Introduzione
Per la Germania, la critica della religione nell’essenziale e compiuta, e la
critica della religione e il presupposto di ogni critica.
L’esistenza profana dell’errore e compromessa dacché e stata confutata la sua
celeste oratio pro aris-et focis. L’uomo, il quale nella realtà fantastica del
cielo, dove cercava un superuomo, non ha trovato che 1’immagine riflessa di se
stesso, non sarà più disposto a trovare soltanto 1’immagine di se, soltanto il
non-uomo, la dove cerca e deve cercare la sua vera realtà.
Il fondamento della critica irreligiosa e: l’uomo fa la religione, e non la
religione 1’uomo. Infatti, la religione e la coscienza di se e il sentimento di
se dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso.
Ma 1’uomo non e un'entità astratta posta fuori del mondo. L’uomo e il mondo
dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la
religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo
capovolto. La religione e la teoria generale di questo mondo, il suo compendio
enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo punto d’onore
spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne
completamento, il suo universale fondamento di consolazione e di
giustificazione. Essa e la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché
1’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione e
dunque, mediatamente, la lotta contro quel mondo, del quale la religione e
1’aroma spirituale.
La miseria religiosa e insieme 1’espressione della miseria reale e la
protesta contro la miseria reale. La religione e il sospiro della creatura
oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come e lo spirito di una
condizione senza spirito. Essa e 1’oppio del popolo.
Eliminare la religione in quanto illusoria felicita del popolo vuol dire
esigere la felicita reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua
condizione e 1’esigenzu di abbandonare una condizione che ha bisogno di
illusioni. La critica della religione, dunque, e, in germe, la critica della
valle di lacrime, di cui la religione e 1’aureolu.
La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché 1’uomo
porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e
colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna 1’uomo affinché egli
pensi, operi, dia forma alla sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla
ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e, perciò, intorno al suo
sole reale. La religione e soltanto il sole illusorio che si muove intorno
all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.
È dunque compito della storia, una volta scomparso 1’al di la della verità,
quello di ristabilire la verità dell’al di qua. E innanzi tutto e compito della
filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la
figura sacra dell’autoestraneazione umana, smascherare 1’autoestraneazione nelle
sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della
terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della
teologia nella critica della politica.
La seguente trattazione – un contributo a tale lavoro – si rifà inizialmente
non già all’originale ma ad una copia, alla filosofia tedesca del diritto e
dello Stato, e ciò per nessun’altra ragione se non quella che essa si rifà alla
Germania.
Se si volesse ricollegare direttamente allo status quo tedesco, sia pure
nell’unico modo adeguato, cioè negativamente, il risultato rimarrebbe sempre un
anacronismo. Persino la negazione del nostro presente politico si trova già,
come un fatto polveroso, nella soffitta storica dei popoli moderni. Se nego i
codini incipriati, mi rimangono pur sempre i codini non incipriati. Se nego le
condizioni del 1843, mi trovo, secondo il calendario francese, appena nell’anno
1789, ben lungi dunque dal punto focale del presente.
Anzi, la storia tedesca si vanta di avere un corso che nessun popolo
dell’olimpo storico le ha mostrato e che nessuno imiterà. Noi abbiamo infatti
condiviso le restaurazioni dei popoli moderni senza condividere le loro
rivoluzioni. Abbiamo subito le restaurazioni, in primo luogo, perché altri
popoli osarono una rivoluzione, in secondo luogo, perché altri popoli subirono
una controrivoluzione, una volta perché i nostri signori avevano paura e
un’altra perché i nostri signori non avevano paura. Noi, coi nostri pastori alla
testa, ci trovammo sempre una sola volta in compagnia della libertà, nel giorno
della sua sepoltura.
Una scuola che legittima 1’infamia di oggi con 1’infamia di ieri, una scuola
che dichiara ribelle ogni grido dei servi della gleba contro lo staffile, purché
lo staffile sia uno staffile annoso, avuto, storico, una scuola alla quale la
storia mostra soltanto il suo a posteriori, così
come il Dio d’Israele al suo servo Mosé, la scuola storica del diritto,
avrebbe perciò inventato la storia tedesca, se non fosse stata essa stessa
un’invenzione della storia tedesca. Come Shylock, ma uno Shylock servo, essa
giura per ogni libbra di carne che viene tagliata dal cuore del popolo, sul suo
titolo di credito, sul suo titolo storico, sul suo titolo cristiano-germanico.
