PRIMA PARTE
1.
I sotterranei sono un dedalo di budelli illuminati ogni venti trenta metri da
tubi al neon polverosi appesi a lunghi fili elettrici sbrindellati che pendono
dal soffitto di cemento grezzo del sotterraneo spaccato da fenditure profonde
lunghe che non si vede la fine e in qualche punto si abbassa gonfiato verso il
basso come spinto da un peso enorme che sopra lo schiaccia curvandolo
sfondandolo e ogni quattro cinque metri puntelli di grosse travi lo sostengono
il legno è marcio ammuffito il suolo è coperto da un sottile velo d'acqua marcia
l'odore dolciastro e nauseante di carogna d'animale si mescola all'odore della
muffa ogni tanto a una biforcazione o a un incrocio di due budelli ci sono
piccoli mucchi di sabbia di cemento bagnati franati calpestati pale e altri
attrezzi arrugginiti abbandonati l'aria è umida e dalla bocca escono piccole
nuvole di vapore quando si respira quell'aria nauseante
lo scalpiccio disordinato del piccolo corteo muto si mescola al tintinnare
continuo delle catene rimbomba quando si attraversano le passerelle di legno
fradicio le ombre si allungano dietro i passi quando si avvicinano alle zone
illuminate dai neon scompaiono e subito riappaiono davanti e si allungano i
passi avanzano lenti facendo attenzione a dove si mettono i piedi e alle catene
per non tirarle troppo davanti o dietro cercando di lasciare sempre la stessa
distanza con chi sta davanti o con chi sta dietro facendo attenzione a non
strisciare la spalla destra sulla parete viscida bagnata e evitare a sinistra le
canne dei mitra puntati orizzontali mentre il piccolo corteo gira più volte a
destra e a sinistra a sinistra e a destra fino a perdere del tutto
l'orientamento
poi saliamo su una scala stretta semibuia soffocante con lunghe rampe alti
gradini faticosi strappi alle catene che fanno male ai polsi e alla fine
dell'ultima rampa la luce di una piccola porta e sbuchiamo fuori in alto in cima
a una gradinata spalancata su un'enorme sala molto illuminata piena di gente che
si muove giù in basso sotto di noi sento improvvisamente contro la gamba un muso
che ringhia minaccioso le pupille nere dilatate i grandi occhi sporgenti due
lunghi denti bianchissimi le labbra rosse contratte rovesciate un grosso cane
gigantesco il pelo lucido nero rizzato sulla schiena che si incurva tesa le
orecchie dritte mosse da un tremito continuo il carabiniere che lo tiene al
guinzaglio è impassibile nella sua tuta blindata antiterrorismo ultimo modello
dal punto in cui siamo la gradinata scende ripida fino al pavimento della
sala e da lì salgono tutt'intorno fino al soffitto spesse sbarre cilindriche di
ferro verniciate di grigio metallizzato l'enorme gabbia è piena di carabinieri
in tuta blindata grigia metallizzata sopra sotto di fianco con altri grandi cani
neri ringhianti e nervosi a uno a uno i carabinieri ci sfilano la catena ci
tolgono i ceppi dai polsi rossi che fanno male ci arrivano in faccia le vampate
di luce accecante dei flash dei fotografi cani anche questi anzi sciacalli e si
contorcono si piegano si alzano sulle punte dei piedi un balletto affannoso
alzando le braccia tirandole ancora più su con le maniche delle giacche che si
accorciano sui gomiti ancora più su
ci freghiamo i polsi rossi accendiamo le sigarette camminiamo un po' su e giù
per la gradinata salutiamo qualche parente ci sediamo a due o a tre vicini
scambiando qualche frase a bassa voce i fotografi in basso si piegano sulle
ginocchia spostano di scatto il tronco a destra e a sinistra come contorsionisti
del circo si protendono verso le bestie dentro la gabbia tentano di infilare la
testa di traverso tra le sbarre infilando i lunghi obbiettivi tra le gambe le
braccia dei carabinieri che formano una barriera immobile agitano le dita
isteriche fanno ballonzolare le macchine e scattano e sparano lampi abbaglianti
contro le facce nella gabbia poi in un angolo lontano si accende una luce ancora
più abbagliante e comincia il ronzio delle telecamere
mi siedo sul gradino più in alto della gradinata e giù in fondo vedo gli
avvocati con le mantelline nere distrattamente buttate sulle spalle che
confabulano tra loro calmi a gruppetti dietro i banchi di legno scrostato sulla
destra parallela alla gabbia è schierata la corte con il presidente arcigno e
pensoso seduto in mezzo lo schienale altissimo che gli arriva un bel pezzo sopra
la testa poi il giudice a latere stravaccato di traverso su un'altra sedia
altissima e a destra e a sinistra i giurati popolari uomini e donne quasi tutti
con la faccia nascosta dietro occhiali larghi e scuri le larghe fascie tricolori
che attraversano i golfini pallidi le camicette gonfie con i colletti inamidati
le giacche doppiopetto in diverse tonalità di grigio le cravatte verdastre
bluastre o giallastre e in fondo a destra c'è il palchetto solitario del
pubblico ministero
sopra le teste della corte milioni di tessere compongono un enorme mosaico
impolverato e sbiadito che arriva fino al soffitto e rappresenta una scena
confusa una battaglia furiosa dalla parte sinistra ci sono le forze del male
rappresentate da strani esseri contorti mostruosi aggrovigliati soprattutto di
colore verde e viola e dalla parte destra le forze del bene angeliche
trasparenti armoniose azzurre e leggere che si scontrano al centro in una
battaglia furiosa ma le forze del male sono già chiaramente sconfitte e battono
in ritirata incalzate dalle implacabili forze del bene in basso in un ovale
dorato campeggia la figura imponente della giustizia bendata che regge in una
mano lo spadone nell'altra la bilancia un po' più sotto la scritta in rilievo la
legge è uguale per tutti c'è scritto
sulla sinistra dietro lo sbarramento dei carabinieri ci sono le transenne di
legno dietro le transenne c'è lo spazio per il pubblico ma il pubblico non c'è
lo spazio per il pubblico è quasi completamente vuoto salvo qualche parente
madre padre sorella fratello cugino zio cognata nessun amico nessun compagno
perché tutti hanno paura perché visto da fuori il tribunale si presenta con una
scenografia da guerra transenne metalliche e fili spinati cordoni di polizia e
carabinieri un susseguirsi di sbarramenti e mezzi blindati disposti nei punti
strategici mentre altri mezzi blindati girano continuamente intorno al palazzo e
poi cani e metal detector all'entrata e perquisizioni interrogatori schedature
minacce avvertimenti insinuazioni e tutto il resto
la piccola porta alle nostre spalle si apre un'altra volta e in mezzo a un
altro nugolo di carabinieri appaiono in cima alla gradinata le donne anche loro
incatenate e con i ceppi tutti ci alziamo avvicinando ci la gabbia si riempie di
grida di saluti di sorrisi di profumi diversi si sono messe tutte vestiti
coloratissimi gonne lunghe camicie colorate foulard colorati gli anelli alle
dita collane catenine spille braccialetti ciondoli ai polsi grandi orecchini
bizzarri fermagli tra i capelli nella confusione i carabinieri si agitano urlano
ordini i cani ringhiano minacciosi riesplodono le vampate dei flash dei
fotografi i giornalisti prendono frenetici appunti sui taccuini i pochi parenti
si sbracciano gridano saluti dietro le transenne e rispondono altre grida e
saluti
a una a una i carabinieri sfilano la catena e tolgono i ceppi le ragazze
corrono verso di noi corriamo verso di loro sulla gradinata ci ingarbugliamo ci
intrecciamo ci avviluppiamo in un mosaico di abbracci di strette di baci di voci
l'unica cosa che ci interessa adesso è poterci parlare parlare di tante cose
parlare di tutto finalmente parlare parlare il più a lungo possibile e poterci
toccare sentire tra uomini e donne tutto scompare intorno l'aula i carabinieri i
fotografi i cani i giudici tutto quello che c'è al di là delle sbarre ci è
estraneo non esiste si intrecciano i regali amuleti piccoli oggetti tutto quello
che è stato possibile portare fin lì dentro la gabbia ci scambiamo anche i
vestiti le camicie i maglioni i foulard le sciarpe
squilli di un campanello che viene dal banco della corte e il presidente
comincia a leggere arcigno il lungo elenco dei capi d'imputazione questo quello
imputato di e così e così per avere e qui e là questo quello imputato di e qui e
là per avere e così e così e in concorso con legge con un tono di voce uniforme
in modo sbrigativo tirato via questo quello imputato di e così e così per avere
e qui e là tira via si mangia le parole dalla fretta questo quello banda armata
associazione e qui e là non si riesce a seguire niente finisce in fretta e poi
vengono i preliminari e gli avvocati senza nessuna convinzione e per pura
formalità presentano le solite inutili eccezioni e quindi sospensione della
seduta e ritiro della corte per decidere delle eccezioni della difesa e pochi
minuti e sono già di ritorno e altri squilli per dire che ovviamente tutte le
eccezioni della difesa sono respinte e altri squilli e si dichiara aperto e il
presidente dichiara aperto il dibattimento
2.
È arrivato il giorno stabilito e la mattina presto prima che aprono i cancelli
avevamo attaccato un grande manifesto che annunciava l'assemblea e invitava
tutti a partecipare l'assemblea si prende e non si chiede c'era scritto in
grande e sotto Gelso aveva aggiunto e anche tutto il resto di cui abbiamo
bisogno il preside Mastino arriva come il solito per primo e si mette a leggere
il manifesto poi gonfia la mascella e ci guarda da cattivo ci fissa uno per uno
come dire prendo nota e poi vi sistemo voi poi arrivano i professori che leggono
e non commentano si limitano a guardarci come dei pazzi dopo qualche minuto esce
fuori una schiera di bidelli che Mastino gli aveva dato l'ordine di strappare
via i manifesti
il più coraggioso che era anche il più stupido dei bidelli alza un braccio
per staccare il manifesto ma Cocco gli arriva davanti infuriato con le braccia
alzate col suo pastrano lungo e nero con la fodera color cardinale e gli lancia
un urlo il bidello si ferma impressionato e intanto anche noi ci facciamo avanti
i bidelli non sanno cosa fare guardano su verso Mastino che li guarda giù dalla
finestra della presidenza però alla fine decidono di tornarsene dentro perché
capiscono che se insistono finisce a botte i primi studenti che arrivano hanno
visto la scena si mettono a discutere con noi e non entrano e piano piano il
gruppo s'ingrossa allora Mastino pensa bene di intervenire direttamente e esce
sotto il porticato per farsi vedere che è lì e comincia a passeggiare su e giù
mi sembrava di vedere il padrone che passeggia davanti alla fabbrica in
quelle storie che avevo letto sulle prime lotte operaie sui primi scioperi lo
stesso metodo di intimidazione e infatti gli studenti prendono paura qualcuno
comincia a dire che vuole entrare tirano fuori mille scuse benché noi facciamo
di tutto per spiegargli che se stiamo fuori tutti Mastino non può farci niente
non può sospenderci tutti ma c'è troppa indecisione e troppa paura e un primo
gruppetto con la testa bassa comincia a entrare è come un segnale generale anche
tutti gli altri si precipitano dentro in pochi minuti sono dentro quasi tutti
restano fuori solo una ventina più noi sei e anche Mastino rientra e sogghigna
soddisfatto
noi abbiamo le pive nel sacco Malva è sconvolta ma Cocco non molla entriamo e
la facciamo lo stesso in quanti siamo dice dobbiamo farla lo stesso tanto ormai
non abbiamo più niente da perdere grida e così convinciamo gli altri a fare lo
stesso l'assemblea entriamo tutti insieme e ci mettiamo in un'aula vuota del
pianterreno è un minuto che siamo dentro e non abbiamo ancora cominciato a dire
una parola che arriva Mastino sbraitando cosa fate qui tu tu e tu siete tutti
quanti sospesi passate in presidenza uno alla volta e esce lasciando la porta
aperta Scilla dà un calcio alla porta e poi la barrica ci spingiamo davanti due
banchi restiamo un momento in silenzio dobbiamo fare qualcosa ci guardiamo negli
occhi ma non sappiamo cosa fare ci sentiamo in trappola
poi è un lampo e mi vedo davanti agli occhi la pagina di un opuscolo che
avevo letto quest'estate sulle forme di lotta nelle fabbriche e tutte queste
cose mi vedo lì davanti agli occhi quella pagina con il titolo in neretto corteo
interno e dico corteo interno dobbiamo fare un corteo interno che cosa dicono
gli altri sì un corteo interno entriamo in tutte le aule e facciamo uscire tutti
almeno ci proviamo cominciamo dalla prima e le facciamo passare tutte tutti sono
d'accordo usciamo fuori e facciamo un piccolo corteo nel corridoio e arriviamo
davanti alla prima aula la lezione è già cominciata noi facciamo irruzione
entriamo tutti insieme nell'aula in silenzio il professore noto ruffiano di
Mastino si spaventa e non fiata tutti gli studenti sono voltati verso la porta
Valeriana è decisa quando parla è sicura nervosa ma chiara ha un tono di voce
alto e scandisce bene dice il preside ci ha sospesi noi tutti perché volevamo
fare un'assemblea senza il suo permesso tutti lo sapevano lo sapevate anche voi
tutti che c'era il programma di fare questa assemblea sono quindici giorni che
ne discutiamo oggi siete entrati per paura però se avete paura oggi avrete paura
anche domani e sempre e non potremo mai decidere da soli i nostri problemi
allora dovete muovervi adesso subito noi dobbiamo fare tutti subito l'assemblea
per dimostrare che in questa scuola non siamo degli schiavi la dobbiamo fare per
fare quello che fanno in tutte le altre scuole per dimostrare che siamo noi a
decidere perché la scuola è nostra non è di Mastino
Cocco e Scilla guardano minacciosi il professore come per dirgli non
azzardarti a aprire bocca tu e quello infatti se ne sta lì zitto da alcuni
banchi qualcuno si alza e partono i primi commenti giusto usciamo usciamo tutti
sì andiamo a fare il giro delle classi Mastino arriva dall'altra parte del
corridoio e si trova contro il corteo si mette a urlare ma ormai non fa più
paura a nessuno Cocco gli si ferma davanti e gli grida sul naso assemblea
assemblea Mastino continua a gridare rosso di rabbia e minaccia tutti di
sospensione e urla di rientrare in classe ma il corteo fa irruzione in un'altra
classe la tecnica è di entrare tutti insieme nella classe di colpo
Valeriana fa il discorso a metà che sono già tutti in piedi pronti a uscire
non c'è più bisogno neanche di parlare hanno già capito tutto il casino fa
uscire tutti anche dalle altre classi il corteo s'ingrossa e il pianterreno è
completamente spazzato saliamo in corteo su per le scale al primo piano e
entriamo nella prima classe che ci capita ormai la gente è tanta che non si
riesce a starci tutti e anche lì tutti gli studenti escono fuori subito quelli
che premono per entrare si scontrano con quelli che premono per uscire non
entriamo nemmeno più nelle altre aule gli studenti escono da soli dappertutto
anche al secondo piano ne vediamo che si sporgono dalla ringhiera si urla tutti
fuori e saliamo le scale fino al secondo piano e quando arriviamo nel corridoio
sono già fuori tutti dalle classi e si uniscono al corteo
il corteo è fermo su per le scale tutti si accalcano su per tutta la
lunghezza delle scale si sente Mastino che urla qualcosa dal basso ma non si
capisce non si sente cosa dice c'è un casino incredibile poi ci sporgiamo e
vediamo Mastino giù al pianterreno in mezzo alla tromba delle scale che si mette
le mani nei capelli e fa una faccia disperata si sente solo che urla la scala la
scala da sopra partono delle pallottole di carta che finiscono giù sulla testa
di Mastino poi dal primo e dal secondo piano cominciano a volare le biro le
gomme le matite poi anche i quaderni e i libri tutti buttano giù qualcosa contro
Mastino che è lì giù solo in mezzo alla tromba delle scale non tenta neanche di
ripararsi si tiene le mani tra i capelli ma non per ripararsi e continua a
urlare le scale le scale
i professori non si vedono i bidelli sono scomparsi alcuni professori sono
scappati nelle aule vuote e si sono chiusi dentro partono uno dietro l'altro i
vetri delle aule e si vedono i professori in piedi terrorizzati con le spalle al
muro giù sotto Mastino lancia un ultimo grido disperato che riesce a farsi
sentire la scala cede le urla calano di tono non tanto per quello che ha detto
Mastino ma perché la gente si è già sfogata abbastanza Gelso mi guarda da dietro
i suoi occhialini rotondi e mi chiede che cazzo urla lo stronzo e Cocco dice sta
bluffando non sa più cosa fare Mastino da sotto apre le braccia verso l'alto e
implora ragazzi ragazzi state fermi la scala non può reggere tutto quel peso
state calmi e scendete in ordine senza correre calmi
ma quale ordine ma sentite non smette di dare ordini quello lì urla Cocco
adesso tu ti rimangi tutte le minacce ti rimangi tutto qui davanti a tutti
niente più sospensioni e assemblee quando le vogliamo si sente un boato di urla
tutti gridano assemblea assemblea Mastino giù sotto spalanca le braccia e poi le
lascia ricadere e quando riesce a parlare dice ansimando sì sì tutto quello che
volete ma venite giù subito vi supplico ve lo dico per il vostro bene venite giù
scendete piano non
correte vi prego non ci saranno sospensioni potrete fare le vostre assemblee ma
venite giù vi prego tutti urlano vittoria vittoria ma nessuno scende giù nessuno
ci crede alla storia della scala che cede nessuno ci pensa nemmeno per un attimo
Gelso si pulisce gli occhiali soddisfatto io e Malva ci abbracciamo felici e
si sente ancora il vocione roco di Cocco che urla hai finito di fare il gradasso
adesso eh e poi aggiunge Mastino sei sospeso per sempre passa in presidenza
quando ti chiamiamo si sente la voce di Valeriana che dice che adesso è meglio
andare giù nel cortile a fare l'assemblea perché è l'unico posto dove possiamo
starci tutti insieme e tutti gridano che sono d'accordo tutti gridano assemblea
assemblea cortile cortile e cominciano a scendere giù e invece di scendere
ordinatamente come voleva Mastino tutti scendono di corsa e per di più saltando
battendo forte i piedi per fargli dispetto e spingendosi tutti Mastino è sempre
lì immobile con le braccia alzate la testa in su che grida no no piano piano e
poi lo sanno tutti come è andata a finire
3.
