Ultimo Aggiornamento : 18-06-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobilità e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
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ALEKSANDRA KOLLONTAJ

 Vassilissa Mal'gina

GiovaneTalpa Edizioni, giugno 2003, pp.180 - 10 euro

   Presentiamo una breve nota biografica di Aleksandra Kollontaj.

Aleksandra Michailovna Kollontaj (cognome da ragazza, Domontovic) nacque a Pietroburgo  il 19 marzo 1872, figlia di un general-maggiore dello Stato Maggiore.Per protesta contro i genitori che la volevano sposata per convenienza si unisce in matrimonio con un suo cugino ingegnere. La convivenza dura solo tre anni, ma viene marcata indelebilmente dalla nascita di un figlio. Nella sua autobiografia pubblicata nel 1926 in Germania[1], la Kollontaj sostiene che:

ebbi un bimbo, ma, nonostante mi sia dedicata a lui con molta cura, la maternità non è mai stata il perno della mia esistenza. Un figlio non avrebbe mai potuto rendere indissolubili i legami di un matrimonio…[2]

Entra nel movimento rivoluzionario negli anni ’90 del XIX secolo partecipando ai movimenti studenteschi che sviluppano in quegli anni. Tra il 1898 e il 1903 studia a Zurigo Economia Politica. Dal 1903 è attiva nella socialdemocrazia pietroburghese. Si colloca al di fuori delle frazioni, anche se nel 1906 inizia a collaborare più intensamente con i menscevichi, considerando sbagliata la posizione bolscevica di boicottaggio della Prima Duma. 

Nel 1908 appartenevo all’ala dei menscevichi, essendovi costretta in seguito alla posizione presa dai bolscevichi nei confronti della Duma, uno pseudoparlamento convocato dallo Zar allo scopo di calmare gli spiriti turbolenti del tempo. Infatti insieme con i menscevichi sostenevo l’idea  che anche un parlamento formale  poteva e doveva essere sfruttato come tribuna per il nostro partito e le elezioni della Duma dovevano essere usate come strumento di coagulazione della classe operaia: tuttavia dissentivo dai menscevichi per quanto riguardava il coordinamento  delle forze operaie con i liberali che, secondo i menscevichi avrebbe potuto accelerare la caduta dell’assolutismo. Su questo punto infatti mi trovavo su posizioni di estrema sinistra, tanto che mi fu affibbiata l’etichetta di «sindacalista» dai miei stessi compagni di partito. 

Nello stesso periodo inizia ad approfondire il proprio impegno sulla questione della emancipazione e liberazione della donna pubblicando Gli elementi sociali della questione femminile  e lavorando alla costruzione della Prima Conferenza Panrussa delle donne lavoratrici nel 1908 [3]. Alla fine dello stesso anno emigra in Germania dove milita nel Partito Socialdemocratico e scrive sulla Pravda di Trotsky. Alla scuola di partito di Bologna diretta dai vperedisti (1911) tiene una lezione sulla evoluzione della famiglia (1911). Lavora intensamente per il giornale la Voce delle operaie (1913). È, sempre nello stesso periodo, anche redattrice di una proposta di legge sull’assistenza sociale della maternità da presentare alla Terza Duma.

Arrestata a Berlino allo scoppio della Prima guerra Mondiale, aderisce alle posizioni internazionaliste bolsceviche. Nel settembre del 1915  su invito del Partito Socialista Americano tiene una serie di Conferenze in 80 diverse città americane. Dal marzo 1917, allo scoppio della rivoluzione, è di nuovo a Pietrogrado, dove diventa immediatamente uno dei referenti, assieme a Šljapnikov, di Lenin in Russia.

In una prima lettera spedita proprio al massimo dirigente bolscevico la Kollontaj descrive così la situazione in Russia:

 

Caro Vladimir Ilic e cara Nadezda Kostantinovna,

È già una settimana che mi trovo nel vortice della «nuova Russia»,  ed ho chiare e forti impressioni, che ancora mi riservo di comunicarvi. Per questo, per ora, mi limito a fornirvi un punto di vista organicamente sintetico, riassuntivo.