Viceversa, entusiasti in buona fede, teutomani per sangue e liberaleggianti
per riflessione, cercano la nostra storia della libertà al di la della nostra
storia, nelle foreste vergini teutoniche. Ma come potrà la nostra storia della
libertà distinguersi dalla storia della libertà del cinghiale, se la si può
trovare soltanto nelle foreste? Inoltre, e noto che 1’eco della foresta ci
rimanda il nostro stesso grido. Pace dunque alle teutoniche foreste vergini!
Guerra alle condizioni tedesche! Con ogni mezzo! Esse stanno sotto il livello
della storia, sono al di sotto di ogni critica, ma rimangono un oggetto della
critica, al modo in cui il delinquente che sta sotto il livello dell'umanità
rimane un oggetto del boia. In lotta con esse, la critica non e una passione del
cervello, essa e il cervello della passione. Essa non e un coltello anatomico, è
un’arma. Il suo oggetto è il suo nemico, che essa non vuole confutare bensì
annientare. Infatti, lo spirito di quelle condizioni e confutato. In se e per se
non sono oggetti memorabili, ma spregevoli quanto spregiate esistenze. Per se,
la critica non ha bisogno di venire in chiaro nei confronti di questo oggetto,
avendo al riguardo le idee perfettamente chiare. Essa non si pone più come fine
a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo. Il suo pathos essenziale e 1’indignuzione,
il suo compito essenziale e la denuncia.
Si tratta di descrivere una reciproca, sorda pressione di tutte le sfere
sociali 1’una sull’altra, un generale inerte malcontento, una limitatezza che
altrettanto si riconosce quanto si misconosce, il tutto racchiuso nella cornice
di un sistema di governo. che, vivendo della conservazione di ogni meschinità,
non e esso stesso altro se non la meschinità al governo.
Quale spettacolo! Una società divisa all’infinito nelle razze più svariate,
le quali si contrastano con piccole antipatie, cattiva coscienza e brutale
mediocrità, e che appunto a causa della reciproca posizione ambigua e sospetta
vengono trattate tutte senza distinzione, se pur con differenti formalità, dai
loro signori come esistenze consentite. E lo stesso fatto di essere dominate,
governate, possedute, esse devono riconoscerlo e professarlo come una
concessione del cielo! E dall’altra parte quegli stessi signori, la cui
grandezza sta in rapporto inverso al loro numero!
La critica che si cimenta con questo contenuto e la critica che sta in mezzo
alla mischia, e nella mischia non ha importanza se 1’avversario e nobile, di
pari condizione, se e un avversario interessante, ha importanza colpirlo. Ha
importanza non concedere ai tedeschi un solo attimo di illusione su di se e di
rassegnazione. Bisogna rendere ancor più oppressiva 1’oppressione reale con
1’aggiungervi la consapevolezza dell’oppressione, ancor più vergognosa la
vergogna, dandole pubblicità. Si deve raffigurare ciascuna sfera della società
tedesca come il marchio d'infamia della società tedesca, bisogna far ballare
questi rapporti mummificati cantando loro la loro propria musica! Bisogna
insegnare al popolo ad avere orrore di se stesso, per fargli coraggio. Si
soddisfa con ciò un imprescindibile bisogno del popolo tedesco, e i bisogni dei
popoli sono di per se stessi i motivi ultimi del loro appagamento.
E anche per i popoli moderni, questa lotta contro il ristretto contenuto
dello status quo tedesco non può essere priva di interesse, perché lo status quo
tedesco costituisce 1’uperto compimento dell’ancien régime, e 1’ancien regime e
la tara occulta dello Stato moderno. La lotta contro il presente politico
tedesco e la lotta contro il passato dei popoli moderni, che continuano tuttora
ad esser molestati dalle reminiscenze di questo passato. E per essi istruttivo
vedere 1’ancien regime che visse da loro la sua tragedia, recitare ora la sua
commedia come replica tedesca. Tragica fu la sua storia fino a quando esso era
il vecchio potere preesistente del mondo mentre la libertà era un capriccio
personale, in una parola, fino a quando esso credeva e doveva credere nella
propria legittimità. Fino a che 1’ancien regime, in quanto ordine mondiale
vigente, lotto contro un mondo ancora in formazione, dalla sua parte stava un
errore storico universale, non personale. Perciò il suo tramonto fu tragico.
