PIATTAFORMA DI ORGANIZZAZIONE
DELL’UNIONE GENERALE DEGLI ANARCHICI
(Parigi, 1926)
Introduzione
E’ veramente
significativo il fatto che malgrado la forza e il carattere incontestabilmente
positivo delle idee anarchiche, malgrado la chiarezza e l’integrità delle
posizioni anarchiche di fronte alla rivoluzione sociale e, malgrado infine
l’eroismo e i sacrifici innumerevoli sostenuti dagli anarchici nella lotta per
il comunismo libertario, il movimento anarchico resti sempre debole e quasi
sempre figuri nella storia delle lotte della classe operaia, non come un
soggetto importante ma piuttosto come un fatto marginale, come un episodio.
Questa contraddizione tra il fondo positivo e incontestabile delle idee
anarchiche e il miserevole stato in cui vegeta il movimento libertario, trova la
sua spiegazione in un insieme di cause di cui la più importante, la principale,
è l’assenza nel mondo anarchico di principi e di metodi organizzativi. In ogni
paese, il movimento libertario, è composto da alcune organizzazioni locali che
professano un’ideologia ed una tattica contraddittorie, che non hanno alcuna
prospettiva del futuro né una continuità di lavoro propagandistico, che
generalmente scompaiono quasi senza lasciare la minima traccia dell’azione
espletata. Se noi le consideriamo nel loro insieme, queste condizioni
dell’anarchismo non possono altrimenti essere definite che "disorganizzazione
generale cronica". Questa febbre gialla, questa malattia della disorganizzazione
si è impadronita del movimento anarchico e lo agita da decenni. Non v’è dubbio
tuttavia che questa disorganizzazione ha la sua origine in alcune deficienze di
ordine teorico: soprattutto in una falsa interpretazione del principio di
individualità nell’anarchismo; e infatti tale principio è molto spesso
identificato con l’assenza di ogni responsabilità. Gli smaniosi
dell’affermazione del proprio io unicamente in vista di un vantaggio personale,
si ostinano a mantenere il movimento in uno stato caotico e giustificano questa
loro azione con i principi immutabili dell’anarchismo e dei suoi maestri.
Senonché, gli immutabili principi ed i maestri sostengono proprio il contrario.
La dispersione e l’isolamento sono la sconfitta, mentre la perfetta unione è
garanzia di vita e di sviluppo. Questa legge della lotta sociale si applica
perfettamente tanto alle classi quanto al gruppi. L anarchismo non è una bella
fantasia, non è un principio filosofico astratto: è un movimento sociale delle
masse lavoratrici. Appunto per ciò esso deve unire le sue forze in
un’organizzazione permanente, così come lo esigono la realtà e la strategia
della lotta delle classi. "Noi siamo persuasi- scrisse Kropotkin- che la
formazione di un partito anarchico in Russia, lungi dal pregiudicare l’opera
rivoluzionaria comune è, al contrario, auspicabile ed utile al massimo grado"
(prefazione a M. Bakunin, La Commune de Paris, ed. del 1892.) E
Bakunin, da parte sua, non si oppone mai all’idea di un’organizzazione generale
degli anarchici. Al contrario, le sue aspirazioni organizzative, come del resto
la sua attività nella Prima Internazionale dei Lavoratori, ci danno proprio il
diritto di vedere in lui un attivo partigiano di una tale organizzazione. Ma in
genere, quasi tutti i militanti dell’anarchismo avversarono ogni azione isolata
e sognarono un movimento saldato dall’unità degli scopi e dei mezzi. Negli anni
della rivoluzione russa del 1917 la necessità di una organizzazione generale si
fece sentire in maniera urgente e imperiosa. E proprio nel corso di questa
rivoluzione il movimento anarchico manifestò al più alto grado il suo
smembramento e la sua confusione. L’assenza di una organizzazione generale
spinse allora molti anarchici nelle braccia dei bolscevichi; così com’è tuttavia
la causa del fatto che molti militanti restano in uno stato di passività, che
ostacola ogni utilizzazione delle loro capacità, le quali peraltro sono spesso
notevolmente valide. Noi abbiamo un bisogno vitale di un’organizzazione che,
riunendo la maggioranza degli aderenti al movimento, stabilisca per l’anarchismo
una linea generale tattica e strategica , che serva di guida a tutto il
movimento. E’ ormai tempo per l’anarchismo di uscire dalla palude della
disorganizzazione, di mettere fine alle interminabili incertezze nelle questioni
teoriche e tattiche più importanti, di imboccare risolutamente la strada del
fine chiaramente intravisto, e di applicare un metodo collettivo di
organizzazione. Non basta quindi riconoscere la vitale necessità di una tale
organizzazione. E’ altresì indispensabile fissare il metodo della sua creazione.
Noi respingiamo, come teoricamente e praticamente inetta, l’idea di creare
un’organizzazione ispirata al criterio della "sintesi", cioè formata dall’unione
indifferenziata dei rappresentanti delle diverse tendenze dell’anarchismo, una
siffatta organizzazione formata da elementi teoricamente e praticamente
eterogenei non sarebbe che una specie di unione meccanica di individui che
concepiscono in maniera diversa i problemi del movimento anarchico, un’unione
che andrebbe immancabilmente a pezzi al primo urto con la realtà dei fatti.
D’altra parte, pensiamo che il metodo anarco-sindacalista non risolva il
problema organizzativo dell’anarchismo, giacché non indica come prioritario
quest’ultimo problema, ma si preoccupa unicamente della sua penetrazione e del
suo rafforzamento negli ambienti operai. Ed è chiaro che non si possono fare
grandi cose in questi ambienti, anche prendendovi piede in una certa misura, se
non si possiede una organizzazione generale anarchica. Il solo metodo che
conduca alla soluzione del problema dell’organizzazione generale è, a nostro
avviso, la riunione dei militanti attivi dell’anarchismo sulla base di posizioni
definite ideologicamente, tatticamente e organizzativamente, cioè sulla base più
o meno precisa di un programma omogeneo. L’elaborazione di un tale programma è
uno dei compiti principali che la lotta sociale degli ultimi anni impone agli
anarchici. Proprio a questo compito, il Gruppo degli anarchici russi in esilio
dedica una parte importante dei suoi sforzi. La Piattaforma d’organizzazione che
si pubblica qui di seguito, costituisce il disegno a grandi linee, l’ossatura di
un tale programma. Essa deve essere il primo passo verso l’unione delle forze
libertarie in una sola collettività rivoluzionaria attiva, capace di agire:
l’Unione Generale degli Anarchici. Noi non presumiamo che il presente progetto
non abbia difetti. Senza alcun dubbio esso ne possiede, come del resto ogni
nuova azione pratica di una certa importanza. E’ possibile che certe tesi
essenziali risultino omesse, che altre siano insufficientemente trattate, o che
altre siano, al contrario, troppo dettagliate e ribadite. Tutto ciò è possibile,
ma importa poco. Ciò che importa consiste nel gettare le basi di
un’organizzazione generale. Ed è proprio questo lo scopo cui mira la presente
piattaforma. Sarà compito dell’intera collettività –l’Unione Generale degli
Anarchici- di ampliarla, e poi di approfondirla e di farne un programma
definitivo per tutto il movimento anarchico. Ancora su un ulteriore problema noi
non ci facciamo alcune illusione. Prevediamo che molti rappresentanti del così
detto individualismo e dell’anarchismo caotico ci attaccheranno con rabbia,
accusandoci di avere infranto i principi anarchici. Ma noi sappiamo benissimo
che gli elementi individualisti e confusionari comprendono, sotto il titolo di
"principi anarchici", il menefreghismo, la negligenza e la mancanza di ogni
responsabilità, che inflissero al nostro movimento ferite quasi inguaribili
contro le quali noi lottiamo con tutta la nostra energia e con tutta la nostra
passione. Proprio per tutto ciò noi possiamo, in tutta tranquillità, trascurare
gli attacchi che ci verranno da quella parte. Noi fondiamo le nostre speranze su
altri militanti: su coloro che, rimasti fedeli all’anarchismo ed avendo vissuto
e sofferto la tragedia del movimento, cercano dolorosamente una via di uscita.
