(PROGRAMMA
DI TRANSIZIONE)
LE PREMESSE
OGGETTIVE DELLA RIVOLUZIONE SOCIALISTA
La situazione
politica mondiale è caratterizzata innanzi tutto dalla crisi storica della
direzione del proletariato.
Le premesse
economiche della rivoluzione proletaria hanno già raggiunto da tempo il punto
più alto raggiungibile in regime capitalista. Le forze produttive dell'umanità
non crescono più. Le nuove invenzioni e i nuovi progressi tecnici non portano
a un incremento delle ricchezze materiali. Le crisi congiunturali, nelle
condizioni di crisi sociale di tutto il sistema capitalista, determinano per
le masse privazioni e sofferenze sempre più grandi. La disoccupazione
crescente, a sua volta, approfondisce la crisi finanziaria dello Stato e mina
i sistemi monetari sconvolti.
I governi
-tanto quelli democratici come quelli fascisti- passano da una bancarotta
all'altra.
La borghesia
stessa non vede nessuna via d'uscita. Nei Paesi in cui si è vista costretta a
puntare sulla carta del fascismo, si avvia ora a occhi chiusi verso la
catastrofe economica e militare. Nei Paesi storicamente privilegiati, cioè
quelli in cui può ancora permettersi, per un certo tempo, il lusso della
democrazia a spese dell'accumulazione nazionale precedente (Gran Bretagna,
Francia, Stati Uniti, ecc.), tutti i partiti tradizionali del capitale si
trovano in una situazione di confusione che confina, a volte, con una paralisi
della volontà. Il New Deal, nonostante la decisione ostentata nella
prima fase, non è che una forma particolare di confusione, possibile in un
Paese in cui la borghesia ha potuto accumulare ricchezze senza numero. La
crisi attuale, che è ben lungi dall'essersi sviluppata sino in fondo, ha già
dimostrato che la politica di New Deal negli Stati Uniti - al pari
della politica di fronte popolare in Francia - non risolve minimamente l'impasse
economica.
Il quadro delle
relazioni internazionali non è migliore. Sotto la pressione crescente del
declino del capitalismo, gli antagonismi imperialistici hanno raggiunto il
limite al di là del quale e conflitti settoriali e esplosioni sanguinose
locali (Etiopia, Spagna, Estremo Oriente, Europa Centrale) devono sfociare
inevitabilmente in una conflagrazione di portata mondiale. Certo, la borghesia
si rende conto del pericolo mortale che una nuova guerra costituisce per la
sua dominazione. Ma ora è ancor più incapace di evitarla di quanto lo fosse
alla vigilia del 1914.
Tutte le
chiacchiere secondo cui le condizioni storiche non sarebbero ancora "mature"
per il socialismo, non sono che il prodotto dell'ignoranza o di una deliberata
mistificazione. Le premesse oggettive della rivoluzione proletaria non solo
sono mature, ma hanno addirittura cominciato a marcire. Senza una rivoluzione
socialista - e nella prossima fase storica - una catastrofe minaccia tutta la
civiltà umana. Tutto dipende dal proletariato, cioè fondamentalmente, dalla
sua avanguardia rivoluzionaria. La crisi storica dell'umanità si riduce alla
crisi della direzione rivoluzionaria.
IL PROLETARIATO E LA
SUA DIREZIONE
L'economia, lo
Stato, la politica della borghesia e i suoi rapporti internazionali sono
intaccati profondamente da una crisi sociale, caratteristica di una situazione
pre-rivoluzionaria della società. Il principale ostacolo sulla via della
trasformazione della situazione pre-rivoluzionaria in una situazione
rivoluzionaria, è il carattere opportunista della direzione proletaria, la sua
codardia piccolo-borghese di fronte alla grande borghesia, il legame
proditorio che mantiene con quest'ultima anche nella sua agonia.
In tutti i
Paesi il proletariato è in preda a una profonda inquietudine. Masse di milioni
di uomini si sono incamminati a più riprese sulla via rivoluzionaria. Ma ogni
volta si sono scontrati con i loro apparati burocratici conservatori. Il
proletariato spagnolo, dall'Aprile 1934, ha compiuto una serie di eroici
tentativi per prendere in mano il potere e la guida della società. Ma i suoi
stessi partiti -socialdemocratici, staliniani, anarchici e POUM, ciascuno a
suo modo - hanno sostenuto una funzione di freno preparando così la vittoria
di Franco. In Francia, la poderosa ondata di scioperi con occupazioni di
fabbriche, specialmente nel Giugno 1936, ha dimostrato che il proletariato era
pienamente disposto a rovesciare il sistema capitalista. Ma le organizzazioni
egemoni - socialisti, staliniani e sindacalisti - sono riuscite, sotto
l'insegna dei fronti popolari, a canalizzare e ad arrestare, almeno
temporaneamente, il torrente rivoluzionario. L'ondata senza precedenti di
scioperi con occupazioni di fabbriche e lo sviluppo prodigiosamente rapido dei
sindacati d'industria negli Stati Uniti (C.I.O.) sono l'espressione più
incontestabile dell'aspirazione istintiva degli operai americani a portarsi al
livello dei compiti che la storia pone dinanzi a loro. Ma anche qui le
organizzazioni egemoni, compreso il C.I.O. di recente costituzione, fanno
tutto il possibile per contenere e paralizzare l'offensiva rivoluzionaria
delle masse.
Il passaggio
definitivo dell'Internazionale comunista dalla parte dell'ordine borghese, il
suo ruolo cinicamente controrivoluzionario nel mondo intero, e particolarmente
in Spagna, in Francia, negli Stati Uniti e negli altri paesi "democratici" ha
creato enormi difficoltà supplementari per il proletariato mondiale. Sotto il
segno della rivoluzione d'Ottobre, la Politica conciliatrice dei "fronti
Popolari" condanna la classe operaia all'impotenza e apre la strada al
fascismo.
I "fronti
popolari" da una parte e il fascismo dall'altra sono le ultime risorse
politiche dell'imperialismo nella lotta contro la rivoluzione proletaria. Dal
punto di vista storico, tuttavia, non sono che surrogati. La putrefazione del
capitalismo continua sia sotto il segno del berretto frigio in Francia sia
sotto il segno della svastica in Germania. Soltanto il rovesciamento della
borghesia può offrire una via d'uscita.
L'orientamento
della masse è determinato da un lato dalle condizioni oggettive del
capitalismo in putrefazione, dall'altro dalla politica di tradimento delle
vecchie organizzazioni operaie. Di questi fattori il primo è, naturalmente,
quello decisivo: le leggi della storia sono più potenti degli apparati
burocratici. Qualunque siano i metodi differenziati usati dai social-traditori
- dalla legislazione "sociale" di Blum alle falsificazioni processuali di
Stalin -, costoro non riusciranno a spezzare la volontà rivoluzionaria del
proletariato. I loro sforzi disperati per arrestare la ruota della storia
dimostreranno sempre di più alle masse che la crisi di direzione del
proletariato, che è divenuta la crisi della civiltà umana, non potrà essere
risolta che dalla IVa Internazionale.
PROGRAMMA MINIMO E
PROGRAMMA DI TRANSIZIONE
Il compito
storico della prossima fase - fase pre-rivoluzionaria di agitazione, di
propaganda e di organizzazione - consiste nel superare la contraddizione tra
la maturità delle condizioni oggettive della rivoluzione e l'immaturità del
proletariato e della sua avanguardia (smarrimento e demoralizzazione della
vecchia generazione, inesperienza della nuova). Bisogna aiutare le masse a
trovare, nel processo della loro lotta quotidiana, il ponte tra le
rivendicazioni attuali e il programma della rivoluzione socialista. Questo
ponte deve consistere in un sistema di rivendicazioni transitorie che
partano dalle condizioni attuali e dal livello di coscienza attuale di larghi
strati della classe operaia e portino invariabilmente a una sola conclusione :
la conquista del potere da parte del proletariato.
La
socialdemocrazia classica, che si è sviluppata all'epoca del capitalismo
ascendente, divideva il suo programma in due parti : il programma minimo, che
si limitava a riforme nel quadro della società borghese, e il programma
massimo, che prometteva la sostituzione del capitalismo con il socialismo in
un futuro non definito. Tra programma minimo e programma massimo non esisteva
nessun ponte. La socialdemocrazia non ne aveva bisogno in quanto di
socialismo parlava solo nei giorni di festa.
L'Internazionale comunista ha imboccato la strada della socialdemocrazia
nell'epoca del capitalismo in putrefazione, in un momento in cui non è più
questione di riforme sociali sistematiche, né di miglioramenti del livello di
vita delle masse, in un momento in cui la borghesia riprende ogni volta con la
mano destra il doppio di quello che ha dato con la sinistra (tasse, diritti
doganali, inflazione, "deflazione", carovita, disoccupazione, misure
poliziesche contro gli scioperi, ecc.), in un momento in cui ogni seria
rivendicazione della piccola borghesia conduce inevitabilmente al di là dei
confini della proprietà capitalistica e dello Stato borghese.
Il compito
strategico della IVa Internazionale non consiste nel riformare il
capitalismo, bensì nel rovesciarlo. Il suo fine politico è la conquista del
potere da parte del proletariato per assicurare l'espropriazione della
borghesia. Ma l'assolvimento di questo compito strategico è impensabile senza
la massima attenzione per tutte le questioni di tattica, anche minute e
parziali. Tutti i settori del proletariato, tutti i suoi strati, le sue
categorie e i suoi gruppi devono essere trascinati nel movimento
rivoluzionario. Quello che contraddistingue l'epoca attuale non è un
affrancamento del partito rivoluzionario dal prosaico lavoro di tutti i
giorni, ma il fatto che questa lotta può essere condotta in connessione
indissolubile con i compiti della rivoluzione.
La IVa,
Internazionale non respinge le rivendicazioni del vecchio programma "minimo"
nella misura in cui conservino tuttora una qualche vitalità. Difende
instancabilmente i diritti democratici degli operai e le loro conquiste
sociali. Ma sviluppa questo lavoro di tutti i giorni nel quadro di una
prospettiva corretta, reale, cioè rivoluzionaria. Nella misura in cui le
rivendicazioni parziali "minime" degli operai si scontrano con le tendenze
disgregativi e distruttrici del capitalismo decadente - e ciò avviene a ogni
istante - la IVa Internazionale avanza un complesso di
rivendicazioni transitorie, il cui senso è di essere dirette sempre più
apertamente e decisamente contro le basi stesse del regime borghese. Il
vecchio "programma minimo" è costantemente superato dal programma transitorio,
che ha come funzione una mobilitazione sistematica delle masse per la
rivoluzione proletaria.
SCALA MOBILE DEI SALARI
E SCALA MOBILE DELLE
ORE DI LAVORO
Nelle
condizioni del capitalismo in decomposizione le masse continuano a vivere la
grigia vita quotidiana degli oppressi che, ora più che mai, sono minacciati
dal pericolo di precipitare nell'abisso della miseria. Sono costrette a
difendere il loro pezzo di pane, quando non possono accrescerlo o migliorarlo.
Non è possibile né necessario elencare qui le varie rivendicazioni parziali
che sorgono ogni volta dalle condizioni concrete, nazionali o locali o
settoriali. Ma due mali economici fondamentali, che sono l'espressione
sintetica dell'assurdità crescente del sistema capitalista, cioè la
disoccupazione e il carovita, esigono parole d'ordine e metodi di lotta
generalizzati.
La IVa
Internazionale dichiara implacabilmente guerra alla politica dei capitalisti -
in misura considerevole la stessa dei loro agenti riformisti - tendente a far
ricadere sulle spalle dei lavoratori tutto il fardello del militarismo, della
crisi, del disordine dei sistemi monetari e di altri mali dell'agonia del
capitalismo. Rivendica lavoro e condizioni di vita decenti per tutti.
Né l'inflazione
monetaria né la stabilizzazione possono servire da parola d'ordine per il
proletariato : sono le due estremità dello stesso bastone. Contro il carovita,
che con l'approssimarsi della guerra assumerà un carattere sempre più
incontrollato, si può lottare solo con la parola d'ordine della scala
mobile dei salari. I contratti collettivi devono assicurare l'aumento
automatico dei salari in correlazione agli aumenti dei prezzi degli articoli
di consumo.
Se vuole
evitare la propria disgregazione, il proletariato non può tollerare la
trasformazione di una parte crescente degli operai in disoccupati cronici, in
miserabili nutriti dalle briciole di una società in decomposizione. Il diritto
al lavoro è il solo diritto serio che rimanga all'operaio in una società
basata sullo sfruttamento. Ma questo diritto gli è strappato ad ogni istante.
Contro la disoccupazione sia strutturale sia congiunturale, è tempo di
lanciare la parola d'ordine della scala mobile delle ore di lavoro. I
sindacati e le altre organizzazioni di massa devono unire coloro che hanno
lavoro e coloro che non lo hanno in un impegno di reciproca solidarietà.