Invece 1’attuale regime tedesco, un anacronismo, una flagrante contraddizione
con assiomi universalmente riconosciuti, la nullità dell’ancien régime esposta
alla vista del mondo, si immagina ancora di credere in se stesso e pretende dal
mondo la stessa immaginazione. Ma se credesse alla sua propria essenza, la
celerebbe sotto 1’apparenza di un’essenza estranea, e cercherebbe la sua
salvezza nell’ipocrisia e nel sofisma? L’ancien regime moderno non e più che il
commediante di un ordine mondiale, i cui eroi reali sono morti. La storia e
radicale e percorre parecchie fasi, quando deve seppellire una figura vecchia.
L’ultima fase di una figura storica universale e la sua commedia. Gli dei della
Grecia, che già una volta erano stati tragicamente feriti a morte nel "Prometeo
incatenato" di Eschilo, dovettero ancora una volta morire comicamente nei
"Dialoghi" di Luciano. Perché la storia procede cosi? Affinché 1’umanita si
separi serenamente dal suo passato. Questa serena destinazione storica noi
rivendichiamo alle forze politiche della Germania.
Ma non appena la moderna realtà politico-sociale viene essa stessa sottoposta
alla critica, non appena dunque la critica si innalza a problemi veramente
umani, essa si trova al di fuori dello status quo tedesco, altrimenti essa
coglierebbe il suo oggetto al di sotto del suo soggetto. Un esempio! Il rapporto
dell’industria, del mondo della ricchezza in generale, con il mondo politico e
un problema capitale dell’epoca moderna. Sotto quale forma questo problema
comincia ad occupare i tedeschi? Sotto la forma dei dazi protettivi, del sistema
vincolistico, del1’economia nazionale. La teutomania e passata dall’uomo alla
materia, sicché un bel mattino i nostri cavalieri del cotone e i nostri eroi del
ferro si trovarono trasformati in patrioti. In Germania si comincia dunque a
riconoscere la sovranità del monopolio verso 1’interno conferendo ad esso
sovranità verso l’esterno. In Germania si sta cominciando dunque nel modo in cui
in Francia e in Inghilterra si sta per finire. La vecchia, putrida condizione
contro cui questi paesi sono in rivolta sul piano dell’idee, e che ancora
sopportano soltanto come si sopportano le catene, viene salutata in Germania
come la nascente aurora di un roseo futuro, che ancora quasi non osa passare
dalla astuta teoria alla più implacabile pratica. Mentre il problema in Francia
e in Inghilterra suona: economia politica o dominio della società sulla
ricchezza, in Germania suona: economia nazionale o dominio della proprietà
privata sulla comunità nazionale. Si tratta dunque, in Francia e in Inghilterra,
di abolire il monopolio, che e andato innanzi sino alle sue ultime conseguenze,
si tratta in Germania di proseguire fino alle ultime conseguenze del monopolio.
La si tratta di trovare la soluzione, qui soltanto’ di giungere allo scontro. Un
esempio sufficiente questo, della forma tedesca dei problemi moderni, un esempio
di come la nostra storia, simile ad una recluta maldestra, sin qui abbia avuto
soltanto il compito di esercitarsi a ripetere storie trite.
Se dunque lo sviluppo complessivo della Germania non procedesse oltre lo
sviluppo politico della Germania, un tedesco potrebbe partecipare ai problemi
del presente al massimo quanto vi può partecipare un russo. Ma se il singolo
individuo non e legato dai limiti della nazione, ancor meno 1’intera nazione
viene liberata dalla liberazione di un solo individuo. Gli sciti non
progredirono di un solo passo verso la cultura greca per il fatto che la Grecia
annovera uno scita tra i suoi filosofi.
Per fortuna noi tedeschi non siamo sciti.
