate. Io con altri quattro o cinque inseguiti da una ventina di carabinieri arriviamo nel portone di una casa lo chiudiamo. Io mi arrampico sul muretto che c'era nel cortile e capito in un'officina. In questa officina c'era una scala. La salgo e capito sul tetto di questa officina. Tiro su la scala. Vedo gli altri compagni che stavano sul tetto di una casa di fianco a quella dove eravamo entrati.

I carabinieri erano intanto riusciti a sfondare il portone e cominciavano a entrare in tutti gli appartamenti. Io dal mio tetto li vedevo che uscivano fuori sui balconi li vedevo nelle rampe delle scale che salivano con gli elmetti e i fucili e li vedevo dopo un po' che uscivano sui balconi degli altri appartamenti a cercarci. Svegliavano la gente nel letto e controllavano. Noi per un bel po' rimanemmo lí non potevamo controllare se i carabinieri se ne erano andati o no. Poi delle donne della casa che ci avevano visti ci fecero segno che se ne erano andati ci chiamavano per dirci di scendere. Era quasi l'alba c'era un grande sole rosso bellissimo che stava venendo su. Eravamo stanchissimi sfiniti. Per questa volta bastava. Scendemmo giú e ce ne tornammo a casa.

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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