Il lavoro che
c'è deve essere suddiviso tra tutti gli operai e su questa base sarà definita
la durata della settimana lavorativa. Il salario di ogni operaio deve restare
lo stesso della vecchia settimana lavorativa. I salari, con un minimo
rigorosamente garantito, dovranno seguire il movimento dei prezzi. Nessun
altro programma può essere accettato per l'attuale periodo di catastrofi. I
proprietari e i loro avvocati dimostreranno che queste rivendicazioni sono
"irrealizzabili". I capitalisti minori, soprattutto coloro che stanno andando
alla rovina, invocheranno i loro bilanci. Gli operai dovranno respingere
categoricamente questi argomenti e questi riferimenti. Non si tratta di uno
scontro "normale" tra opposti interessi materiali. Si tratta di difendere il
proletariato dalla decadenza, dalla demoralizzazione e dalla rovina. Si tratta
di una questione di vita o di morte per la sola classe progressiva e quindi
dello stesso avvenire dell'umanità. Se il capitalismo è incapace di soddisfare
le rivendicazioni che derivano inevitabilmente dai mali che esso stesso ha
generato, non gli resta che perire. La "possibilità" o l' "impossibilità" di
soddisfare queste rivendicazioni è, nel caso concreto, una questione di
rapporti di forza che può essere risolta solo con la lotta. Sulla base di
questa lotta, quali che siano i successi pratici immediati, gli operai
comprenderanno nel modo migliore la necessità di liquidare la schiavitù
capitalista.
I SINDACATI NELL'EPOCA
DI TRANSIZIONE
Nella lotta per
le rivendicazioni parziali e transitorie, gli operai hanno attualmente più che
mai bisogno di organizzazioni di massa, in primo luogo dei sindacati. La
potente ascesa dei sindacati in Francia e negli Stati Uniti costituisce la
migliore risposta ai teorizzatori estremisti della passività che avevano
affermato che i sindacati "avevano fatto il loro tempo".
I bolscevichi
leninisti si trovano in prima fila in ogni forma di lotta, anche nel caso che
si tratti degli interessi materiali o dei diritti democratici più modesti
della classe operaia. Essi prendono parte attiva alla vita dei sindacati di
massa, preoccupandosi di rafforzarli e di accrescerne lo spirito combattivo.
Lottano implacabilmente contro ogni tentativo di sottomettere i sindacati allo
Stato borghese e di legare il proletariato con "l'arbitrato obbligatorio" e
con tutte le altre forme di intervento poliziesco non solo fasciste ma anche
"democratiche". E' solo sulla base di tale lavoro che è possibile lottare con
successo all'interno dei sindacati contro la burocrazia riformista, compresa
quella stalinista. I tentativi settari di costruire e di mantenere piccoli
sindacati "rivoluzionari" come una seconda edizione del partito, implicano, in
realtà, una rinuncia alla lotta per la direzione della classe operaia.
Bisogna, a tale proposito, affermare un principio incrollabile : l'autoisolamento
capitolardo al di fuori dei sindacati di massa, che equivale al tradimento
della rivoluzione, è incompatibile con l'appartenenza alla IVa
Internazionale. Nello stesso tempo, la IVa Internazionale rifiuta e
condanna risolutamente ogni feticismo dei sindacati, tipico sia dei
trade-unionisti sia dei sindacalisti.
a) I sindacati
non hanno e, dati i loro scopi, la loro composizione e la natura del loro
reclutamento, non possono avere un organico programma rivoluzionario; ed è per
questo che non possono sostituire il partito. La costruzione di partiti
rivoluzionari nazionali, sezioni della IVa Internazionale, è il
compito centrale dell'epoca di transizione.
b) I sindacati,
anche i più potenti, non abbracciano più del 20-25 per cento della classe
operaia e, per di più, i suoi strati già qualificati e meglio retribuiti. La
maggioranza più oppressa della classe operaia non è trascinata nella lotta se
non episodicamente, nei periodi di eccezionale slancio del movimento operaio.
In tali momenti, è necessario creare organizzazioni specifiche che comprendano
tutta la massa in lotta : i comitati di sciopero, i comitati di fabbrica,
e infine i soviet.
c) In quanto
organizzazione degli strati superiori del proletariato i sindacati, come è
provato da tutte le esperienze storiche, compresa quella assai recente dei
sindacati anarco-sindacalisti in Spagna, sviluppano forti tendenze alla
conciliazione con il regime democratico-borghese. Nei periodi di acuta lotta
di classe gli apparati dirigenti dei sindacati si sforzano di impadronirsi del
movimento delle masse per addomesticarlo. Ciò si verifica già in occasione di
scioperi, soprattutto di scioperi di massa, con occupazioni di fabbrica che
scuotono i principi della proprietà borghese. In tempo di guerra, o di
rivoluzione, quando la situazione della borghesia diventa particolarmente
difficile, i capi dei sindacati diventano di solito ministri borghesi.
Perciò le
sezioni della IVa Internazionale devono costantemente sforzarsi non
solo di rinnovare l'apparato dei sindacati proponendo coraggiosamente e
decisamente nuovi dirigenti pronti alla lotta al posto dei funzionari
carrieristi abitudinari, ma anche di creare, in tutti i casi in cui sia
possibile, organizzazioni autonome di lotta che meglio rispondano ai compiti
della lotta di massa contro la società borghese, senza esitare, se necessario,
a giungere alla rottura aperta con l'apparato conservatore dei sindacati.
Se è criminoso
voltare le spalle alle organizzazioni di massa per accontentarsi di finzioni
settarie, non è meno criminoso tollerare passivamente la subordinazione del
movimento rivoluzionario delle masse al controllo delle cricche burocratiche
apertamente reazionarie o conservatrici mascherate ("progressiste").
Il sindacato
non è fine a se stesso, ma soltanto uno degli strumenti da utilizzare nella
marcia verso la rivoluzione proletaria.
I COMITATI DI FABBRICA
Il movimento
operaio dell'epoca di transizione non ha uno sviluppo regolare ed omogeneo, ma
febbrile ed esplosivo.
Le parole
d'ordine, come le forme organizzative, devono essere subordinate a questo
carattere del movimento. Rifiutando la routine come la peste, la
direzione deve prestare la massima attenzione all'iniziativa delle masse. Gli
scioperi con occupazione di fabbrica escono dai limiti del regime
capitalistico normale. Indipendentemente dalle rivendicazioni degli
scioperanti, l'occupazione temporanea delle fabbriche colpisce l'idolo della
proprietà capitalistica.
Ogni sciopero
con occupazione pone praticamente l'interrogativo : chi comanda nella
fabbrica, il capitalista o gli operai ? Se l'occupazione pone questo
interrogativo episodicamente, il comitato di fabbrica ne costituisce
l'espressione organizzata. Eletto da tutti gli operai e da tutti gli impiegati
dell'azienda, il comitato di fabbrica crea di colpo un contrappeso alla
volontà della direzione.
Alla critica
riformista dei padroni di antico stampo, i cosiddetti "padroni per diritto
divino" tipo Ford, diversi dai "buoni" sfruttatori "democratici",
contrapponiamo la parola d'ordine dei comitati di fabbrica come centri di
lotta contro gli uni e gli altri.
I burocrati dei
sindacati si oppongono, come regola generale, alla creazione dei comitati,
allo stesso modo che si oppongono ad ogni audace passo sulla via della
mobilitazione delle masse. Sarà, tuttavia, tanto più facile spezzare la loro
opposizione quanto più ampio sarà il movimento.
Dove gli operai
dell'azienda già in periodi "calmi" sono tutti organizzati nel sindacato (closed
shop), il comitato coinciderà formalmente con l'organo del sindacato, ma
ne sarà mutata la composizione e ne saranno estese le funzioni. Tuttavia, il
principale significato dei comitati è di diventare gli stati maggiori di
quegli strati operai che il sindacato non è capace, in generale, di
raggiungere. D'altra parte è precisamente dagli strati più sfruttati che
usciranno i distaccamenti più fedeli della rivoluzione.
Non appena
compare il comitato nella fabbrica, si stabilisce, di fatto, un dualismo di
potere. Per la sua stessa natura, tale dualismo è transitorio, in quanto
racchiude in sé due regimi inconciliabili : il regime capitalista e quello
proletario. Che la propaganda per i comitati di fabbrica non sia né prematura
né artificiosa, è testimoniato nel migliore dei modi dall'ondata di
occupazioni di fabbrica che si è manifestata in un certo numero di paesi.
Nuove ondate di
questo tipo sono inevitabili in un prossimo avvenire. E' necessario aprire per
tempo una campagna in favore dei comitati di fabbrica per non trovarsi presi
alla sprovvista.
IL "SEGRETO
COMMERCIALE" E IL CONTROLLO OPERAIO
Il capitalismo
liberale, basato sulla concorrenza e sulla libertà di commercio, è scomparso
ormai da lunga data. Il capitalismo monopolistico che lo ha sostituito, non
solo non ha ridotto l'anarchia del mercato, ma le ha impresso un carattere
particolarmente convulso. La necessità di un "controllo" sull'economia, di una
"direzione" da parte dello Stato, di una "pianificazione", è ora riconosciuta
- almeno a parole - da quasi tutte le tendenze del pensiero borghese e
piccolo-borghese, dal fascismo alla socialdemocrazia. Da parte dei fascisti,
si tratta soprattutto di un saccheggio "pianificato" del popolo a fini
militari. Quanto ai socialdemocratici, cercano di vuotare l'oceano
dell'anarchia con il cucchiaio di una "pianificazione" burocratica. Gli
ingegneri e i professori cercano di diventare tecnocratici. I governi
democratici, nei loro timidi tentativi di regolamentazione, si scontrano con
il sabotaggio insormontabile del grande capitale.
Il vero
rapporto fra sfruttatori e "controllori" democratici è espresso nel modo
migliore dal fatto che i signori "riformatori", colti da una sacra emozione,
si arrestano alla soglia dei trust, dei loro "segreti" commerciali e
industriali. Qui regna il principio del "non-intervento". I conti tra il
singolo capitalista e la società costituiscono un segreto del capitalista : la
società non deve metterci il naso. Il "segreto" commerciale è sempre
giustificato, come ai tempi del capitalismo liberale, con l'argomento delle
esigenze della concorrenza. Di fatto i trust non hanno segreti tra loro. Il
segreto commerciale dell'epoca attuale è un continuo complotto del capitalismo
monopolista contro la società. I progetti di limitazione dell'assolutismo dei
"padroni per diritto divino" non sono che miserabili farse sinché i
proprietari privati dei mezzi di produzione possono nascondere ai produttori e
ai consumatori il meccanismo dello sfruttamento, del saccheggio, dell'inganno.
L'abolizione del "segreto commerciale" è il primo passo verso un effettivo
controllo sull'industria.
Gli operai non
hanno meno diritto dei capitalisti di conoscere i "segreti" dell'azienda, del
trust, del settore industriale, di tutta l'economia nazionale. Le banche,
l'industria pesante e i trasporti centralizzati devono essere posti sotto
controllo prioritariamente. I primi obiettivi del controllo operaio consistono
nel chiarire quali siano i redditi e le spese della società, cominciando dalla
singola azienda ; nel determinare la parte del singolo capitalista e dei
capitalisti complessivamente nel reddito nazionale ; nello svelare gli
intrighi di corridoio e le truffe delle banche e dei trust ; nel denunciare,
infine, dinnanzi alla società intera lo spaventoso sperpero di lavoro umano
che è il risultato dell'anarchia capitalista e della pura caccia al profitto.
Nessun
funzionario di uno Stato borghese può portare a buon termine un simile lavoro,
quali che siano i poteri di cui è investito. Il mondo intero ha constatato
l'impotenza del presidente Roosevelt e del primo ministro Léon Blum di fronte
al complotto delle "60" e delle "200 famiglie". Per spezzare la resistenza
degli sfruttatori, occorre la pressione del proletariato. I comitati di
fabbrica e solo i comitati di fabbrica possono assicurare un effettivo
controllo sulla produzione, facendo appello agli specialisti onesti e legati
al popolo, a contabili, studiosi di statistica, ingegneri, scienziati, ecc.
come consiglieri e non come "tecnocrati".
In particolare
la lotta contro la disoccupazione è inconcepibile senza una organizzazione
vasta e audace di grandi opere pubbliche. Ma le opere pubbliche possono
avere un carattere duraturo e progressivo sia per la società sia per i
disoccupati solo se fanno parte di un piano generale, concepito per un certo
numero di anni. Nel quadro di un simile piano, gli operai dovranno rivendicare
la ripresa del lavoro nell'interesse della società nelle aziende private
chiuse in seguito alla crisi. Il controllo operaio, in questi casi, dovrà far
posto a una gestione diretta da parte degli operai.
L'elaborazione
di un piano economico, per elementare che sia, dal punto di vista degli
interessi dei lavoratori e non di quelli degli sfruttatori, è inconcepibile
senza controllo operaio, senza che gli operai possano individuare tutte le
molle visibili o nascoste dell'economia capitalista. I comitati delle varie
aziende devono eleggere, in speciali conferenze, comitati di trust, infine di
tutta l'industria nazionale. Così il controllo operaio diverrà la scuola
dell'economia pianificata. Con l'esperienza del controllo operaio il
proletariato si preparerà a dirigere direttamente l'industria nazionalizzata
quando sarà giunto il momento.