Come i popoli antichi vivevano la loro preistoria nell’immaginazione, nella
mitologia, così noi tedeschi abbiamo vissuto la nostra storia futura nel
pensiero, nella filosofia. Noi siamo i contemporanei filosofici del presente,
senza esserne i contemporanei storici. La filosofia tedesca e il prolungamento
ideale della storia tedesca. Se dunque noi critichiamo anziché le opere
incomplete della nostra storia reale le opere postume della nostra storia
ideale, la filosofia, la nostra critica si trova invero in mezzo ai problemi dei
quali il presente dice: questo e il problema. Ciò che presso i popoli progrediti
e rottura critica con le moderne condizioni dello Stato, in Germania, dove tali
condizioni ancora non esistono neppure, e innanzi tutto rottura critica con il
riflesso filosofico di tali condizioni.
La filosofia tedesca del diritto e dello Stato e 1’unica storia tedesca che
stia al puri col moderno presente ufficiale. Il popolo tedesco, perciò, deve
annoverare questa sua storia sognata fra le proprie attuali condizioni, e
sottoporre alla critica non soltanto queste attuali condizioni ma insieme anche
la loro astratta prosecuzione. Il suo futuro non può limitarsi ne alla immediata
negazione delle sue reali condizioni politiche e giuridiche ne al1’immediata
traduzione in pratica di quelle ideali, poiché la immediata negazione delle sue
condizioni reali esso la possiede già nelle sue condizioni ideali, e la
immediata traduzione in pratica delle sue condizioni ideali a sua volta esso la
ha già quasi sopravanzata osservando i popoli suoi vicini. A ragione, perciò, il
partito politico pratico in Germania esige la negazione della filosofia. Il suo
torto non consiste in tale esigenza, ma nel fermarsi ad essa senza seriamente
soddisfarla ne poterla soddisfare. Esso crede di compiere quella negazione
voltando le spalle alla filosofia e, col capo rivolto altrove, mormorando con
disapprovazione contro di essa qualche frase ingiuriosa e banale. La
ristrettezza del suo orizzonte non annovera la filosofia neppure nella cerchia
della realtà tedesca, o addirittura vaneggia che sia al di sotto della prassi
tedesca e delle teorie che la servono. Voi pretendete che ci si riallacci a
germi reali di vita, ma dimenticate che il reale germe di vita del popolo
tedesco fino ad oggi ha germogliato soltanto dentro il suo cervello. In una
parola: voi non potete sopprimere la filosofia senza realizzarla.
Lo stesso torto, ma invertendo i fattori, lo ha commesso il partito politico
teorico, che prende le mosse appunto dalla filosofia.
Nella lotta odierna, esso ha visto unicamente la lotta critica della
filosofia contro il mondo tedesco, e non ha considerato che anche la filosofia
sorta dopo 1’inizio di quella lotta appartiene a questo mondo e ne e il
completamento, sia pure ideale. Critico verso il suo avversario, si e comportato
acriticamente verso se stesso, poiché e partito dalle premesse della filosofia,
e si e arrestato ai suoi risultati dati, ovvero ha spacciato come immediate
esigenze e risultati della filosofia, esigenze e risultati presi altrove,
sebbene questi al contrario – posto che siano giustificati – si possano ottenere
soltanto attraverso la negazione della filosofia avutasi finora, della filosofia
in quanto filosofia. Ci riserviamo una più approfondita descrizione di questo
partito. Il suo difetto fondamentale si può quindi così
riassumere: esso credeva di poter realizzare la filosofia senza
sopprimerla.
La critica della filosofia tedesca dello Stato e del diritto, che con Hegel
ha ricevuto la sua forma più conseguente, più ricca e definitiva, e 1’analisi
critica dello Stato moderno e della realtà ad essa connessa, e insieme, la
decisa negazione di tutto il modo precedente della coscienza politica e
giuridica tedesca, la cui espressione più eminente, più universale, elevata a
scienza, e appunto la filosofia speculativa del diritto. Se solo in Germania e
stata possibile la filosofia speculativa del diritto, questo astratto ed
esaltato pensamento dello Stato moderno, la cui realtà rimane un aldilà, anche
se questo aldilà si trova soltanto al di la del Reno: inversamente, la
concezione tedesca dello Stato moderno, che astrae dall’uomo reale, fu possibile
a sua volta soltanto in quanto lo Stato moderno stesso astrae dall’uomo reale,
ovvero soddisfa in modo soltanto immaginario 1’uomo nella sua totalità. I
tedeschi nella politica hanno pensato ciò che gli altri popoli hanno fatto. La
Germania fu la loro coscienza teorica. L’astrattezza e la presunzione del suo
pensiero andarono sempre di pari passo con la unilateralità e inferiorità della
loro realtà. Se dunque lo status quo del sistema statale tedesco esprime il
compimento dell’ancien regime, ossia la spina nella carne dello Stato moderno,
lo status quo della scienza statale tedesca esprime 1’incompiùtezza dello Stato
moderno, la piaga della sua stessa carne.