Il popolo vive nell’ebbrezza di chi ha compiuto un grande gesto.

Dico popolo, perché in primo piano in questo momento non c’è la classe operaia, ma un’informe eterogenea massa, abbigliata con il cappotto del soldato. Ora gli umori sono dettati dai soldati, i soldati foggiano una loro particolare atmosfera, dove si intrecciano un’accesa e grande aspettativa per le libertà democratiche e un risveglio della consapevolezza per l’uguaglianza dei diritti, completamente incomprensibile in un così difficile momento come quello che viviamo. Nella febbricitante confusione, tra le speranze di creare, di costruire qualcosa di nuovo, di diverso da prima, echeggia molto forte l’accento di una solennità assorta, come se ciò che fosse stato necessario fare fosse stato fatto, fosse concluso.[4]

 

Arrestata nelle giornate del luglio 1917, la Kollontaj è quindi eletta nel Comitato Centrale del POSDR (b); diventa Commissario del Popolo per l’Assistenza Sociale nel Primo governo sovietico. In seguito tornerà con amarezza all’esperienza ministeriale. Fa capolino l’idea che la vecchia macchina statale non fosse mai stata veramente spezzata neppure dopo l’Ottobre 1917.

Rievocando i primi mesi del governo operaio, mesi che furono così ricchi di splendide illusioni, di programmi, di ardenti iniziative per migliorare la vita, per riorganizzare il mondo,mesi di vero romanticismo rivoluzionario, si vorrebbe in effetti scrivere di tutti gli altri…Fui  accolta dai vecchi addetti  al ministero non senza una certa resistenza. La maggior parte di loro ci sabotavano apertamente… [5]

Si dimetterà dalla carica di Commissario del Popolo nei giorni successivi alla firma della Pace di Brest-Litovsk, in solidarietà con l’opposizione buchariniana che era schierata per la guerra rivoluzionaria.  Successivamente approfondisce l’impegno non solo sulla questione delle donne (firma la risoluzione al Primo Congresso del Comintern su tale tema e scrive la relazione “La famiglia e lo Stato comunista”) ma anche sul piano politico più complessivo. Al X Congresso assieme a Šljapnikov è alla testa dell’Opposizione Operaia.

Di fronte ai segni evidenti di involuzione burocratica del regime l’Opposizione Operaia rivendica un ritorno al significato originario del potere sovietico contro la logica sostituzionista del gruppo dirigente bolscevico:

 

L’essenza delle tesi sottoscritte dai dirigenti del nostro partito sta tutta nella sfiducia nei confronti della classe operaia… Essi non credono che per mano degli operai, tecnicamente non istruiti…[i dirigenti del partito]seguono punti di vista diversi nell’indicare la ragione per cui non si deve affidare fin d’ora la gestione dell’industrie agli operai, ma tutti concordano tuttavia nell’affermare che proprio in questo momento la direzione della produzione deve essere condotta dall’alto, per mezzo di un sistema burocratico ereditato dal passato.[6]

Secondo la Kollontaj e gli oppositori, i sindacati devono giocare un ruolo centrale nello sviluppo della società russa e non devono essere semplicemente scuole di comunismo. Non devono essere i managers della “direzione individuale” o i tecnici a guidare il processo economico, ma gli operai in carne ed ossa.

Nessun specialista o tecnico, permeato dalla routine del sistema capitalista, sarà mai in grado di introdurre alcuna nuova forza creativa e alcuna innovazione, che dia un nuovo impulso  nel campo dell’organizzazione del lavoro, nella creazione e nella sistemazione dell’economia comunista. Questa funzione spetta al collettivo dei lavoratori.[7]

Malgrado le ingenuità e i limiti, l’Opposizione Operaia (assieme al gruppo dei Centralisti Democratici e al Gruppo Operaio di Gavril Mjasnikov) rappresenta la prima avvisaglia, la prima critica interna al PCR (b) del sistema burocratico. Tuttavia l’Opposizione Operaia non sarà in grado di cogliere le dimensioni dell’involuzione del partito quando non si batterà contro la repressione dei soviet di Kronstadt.