Ai capitalisti,
soprattutto di piccola o media taglia, che talvolta fanno essi stessi la
proposta di aprire i libri contabili dinnanzi agli operai - soprattutto per
dimostrare la necessità di diminuire i salari - gli operai risponderanno che
quello che li interessa non è la contabilità di singoli bancarottieri o
semibancarottieri, ma la contabilità di tutti gli sfruttatori. Gli operai non
possono né vogliono adattare il loro livello di vita agli interessi di singoli
capitalisti divenuti vittime del loro stesso sistema. L'obiettivo è la
ricostruzione dell'intero sistema di produzione e di distribuzione sulla base
di principi più razionali e più degni. Se l'abolizione del segreto commerciale
è la condizione necessaria del controllo operaio, il controllo è il primo
passo sulla via di una direzione socialista dell'economia.
L'ESPROPRIAZIONE DI
GRUPPI CAPITALISTICI
Il programma
socialista dell'espropriazione, cioè del rovesciamento politico della
borghesia e della liquidazione della sua dominazione economica, non deve,
nell'attuale fase di transizione, ostacolare in alcun modo, con un pretesto o
con un altro, la rivendicazione dell'espropriazione di certi settori
d'industria tra i più importanti della vita nazionale o di certi gruppi della
borghesia tra i più parassitari.
Così alle
prediche piagnucolose dei signori democratici sulla dittatura delle 60
famiglie negli Stati Uniti o delle 200 famiglie in Francia contrapponiamo la
rivendicazione dell'espropriazione di questi 60 o 200 feudatari capitalisti.
Allo stesso
modo rivendichiamo l'espropriazione delle compagnie monopolistiche
dell'industria bellica, delle ferrovie, delle più importanti fonti di materie
prime, ecc. La differenza tra queste rivendicazioni e la parola d'ordine del
tutto vaga della "nazionalizzazione" consiste in questo :
1) Noi
rifiutiamo l'indennizzazione ;
2) Mettiamo le
masse in guardia contro i ciarlatani del Fronte popolare che, pur proponendo
la nazionalizzazione a parole, rimangono in realtà agenti del capitale ;
3) Facciamo
appello alle masse perché contino solo sulla loro forza rivoluzionaria ;
4) colleghiamo
il problema dell'espropriazione al problema del potere operaio e contadino.
La necessità di
lanciare la parola d'ordine della espropriazione nell'agitazione
quotidiana, quindi in modo articolato, e non solo da un punto di vista
propagandistico in forma generale, è determinata dal fatto che i vari
settori dell'industria sono a livelli diversi di sviluppo, occupano posti
diversi nella vita della società e conoscono stadi diversi della lotta di
classe. Solo un'ascesa rivoluzionaria generalizzata del proletariato può porre
all'ordine del giorno l'espropriazione generale della borghesia. Lo scopo
delle rivendicazioni transitorie è proprio di preparare il proletariato ad
assolvere questo compito.
L'ESPROPRIAZIONE DELLE
BANCHE PRIVATE E LA STATALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI CREDITO
L'imperialismo
è la dominazione del capitale finanziario. Accanto ai cartelli e ai
trust e spesso al di sopra di essi, le banche concentrano nelle loro mani la
direzione reale dell'economia. Nella loro struttura riflettono, in forma
concentrata, tutta la struttura del capitalismo contemporaneo : combinano le
tendenze al monopolio con le tendenze all'anarchia. Organizzano
miracoli di tecnica, aziende gigantesche, trust poderosi e organizzano
ugualmente il carovita, le crisi e la disoccupazione.
E' impossibile
realizzare effettivi progressi nella lotta contro l'arbitrio monopolistico e
l'anarchia capitalistica, se si lasciano le leve di comando nelle mani dei
grandi finanzieri.
Allo scopo di
realizzare un sistema unico di investimento e di credito, secondo un piano
razionale che corrisponda agli interessi di tutta la nazione, bisogna
unificare tutte le banche in un unico istituto nazionale. Solo
l'espropriazione delle banche private e la concentrazione di tutto il sistema
di credito nelle mani dello Stato assicureranno a quest'ultimo gli strumenti
reali, cioè materiali - e non fittizi e burocratici - necessari per una
pianificazione economica.
Espropriazione
delle banche non significa in nessun modo espropriazione dei piccoli depositi
bancari. Al contrario : per i piccoli depositi, la banca unica statale potrà
creare condizioni più favorevoli che non le banche private. Allo stesso modo,
solo la banca statale potrà assicurare ai contadini, agli artigiani e ai
piccoli commercianti condizioni di credito privilegiate, cioè credito a buon
mercato. Tuttavia, ancor più importante è che l'intera economia, innanzi tutto
l'industria pesante e i trasporti, sotto la direzione di un unico stato
maggiore finanziario, sia al servizio degli interessi vitali degli operai e di
tutti gli altri lavoratori.
La
statizzazione delle banche non darà, però, risultati favorevoli se il
potere statale stesso non passerà dalle mani degli sfruttatori a quelle degli
sfruttati.
I PICCHETTI DI
SCIOPERO, I DISTACCAMENTI DI COMBATTIMENTO, LA MILIZIA OPERAIA, L'ARMAMENTO
DEL PROLETARIATO
Gli scioperi
con occupazione di fabbrica costituiscono da parte delle masse un serio
avvertimento non solo per la borghesia, ma anche per le organizzazioni
operaie, compresa la IVa Internazionale. Nel 1919-1920, gli operai
italiani, di loro iniziativa, hanno occupato le fabbriche, segnalando così ai
loro stessi "capi" l'arrivo della rivoluzione sociale. I "capi" non hanno
tenuto conto del segnale. Il risultato è stato la vittoria del fascismo.
Gli scioperi
con occupazione non sono ancora la conquista delle fabbriche alla maniera
italiana ; ma sono un passo decisivo in questa direzione. L'attuale crisi può
acutizzare all'estremo il corso della lotta di classe e far precipitare la
soluzione. Non bisogna tuttavia credere che una situazione rivoluzionaria
sorga di un solo colpo. In realtà, il suo avvicinarsi è contraddistinto da
tutta una serie di convulsioni. Il compito delle sezioni della IVa
Internazionale è di aiutare l'avanguardia proletaria a comprendere il
carattere generale e i ritmi della nostra epoca e di fecondare tempestivamente
la lotta delle masse con parole d'ordine sempre più decise e con misure
organizzative di battaglia.
L'esacerbarsi
della lotta del proletariato comporta l'esacerbarsi dei metodi usati dal
capitale. Le nuove ondate di scioperi con occupazioni di fabbriche possono
provocare e provocheranno immancabilmente energiche misure di risposta da
parte della borghesia. Il lavoro preparatorio viene compiuto sin d'ora negli
stati maggiori del trust. Guai per le organizzazioni rivoluzionarie, guai per
il proletariato se si lasceranno cogliere nuovamente alla sprovvista.
In nessun paese
la borghesia si accontenta della polizia e dell'esercito ufficiale. Negli
Stati Uniti, anche nei periodi di "calma", mantiene distaccamenti di crumiri
militarizzati e bande armate private nelle fabbriche. Ora vanno aggiunte le
bande di nazisti americani. La borghesia francese, al primo segno di pericolo,
ha mobilitato distaccamenti fascisti semilegali o illegali nel seno stesso
dell'esercito ufficiale. Basterà che gli operai inglesi accrescano di nuovo la
loro pressione perché le bande fasciste siano raddoppiate, triplicate,
decuplicate e si lancino in una sanguinosa crociata contro gli operai. La
borghesia si rende chiaramente conto che nella fase attuale la lotta di classe
tende immancabilmente a trasformarsi in guerra civile. Gli esempi dell'Italia,
della Germania, dell'Austria, della Spagna e di altri paesi hanno insegnato
molto di più ai magnati e ai lacchè del capitale che ai capi ufficiali del
proletariato.
I politicanti
della IIa e della IIIa Internazionale, come i burocrati
delle organizzazioni sindacali, chiudono deliberatamente gli occhi di fronte
all'esercito privato della borghesia ; altrimenti, non potrebbero continuare
ventiquattro ore di più la loro alleanza con la borghesia. I riformisti
inculcano sistematicamente agli operai l'idea che la sacrosanta democrazia è
assicurata nel migliore dei modi dove la borghesia è armata sino ai denti e
gli operai sono disarmati.
E' dovere della
IVa Internazionale farla finita, una volta per tutte, con questa
politica servile. I democratici piccolo-borghesi - compresi i
socialdemocratici, gli staliniani e gli anarchici - tanto più gridano a
proposito della lotta contro il fascismo quanto più, di fatto, capitolano
vigliaccamente di fronte ad esso. Alle bande del fascismo si possono
contrapporre con successo solo distaccamenti operai armati che si sentano
sostenuti da decine di milioni di lavoratori. La lotta contro il fascismo
comincia non nella redazione di un foglio liberale, ma nella fabbrica e
finisce sulle piazze. Nelle fabbriche i gialli e i gendarmi privati sono le
cellule basilari dell'esercito del fascismo. I picchetti di sciopero sono le
cellule fondamentali dell'esercito del proletariato. Da qui bisogna partire.
In occasione di ogni sciopero e di ogni dimostrazione di piazza bisogna
diffondere l'idea della necessità della costituzione di distaccamenti
operai di autodifesa. Bisogna inscrivere questa parola d'ordine nel
programma dell'ala rivoluzionaria dei sindacati. Bisogna formare
effettivamente distaccamenti di autodifesa dovunque sia possibile, cominciando
dalle organizzazioni di giovani, e istruirli all'uso delle armi.
La nuova ondata
del movimento di massa deve servire non solo ad accrescere il numero di questi
distaccamenti, ma anche ad unificarli - per quartiere, per città, per regioni.
Bisogna assicurare un'espressione organizzata al legittimo odio degli operai
per i gialli, per le bande di gangster e di fascisti. Bisogna lanciare la
parola d'ordine della milizia operaia come unica seria garanzia di
intangibilità delle organizzazioni, delle riunioni e delle pubblicazioni
operaie.
Solo con un
lavoro sistematico, costante, instancabile, coraggioso, di agitazione e di
propaganda, sempre in rapporto con l'esperienza delle masse, è possibile
estirpare dalla loro coscienza le tradizioni di passività e di docilità,
educare distaccamenti di combattenti eroici in grado di dare l'esempio a tutti
i lavoratori, di infliggere una serie di sconfitte tattiche alle bande della
controrivoluzione, di aumentare la fiducia degli sfruttati in se stessi, di
screditare il fascismo agli occhi della piccola borghesia e aprire la strada
alla conquista del potere da parte del proletariato.
Engels definiva
lo Stato come "distaccamenti di uomini armati". L'armamento del
proletariato è un elemento costitutivo indispensabile della sua lotta
emancipatrice. Quando il proletariato vorrà, troverà le vie e i modi di
armarsi. La direzione, su questo piano, incombe naturalmente alle sezioni
della IVa Internazionale.
L'ALLEANZA TRA OPERAI E
CONTADINI
L'operaio
agricolo è nelle campagne il fratello e il compagno dell'operaio
dell'industria. Sono due parti di una stessa classe. I loro interessi sono
inscindibili. Il programma di rivendicazioni transitorie degli operai
industriali, con questa o quella rettifica, è anche il programma del
proletariato agricolo.
I contadini
rappresentano un'altra classe : sono la piccola borghesia delle campagne. La
piccola borghesia è composta di strati diversi che vanno dai semiproletari
sino agli sfruttatori. Il compito politico del proletariato consiste quindi
nel far penetrare la lotta di classe nelle campagne : solo così potrà
stabilire una linea divisoria tra i suoi alleati e i suoi nemici.
Le
particolarità dello sviluppo nazionale di ciascun paese trovano la loro
espressione più viva nella condizione dei contadini e parzialmente della
piccola borghesia cittadina (artigiani e commercianti), poiché queste classi,
per quanto siano numerose, rappresentano, in fondo, sopravvivenze di forme
precapitalistiche di produzione. Le sezioni della IVa
Internazionale devono elaborare nella forma più concreta possibile programmi
di rivendicazioni transitorie per i contadini e per la piccola borghesia
cittadina, a seconda delle condizioni di ciascun paese. Gli operai avanzati
devono imparare a dare risposte chiare e concrete agli interrogativi dei loro
futuri alleati.
Sinché il
contadino resta un piccolo produttore "indipendente", ha bisogno di crediti a
buon mercato, di prezzi accessibili per le macchine agricole e per i concimi,
di condizioni favorevoli di trasporto, di un'organizzazione non truffaldina di
distribuzione dei prodotti agricoli. Ma le banche, i trust, i commercianti
estorcono al contadino in tutti i modi. Solo i contadini stessi possono
eliminare questo saccheggio con l'aiuto degli operai. E' necessario che
entrino in scena comitati di piccoli contadini che, unitamente ai
comitati di operai e ai comitati di impiegati bancari, prendano in mano il
controllo delle operazioni di trasporto, di credito e di commercio che
interessano l'agricoltura.