Riponiamo poi grandi speranze nella gioventù anarchica la quale, nata sotto il
soffio della Rivoluzione ed attratta, fin dall’inizio, nel vortice dei problemi
costruttivi, esigerà certamente la realizzazione dei principi organizzativi e
positivi dell’anarchismo. Noi invitiamo tutte le organizzazioni anarchiche russe
disperse nei diversi paesi del mondo, e gli stessi militanti isolati
dell’anarchismo, ad unirsi in una sola collettività rivoluzionaria, sulla base
di una comune piattaforma organizzativa. Possa questa piattaforma servire da
parola d’ordine rivoluzionaria e da centro di raccolta per tutti i militanti del
movimento anarchico russo! Possa altresì porre le basi dell’Unione Generale
degli Anarchici.
Viva la Rivoluzione
Sociale dei Lavoratori del mondo!
Il Gruppo "Dielo
Truda" Parigi, 20 giugno 1926
PARTE GENERALE
I. La lotta
di classe, il suo ruolo, la sua direzione.
Al pari di tutte le
altre che l’hanno preceduta, la società capitalista e borghese dei tempi nostri
non è "una". Essa è divisa in due campi assai diversi, tanto in rapporto alla
loro situazione quanto in relazione alle loro funzioni sociali: il proletariato
(nel senso esteso del termine) e la borghesia. La sorte del proletariato è, da
secoli, quella di subire il peso di un duro lavoro fisico i cui frutti non
rimangono a lui, ma vanno alla classe privilegiata detentrice della proprietà,
del potere e della cultura (la scienza, l’istruzione, l’arte): la borghesia.
L’asservimento sociale e lo sfruttamento delle masse lavoratrici sono la base su
cui si fonda la società moderna e senza la quale questa società non potrebbe
esistere. Questo fatto determinò una secolare lotta fra le classi, che assunse
talvolta un aspetto chiaro e violento, altra un andamento inavvertibile e lento.
Comunque tale lotta fu sempre diretta, nella sostanza, verso la trasformazione
della società attuale in una società che soddisfi i bisogni, le necessità e le
aspirazioni di giustizia dei lavoratori. Tutta la storia umana rappresenta, nel
campo sociale, una catena ininterrotta di lotte che le masse lavoratrici
conducono per i loro diritti, per la loro libertà, per una vita migliore. Questa
lotta di classe fu sempre, nella storia delle società umane, il fattore
principale e determinante la forma e la struttura di queste società. Il regime
politico e sociale di ciascun paese è anzitutto il prodotto della lotta delle
classi. Una determinata struttura di una qualunque società ci mostra la
posizione in cui si è fermata o in cui si trova la lotta delle classi. Ogni
minimo cambiamento nello sviluppo della guerra tra le classi e nella situazione
rispettiva delle classi in lotta, produce invariabilmente modificazioni nei
tessuti e nelle strutture della società. E’ questa l’importanza generale, la
portata universale e il senso della lotta delle classi nella vita delle società
di classe.
II. La
necessità di una rivoluzione sociale violenta.
Il principio
dell’asservimento e dello sfruttamento delle masse mediante la violenza
costituisce la base della società moderna. Tutte le manifestazioni della sua
esistenza, l’economia, la politica, le relazioni sociali, si fondano sulla
violenza di classe al cui servizio stanno il governo, la polizia, l’esercito, la
magistratura. Tutto, in questa società, ciascuna impresa considerata
isolatamente, così come lo stesso sistema statale, è un baluardo del capitalismo
da cui si sorvegliano costantemente i lavoratori ed ove si tengono sempre pronte
le forze destinate a reprimere qualsiasi movimento di lavoratori che minacci le
fondamenta o la stessa tranquillità della società attuale. Al tempo stesso, il
sistema di questa società mantiene deliberatamente le masse lavoratrici in uno
stato d’ignoranza e d’inerzia mentale; e impedisce con la forza lo sviluppo del
loro livello morale e intellettuale allo scopo di averne più facilmente ragione.
I progressi della società moderna, l’evoluzione tecnica del capitale e il
perfezionamento del suo sistema politico, moltiplicano la potenza delle classi
dominanti e rendono sempre più difficile la lotta contro di esse, arrestando
così il momento decisivo dell’emancipazione del lavoro. L’analisi della società
moderna ci porta alla conclusione che per trasformare la società capitalistica
in una società di lavoratori liberi, non vi è altra strada che quella della
rivoluzione sociale violenta.
III.
L’anarchismo e il comunismo anarchico
La lotta di classe
prodotta dalla schiavitù delle masse lavoratrici e dalle loro aspirazioni alla
libertà, fece nascere fra gli oppressi l’idea dell’anarchismo, l’idea della
negazione globale del sistema sociale fondato sui principi delle classi e dello
Stato, l’idea della sostituzione a questo sistema di una società libera e senza
Stato caratterizzata dall’autogoverno dei lavoratori. L’anarchismo nacque,
dunque, non dalle astratte riflessioni di un dotto o di un filosofo, ma dalla
lotta diretta condotta dai lavoratori contro il capitale, dai bisogni e dalle
necessità dei lavoratori, dalle loro aspirazioni di libertà e di eguaglianza:
aspirazioni che diventano particolarmente vive nei migliori periodi eroici della
vita e della lotta delle masse lavoratrici. I pensatori più noti
dell’anarchismo, come Bakunin, Kropotkin e altri, non hanno affatto creato
l’ideologia anarchica: avendola trovata nelle masse stesse, hanno semplicemente
contribuito con le loro conoscenze e con la loro capacità di pensatori a
precisarla ed a diffonderla. E’ chiaro quindi che l’anarchismo non è il
risultato di ricerche personali o di azioni individuali. D’altra parte,
l’anarchismo non è neppure il prodotto di aspirazioni umanitarie. L’umanità
"una" non esiste. Ogni tentativo di fare dell’anarchismo l’attributo di tutta
l’umanità, così com’essa si presenta oggi, di dargli un carattere genericamente
umanitario, sarebbe una menzogna storica e sociale che condurrebbe
inconfutabilmente alla giustificazione dell’ordine attuale e di una nuova forma
di sfruttamento. L’anarchismo è generalmente umanistico solo nel senso che le
idee delle masse lavoratrici tendono a risanare la vita di tutti gli uomini, e
che la sorte dell’umanità di oggi e di domani è legata a quella del lavoro
asservito. Se le masse lavoratrici saranno vittoriose, l’umanità intera
rinascerà. Se esse saranno sconfitte, la violenza, lo sfruttamento, la
schiavitù, l’oppressione continueranno a regnare nel mondo. La nascita, la
diffusione e la realizzazione degli ideali anarchici affondano le loro radici
nella vita e nella lotta delle masse lavoratrici e sono indissolubilmente legate
al destino di queste ultime. L’anarchismo aspira a trasformare la società
attuale borghese e capitalista in una società che assicuri ai lavoratori i
prodotti del loro lavoro, la libertà, l’indipendenza, l’eguaglianza sociale e
politica. Questa società sarà il comunismo anarchico, in cui troveranno la loro
piena espressione la solidarietà sociale e la libertà individuale: due idee che
si svilupperanno in perfetta armonia. Il comunismo anarchico afferma che l’unico
creatore di valori sociali è il lavoro fisico e intellettuale, e che per
conseguenza solo il lavoro ha il diritto di gestire tutta la vita economica e
sociale. E’ per questa ragione che l’anarchismo non giustifica né ammette in
alcuna misura l’esistenza delle classi non lavoratrici. Finchè queste classi
esisteranno contemporaneamente al comunismo anarchico, quest’ultimo non
riconoscerà doveri verso di esse. Solo quando i membri delle classi improduttive
si decideranno a diventare lavoratori ed accetteranno di vivere nella società
comunista anarchica alle medesime condizioni di tutti gli altri, solo allora
essi occuperanno un posto come gli altri, quali liberi membri di una società in
cui godranno i medesimi diritti ed avranno i medesimi doveri di tutti gli altri
lavoratori. Il comunismo anarchico aspira alla soppressione di ogni sfruttamento
e di ogni violenza, tanto contro l’individuo quanto contro le masse. A questo
scopo, esso stabilirà una base economica e sociale che unificherà in un insieme
armonico tutta la vita economica e sociale del paese, assicurerà a ciascun
individuo una situazione eguale a quella degli altri, ed apporterà a ciascuno il
massimo di benessere. Questa base consiste nella messa in comune, nella
socializzazione, di tutti i mezzi e strumenti di produzione (industrie,
trasporti, terre, materie prime, ecc…) e nella costituzione di organismi
economici fondati sul principio dell’eguaglianza e dell’autogoverno delle classi
lavoratrici. Nei limiti di questa società autogestita di lavoratori, il
comunismo anarchico ripone il principio di eguaglianza del valore del lavoro e
dei diritti di ogni individualità (non dell’individualità "in generale" e
neppure dell’individualità come "idea", ma dell’individualità concreta). E’ da
questo principio di eguaglianza e dal fatto stesso che il valore del lavoro
compiuto da ciascun individuo non può essere né misurato né stimato, che nasce
il principio fondamentale economico, sociale e giuridico del comunismo
anarchico: "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi
bisogni".