In città i circoli giovanili hanno organizzato una festa in piazza del duomo io
e China ci andiamo in treno da soli arriviamo in anticipo all'appuntamento con
gli altri nostri compagni c'è già moltissima gente la polizia presidia in forze
tutto intorno si fanno scritte sui muri e per terra lo spazio è un diritto
oppure per la società della festa oppure riprendiamoci la vita la polizia
comincia a fare pressione per farci sgomberare c'è qualche tafferuglio partono
un paio di candelotti che non spaventano nessuno però riescono a prendere un
compagno e a manganellarlo un po' ce ne andiamo dalla piazza ma nelle strade
intorno cominciamo a sporfidare e riempirci le sacche intanto arrivano
all'appuntamento grossi gruppi soprattutto dei quartieri ghetto della periferia
proviamo a metterci in cordoni e viene fuori un serpentone mica male vediamo
gli altri del nostro collettivo sono venuti tutti stanno a gruppetti mischiati
con gli altri la testa del corteo parte decisa in direzione della piazza del
duomo tirando su uno striscione con scritto ribellarsi è ora è carnevale lo si
vede dai coriandoli e dalle stelle filanti per terra le famiglie portano a
spasso i bambini mascherati da zorro sandokan o da corsaro nero facciamo il giro
intorno alla piazza del duomo e a quel punto scoppia il casino perché i
carabinieri attaccano la coda del corteo sparano raffiche di lacrimogeni l'aria
si fa subito irrespirabile tutti hanno gli occhi che piangono le famiglie
vengono prese dal panico rincorrono i loro zorro sandokan e corsaro nero
dispersi nel fuggi fuggi
io e China ci fermiamo con un gruppo che tira cubetti di porfido e ci
troviamo di fianco Cotogno Valeriana e Nocciola vediamo i carabinieri partire di
corsa per caricare allora alcuni compagni spostano un po' di macchine di
traverso alla strada un paio di bottiglie sulle macchine e i carabinieri non si
vedono più dietro le fiamme e le nuvole di fumo nero cento metri più avanti c'è
un gruppo che se la sta prendendo con una Rolls Royce metallizzata bandierate e
sprangate sulla carrozzeria sassate contro i vetri e poi anche lì una bottiglia
e l'auto del padrone fa un bel rogo giochiamo ancora un po' a inseguirci coi
carabinieri per le strade del centro alla fine ci disperdiamo e ci ritroviamo
tutti alla stazione
abbiamo tutti gli occhi che bruciano e continuiamo a sfregarci anche se è
peggio e in più nel naso l'odore puzzolente dei lacrimogeni ci laviamo gli occhi
alla fontanella arriva Malva che è inciampata era venuta coi tacchi alti ha
battuto il naso e ce l'ha tutto spelacchiato Gelso come al solito gli sono
caduti gli occhiali e qualcuno nella confusione glieli ha schiacciati e non ci
vede quasi più Verbena ha respirato un sacco di gas ha la nausea e sta per
vomitare arriva Ortica alza la falda del suo impermeabile e ci fa vedere un
manganello nero e lungo quasi quasi ci portavamo anche qualcos'altro dice vero
Cocco Cocco ha trovato per terra un fucile si erano persi anche un fucile
dovevate vedere Cocco che correva come uno struzzo con il fucile in mano
ridevano tutti e applaudivano ma poi l'abbiamo buttato via che ce ne facevamo di
un fucile
un'altra volta una sera alla metà di aprile alla televisione danno la notizia
dell'assassinio di un compagno un fascista gli ha sparato aveva diciassette anni
e subito la reazione è spontanea immediata la mattina ci ritroviamo tutti sul
treno per la città le stesse facce le stesse scarpe da tennis i giubbotti le
sacche a tracolla le sciarpe i fazzoletti i guanti i berretti i vagoni sono
pieni la gente è in piedi nei corridoi nessuno parla e a ogni stazione ne sale
dell'altra sui muri dei paesi che attraversiamo si vedono le scritte fresche le
stesse parole che si leggono nelle facce silenziose dei compagni dalle ultime
stazioni della periferia sale una marea di gente che si pigia nelle piattaforme
portano sacchetti di plastica con dentro i caschi e sotto i giubbotti chiavi
inglesi spranghe tondini di ferro in tasca fionde biglie bulloni
quando arriviamo un lungo corteo riempie la banchina e s'infila giù per le
scale del metro nessuno fa il biglietto nei vagoni entrano anche le bandiere e
le lunghe aste degli striscioni qualcuno accenna a una canzone ma il clima è
cupo minaccioso si arriva all'università nella piazza davanti all'università c'è
una marea di gente ma non solo studenti non solo giovani c'è gente di tutte le
età c'è anche gente anziana ci sono operai con le tute e i fazzoletti rossi al
collo il corteo è già il schierato che aspetta di partire i servizi d'ordine in
testa i fazzoletti legati sotto gli occhi e i grossi bastoni a cui sono legate
piccolissime bandiere rosse c'è un rumoreggiare cupo poi un urlo e parte uno
slogan compagno ucciso sarai vendicato tutti insieme un boato e il corteo parte
davanti al palazzo di giustizia davanti alle scalinate c'è uno schieramento
di celerini in assetto di guerra con i lacrimogeni infilati in cima ai fucili e
le visiere dei caschi abbassate il corteo si ferma di colpo e partono slogan
contro i poliziotti la tensione sale a mille il corteo riparte e poi si ferma di
nuovo in una piazza vedo un vecchietto con un fazzoletto rosso intorno al collo
che viene issato sul basamento dell'obelisco che c'è in mezzo alla piazza e che
si porta la tromba alle labbra e che suona il silenzio e si fa subito un
silenzio pauroso si sentono solo gli acuti della tromba quando la tromba finisce
c'è un urlo un urlo enorme dappertutto si alzano migliaia di braccia tutte
armate di chiavi inglesi e di spranghe
tutti i negozi delle strade che attraversiamo sono chiusi le saracinesche
sono tutte abbassate e improvvisamente a un certo punto tutti si infilano i
caschi vedo apparire cordone per cordone una distesa di caschi colorati come un
mare di biglie colorate bianche rosse blu verdi nere il corteo si ferma nel
viale all'altezza di una traversale c'è li davanti dopo pochi metri nella
traversale c'è uno sbarramento auto jeep jeepponi cellulari della polizia e dei
carabinieri che proteggono la sede dei
fascisti che è pochi metri dietro lo sbarramento la testa del corteo col
servizio d'ordine si ferma pochi metri davanti lo sbarramento le chiavi e le
spranghe si levano minacciose poliziotti e i carabinieri serrano le file e si
coprono con gli scudi parte una sassaiola che sembra non finire mai si sentono i
tonfi dei sassi che finiscono contro gli scudi e i caschi dei poliziotti
volano nell'aria le molotov a decine poi salgono le vampate altissime gialle
rosse azzurre formano un muro altissimo di fiamme davanti a noi alcune jeep
hanno preso fuoco i poliziotti rompono le file corrono tutti indietro
inciampando calpestandosi nella fuga altro lancio di molotov e altre macchine
prendono fuoco una nuvola di fumo nero non si vede più niente poi si sentono i
botti sordi dei lacrimogeni che ci grandinano addosso a decine una pioggia di
lacrimogeni che ci piovono da tutte le parti in un attimo l'aria è irrespirabile
i cordoni del servizio d'ordine indietreggiano e si portano all'imbocco della
traversale si fermano all'imbocco dietro nel viale il corteo si è sfaldato e
improvvisamente in fondo al viale si sentono acutissime le sirene di una colonna
di jeepponi
le sirene si avvicinano sempre più forti sento urla dappertutto poi
d'improvviso tutta la gente corre verso i lati del viale verso il marciapiede e
improvvisamente nella folla che si apre appare un enorme jeep pone grigioverde
lanciato velocissimo che ci sfiora anch'io sto correndo sul marciapiede arrivano
altri jeepponi della colonna le sirene vicinissime spaccano i timpani partono
sassi e qualche molotov contro i jeepponi che hanno i vetri protetti da grate di
ferro dalla fiancata di uno si alzano fiamme sono tanti sembrano non finire mai
dai marciapiedi i compagni continuano a tirare sassi e bottiglie tirano biglie e
bulloni con le fionde vedo un jeeppone zigzagare in mezzo al viale e poi puntare
dritto sul marciapiede
la gente si butta contro i muri delle case si arrampicano sulle grate sulle
saracinesche dei negozi sui cornicioni delle finestre dei primi piani i jeepponi
salgono sui marciapiedi e passano rasente i muri delle case ci sfiorano io mi
arrampico sulla grata di una saracinesca tutti tentano di arrampicarsi ma non
c'è posto per tutti la gente si aggrappa uno all'altro i jeepponi passano sui
marciapiedi rasente i muri delle case sfiorandoci uno due tre tengo il fiato e
chiudo gli occhi qualcuno vicino a me urla terrorizzato io resto attaccato alla
grata anche quando la colonna è passata e vedo l'ultimo jeeppone che dopo averci
sfiorato ha come un sobbalzo e sterza di colpo verso il centro della strada
sento molte urla tutte insieme che vengono dal punto dove il jeeppone ha
sterzato
urla fortissime grida vedo molti compagni che corrono verso quel punto non
riesco a vedere niente c'è fumo e confusione tutti hanno gli occhi rossi che
piangono per i lacrimogeni scendo dalla saracinesca e vado verso quel punto
correndo insieme a altri ci scontriamo con altri che vengono in senso opposto
facce disperate occhi sbarrati alcuni abbassano i fazzoletti uno si mette le
mani nei capelli non riesco a vedere cosa è successo c'è un gruppo di compagni
fermi a semicerchio alcuni piangono non è per i lacrimogeni alcuni singhiozzano
una ragazza grida qualcosa che non capisco poi più in là vedo il corpo
insanguinato per terra vedo la lunga scia di sangue scuro e più in là vedo la
massa rossiccia del cervello che la ruota del jeeppone gli ha schizzato fuori
dalla testa schiacciata
4.
Poi di colpo un'immagine fissa confusa che non riuscivo bene a decifrare non
era una fotografia perché c'erano dei movimenti appena percettibili
nell'inquadratura c'era la luce intensa di un proiettore doveva essere una
ripresa notturna qualcosa ripreso da molto vicino tanto vicino che non si
riusciva a distinguere niente di preciso non c'era nessun commento c'era solo
quell'immagine silenziosa e confusa sentivo solo il frusciare delle dita di
China che arrotolava lo spinello poi l'obiettivo della telecamera ha zummato
all'indietro e ha messo a fuoco una testa la testa di un uomo la testa era
appoggiata su una macchia una macchia larga rossa e c'era una striscia rossa che
usciva da un orecchio e scendeva giù per la guancia fino al colletto bianco
della camicia
la telecamera ha zummato ancora all'indietro e ha mostrato il corpo del
carabiniere abbattuto davanti alla colonnina gialla di una pompa della benzina
di fianco al corpo si vedeva una pistola non so se era la sua o quella che
l'aveva ucciso ho alzato il volume della televisione che era abbassato
l'annunciatore diceva che il carabiniere era stato atteso sotto casa e ucciso
con due colpi di calibro nove nella testa l'omicidio non era ancora stato
rivendicato poi c'è stato un riepilogo delle forze dell'ordine cadute
dall'inizio dell'anno immagini di carabinieri e poliziotti uccisi per strada o
dietro i finestrini di automobili un lungo elenco di nomi e di date
le immagini dei caduti erano inframmezzate da altre immagini la televisione
commentava foto segnaletiche di latitanti scene di arresti di terroristi di
scontri a fuoco con terroristi di uccisioni di terroristi scene di processi con
i terroristi dentro i gabbioni schierati col pugno alzato e le facce minacciose
il tono del commento era quello di un bollettino di guerra China che intanto si
era acceso lo spinello me l'ha passato e ha preso il telecomando e ha tolto il
sonoro si vedono ancora due carabinieri in alta uniforme giovani e impettiti che
portano una gigantesca corona di fiori attraversata da un grande nastro viola
con su scritto in grandi caratteri oro li Governo poi China ha cambiato canale
si è messa a passare da un canale all'altro avanti e indietro
in quel periodo io avevo appena smesso di lavorare nella fabbrica di
coloranti e io e China non avevamo più una casa fissa dove stare stavamo in giro
un po' qui un po' là dai compagni che potevano ospitarci non eravamo mica i soli
a vivere così anzi allora in quel periodo eravamo un po' tutti costretti a fare
i nomadi per via del clima pesante che c'era c'erano arresti a catena e
perquisizioni quasi tutti i giorni fatte anche così a casaccio alla gente più
diversa del movimento a tutti quelli che in qualche modo erano compagni o
avevano a che fare coi compagni quindi era un'abitudine non restare mai nello
stesso posto per troppo tempo
si cercava di dormire la notte nelle case di quei compagni che si ritenevano
meno conosciuti meno esposti o meglio ancora nelle case di amici che non
c'entravano niente o nelle case di amici di amici le manifestazioni e le feste
di piazza erano finite da un pezzo il movimento era come un enorme fantasma
assente ripiegato su se stesso rintanato nei suoi ghetti la scena adesso era
occupata dallo stillicidio di azioni armate clandestine rivendicate da decine di
sigle di organizzazioni combattenti che si facevano concorrenza la vita del
movimento era finita ma per i compagni non era finita non è che potevano
mettersi da parte e dire aspettiamo stiamo a vedere perché per la repressione
tutti erano coinvolti non si facevano troppe distinzioni
e così stavamo lì quella sera io e China su quel letto sconosciuto coperto di
giornali di riviste di vestiti fumando uno spinello e guardando la televisione
che di solito non la guardavamo mai e fuori si sentivano ogni tanto le sirene
della polizia che passavano nessuno andava più in giro la sera anche in sede ci
si vedeva solo di giorno e in giro si faceva attenzione quando ci si incontrava
coi compagni e poi c'era la storia di Scilla e dei suoi amici che ci preoccupava
ci preoccupava per loro e ci preoccupava anche per i riflessi che poteva avere
su di noi mi ricordo che ne abbiamo parlato anche quella sera mentre China
continuava a passare da un canale all'altro della televisione col telecomando
prima di allora Scilla era la classica figura del servizio d'ordine quello
che in occasione degli scontri coi fascisti si era distinto come personaggio
estremamente deciso molto violento molto aggressivo Scilla era sempre stato
dentro tutti gli scontri si era battuto coi fascisti anche da solo e in questo
modo si era pian piano costruito un mito perché lì in quella cittadina la
presenza dei fascisti era stata considerevole e anche lì come altrove non
permettevano di girare in centro con un abbigliamento che allora veniva
etichettato di sinistra di avere in mano un giornale di sinistra allora i
fascisti provocavano e picchiavano la gente riconosciuti di sinistra o solo
sospettati di essere di sinistra
poi il movimento è riuscito a conquistare l'egemonia grazie a tipi come
Scilla ma allora erano i fascisti che dominavano e la polizia e la magistratura
coprivano i fascisti e all'interno di questo Scilla e quelli come lui la
corporazione diciamo militare del movimento hanno costruito il loro prestigio in
virtù di una necessità che era riconosciuta da tutta la sinistra la
contrapposizione fisica al fascismo era una funzione riconosciuta come legittima
e necessaria e su questo ruolo di militante antifascista attivo Scilla ha potuto
costruire il suo prestigio che in futuro poi l'ha messo al riparo dai sospetti
quando ha cominciato a svolgere il ruolo di confidente dei carabinieri
Scilla dimostrava sempre un atteggiamento di competitività fisica contro
tutto e tutti anche coi compagni anche perché probabilmente sentiva di non
potere competere su altri terreni per cui lui aggrediva sempre magari col
pretesto di buttarla in gioco ma era sempre un gioco pesante sgradevole ecco sì
sgradevole e quelli che non riusciva a coinvolgere dentro questo meccanismo di
competizione fisica erano quelli verso cui aveva un atteggiamento di soggezione
un po' viscido e forzato in sostanza riproduceva all'interno del movimento gli
stessi gradi di violenza che esprimeva verso il nemico si sentiva sempre in
guerra contro tutto e tutti e in tutti vedeva dei nemici contro cui scaricare la
sua violenza e picchiava un compagno esattamente come picchiava un fascista
e così anche all'interno del movimento in sostanza quelli come Scilla
servivano era un poliziotto interno svolgeva una funzione magari sgradevole ma
considerata utile Scilla e quelli come lui non hanno mai partecipato al
dibattito interno del movimento nelle riunioni nelle assemblee stavano per lo
più zitti interessati solo a dove c'entrava la violenza hanno semplicemente
vissuto la fase di accelerazione dello scontro in termini meccanici e unicamente
militari di innalzamento dello scontro e di pratica della violenza contro lo
Stato come prima era stato contro i fascisti sono sempre stati fuori dalle lotte
nelle fabbriche nel territorio e poco a poco hanno cominciato a mimare
comportamenti e ideali clandestini la pratica della pistoletta nascosta in
cantina eccetera
poi quando si è arrivati a quella riunione che ha deciso la rottura del
nostro gruppo e che racconterò dopo dopo quella riunione di lui e di quelli che
hanno preso la sua strada non si è saputo più niente noi non li abbiamo più
visti non si è saputo più niente di lui di Valeriana di Cotogno e di Gelso se
non dei volantini che rivendicavano le azioni armate che loro hanno fatto hanno
fatto una serie di iniziative armate fino a questo carabiniere ma questo l'ho
saputo solo dopo quando ero già dentro non hanno fatto morti hanno fatto rapine
attentati qualche ferimento fino a questo carabiniere ma allora quando l'ho
visto quella sera alla televisione con China non abbiamo pensato minimamente che
potevano c'entrare loro
China fa scattare ancora il telecomando adesso sullo schermo si vede una
pianura sconfinata l'obiettivo zumma in avanti deve essere ripreso da un
elicottero e si vede uno struzzo che corre velocissimo sulla pianura arida e
piatta corre velocissimo in linea retta la testa immobile il corpo che sussulta
ritmicamente le gambe non si vedono tanto sono veloci volta ogni tanto la testa
e accelera sempre più un'ombra bassa e lunga lo segue veloce guadagna terreno lo
struzzo volta la testa l'ombra è a pochi metri lo struzzo adesso corre a zig zag
guadagna qualche metro ma dopo pochi secondi l'ombra è di nuovo vicinissima lo
struzzo corre verso il niente con tutte le sue forze l'ombra si solleva
nell'aria e il ghepardo gli è sopra con un balzo formano un'unica ombra immobile
l'elicottero gira si vede solo il cielo grigio e il rumore delle pale
5.
