Ultimo Aggiornamento : 10-09-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobiltà e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
 
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Roma-Nassirya: viaggio di sola andata

 

Viviamo in tempi davvero bui. Carabinieri spediti in Iraq per difendere gli interessi dell’imperialismo italiano e morti in un attentato da parte di gruppi della resistenza irachena diventano – grazie a una potente campagna mass-mediatica orchestrata direttamente dagli apparati dello Stato borghese italiano - degli eroi da innalzare ad esempio civico e morale. Sì perché il carabiniere “caduto” ci viene mostrato come il vicino della porta accanto con i nostri stessi sogni, affetti, problemi. Ci identifichiamo nelle pene dei fratelli, delle mogli, dei figli. Ingrati gli iracheni, bastardi i terroristi. Davvero baro il destino: bene scambiato per male, aiuti per bombe.

Dall’Algeria degli anni ’50 quando tutti i partiti francesi dalla destra alla sinistra esecravano i terroristi e magnificavano il ruolo civilizzatore del colonialismo tricolore portatore di lumi e laicità non è cambiato nulla. Eccoli lì tutti in fila i nostri politicanti da Bertinotti a Rauti ad innalzare proclami contro i terroristi e cordoglio per le vittime, anzi per gli eroi, italiani. Guitti di un baraccone che conosce solo un motto: “stai nella corrente e cerca di raccattare più consensi possibili”. Se non sapevate cosa sia una Union Sacreè, beh!, ora ne avete un discreto esempio.

La verità è che nelle cittadelle dell’imperialismo si vive una vita ottusa, piegata  a coltivare il proprio privato orticello, a osservare il proprio ombelico, facendo i conti settimanali con quanto manca alla  tredicesima, con l’indignazione per il rigore non dato, con il collega d’ufficio che ti vuole soffiare la promozione. Sono i milioni di persone che sentono la vita diventare sempre più insicura, fragile, noiosa, insensata a cercare il nemico nello straniero purulento, nel terrorista arabo, nello zingaro ruba-bambini, nel brigatista dagli occhi di ghiaccio. Non si chiedono se questo abbiamo qualcosa a che fare con il sistema (a)sociale in cui vivono, con il fatto di essere merci che cannibalizzano altre merci, con il fatto di essere investiti di quotidiani bombardamenti di idiozie che gli riempiono gli occhi, le orecchie, che gli entrano sottopelle.

Tuttavia le tragedie individuali e sociali sono sommamente importanti: se da una parte spingono la massa nella corrente fanno aprire gli occhi ai pochi individui che non vogliono gettare il cervello all’ammasso;  se esse schiacciano o demoralizzano i più deboli, temprano chi non si vuol piegare.

I morti non sono tutti eguali. Ogni giorno si muore in Iraq per le azioni di rastrellamento delle truppe alleate. Migliaia di persone muoiono in tutto il mondo per mancanza di cibo, di acqua, a causa di un’organizzazione sociale del mondo reazionaria e disumana chiamata capitalismo. Centinaia di operai da Pechino a Bombay fino Bergamo, perdono la vita per “incidenti sul lavoro” ogni giorno che cade sulla terra per riempire le tasche di padroni e managers che non hanno altro scrupolo che non sia quello di aumentare i dividendi delle loro aziende.

Se i morti non sono tutti uguali non versiamo neppure una lacrima per i carabinieri anche se per chiunque abbia finito la propria corsa non ci può essere né odio, né scherno, né giubilo. Ma per coloro che utilizzano i morti per i loro sporchi giochi politici ed economici, per questi avvoltoi non ci può essere che disprezzo.

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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