Invocando
falsamente le "eccessive" pretese degli operai, la grande borghesia si serve
in modo artificioso della questione dei prezzi come di un cuneo tra gli operai
e i contadini, tra gli operai e la piccola borghesia cittadina. Il contadino,
l'artigiano, il piccolo commerciante, a differenza dell'operaio,
dell'impiegato, del piccolo funzionario, non possono rivendicare un aumento di
salario parallelo all'aumento dei prezzi. La lotta burocratica ufficiale
contro il carovita serve solo a ingannare le masse. I contadini, gli
artigiani, i commercianti devono, però, in quanto consumatori, intervenire
attivamente, assieme agli operai, nella politica dei prezzi. Alle prediche dei
capitalisti sui costi di produzione, di trasporto e di commercializzazione, i
consumatori risponderanno : "mostrateci i vostri libri, esigiamo il controllo
sulla politica dei prezzi". Organismi di questo controllo devono essere i
comitati di sorveglianza dei prezzi, composti da delegati di fabbrica, da
rappresentanti dei sindacati, delle cooperative, delle organizzazioni
contadine, della gente modesta delle città, di domestici, ecc. In questo modo,
gli operai potranno far vedere ai contadini che la causa dei prezzi elevati
non risiede negli alti salari, bensì nei profitti eccessivi dei capitalisti e
nei faux frais dell'anarchia capitalista.
Il programma di
nazionalizzazione della terra e di collettivizzazione dell'agricoltura
deve essere costruito in modo da escludere radicalmente l'idea di una
espropriazione dei piccoli contadini o della loro collettivizzazione forzata.
Il contadino resterà proprietario del suo pezzo di terra sinché lo riterrà
necessario e possibile. Per riabilitare agli occhi dei contadini il programma
socialista, bisogna smascherare implacabilmente i metodi staliniani di
collettivizzazione, dettati dagli interessi della burocrazia e non dagli
interessi dei contadini e degli operai.
Espropriazione
degli espropriatori non significa nemmeno espropriazione forzata dei piccoli
artigiani e dei piccoli commercianti. Al contrario, il controllo operaio sulle
banche e sui trust e a maggior ragione la nazionalizzazione di queste aziende,
possono creare per la piccola borghesia contadina condizioni incomparabilmente
più favorevoli per il credito, per gli acquisti e per le vendite, di quelle
che vigono sotto la dominazione incontrastata dei monopoli. La dipendenza nei
confronti del capitale privato sarà sostituita dalla dipendenza nei confronti
dello Stato, che tanto più si preoccuperà dei collaboratori e degli agenti più
modesti quanto più sarà saldamente nelle mani dei lavoratori stessi.
La
partecipazione pratica dei contadini sfruttati al controllo dell'economia ai
vari livelli permetterà ai contadini stessi di decidere sulla convenienza di
passare o no al lavoro collettivo della terra, e a quali scadenze e su quale
scala. Gli operai dell'industria si impegnano ad assicurare ai contadini, su
questo piano, tutta la loro collaborazione : tramite i sindacati, i consigli
di fabbrica e, soprattutto, il governo operaio e contadino.
L'alleanza che
il proletariato propone, non alle classi medie in generale, ma agli strati
sfruttati delle città e delle campagne, contro tutti gli sfruttatori, compresi
gli sfruttatori "medi", non può basarsi sulla costrizione, ma solo su un
libero consenso che deve essere consolidato da un "patto" particolare. Questo
"patto" è appunto il programma di rivendicazioni di transizione, liberamente
accettato dalle due parti.
LA LOTTA CONTRO
L'IMPERIALISMO E CONTRO LA GUERRA
Tutta la
situazione mondiale e quindi la vita politica interna dei vari paesi è
condizionata dalla minaccia di una guerra mondiale. La catastrofe che si
prepara, riempie sin d'ora d'angoscia le più vaste masse urbane.
La Ila
Internazionale si riallaccia alla sua politica di tradimento del 1914, con
tanto maggiore convinzione in quanto l'Internazionale "comunista" assolve ora
la funzione del primo violino dello sciovinismo. Via via che il pericolo di
guerra ha assunto concretezza, gli staliniani superando di gran lunga
pacifisti borghesi e piccolo-borghesi, sono divenuti i campioni della
cosiddetta "difesa nazionale". La lotta rivoluzionaria contro la guerra ricade
così interamente sulle spalle della IVa Internazionale.
La politica dei
bolscevico-leninisti in proposito è stata già espressa nelle tesi
programmatiche del Segretariato Internazionale che conservano tutto il loro
valore ("La IVa Internazionale e la guerra", primo Maggio 1934). Il
successo del partito rivoluzionario nel prossimo periodo dipenderà, innanzi
tutto, dalla sua politica sulla questione della guerra. Una politica corretta
comporta due elementi : un atteggiamento di intransigenza verso l'imperialismo
e la sua guerra e l'arte di appoggiarsi sull'esperienza delle masse.
A proposito
della guerra più che a qualsiasi altro proposito, la borghesia e i suoi agenti
ingannano il popolo con astrazioni, formule generali, frasi patetiche :
"neutralità", "sicurezza collettiva", "armamento per la difesa della Pace",
"difesa nazionale", "lotta contro il fascismo", ecc. Tutte queste formule si
riducono, in fin dei conti, al fatto che la questione della guerra, cioè delle
sorti dei popoli, deve restare nelle mani degli imperialisti, dei loro
governi, della loro diplomazia, dei loro stati maggiori con tutti i loro
intrighi e complotti contro i popoli.
La IVa
Internazionale respinge con indignazione tutte queste astrazioni che hanno per
i democratici la stessa funzione che hanno per i fascisti l'"onore", il
"sangue", la "razza", ma l'indignazione non basta. Bisogna aiutare le masse
con criteri, parole d'ordine e rivendicazioni transitorie che consentano loro
di comprendere la realtà, di distinguere che cosa c'è in concreto dietro le
astrazioni fraudolente.
"Disarmo"?
Ma tutto sta a determinare chi disarmerà e chi sarà disarmato. Il solo disarmo
che possa prevenire o arrestare la guerra è il disarmo della borghesia da
parte degli operai. Ma per disarmare la borghesia bisogna che siano armati gli
operai.
"Neutralità"
? Ma il proletariato non è affatto neutrale in una guerra tra il Giappone e la
Cina, o tra la Germania e l'URSS. Ciò significa difendere la Cina e l'URSS ?
Evidentemente, ma non tramite gli imperialisti che strangoleranno la Cina e
l'URSS.
"Difesa della
patria"? Ma dietro questa astrazione la borghesia nasconde la difesa dei
suoi profitti e dei suoi saccheggi. Noi siamo pronti a difendere la patria
contro i capitalisti stranieri, se mettiamo le catene ai nostri capitalisti e
impediamo loro di attaccare la patria altrui, se gli operai e i contadini
diventano i veri padroni del paese, se le ricchezze nazionali passano dalle
mani di un'infima minoranza nelle mani del popolo, se l'esercito cessa di
essere strumento degli sfruttatori e diventa strumento degli sfruttati.
Bisogna saper
tradurre queste idee fondamentali in idee più particolari e più concrete
secondo il corso degli avvenimenti e l'evolvere dello stato d'animo delle
masse. Bisogna, inoltre, distinguere rigorosamente tra il pacifismo del
diplomatico, del professore, del giornalista e il pacifismo del carpentiere,
del bracciante o della lavandaia. Nel primo caso il pacifismo è una copertura
dell'imperialismo. Nel secondo è l'espressione confusa di una diffidenza verso
l'imperialismo.
Quando il
piccolo contadino o l'operaio parlano di difesa della patria, intendono difesa
della loro casa, della loro famiglia e della famiglia altrui dall'invasione
nemica, dalle bombe, dai gas asfissianti. Il capitalista e il suo giornalista
per difesa della patria intendono la conquista di colonie e di mercati,
l'estensione tramite il saccheggio della partecipazione "nazionale" al reddito
mondiale. Il pacifismo e il patriottismo borghese sono del tutto menzogneri.
Nel pacifismo e persino nel patriottismo degli oppressi ci sono elementi che
riflettono da una parte l'odio contro la guerra distruttrice e dall'altra
l'attaccamento a quello che considerano il loro bene e che bisogna saper
cogliere per trarne le conclusioni rivoluzionarie necessarie. Bisogna saper
contrapporre antagonisticamente queste due forme di pacifismo e di
patriottismo.
Partendo da
queste considerazioni la IVa Internazionale appoggia qualsiasi
rivendicazione, anche limitata, che sia in grado di spingere le masse, sia
pure in misura ridotta, nella politica attiva, di ridestare il loro spirito
critico, di rafforzare il loro controllo sulle macchinazioni della borghesia.
Da questo punto
di vista la nostra sezione americana, per esempio, appoggia pur criticandola,
la proposta dell'istituzione di un referendum sulla questione della
dichiarazione di guerra. Beninteso, nessuna riforma democratica potrà di per
se, impedire ai dirigenti di provocare una guerra quando lo vorranno. Ma,
quali che possano essere le illusioni delle masse in un referendum, questa
rivendicazione riflette la diffidenza degli operai e dei contadini verso il
governo e il parlamento della borghesia. Senza alimentare le illusioni o
rinunciare a criticarle, bisogna appoggiare con tutte le forze la diffidenza
progressiva degli oppressi verso gli oppressori. Quanto più si svilupperà il
movimento per il referendum, tanto più rapidamente i pacifisti borghesi
prenderanno le distanze, tanto più profondamente si troveranno screditati i
traditori dell'Internazionale "comunista", tanto più viva diventerà la
diffidenza dei lavoratori nei confronti degli imperialisti.
Dallo stesso
punto di vista bisogna avanzare la rivendicazione del diritto di voto a 18
anni per gli uomini e per le donne. Colui che domani sarà chiamato a morire
per la "patria", deve avere il diritto oggi di far udire la propria voce. La
lotta contro la guerra deve diventare innanzi tutto la mobilitazione
rivoluzionaria della gioventù.
Bisogna fare
piena luce, sotto tutti gli aspetti, sulla questione della guerra, tenendo
conto di come si presenti alle masse in un momento dato.
La guerra è una
gigantesca impresa commerciale, soprattutto per l'impresa bellica. Per questo
le "200 famiglie" sono le prime fautrici del patriottismo e le prime
provocatrici di guerra. Il controllo operaio sull'industria bellica è il primo
passo contro i fabbricanti di guerra.
Alla parola
d'ordine dei riformisti "imposta sui profitti di guerra" contrapponiamo la
parola d'ordine "confisca dei redditi di guerra e espropriazione delle
aziende che lavorano per la guerra". Dove l'industria bellica è già
nazionalizzata, come in Francia, la parola d'ordine del controllo operaio
conserva tutto il suo valore : il proletariato non ha nello Stato della
borghesia più fiducia di quanto ne abbia nel singolo. Non un uomo, non un
soldo per il governo borghese!
Non un
programma di armamenti, ma un programma di lavori di pubblica utilità !
Indipendenza
completa delle organizzazioni operaie dal controllo militare e poliziesco!
Bisogna
strappare una volta per tutte il diritto di decidere liberamente del destino
dei popoli dalle mani delle cricche imperialiste, avide e spietate che
agiscono alle spalle dei popoli. Rivendichiamo quindi :
- abolizione
completa della diplomazia segreta ; tutti i trattati e gli accordi devono
essere accessibili a qualsiasi operaio e contadino ;
- istruzione
militare e armamento degli operai e dei contadini sotto il controllo immediato
dei comitati operai e contadini ;
- creazione di
scuole militari per la formazione di ufficiali provenienti dalle file dei
lavoratori e scelti dalle organizzazioni operaie ;
- sostituzione
dell'esercito permanente, cioè dell'esercito di caserma, con una milizia
popolare indissolubilmente legata alle fabbriche, alle miniere, alle fattorie,
ecc.
La guerra
imperialista è la continuazione e l'acutizzazione della politica di saccheggio
della borghesia ; la lotta del proletariato contro la guerra è la
continuazione e l'acutizzazione della sua lotta di classe. La guerra muta la
situazione parzialmente e i metodi di lotta fra le classi, ma non muta né i
fini né la direzione fondamentale della lotta di classe stessa.
La borghesia
imperialista domina il mondo. Per questo la prossima guerra sarà
fondamentalmente una guerra imperialista. Il contenuto sostanziale della
politica del proletariato internazionale sarà di conseguenza la lotta contro
l'imperialismo e la sua guerra. Il principio fondamentale di questa lotta
sarà : Il nemico principale si trova nel nostro paese oppure la
disfatta del nostro governo (imperialista) è il male minore.
Ma non tutti i
paesi del mondo sono paesi imperialisti. Al contrario ; la maggioranza dei
paesi sono vittime dell'imperialismo. Certi paesi coloniali o semicoloniali
tenteranno senza dubbio di approfittare della guerra per liberarsi dal giogo
della schiavitù. Da parte loro si tratterà di una guerra emancipatrice e non
imperialistica. E' dovere del proletariato internazionale aiutare i paesi
oppressi nella loro guerra contro gli oppressori. Lo stesso vale per l'URSS o
per qualsiasi altro Stato operaio che sorgesse prima della guerra o durante la
guerra. La sconfitta di ogni governo imperialista nella lotta contro uno Stato
operaio o un paese coloniale è il male minore.