IV. La
negazione della democrazia.
La democrazia è una
delle forme della società capitalista e borghese. La sua base è il mantenimento
delle due classi antagoniste della società moderna, quella del lavoro e quella
del capitale, e la loro collaborazione sulla base della proprietà capitalista
privata. L’espressione di questa collaborazione consiste nel parlamento e nel
governo nazionale rappresentativo. Formalmente, la democrazia proclama la
libertà di parola, di stampa, di associazione, e quella di tutti i cittadini di
fronte alla legge. Ma nella realtà, tutte queste libertà hanno un carattere
molto relativo: esse sono tollerate finchè non contrastano con gli interessi
della classe dominante, cioè della borghesia. La democrazia mantiene intatto il
principio della proprietà capitalista privata. Al tempo stesso essa garantisce
alla borghesia il diritto di tenere nelle sue mani tutta l’economia del paese,
tutta la stampa, l’istruzione, la scienza, l’arte: il che di fatto rende la
borghesia padrona assoluta del paese. Avendo il monopolio nell’ambito della vita
economica, la borghesia può esercitare il suo potere illimitato anche
nell’ambito della vita politica. In effetti, il parlamento e il governo
rappresentativo non sono altro che organi esecutivi della borghesia. Per
conseguenza, la democrazia non è che uno degli aspetti della dittatura borghese,
mascherata da false formule di libertà politiche e di fittizie garanzie
democratiche.
V. La
negazione dello Stato e dell’autorità.
Gli ideologi della
borghesia definiscono lo Stato come l’organo regolatore delle complicate
relazioni politiche, civili e sociali fra gli uomini, in seno alla società
moderna, e come il supremo tutore dell’ordine e delle leggi di quest’ultima. Gli
anarchici sono perfettamente d’accordo con questa definizione, ma essi la
completano affermando che alla base di quest’ordine e delle sue leggi si trova
l’asservimento dell’enorme maggioranza del popolo da parte di un’esigua
minoranza, e che lo Stato serve appunto a mantenere questa soggezione. Lo Stato
è, al tempo stesso, la violenza organizzata della borghesia contro i lavoratori
e il sistema dei suoi organi esecutivi. I socialisti di sinistra, e in
particolare i bolscevichi, considerano anch’essi l’Autorità e lo Stato borghesi
come servi del capitale. Ma ritengono che l’Autorità e lo Stato possano
divenire, una volta nelle mani dei partiti socialisti, un mezzo potente nella
lotta per l’emancipazione del proletariato. Per questa ragione, questi partiti
propendono per un Potere socialista e per uno Stato operaio. Gli uni vogliono la
conquista del potere con mezzi pacifici, parlamentari (i socialdemocratici); gli
altri con mezzi rivoluzionari (i bolscevichi, i socialisti rivoluzionari di
sinistra). L’anarchismo considera queste due tesi come sostanzialmente errate e
nefaste per l’opera di emancipazione del lavoro. Il Potere è sempre legato allo
sfruttamento ed all’asservimento delle masse popolari. Esso sorge da questo
sfruttamento o è creato nel suo interesse. Il Potere senza violenza e senza
sfruttamento perde ogni ragion d’essere. Lo Stato e l’Autorità sottraggono alle
masse l’iniziativa, uccidendo lo spirito di creazione e di libera attività,
coltivano in esse la psicologia servile della sottomissione, dell’attesa, della
speranza di salire i gradini sociali, della fede cieca nelle guide, la speranza
di condividere il potere. Senonchè, l’emancipazione dei lavoratori non è
altrimenti possibile che nel corso della lotta rivoluzionaria diretta delle
grandi masse lavoratrici e delle loro organizzazioni di classe contro il sistema
capitalista. La conquista del potere da parte dei partiti socialdemocratici,
tramite i mezzi parlamentari e nelle condizioni dell’ordine attuale, non farà
avanzare d’un sol passo l’opera di emancipazione del lavoro, per la semplice
ragione che la potenza reale, e perciò il potere reale, rimarranno nelle mani
della borghesia, che tiene in pugno tutta l’economia e tutta la vita politica
del paese. Il ruolo dell’autorità socialista si limiterà perciò alle riforme, al
miglioramento dello stesso regime borghese. (Esempi: i partiti socialdemocratici
della Germania, della Svezia, del Belgio, pervenuti al potere all’interno della
stessa società capitalista). La conquista del potere mediante un’insurrezione
sociale e l’instaurazione di un così detto Stato proletario non può giammai
servire la causa dell’autentica emancipazione del lavoro. Lo Stato costituito
fin dall’inizio per la cosidetta difesa della rivoluzione, finisce
immancabilmente per gonfiarsi di necessità specifiche e congenite, diviene esso
stesso uno scopo, un prodotto di speciali gruppi privilegiati sui quali si
impernea; esso sottomette con la forza le masse alle sue necessità ed a quelle
dei gruppi di potere e restaura, per conseguenza, i fondamenti del Potere e
dello Stato capitalista: l’asservimento e lo sfruttamento sistematico delle
masse, mediante la violenza. (Es.: lo Stato "operaio e contadino" dei
bolscevichi).
VI. Il ruolo
delle masse e il ruolo degli anarchici nella lotta sociale e nella rivoluzione
sociale.
Le forze principali
della rivoluzione sociale sono: la classe operaia delle città, le masse
contadine ed, in parte, il proletariato intellettuale. (Pur essendo al pari del
proletariato delle città e delle campagne, una classe oppressa e sfruttata, il
proletariato intellettuale è relativamente più disgregato degli operai e dei
contadini, grazie ai privilegi economici accordati dalla borghesia ad alcuni
suoi membri. Per questa ragione, nei primi giorni della rivoluzione sociale,
soltanto gli strati meno agiati della classe intellettuale vi prenderanno parte
attiva). La concezione anarchica sul ruolo delle masse nella rivoluzione sociale
e nella costruzione del socialismo differisce, in modo tipico, da quella dei
partiti statalisti. Mentre il bolscevismo e le correnti che gli sono
consanguinee, pensano che le masse lavoratrici possiedano solo istinti
rivoluzionari distruttivi e che perciò siano incapaci di un’attività
rivoluzionaria creatrice –ragione principale per cui quest’attività deve
concentrarsi nelle mani degli uomini che costituiscono il governo dello Stato o
il Comitato Centrale del partito- gli anarchici pensano al contrario che le
masse lavoratrici siano feconde di possibilità creatrici e costruttive enormi,
per cui essi vogliono eliminare gli ostacoli che impediscono il manifestarsi di
codeste possibilità. Quale ostacolo principale gli anarchici considerano
precisamente lo Stato, usurpatore di tutti i diritti delle masse ed avocatore di
tutte le funzioni della vita economica e sociale. Lo Stato deve morire nella
società futura, non "un giorno", ma subito. Esso deve essere distrutto dai
lavoratori il primo giorno della loro vittoria, e non deve rinascere sotto forma
alcuna. Esso sarà sostituito da un sistema federalista delle organizzazioni di
produzione e di consumo dei lavoratori, unificate federativamente e
autogovernantisi. Questo sistema esclude tanto l’organizzazione del Potere,
quanto la dittatura di un qualunque Partito. La Rivoluzione russa del 1917
indica precisamente questo orientamento del processo di emancipazione sociale
nella creazione del sistema dei soviet degli operai e dei contadini e dei
consigli di fabbrica. Il suo grave errore consiste nel non aver essa liquidato,
in tempo opportuno, l’organizzazione del Potere dello Stato: del governo
provvisorio prima, del Potere bolscevico dopo. Sfruttando la fiducia degli
operai e dei contadini i bolscevichi riorganizzarono lo Stato borghese
conformemente alle circostanze del momento ed uccisero quindi, con l’aiuto di
questo Stato, l’attività creatrice delle masse soffocando il regime libero dei
soviet e dei consigli di fabbrica, che rappresentavano i primi passi verso la
costruzione di una società socialista non statalista. L’azione degli anarchici
può esser distinta in due periodi: quella svolta prima della rivoluzione, e
quella svolta durante la rivoluzione. Nell’una e nell’altra circostanza gli
anarchici potranno assolvere il loro ruolo solo come forza organizzata, munita
di una concezione chiara degli obiettivi e della loro lotta e dei metodi che
conducono alla realizzazione di questi obiettivi. Il compito fondamentale
dell’Unione Generale degli Anarchici, nel periodo pre-rivoluzionario, deve
consistere nella preparazione degli operai e dei contadini per la rivoluzione
sociale. E poiché nega la democrazia formale (borghese), poiché nega il Potere e
lo Stato, proclamando l’emancipazione globale del lavoro, l’anarchismo accentua
al massimo grado i rigidi principi della lotta delle classi, sveglia e sviluppa
nella masse la coscienza di classe e l’intransigenza rivoluzionaria di classe.