Già in quanto decisa avversaria del modo precedente della coscienza politica
tedesca, la critica della filosofia speculativa del diritto non si perde in se
stessa, ma procede ad assolvere compiti per la cui soluzione esiste un unico
mezzo: la prassi.
Il problema e se la Germania possa pervenire ad una prassi all’altezza dei
princìpi, cioè ad una rivoluzione che la innalzi non soltanto al livello
ufficiale dei popoli moderni, ma all’altezza umana che sarà il prossimo futuro
di questi popoli.
L’arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la
forza materiale dev’essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria
diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria e
capace di impadronirsi delle masse non appena dimostra ad hominem, ed essa
dimostra ad hominem, non appena diviene radicale. Essere radicale vuol dire
cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per 1’uomo, e 1’uomo stesso. La
prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, dunque della sua energia
pratica, e il suo partire dal deciso superamento positivo della religione. La
critica della religione finisce con la dottrina per cui l’uomo e per l’uomo
l’essenza suprema, dunque con 1’imperativo categorico di rovesciare tatti i
rapporti nei quali 1’uomo e un essere degradato, assoggettato, abbandonato,
spregevole, rapporti che non si possono meglio raffigurare che con
1’esclamazione di un francese di fronte ad una progettata tassa sui cani: poveri
cani! Vi si vuole trattare come uomini!
Anche storicamente, 1’emancipazione teorica ha una importanza specificamente
pratica per la Germania. Il passato rivoluzionario della Germania e infatti
teorico, e la Riforma. Come allora la rivoluzione ebbe inizio nel cervello del
monaco, oggi essa ha inizio nel cervello del filosofo.
Lutero, in verità, vinse la servitù per devozione mettendo al suo posto la
servitù per convinzione. Egli ha spezzato la fede nell'autorità, restaurando 1’autorita
della fede. Egli ha trasformato i preti in laici, trasformando i laici in preti.
Egli ha liberato 1’uomo dalla religiosità esteriore, facendo della religiosità
1’interiorita dell’uomo. Egli ha emancipato il corpo dalle catene, ponendo in
catene il cuore.
Ma se il protestantesimo non fu la vera soluzione, fu tuttavia la vera
impostazione del problema. Adesso bisognava non più che il laico lottasse contro
il prete al di fuori di lui, ma contro il suo proprio prete interiore, contro la
sua natura pretesca. E se la trasformazione protestante dei laici tedeschi in
preti emancipo i papi laici, cioè i principi insieme con il loro clero, i
privilegiati e i filistei, la trasformazione filosofica dei preteschi tedeschi
in uomini emanciperà il popolo. Ma come 1’emancipazione non si fermo ai prìncipi,
cosi la secolarizzazione dei beni non si fermerà alla spoliazione delle Chiese,
che prima di tutti l’ipocrita Prussia pose in opera. Allora, la guerra dei
contadini, il fatto più radicale della storia tedesca, fece naufragio contro la
teologia. Oggi che la stessa teologia ha fatto naufragio, il fatto più
illiberale della storia tedesca, il nostro status quo, si infrangerà contro la
filosofia. Il giorno prima della Riforma, la Germania ufficiale era il più
incondizionato servo di Roma. Il giorno prima della sua rivoluzione, essa e il
servo incondizionato di qualcosa di meno di Roma: della Prussia e dell’Austria,
dei nobilucci di campagna e dei filistei.
Contro una rivoluzione ridicole della Germania sembra ergersi pero una
difficoltà capitale.
Le rivoluzioni, infatti, hanno bisogno di un elemento passivo, di un
fondamento materiale, la teoria viene realizzata in un popolo soltanto nella
misura in cui essa ne realizza i bisogni. All’enorme divario tra le richieste
del pensiero tedesco e le risposte della realtà tedesca, corrisponderà il
medesimo dissidio della società civile con lo Stato e con se stessa? I bisogni
teorici diverranno immediatamente bisogni pratici? Non basta che il pensiero
tenda a realizzarsi, la realtà dovrà tendere se stessa verso il pensiero.