Gli operai di
un paese imperialista non possono però aiutare un paese antimperialista per
mezzo del loro governo, quali che siano in un dato momento le relazioni
diplomatiche e militari fra i due paesi. Se i governi sono temporaneamente
alle armi, il proletariato del paese imperialista continua a restare
all'opposizione di classe nei confronti del suo governo e assicura un aiuto
all'alleato "non imperialista" con i suoi metodi peculiari, cioè i metodi
della lotta di classe internazionale (agitazione a favore dello Stato operaio
o del paese coloniale non solo contro i suoi nemici, ma anche contro i suoi
perfidi alleati ; boicottaggio e scioperi in certi casi, rinuncia ai
boicottaggio e agli scioperi in certi altri).
Pur appoggiando
un paese coloniale o l'URSS nella guerra, il proletariato non si dichiara in
alcun modo solidale con il governo del paese coloniale né con la burocrazia
termidoriana dell'URSS. AI contrario mantiene la sua completa indipendenza
politica nei confronti sia dell'uno sia dell'altra. Appoggiando una guerra
giusta e progressiva il proletariato rivoluzionario conquista le simpatie dei
lavoratori delle colonie e dell'URSS, afferma quindi l'autorità e l'influenza
della IVa Internazionale e può maggiormente contribuire al
rovesciamento del governo borghese di un paese coloniale e della burocrazia
reazionaria dell'URSS.
All'inizio
della guerra le sezioni della IVa Internazionale si sentiranno
inevitabilmente isolate : tutte le guerre prendono alla sprovvista le masse
popolari e le spingono dalla parte dell'apparato governativo. Gli
internazionalisti dovranno andare contro corrente. Tuttavia, le devastazioni e
i mali della nuova guerra, che sin dai primi mesi supereranno di gran lunga
gli orrori sanguinosi del 1914-18, porranno termine abbastanza rapidamente
alle ubriacature. Le sezioni della IVa Internazionale si troveranno
alla testa del flusso rivoluzionario. Il programma di rivendicazioni
transitorie assumerà una bruciante attualità. Il problema della conquista del
potere da parte del proletariato si porrà in tutta la sua portata.
Prima di
stroncare l'umanità o di immergerla in un bagno di sangue, il capitalismo
avvelena l'atmosfera internazionale, con i miasmi deleteri dell'odio nazionale
e razziale. L'antisemitismo è attualmente una delle convulsioni più maligne
dell'agonia capitalista.
La denuncia
spietata di tutti i pregiudizi razziali e di tutte le forme e le variazioni di
arroganza nazionale e di sciovinismo, in particolare dell'antisemitismo,
costituisce un compito quotidiano di tutte le sezioni della IVa
Internazionale come principale compito di educazione nella lotta contro
l'imperialismo e la guerra. La nostra parola d'ordine fondamentale resta :
proletari di tutti i paesi unitevi!
IL GOVERNO OPERAIO E
CONTADINO
La formula del
governo operaio e contadino è comparsa per la prima volta
nell'agitazione bolscevica nel 1917 ed è stata definitivamente adottata dopo
la rivoluzione d'Ottobre. Nel caso specifico non era che la definizione di una
dittatura già instaurata. L'importanza di questa definizione consisteva
soprattutto nel fatto che si poneva in primo piano l'idea dell'alleanza tra
il proletariato e i contadini, su cui si basava il potere sovietico.
Quando
l'Internazionale comunista degli epigoni tentò di dar vita alla formula della
dittatura democratica degli operai e dei contadini sepolta dalla
storia, conferì alla formula del governo operaio e contadino un contenuto
completamente diverso, puramente "democratico", cioè borghese,
contrapponendosi alla dittatura del proletariato. I bolscevico-leninisti
rifiutarono decisamente la parola d'ordine del governo operaio e contadino
nell'interpretazione democratico-borghese. Sostennero e sostengono che sinché
il partito del proletariato rinuncerà ad uscire dal quadro della democrazia
borghese, la sua alleanza con la classe media si ridurrà ad un appoggio al
capitale, come è accaduto ai menscevichi e ai socialrivoluzionari nel 1917,
come è accaduto al Partito comunista cinese nel 1925-27, come accade
attualmente con i "fronti popolari" in Spagna, in Francia e in altri paesi.
Tra l'Aprile e
il Settembre del 1917 i bolscevichi esigevano che i socialrivoluzionari e i
menscevichi rompessero i loro legami con la borghesia liberale e prendessero
direttamente il potere. A questa condizione i bolscevichi promettevano ai
menscevichi e ai socialrivoluzionari rappresentanti piccolo-borghesi degli
operai e dei contadini, il loro appoggio rivoluzionario contro la borghesia,
rifiutando tuttavia categoricamente sia di entrare nel governo dei menscevichi
e dei socialrivoluzionari sia di assumersi qualsiasi responsabilità politica
per questo governo. Se i menscevichi e i socialrivoluzionari avessero rotto
effettivamente con i cadetti liberali e con l'imperialismo straniero, il
"governo operaio e contadino" da loro costituito non avrebbe potuto che
accelerare e facilitare l'instaurazione della dittatura del proletariato. Ma
appunto per questo i vertici della democrazia piccolo-borghese si opposero con
tutte le loro forze all'instaurazione del loro stesso potere. L'esperienza
russa ha dimostrato e l'esperienza francese e spagnola conferma nuovamente che
anche in condizioni molto favorevoli i partiti della democrazia
piccolo-borghese (socialrivoluzionari, socialdemocratici, staliniani,
anarchici) sono incapaci di costituire un governo operaio e contadino, cioè un
governo indipendente dalla borghesia.
Ciò nonostante,
la parola d'ordine dei bolscevichi, rivolta ai menscevichi e ai socialisti
rivoluzionari : Rompete con la borghesia, prendete voi stessi il potere!,
aveva per le masse un enorme valore educativo. Il rifiuto ostinato dei
menscevichi e dei socialrivoluzionari di prendere il potere, manifestatosi
così tragicamente nelle giornate di Luglio, li ha compromessi definitivamente
agli occhi del popolo preparando la vittoria dei bolscevichi.
Compito
centrale della IVa Internazionale è liberare il proletariato dalla
vecchia direzione, il cui conservatorismo è del tutto in contraddizione con la
situazione catastrofica del capitalismo declinante e costituisce il freno
principale al progresso storico. L'accusa fondamentale che la IVa
Internazionale rivolge alle organizzazioni tradizionali del proletariato è di
non voler staccarsi dal semi-cadavere della borghesia. In queste condizioni la
rivendicazione rivolta sistematicamente alla vecchia direzione : Rompete
con la borghesia, prendete il potere! è uno strumento estremamente
importante per smascherare il tradimento dei partiti e delle organizzazioni
della IIa e della IIIa Internazionale, come pure
dell'Internazionale di Amsterdam.
La parola
d'ordine del governo operaio e contadino è da noi usata unicamente nel
significato che aveva nel 1917 in bocca ai bolscevichi, cioè come una parola
d'ordine antiborghese e anticapitalista, mai nel significato che le hanno
attribuito successivamente gli epigoni trasformando quello che doveva essere
un ponte verso la rivoluzione socialista nel principale ostacolo in questa
direzione.
Da tutti i
partiti e le organizzazioni che si basano sugli operai e sui contadini e che
parlano in loro nome esigiamo che rompano politicamente con la borghesia e
imbocchino la strada della lotta per il potere degli operai e dei contadini.
Su questa strada promettiamo loro un completo appoggio contro la reazione
capitalista. Allo stesso tempo, sviluppiamo una agitazione instancabile
attorno a rivendicazioni transitorie che dovrebbero, secondo noi, costituire
il programma del governo operaio e contadino.
E' possibile la
costituzione di un tale governo da parte delle organizzazioni operaie
tradizionali ? L'esperienza precedente ci dimostra, come abbiamo già detto,
che ciò è per lo meno poco verosimile. E' tuttavia impossibile escludere
categoricamente in partenza l'ipotesi teorica che, sotto la pressione di
circostanze del tutto eccezionali (guerra, sconfitta, collasso finanziario,
offensiva rivoluzionaria delle masse, ecc.), partiti piccolo-borghesi,
staliniani inclusi, possano andare più lontano di quanto non desiderino sulla
via della rottura con la borghesia. In ogni caso, una cosa è fuori dubbio :
anche se questa variante poco probabile si realizzasse in qualche luogo, e si
creasse un governo operaio e contadino nel senso indicato sopra, si
tratterebbe solo di un breve episodio sulla via di una vera dittatura del
proletariato.
Ma è inutile
perdersi in congetture. L'agitazione attorno alla parola d'ordine del governo
operaio e contadino conserva in tutte le situazioni un enorme valore
educativo. E non a caso questa parola d'ordine di carattere generale discende
dalla linea di sviluppo politico della nostra epoca (bancarotta e
disgregazione dei vecchi partiti borghesi, fallimento della democrazia, ascesa
del fascismo, aspirazione crescente dei lavoratori a una politica più attiva e
più offensiva). Proprio per questo tutte le nostre rivendicazioni transitorie
devono condurre sempre alla stessa conclusione politica : gli operai devono
rompere con tutti i partiti tradizionali della borghesia per stabilire,
unitamente ai contadini, il loro potere.
E' impossibile
prevedere le tappe concrete della mobilitazione rivoluzionaria delle masse. Le
sezioni della IVa Internazionale devono orientarsi criticamente a
ogni nuova tappa e lanciare parole d'ordine che rafforzino la tendenza degli
operai verso una politica indipendente, approfondiscano il carattere di classe
di questa politica, distruggano le illusioni riformiste e pacifiste,
rafforzino i legami dell'avanguardia con le masse e preparino la conquista
rivoluzionaria del potere.
I SOVIET
Come è stato
detto, i comitati di fabbrica costituiscono un elemento di dualismo di potere
nella fabbrica. Per questo la loro esistenza è concepibile solo in momenti di
crescente pressione delle masse. Lo stesso vale per specifici raggruppamenti
di massa per la lotta contro la guerra, per i comitati di vigilanza sui prezzi
e per tutti gli altri centri nuovi del movimento la cui comparsa testimonia di
per se stessa che la lotta di classe è andata oltre i limiti delle
organizzazioni tradizionali del proletariato.
Ma questi nuovi
organismi e centri avvertiranno rapidamente la loro mancanza di coesione e la
loro insufficienza. Nessuna rivendicazione transitoria può essere
completamente realizzata sinché sussiste il potere borghese. Allo stesso
tempo, l'approfondirsi della crisi sociale accrescerà non solo le sofferenze
delle masse, ma anche la loro impazienza, la loro decisione, il loro spirito
offensivo. Strati sempre nuovi di oppressi alzeranno la testa e lanceranno le
loro rivendicazioni. Milioni di uomini oppressi dal bisogno, cui i capi
riformisti non hanno mai prestato attenzione, cominceranno a battere alle
porte delle organizzazioni operaie. I disoccupati entreranno nel movimento.
Gli operai agricoli, i contadini rovinati e mezzo rovinati, gli strati
inferiori della popolazione urbana, le lavoratrici, le donne di casa, gli
strati proletarizzati della intellighenzia, tutti cercheranno di unirsi
e cercheranno una direzione.
Come
armonizzare le diverse rivendicazioni e le diverse forme di lotta, non fosse
che nell'ambito di una sola città ? La storia ha già risposto a questo
interrogativo : tramite i soviet che possono unire i rappresentanti di tutti i
gruppi in lotta. Sinora nessuno ha proposto un'altra forma di organizzazione,
ed è dubbio che se ne possa inventare un'altra. I soviet non sono legati a
nessun programma aprioristico. Aprono le porte a tutti gli sfruttati. Da
queste porte entrano i rappresentanti degli strati che sono trascinati dal
torrente generale della lotta. L'organizzazione si allarga con il movimento e
vi attinge di continuo per rinnovarsi. Tutte le tendenze politiche del
proletariato possono lottare per la direzione del soviet sulla base della
democrazia più larga. Per questo la parola d'ordine dei soviet è il
coronamento del programma di rivendicazioni transitorie.
I soviet
possono nascere solo quando il movimento delle masse entra in una fase
apertamente rivoluzionaria. Come perno attorno al quale si uniscono decine di
milioni di lavoratori nella lotta contro gli sfruttatori, i soviet, dal
momento della loro costituzione, diventano i concorrenti e gli antagonisti
delle autorità locali e poi dello stesso governo centrale. Se il comitato di
fabbrica introduce elementi di dualismo di potere in fabbrica, i soviet aprono
un periodo di dualismo di potere nel paese.
Il dualismo di
potere è, a sua volta, il punto culminante del periodo di transizione. Due
sistemi, il sistema borghese e il sistema proletario, si contrappongono l'un
l'altro antagonisticamente. La collisione è inevitabile. Dall'esito della
collisione dipendono le sorti della società. In caso di sconfitta della
rivoluzione, ci sarà una dittatura fascista della borghesia. In caso di
vittoria, ci sarà il potere dei soviet, cioè la dittatura del proletariato con
la ricostruzione generale della società.