Ed è precisamente nel senso dell’intransigenza di classe, dell’antidemocrazia,
dell’antistatalismo, degli ideali del comunismo anarchico, che deve indirizzarsi
l’educazione libertaria delle masse. Senonchè, la sola educazione non è
sufficiente. Ciò che è altresì necessario è una certa educazione anarchica delle
masse, per realizzare la quale bisogna operare in due sensi: da una parte, nel
senso della selezione e del raggruppamento delle forze rivoluzionarie operaie e
contadine su base teorica comunista anarchica (organizzazione comunista
anarchica specifica); dall’altra parte, nel senso dell’organizzazione degli
operai e dei contadini rivoluzionari sulla base economica della produzione e del
consumo (organizzazioni economiche di resistenza degli operai e dei contadini
rivoluzionari, cooperative operaie e contadine libere, ecc…). La classe operaia
e contadina, organizzata sulla base della produzione e del consumo e penetrata
dall’ideologia dell’anarchismo rivoluzionario, sarà il primo pilastro della
rivoluzione sociale. Quanto più questi gruppi diverranno, fin da oggi, coscienti
e organizzati dal punto di vista anarchico, tanto più essi manifesteranno
intransigente volontà e capacità creative anarchiche, al momento della
rivoluzione. Quanto alla classe operaia in Russia, è chiaro che dopo otto anni
di dittatura bolscevica, che incatena i naturali bisogni di libera azione delle
masse, essa mostra meglio di qualunque altro esempio la vera natura di ogni
potere; questa classe conserva nel suo seno enormi possibilità per la formazione
di un movimento anarchico di massa. I militanti organizzati dovranno andare
incontro immediatamente e con tutte le forze disponibili a questi bisogni e a
queste possibilità, cercando di impedire che essi degenerino in riformismo (menscevismo).
Con la medesima urgenza, gli anarchici dovranno utilizzare tutte le loro forze
per l’organizzazione dei contadini poveri, schiacciati dal Potere statale, alla
ricerca di una via d’uscita e ricchi di enormi possibilità rivoluzionarie. Il
compito degli anarchici durante il periodo rivoluzionario, non può limitarsi
alla sola diffusione delle parole d’ordine e delle idee libertarie. La vita è in
un certo senso l’arena non soltanto della propaganda di questa o di
quell’ideologia, è nello stesso tempo un agone di lotta, di strategia e di
scontro di queste idee che aspirano rispettivamente alla direzione della vita
sociale ed economica. Più di ogni altra ideologia, l’anarchismo deve divenire la
concezione guida della rivoluzione sociale giacchè sarà solo sulla base
ideologica dell’anarchismo che la rivoluzione sociale potrà condurre
all’emancipazione completa del lavoro. La posizione dirigente dell’ideologia
anarchica nella rivoluzione significa semplicemente orientamento teorico
anarchico degli avvenimenti. Tuttavia, non bisogna attribuire a questa forza
teorica motrice il medesimo significato della direzione politica dei partiti
stalinisti, che mira in definitiva alla conquista del potere statale.
L’anarchismo nona spira né alla conquista del potere politico né alla dittatura.
La sua principale aspirazione consiste nell’aiutare le masse ad imboccare la via
giusta della rivoluzione sociale e della costruzione socialista. Ma non basta
che le masse imbocchino la via della rivoluzione sociale, è altresì necessario
mantenere quest’orientamento della rivoluzione e dei suoi obiettivi: la
soppressione della società capitalistica, nel nome di quella dei liberi
lavoratori. Come ha dimostrato l’esperienza della Rivoluzione russa del 1917,
quest’ultimo compito è tutt’altro che facile, soprattutto a causa dei numerosi
partiti che cercheranno di orientare il movimento verso una direzione del tutto
apposta a quella della rivoluzione sociale. Malgrado il fatto che le masse, nel
corso dei movimenti sociali sentano profondamente le tendenze e le parole
d’ordine degli anarchici, queste tendenze e queste parole d’ordine rimangono
tuttavia disperse, non essendo affatto coordinate, e perciò non contribuiscono
ad organizzare la forza motrice dell’ideologia libertaria che è indispensabile
per conservare l’orientamento e gli obiettivi anarchici alla rivoluzione
sociale. Questa forza teorica motrice può esprimersi solo attraverso un
collettivo particolarmente creato dalle masse a questo scopo. Gli elementi
anarchici organizzati costituiscono appunto questo collettivo [o "minoranza
guida"]. I doveri teorici e pratici di questo collettivo anarchico nel periodo
rivoluzionario sono considerevoli. Esso dovrà prendere l’iniziativa e spiegare
la sua piena partecipazione a tutti i campi della rivoluzione sociale: in quella
dell’indirizzo e del carattere generale della rivoluzione, in quello della
guerra civile e della difesa della rivoluzione, in quello dei compiti positivi
della rivoluzione nel campo della nuova produzione, del consumo, della questione
agraria e via di seguito. Su tutti questi problemi e su molte altre, le masse
pretenderanno dagli anarchici risposte chiare e precise. Orbene, dal momento che
gli anarchici si fanno assertori di una determinata concezione della rivoluzione
e della struttura della società essi sono tenuti a dare a tutti questi problemi
risposte precise, a ricondurre la soluzione di questi problemi alla concezione
generale del comunismo libertario e ad impegnare tutte le loro forze per la
realizzazione delle soluzioni date. Solo così, l’Unione Generale degli Anarchici
ed il movimento anarchico stesso assolveranno interamente la loro funzione
teorica motrice nella rivoluzione sociale.
VII. Il
periodo transitorio.
I partiti politici
socialisti indicano, con l’espressione "periodo transitorio", una fase
determinata nella vita di un popolo le cui caratteristiche sono: la rottura con
il vecchio ordine di cose e l’instaurazione di un nuovo sistema economico e
politico, che tuttavia non rappresenta ancora l’emancipazione completa dei
lavoratori. In tal senso, tutti i programmi minimi dei partiti politici
socialisti –per esempio il programma democratico dei socialisti opportunisti o
il programma della dittatura del proletariato dei comunisti- sono programmi del
periodo transitorio. Il carattere essenziale di questi programmi minimi consiste
nel fatto che in essi è considerata impossibile, per il momento, la
realizzazione completa delle aspirazioni dei lavoratori –indipendenza, libertà,
eguaglianza-, e per conseguenza viene mantenuta in tali programmi tutta una
serie d’istituzioni del sistema capitalista: il principio dell’autorità statale,
la proprietà privata dei mezzi e degli strumenti di produzione, il salariato e
molte altre istituzioni, a seconda degli scopi cui questo o quel programma dei
partiti politici è destinato. Gli anarchici sono sempre stati avversari, per
principio, di simili programmi, ritenendo che la formulazione di sistemi
transitori che mantengono i principi di sfruttamento e di costrizione delle
masse, conduce inevitabilmente ad un nuovo ritorno della schiavitù. Invece di
formulare programmi minimi politici, gli anarchici hanno difeso sempre l’idea
della rivoluzione sociale immediata, che priverà la classe capitalista dei
privilegi politici ed economici, e rimetterà i mezzi e gli strumenti di
produzione, così come tutte le funzioni della vita economica e sociale, nelle
mani dei lavoratori. Questa posizione gli anarchici la sostengono ancor oggi.
L’idea del periodo transitorio, secondo la quale la rivoluzione sociale deve
condurre non già alla società comunista, ma ad un sistema x che conservi
elementi e residui del vecchio sistema capitalista, è sostanzialmente
anti-sociale. Essa minaccia di favorire il consolidamento e lo sviluppo di
questi elementi fino alle loro precedenti dimensioni, e fa regredire gli
avvenimenti. Un esempio luminoso lo troviamo nel regime della "dittatura del
proletariato" stabilito in Russia dai bolscevichi. Secondo costoro, tale regime
deve considerarsi solo come una tappa transitoria verso il comunismo integrale.