È successo subito dopo Natale alla vigilia di Natale io avevo ricevuto un
telegramma di China che mi avvisava che mi veniva a trovare lunedì per un
colloquio questo telegramma mi era arrivato mentre si discuteva io ero in
camerone con altri quattro compagni mentre si discuteva su come dividersi i
compiti per cucinare il pranzo per Natale io facevo il risotto facevo il risotto
giallo e stavo facendo il brodo col dado sul fornello da campeggio una guardia
mi ha chiamato mi sono girato e ho visto appoggiato sul cancello il quadratino
giallo ho pensato che era l'avvocato per il processo che era ormai vicino ma poi
quando ho visto che era di China ho pensato non ho pensato niente credo che ero
molto contento perché era stata una sorpresa e ho pensato che China mi aveva
fatto questa sorpresa di venirmi a trovare per Natale e ero molto contento
è buffo ho pensato perché tutti i Natali che abbiamo passato insieme credo
che non ne abbiamo mai festeggiato uno una volta e adesso invece ero lì che
preparavo il pranzo di Natale ho pensato ai capelli di China ai suoi capelli
lunghi che quando ride se li butta davanti e si copre tutta la faccia coi suoi
capelli neri lunghissimi che quando si faceva il colloquio col vetro non potevo
neanche toccarli ma per fortuna qui adesso il colloquio si faceva senza vetri ma
allora mi ricordo era una sofferenza che non ci potevamo neanche toccare una
mano per un momento e questo ci deprimeva moltissimo anche se eravamo contenti
di vederci ma non in quella maniera disumana umiliante e deprimente e certe
volte mi veniva anche una rabbia furibonda prima del colloquio sapendo che
l'avrei vista lì dietro il vetro e che si doveva parlare attraverso il vetro
senza poterci toccare neanche con un dito
mi veniva quella sensazione di odio che mi era già venuta delle altre volte
mi saliva il sangue alla testa un desiderio violentissimo di uccidere tutti le
guardie qualcuno lì subito immediatamente con le mie mani se ci penso mi sembra
di sentirla quella sensazione ancora adesso anche se è passato tutto questo
tempo insomma non me l'aspettavo quella visita perché China era venuta lì già la
settimana scorsa era stata una visita molto bella avevamo parlato di tante cose
fatto progetti perché pensavo di uscire presto subito dopo il processo e così
adesso ero commosso pensando a quel viaggio pazzesco che doveva fare per me
tutte le volte mille chilometri per venirmi a trovare e poi altri mille
chilometri per tornare ogni volta era pazzesco ma comunque quel colloquio non si
è più potuto poi fare per tutto il casino che è successo dopo
è arrivato lunedì anzi era domenica era ora d'aria pomeridiana la mattina
c'era stata una perquisizione ma stranamente questa perquisizione a differenza
delle altre solite perquisizioni era stata un po' più dura delle altre e le
guardie avevano fatto anche una cosa strana avevano lasciato perché lì viaggia
molto il simbolico durante queste cose durante le perquisizioni e cose di questo
genere è un problema di lanciarsi dei segni reciprocamente e così il segno che
avevano lasciato questa volta strano da interpretare cioè strano per me che non
avevo assolutamente sentore di quello che stava succedendo mentre probabilmente
le guardie il sentore ce l'avevano eccome perché annusavano il clima che c'era
questo segno l'abbiamo trovato lì sul tavolo quando siamo tornati nelle celle su
dall'aria pomeridiana
avevano lasciato su tutti i tavoli in tutte le celle in tutti i cameroni
avevano lasciato tutti quanti gli oggetti tutti quelli che erano delle scatole
le cose i recipienti i barattoli le bottiglie tutti quanti i contenitori insomma
li avevano messe lì sui tavoli dalle scatole che contenevano detersivo a quelle
del caffè o dello zucchero alle bottiglie dell'olio e dello shampoo tutte quante
le scatole tutti quanti i recipienti le bottiglie le avevano lasciate lì sui
tavoli come se volevano alludere a qualcosa io questa cosa l'ho realizzata solo
dopo all'inizio non ci ho fatto particolarmente caso mi ha sorpreso il fatto di
trovare tutte queste tutte 11 sul tavolo allineate e poi quando dopo sono sceso
all'aria nel pomeriggio mi ha sorpreso anche il fatto di sapere che la stessa
cosa era stata fatta anche in tutte le altre celle
allora mi ricordo che il clima di quel pomeriggio all'aria era
particolarmente teso c'era un clima in cui l'aria si tagliava a fette e quello
che io ho pensato anche basandomi su situazioni e esperienze precedenti che ho
avuto ho pensato che si trattava di uno scannamento di qualcuno perché c'era
molta tensione e la si vedeva nell'aria la si sentiva da tante cose da uno
strano silenzio che non era quello solito e specialmente dagli sguardi sguardi
rapidi veloci che certi si scambiavano improvvisamente mentre camminavano su e
giù e allora la cosa che ho immaginato è che doveva esserci in ballo un
accoltellamento o comunque un regolamento di qualche storia tra qualcuno e me lo
aspettavo che succedeva da un momento all'altro una cosa del genere che avevo
già visto altre volte come una volta poco dopo che mi avevano arrestato e che mi
aveva fatto molta impressione allora
quella volta era successo che si passeggiava normalmente all'aria e a un
certo punto tre o quattro comuni perché facevamo l'aria insieme ai detenuti
comuni questi comuni si sono avvicinati da dietro le spalle a un altro comune si
sono avvicinati a uno di quelli che passeggiava lì come loro e da dietro gli
hanno messo intorno al collo un laccio un cappio fatto col fu di ferro gli hanno
messo questo laccio intorno al collo da dietro e in due gli hanno preso le
braccia gli hanno stretto le braccia per tenerlo fermo e hanno tirato il fil di
ferro si usa questo sistema per immobilizzare uno durante un accoltellamento
perché non è così facile come sembra accoltellare uno a meno che la coltellata
arrivi così bene in un punto vitale per cui questo schianta ma capita che uno
non muore neanche dopo venti trenta coltellate
non è facile accoltellare uno non è facile come può sembrare cioè è facile
accoltellarlo ma non è facile ucciderlo perché uno tra l'altro non è che prende
le coltellate e non tenta di reagire uno reagisce si divincola fa casino si
sbatte qua e là è molto difficile tenerlo fermo insomma e uno dei metodi è
appunto quello di mettergli prima un laccio intorno alla gola tirarlo finché
questo perde per metà i sensi perché è quasi soffocato e nel frattempo
accoltellarlo con dei colpi dal basso verso l'alto perché le coltellate
dall'alto verso il basso sono meno efficaci bisogna tirare le coltellate dal
basso verso l'alto e bisogna soprattutto cercare di mirare in un punto vitale
possibilmente qua sotto lo sterno
e allora gli hanno messo questo laccio intorno al collo e gli altri gli hanno
preso le braccia e quello dietro ha cominciato a tirare il laccio di fil di
ferro però il fil di ferro si è rotto o è più probabile che il cappio era fatto
male fatto sta che si è spaccato si è allentato o non so fatto sta che non sono
riusciti a stringerglielo intorno al collo la reazione che quello ha avuto è
stata ovviamente di terrore perché ha capito subito quali erano le intenzioni di
questi che tentavano di mettergli il fil di ferro intorno al collo e questi
invece dopo un primo momento di imbarazzo hanno reagito scherzando anche perché
non avevano ancora tirato fuori i coltelli non si erano ancora visti i coltelli
allora questi scherzavano gli davano le pacche sulle spalle dicendogli hai
preso paura eh come se si trattava di uno scherzo però quello non ha creduto che
si trattava di uno scherzo non ci è mica cascato anche perché non sono mica
scherzi che si fanno questi in prigione se uno ti fa uno scherzo così poi tu lo
ammazzi davvero perché non sono scherzi da fare questi allora il tipo si è
avvicinato al cancello dell'aria e ha cominciato a gridare per chiamare le
guardie per farlo uscire a quel punto questi che dovevano farselo hanno capito
che o gli saltavano addosso subito oppure le guardie arrivavano e tutto
diventava più difficile e se poi quello faceva in tempo a uscire dal cancello
non lo beccavano più perché poi chiaramente sarebbe stato trasferito o si
buttava alle celle d'isolamento comunque di certo non si faceva più vedere lì
allora proprio mentre le guardie accorrevano per vedere perché quello urlava
gli sono saltati addosso in quattro o cinque con dei coltelli con delle lame dei
punteruoli e hanno cominciato a colpirlo in maniera un po' confusa e quello
evidentemente reagiva non è che prendeva le coltellate e stava lì fermo dava
calci cercava di ripararsi si divincolava e ha preso un bel numero di coltellate
senza cadere per terra e nel frattempo urlava e le guardie accorrevano nel
corridoio dell'aria vedevano la scena però non entravano nel cortile c'era un
brigadiere che gridava da dietro il cancello basta basta è stata una scena che è
durata parecchi secondi gli altri stavano in fondo al muro eravamo lì tutti in
fondo che guardavamo immobili è stata una scena che è durata parecchi secondi
quello urlava urlava come un impazzito poi è stato buttato per terra più che
buttato per terra è caduto sulle ginocchia e in quel momento gli sono arrivati
due o tre colpi di punteruolo dall'alto verso il basso sulla testa proprio così
col punteruolo giù sulla testa e nel momento in cui ha girato la testa un
punteruolo un altro colpo di punteruolo gli si è infilato in un occhio proprio
un punteruolo gli si è proprio infilato in un occhio un colpo di punteruolo
dentro l'occhio e quello urlava veramente in modo incredibile poi è caduto per
terra poi allora questi quando è caduto per terra sono andati avanti a dargli le
coltellate cercando di colpirlo al cuore perché insistevano con colpi al torace
ma gli davano anche colpi al collo gli tentavano di squarciare il collo
il sangue quello era per terra con il sangue che gli zampillava fuori da
tutti quanti i buchi da tutte le ferite da tutti i tagli che aveva dalla testa
da questo occhio con sangue che gli usciva dappertutto era un lago di sangue era
una pozza di sangue che sarà stata larga un metro e mezzo veramente e non si
muoveva più con questo occhio che era una macchia rossa con l'occhio mezzo fuori
e l'altro occhio sbarrato e sembrava morto e non si muoveva più sembrava morto
non muoveva neanche più un dito allora questi hanno smesso e sono tornati
indietro dove c'erano tutti gli altri in fondo al muro del cortile e le guardie
hanno aperto un po' il cancello perché quello fra l'altro era proprio a un metro
dal cancello hanno preso quello per i piedi e l'hanno trascinato fuori
6.
Intanto però lì all'aria il tempo passava e non succedeva niente e quando è
arrivato il momento di salire perché noi in quell'occasione eravamo nell'aria
della pallavolo però nessuno giocava a pallavolo tutti passeggiavano su e giù
scambiandosi quegli sguardi veloci e ogni tanto poche parole sottovoce e il
tempo passava e non succedeva niente io mi aspettavo un accoltellamento ma non è
successo niente tanto è vero che quando è arrivato il momento che le guardie
sono arrivate per ritirare la gente nelle celle la gente ha cominciato a salire
su normalmente tranquillamente e così tutti quanti sono saliti su e io sono
salito tra gli ultimi conversando con un altro compagno e non mi immaginavo
proprio assolutamente che proprio allora stava succedendo un puttanaio del
genere
sono arrivato in cella e erano passati pochissimi minuti da quando ero
tornato in cella quando ho sentito delle urla provenire dalla rotonda devo
spiegare cos'è la rotonda la sezione speciale del carcere dove eravamo era una
palazzina a pianta rettangolare una palazzina di tre piani pianterreno primo
piano e secondo piano e ogni piano era diviso in due bracci al centro di questi
due bracci a tutti i piani c'erano due cancelli e in mezzo tra i due cancelli
c'era uno spazio che era la rotonda appunto la rotonda dove arrivavano le scale
e di lì si smistava la gente in un braccio o nell'altro braccio il braccio
destro da una parte e il braccio sinistro dall'altra io ero al braccio sinistro
dell'ultimo piano cioè del secondo piano
al primo piano c'erano tutti i comuni e al pianterreno c'erano i cosiddetti
lavoranti che sono dei detenuti che svolgono nei corridoi mansioni di
distribuzione del cibo e fanno la pulizia nei corridoi eccetera l'ultimo piano
comprendeva invece tutti i politici eravamo sessanta politici e tra l'altro
bisogna notare che negli ultimi giorni erano arrivati anche la stragrande
maggioranza dei detenuti tra comuni e politici che avevano fatto una rivolta
molto dura in un altro carcere speciale e erano stati poi trasferiti lì era
stata una rivolta molto dura c'erano stati due morti erano stati uccisi due
detenuti considerati degli infami e era stato distrutto praticamente tutto il
carcere e così adesso lì da noi il piano dei politici era strapieno non c'era
più un posto eravamo in sessanta e lì era tutto strapieno
io ero allora in cella con altri quattro compagni e ho sentito delle urla
arrivare dalla rotonda delle urla molto concitate e ho visto le guardie che
passeggiavano nel corridoio del nostro braccio in un primo momento le ho viste
correre verso la rotonda in fondo al braccio e nelle celle tutti quanti si sono
affacciati dai cancelli che danno sui corridoi e dopo un momento le guardie
urlando sono tornate indietro di corsa e hanno cominciato a chiudere le porte
blindate perché le celle hanno un cancello e hanno anche davanti una porta
blindata e proprio grazie alle lotte che c'erano state in quel carcere noi
avevamo conquistato di tenere aperta per tutta la giornata la porta blindata e
di chiuderla solo alle 11 di sera fino alle 7 del mattino
quindi quella era un'ora pomeridiana le porte blindate erano aperte e così la
reazione che le guardie hanno avuto appena hanno capito che era in atto il
sequestro delle guardie che si trovavano in rotonda da parte di due compagni
perché allora si saliva a due per volta cosa che è stata poi abolita e così
quando questi due compagni sono arrivati su in rotonda hanno tirato fuori i
coltelli che avevano con loro e hanno sequestrato le guardie le hanno
sequestrate e con la minaccia di ucciderle si sono fatti aprire anzi dato che le
guardie avevano con loro le chiavi dei cancelli gliele hanno prese e hanno
aperto loro i due cancelli che davano sui due bracci il braccio di sinistra da
una parte e il braccio di destra dall'altra
e così le guardie che si trovavano nei due bracci si sono trovate la via
chiusa si sono trovate chiusi in trappola perché da una parte del corridoio
c'era il cancello della rotonda dove si trovavano i compagni che avevano
catturato le guardie e dall'altra parte del corridoio c'erano i finestroni in
fondo al corridoio e così lì le guardie si trovavano senza via d'uscita erano
terrorizzati anche perché non sapevano come le cose si sarebbero sviluppate
quindi la cosa che hanno fatto istintivamente perché è la cosa che probabilmente
sta scritta nel regolamento delle guardie è che in questi casi si devono
chiudere le blindate quindi allora tutto quello che gli è venuto in mente di
fare e tutto quello che hanno fatto è stato di tentare di chiudere le blindate
e allora alcune blindate anzi una sola blindata sono riusciti a chiuderla
altre blindate non le hanno chiuse perché nella confusione nella paura non hanno
fatto in tempo a chiuderle altre non sono riuscite a chiuderle perché i compagni
che erano nelle celle hanno messo immediatamente di traverso tra il cancello e
la blindata delle scope dei manici di scopa tra il cancello e la blindata
impedendo che le blindate venivano chiuse tu ti devi immaginare che questa cosa
si è svolta in frazioni di secondo quindi questi sono riusciti praticamente a
chiudere una sola blindata altre hanno tentato di chiuderle o si sono
dimenticati o non hanno fatto in tempo a chiuderle fatto sta che tutte le
guardie si sono arrese immediatamente tutti si sono arresi nel terrore più
assoluto
ma nel frattempo mentre questi due compagni prendevano le guardie in rotonda
prendevano tre o quattro guardie non so quante nel frattempo era successo che
nel braccio di destra io ero al sinistrò nel braccio di destra in un camerone i
compagni avevano segato le sbarre c'erano otto compagni in quel camerone perché
tu allora avevi la possibilità di uscire dalla tua cella all'ora di pranzo per
cucinare e mangiare insieme questa era un'altra cosa che avevamo conquistato con
le lotte che c'erano state negli ultimi mesi in quel carcere e avevi la
possibilità di riunirti in un camerone per mangiare insieme a altri compagni e
allora a quel tempo nei cameroni potevamo stare insieme fino a un massimo di
otto
avevano segato le sbarre del cancello e nel momento in cui questi due
compagni hanno sequestrato le due guardie in rotonda quelli che le avevano già
segate prima e che aspettavano quel momento hanno tolto le sbarre del camerone e
sono usciti in otto quindi praticamente erano in dieci detenuti che erano fuori
gli otto del camerone e i due in rotonda e così insomma hanno sequestrato anche
tutte le guardie che stavano nel corridoio del secondo piano tutto questo
ovviamente io l'ho saputo poi dopo perché io ero chiuso in cella ero nel braccio
sinistro e non ho visto niente sentivamo solo delle grandi urla sentivamo urlare
e sentivamo solo tutto questo casino le guardie che cercavano di chiudere le
blindate che correvano su e giù le urla però è stato veramente tutto un attimo
quello che è successo e che si è saputo poi dopo o almeno in parte perché non
è che poi tutto si può sempre raccontare di queste storie è stato che
velocissimamente i compagni che avevano sequestrato le guardie sono scesi giù
con le chiavi che avevano preso alle guardie hanno aperto il cancello che dava
sulle scale e sono scesi giù al primo piano e hanno sequestrato tutte le guardie
che stavano di sotto e così hanno aperto i due bracci del primo piano e allora
hanno cominciato a aprire le celle ai comuni e così si sono riversati fuori
dalle celle tutti quanti i comuni e allora sono saliti anche loro al secondo
piano e così hanno cominciato a aprire anche le celle di tutti quanti noi
giù al pianterreno non sono scesi perché non era difendibile come i piani
superiori e lì i lavoranti sono rimasti poi per tutto il tempo della rivolta
imbottigliati nel loro braccio tra i due piani in rivolta e le guardie fuori io
a questo punto ho visto della gente mascherata che sono arrivati nel mio braccio
sono arrivati davanti alla mia cella e hanno aperto tutte le celle del braccio
sinistro hanno aperto anche la mia cella e allora c'era una grande confusione e
le indicazioni che alcuni davano sono state c'è una rivolta abbiamo sequestrato
le guardie stiamo calmi mettete dei materassi sulle finestre perché è probabile
che sparino dei candelotti dentro le celle e allora tutti hanno messo i
materassi sulle finestre e poi tutti quanti ci siamo riversati fuori nel
corridoio
proprio nel momento in cui sono uscito dalla mia cella sul corridoio ho
sentito un grandissimo boato una botta incredibile era successo che un compagno
che era rimasto al primo piano di guardia aveva visto arrivare le guardie al
pianterreno che tentavano di salire le guardie in forza già organizzate allora
questo aveva gettato alcuni grammi di plastico però a carica libera cioè non
compresso dentro un contenitore ma solamente con il detonatore e la miccia ha
gettato questo plastico a scopo puramente deterrente infatti mi pare che non ci
sono stati feriti non so bene ma solo che in questo spazio chiuso ha fatto un
enorme boato le guardie allora sono scappate via tutte e da quel momento ha
preso avvio la rivolta
7.