I PAESI ARRETRATI E IL
PROGRAMMA DI RIVENDICAZIONI TRANSITORIE
I paesi
coloniali e semicoloniali sono per loro natura, paesi arretrati. Ma questi
paesi arretrati vivono in un mondo dominato dall'imperialismo. Perciò il loro
sviluppo ha un carattere combinato : unisce insieme le forme economiche più
primitive e l'ultima parola della tecnica e della cultura capitalista. E'
questo che determina la politica del proletariato nei paesi arretrati : è
costretto a combinare la lotta per gli obiettivi più elementari di
indipendenza nazionale e di democrazia borghese con la lotta socialista contro
l'imperialismo mondiale. Le rivendicazioni democratiche, le rivendicazioni
transitorie e le rivendicazioni della rivoluzione socialista non sono divise
nella lotta da epoche storiche, ma discendono direttamente le une dalle altre.
Il proletariato cinese aveva appena cominciato a costruire i sindacati e già
si vedeva costretto a pensare ai soviet. In questo senso il programma che
presentiamo è pienamente applicabile ai paesi coloniali e semicoloniali,
almeno a quelli in cui il proletariato è già in grado di avere una politica
indipendente.
I problemi
centrali dei paesi coloniali e semicoloniali sono : la rivoluzione agraria,
cioè la liquidazione dell'eredità feudale, e l'indipendenza nazionale,
cioè il rovesciamento del giogo dell'imperialismo. Questi due obiettivi sono
strettamente connessi.
E' impossibile
respingere puramente e semplicemente il programma democratico : bisogna che
siano le masse stesse a superarlo nella lotta. La parola d'ordine dell'assemblea
nazionale (o costituente) conserva tutto il suo valore in paesi come la
Cina o l'India. Bisogna legare indissolubilmente questa parola d'ordine agli
obiettivi dell'emancipazione nazionale e della riforma agraria. Bisogna,
innanzi tutto, armare gli operai con questo programma democratico. Soltanto
gli operai possono stimolare e unire i contadini. Sulla base del programma
democratico rivoluzionario, bisogna contrapporre gli operai alla borghesia
"nazionale". A un certo stadio della mobilitazione delle masse sulla base
delle parole d'ordine della democrazia rivoluzionaria, possono e devono
sorgere i soviet. La loro funzione storica in ogni periodo dato, in
particolare il loro rapporto con l'Assemblea nazionale, è determinato dal
livello politico del proletariato. Presto o tardi, i soviet devono rovesciare
la democrazia borghese. Solo essi sono in grado di portare a termine la
rivoluzione democratica e di inaugurare così l'era della rivoluzione
socialista.
Il peso
specifico delle varie rivendicazioni democratiche e transitorie nella lotta
del proletariato, il loro nesso reciproco, il loro ordine di successione sono
determinati dalle particolarità e dalle condizioni peculiari di ciascun paese
arretrato, in misura considerevole dalla portata della loro arretratezza. Ma
la linea generale dello sviluppo rivoluzionario può essere determinata dalla
formula della rivoluzione permanente nel significato che ha assunto
dopo tre rivoluzioni russe (1905, Febbraio 1917, Ottobre 1917).
L'Internazionale "comunista" ha fornito ai paesi arretrati l'esempio classico
del modo con cui si può compromettere rovinosamente una rivoluzione poderosa e
ricca di promesse. Al momento dell'impetuosa ascesa del movimento delle masse
in Cina nel 1925-1927, l'Internazionale comunista non ha lanciato la parola
d'ordine dell'assemblea nazionale e contemporaneamente si è opposta alla
costituzione dei soviet. Il partito borghese del Kuomintang doveva, secondo
Stalin, "sostituire" sia l'assemblea nazionale sia i soviet. Dopo lo
schiacciamento delle masse da parte del Kuomintang, l'Internazionale comunista
si è lanciata sulla via di una guerra partigiana e di soviet contadini, con la
completa passività del proletariato industriale. Trovatasi in un vicolo cieco,
ha approfittato della guerra cino-giapponese per liquidare con un semplice
tratto di penna la "Cina sovietica" subordinando non solo "l'Esercito rosso"
contadino, ma anche il partito cosiddetto comunista al Kuomintang, cioè alla
borghesia.
Dopo aver
tradito la rivoluzione proletaria internazionale in nome dell'amicizia con gli
schiavisti democratici, il Comintern doveva tradire anche la lotta
emancipatrice dei popoli coloniali, peraltro con un cinismo ancor più grande
di quello della IIa Internazionale. La politica dei fronti popolari
e della "difesa nazionale" ha come uno dei suoi obiettivi il trasformare le
centinaia di milioni di uomini della popolazione coloniale in carne da cannone
per l'imperialismo "democratico". La bandiera della lotta emancipatrice dei
popoli coloniali e semicoloniali, cioè di oltre la metà dell'umanità, passa
definitivamente nelle mani della IVa Internazionale.
IL PROGRAMMA DI
RIVENDICAZIONI TRANSITORIE NEI PAESI FASCISTI
Siamo assai
lontani dai tempi in cui gli strateghi dell'Internazionale comunista
proclamavano che la vittoria di Hitler non era che un passo verso la vittoria
di Thaelmann. Thaelmann da cinque anni resta nelle prigioni di Hitler.
Mussolini impone da dodici anni all'Italia le catene del fascismo. Durante
tutti questi anni i partiti della IIa e del la IIIa
Internazionale sono stati incapaci non solo di provocare un movimento di
massa, ma anche di creare una seria organizzazione illegale anche solo
parzialmente comparabile ai partiti rivoluzionari russi dell'epoca dello
zarismo.
Non è
assolutamente possibile spiegare questi insuccessi con la potenza
dell'ideologia fascista. In fondo, Mussolini non ha mai avuto un'ideologia. L'
"ideologia" di Hitler non è mai stata presa sul serio dagli operai. Gli strati
della popolazione cui il fascismo, a un determinato momento, ha fatto girare
la testa, cioè innanzi tutto le classi medie, hanno avuto tutto il tempo di
disilludersi. Se, ciò nonostante, un'opposizione appena percettibile si limita
ad ambienti clericali, cattolici o protestanti, la causa non risiede nella
potenza delle teorie semideliranti o semiciarlatanesche della razza, del
sangue, ma nello spaventoso fallimento delle ideologie della democrazia, della
socialdemocrazia, e del Comintern.
Dopo lo
schiacciamento della Comune di Parigi, per circa otto anni ci fu una reazione
asfissiante. Dopo la sconfitta della rivoluzione russa del 1905, le masse
operaie rimasero in uno stato di torpore press'a poco per lo stesso lasso di
tempo. Ma in entrambi i casi si trattò solo di sconfitte materiali, dovute ai
rapporti di forza. In Russia, per di più, si trattava di un proletariato quasi
vergine. La frazione bolscevica non aveva allora che tre anni. Una situazione
completamente diversa si è verificata in Germania dove la direzione
apparteneva a partiti potenti, uno dei quali con già settant'anni di
esistenza, l'altro con circa quindici. Questi due partiti, che avevano milioni
di elettori, si sono trovati moralmente paralizzati prima della lotta e sono
caduti senza combattere. Non c'è stata mai nella storia una simile catastrofe.
Il proletariato tedesco non è stato battuto dal nemico in battaglia : è stato
spezzato dalla codardia, dall'abiezione, dal tradimento dei suoi stessi
partiti. Nulla di strano che abbia perduto la propria fede in tutto quello in
cui si era abituato a credere da quasi tre generazioni. La vittoria di Hitler,
d'altra parte, ha rafforzato Mussolini.
L'insuccesso
prolungato del lavoro rivoluzionario in Italia e in Germania è il prezzo della
politica criminale della socialdemocrazia e del Comintern. Per svolgere un
lavoro illegale non occorre solo la simpatia delle masse, ci vuole anche
l'entusiasmo degli strati di avanguardia. Ma ci si può attendere l'entusiasmo
per organizzazioni in bancarotta ? I capi emigrati sono soprattutto agenti del
Cremlino e della Ghepeu, demoralizzati sino al midollo, o socialdemocratici
vecchi ministri della borghesia, che sperano che gli operai li reinstallino
nelle posizioni perdute in virtù di un miracolo. Si può pensare solo per un
momento che questi signori divengano i capi della futura rivoluzione
antifascista?
Neppure il
corso degli avvenimenti mondiali ha potuto finora favorire un'ascesa
rivoluzionaria in Italia e in Germania (schiacciamento degli operai austriaci,
sconfitta della rivoluzione spagnola, degenerazione dello Stato sovietico).
Nella misura in cui gli operai italiani e tedeschi dipendono, per la loro
informazione politica, dalla radio, si può dire con certezza che le
trasmissioni di Mosca, che combinano la menzogna termidoriana alla stupidità e
all'imprudenza, sono diventate un fattore poderoso di demoralizzazione degli
operai degli Stati totalitari. Da questo punto di vista, come da altri, Stalin
non è che un aiutante di Goebbels.
Tuttavia, gli
antagonismi di classe che hanno portato alla vittoria del fascismo, continuano
ad operare anche sotto la dominazione fascista e a poco a poco la corrodono.
Le masse sono sempre più malcontente. Centinaia e migliaia di operai dotati di
spirito di sacrificio continuano, nonostante tutto, il loro cauto lavoro
rivoluzionario di talpe. Sorgono nuove generazioni che non hanno vissuto
direttamente l'esperienza del crollo di grandi tradizioni e di grandi
speranze. La preparazione molecolare della rivoluzione è in marcia sotto la
grave mora del regime totalitario. Ma perché l'energia nascosta si trasformi
in un movimento visibile è necessario che l'avanguardia del proletariato abbia
una nuova prospettiva, un nuovo programma, una nuova bandiera senza macchia.
Qui risiede la
principale difficoltà. E' estremamente difficile per gli operai dei paesi
fascisti orientarsi verso un nuovo programma. La verifica del programma
avviene sulla base dell'esperienza : ed è proprio l'esperienza che fa difetto
al movimento di massa dei paesi sotto il dispotismo autoritario. E' assai
probabile che sia necessario un grande successo del proletariato in un paese
"democratico" per dare impulso al movimento rivoluzionario in territorio
fascista. Una catastrofe finanziaria o militare può avere lo stesso effetto.
Bisogna condurre in questo momento un lavoro preparatorio, soprattutto
propagandistico, destinato a dare risultati solo nel futuro.
Sin d'ora si
può affermare con certezza che, una volta scoppiato alla luce del sole, il
movimento rivoluzionario nei paesi fascisti, assumerà di colpo una portata
grandiosa e in nessun caso si arresterà a tentativi di far rivivere qualche
cadavere weimariano.
Qui comincia la
divergenza irriducibile tra la IVa Internazionale e i vecchi
partiti che sopravvivono pacificamente alla loro bancarotta. Il "fronte
popolare" nell'emigrazione è una delle varianti più nefaste e più proditorie
dei fronti popolari. In fondo, esprime la nostalgia impotente di una
coalizione con una borghesia liberale inesistente. Nella misura in cui avesse
un qualche successo non farebbe che preparare una serie di sconfitte del
proletariato alla maniera spagnola. Per questo la denuncia implacabile della
teoria e della pratica del fronte popolare è la prima condizione della lotta
rivoluzionaria contro il fascismo.
Ciò non vuol
dire evidentemente che la IVa Internazionale respinga le parole
d'ordine democratiche, al contrario, queste parole d'ordine possono avere una
funzione enorme. Ma le formule della democrazia (libertà di associazione, di
stampa, ecc.), per noi, sono parole d'ordine temporanee o episodiche nel
movimento indipendente del proletariato e non nodi democratici gettati attorno
al collo del proletariato da parte degli agenti della borghesia (Spagna !).
Non appena il movimento acquisterà in qualche modo un carattere di massa, le
parole d'ordine democratiche si allacceranno a parole d'ordine transitorie : i
comitati di fabbrica sorgeranno, c'è da supporlo, prima che i vecchi bonzi si
siano potuti accingere nei loro uffici alla ricostruzione dei sindacati ; i
soviet copriranno la Germania prima che si sia riunita a Weimar una nuova
assemblea costituente. Lo stesso accadrà in Italia e negli altri paesi
totalitari e semitotalitari.
Il fascismo ha
ributtato questi paesi nella barbarie politica. Ma non ha mutato la loro
natura sociale. Il fascismo è lo strumento del capitale finanziario e non
della proprietà terriera feudale. Il programma rivoluzionario deve basarsi
sulla dialettica della lotta di classe che si applica anche ai paesi fascisti
e non sulla psicologia di bancarottieri spaventati. La IVa
Internazionale respinge con disgusto i metodi di mascherata politica cui fanno
ricorso gli staliniani, vecchi eroi del "terzo periodo", per comparire volta a
volta dietro la maschera di cattolici, di protestanti, di ebrei, di
nazionalisti tedeschi, di liberali, con l'unico scopo di nascondere il proprio
volto così poco attraente. La IVa Internazionale si presenta sempre
e dovunque con la propria bandiera. Propone apertamente il suo programma al
proletariato dei paesi fascisti. Sin d'ora gli operai avanzati del mondo
intero sono fermamente convinti che il rovesciamento di Mussolini, di Hitler,
dei loro agenti e imitatori avverrà sotto la direzione della IVa
Internazionale.