Ma in realtà, questa tappa transitoria ha restaurato di fatto la società di
classe, al fondo della quale si trovano come prima gli operai e i contadini
poveri. La sostanza effettiva della costruzione della società comunista non
risiede nella possibilità di assicurare a ciascun individuo, fin dal primo
giorno della rivoluzione la libertà illimitata di potere soddisfare i suoi
bisogni, ma nella conquista della base sociale di questa società e nella
realizzazione dei principi su cui si fondano i rapporti egualitari fra gli
individui. Quanto alla questione dell’abbondanza più o meno favorevole dei beni
di consumo, essa non si pone sul medesimo piano dei principi essenziali, ma su
un piano puramente tecnico. In altri termini, il principio fondamentale su cui
sarà costruita la nuova società, il principio su cui riposerà, per così dire,
tale società e che non dovrà essere intaccato in alcun modo, è quello
dell’eguaglianza dei rapporti, della libertà e dell’indipendenza dei lavoratori.
Questo principio rappresenta giustamente la prima fondamentale esigenza delle
masse, nel cui nome soltanto esse si muoveranno verso la rivoluzione sociale. Di
due cose l’una: o la rivoluzione sociale si concluderà con la disfatta dei
lavoratori, nel qual caso bisognerà ricominciare a prepararsi alla lotta, ad una
nuova offensiva contro il regime capitalista; oppure essa produrrà la vittoria
dei lavoratori, nel qual caso essi, installati su posizioni di autogoverno nella
terra, nella produzione manifatturiera, nelle funzioni sociali, inizieranno la
costruzione della società libera. Proprio questo caratterizzerà l’inizio della
costituzione della società comunista: una ricostruzione che una volta cominciata
seguirà senza alcuna interruzione il corso del suo sviluppo, rafforzandosi e
perfezionandosi sistematicamente. Sicchè, la conquista delle funzioni produttive
e sociali da parte dei lavoratori traccerà una linea di demarcazione netta tra
l’epoca statalista e quella dell’anti-statalismo. Se intende divenire realmente
il portavoce delle masse in lotta, la bandiera di tutta un’epoca sociale
rivoluzionaria, l’anarchismo non deve conformare il suo programma alle
sopravvivenze di un mondo ormai defunto, alle tendenze opportuniste dei sistemi
e dei periodi transitori, né occultare i suoi principi fondamentali, ma al
contrario svilupparli ed applicarli il più possibile.
VIII.
Anarchismo e sindacalismo
Noi consideriamo artificiosa e priva di ogni
fondamento e di ogni buonsenso, la tendenza che oppone il comunismo anarchico al
sindacalismo e viceversa. Le nozioni di anarchismo e di sindacalismo
appartengono a due diversi piani. Mentre il comunismo, cioè la società libera di
lavoratori eguali, è lo scopo della lotta anarchica, il sindacalismo, cioè il
movimento operaio rivoluzionario organizzato sindacalmente, non è che una delle
forme di lotta rivoluzionaria di classe. Raccogliendo i lavoratori sulla base
della produzione il sindacato rivoluzionario, come del resto ogni movimento di
carattere professionale, non possiede una determinata ideologia, non possiede
una concezione del mondo che risponda a tutte le complicate questioni sociali e
politiche della realtà contemporanea. Esso riflette sempre l’ideologia di
diversi gruppi politici, e precisamente di quelli che operano più intensamente
fra i suoi aderenti. Il nostro atteggiamento nei confronti del sindacalismo
rivoluzionario viene chiarito da quanto diremo. Senza preoccuparci di risolvere
qui, in anticipo, la questione del ruolo dei sindacati rivoluzionari
all’indomani della rivoluzione, cioè di sapere se essi saranno gli organizzatori
di tutta la nuova produzione, o se essi cederanno questo compito ai soviet
operai, o ai consigli di fabbrica; noi pensiamo che gli anarchici devono
partecipare al sindacalismo rivoluzionario, considerandolo come una delle forze
del movimento operaio rivoluzionario. Tuttavia, la questione che si pone oggi
non è di sapere se gli anarchici devono o meno impegnarsi nel sindacalismo
rivoluzionario, quanto piuttosto di sapere il come e con quali obiettivi essi
devono prendervi parte.
Noi consideriamo tutto il periodo trascorso fino
ai giorni nostri -durante il quale gli anarchici partecipavano al movimento
sindacalista rivoluzionario in qualità di militanti e di propagandisti
individuali- come un periodo di relazioni artigianali degli anarchici con il
movimento operaio sindacale. L’anarcosindacalismo, che si sforza d’introdurre
con forza le idee libertarie nell’ala sinistra del sindacalismo rivoluzionario,
tramite la creazione di sindacati di tipo anarchico, rappresenta, sotto questo
profilo, un passo avanti: ma esso non riesce ancora a liberarsi del tutto del
metodo empirico. Giacchè l’anarcosindacalismo non pone bene in reciproco
rapporto di necessità l’opera di "anarchizzazione" del movimento sindacalista
con quella dell’organizzazione specifica delle forze anarchiche, esistente al di
fuori di quel movimento. Orbene, solo a condizione dell’esistenza di un tale
rapporto sono possibili l’anarchizzazione del sindacalismo rivoluzionario e
l’impedimento di ogni possibile deviazione di quest’ultimo in senso opportunista
e riformista. Considerando il sindacalismo rivoluzionario unicamente come un
movimento professionale di resistenza di lavoratori, privo di un’ideologia
sociale e politica determinata e perciò impotente a risolvere da se stesso la
questione sociale, noi riteniamo che il compito degli anarchici nei ranghi di
questo movimento debba consistere nel tentativo di diffondervi le idee
libertarie, di orientarlo anarchicamente, per trasformarlo in uno strumento
attivo della rivoluzione sociale. Occorre comunque non dimenticare mai, che se
il sindacalismo non troverà, al momento opportuno, il sostegno dell’ideologia
anarchica, esso ripiegherà, volente o nolente, sull’ideologia di un qualsiasi
partito politico statalista. Il sindacalismo francese, che un tempo brillava di
parole d’ordine e di tattiche anarchiche, cadde poi sotto l’influenza dei
comunisti da una parte, e soprattutto dall’altra parte sotto l’influenza dei
socialisti opportunisti di destra. Si tratta di un esempio sintomatico. Comunque
l’azione degli anarchici nelle file del movimento sindacale operaio
rivoluzionario non potrà essere svolta se non a condizione che la loro opera sia
coerentemente legata e sincronizzata con l’attività dell’organizzazione
anarchica che si trova fuori del sindacato. In altre parole, noi dobbiamo
aderire al movimento operaio rivoluzionario come forza organizzata, responsabile
del lavoro svolto nei sindacati di fronte all’organizzazione anarchica generale,
e orientata da questa organizzazione. Senza limitarci alla creazione di
sindacati anarchici, noi dobbiamo cercare la nostra influenza ideologica su
tutto il sindacalismo rivoluzionario, organizzato nelle più diverse forme (gli
I.W.W., le Unioni professionali russe, ecc…). Potremo raggiungere questo scopo
mettendoci al lavoro solo come collettivo anarchico rigidamente organizzato, e
non a piccoli gruppi empirici senza alcun legame organizzativo e senza alcuna
convergenza teorica fra loro. Raggruppamenti anarchici nelle imprese e nelle
officine, impegnati alla creazione di sindacati anarchici, in lotta nei
sindacati rivoluzionari per la preponderanza delle idee libertarie nel
sindacalismo; raggruppamenti orientati nella loro azione da una organizzazione
anarchica generale: ecco il senso e le forme dell’atteggiamento degli anarchici
di fronte al sindacalismo rivoluzionario ed ai movimenti sindacali rivoluzionari
ad esso legati.