Ma la Germania non ha salito contemporaneamente ai popoli moderni i gradini
intermedi della emancipazione politica. Essa non ha ancora raggiunto
praticamente neppure i gradini che ha superato teoricamente. Come potrebbe con
un sulto mortale balzare non soltanto oltre i suoi propri limiti ma, insieme,
oltre i limiti dei popoli moderni, oltre limiti che in realtà essa deve sentire
e perseguire come una liberazione dai propri limiti reali? Una rivoluzione
radicale può essere soltanto la rivoluzione dei bisogni radicali, dei quali
sembrano mancare proprio i presupposti e il terreno da cui sorgere.
Ma se la Germania ha accompagnato lo sviluppo dei popoli moderni soltanto con
1’astratta attività del pensiero, senza prendere parte attiva alle lotte reali
di questo sviluppo, d’altra parte essa ha condiviso i dolori di questo sviluppo
senza condividerne i piaceri, la parziale soddisfazione. All'attività astratta
da un lato corrisponde 1’astratto dolore dall’altro. La Germania perciò si
troverà un bel giorno al livello della decadenza europea, prima di essere mai
stata al livello della emancipazione europea. La si potrebbe paragonare ad un
feticista che deperisce per le malattie del cristianesimo.
Si considerino innanzi tutto i governi tedeschi e vi si vedrà che le
condizioni dell’epoca, la situazione della Germania, la tendenza della cultura
tedesca e finalmente il loro proprio felice istinto, li spingono a combinare i
civilizzati difetti del moderno mondo statale, i cui vantaggi noi non abbiamo,
con i barbarici difetti dell’ancien regime, di cui pienamente godiamo, cosicché
la Germania deve sempre più partecipare se non alla razionalità, almeno alla
irrazionalità anche di quelle formazioni statali che stanno al di la del suo
status quo. Vi e, ad esempio, nel mondo un paese che condivida ingenuamente
tutte le illusioni del sistema politico costituzionale senza condividerne la
realtà, come la cosiddetta Germania costituzionale? 0 forse non ci voleva una
trovata del governo tedesco per collegare le angherie della censura con le
angherie delle leggi francesi del settembre, che presuppongono la libertà di
stampa? Come nel Pantheon romano si trovavano gli dei di tutte le nazioni, così
oggi nel Sacro romano impero tedesco si troveranno i peccati di tutte le forme
statali. Che questo eclettismo debba raggiungere un’altezza fino ad oggi
impensata, ce lo garantisce segnatamente la ghiottoneria politico estetica di un
re tedesco, che medita di sostenere tutte le parti della monarchia, di quella
feudale come di quella burocratica, di quella assoluta come di quella
costituzionale, di quella autocratica come di quella democratica, se non
attraverso la persona del popolo certo nella sua propria persona, se non per il
popolo certamente per se stesso. La Germania come deficienza del presente
politico costituitasi in un proprio mondo non potrà abbattere le proprie
barriere senza abbattere le barriere generali del presente politico.
Non la rivoluzione radicale e per la Germania un sogno utopistico, non la
universale emancipazione umana, ma piuttosto la rivoluzione parziale, la
rivoluzione soltanto politica, la rivoluzione che lascia in piedi i pilastri
della casa. Su che cosa si fonda una rivoluzione parziale, una rivoluzione
soltanto politica? Sul fatto che una parte della società
civile si emancipa e perviene al dominio generale, sul fatto che una
determinata classe intraprende la emancipazione generale della società partendo
dalla propria situazione particolare. Questa classe libera 1’intera società, ma
soltanto a condizione che 1’intera società si trovi nella situazione di questa
classe, dunque, ad esempio, possieda denaro e cultura, ovvero possa a suo
piacere acquistarli.
Nessuna classe della società civile può sostenere questa parte, senza
provocare un momento di entusiasmo in se e nella massa, un momento nel quale
essa fraternizza e confluisce nella società in generale, si scambia con essa e
viene intesa e riconosciuta come sua rappresentante universale, un momento nel
quale le sue rivendicazioni e i suoi diritti sono diritti e rivendicazioni della
società stessa, nel quale essa e realmente la testa e il cuore della società.