Mi ricordo che quando sono stato trasferito a quel carcere speciale avevo una
certa paura solo quel nome carcere speciale faceva paura e la sera prima della
partenza con i compagni della mia cella siamo stati svegli a parlare tutta la
notte loro capivano che ero spaventato e sono rimasti svegli con me per tutta la
notte per tenermi compagnia poi c'è stato tutto il viaggio di trasferimento che
è stato lunghissimo attraverso tutta l'Italia incatenato in quel furgone
blindato ma quella paura appena arrivato allo speciale è praticamente scomparsa
appena sono arrivato lì sono rimasto praticamente stupito di come funzionava
quel carcere non me lo immaginavo così adesso che lo racconto mi rendo conto che
in realtà il clima che c'era lì era piuttosto teso c'era una grande tensione ma
appena arrivato mi è sembrato una grande fiera
quello di nome ho pensato appena arrivato poteva anche chiamarsi carcere
speciale ma in realtà era una fiera e le celle erano dei bazar praticamente si
poteva tenere in cella di tutto tutte le celle erano stracolme di oggetti di
ogni genere si poteva suonare fare musica c'erano chitarre e tamburelli bonghi
fisarmoniche c'era perfino uno che aveva un violino e lo suonava quando voleva
si potevano avere tutti i tipi di colori che si volevano per dipingere si
potevano avere le tele i colori a olio a tempera pastelli carboncini macchine da
scrivere si potevano avere i libri che si volevano tutte le riviste e i giornali
che si volevano si potevano avere registratori e cassette scarpe da pallone e da
tennis non c'era limite alla quantità di indumenti che si potevano tenere in
cella quante scarpe quanti maglioni quanti cappelli tutto quello che si voleva
si poteva tenere lì nelle celle
la socialità come la chiamavamo lì era qualcosa di incredibile tenendo conto
che si trattava di uno speciale c'erano quattro ore due alla mattina e due al
pomeriggio c'erano quattro ore al giorno per l'aria e in più c'erano due ore due
volte alla settimana che ci si poteva trovare tutti in un grande camerone e in
più c'era la possibilità durante l'ora di pranzo per i compagni che stavano
nelle celle singole di potere andare a mangiare coi compagni che stavano nei
cameroni per cui qui la socialità era questa tu ti alzavi alle nove andavi
all'aria alle undici risalivi e le guardie dovevano fare un lavoro che era
incredibile alle undici risalivi dall'aria e allora loro dovevano organizzare
tutti gli spostamenti per accompagnare tutte le persone che si cambiavano di
posto per andare a mangiare in altre celle
si faceva semplicemente la domandina per andare in un'altra cella la si
faceva così al momento su un pezzetto di carta e quello era sufficiente in
realtà avrebbero dovuto perquisire qua e là ma non si può pensare di spostare
sessanta persone in neanche mezz'ora e perquisirle anche e così tutti si
muovevano tranquillamente da una cella all'altra per andare a mangiare non è che
la facevi il giorno prima la domandina la facevi lì sul momento era una
formalità lì non potevano certo controllare le domandine lo potevano fare
eventualmente dopo e gli serviva più che altro per cercare di capire quali erano
le componenti per capire da come la gente si frequentava quali erano i legami
politici che i compagni avevano tra loro i raggruppamenti gli orientamenti
politici diversi
in realtà le guardie erano obbligate a perquisirti quando tu uscivi dalla
cella alla mattina per andare all'aria e erano obbligate a riperquisirti quando
tu salivi per tornare in cella e a riperquisirti un'altra volta quando uscivi
dalla cella per andare a mangiare in un'altra cella ma tutto questo era
diventato impossibile non lo facevano più e così non controllavano più niente
c'era questa continua mobilità c'era questo continuo aprire e chiudere le celle
c'era questa enorme quantità di oggetti accumulati nelle celle e quando la
situazione è questa quando ci sono tutti questi spazi che tu ti prendi che ti
conquisti allora la situazione diventa ingovernabile quello che lì mi
impressionava era l'enorme agibilità che c'era all'interno del carcere era un
carcere speciale ma tu lì ti muovevi come volevi
anche le perquisizioni nelle celle non erano affatto accurate più roba c'è in
una cella e più difficile è perquisirla tua e bene la differenza che c'era con
il carcere normale da cui io arrivavo era che qui di perquisizioni ne facevano
una alla settimana mentre là ce n'era una al mese ma qui c'era un rapporto con
le guardie che se durante una perquisizione spariva una penna biro partiva un
battitura delle sbarre in tutte le celle che subito questo tornava con la penna
biro chiedendoti scusa e qui il rapporto con le guardie era tale che si
sorbivano i peggiori insulti e le peggiori minacce e se tu a mezzanotte chiamavi
una guardia per farle portare delle sigarette o un giornale o del vino o una
pastasciutta a qualcuno in un'altra cella anche se non era il lavoro suo questo
lo faceva subito lo stesso e di corsa questo era il rapporto che c'era con le
guardie
se tu un giorno durante una perquisizione gli dicevi no tu non mettermi le
mani addosso quello non ti perquisiva più nemmeno e se durante le perquisizioni
nelle celle trovavano i coltelli neanche dicevano più niente non te la menavano
neanche più era diventato normale per loro trovare coltelli nelle celle te li
sequestravano e basta questo era il clima che c'era lì prima della rivolta il
colloquio si faceva senza vetri doveva essere di un'ora per il regolamento però
lo si faceva puntualmente sempre di due ore e a volte anche di più se si
insisteva un po' e si potevano fare quattro colloqui al mese più un colloquio
straordinario che si poteva ottenere in più e se non facevi un colloquio al suo
posto potevi telefonare per una decina di minuti
i detenuti comuni degli speciali non sono i comuni dei carceri normali sono
persone che dentro il carcere hanno tentato almeno una volta di scappare sono
tutte persone che fanno parte della grande criminalità o di bande importanti e
lì c'era la socialità anche con i comuni si poteva andare all'aria con loro e
anche andare a mangiare con loro bastava fare la domandina per vedersi con loro
c'era insomma un situazione di progressivo allargamento degli spazi all'interno
del carcere c'era una situazione di lotta continua che andava a incidere sulla
struttura del controllo perché il carcere è questo è una struttura che elabora
al massimo il controllo sul corpo e quindi il fatto che questo controllo venga
ridimensionato corrisponde a una variazione del rapporto di forza tra detenuti e
custodia
mi sono reso conto presto del clima pesante e teso prodotto da questa
situazione che c'era dietro l'aspetto di fiera che era stata la mia prima
impressione c'è stata tutta una serie di lotte ci sono state le lotte per
impedire alle guardie di perquisire tutte le volte che si usciva dalle celle per
andare all'aria o le lotte per andare a mangiare in un'altra cella o le lotte
per il colloquio o per parlare con l'avvocato eccetera quando tu innesti una
lotta e per esempio quando ti rifiuti di farti perquisire i casi sono due o la
direzione cede e di conseguenza tu ottieni un livello di forza superiore e la
cosa passa in sostanza oppure la direzione reagisce e allora la lotta va avanti
e la tensione si alza finché si arriva allo scontro
allora avvenivano continue fermate all'aria la gente si rifiutava di
rientrare nelle celle e avvenivano battiture delle sbarre dei cancelli e cose di
questo genere c'è sempre un tetto quando una lotta comincia se la direzione non
cede subito si va poi avanti col meccanismo della botta e risposta ma poi c'è un
tetto e questo tetto misura il rapporto di forza per esempio se i detenuti hanno
un rapporto di forza tale da minacciare un sequestro delle guardie allora
evidentemente la direzione cede prima perché sa che i detenuti possono arrivare
fino al sequestro e il in genere la direzione cedeva sempre perché aveva paura
di questo che i detenuti sequestravano delle guardie ovviamente tu non potevi
chiedere l'impossibile non potevi chiedere di aprirti le celle e di lasciarti
andare a casa però potevi spingere continuamente per allargare gli spazi di
socialità
e le lotte riuscivano perché erano compatte tutti partecipavano
immediatamente senza nemmeno pensarci su le guardie ormai non si assumevano più
nessuna responsabilità le guardie reagivano delegando tutte le volte le cose da
fare alloro superiore il quale a sua volta le scaricava al suo superiore e così
fino a arrivare al direttore del carcere e il direttore si rivolgeva al
ministero per cui qualsiasi cosa tu facevi all'interno del carcere non ti
impattavi con la guardia ma il livello di forza che avevi era tale che si finiva
per trattare direttamente col ministero per qualsiasi lotta che tu facevi e dato
che ormai la posta in gioco era ormai sempre innestare un meccanismo che poteva
arrivare fino al sequestro delle guardie a partire magari dal fatto che tu
volevi un pennarello blu e allora la politica che loro avevano era quella di
cedere su tutto
anche perché la strategia del ministero puntava come sempre sulla
differenziazione per cui quel carcere speciale era un carcere di raffreddamento
il polo positivo diciamo degli speciali mentre all'altro polo c'era un carcere
di massima deterrenza il regime carcerario è tutto basato su questa strategia
della differenziazione deve poter sempre ricattarti con la minaccia di un
peggioramento delle tue condizioni deve poterti dire che se lotti attenzione
perché ti mando in un carcere peggiore di quello dove sei adesso e allora il
dibattito tra i compagni era non è che qui noi non dobbiamo lottare perché qui
si sta bene ma noi dobbiamo lottare lo stesso anche qui per rompere questo
meccanismo ricattatorio che ci minaccia tutti di finire in un carcere peggiore
8.