PARTE
COSTRUTTIVA
Il problema
del primo giorno della rivoluzione sociale
L’obiettivo
principale del mondo del lavoro in lotta è la fondazione, mediante la
rivoluzione, d’una società comunista libera, egualitaria, basata sul principio
"da ciascuno secondo le sue forze, a ciascuno secondo i suoi bisogni". Tuttavia
questa società non si formerà come un tutto compiuto, da se medesima, in forza
del solo rovesciamento sociale. La sua realizzazione si presenterà come un
processo social-rivoluzionario più o meno lungo, orientato dalle forze
organizzate del lavoro vittorioso lungo un percorso determinato. Il nostro
compito è quello d’indicare fin d’ora questo percorso, di formulare i problemi
positivi e concreti che i lavoratori dovranno affrontare dal primo giorno della
rivoluzione sociale. L’esito di quest’ultima dipenderà dalla giusta soluzione di
questi problemi. E’ chiaro che la costruzione della nuova società non sarà
possibile prima della vittoria dei lavoratori sull’attuale sistema capitalista e
borghese e sui suoi rappresentanti. E’ impossibile iniziare la costruzione di
una nuova economia e di nuovi rapporti sociali, prima che la potenza dello Stato
posta a difesa del regime di schiavitù non sia stata distrutta, prima che gli
operai ed i contadini abbiano preso nelle loro mani, in regime rivoluzionario,
l’economia industriale ed agricola del paese. Per conseguenza, il primo compito
assoluto della rivoluzione sociale consiste nel distruggere la macchina statale
della società capitalista, nel privare la borghesia e, in genere, tutti gli
elementi socialmente privilegiati delle prerogative del potere, di affermare
ovunque la volontà del proletariato insorto espressa nei principi basilari della
rivoluzione sociale. Questo aspetto distruttivo e combattivo della rivoluzione
dovrà sgomberare la strada, in vista dei compiti positivi che costituiscono il
significato e l’essenza della rivoluzione sociale. Questi compiti sono i
seguenti:
-
la soluzione, in senso comunista anarchico, del
problema della produzione industriale del paese;
-
la soluzione, nel medesimo senso, del problema
agricolo;
-
la soluzione del problema del consumo
(l’approvvigionamento).
La produzione
Tenendo conto del
fatto che l’industria del paese è il risultato degli sforzi di parecchie
generazioni di lavoratori, e che le diverse branche dell’industria sono fra esse
strettamente legate, noi consideriamo tutta l’attuale produzione come il
risultato di una sola unità produttiva, appartenente totalmente a tutti i
lavoratori nel loro insieme ed a nessuno in particolare. Il meccanismo
produttivo del paese è globale ed appartiene a tutta la classe operaia. Questa
tesi definisce il carattere e la forma della nuova produzione, la quale sarà
parimenti globale, comune, nel senso che i prodotti realizzati dai lavoratori
apparterranno a tutti. Tali prodotti di ogni genere costituiranno la riserva
generale di approvvigionamento dei lavoratori, alla quale ogni partecipante alla
nuova produzione attingerà tutto ciò di cui avrà bisogno, su una base di
eguaglianza per tutti. Il nuovo sistema di produzione sopprimerà del tutto il
salariato ed ogni forma di sfruttamento, ed affermerà al loro posto il principio
della collaborazione fraterna e solidale fra i lavoratori. La classe
intermediaria che, nella società capitalista moderna, esercita funzioni
mediatrici –il commercio e altre- così come la borghesia, dovranno partecipare
alla nuova produzione alle medesime condizioni di tutti gli altri lavoratori.
Nel caso contrario, queste classi si porranno da se stesse fuori della società
lavoratrice.Non vi saranno padroni, imprenditori, proprietari privati o Stato
proprietario (come avviene tuttavia nello Stato dei bolscevichi). Le funzioni
organizzatrici della nuova produzione saranno attribuite a organismi
amministrativi creati espressamente a questo scopo dalle masse lavoratrici:
soviet operai, consigli di fabbrica o amministrazioni operaie delle imprese e
delle officine. Questi organismi collegati fra loro nell’ambito di un comune,
d’un distretto, e quindi di tutto il paese, formeranno le istituzioni del
comune, del distretto e, infine, l’organizzazione generale e federale di
gestione della produzione. Eletti dalle masse e posti costantemente sotto il
loro controllo e sotto la loro influenza, tutti questi organismi saranno
sistematicamente rinnovati e realizzeranno perciò il principio dell’autogestione
autentica delle masse.In altre parole, unificazione della produzione i cui mezzi
ed i cui prodotti appartengono a tutti, soppressione del salariato e
realizzazione del principio della collaborazione solidale, affermazione
dell’eguaglianza dei diritti di tutti i produttori, produzione amministrata da
organismi di gestione operaia eletti dalle masse: è questo il primo passo
pratico sulla via della realizzazione del comunismo anarchico.
Il consumo
Questo problema si
porrà nel corso della rivoluzione sotto un duplice aspetto: 1. Il principio
della ricerca dei beni di consumo; 2. Il principio della loro ripartizione.Per
quanto concerne la ripartizione dei beni di consumo, le soluzioni dipendono
sopratutto dalla quantità dei prodotti disponibili, dal principio della
conformità allo scopo, ecc. La rivoluzione sociale che si occuperà della
ricostruzione di tutto l’ordine sociale attuale. Dovrà per ciò stesso
preoccuparsi dei bisogni vitali di tutti. La sola eccezione sarà costituita dal
gruppo dei non lavoratori –cioè da coloro che si rifiuteranno di prendere parte
alla nuova produzione per motivi di ordine controrivoluzionario-. Ma in
generale, e ad eccezione di quest’ultima categoria di individui, la
soddisfazione dei bisogni di tutta la popolazione del territorio sul quale si
sarà affermata la rivoluzione sociale sarà assicurata dalla riserva generale dei
beni di consumo. Nel caso in cui la quantità dei prodotti fosse insufficiente,
si provvederà alla sua ripartizione secondo il criterio della maggiore
necessità, cioè a dire si provvederà in primo luogo ai fanciulli, ai malati e
alle famiglie operaie.Sarà proprio un problema molto difficile quello
dell’organizzazione di questa stessa riserva di beni di consumo? Senza alcun
dubbio, nei primi giorni della rivoluzione, le città non disporranno di tutti i
prodotti necessari alla vita della popolazione, mentre i contadini disporranno
abbondantemente dei prodotti carenti nelle città.I comunisti anarchici non
possono nutrire dubbi sul carattere mutuo dei rapporti fra la città ed i
lavoratori di campagna. Essi ritengono che la rivoluzione non può essere
realizzata senza il comune impegno degli operai e dei contadini. Per
conseguenza, la soluzione del problema della distribuzione nella rivoluzione non
sarà possibile senza una stretta collaborazione rivoluzionaria di queste due
categorie di lavoratori. Per stabilire questa collaborazione, la classe operaia
delle città avendo assunto la gestione diretta della produzione delle fabbriche,
dovrà immediatamente preoccuparsi dei bisogni vitali della campagna e cercare di
fornire alla medesima gli usuali prodotti di consumo quotidiano, nonché i mezzi
e le macchine per la coltura agricola collettiva. La solidarietà manifestata
dagli operai nei confronti dei contadini, determinerà un analogo atteggiamento
in costoro che forniranno in cambio alle città i prodotti della terra e in primo
luogo quelli alimentari.Le cooperative operaie e contadine saranno i primi
organismi capaci di soddisfare i bisogni alimentari e l’approvvigionamento
economico delle città e della campagna. Incaricate poi di funzioni più
importanti e permanenti –e particolarmente di fornire tutto ciò che è necessario
per assicurare e sviluppare la vita economica e sociale degli operai e dei
contadini-, queste cooperative saranno per ciò stesse trasformate in organismi
permanenti d’approvvigionamento delle città e della campagna.Questa soluzione
del problema dell’approvvigionamento permetterà al proletariato di creare una
riserva permanente di beni di consumo, il che si ripercuoterà in maniera
decisiva e positiva sulle sorti di tutta la nuova produzione.
La terra.
Noi consideriamo
forze principali fondamentali e creatrici per la soluzione della questione
agraria i contadini produttori diretti che non sfruttano il lavoro altrui, e il
salariato agricolo. Sarà loro compito definire la nuova sistemazione delle
terre, onde stabilire l’utilizzazione e lo sfruttamento delle medesime sulla
base dei principi comunisti.Al pari dell’industria, la terra, sfruttata e
coltivata da generazioni di lavoratori, è il prodotto dei loro sforzi comuni.