Soltanto nel nome dei diritti universali della società, una classe particolare
può rivendicare a se stessa il dominio universale. Per espugnare questa
posizione emancipatrice e quindi per sfruttare politicamente tutte le sfere
della società nell’interesse della propria sfera, non sono sufficienti soltanto
energia rivoluzionaria e orgoglio intellettuale. Affinché la rivoluzione di un
popolo e la emancipazione di una classe particolare della società civile
coincidano, affinché un ceto sociale valga come il ceto dell’intera società,
bisogna, al contrario, che tutti i difetti della società siano concentrati in
un’altra classe, bisogna che un determinato ceto sia il ceto riprovato da tutti,
impersoni i limiti di tutti, bisogna che una particolare sfera sociale equivalga
al crimine notorio dell’intera società, cosicché la liberazione di questa sfera
appaia come la universale autoliberazione. Affinché un ceto divenga il ceto
della liberazione par excellence, bisogna al contrario che un altro ceto diventi
manifestamente il ceto dell’assoggettamento. L’importanza universale negativa
della nobiltà francese e del clero francese condiziono 1’importanza universale
positiva della classe immediatamente confinante e contrapposta, della borghesia.
Ma ad ogni classe particolare in Germania manca non soltanto la coerenza, il
rigore, il coraggio, la spregiudicatezza che potrebbero contrassegnarla come
rappresentante negativa della società. Ad ogni ceto mancano parimenti quella
grandezza d’animo che si identifica, sia pure momentaneamente, con 1’anima del
popolo, quella genialità che da alla forza materiale 1’entusiasmo per diventare
potere politico, quell’ardire rivoluzionario che scaglia in faccia
all’avversario le parole di sfida: io non sono nulla e dovrei essere tutto. Il
sostegno principale della morale e della onesta tedesca, non soltanto degli
individui ma anche delle classi, e costituito piuttosto da quel modesto egoismo
che fa valere e lascia far valere anche contro di se la sua limitatezza. Il
rapporto tra le differenti sfere della società tedesca perciò non e drammatico,
ma epico. Ciascuna di esse comincia ad acquistare consapevolezza di se e ad
accamparsi accanto alle altre con le proprie rivendicazioni particolari non
quando venga oppressa, ma quando, senza il suo apporto, le circostanze creano
una base sociale sulla quale essa da parte sua possa esercitare la sua
oppressione. Perfino la consapevolezza morale della classe media tedesca riposa
unicamente sulla consapevolezza di essere la rappresentante universale della
mediocrità filistea di tutte le altre classi. Perciò non soltanto i re tedeschi
sono pervenuti sul trono mal-à-propos, ma ciascuna sfera della società civile
esperimenta la propria disfatta prima di aver celebrato la propria vittoria,
sviluppa i propri limiti prima di aver superato i limiti ad essa contrapposti,
mette in luce 1’angustia del proprio essere, cosicché, anche 1’occasione di
sostenere un grande ruolo e sempre già passata prima di esser stata presente,
cosicché ogni classe, non appena inizia la lotta contro la classe che sta sopra
di essa, e implicata nella lotta con la classe che sta sotto di essa. Perciò i
principi si trovano in lotta con la monarchia, il burocrate in lotta con la
nobiltà, il borghese in lotta contro tutti loro, mentre il proletario comincia
già a trovarsi in lotta con il borghese. La classe media non ha neppure iniziato
a concepire dal suo punto di vista il pensiero dell’emancipazione, che già lo
sviluppo delle condizioni sociali così come il progresso della teoria politica
mostrano come questo stesso punto di vista sia antiquato o quanto meno
problematico.