China la prima volta che l'ho conosciuta è stato quando c'è stata
l'occupazione del Cantinone è lì che l'ho vista la prima volta China era
arrivata lì non so quando e stava aiutando Gelso a fare il murales che Gelso
aveva deciso di fare sulla parete più grande aveva un grande pennello e lo
intingeva in un secchio di tempera bianca ma lo intingeva troppo e la pittura
schizzava dappertutto e colava giù sul pavimento io ho visto quel disastro e
sono andato lì per farle vedere come doveva fare ma anche perché mi sembrava
molto carina e mi ricordo che è lì che mi ha regalato quella sciarpa è stato
proprio quella volta quando l'ho conosciuta la prima volta perché quando mi sono
avvicinato naturalmente mi è arrivato un bello schizzo qui davanti e lei in
cambio mi ha messo poi al collo la sua sciarpa rossa era una sciarpa lunghissima
lunga fino ai piedi e mi ha detto tienila te la regalo così non si vede la
macchia
che non ce n'era proprio bisogno bastava vedere come mi vestivo allora la
camicia militare con il maglione troppo largo i gomiti lisi bucherellato coi
fili che pendono i blue jeans sfilacciati in fondo con una spilla da balia al
posto della cerniera rotta da mesi una scarpa scucita che quando pioveva mi
entrava l'acqua l'altra era senza stringa ma aveva con un nodo fisso le calze
spaiate una nera e una grigia e sopra tutto l'impermeabile bianco ghiacciato che
è la mia seconda pelle tutto stropicciato e sporco i bottoni che mancano tanto
lo lascio sempre aperto uno strappo sotto l'ascella le tasche sfondate ma la
roba finisce sempre nella fodera i giornali i volantini i pennarelli sempre gli
stessi stracci finché cadono a pezzi perché fa parte della scommessa perché ci
giochiamo tutto e come fai a pensare ai vestiti quando butti tutto dentro il
casino
la mattina che abbiamo fatto l'occupazione del Cantinone eravamo arrivati lì
molto presto eravamo arrivati lì la mattina prestissimo era sabato mattina e la
notte prima mentre Valeriana e Nocciola controllavano la strada dalle due parti
io Cotogno e Ortica abbiamo trapanato con un trapanino a mano il lucchetone da
sotto dove c'è la serratura abbiamo fatto saltare i tamburi e il lucchetto si è
aperto così la mattina dopo sarebbe stato già tutto pronto e sarebbe bastato
sfilare la catena poi abbiamo disposto lungo il fossato dall'altra parte della
strada sacchetti di plastica nascosti nella sterpaglia con dentro sassi biglie e
fionde mica troppa roba perché dentro il Cantinone c'era materiale di tutti i
tipi per poterci difendere in caso di attacco immediato
la mattina alle sette puntualissimi noi cinque ci siamo trovati alla stazione
e con l'auto di Ortica abbiamo fatto il giro passando per le strade dove ci
dovevano già essere appostati i gruppi dei compagni che dovevano fare
l'irruzione c'erano tutti quelli che dovevano esserci tutti infularmati come per
le manifestazioni in cui si sa che ci possono scappare degli scontri sciarpe
guanti berretti e tutto quanto abbiamo sfilato la catena e siamo entrati e
subito dietro sono arrivati a gruppi i compagni abbiamo fatto una veloce
ispezione dentro era ancora quasi buio non c'era l'elettricità e illuminando con
una pila dentro abbiamo visto le pile di legname di tutte le misure pile di assi
e di travi lo spazio era così grande che con la pila non si riusciva a vedere il
muro di fronte ma ci sembrava bellissimo
il Cantinone era un'ala di un vecchio castello di proprietà della Curia le
altre parti del castello erano occupate da una scuola materna di suore e da un
ospizio di vecchi pure gestito dalle suore l'ala che ci interessava a noi era
attualmente adibita a deposito di materiale di un'impresa edile era una grande
costruzione a pianta rettangolare al pianterreno c'era un unico grandissimo
salone che adesso era pieno di travi e di legname al piano superiore c'erano
delle stanze al pianterreno due file di colonne lo attraversavano per tutta la
lunghezza reggendo due alte volte a crociera in mezzo c'era un grande portone
d'ingresso in mezzo a due file di finestroni lungo tutta la facciata chiusi
dalle inferriate ma non c'erano né vetri né infissi
visto che tutto si era svolto nel migliore dei modi un compagno è uscito per
andare a dare il segnale a un altro gruppo che aspettava lì fuori e che è
partito per andare a affiggere i manifesti e distribuire i volantini che avevamo
preparato per annunciare l'occupazione intanto noi dentro abbiamo cominciato a
fare la catena per sgomberare il Cantinone del materiale edile attraverso la
porta che dava sul cortile portavamo fuori tutto e lo ammucchiavamo lì fuori le
suore e i vecchi dell'ospizio hanno cominciato a guardare dalle finestre sempre
più numerosi ci guardavano con stupore e incredulità forse in un primo tempo
hanno pensato che eravamo operai dell'impresa edile però devono avere avuto dei
dubbi perché vedevano lì al lavoro che c'erano anche delle ragazze
passa quasi un'ora e quelli che stanno di guardia fuori danno l'allarme che
arrivano e ci precipitiamo tutti fuori in strada i carabinieri stavano arrivando
tranquilli piano piano con i loro due pullmini e arrivati di fronte al portone
si fermano e scendono saranno stati una decina tranquilli senza niente in mano
il maresciallo ci viene incontro con una faccia perplessa e Valeriana gli va
incontro di qualche passo e gli dice è un'occupazione e gli dà il volantino e
gli dice qui è spiegato tutto il maresciallo lo scorre un attimo ma poi dice che
vuole entrare a vedere e indica il portone e fa per muoversi in quella direzione
ma subito spontaneamente tutti i compagni che erano usciti fuori formiamo un
cordone compatto formiamo un muro tra lui e il portone del Cantinone
il maresciallo ci guarda più che altro stupito poi dice ma lo sapete che
state facendo delle cose illegali Cotogno gli risponde sì ma le stiamo facendo
in tanti e non siamo solo noi qui a farle le occupazioni il maresciallo scuote
la testa e chiede ma chi è il responsabile qui e noi rispondiamo tutti siamo
tutti siamo noi tutti i responsabili qui il maresciallo un po' interdetto fa
segno con la mano ai suoi di andarsene ma noi non ci muoviamo restiamo n in
attesa che se ne vadano davvero questi risalgono tutti sui pullmini fanno
retromarcia e poi se ne vanno lentamente ma arrivati all'incrocio uno dei due
pullmini resta n mentre l'altro scompare allora noi rientriamo e Scilla comincia
a menarla un servizio d'ordine così fa schifo qui ci vogliono le bottiglie
perché quelli possono tornare da un momento all'altro e succede un massacro
intanto altra gente cominciava a arrivare arrivavano a gruppi gli studenti
che già sapevano della cosa e poi arrivavano i primi curiosi arrivavano operai e
disoccupati che avevano visto i nostri manifesti e i volantini si era sparsa la
voce e la gente arrivava entrava e si aggirava per lo stabile guardando
dappertutto noi spiegavamo perché abbiamo occupato cosa vogliamo fare adesso e
la gente discuteva domandava arrivava sempre più gente gente che non avevo mai
visto prima c'era- no i bambini che correvano su e giù per il salone salivano
nelle stanze sopra c'era dappertutto un caos completo a un certo punto vediamo
da una parte tre tipi ben vestiti che non avevamo visto entrare con le facce
cupe che si guardano in giro preoccupati e parlottano tra di loro gira subito la
voce è arrivato il sindaco
i tre ci vengono incontro davanti il sindaco un omone alto e grosso con un
cappotto cammello lungo quasi fino ai piedi e quando il sindaco apre bocca
finiscono i rumori assordanti solo i bambini continuano a correre su e giù per
il salone ci dice subito con voce brusca chi è il responsabile qui lo sapete che
state facendo una cosa illegale subito tutti quanti ci mettiamo a ridere quelli
si guardano intorno senza capire poi il vicesindaco un vecchio magro dalla
faccia rossa che è anche il segretario del partito attacca aggressivo siete dei
provocatori avete fatto questa pagliacciata per danneggiare la nuova giunta di
sinistra questa è una provocazione qui c'è un sacco di gente che non è di qui
che è venuta da fuori è una provocazione manovrata io faccio politica da
quarant'anni e li conosco bene io i provocatori
ma il sindaco riprende lui la parola sentite ragazzi noi siamo venuti qui per
dirvi che è già stata inoltrata una denuncia contro di voi e che è già in moto
il meccanismo della legge che porterà allo sgombero forzato noi vi assicuriamo
che faremo ritirare la denuncia ma voi dovete sgomberare subito adesso e
rimettere tutto a posto com'era prima e vi garantiamo che non vi succederà
niente sul piano penale buuuh fanno tutti e Nocciola si fa avanti rivolto ai tre
guardate bene che qui noi di andarcene non se ne parla neanche per un secondo
qui l'unica cosa che tutti vogliamo è continuare questa occupazione per
realizzare i nostri obiettivi che voi non vi degnate neanche di conoscere non so
se l'avete capito il sindaco fa un gesto infastidito fa marcia indietro e se ne
va seguito dal suo codazzo
poi non mi ricordo cosa è successo ancora è successo che nel pomeriggio c'è
stata anche la visita degli extraparlamentari che avevano appena fondato il loro
partito e da allora avevano smesso i blue jeans e l'eskimo sono arrivati lì col
giornale del partito che sporgeva dalla tasca del loden grigio si sono
avvicinati a me e a Cotogno e il loro capo ci ha detto senza preamboli qui
bisogna subito organizzare un'assemblea per discutere il da farsi è necessario
dirigere politicamente questo movimento spontaneo facciamo subito una riunione
ristretta tra noi e i responsabili dell'occupazione e così fisseremo il
programma che poi faremo approvare all'assemblea eccetera alla fine se ne sono
andati abbacchiati ma il loro capo ci ha minacciati tutte le lotte di massa sono
perdenti se non c'è un'avanguardia che le dirige voi non avete nessuna linea
politica e trascinate le masse alla sconfitta e blablabla e blablabla
9.
Allora nei primi momenti della rivolta ci sono state scene molto confuse nel
senso che immediatamente la cosa che è circolata è stata ci sono diciannove
guardie sequestrate e questo ha prodotto un grande stupore c'erano sentimenti
d'incredulità di paura e di stupore ma poi subito il clima generale è diventato
rapidamente un clima di grande eccitazione probabilmente perché quello che tutti
quanti sentivano in quel momento è stato specialmente il fatto di essere padroni
di questo spazio il fatto di potersi muovere e di potere andare su e giù
liberamente per tutto questo spazio e anche il solo fatto di muoversi liberi in
uno spazio più grande della propria cella nella quale si era costretti innescava
questo meccanismo di eccitazione generale
allora è successo che la parte dei detenuti che avevano preparato la cosa che
l'avevano organizzata hanno immediatamente innescato tutti i meccanismi
organizzativi della rivolta questi compagni si sono dati dei ruoli dei compiti
precisi che erano quelli della vigilanza del controllo dei punti principali da
dove si poteva tentare un'irruzione da fuori perché le guardie potevano sempre
tentare un'irruzione anche se con gli ostaggi che avevamo la cosa non era così
semplice e poi c'era chi doveva occuparsi del piantonamento delle guardie
sequestrate e tutto questo è avvenuto molto in fretta tutto questo meccanismo
organizzativo è stato messo in funzione rapidamente nonostante la grande
confusione perché evidentemente era già stato tutto prestabilito e questi ruoli
erano tutti già stati assegnati prima
c'erano dei compagni con un armamento che andava da queste caffettiere che
erano caffettiere moka che poi infatti dopo ne hanno vietato l'uso in cella da
queste caffettiere usciva la miccia c'era il detonatore e dentro c'era
l'esplosivo e queste caffettiere funzionavano da granate l'esplosivo era stato
nascosto nelle celle e era proprio questo che le guardie cercavano quando
avevano fatto quella strana perquisizione avevano cercato in tutte le scatole e
nelle bottiglie perché è lì che si nasconde l'esplosivo non l'avevano trovato ma
le avevano lasciate tutte sui tavoli per lasciare il messaggio che lo sapevano
che in carcere c'era l'esplosivo che avevano sentore che qualcosa doveva
succedere
le guardie sono state messe tutte quante dentro un camerone e è cominciato
tutto questo rito della perquisizione eccetera le guardie non sono state
assolutamente toccate nessuno gli ha fatto male solo alcuni compagni hanno
cominciato a mimare ma senza cattiveria con molta ironia sembrava una scena
degli indiani del '77 hanno cominciato a mimare tutto quanto il rito della
guardia nei confronti del detenuto e allora così sono stati perquisiti tutti
quanti esattamente come loro perquisivano i detenuti quotidianamente sono stati
messi lì in piedi con la gambe un poco divaricate le braccia alzate e poi
perquisiti come si fa abitualmente come loro facevano a noi tutti i giorni
quando uscivamo e quando ritornavamo nelle celle
gli si facevano passare prima le mani sulla testa le dita tra i capelli sotto
i capelli poi giù dietro la testa sul collo giù sulle spalle e sotto le ascelle
e poi scendendo giù lungo la schiena in basso il culo le gambe dietro e giù per
le gambe fino ai piedi e poi di lì risalire di nuovo su per le gambe le cosce
l'interno delle cosce il ventre e poi su per tutto il torace fino a tornare al
collo e poi facendo sbottonare i pantaloni abbassare la cerniera tastando la
cinta dei pantaloni tastando i coglioni e poi togliere le scarpe farsele dare e
rovesciarle per guardarci dentro tutto questo mentre stavano lì le guardie una
dopo l'altra come noi abitualmente le braccia alzate le gambe un poco divaricate
ma la cosa che tutti hanno constatato dopo questa perquisizione che hanno
fatto a tutte le guardie è stato che fra le diciannove guardie sequestrate non
c'era neppure un graduato se non un povero disgraziato appuntato che
evidentemente era lì per caso e questo fatto che non c'era lì neanche un
graduato ha fatto pensare a tutti che i graduati avevano avuto sentore che stava
succedendo qualcosa sapevano benissimo cosa stava per succedere perché mai e poi
mai era successo che sul piano non ci fosse nemmeno un graduato nemmeno un
brigadiere e in quella circostanza proprio quella volta lì su tutto il piano
anzi su tutti e due i piani il primo e il secondo piano in tutti i bracci non
c'era nemmeno un brigadiere
poi più tardi gli hanno fatto togliere anche le divise li hanno spogliati e
gli hanno portato degli abiti che portavano i detenuti e li hanno fatti vestire
con questi abiti perché questi qui erano ostaggi e quindi se avevano la divisa
se c'era un'irruzione sarebbero stati immediatamente individuati da chi faceva
l'irruzione polizia carabinieri o le guardie stesse per liberarli che così
potevano esercitare una rappresaglia immediata contro i detenuti senza correre
il rischio di mettere in gioco la vita delle loro guardie se invece erano
vestite come i detenuti tutto sarebbe stato più difficile
però non c'è stato nessun atto di violenza nei confronti delle guardie tutti
quanti mi ricordo si preoccupavano e continuavano a ripetere che comunque alle
guardie non doveva essere fatto nulla perché quello era la garanzia del fatto
che tutto finiva bene le guardie sequestrate sono state messe tutte quante
dentro un camerone e controllate da fuori sono sempre state trattate bene hanno
avuto anche da mangiare come tutti noi quello che si mangiava durante la rivolta
erano gli spaghetti che ce n'erano delle quantità nelle celle c'erano dei
compagni che cucinavano gli spaghetti per tutti gli altri e passavano a prendere
le ordinazioni tre matriciane quattro carbonare cinque al pomodoro si cucinavano
spaghetti dappertutto sui fornelli a gas da campeggio e anche le guardie
sequestrate hanno avuto i loro spaghetti
anche gli altri detenuti quelli che non erano tra gli iniziatori della
rivolta si sono dati anche loro subito spontaneamente un livello di
organizzazione adeguato in caso di un eventuale scontro con le guardie in caso
di un eventuale attacco è partito così tutto un meccanismo con molta enfasi da
parte di tutti e insomma la gente ha cominciato a armarsi hanno cominciato a
tirare giù gli infissi delle finestre per fame lame spranghe e cose di questo
genere hanno cominciato a fare i punteruoli con i ganci dei fornelli a gas da
campeggio con le punte che venivano acuminate hanno cominciato a fare mazze
spaccando le gambe dei tavoli e cose di questo genere poi sono state tirate giù
dai cardini le blindate e sono state piazzate contro i finestroni in fondo ai
corridoi perché da fuori potevano sparare dentro eccetera
tra l'altro prendendosi tutto il carcere la gente si erano presi anche alcuni
strumenti anche delle macchine per esempio si era presa una mola elettrica che è
servita per tagliare le piastre di ferro dei letti e così con quelle piastre si
potevano fare lame si potevano farle in serie e c'era anche una saldatrice
elettrica che è stata usata per saldare i cancelli della rotonda e bloccare così
la possibilità di un'irruzione dal basso e anche di un'irruzione dall'alto
perché dal secondo piano c'era una scaletta a chiocciola che portava sul tetto e
poi c'era anche la possibilità di usare il telefono del posto di guardia del
secondo piano e attraverso questo telefono si comunicava con la direzione del
carcere e questo è stato lo strumento di comunicazione per le trattative
e poi c'era la televisione perché un'altra cosa strana è stata che durante le
rivolte in genere tolgono completamente 1'elettricità e invece questa volta non
avevano tolto l'elettricità e avevano lasciato in funzione la televisione come
per lasciarci la possibilità di sapere le notizie dall'esterno avrebbero potuto
benissimo staccare tutto quanto ma invece hanno lasciato 1'elettricità hanno
lasciato in funzione il telefono hanno lasciato in funzione la televisione e
dalla televisione arrivavano le notizie sulle trattative tutte le televisioni
nelle celle erano tutte accese in continuazione col volume al massimo
specialmente quando c'erano i telegiornali e la notizia della rivolta veniva
sempre per prima
dentro le celle non sono state affatto distrutte si è trasformato tutto in un
enorme bivacco nel senso che la gente non faceva che andare su e giù per tutta
la lunghezza dei corridoi che saranno stati una cinquantina sessanta metri tutti
andavano su e giù continuamente alcuni bardati semplicemente con un fazzoletto o
una sciarpa intorno alla faccia altri invece che erano irriconoscibili
incappucciati in una federa con due buchi per gli occhi una coperta come un
poncho sulle spalle e questi erano evidentemente comuni perché i comuni avevano
le loro abitudini nelle rivolte per non farsi riconoscere come si vede sempre
nelle fotografie delle rivolte sui tetti che hanno sempre la faccia nascosta per
non farsi riconoscere e evitare le conseguenze
e dappertutto la gente non faceva che muoversi tutti non facevano che
camminare su e giù per i corridoi dentro e fuori nelle celle sembravano misurare
veramente uno spazio fisico maggiore uno spazio più grande di agibilità che
avevano conquistato e continuavano a camminare continuavano su e giù per i
corridoi dentro e fuori le celle tutte aperte che davano sui corridoi e tutti
quanti continuamente si spostavano da una cella a un'altra cella al punto che le
celle hanno completamente cambiato aspetto c'era un movimento continuo di
persone e di oggetti che venivano spostati trasportati da una cella all'altra un
movimento continuo di oggetti di indumenti di cose era diventato tutto un grande
bivacco una festa
il clima che c'era era di euforia c'era un clima di festa io mi ricordo di
questa enorme euforia di questa eccitazione di questa festa e quello che tutti
dicevano in continuazione e di cui erano convinti era che mai e poi mai ci
poteva essere un intervento militare da parte delle guardie dei carabinieri
della polizia delle forze repressive e questo proprio per via del fatto che
c'erano sequestrate diciannove guardie e questo rendeva quasi impossibile
un'irruzione perché sarebbe stato molto pericoloso per le guardie sequestrate mi
ricordo che non c'erano preoccupazioni mi ricordo che non c'era assolutamente
nessuna ansietà mi ricordo che c'era euforia e eccitazione c'era questo
meccanismo che era scattato nella testa di tutti di considerare questa
situazione come non pericolosa e che la faceva vivere a tutti come una festa
10.