Dopo la sconfitta delle opposizioni e il bando delle frazioni che viene introdotto nel partito steso al termine del X Congresso, inizia il ripiegamento della Kollontaj verso la vita privata e lidi politici che la mettano al riparo del pericolo di repressione. Dal 1923 si ritira di fatto dalla politica attiva e intraprende la carriera diplomatica. Nel 1927, ormai disillusa e capitolata allo stalinismo, denuncia l’Opposizione di Sinistra.  La carriera diplomatica la porta ad essere Rappresentante Diplomatica per l’URSS prima in Messico, poi in Norvegia e quindi in Svezia. Tra il 1923 e il 1927 si cimenta nella letteratura scrivendo novelle e romanzi raccolti poi in tre volumi. Fa parte anche della delegazione sovietica alla Società delle Nazioni. Va in pensione nel 1945 e muore a Mosca nel 1952.

Le “velleità” letterarie della Kollontaj sono da ricondurre a due periodi della sua esistenza. La raccolta di novelle Ljubov pcel trudovych (L’amore delle api operaie) del 1923 quando si è stabilita in Norvegia, e al periodo di residenza in Messico (1927) quando pubblica sia Vassilissa Mal’gina che Bolš’aja Ljubov’ (Grande amore), entrambi editi dalla casa editrice Povest’.

Vassilissa Mal’gina fu pubblicato in italiano per la prima volta dalla Savelli nel 1978 con il titolo di Vassilissa. Sempre in italiano di Aleksandra Kollontaj è stata pubblicato nel lontano 1962 la piattaforma dell’Opposizione Operaia (Azione Comune, Milano, 1962); in seguito  sono state date alle stampe le raccolte di scritti sulla questione sessuale e famigliare Vivere la rivoluzione (Rizzoli, Milano, 1979) e Comunismo, famiglia, morale sessuale  (Savelli, Roma, 1976) e infine l’Autobiografia (a cura di Iring Fetscher, Feltrinelli, Milano, 1975).  

 

 

     


 

[1] L’autobiografia venne pubblicata in Germania con il titolo ammiccante di “Autobiografia di una comunista sessualmente emancipata”. Anche se il canovaccio biografico segue in linea di massima quello più ridotto scritto per l’enciclopedia Granat di Mosca, non si possono non notare importanti differenze tra i due testi, probabilmente dovute alla necessità editoriali di rendere il testo tedesco più radicalmente emancipativo. L’autobiografia, prima di andare in stampa venne pesantemente corretta dalla stessa Kollontaj che ormai fiutava che il vento soffiava in poppa a Stalin.

[2] Aleksandra Kollontaj Autobiografia (a cura di Iring Fetscher) (Feltrinelli, Milano, 1975) p. 29

[3] Nell’autobiografia tedesca già citata curiosamente la Kollontaj fa riferimento al suffraggetismo russo (il riferimento verrà poi cancellato nella redazione finale del testo).

[4] Lettera di A.M. Kollontaj a V.I. Lenin  e N.K. Krupskaja in Svizzera. Christiania (4) 17 marzo 1917.

[5] Aleksandra Kollontaj Autobiografia (a cura di Iring Fetscher) (Feltrinelli, Milano, 1975) p. 53

[6] Piattaforma dell’Opposizione operaia in Russia in Aleksandra Kollontaj Comunismo, famiglia  morale sessuale (Savelli,Roma, 1976) pp. 222-223.

[7] Piattaforma dell’Opposizione operaia in Russia in Aleksandra Kollontaj Comunismo, famiglia  morale sessuale (Savelli,Roma, 1976) p. 235.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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