L'URSS E I COMPITI
DELL'EPOCA DI TRANSIZIONE
L'Unione
sovietica è uscita dalla rivoluzione di Ottobre come Stato operaio. La
nazionalizzazione dei mezzi di produzione, condizione necessaria per uno
sviluppo socialista, ha reso possibile un rapido incremento delle forze
produttive. L'apparato dello Stato operaio isolato subisce nel frattempo una
degenerazione completa, trasformandosi da strumento della classe operaia in
strumento di violenza burocratica contro la classe operaia e sempre di più in
strumento del sabotaggio dell'economia. La burocratizzazione di uno Stato
operaio arretrato e isolato e la trasformazione delle burocrazia in casta
privilegiata, onnipotente, sono la confutazione più convincente - non solo
teorica ma pratica - della teoria del socialismo in un paese solo.
Così il regime
dell'URSS racchiude in sé contraddizioni minacciose, ma continua ad essere uno
Stato operaio degenerato. Questa è la diagnosi sociale.
Il pronostico
politico ha un carattere alternativo : o la burocrazia, divenendo sempre di
più l'organo della borghesia mondiale nello Stato operaio, distrugge le nuove
forme di proprietà e respinge il paese nel capitalismo, o la classe operaia
schiaccia la burocrazia e si apre una via verso il socialismo.
Per le sezioni
della IVa Internazionale, i processi di Mosca non costituiscono una
sorpresa né rappresentano il risultato della demenza personale del dittatore
del Cremlino, ma sono i prodotti legittimi del Termidoro. Sono nati dagli
attriti intollerabili che esistono all'interno della burocrazia sovietica,
attriti che a loro volta riflettono le contraddizioni tra la burocrazia e il
popolo, e gli antagonismi che si approfondiscono all'interno del "popolo"
stesso. La realtà sanguinosa dei processi mostra quale sia la forza di
tensione delle contraddizioni e annuncia così l'avvicinarsi della fine.
Le
dichiarazioni di ex-agenti del Cremlino all'estero, che si sono rifiutati di
rientrare a Mosca, hanno irrefutabilmente confermato che all'interno della
burocrazia vi sono tutte le sfumature del pensiero politico : dal vero
bolscevismo (I. Reiss) al fascismo palese (Th. Butenko). Gli elementi
rivoluzionari della burocrazia che costituiscono un'infima minoranza,
riflettono passivamente, è vero, gli interessi socialisti del proletariato.
Gli elementi fascisti, controrivoluzionari in generale, il cui numero aumenta
continuamente, esprimono in modo sempre più conseguente gli interessi
dell'imperialismo mondiale. Questi candidati ad un ruolo di compradores
pensano, non senza ragione, che il nuovo settore dirigente può garantire le
sue posizioni privilegiate solo rinunciando alle nazionalizzazioni, alla
collettivizzazione e al monopolio del commercio estero, in nome
dell'assimilazione della "civiltà occidentale", cioè del capitalismo. Tra
questi due poli si trovano tendenze intermedie, più o meno vaghe, di carattere
menscevico, socialista rivoluzionario o liberale, che gravitano attorno alla
democrazia borghese.
Nella società
detta "senza classi" ci sono senza dubbio gli stessi raggruppamenti che nella
burocrazia, ma con una caratterizzazione meno chiara e in proporzione
inversa : le tendenze capitalistiche coscienti, proprie soprattutto della
parte favorita dei kolchoziani, sono quelle di un'infima minoranza della
popolazione che trovano un larga base nelle tendenze piccolo-borghesi
all'accumulazione personale, che nascono dalla miseria generale e che la
burocrazia incoraggia coscientemente.
Su questo
sistema di antagonismi crescenti, che distruggono sempre di più l'equilibrio
sociale, si regge col metodo del terrore una oligarchia termidoriana, che oggi
si riduce soprattutto alla cricca bonapartista di Stalin.
Gli ultimi
processi sono stati un colpo contro la sinistra. Ciò vale anche per la
repressione contro i capi della repressione di destra, perché, dal punto di
vista degli interessi e delle tendenze della burocrazia, il gruppo di destra
del vecchio partito bolscevico rappresentava un pericolo a sinistra. Il fatto
che la cricca bonapartista, che teme anche i suoi alleati di destra del genere
di Butenko, si sia trovata costretta per assicurare la sua continuazione a
ricorrere allo sterminio quasi generale della vecchia generazione bolscevica,
è la riprova indiscutibile della vitalità delle tradizioni rivoluzionarie
nelle masse e del loro crescente malcontento.
I democratici
piccolo-borghesi dell'Occidente, che ancora ieri accettavano i processi di
Mosca come oro colato, ripetono oggi con insistenza che "in URSS non ci sono
né trotskismo né trotskisti". Essi non spiegano tuttavia perché l'epurazione
sia stata condotta proprio sotto il segno della lotta contro questo pericolo.
Se si intende il "trotskismo" come un programma compiuto, e a maggior ragione
come organizzazione, il "trotskismo" è senza dubbio estremamente debole in
URSS. Tuttavia, la sua forza invincibile consiste nell'esprimere non soltanto
la tradizione rivoluzionaria ma anche l'opposizione della classe operaia
stessa. L'odio sociale degli operai per la burocrazia, è precisamente questo
il "trotskismo" agli occhi della cricca del Cremlino. Essa teme mortalmente, e
a ragione, l'incontro della sorda rivolta degli operai e dell'organizzazione
della IVa Internazionale.
Lo sterminio
della vecchia generazione bolscevica e dei rappresentanti rivoluzionari della
generazione media e giovane, ha distrutto ancora di più l'equilibrio politico
in favore dell'ala destra, borghese, della burocrazia e dei suoi alleati nel
paese. E' da questa parte, cioè dalla destra, che ci possiamo attendere nel
prossimo periodo dei tentativi sempre più risoluti di ricostituire il regime
sociale dell'URSS, ravvicinandolo alla "civiltà occidentale" e prima di tutto
alla sua forma fascista.
Questa
prospettiva pone molto concretamente la questione della "difesa dell'URSS". Se
domani il raggruppamento borghese-fascista - o per così dire la "frazione
Butenko" - entrerà in lotta per la conquista del potere, la "frazione Reiss"
prenderà inevitabilmente posizione all'altro lato della barricata. Trovandosi
momentaneamente alleata di Stalin, essa difenderà, beninteso, non la sua
cricca bonapartista, ma la base sociale dell'URSS, vale a dire la proprietà
strappata ai capitalisti e nazionalizzata. Se la "frazione Butenko" stabilirà
un'alleanza militare con Hitler, la "frazione Reiss- difenderà l'URSS contro
l'intervento militare, all'interno dell'URSS come nell'arena mondiale. Ogni
altra condotta sarebbe un tradimento.
Così, non è
possibile negare la possibilità, in casi strettamente determinati, di un
"fronte unico" con la parte termidoriana della burocrazia contro l'offensiva
aperta della controrivoluzione capitalistica, ma il principale compito
politico in URSS resta, malgrado tutto, il rovesciamento della burocrazia
termidoriana stessa. Ogni giorno in più del suo dominio mina ulteriormente
gli elementi socialisti dell'economia e accresce le possibilità di una
restaurazione del capitalismo. E nello stesso senso agisce anche
l'Internazionale "comunista", agente e complice della cricca stalinista nel
soffocamento della rivoluzione spagnola e nella demoralizzazione del
proletariato internazionale.
Come nei paesi
fascisti la principale forza della burocrazia non risiede nella burocrazia
stessa, ma nello scoraggiamento delle masse e nella loro mancanza di una nuova
prospettiva. Come nei paesi fascisti, dai quali l'apparato politico di Stalin
si distingue soltanto per una maggiore frenesia, attualmente è possibile in
URSS solo un lavoro preparatorio di propaganda. Come nei paesi fascisti,
l'impulso al movimento rivoluzionario degli operai sovietici sarà dato
verosimilmente dagli avvenimenti esterni. La lotta contro il Comintern
nell'arena mondiale è attualmente il settore più importante della lotta contro
la dittatura staliniana. Molte cose permettono di credere che la disgregazione
del Comintern, che non ha appoggio diretto nella Ghepeu, precederà la caduta
della cricca bonapartista e di tutta la burocrazia termidoriana in generale.
La nuova ascesa
della rivoluzione in URSS comincerà senza dubbio sotto la bandiera della
lotta contro la disuguaglianza sociale e l'oppressione politica. Abbasso i
privilegi della burocrazia ! Abbasso lo stachanovismo ! Abbasso l'aristocrazia
sovietica coi suoi gradi e le sue decorazioni! Maggiore uguaglianza nel
salario per tutte le forme di lavoro !
La lotta per la
libertà dei sindacati e dei comitati di fabbrica, per la libertà di riunione e
di stampa, si trasformerà in lotta per la rinascita e lo sviluppo della
democrazia sovietica.
La burocrazia
ha sostituito i soviet, come organo di classe, con la finzione del suffragio
universale nello stile di Hitler-Goebbels. Bisogna restituire ai soviet non
soltanto la loro libera forma democratica, ma anche il loro contenuto di
classe. Come precedentemente la borghesia e i kulak non erano ammessi nei
soviet, così ora la burocrazia e la nuova aristocrazia debbono essere
cacciate dai soviet. Nei soviet, c'è posto solo per i rappresentanti degli
operai, dei kolchoziani, dei contadini, dei soldati rossi.
La
democratizzazione dei soviet è inconcepibile senza la legalizzazione dei
partiti sovietici. Gli operai e i contadini stessi, attraverso il libero
suffragio, stabiliranno quali siano i partiti sovietici.
Revisione
dell'economia pianificata dall'alto in basso, tenendo presenti gli
interessi dei produttori e dei consumatori ! I comitati di fabbrica debbono
riprendere il diritto di controllo sulla produzione. La cooperazione di
consumo, democraticamente organizzata, deve controllare la qualità dei
prodotti e i loro prezzi.
Riorganizzazione dei kolchoz sulla base della volontà dei kolchoziani e
dei loro interessi !
La politica
internazionale conservatrice della burocrazia deve far posto alla politica
dell'internazionalismo proletario. Tutta la corrispondenza diplomatica del
Cremlino deve essere pubblicata. Abbasso la diplomazia segreta !
Tutti i
processi politici montati dalla burocrazia termidoriana debbono essere
revisionati, pubblicamente e attraverso un libero esame. Gli organizzatori
delle falsificazioni debbono sopportarne il meritato castigo.
E' impossibile
realizzare questo programma senza il rovesciamento della burocrazia, che si
regge con la violenza e la falsificazione. Solo la sollevazione rivoluzionaria
vittoriosa delle masse oppresse può rigenerare il regime sovietico e
assicurare la marcia in avanti verso il socialismo. Solo il partito della IVa
Internazionale è capace di condurre le masse sovietiche all'insurrezione.
Abbasso la
cricca bonapartista di Caino-Stalin !
Viva la
democrazia sovietica !
Viva la
rivoluzione socialista internazionale!
CONTRO L'OPPORTUNISMO E
IL REVISIONISMO SENZA PRINCIPI
La politica del
partito di Léon Blum in Francia dimostra ancora una volta che i riformisti
sono incapaci di apprendere dalle più tragiche lezioni della storia. La
socialdemocrazia francese copia servilmente la politica della socialdemocrazia
tedesca e si avvia alla stessa catastrofe. Per decine d'anni la IIa
Internazionale si è sviluppata nel quadro della democrazia borghese, ne è
divenuta parte inalienabile e va in putrefazione assieme ad essa.
La IIIa
Internazionale è entrata nella via del riformismo mentre la crisi del
capitalismo aveva posto definitivamente all'ordine del giorno la rivoluzione
proletaria. La politica attuale del Comintern in Spagna e in Cina -politica
che consiste nello strisciare dinanzi alla borghesia "democratica" e
"nazionale" - dimostra che neppure il Comintern è più capace di imparare
qualcosa o di trasformarsi. La burocrazia che è diventata una forza
reazionaria nell'URSS, non può avere una funzione rivoluzionaria sull'arena
mondiale.
L'anarco-sindacalismo
ha subito, nell'insieme, un'evoluzione dello stesso genere. In Francia la
burocrazia sindacale di Léon Jouhaux è divenuta da tempo un'agenzia della
borghesia tra la classe operaia. In Spagna l'anarco-sindacalismo si è
sbarazzato del suo rivoluzionarismo di facciata non appena è sopraggiunta la
rivoluzione, ed è diventato la quinta ruota del carro della democrazia
borghese.
Le
organizzazioni intermedie centriste, che si riuniscono attorno al Bureau di
Londra, non sono che accessori "di sinistra" della socialdemocrazia o del
Comintern. Hanno dimostrato la loro totale incapacità di orientarsi in una
situazione storica e di trarne conclusioni rivoluzionarie. Il punto culminante
è stato raggiunto dal POUM spagnolo che in una situazione rivoluzionaria è
stato del tutto incapace di avere una politica rivoluzionaria.