C'era un'attività frenetica al Cantinone c'era quello che faceva l'elettricista
e aveva tirato una linea elettrica attaccandosi ai fili esterni dell'ospizio
c'era quello che faceva l'idraulico e aveva sistemato le tubature e cosi avevamo
anche l'acqua c'erano quelli che facevano i muratori e che erano andati a
prendere i loro attrezzi e si erano messi a chiudere i buchi nel pavimento e a
sistemare le piastrelle c'erano quelli che facevano i falegnami e che
costruivano telai di legno per le finestre e le chiudevano poi con dei teli di
plastica e in fondo A salone stavamo costruendo con le assi e le travi che
avevamo trovato lì un grande palco per i concerti e per gli spettacoli che
volevano fare il concerto di inaugurazione era già stato annunciato con un
manifesto e dei volantini che i compagni distribuivano in giro
erano arrivati anche tre o quattro vecchietti dall'ospizio li vicino che si
ricordavano quando una volta il Cantinone funzionava da osteria e c'erano li
delle botti enormi dei tavoli e delle panche per tutta la lunghezza perché
quello era il posto dove i contadini si incontravano per bere il vino e giocare
a carte e gli abbiamo promesso che avremmo rimesso lì le botti e le panche e il
vino come una volta poi tornano un gruppo di compagni che era andato in giro a
fare propaganda per il concerto tornano con le macchine pieni di roba da
mangiare noi crediamo che abbiano rubato e c'incazziamo ma invece c'erano stati
del negozianti che ci avevano regalato casse di bibite e di pasta e poi sono
arrivati li dei ragazzi napoletani che lavoravano in una pizzeria sono arrivati
con una montagna di pizze e così c'era da mangiare per tutti
intanto si erano formate le prime commissioni di lavoro chi si erano
installate nelle stanze al primo piano Valeriana e un gruppo di ragazze si
riunivano per mettere in piedi un consultorio autogestito altri preparavano un
programma di controinformazione sulle droghe leggere e pesanti altri si
occupavano dell'alimentazione e della controcultura altri della musica del
cinema del teatro si decide di prendere contatti con i circoli giovanili di
altre città di cui avevamo avuto notizie per uno scambio di esperienze e di
informazione e per formare un centro di documentazione con i loro giornali e i
loro documenti e in un'altra stanza del primo piano già funzionava un centro
stampa con macchine da scrivere e ciclostile che lavorava a tempo pieno i pacchi
di volantini di comunicati di annunci di documenti si accumulavano sui tavoli
del centro stampa in attesa di essere distribuiti
arriva la sera del concerto e arrivano i gruppi musicali arrivano da diversi
paesi del dintorni l'impianto è pronto le luci sono pronte le luci fanno macchie
colorate sui muri imbiancati del salone i gruppi cominciano a provare suonano
tutti insieme e i suoni sovrapposti escono sulla strada si diffondono in giro la
gente arriva a mucchi arrivano giovani da tutte le parti e anche non giovani la
strada davanti si trasforma in un parcheggio con tutte le macchine imbottigliate
dentro c'è una marea di teste tutti seduti sulle panche e per terra che battono
i piedi per terra e tutto rimbomba mentre le luci colorate girano sempre più in
fretta io guardo in giro per vedere dov'è China e la vedo contro il muro con
Gelso che ride con la testa che sussulta i capelli che le coprono tutta la
faccia quando la rialza mi vede e agita la mano e mi fa segno di venire lì
anch'io
la festa era al massimo c'era una grande euforia c'era una grande eccitazione
gente che entrava e che usciva in continuazione una confusione indescrivibile
tutti erano entusiasti di quel posto dicevano che dovevamo restarci che dovevamo
restare lì a tutti i costi che avremmo fatto delle cose fantastiche nel
Cantinone la musica suonava al massimo io attraverso la folla incrocio Scilla
con in mano una chiave inglese lunga mezzo metro che dice qui ci sono troppi
sballati se ne trovo uno che si buca lo sfondo era l'unico cupo li dentro Scilla
tutti guardavano il palco dove uno adesso cantava mi piace molto di suonare e
con la musica pestare ma non mi guadagno il pane perché suono come un cane sono
un teppista c'ho in testa la conquista sono un po' brutale ma ti giuro son
normale e io sono andato a mettermi con China proprio sotto il palco e sono
stato li stretto con China mentre la musica suonava al massimo
improvvisamente la musica si interrompe Scilla è salito sul palco e dice nel
microfono è arrivato qua fuori l'assessore culturale con un messaggio del
sindaco e della giunta la gente sghignazza e dice portacelo qua che ce lo
mangiamo l'assessore alla cultura è giovane piccolo nervoso con i baffetti un
impermeabile bianco e ha fatto il '68 aspetta pazientemente che le voci si
abbassino per lasciarlo parlare e poi dice vi devo comunicare che la situazione
è precipitata abbiamo appena ricevuto una telefonata dal questore che ci
annuncia lo sgombero nelle prossime ventiquattro ore a nome della giunta e del
sindaco vi rinnovo l'appello alla ragionevolezza e al buon senso evacuate il
Cantinone e vi promettiamo uno spazio nel nuovo centro polivalente appena
saranno terminati i lavori
partono da ogni parte della sala urla e schiamazzi poi prende la parola
Nocciola tu vuoi fare il furbo prima andate a dire che qui siamo provocatori e
fascisti poi che ci volete trovare uno spazio per noi l'unica cosa è che vi
trema il culo per la vostra giunta perché se era per voi la polizia la
chiamavate voi benissimo che questa storia del per primi ma noi sappiamo centro
polivalente è una favola basta pensare al disinteresse che avete sempre avuto
per i nostri problemi no no lo interrompe coraggiosamente l'assessore voglio
dire che questa è una calunnia il problema del giovani e un problema che ci sta
molto a cuore nel nostro bilancio sono previste spese importanti per i giovani e
per la cultura ma ci sono del tempi che si devono rispettare però vi assicuro
che anche i vostri problemi troveranno rapidamente una soluzione adeguata
dovevate parlarne con noi prima dice con tono conciliante dovevate rivolgervi
a noi con fiducia e insieme avremmo trovato una soluzione adeguata io penso che
le esigenze che sottendono questa vostra iniziativa sono legittime quello che
invece non è legittimo è la forma con cui pensate realizzarle noi dobbiamo
trovare insieme un altra forma ma intanto e necessario sgomberare il Cantinone
prima che accada l'irreparabile la gente ne ha abbastanza fuori fuori gridano
tutti aspetto una risposta me ne andrò da qui solo con la vostra risposta sia
che sia affermativa o negativa riesce ancora a dire poi Valeriana dal palco fa
fare un po' di silenzio e dice che la decisione spetta all'assemblea e che
dobbiamo discuterne tutti ma non in sua presenza e che lui se vuole può
aspettare fuori e poi gli riferiremo la nostra decisione
Scilla lo scorta fuori e prima di scendere dal palco alza il braccio con la
chiave inglese levata scoppia un applauso fragoroso tutti urlano noi del
collettivo non sappiamo bene che cosa fare ci consultiamo un momento poi Cotogno
prende il microfono compagni noi da qua non ce ne possiamo andare sotto la
minaccia dell'intervento della polizia se noi adesso sgomberiamo volontariamente
accettando il ricatto del sindaco e del partiti noi abbiamo perso allora noi
dobbiamo decidere cosa è meglio fare se restare qua a difendere l'occupazione il
che vuol dire andare allo scontro oppure no io penso che oggi come oggi non ci
conviene andare allo scontro penso che stroncherebbe il movimento sia che
vinciamo o che perdiamo militarmente perché in tutti i casi perderemo
politicamente e anche se vinciamo militarmente ci troveremo di fronte una
situazione ingestibile
noi dobbiamo decidere la cosa che ci conviene di più per la crescita e il
rafforzamento di questo movimento e allora il problema più importante per noi
non è di conservare il Cantinone a ogni prezzo il problema è che dobbiamo
conservare questa forza che ci siamo costruita e per questo noi dobbiamo
rifiutare lo sgombero volontario che ci propongono ma dobbiamo anche rifiutare
lo scontro magari un minuto prima ma dobbiamo decidere autonomamente noi quando
e come sgomberare se noi sgomberiamo per decisione autonoma nostra noi
conserviamo intatta la nostra forza politica e domani potremo portare avanti di
nuovo le lotte di questo movimento per la conquista di uno spazio sociale
potremo portare avanti altre occupazioni e altre lotte se invece andiamo allo
scontro oggi qui ci giochiamo tutto e secondo me perdiamo tutto
ci sono state molte bocche storte anche se la maggioranza è d'accordo con
Ortica ma nell'euforia generale quello era buttare acqua sul fuoco comunque la
nostra posizione passa nella discussione e così mandiamo a dire al sindaco che
l'assemblea ha deciso di continuare l'occupazione a oltranza ma poi decidiamo
che non possiamo stare lì a aspettare tutti quanti l'irruzione ci saranno lì
quattrocento persone rimanere lì tutti e poi andarsene tutti quanti all'ultimo
momento è impossibile è meglio che lo facciano in pochi perché così è più facile
andare via ci vuole pazienza per convincere tutti nessuno se ne voleva andare
nessuno voleva rassegnarsi che la festa era già finita ma alla fine se ne sono
andati hanno smontato e portato via tutto quello che non doveva restare li e
alla fine siamo rimasti lì solo quelli del collettivo una sessantina in tutto
nel salone si accendono le candele e si spengono le lampade centrali ritorna
il clima delle sere prima coi sacchi a pelo che si srotolano e la gente che si
stende solo che nessuno questa volta ha voglia di parlare o di cantare di
raccontare storie e fare progetti di arrotolare spinelli e fare l'amore questa
sera ognuno ha di fianco al suo sacco a pelo un bastone o una spranga vedo
Valeriana seduta contro una colonna che fuma guardando fisso le ombre
geometriche sulle volte a crociera mi avvicino con China e vado che ha gli occhi
un po' lucidi che c'è Valeriana merda tutto questo lavoro per un cazzo a me
piaceva questo posto un posto cosi bello non lo trovi più magari se occupiamo un
capannone diroccato in mezzo alla campagna quello magari sono capaci di
lasciarcelo ma un posto come questo che poi non sanno neanche cosa farsene non
ce i lo lasciano mica quel bastardi
ogni tanto qualcuno del turno di guardia torna dentro per darsi il cambio
fuori fa un freddo cane anche dentro non fa più troppo caldo mettiamo giù il
sacco a pelo e io m'infilo così come sono il pavimento è duro ma sono stanco e
mi sembra di essere comodo lo stesso China si toglie la sua giacca da uomo a
spighe l'arrotola e me la mette sotto la testa cosi sa remo più comodi dice e
s'infila anche lei China non ha sonno e canta a bassa voce io sono un gran
teppista sono il meglio della festa non tagliare la mia pista o per te saranno
guai io dico con gli occhi chiusi la pista ormai ci hanno già tagliato tutto
adesso basta che non ci arrivano anche i guai ma China continua a volte è fatale
se mi comporta male ma anche in galera volevo uscire ogni sera
11.
Le guardie fuori dal carcere dopo quel primo tentativo di reazione ricacciato
con quella carica esplosiva al plastico al pianterreno non hanno più reagito
anche perché a un certo punto un compagno ha mostrato dall'alto di un finestrone
una bella palla arancione che saranno stati due chili di plastico e quella palla
arancione li bastava per fare venire giù tutto il carcere e cosi loro hanno
capito che quel primo botto non era che un avvertimento che se insistevano
poteva capitare di peggio e poi ogni tanto qualcuna delle guardie catturate
veniva anche mostrata dai finestroni dei corridoi con un coltello alla gola per
fare vedere che erano vivi e per dire a quelli di sotto di non tentare nessun
intervento
le guardie catturate erano state divise in piccoli gruppi e venivano spostate
ogni mezz'ora in celle sempre diverse c'erano dei turni precisi era stato
previsto tutto un sistema di spostamenti ogni mezz'ora in modo che da fuori non
si poteva mai sapere in che cella si trovavano le guardie in modo che non era
possibile tentare qualcosa per liberarle quelli che gestivano le trattative ci
tenevano al corrente minuto per minuto di come andavano le cose dicevano che
alle trattative partecipavano dall'altra parte del telefono oltre alla direzione
del carcere e i comandanti delle guardie anche uomini politici del ministero
della giustizia e del governo rappresentanti che questi sembravano bloccati di
fronte alla gravità del cosa prendevano tempo ma anche sembravano disponibili
trattare
quando è cominciato a fare buio si sono stabiliti del turni vigilare su
quello che succedeva fuori per tenere d'occhio dai finestroni protetti dalle
blindate quello che succedeva intorno al carcere specialmente le guardie che
facevano s u e giù per camminamenti sul muri di cinta che erano so lo a venti
trenta metri dal carcere anche meno il carcere era tutto illuminato forte dalle
luci gialle dei proiettori e da li dal secondo piano dove stavamo si vedevano al
di là del muro di cinta una quantità di camionette di automobili di blindati di
furgoni le automobili con le luci azzurre sul tetto che giravano e le camionette
coi fari accesi che giravano intorno al carcere e nell'ombra ogni tanto
movimenti confusi gruppi di gente in divisa che si spostavano qua e là
nell'ombra intorno al carcere illuminato dai proiettori
nessuno ha dormito quella notte perché c'era una tensioni rossa per quello
che era successo mi ricordo che c'era questo va e vieni di gente dentro le celle
dei corridoi un grande movimento di persone c'era una confusione indescrivibile
con li radio e le televisioni sempre accese al massimo c'erano delle discussioni
molto accese non tutti erano d'accordo c'erano de compagni che ritenevano che
quella rivolta avrebbe segnato un disastro per il movimento del prigionieri ma
non potevano fare a meno di accettare anche loro questa situazione perché
c'erano dentro non potevano che stare dentro anche loro in questa situazione
anche se dimostravano molta malavoglia ne viverla insomma e mentre gli altri
ritenevano invece che s. trattava di una grande vittoria
però era successo che mentre questi sequestravano le guardie c'era scappato
un ferito cioè questo appuntato l'unico graduato che si trovava nei bracci che
era un appuntato e che era rimasto ferito con una punteruolata e questo
appuntato ferito destava molte preoccupazioni era un po' la nota stonata in
tutta la storia l'unica nota stonata tutti quanti capivano che un morto in
quella circostanza avrebbe cambiato completamente le cose è successo che nel
momento in cui hanno sequestrato le guardie nel corridoi questo appuntato ha
tentato una reazione e un compagno che stava facendo il sequestro gli ha tirato
una punteruolata nel fianco con un punteruolo ricavato dal solito gancio del
fornello da campeggio
questo appuntato evidentemente fingeva di stare più male di quello che stava
in realtà allora i compagni che gestivano la rivolta in più occasioni hanno
trattato di rilasciare questo ostaggio ferito l'hanno accompagnato tre o quattro
volte giù fino al cancello che segnava la terra di nessuno che in sostanza era
la rotonda del pianterreno per lasciarglielo dicendo noi apriamo il cancello e
ve lo lasciamo fuori ma nessuno ha compreso e questi qua invece non lo volevano
dicevano no no tenetevelo perché voi volete soltanto prendere il pianterreno voi
volete aprire il cancello per prendervi anche il pianterreno questa era la
motivazione che davano ma nessuno ha compreso che quello era un segno di quello
che sarebbe successo
altri suggerivano addirittura di segare le sbarre di una finestra lare giù
questo appuntato con una imbragatura perché nessuno lo voleva li nessuno voleva
correre il rischio che questo moriva li perché avrebbe snaturata tutta quanta la
cosa perché tutto quanto in fondo era andato liscio finora per esempio nessuno
aveva pensato di distruggere il carcere non era stato toccato niente non era
stato distrutto niente mentre nella rivolta che c'era stata poco tempo prima in
quell'altro carcere speciale il carcere era stato completamente distrutto nel
senso che lì avevano demolito tutto avevano distrutto l'impianto elettrico
avevano distrutto l'impianto idraulico avevano abbattuto i muri avevano reso il
carcere completamente inagibile
io a un certo punto sono tornato nella mia cella non c'era nessuno c'era un
mucchio di maglioni camicie pantaloni sparsi sulla branda l'armadietto era
sparito ho buttato tutto per terra e mi sono buttato sulla branda la televisione
era accesa ma non c'era più niente c'era un turbinio di puntini c'era questo che
suonava il violino nella cella di fianco suonava sempre le stesse note ho
pensato a China e che era certo che domani non la vedevo con questo casino devo
scriverle domani appena possibile devo si è affacciato il mio compagno di cella
cosa fai lì cosa c'è ti senti male hai sentito le novità che ci sono ci sono
delle novità nelle trattative e forse abbiamo vinto forse qua adesso vinciamo
ma guarda gli ho detto non so perché ma avevo un tono incazzato ma lo sai che
io veramente non ne posso più non ne posso più veramente che siamo qua sempre
ancora con questa storia ancora adesso con questa storia di vincere o di perdere
e che mi sembra che sia stata veramente sempre questa la nostra grande disgrazia
tutte le volte che abbiamo pensato che la cosa che contava era in fondo solo il
fatto di vincere o di perdere mentre poi invece le cose che noi abbiamo fatto
veramente non hanno mai avuto niente a che fare col vincere e col perdere
intanto perché se si tratta soltanto di vincere o perdere è chiaro che qua
abbiamo già perso tutto e da un pezzo ma il fatto è che io penso e anche tanti
come me lo pensano che in fondo non abbiamo mai avuto non solo non abbiamo mai
avuto nessuna idea né voglia di vincere ma nemmeno nessuna idea che c'era
qualcosa da vincere da qualche parte e poi sai se ci penso bene adesso a me la
parola vincere mi sembra proprio uguale come a morire
questo appuntato ferito è rimasto lì per tutto il tempo della rivolta perché
non l'hanno voluto non hanno voluto che glielo davamo questo povero disgraziato
non hanno voluto assolutamente che glielo davamo abbiamo fatto di tutto per
darglielo ma loro non lo volevano assolutamente è rimasto li sdraiato per terra
tutta la notte fingendo di stare più male di quello che stava si lamentava è
passata la notte e non sapevamo più cosa fare e poi la mattina è cominciata a
funzionare la stanchezza e il timore che le cose andando per le lunghe avrebbero
comportato qualche problema man mano che passava il tempo si cominciavano a
sentire da più voci la stanchezza che cominciava a farsi strada la gente era
molto tesa e tutti quanti dicevano che si doveva trovare al più presto una
soluzione al problema
basta chiudiamo questa storia qui fintanto che abbiamo questo rapporto
positivo fintanto che possiamo finire le cose bene cioè il carcere è qua che è
tutto in piedi non l'abbiamo distrutto le guardie non sono state toccate non è
successo niente di irreparabile è successa una cosa grossissima ma non c'è stato
neanche un morto c'è un ferito con una punteruolata e bisogna darglielo prima
che muoia queste erano le cose che si ' dicevano questa era la tensione che
c'era poi verso sera si sono diffuse le ultime notizie delle trattative uno dei
compagni che conduceva le trattative è uscito dal posto di guardia e ha
annunciato che le cose andavano bene che era ormai innescato il meccanismo della
smobilitazione della rivolta che tra poco sarebbero cominciati i preparativi del
rilascio delle guardie sequestrate e che insomma avevamo vinto
dopo questa notizia c'è stato un momento di sollievo c'è stato un momento di
rilassamento c'è stato un momento di stanchezza ma anche di rilassamento tutti
si interrogavano ma adesso cosa ci faranno ci picchieranno forse no si facevano
paragoni su come si erano concluse altre rivolte e c'erano quelli che
preparavano i loro zaini perché pensavano che ci sarebbe stato un trasferimento
immediato e intanto anche la sorveglianza su quello che succedeva fuori si era
rallentata nessuno si preoccupava più tanto di vigilare dai finestroni i
compagni rassicuravano le guardie che tutto era finito che presto le avrebbero
liberate c'era questo clima di rilassamento e di stanchezza quando alle cinque
del pomeriggio quando ormai questo clima era quello generale si è sentito un
rumore assordante
12.