Essa appartiene perciò a tutto il popolo lavoratore nel suo insieme, ed a
nessuno in particolare. In quanto proprietà comune e inalienabile dei
lavoratori, la terra non può più essere oggetto di compravendita o di affitto,
non può dunque servire come mezzo di sfruttamento del lavoro altrui. La terra è
quindi una specie di stabilimento popolare comune ove il mondo dei lavoratori
produce i mezzi di sussistenza. Senonchè, essa è una specie di stabilimento nel
quale ciascun lavoratore agricolo ha preso l’abitudine, grazie a certe
condizioni storiche, di compiere il suo lavoro isolatamente, realizzando
indipendentemente dagli altri produttori. Mentre nell'industria il metodo
collettivo di lavoro è essenzialmente necessario e il solo possibile,
nell’agricoltura oggi esso non è il solo possibile. La maggior parte dei
contadini, infatti, coltiva la terra con mezzi individuali.Per tutto ciò,
allorchè le terre e gli strumenti per il loro sfruttamento passeranno ai
lavoratori agricoli, senza la possibilità di vendita o di affitto, la questione
concernente le forme diverse di utilizzazione dei prodotti e riguardante i mezzi
per il loro sfruttamento (per collettività o per famiglia), non avrà subito una
soluzione completa e definitiva, così come si verificherà invece per
l’industria. Nei primi tempi probabilmente si farà ricorso all’uno o all’altro
sistema. Saranno poi i lavoratori agricoli rivoluzionari che stabiliranno da sé
medesimi le forme definitive di sfruttamento e di usufrutto della terra. Per la
soluzione di questo problema non è possibile alcuna pressione dall’esterno.Tuttavia,
giacchè noi pensiamo che soltanto la società comunista, nel nome della quale del
resto sarà fatta la rivoluzione sociale, strappa i lavoratori dall’attuale
situazione di schiavitù e di sfruttamento e dà loro la completa libertà e
l’uguaglianza; poiché i contadini costituiscono la schiacciante maggioranza
della popolazione (quasi l’85% in Russia) e per conseguenza, il regime agricolo
organizzato dai medesimi sarà un fattore decisivo per le sorti della
rivoluzione; poiché infine, l’economia privata della agricoltura rimette in
piedi, così come l’industria privata, il commercio, l’accumulazione, la
proprietà privata e la restaurazione del capitale, sarà nostro dovere di fare
fin da questo momento tutto il necessario per facilitare la soluzione della
questione agraria in senso collettivo. A questo scopo, dobbiamo fin da ora
condurre fra i lavoratori agricoli un’instancabile propaganda a favore
dell’economia agraria collettiva. La costituzione di una Unione specifica di
contadini di tendenza libertaria faciliterà considerevolmente questo
proposito.Sotto questo rapporto, il progresso tecnico avrà un’enorme importanza,
giacchè faciliterà l’evoluzione dell’agricoltura e perciò la stessa
realizzazione del comunismo nelle città e principalmente nell’industria. Se nei
loro rapporti con i lavoratori agricoli, gli operai agiranno non individualmente
o per gruppi isolati, ma come un immenso collettivo comunista comprendente
intere branche dell’industria; se essi terranno conto, perdi più, dei bisogni
vitali della campagna e forniranno a ciascun villaggio, insieme agli oggetti di
uso quotidiano, utensili e macchine per lo sfruttamento collettivo della terra,
essi daranno certamente ai contadini una spinta notevole verso l’instaurazione
del comunismo nell’agricoltura.
La difesa
della Rivoluzione.
La questione della
difesa della rivoluzione si ricollega così al problema del "primo giorno". In
realtà, il mezzo più potente per la difesa della rivoluzione consiste nella
giusta soluzione dei suoi problemi concreti: quello della produzione, della
distribuzione e della terra. Una volta risolti in maniera giusta questi
problemi, nessuna forza controrivoluzionaria potrà sovvertire o far vacillare il
libero regime dei lavoratori. Ciò nonostante e malgrado tutto, i lavoratori
dovranno sostenere una dura lotta contro i nemici della rivoluzione, per
difendere e conservare la concreta esistenza di questo regime.La rivoluzione
sociale, minacciando i privilegi e la stessa esistenza delle classi non
lavoratrici della società attuale, provocherà immancabilmente da parte di queste
classi una disperata resistenza, che prenderà l’aspetto di un’accanita guerra
civile. Come l’esperienza russa ha dimostrato, una tale guerra civile sarà
l’affare non di pochi mesi, ma di parecchi anni. Per fortunati che siano i primi
passi dei lavoratori al principio della rivoluzione, le classi dominanti
conserveranno, tuttavia, per lungo tempo ancora, un’enorme capacità di
resistenza. Per parecchi anni, esse scateneranno attacchi contro la rivoluzione
cercando di riconquistare il potere ed i privilegi di cui furono privati.
Un’armata poderosa, la tecnica e la strategia militare, il capitale tutto
saranno impegnati contro i lavoratori vittoriosi.Allo scopo di conservare le
conquiste rivoluzionarie, questi ultimi dovranno creare opportuni organismi di
difesa della rivoluzione, per opporre all’offensiva reazionaria forze
combattenti all’altezza del compito. Nei primi giorni della rivoluzione queste
forze saranno costituite da tutti gli operai ed i contadini armati. Ma queste
forze armate spontanee saranno valide solo nei primi giorni, quando la guerra
civile non avrà ancora raggiunto il suo punto culminante e le due parti in lotta
non saranno ancora riuscite a creare organizzazioni militari regolarmente
costituite.Nella rivoluzione sociale, il momento più critico non è quello del
crollo del Potere, ma quello che seguirà questo avvenimento, cioè una offensiva
generale contro i lavoratori, quello in cui si tratterà per costoro di mantenere
le conquiste realizzate.Il carattere stesso di quest’offensiva, così come la
tecnica e lo sviluppo della guerra civile, obbligheranno i lavoratori a
costituire speciali contingenti militari rivoluzionari. La natura e i principi
fondamentali di queste formazioni devono essere determinati prima. Orbene,
negando i metodi statalisti ed autoritari del governo delle masse, noi anarchici
neghiamo per gli stessi motivi il sistema statalista di organizzazione delle
forze militari dei lavoratori, cioè il principio di un esercito autoritario
basato sul servizio militare obbligatorio. Conformemente alle posizioni
fondamentali del comunismo anarchico, alla base delle formazioni militari dei
lavoratori deve essere posto il principio del volontariato. I distaccamenti dei
partigiani contadini e operai insorti, che condussero l’azione militare durante
la Rivoluzione russa, possono essere citati come esempi di tali
formazioni.Tuttavia, non bisogna intendere il volontariato e l’azione dei
partigiani nel senso ristretto che si può dare a questi termini, cioè come lotta
di distaccamenti operai e contadini contro il nemico locale, non coordinati tra
essi da un piano generale operativo ed operanti ciascuno sotto la propria
responsabilità ed a suo rischio e pericolo. L’azione e la tattica dei partigiani
devono essere orientate, nel periodo del loro completo sviluppo, da una
strategia rivoluzionaria comune.Simile ad ogni guerra, la guerra civile non
potrebbe essere condotta con successo dai lavoratori, se non applicando i due
fondamentali principi di ogni azione militare: l’unità del piano operativo e
l’unità del comando generale. Il momento più critico della rivoluzione sarà
quello in cui la controrivoluzione marcerà contro di essa con forze organizzate.
Questo fatto obbligherà i lavoratori a ricorrere agli accennati principi della
strategia militare. E pertanto, considerate le prescrizioni della strategia
militare e gli stessi principi che informano quella della controrivoluzione, le
forze armate rivoluzionarie dovranno fondersi inevitabilmente in una sola armata
generale, con un comando unico ed un piano comune d’operazioni.I seguenti
principi costituiranno la base di questa armata rivoluzionaria: a) il carattere
di classe della medesima; b) il volontariato: ogni costrizione sarà del tutto
esclusa dall’opera di difesa della rivoluzione; c) la libera disciplina –o
autodisciplina- rivoluzionaria (il volontariato e l’autodisciplina si
armonizzeranno perfettamente insieme, rendendo l’armata rivoluzionaria
spiritualmente più forte di qualsiasi armata dello Stato); d) la completa
subordinazione dell’armata rivoluzionaria alle masse operaie e contadine, cioè
agli organismi operai e contadini diffusi in tutto il paese e posti dalle masse
alla direzione della vita economica e sociale.In altre parole: l’organo di
difesa della rivoluzione incaricato di combattere la controrivoluzione, sia sui
fronti militari propriamente detti, sia su quelli della guerra civile
all’interno dello stesso territorio interessato dalla rivoluzione (complotti
della borghesia, preparazione di azioni controrivoluzionarie, ecc.), sarà
interamente a disposizione delle organizzazioni produttive operaie e contadine,
alle quali sarà subordinato e dalle quali sarà politicamente orientato.Si noti
che prima ancora di essere organizzato conformemente a determinati principi
comunisti anarchici, l’esercito stesso non dovrà essere considerato come un
elemento fondamentale. Esso non sarà che la conseguenza della strategia militare
della rivoluzione, una misura strategica alla quale i lavoratori saranno
fatalmente trascinati dal processo stesso della guerra civile. Comunque, questa
misura deve richiamare la nostra attenzione fin da ora: essa dev’essere
scrupolosamente studiata, onde evitare –nell’opera di protezione e di difesa
della rivoluzione- ogni irreparabile ritardo; giacchè durante la guerra civile
ogni ritardo potrebbe essere nefasto per l’esito stesso di tutta la rivoluzione
sociale.
