Viviamo in tempi davvero bui. Carabinieri spediti in Iraq
per difendere gli interessi dell’imperialismo italiano e morti in un attentato
da parte di gruppi della resistenza irachena diventano – grazie a una potente
campagna mass-mediatica orchestrata direttamente dagli apparati dello Stato
borghese italiano - degli eroi da innalzare ad esempio civico e morale. Sì
perché il carabiniere “caduto” ci viene mostrato come il vicino della porta
accanto con i nostri stessi sogni, affetti, problemi. Ci identifichiamo nelle
pene dei fratelli, delle mogli, dei figli. Ingrati gli iracheni, bastardi i
terroristi. Davvero baro il destino: bene scambiato per male, aiuti per bombe.
Dall’Algeria degli anni ’50 quando tutti i partiti francesi
dalla destra alla sinistra esecravano i terroristi e magnificavano il ruolo
civilizzatore del colonialismo tricolore portatore di lumi e laicità non è
cambiato nulla. Eccoli lì tutti in fila i nostri politicanti da Bertinotti a
Rauti ad innalzare proclami contro i terroristi e cordoglio per le vittime, anzi
per gli eroi, italiani. Guitti di un baraccone che conosce solo un motto: “stai
nella corrente e cerca di raccattare più consensi possibili”. Se non sapevate
cosa sia una Union Sacreè, beh!, ora ne avete un discreto esempio.
La verità è che nelle cittadelle dell’imperialismo si vive
una vita ottusa, piegata a coltivare il proprio privato orticello, a osservare
il proprio ombelico, facendo i conti settimanali con quanto manca alla
tredicesima, con l’indignazione per il rigore non dato, con il collega d’ufficio
che ti vuole soffiare la promozione. Sono i milioni di persone che sentono la
vita diventare sempre più insicura, fragile, noiosa, insensata a cercare il
nemico nello straniero purulento, nel terrorista arabo, nello zingaro
ruba-bambini, nel brigatista dagli occhi di ghiaccio. Non si chiedono se questo
abbiamo qualcosa a che fare con il sistema (a)sociale in cui vivono, con il
fatto di essere merci che cannibalizzano altre merci, con il fatto di essere
investiti di quotidiani bombardamenti di idiozie che gli riempiono gli occhi, le
orecchie, che gli entrano sottopelle.
Tuttavia le tragedie individuali e sociali sono sommamente
importanti: se da una parte spingono la massa nella corrente fanno aprire gli
occhi ai pochi individui che non vogliono gettare il cervello all’ammasso; se
esse schiacciano o demoralizzano i più deboli, temprano chi non si vuol piegare.
I morti non sono tutti eguali. Ogni giorno si muore in Iraq
per le azioni di rastrellamento delle truppe alleate. Migliaia di persone
muoiono in tutto il mondo per mancanza di cibo, di acqua, a causa di
un’organizzazione sociale del mondo reazionaria e disumana chiamata capitalismo.
Centinaia di operai da Pechino a Bombay fino Bergamo, perdono la vita per
“incidenti sul lavoro” ogni giorno che cade sulla terra per riempire le tasche
di padroni e managers che non hanno altro scrupolo che non sia quello di
aumentare i dividendi delle loro aziende.
Se i morti non sono tutti uguali non versiamo neppure una
lacrima per i carabinieri anche se per chiunque abbia finito la propria corsa
non ci può essere né odio, né scherno, né giubilo. Ma per coloro che utilizzano
i morti per i loro sporchi giochi politici ed economici, per questi avvoltoi non
ci può essere che disprezzo.
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