Ultimo Aggiornamento : 22-07-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobilità e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
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Premessa

Questo testo fu scritto come di tesi di laurea presso la Facoltà di Scienze Politiche di Milano nel 1995. L’edizione che qui presento non varia molto da quella di allora. Allora la mia necessità era quella di ricostruire da una parte la storia delle tendenze trotskiste che operarono in Italia nel dopoguerra e dall’altra di fare una ricognizione sul ciclo di lotte 1968-1980.

Oggi non mi riconoscerei in tante valutazioni che lì sono espresse (per esempio il giudizio sul movimento del 1977) oppure eviterei sintesi troppo riduttive ( come quella sull’ esperienza e l’elaborazione dell’operaismo italiano). Tuttavia non ho voluto tornarci sopra, perché il tema non mi interessa più come allora e avrebbe richiesto molto tempo.Da tempo molti compagni e amici mi chiedevano di pubblicare la tesi, ma ho pensato  che – visti i suoi limiti – non era il caso di procedere alla sua pubblicazione cartacea. Ecco qui, quindi, il testo in formato elettronico. Chiunque può farlo circolare e utilizzare come meglio crede.

Quando scrissi questa tesi, gli effetti dirompenti sulle teorie e le culture del movimento operaio del XX secolo, determinatisi nel fatidico e fatale triennio 1989-1991, non mi erano ancora del tutto chiari. All’epoca infatti pensavo che il crollo dello stalinismo (al di là degli effetti collaterali negativi momentanei dal punto di vista psicologico e coscienziali) avrebbe riaperto la strada a una ripresa di un “marxismo rivoluzionario” non adulterato dalla controrivoluzione in Russia degli anni ’20. Da allora la riflessione sulla cesura dell’ ’89, mi ha spinto a pensare che sia necessaria una riconsiderazione più radicale che metta in questione il neo-bolscevismo del secondo dopoguerra in quanto ideologia (e le sue le forme organizzative settarie ed alienanti) e dall’altra parte accettando come problema ineludibile la stessa crisi del marxismo e la necessità di recuperare parti sostanziose dell’esperienza libertaria e dell’ultragauche del secondo dopoguerra. Il movimento rivoluzionario del futuro non tornerà più a una sorta di età aurea del movimento marxista, non sarà neo-bolscevico. Tra l’altro, più si studia la gigantesca ascesa proletaria mondiale del periodo 1917-1923  seriamente e più si comprende quante ombre, accanto alle luci ovviamente, ci furono.

Questa riflessione è ancora in corso e deve essere sistematizzata.  Ciò esigerà tempo perché richiede un bilancio sul movimento rivoluzionario approfondito e non affrettato. Chi sarà interessato potrà seguirla nei percorsi e nelle riflessioni del collettivo editoriale GiovaneTalpa – di cui faccio parte -  che sono ancora agli esordi.

Malgrado tutto ciò, molti che hanno letto questo lavoro, lo hanno comunque considerato dal punto di vista documentario, interessante e utile. Lo penso anch’io. E lo affido quindi alla critica, spero magnanima, dei suoi lettori. 

 

Y.C. luglio 2003

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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