PARTE
ORGANIZZATIVA
I principi
dell’organizzazione anarchica.
Le posizioni
generali costruttive già esposte costituiscono la piattaforma organizzativa
delle forze rivoluzionarie dell’anarchismo. Questa piattaforma contenente un
orientamento teorico e tattico determinato è il minimo al quale bisogna
richiamare urgentemente tutti i militanti del movimento anarchico organizzato.
Il suo scopo è quello di riunire tutti gli elementi sani del movimento anarchico
in una sola organizzazione generale, attiva ed operante in maniera permanente:
l’Unione Generale degli Anarchici. Le forze di tutti i militanti attivi
dell’anarchismo dovranno essere orientate verso la creazione di
quest’organizzazione. I principi organizzativi generali d’una Unione Generale
degli Anarchici dovranno essere i seguenti:
L’unità teorica. La teoria è la
forza che dirige l’attività degli individui e delle organizzazioni per una via
definita e verso uno scopo determinato. Naturalmente, essa dev’essere comune a
tutti gli individui ed a tutte le organizzazioni aderenti all’Unione Generale.
Tutta l’attività dell’Unione Anarchica Generale, tanto nel suo insieme quanto
nei dettagli, deve concordare perfettamente e costantemente con i principi
ideologici professati dall’Unione.
L’unione tattica o metodo collettivo
d’azione. I metodi tattici seguiti dai singoli aderenti o dai gruppi
dell’Unione devono egualmente essere unitari, cioè trovarsi in perfetta
concordanza tanto tra di essi quanto con l’ideologia e la tattica generali
dell’Unione. Una linea tattica comune ha un’importanza decisiva per l’esistenza
dell’organizzazione e di tutto il movimento: essa lo libera dalle nefaste
conseguenza di molteplici tattiche contraddittorie e riunisce tutte le forze del
movimento facendo loro prendere una comune direzione verso un obiettivo
determinato.
La responsabilità collettiva.
L’abitudine di agire sotto la propria responsabilità individuale deve essere
condannata e respinta all’interno del movimento anarchico. I settori della vita
rivoluzionaria sociale e politica sono, anzitutto, profondamente collettivi per
la loro stessa natura. L’attività sociale rivoluzionaria non può basarsi, in
questi campi, sulla responsabilità personale del singolo militante. L’organo
esecutivo del movimento anarchico generale –l’Unione Anarchica- pronunciandosi
decisamente contro la tattica dell’individualismo irresponsabile, afferma fra i
suoi membri il principio della responsabilità collettiva; per cui tutta l’Unione
sarà responsabile dell’attività rivoluzionaria e politica di ciascuno dei suoi
membri, così come ciascuno dei suoi membri sarà responsabile dell’attività
rivoluzionaria e politica di tutta l’Unione.
Il federalismo. L’anarchismo ha
sempre negato l’organizzazione centralizzata, tanto nel campo della vita sociale
delle masse quanto in quello della sua azione politica. Il sistema della
centralizzazione si regge sul soffocamento dello spirito di critica,
dell’iniziativa e dell’indipendenza di ciascun individuo, e sulla cieca
sottomissione di vaste masse "al centro". Le conseguenze naturali inevitabili di
questo sistema sono l’asservimento e la meccanizzazione della vita sociale e di
quella dei partiti. Al contrario del centralismo, l’anarchismo ha
sempre professato e difeso il principio del federalismo, che concilia
l’indipendenza e l’iniziativa dell’individuo o dell’organizzazione, con il
servizio della causa comune. Conciliando l’idea dell’indipendenza e della
soddisfazione dei diritti di ciascuna individualità con le necessità ed i
bisogni sociali, il federalismo apre per ciò stesso le porte ad ogni sana
manifestazione delle capacità di ciascun individuo. Senonchè molto spesso, il
principio federalista venne deformato fra gli anarchici: lo si intendeva sovente
come il diritto di affermare soprattutto il proprio "io", senza tener conto dei
doveri verso l’organizzazione. Questa falsa interpretazione disorganizzò nel
passato il nostro movimento. E’ quindi tempo di mettere fine, in maniera decisa
e definitiva, a questo inconveniente. Il federalismo è la libera intesa fra gli
individui e le organizzazioni per un lavoro collettivo, orientato verso un
comune obiettivo. Orbene, una tale intesa e l’unione federale fondata su di
essa, non divengono realtà –invece che finzioni e illusioni- se non alla
condizione sine qua non che tutti i partecipanti alla intesa ed
all’Unione assolvano nel modo più completo i doveri accettati e si conformino
alle decisioni adottate in comune. In un lavoro sociale, per quanto vasta possa
essere la base federalista sulla quale esso si fonda, non vi possono essere
diritti senza doveri. Come non vi possono essere deliberati senza alcuna
esecuzione. Ciò è tanto meno ammissibile in un’organizzazione anarchica che si
assume impegni che riguardano esclusivamente i lavoratori e la rivoluzione
sociale. Appunto per ciò, la forma federalista dell’organizzazione anarchica,
pur riconoscendo a ciascun membro dell’associazione il diritto all’indipendenza,
alla libera opinione, all’iniziativa ed alla libertà individuali, lo incarica di
determinati compiti organizzativi, esigendone la puntuale esecuzione, così come
pretende l’esecuzione delle deliberazioni adottate in comune. Solo a questa
condizione, il principio federalista sarà vitale, e l’organizzazione anarchica
funzionerà regolarmente puntando verso l’obiettivo definito. L’idea dell’Unione
Generale Anarchica pone il problema della coordinazione e della concordanza
delle attività di tutte le forze del movimento anarchico. Ciascuna
organizzazione aderente alla Unione rappresenta una cellula vitale che fa parte
dell’organismo comune. Ciascuna cellula avrà il suo segretario, che seguirà e
orienterà ideologicamente l’attività politica e tecnica dell’organizzazione. Un
organismo speciale sarà creato in vista della coordinazione dell’attività di
tutte le organizzazioni aderenti all’Unione, esso sarà il Comitato Esecutivo
dell’Unione stessa. Al Comitato saranno attribuite le seguenti funzioni:
esecuzione delle deliberazioni adottate dall’Unione e per cui l’Unione lo
incaricherà; orientamento ideologico e organizzativo dell’attività delle singole
associazioni aderenti, conformemente alla linea teorica e tattica dell’Unione;
relazioni sullo stato generale del movimento; mantenimento dei contatti di
lavoro e di organizzazione fra tutte le associazioni dell’Unione e con altre
organizzazioni. I diritti, le responsabilità ed i compiti pratici del Comitato
Esecutivo saranno fissati dal Congresso dell’Unione. L’Unione Generale degli
Anarchici ha uno scopo determinato e concreto. Per il successo della rivoluzione
sociale, essa dovrà anzitutto scegliere ed assorbire gli elementi più
rivoluzionari e è più dotati di spirito critico del mondo operaio e contadino.
Battendosi per la rivoluzione sociale e, inoltre, essendo un’organizzazione
anti-autoritaria che aspira all’abolizione dell’attuale società di classe,
l’Unione Generale degli Anarchici si appoggia in egual misura sulle due classi
fondamentali della società attuale: gli operai e i contadini. Essa curerà in
egual misura l’opera di emancipazione di queste due classi. Per quanto concerne
le organizzazioni economiche operaie e rivoluzionarie delle città, l’Unione
Generale degli Anarchici dovrà moltiplicare i suoi sforzi allo scopo di divenire
il loro pioniere e la loro guida ideologica. Essa si propone i medesimi scopi
delle masse contadine e sfruttate. Considerandole capaci di ricoprire il
medesimo ruolo delle unioni operaie di mestiere rivoluzionarie, l’Unione
cercherà di costituire una rete di organizzazioni economiche contadine
rivoluzionarie, ed un’Unione Contadina specifica (politica) fondata sui principi
anti-autoritari. Venuta fuori dal cuore delle masse lavoratrici, l’Unione
Generale degli Anarchici dovrà prendere parte a tutte le manifestazioni della
loro vita, stimolando ovunque e sempre lo spirito d’organizzazione, di
perseveranza, d’attività e di attacco. Solo così essa potrà assolvere il suo
compito, la sua missione ideologica e storica nella rivoluzione sociale dei
lavoratori, e divenire veramente l’avanguardia organizzata della loro marcia
verso l’emancipazione.
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