Saranno passate due o tre ore che ci sveglia la voce di Nocciola fuori hanno
visto arrivare l'altro pullmino dei carabinieri che ha chiuso la strada e sono
scesi da tutti e due hanno tutti in mano i mitra e le pistole hanno chiuso la
strada da una parte e dall'altra io con un po' di fatica mi sfilo dal sacco a
pelo sono le cinque è ancora buio totale China dice piano ti prego dormiamo
ancora un po' mi metto in piedi ho brividi di freddo dappertutto e come mi muovo
mi fanno male le ossa mi vesto in fretta scuoto un po' China che dorme con la
faccia nascosta dai capelli e le dico di raggiungermi giù in fretta perché
stanno arrivando corro in fretta giù per le scale mentre mi infilo i guanti di
pelle nera bucati e mi faccio due giri intorno al collo con la sciarpa rossa
giù sotto nel salone tra i resti della festa i compagni si preparano in
fretta per terra è rimasto un mare di bottigliette di barattoli di birra di
cartacce non c'è più niente sul palco sul muro dietro il palco adesso si vede
bene il murales fatto da Gelso che ieri sera nessuno ha visto con tutte quelle
luci abbaglianti era un paesaggio tropicale con le palme e le scimmie sugli
alberi e dietro un enorme vulcano in eruzione con la lava rossa che scende verso
una specie di New York di grattacieli Sentiamo correre giù per le scale arriva
giù Scilla saltando i gradini quattro a quattro con dietro gli altri che erano
di turno a guardare la caserma ho fatto il giro dietro dice ansando sono
arrivati una fila di camion che non finisce mai sono sul piazzale della caserma
ma la fila continua anche fuori sulla strada
allora si va barrichiamo le porte tutti barrichiamo le porte ci spingiamo
contro le panche spingiamo contro anche il palco contro i1 portone centrale e
accendiamo tutte le luci nel salone poi i primi cominciano a salire in soffitta
dove c'è un botola da dove si può uscire sul tetto nella soffitta qualcuno
incespica spegnendo la candela buio pesto e si perde altro tempo per ritrovarla
e riaccenderla Scilla bestemmia e insulti tutti cazzo di imbranati muovete il
culo sembra un sergente alle prese con l'addestramento della sua truppa sentiamo
arrivare i camion che poi si fermano mentre i motori restano accesi Nocciola
spinge su China che gli sta davanti e sparisce anche lui su per la botola Scilla
chiede dove sono le bottiglie non ti preoccupare sono già sul tetto saliamo per
ultimi e Cotogno chiude la botola e siamo tutti sul tetto
sul tetto non ci possono vedere perché le luci dei lampioni sono spente
perché le abbiamo rotte a sassate intravedo fa fila del compagni che avanzavano
in fila sul tetto da giù arrivano voci e ordini secchi mescolati al rumore del
motori sempre accesi vedo Scilla steso sulle tegole a pancia in giù che striscia
fino all'orlo del tetto appoggia le mani alla grondaia e sporge la testa io e
qualcun altro lo raggiungiamo per guardare giù hanno spento i motori in quel
momento sono tutti schierati su tre file con gli scudi e i caschi con le visiere
abbassate la prima fila con i fucili con i candelotti infilati in cima le altre
due file con in mano lunghi manganelli c'è un gruppetto di graduati e di
borghesi che parlottano in fondo alla strada
la luce del finestroni illumina la prima fila immobile con i fucili e i
candelotti rivolti verso l'alto ci aspettiamo che diano l'ordine di sgomberare
con un megafono perché sono convinti che siamo tutti dentro invece nessuno si
avvicina all'edificio un graduato si stacca dal gruppetto in fondo alla strada
fa un gesto e la prima fila abbassa i fucili puntandoli sui finestroni partono
quasi tutti insieme dei colpi attutiti si sentono i candelotti che forano i
teloni di plastica dei finestroni quattro bottiglie e li becchiamo tutti dice
Scilla tiriamole adesso che sono tutti in un mucchio ma Cotogno gli mette una
mano sulla spalla se lo meriterebbero quei figli di puttana ma abbiamo deciso
che le bottiglie servivano solo per fermarli se non riuscivamo a uscire tutti in
tempo
andiamo via piuttosto dice Valeriana vediamo il fumo che esce sotto dai
finestroni e sale piano denso cominciamo a sentire l'odore del lacrimogeno e
risaliamo in diagonale il tetto piegati in avanti lo getto un'ultima occhiata i
poliziotti sono ancora schierati come prima forse stanno aspettando che apriamo
la porta e usciamo camminiamo in fretta sulla cima del tetto Ortica e un altro
portano il sacco pesante delle bottiglie che sbattono e minacciano di rompersi
passiamo sul terrazzino e di li scendiamo nel parco lì tutto è tranquillo non si
sente nessun rumore attraversiamo il parco di corsa arriviamo allo steccato e lo
scavalchiamo li di fronte ci sono le macchine gli altri sono già partiti
l'appuntamento è alla sede
Ortica è già pronto a infilare il sacco nel baule aperto di una macchina
speriamo che non ci fermino con le bocce in macchina ci mettono dentro tutti si
e meglio non portarle in macchina ci mettono dentro tutti se ci trovano con
questa roba e poi gli servirà per gettare merda sull'occupazione è meglio che le
lasciamo qui no e meglio che le svuotiamo perché se poi le trovano qui è lo
stesso si ma non qui là in fondo dietro alla siepe Ortica porta lì il sacco
togliamo le bottiglie dal sacco ma i tappi sono infilati bene e non mi riesce a
toglierli allora spacchiamo le bottiglie coi sassi dopo avere tolto gli
antivento con lo scotch che resta attaccato alle cita gelate dal freddo poi
buttiamo lontano i cocci delle bottiglie la puzza di benzina ci prende al naso e
ci resta addosso anche quando saliamo in macchina
facciamo una strada passando per i campi tutto è tranquillo facciamo un lungo
giro e arriviamo alla sede non c'è nessun poliziotto intorno dentro la luce è
accesa e ci sono già lì tutti i compagni decidiamo di andare tutti a casa e poi
di rivederci qui stasera però bisogna che qualcuno vada a vedere che cosa fanno
al Cantinone decidiamo che un gruppo va a vedere tra un paio d'ore bastano
quattro o cinque i compagni sfollano a piccoli gruppi parlando a voce bassa
Gelso passa da casa a prendere la macchina fotografica noi restiamo lì parlando
per restare svegli perché se smettiamo di parlare ci addormentiamo salvo China
che si addormenta subito comincia a fare chiaro ci rimettiamo in macchina
andiamo al bar della stazione a prendere un cappuccino
dopo un po' arriva Gelso con la macchina fotografica saliamo in macchina e
arriviamo all'incrocio ecco lì i due pullmini e le macchine della questura la
colonna di camion non c'è più e sull'angolo opposto del Cantinone non vediamo
nessuno e dico a Cotogno di fare il giro dell'isolato così ci fermiamo li e
facciamo le foto facciamo il giro e ci fermiamo all'inizio della strada che
costeggia il Cantinone China e Valeriana restano nella macchina sedute dietro lo
Cotogno e Gelso scendiamo e ci mettiamo dietro la macchina per non farei vedere
Gelso appoggia la macchina fotografica sul tetto della macchina e comincia a
scattare le foto davanti al portone vedo dei muratori che stanno passando il
cemento su una parete di mattoni che chiude il portone stanno murando il
Cantinone ci sono lì dei carabinieri che stanno a guardare con le mani nelle
tasche
vediamo i teloni di plastica dei finestroni al pianterreno squarciati e
bruciacchiati dal candelotti siamo cosi presi che non ci accorgiamo che una
delle macchine della questura è partita fa il giro dell'isolato e ci arriva
dietro sento la voce di Valeriana che li vede arrivare e dice attenzione la
macchina frena facendo stridere le gomme scendono due da dietro correndo la
macchina resta li in mezzo alla strada col motore acceso e le portiere aperte i
due ci sono di fianco la mano di uno impugna il calcio della pistola Gelso non
ha nemmeno il tempo di tentare di nascondere la macchina uno gliela strappa di
mano e dice che cosa fotografate l'altro apre la portiera e dice voi due fuori
subito scendete è arrivato li anche il poliziotto che guidava e ci chiedono a
tutti i documenti
mentre un poliziotto va con i documenti verso la loro macchina uno fruga
nella borsetta di Valeriana mentre l'altro continua a puntarci contro la pistola
dopo qualche istante quello che è andato alla macchina mi fa segno di
avvicinarmi io non capisco subito e l'altro mi dà un colpetto con la canna della
pistola mi incammino e mi fermo davanti al finestrino davanti abbassato a metà
dietro c'è seduto un tipo con un impermeabile chiaro che spegne la
ricetrasmittente tiene in mano le carte d'identità la mia sopra le altre alza la
testa mi guarda dietro gli occhiali quadrati non ti basta fare casino alla tua
scuola mi dice ma non è aggressivo suona come un rimprovero a un ragazzino
disobbediente io dico piano stavamo solo facendo delle foto non credo sia
proibito
lui non dice niente allora mi viene in mente che quello è il dottor Donnola
il capo della squadra politica della questura quello che anche davanti alla
scuola quando ci sono i casini se ne sta sempre li nella macchina un po' lontano
a parlare nella ricetrasmittente uno dei poliziotti adesso gli porta la macchina
fotografica ma lui non la tocca neanche fa un gesto con la testa e allora il
poliziotto la apre e tira fuori il rollino poi la chiude e me la porge in malo
modo lo prendo la macchina e la tengo in mano il dottor Donnola sfoglia ancora
una volta le carte d'identità una per una poi le batte sul bordo del finestrino
e me le tende io le prendo mentre lui mi guarda ancora negli occhi dietro gli
occhiali quadrati e mi dice come con un sospiro arrivederci
SECONDA PARTE
13.
Io questa cosa me la ricorderò per sempre un rumore veramente assordante un
rumore che veniva dall'alto un rumore che veniva dappertutto che diventava
sempre più forte sempre più assordante avevamo capito quasi subito che era un
rumore di elicotteri e questi elicotteri facevano un rumore fortissimo non era
un solo elicottero dovevano essere tanti elicotteri e tutti sono rimasti per un
attimo immobili tutti sono stati molto disorientati perché tutti quanti
ritenevano impossibile un intervento militare al punto in cui eravamo arrivati
proprio adesso che le trattative erano arrivate fino a lì e poi c'era la
questione delle diciannove guardie nessuno pensava che avrebbero messo in gioco
la vita delle diciannove guardie sequestrate e che avrebbero fatto un intervento
militare
sono arrivati si è sentito questo rumore assordante di elicotteri tutto
tremava i muri tremavano e tutto sembrava tremare e tutti hanno cominciato a
reagire in maniera diversa quella che ho visto è stata la confusione completa è
stata una situazione che avevo già vissuto in altre occasioni quando la polizia
carica nei cortei e non c'è il servizio d'ordine per far fronte a una carica di
polizia e proteggere la gente che sta nel corteo per mantenere la calma per
potere rifluire e andarsene con calma ecco la situazione è stata quella una
situazione di panico generale però nonostante che c'era questo panico continuava
a esserci la convinzione da parte di tutti che era un bluff che questi
bluffavano che questi in realtà non arrivavano e anche quando si sono cominciate
a sentire le prime esplosioni si è pensato che era una cosa solo a scopo
deterrente
allora è successo che l'azione militare si è svolta cosi è successo che
questi sono arrivati con gli elicotteri la scena che ho visto è stata di questi
enormi elicotteri che arrivavano e che facevano questo rumore assordante e da un
finestrone del corridoio ho proprio visto benissimo questi in divisa nera tutti
quanti armati fino ai denti con questi caschi integrali che gli coprivano tutta
la testa li ho visti che stavano sugli elicotteri e che scendevano che stavano
per scendere con delle scalette di corda con delle funi non so fatto sta che
scendevano sul tetto scendevano giù dagli elicotteri sul tetto a terrazza sopra
di noi e c'era questo rumore assordante queste esplosioni gli elicotteri
arrivavano a ondate questi scendevano giù e subito ne arrivavano degli altri e
cosi via
questi sono arrivati sul tetto sono scesi giù sul tetto e hanno cominciato a
tirare le bombe sono arrivati sul tetto e sul tetto c'era una botola hanno fatto
saltare questa botola con le bombe questa botola dava su una scala a chiocciola
scala a chiocciola dava su un cancello che dava sulla rotonda del secondo piano
e che avevamo saldato allora loro hanno fatto saltare immediatamente questa
botola sul tetto che dava sulla scala a chiocciola e appena hanno aperto la
botola hanno cominciato prima di scendere a buttare giù una dopo l'altra
saponette di plastico cioè proprio buttavano giù le bombe dalla scala e man mano
che le bombe arrivavano giù nella rotonda c'erano questi boati veramente
assordanti queste esplosioni
a questo punto tutti si sono resi conto che questi stavano entrando davvero
che non era più un bluff e tra l'altro le esplosioni non si sentivano solo di
sopra ma si cominciavano a sentire anche da sotto perché stavano attaccando
anche da sotto allora c'è stato il panico generale e in quel momento è successo
che uno in quel momento ha deciso da solo quello che gli conveniva più fare non
c'è stata una reazione ordinata alla cosa ecco non c'è stata una reazione
collettiva ordinata e anche quelli che si erano organizzati non hanno reagito in
maniera disciplinata e organizzata e non c'è stata nemmeno da parte di quelli
che avevano messo in conto l'irruzione che pensavano quella cosa poteva
succedere non c'è stato niente di organizzato quando abbiamo visto che questi
effettivamente cominciavano a tirare le bombe
allora c'era li era stata organizzata una struttura di servizio militare
eccetera che aveva l'armamento cioè c'erano questi che avevano c'erano dei
compagni che avevano delle bombe che erano state costruite che avevano questo
plastico dentro le caffettiere però non c'è stata una reazione ordinata quello a
cui lo ho assistito è stata una grande confusione ho assistito alla grande
confusione di tutti ognuno ha reagito istintivamente ha reagito come pensava che
era meglio reagire in una circostanza del genere ma individualmente nel senso
che in quel momento non si è vista nessuna reazione ordinata nessuno faceva
riferimento a nessuno ma faceva riferimento solo a se stesso e al proprio
istinto
la gente ha cominciato a scappare a correre a correre avanti e indietro
avanti e indietro dentro questo spazio limitato a correre avanti e indietro per
questo corridoio a entrare e uscire dalle celle in maniera confusa e caotica per
tutti questi lunghi minuti senza sapere assolutamente cosa fare cercando
qualcuno e non trovandolo entrando e uscendo dalle celle insomma la classica
situazione di fuga davanti a una carica di polizia quando non si è difesi però
la differenza è che quando tu scappi davanti a una carica della polizia hai
davanti a te uno spazio illimitato qui invece tutti quanti scappavano come topi
in gabbia perché tutti quanti sapevano istintivamente che non c'era spazio tu
eri dentro uno spazio bloccato e questi arrivavano e tiravano le bombe e c'era
questo rumore assordante di esplosioni continue che ti facevano saltare i
timpani
allora lo mi ricordo che ho avuto solo il tempo per scambiarmi le opinioni
sul da farsi col mio compagno di cella l'ho visto lì nel corridoio e gli ho
detto senti qui cosa si fa e lui mi ha detto secondo me bisogna scendere al
primo piano perché questi stanno calando dall'alto stanno venendo giù dal tetto
fra qualche secondo sono qui e allora è meglio scendere al primo piano e io mi
ricordo che gli ho detto ma guarda che stanno salendo su anche dal pianterreno
stanno salendo su al primo piano per cui e esattamente la stessa cosa e qua il
problema adesso non è di stare qua o di scendere al primo piano il problema è
che cosa si fa ci si arrende o si fa qualcosa e cosa si fa se si può fare
qualcosa ma lui ha detto no io scendo al primo piano
allora è successo che istintivamente ognuno ha scelto spontaneamente quello
che pensava che era meglio fare in questa situazione e c'è stata questa
divisione tra quelli che sono rimasti e quelli che sono andati però la cosa
strana in questa divisione tra quelli che sono andati sotto e quelli che sono
rimasti sopra è stato che si sono mischiati tutti insieme quelli che ritenevano
di non fare resistenza perché non era possibile fare resistenza perché tanto non
c'era niente da fare e era già tanto se si salvava la pelle e poi quelli che
invece credevano che si poteva fare una resistenza anche se non sapevano non
capivano come si poteva fare a farla non è che quelli sono rimasti sopra e gli
altri sono andati sotto ma si sono trovati mischiati tutti insieme tutti quanti
sopra e sotto
io al secondo piano ho sentito urlare di concentrarsi tutti nel grande
camerone allora una trentina di compagni sono andati in questo grande camerone e
allora lì ci sono stati dei Momenti terribili perché questi avevano tolto
l'elettricità ormai era buio si sentivano delle esplosioni spaventose tutti
quanti stavano lì allineati contro il muro in fondo al muro di questo camerone
tutti quanti accovacciati uno sull'altro con la convinzione che questi ci
uccidevano tutti perché dal momento che questi erano arrivati non facevano che
tirare bombe in continuazione e si vedevano calcinacci saltare pezzi di
pavimento saltare questa è stata l'ultima cosa che ho visto prima che hanno
tolto l'elettricità buchi nel pavimento per le bombe che tiravano giù dal tetto
alcune delle guardie sequestrate sono state portate di sotto al primo piano
con i coltelli alla gola altre guardie sono rimaste di sopra al secondo piano
nel camerone con noi e le guardie erano terrorizzate quando gli hanno aperto le
celle dove si trovavano e li hanno tirati fuori in mezzo a tutto quel casino che
c'era in mezzo a quel fracasso e a quella confusione con la gente che correva da
tutte le parti con le esplosioni ininterrotte delle bombe che scoppiavano in
continuazione li hanno tirati fuori dalle celle e hanno pensato erano sicuri che
gli tagliavano le teste e li buttavano di sotto uno per volta hanno pensato che
li ammazzavano e che li buttavano di sotto per fermare quelli che stavano
entrando
le guardie non dicevano niente avevano gli occhi sbarrati ce n'era uno che
continuava a svenire dalla paura era pallidissimo gli cedevano le gambe e
sveniva in continuazione allora un compagno gli dava degli schiaffi per non
farlo svenire poi gli hanno tirato un secchio d'acqua in faccia e quelli che lo
tenevano su per le braccia gli continuavano a dire di stare calmo che non lo
ammazzavano le guardie che stavano nel camerone del secondo piano non erano
assolutamente tenute da nessuno minacciate da nessuno si sgolavano a gridare
dalle finestre non entrate non entrate che ci ammazzano tutti e allora un
compagno gli ha detto vi ammazzano vostri soci mica noi
tra l'altro le guardie non avevano più le divise erano vestiti con vestiti
normali come noi e quindi erano esposti come noi a quelli che entravano tirando
bombe e sparando non si potevano distinguere da tutti noi e intanto nessuno li
minacciava nessuno gli faceva niente stavano li con noi anche loro accovacciati
e anche loro tremanti di paura e in quel momento c'è stato un attimo di
solidarietà tra tutti perché eravamo tutti nella stessa situazione perché c'era
in gioco la vita e le guardie si erano rese perfettamente conto che i
carabinieri stavano mettendo in gioco anche la loro vita non gliene fregava
niente ai carabinieri della loro vita e infatti questi sono arrivati facendogli
rischiare di essere uccisi due volte una volta da noi e una volta da loro è
chiaro che in quel momento per un attimo c'è stata una solidarietà tra noi e le
guardie
14.