Le tragiche
sconfitte del proletariato mondiale da lunghi anni a questa parte hanno spinto
le organizzazioni ufficiali verso un conservatorismo ancora maggiore e hanno
portato d'altra parte i "rivoluzionari" piccolo-borghesi delusi a ricercare
"nuove vie". Come sempre nei periodi di reazione e di declino, saltano fuori
da tutte le parti gli stregoni e i ciarlatani. Vogliono rivedere tutto lo
sviluppo del pensiero rivoluzionario. Invece di imparare dal passato, lo
"rifiutano". Gli uni scoprono l'inconsistenza del marxismo, gli altri
proclamano il fallimento del bolscevismo. Gli uni fanno ricadere sulla
dottrina rivoluzionaria la responsabilità degli errori e dei crimini di coloro
che l'hanno tradita ; gli altri maledicono la medicina perché non garantisce
una guarigione immediata e miracolosa. I più audaci promettono di scoprire una
panacea e nel frattempo raccomandano di arrestare la lotta di classe. Molti
profeti della nuova morale si accingono a rigenerare il movimento operaio con
una cura omeopatica etica. La maggioranza di questi apostoli sono diventati
invalidi morali senza mai essere stati sul campo di battaglia. Così, dietro la
parvenza di nuove rivendicazioni, non si propongono al proletariato che
vecchie ricette sepolte da tempo negli archivi del socialismo premarxista.
La IVa
Internazionale dichiara una guerra implacabile alla burocrazia della IIa
e della IIIa Internazionale, dell'Internazionale di Amsterdam e
dell'Internazionale anarcosindacalista, come pure ai satelliti centristi : al
riformismo senza riforme, al democraticismo alleato alla Ghepeu, al pacifismo
senza pace, all'anarchismo al servizio della borghesia, ai "rivoluzionari" che
hanno una paura mortale della rivoluzione. Tutte queste organizzazioni non
sono un pegno per l'avvenire, bensì sopravvivenze di un passato in
putrefazione. L'epoca delle guerre e delle rivoluzioni le spazzerà via
completamente.
La IVa
Internazionale non cerca né inventa alcuna panacea. Si mantiene fermamente sul
terreno del marxismo, sola dottrina rivoluzionaria che permetta di comprendere
quello che è, di individuare le cause delle sconfitte e di preparare
consapevolmente la vittoria. La IVa Internazionale si riallaccia
alla tradizione del bolscevismo che ha indicato per la prima volta al
proletariato come conquistare il potere. La IVa Internazionale
caccia via gli stregoni, i ciarlatani e i professori non richiesti di morale.
In una società fondata sullo sfruttamento, la morale suprema è la morale della
rivoluzione socialista. Buoni sono i metodi e i mezzi che elevano la coscienza
di classe degli operai, la loro fiducia nelle proprie forze, la loro
disposizione al sacrificio nella lotta. Inammissibili sono i metodi che
ispirano agli oppressi il timore e la docilità di fronte agli oppressori,
soffocano lo spirito di protesta e di rivolta o sostituiscono alla volontà
delle masse la volontà dei capi, alla persuasione la costrizione, all'analisi
della realtà la demagogia e la falsificazione. Ecco perché la
socialdemocrazia, che ha prostituito il marxismo, e lo stalinismo che è
l'antitesi del bolscevismo, sono i nemici mortali della rivoluzione proletaria
e della sua morale.
Guardare in
faccia la realtà, non cercare la linea di minore resistenza, chiamare le cose
con il loro nome, dire la verità alle masse per quanto amara sia, non aver
paura degli ostacoli, essere fedeli nelle piccole cose come nelle grandi,
osare quando giunge l'ora dell'azione : queste sono le norme della IVa
Internazionale, che ha dimostrato di saper andare contro corrente e sarà sulla
cresta dell'ondata storica che si avvicina.
CONTRO IL SETTARISMO
In seguito al
tradimento e alla degenerazione delle organizzazioni storiche del
proletariato, alla periferia della IVa Internazionale, sono nati o
si sono rigenerati gruppi e formazioni settarie di vario genere. Alla loro
radice è il rifiuto di lottare per rivendicazioni parziali e transitorie, cioè
per gli interessi e i bisogni elementari delle masse quali sono oggi. Per i
settari prepararsi alla rivoluzione significa unicamente convincere se stessi
dei vantaggi del socialismo. Essi propongono di volgere le spalle ai "vecchi"
sindacati, cioè a decine di milioni di operai - come se le masse potessero
vivere al di fuori delle condizioni reali di lotta ! Rimangono indifferenti
alla lotta interna nelle organizzazioni riformiste - come se potessero
conquistare le masse senza intervenire in questa lotta ! Si rifiutano, in
pratica, di fare una distinzione tra democrazia borghese e fascismo - come se
le masse potessero non accertare questa distinzione a ogni momento !
I settari non
sanno vedere che due colori : il bianco e il nero. Per non lasciarsi indurre
in tentazione, semplificano la realtà. Si rifiutano, nel caso della Spagna, di
distinguere tra i due campi in lotta per la semplice ragione che sono entrambi
di natura borghese. Per la stessa ragione pensano che è necessario rimanere
neutrali nella guerra tra il Giappone e la Cina. Negano la differenza
essenziale tra l'URSS e i paesi borghesi e, data la politica reazionaria della
burocrazia sovietica, si rifiutano di difendere dall'imperialismo le forme di
proprietà create dalla rivoluzione d'Ottobre. Sono incapaci di trovare accesso
alle masse e per questo non esitano ad accusare le masse di essere incapaci di
elevarsi sino alle idee rivoluzionarie.
Per questi
sterili profeti non c'è nessun bisogno di un ponte, sotto forma di
rivendicazioni transitorie, perché non hanno nessuna intenzione di passare
sull'altra sponda. Segnano il passo, si accontentano di ripetere le stesse
vuote astrazioni. Gli avvenimenti politici sono per loro l'occasione per fare
dei commenti, non per agire. Siccome, al pari dei confusionisti e dei facitori
di miracoli di ogni genere, subiscono ad ogni momento ceffoni dalla realtà, i
settari vivono in un permanente stato di irritazione, lagnandosi di continuo
del "sistema" e dei suoi "metodi" e abbandonandosi a piccoli intrighi. Nei
loro ambienti impongono di solito un regime dispotico. La prostrazione
politica del settarismo non fa che accompagnare, come un'ombra, la
prostrazione dell'opportunismo senza aprire prospettive rivoluzionarie. Nella
politica pratica i settari si uniscono a ogni passo agli opportunisti e
soprattutto ai centristi per lottare contro il marxismo.
La maggioranza
dei gruppi e delle cricche settarie di questo genere, che si nutrono delle
briciole cadute dalla tavola della IVa Internazionale, conducono
un'esistenza organizzativa "indipendente" con grandi pretese, ma senza la
benché minima possibilità di successo. I bolscevico-leninisti non intendono
perdere il loro tempo e lasciano tranquillamente questi gruppi al loro
destino.
Ma tendenze
settarie esistono anche nelle nostre file ed hanno un'influenza nefasta
sull'attività di certe sezioni. Ciò non può essere tollerato ulteriormente.
Una politica giusta nei confronti dei sindacati è una condizione fondamentale
per l'appartenenza alla IVa Internazionale. Chi non cerca e non
trova la via del movimento delle masse, non è un combattente, ma un peso morto
per l'organizzazione. Il programma non viene formulato per una redazione, una
sala di lettura o un club di discussione, ma per l'azione rivoluzionaria di
milioni di uomini. L'epurazione delle file della IVa Internazionale
dal settarismo e dai settari incorreggibili è la condizione primaria per
successi rivoluzionari.
APRIAMO LA PORTA
Al GIOVANI E ALLE DONNE
LAVORATRICI
La sconfitta
della rivoluzione spagnola, provocata dai suoi "capi", la vergognosa
bancarotta del Fronte popolare in Francia e lo smascheramento degli atti di
banditismo giudiziario di Mosca - questi tre fattori, presi congiuntamente,
sono un colpo irrimediabile per il Comintern e, indirettamente, una grave
ferita per i suoi alleati socialdemocratici e anarco-sindacalisti. Ciò non
vuol dire, beninteso, che i membri di queste organizzazioni si orienteranno di
colpo verso la IVa Internazionale. La generazione più matura che ha
subito terribili sconfitte, abbandonerà in gran parte il fronte di battaglia.
D'altronde, la IVa Internazionale non intende affatto diventare una
specie di rifugio per invalidi rivoluzionari, burocrati o carrieristi delusi.
Al contrario, sono necessarie norme rigorose preventive contro l'afflusso
nelle nostre file degli elementi piccolo-borghesi che attualmente dominano
negli apparati delle vecchie organizzazioni : un lungo periodo di candidatura
per coloro che non sono operai, soprattutto se si tratta di ex-burocrati,
proibizione per costoro di assumere nel l'organizzazione posti di
responsabilità per i primi tre anni, ecc. Nella IVa Internazionale
non c'è e non ci sarà posto per il carrierismo, questo cancro delle vecchie
internazionali. Troveranno accoglienza da noi solo coloro che vogliono vivere
per il movimento e non del movimento. Gli operai rivoluzionari devono sentirsi
padroni. Per loro le porte dell'organizzazione sono spalancate.
Naturalmente
anche tra gli operai che in passato sono stati in prima fila, non pochi sono
stanchi e delusi. Almeno nella prossima fase resteranno in disparte. Quando si
logorano un programma e un'organizzazione, si logora anche la generazione che
li ha retti sulle proprie spalle. Il rinnovamento del movimento avviene grazie
ai giovani, che non hanno nessuna responsabilità per il passato. La IVa
Internazionale rivolge un'eccezionale attenzione alla nuova generazione
proletaria. Con tutta la sua politica cerca di guadagnare la fiducia dei
giovani nelle sue forze e nel suo avvenire. Soltanto l'entusiasmo intatto e lo
spirito offensivo dei giovani possono assicurare i primi successi nella
lotta ; soltanto questi successi faranno ritornare sulla strada della
rivoluzione i migliori elementi della vecchia generazione. E' stato sempre
così e sarà sempre così.
Tutte le
organizzazioni opportuniste per loro stessa natura concentrano la loro
attenzione principalmente sugli strati superiori della classe operaia e quindi
ignorano sia i giovani sia le donne lavoratrici. Nella fase del suo declino il
capitalismo sferra i colpi più duri alle donne, come operaie e come donne di
casa. Le sezioni della IVa Internazionale devono ricercare
l'appoggio degli strati più oppressi della classe operaia e quindi delle donne
lavoratrici. Vi troveranno fonti inesauribili di attaccamento, di abnegazione
e di spirito di sacrificio.
A morte il
burocratismo e il carrierismo ! Apriamo le porte ai giovani e alle donne
lavoratrici ! Queste sono le parole d'ordine scritte sulla bandiera della
IVa Internazionale.
SOTTO LA BANDIERA DELLA
IVa INTERNAZIONALE
Gli scettici si
chiedono : ma è proprio giunto il momento di dar vita a una nuova
Internazionale ? E' impossibile - dicono - creare "artificialmente"
un'Internazionale : solo grandi avvenimenti possono farla sorgere, ecc., ecc.
Tutte queste obiezioni dimostrano solo che gli scettici non servono per creare
una nuova Internazionale. In genere non servono a nulla.
La IVa
Internazionale è già sorta da grandi avvenimenti : le più grandi sconfitte
proletarie della storia. Cause di queste sconfitte sono la degenerazione e il
tradimento della vecchia direzione. La lotta di classe non ammette
interruzioni. Dopo la IIa, anche la IIIa Internazionale
è morta ai fini della rivoluzione. Viva la IVa Internazionale !
Ma gli scettici
insistono : è proprio questo il momento di proclamarla ? La IVa
Internazionale -rispondiamo per parte nostra - non ha bisogno di essere
"proclamata". Esiste e lotta. E' debole. Sì, i suoi ranghi sono ancora
ridotti, perché è ancora giovane. Sinora si tratta soprattutto di quadri. Ma
questi quadri sono la sola garanzia per l'avvenire. Al di fuori di loro non
c'è nessuna tendenza rivoluzionaria degna del nome. Se la nostra
Internazionale è ancora debole numericamente, è forte dal punto di vista della
teoria, del programma, della tradizione, della tempra incomparabile dei suoi
quadri. Chi ancora non capisce questo, resti pure in disparte. Domani le cose
saranno più chiare.
La IVa
Internazionale è oggetto già oggi del giustificato odio degli staliniani, dei
socialdemocratici, dei liberali borghesi e dei fascisti. Non trova né può
trovare posto in nessun fronte popolare. Si contrappone intransigentemente a
tutti i gruppi politici legati alla borghesia. Suo compito è rovesciare la
dominazione del capitale. Suo fine è il socialismo. Suo metodo è la
rivoluzione.
Senza
democrazia interna non c'è educazione rivoluzionaria. Senza disciplina non c'è
azione rivoluzionaria. Il regime interno della IVa Internazionale è
basato sui principi del centralismo democratico : completa libertà nella
discussione, unità completa nell'azione.
La crisi
attuale della civiltà umana è la crisi della direzione proletaria. Gli operai
avanzati, riuniti attorno alla IVa Internazionale, indicano alla
loro classe la via per uscire dalla crisi. Le propongono un programma basato
sull'esperienza internazionale della lotta emancipatrice del proletariato e di
tutti gli oppressi in generale. Le propongono una bandiera senza macchia.
Operai e
operaie di tutti i paesi, entrate nelle file della IVa
Internazionale ! E' la bandiera della vostra vittoria che si avvicina !