In Francia e sufficiente che uno sia qualcosa perché voglia essere tutto. In
Germania non si può essere qualcosa se non si rinuncia a tutto. In Francia
1’emancipazione parziale e il fondamento di quella universale. In Germania
1’emancipazione universale e conditio sine qau non di ogni emancipazione
parziale. In Francia e la realtà, in Germania l’impossibilita della liberazione
graduata che deve generare la libertà totale. In Francia ogni classe del popolo
è un idealista politico, e innanzi tutto sente se stessa non come classe
particolare, ma come rappresentante dei bisogni sociali in generale. La funzione
di emancipatore passa successivamente con movimento drammatico alle differenti
classi del popolo francese, finche perviene infine alla classe che realizza la
libertà sociale non più sotto il presupposto di condizioni che sono al di fuori
dell’uomo, e tuttavia sono create dalla società umana, ma piuttosto organizza
tutte le condizioni della esistenza umana sotto il presupposto della libertà
sociale. In Germania invece, dove la vita pratica e altrettanto priva di spirito
quanto la vita spirituale e priva di praticità, nessuna classe della società
civile ha il bisogno e la capacita della emancipazione generale, finche non sia
a ciò costretta dalla sua immediatu situazione, dalla necessita materiale, dalle
sue stesse catene.
Dov’è dunque la possibilità positiva della emancipazione tedesca?
Risposta: nella formazione di una classe con catene radicali, di una classe
della società civile la quale non sia una classe della società civile, di un
ceto che sia la dissoluzione di tutti i ceti, di una sfera che per i suoi
patimenti universali possieda un carattere universale e non rivendichi alcun
diritto particolare, poiché contro di essa viene esercitata non una ingiustizia
particolare bensì 1’ingiustizia senz’altro, la quale non può più appellarsi ad
un titolo storico ma al titolo umano, che non si trova in contrasto unilaterale
verso le conseguenze, ma in contrasto universale contro tutte le premesse del
sistema politico tedesco, di una sfera, infine, che non può emancipare se stessa
senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della società e con ciò stesso
emancipare tutte le rimanenti sfere della società, la quale, in una parola, e la
perdita completa dell’uomo, e può dunque guadagnare nuovamente se stessa
soltanto attraverso il completo recupero dell’uomo. Questa dissoluzione della
società in quanto ceto particolare e il proletariato.
Il proletariato comincia a formarsi in Germania con 1’irrompente movimento
industriale, poiché non la povertà sorta naturalmente bensì la povertà prodotta
artificialmente, non la massa di uomini meccanicamente oppressa dal peso della
società ma la massa di uomini che proviene dalla sua acuta dissoluzione, e
segnatamente dalla dissoluzione del ceto medio, costituisce il proletariato,
sebbene gradualmente entrino nelle sue file, com’è naturale, anche la povertà
naturale e la cristianogermanica servitù della gleba.
Quando il proletariato annunzia la dissoluzione dell'ordinamento tradizionale
del mondo, esso esprime soltanto il segreto della sua propria esistenza, poiché
esso e la dissoluzione effettiva di questo ordinamento del mondo. Quando il
proletariato esige la negazione della proprietà privata, esso eleva a principio
della società solo ciò che la società ha elevato a suo principio, ciò che in
esso e già impersonato senza suo apporto, in quanto risultato negativo della
società. Il proletario, quindi, rispetto al mondo in divenire, ha lo stesso
diritto del re tedesco, allorché, rispetto al mondo già divenuto, chiama suo il
popolo, così come chiama suo il cavallo. Il re, dichiarando il popolo sua
proprietà privata, esprime soltanto il fatto che il proprietario privato e re.
Come la filosofia trova nel proletariato le sue armi materiali, così il
proletariato trova nella filosofia le sue armi spirituali, e non appena il lampo
del pensiero sarà penetrato profondamente in questo ingenuo terreno popolare, si
compirà 1’emancipazione dei tedeschi a uomini.
Riassumiamo il risultato.
L’unica possibile liberazione pratica della Germania e la liberazione dal
punto di vista di quella teoria che proclama 1’uomo la più alta essenza
dell’uomo. In Germania 1’emancipazione dal Medioevo e possibile unicamente in
quanto sia insieme 1’emancipazione dai parziali superamenti del Medioevo. In
Germania non si può spezzare nessuna specie di servitù senza spezzare ogni
specie di servitù. La Germania radicale non può fare la rivoluzione senza
compierla dalle radici. L’emancipazione del tedesco e l’emancipazione dell’uomo.
La testa di questa emancipazione e la filosofia, il suo cuore e il proletariato.
La filosofia non può realizzarsi senza la soppressione del proletariato, il
proletariato non può sopprimersi senza la realizzazione della filosofia.
Quando saranno state soddisfatte tutte le condizioni interne, il giorno della
resurrezione tedesca verrà annunziato dal canto del gallo francese.
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