Le elezioni dei decreti delegati sono arrivate in un clima accesissimo la
mattina presto come prestabilito ci siamo trovati in un centinaio davanti ai
cancelli della scuola è domenica e c'è un sole tiepido tutti abbiamo giubbotti
sciarpe e berretti di lana guanti bandiere siamo tutti intruppati molto
aggressivi formiamo una parata di presenza dura agguerrita Malva è
incazzatissima non è d'accordo continua a ripeterlo litiga con tutti dice che
bisogna sbaraccare tutto quell'armamentario da sceneggiata militare che dobbiamo
puntare tutto sulla discussione e non sulla minaccia ma nessuno le dà retta e
Scilla che ha portato un mazzo di manici di piccone a cui sono legati degli
straccetti rossi le urla vaffanculo stronza mettiti anche tu in lista e non
rompere i coglioni
il cancello viene aperto dai bidelli vestiti in borghese e pagati con lo
straordinario per quel lavoro festivo formiamo quattro cordoni che sbarrano
l'entrata subito arrivano due volanti della polizia due auto dei carabinieri e
un cellulare della questura c'è la solita auto civetta chiara della polizia che
dà ordini con una ricetrasmittente dopo un po' un graduato si avvicina e chiede
di lasciare aperto il passaggio ma noi non ci muoviamo il clima è tesissimo i
poliziotti si schierano formano anche loro un cordone ma non hanno manganelli né
caschi né scudi non hanno in mano niente e sono un po' intimoriti dalle nostre
bandiere
i carabinieri stanno in disparte a guardare i poliziotti hanno formato un
cordone e avanzano serrati verso di noi e arrivano quasi a toccarci ci
insultiamo guardandoci negli occhi e cominciamo a spingerci corpo contro corpo
per il momento non ci spingiamo con le mani premiamo solo coi corpi contro corpi
degli altri noi teniamo davanti al nostro cordone le aste delle bandiere
orizzontale e spingiamo con le aste per non fare avanzate i poliziotti allora i
poliziotti prendono in mano anche loro le bandiere e le spingono contro di noi
si spinge da tutte e due le parti e la linea orizzontale delle bandiere fa da
divisione tra i nostri corpi e i loro sembra un gioco un tiro alla fune
rovesciato e c'è anche chi si diverte con quel gioco che continua per un bel po'
mentre spingiamo noi gridiamo oh oh oooh i poliziotti invece spingono senza
dire niente la massa ondeggia avanti e indietro uno schieramento perde un metro
ma poi lo riconquista e cosi passa qualche minuto io sono proprio in mezzo e mi
sento schiacciato come una sardina pressato da tutte le parti accaldato mi
sembra di soffocare poi alla fine riusciamo a buttarli indietro noi perché siamo
più numerosi e c`è anche un sacco di gente che spinge da dietro l'ultima spinta
che diamo è violentissima ì cordoni dei poliziotti non riescono a bloccarla
qualche poliziotto finisce per terra a gambe per aria e si rialza in fretta
raccogliendo il cappello e bestemmiando di rabbia e così riusciamo a occupare
completamente lo spazio davanti al cancello
viene avanti di nuovo lo stesso graduato di prima e comincia una trattativa
lui dice che a loro interessa soltanto lasciare aperta l'entrata che loro sono
lì per garantire questo che la gente possa entrare e uscire liberamente e che se
non la smettiamo prendono i manganelli e ci caricano allora Canforo fa da
mediatore e si arriva all'accordo di schierarci lateralmente lasciando libera
l'entrata perché noi non siamo li per impedire alla gente di entrare a votare ma
per discutere con loro ma in realtà non si discute un cazzo alcuni gruppetti di
studenti che arrivano li per votare vedono la situazione e fanno dietro front ma
la stragrande maggioranza non si presenta neanche solo alcuni genitori restano
lì smarriti non capiscono niente ma c'è troppa tensione per discutere non c'è
neanche la voglia da parte nostra
la nostra attenzione è ormai tutta per i poliziotti sentiamo che lo scontro è
con loro che intanto hanno riformato il loro cordone hanno formato un cordone
parallelo al nostro che lascia libero un corridoio largo un paio di metri e
lungo una decina di metri che arriva fino al cancello finalmente ci sono un p
alo di genitori coraggiosi certamente comunisti che s'incamminano nel corridoio
lasciato libero davanti all'entrata e allora subito noi avanziamo tutti insieme
di colpo e immediatamente avanza anche il cordone del poliziotti e cosi ci
ritroviamo nella situazione di prima faccia a faccia con i genitori presi in
mezzo come un sandwich di fianco a me c'è Scilla ci teniamo sotto braccio sento
il suo braccio teso che si stringe al mio
poi improvvisamente il braccio di Scilla si divincola rapidissimo dal mio e
di colpo vedo il sangue che scende dal naso del poliziotto che gli sta di fronte
è stato un attimo nessuno ha visto il suo pugno scattare che ora è di nuovo
sotto il mio braccio il poliziotto apre le braccia molli e si lascia andare
indietro con il cappello che gli scende sulla faccia intanto i due schieramenti
si sono di nuovo staccati e sono tornati ognuno sulla linea di partenza il
poliziotto a terra viene portato via senza che si capisce bene che cosa gli è
successo dopo un po' arriva un gruppetto di cattolici e si ferma a qualche metro
di distanza parlottando un po' tra loro e poi in fila vengono avanti imboccando
il corridoio
riparte il gioco degli schieramenti tutti ci buttiamo dì nuovo in avanti e il
gruppetto degli aspiranti delegati torna indietro precipitosamente dopo avere
ricevuto qualche spintone e qualche sputo poco dopo arriva il primo della classe
che è della FGCI arriva accompagnato da una decina di altri ragazzotti ben
vestiti e dalla faccia pulita come la sua evidentemente tutti militanti della
sua organizzazione fantasma si preoccupano per un po' di fermare i pochi
studenti che arrivano e di convincerli a restare lì poi parlottano con i
poliziotti parlottano con il gruppetto dei cattolici Valeriana per prima urla
eccolo lì il compromesso storico poi partono gli slogan uniti si ma contro la DC
i poliziotti partono di sorpresa e di slancio guadagnano qualche metro i
cordoni dei due schieramenti si sfilacciano nella confusione partono calci e
cazzotti da tutte e due le parti un po' di studenti riescono a entrare
approfittando della confusione quasi tutti si prendono qualche botta a Cocco
strappano la fodera color cardinale del suo pastrano a Gelso spaccano un mignolo
a me arriva un colpo sul braccio sento un dolore lancinante mi guardo in giro ma
c'è una tale confusione che non capisco chi me l'ha dato i poliziotti sono
incazzati perché noi abbiamo le bandiere e capiscono che cominceremo a usarle
intanto arrivano a frotte i militanti del PCI sono sempre più numerosi e si
mettono dietro ai poliziotti e li incitano a spazzarci via
uno del PCI alto e grosso dalla faccia prepotente si fa avanti e prende Pepe
per il bavero e gli grida fascista Pepe sì divincola e riesce a tirargli un
calcio negli stinchi un calcio durissimo con la punta del suo anfibio roba da
spaccargli la gamba ma quello non fa una mossa e non molla il suo collo allora
Ortica che è lì di fianco alza la bandiera e la cala con due mani sul braccio
del bestione un urlo dì dolore e quello lascia la presa è il caos botte da orbi
da tutte le parti ormai è un corpo a corpo le bandiere saettano l'aria urla
bestemmie insulti sento qualcuno che mi prende per ì capelli ma poi mi molla
subito vedo Scilla che tira colpi da forsennato usando la bandiera come una
clava contro i poliziotti che cercano di raccogliere le bandiere cadute per
terra per usarle anche loro
arrivano delle ambulanze con le sirene la zuffa smette quasi di colpo e ci si
ridivide nei due schieramenti ritornando alle posizioni iniziali improvvisamente
sento gridare che hanno preso Canforo e faccio in tempo a vedere Canforo tenuto
per le braccia che viene spinto da quattro poliziotti sul cellulare ci
precipitiamo tutti sul cellulare e lo circondiamo altre spinte altri cazzotti
coi poliziotti ma il cellulare non può partire perché schiaccerebbe qualcuno
allora noi cominciamo a scuotere il cellulare a sballottarlo spingendo tutti
insieme a quel punto i poliziotti promettono il rilascio di Canforo in cambiò
della consegna delle bandiere noi accettiamo lasciamo lì i bastoni per terra e
Canforo viene fatto scendere dal cellulare
è mezzogiorno siamo li da quattro ore i seggi chiudono la sera e noi non
vogliamo andarcene ma non si può andare avanti a botte fino a sera decidiamo
cosi di fare uno schieramento ridotto fino a dopo pranzo tanto ormai il nostro
obiettivo è stato raggiunto l'affluenza alle urne è stata quasi nulla decidiamo
di dare una tregua ai poliziotti e io accompagno Canforo a parlare col graduato
che è li dall'altra parte della strada appoggiato a una volante e discute con
uno in civile con un impermeabile doppio petto color crema la tensione si è
allentata del tutto qualcuno si siede sul marciapiede a mangiare i panini un
poliziotto giovane si toglie di tasca la radiolina per sentire la partita e ci
dice ma che fate è domenica perché non e andate nei prati con qualche ragazza
invece di stare qui a fare tutto questo casino
15.
La volta che mi hanno arrestato eravamo appena arrivati col treno dal paese
camminavo con China e con altri due compagni per la strada dalla stazione verso
la sede c'era la riunione alla sede per la radio che stavamo mettendo su la
stavano mettendo su Gelso e Ortica e doveva trasmettere in tutta la provincia
passa via un'auto civetta della questura sputtanatissima che negli ultimi tempi
vedevamo spesso ferma davanti alla sede ma non ci badiamo neanche tanto stanno
controllando come al solito pensiamo ma poi quelli si fermano di colpo proprio
di fianco al marciapiede qualche metro davanti a noi si fermano di colpo e
subito scendono scendono in fretta con le pistole in mano e vengono verso di noi
a me la cosa mi sorprende perché questi ci conoscevano benissimo e non era il
caso di fare tutta quella sceneggiata per chiederci i documenti come era già
successo ormai un sacco di volte
i tre in civile non badano molto ai compagni che sono con me ma mi circondano
mi puntano le pistole addosso e mi dicono di stare fermo non muoverti mi gridano
e chi si muove dico io questi si avvicinano e uno mette al muro i compagni e
anche China con le mani alzate poi li fruga un po' ma senza convinzione gli
altri invece mi prendono per le braccia e mi spingono verso la macchina mi
spingono dentro la macchina e mi ritrovo schiacciato tra due con le pistole in
mano che me le appoggiano ai fianchi erano piuttosto agitati e non dicevano una
parola e allora anch'io non dico una parola riesco solo girando un po' la testa
a vedere China sul marciapiede che correva verso la macchina che in quel momento
parte di colpo
tutto questo è avvenuto tutto velocissimo quello che era rimasto giù quando
ha visto che ero entrato nella macchina ha mollato i compagni che teneva contro
il muro con la pistola è corso alla macchina è salito davanti e è partito
sgommando a zig zag poi ha guardato dietro nello specchietto e ha detto l'avete
perquisito no fa quello alla mia sinistra sempre spingendomi la pistola fra le
costole quello che guida s'incazza ma come non l'avete perquisito ma siete fessi
dovevate perquisirlo e frena e fa per accostare al marciapiede ma sempre quello
alla mia sinistra dice non fermarti adesso quello che guida riprende velocità e
dice ma almeno mettetegli le manette no e poi mi chiede minaccioso sei armato
no dico io quello a destra tira fuori le manette e quello che guida gli dice
mettigliele dietro allora quello alla mia sinistra mi prende con una mano per i
capelli e mi dice avanti metti le mani dietro io ubbidisco ma mi muovo molto
lentamente perché mi sento premere la canna della pistola sul fianco quello a
sinistra mi tira ancora i capelli finché appoggio la faccia contro il sedile
davanti mentre l'altro mi mette le manette intorno ai polsi ma ci mette un po' a
metterle perché c'è poco spazio e così finalmente mi trovo ammanettato quello a
sinistra mi lascia i capelli adesso sono ammanettato e scomodissimo per via
delle braccia dietro la schiena e i due di fianco che mi premono sempre le
pistole fra le costole ma preferisco stare zitto e non chiedere niente
la strada che porta alla questura è corta però faccio in tempo a pensare a
mille cose penso che questi stanno facendo una cosa dura di intimidazione non
capisco per quale motivo ma è certo che stanno facendo una cosa dura e visto
come vanno queste cose appena arrivati in questura mi riempiono di botte e penso
che sono ammanettato e che così è facile picchiarmi senza che posso nemmeno
difendermi e così mi salta addosso la paura delle botte non riesco neanche più a
pensare per quale motivo possono avermi fermato penso solo alle botte che mi
daranno e arrivati davanti all'entrata principale mi fanno scendere a spintoni
sempre con le pistole 'n mano mi spingono su per le scale continuando a
spingermi anche se non c'è bisogno mi spingono se salgo piano e se accelero mi
dicono dove vai e mi tirano indietro per le manette
insomma facciamo due piani così sempre con questi che mi spingono e mi tirano
poi questi mi fanno entrare in una stanza e mi fanno sedere su una sedia io
nell'attimo in cui mi siedo sempre con le manette dietro penso adesso cominciano
ecco e invece quello che mi aveva messo le manette tira fuori di tasca una
chiavetta minuscola e me le toglie io ho tirato un sospiro perché ho pensato che
se mi dovevano picchiare era più facile farlo quando ero ammanettato mi frego un
po' i polsi che sono rossi e mi fanno male poi quello che guidava mi fa deciso
spogliati dà i in fretta io non faccio obiezioni mi tolgo il giubbotto la
sciarpa poi mi tolgo il maglione la camicia e la maglietta dà i su in fretta
anche i pantaloni mi tolgo le scarpe mi sfilo i pantaloni e poi li guardo
ma sempre quello riattacca da incazzato ho detto tutto ti devi mettere nudo
tutto hai capito e mi dà un colpetto sulla spalla con la punta delle dita tese e
con una faccia sprezzante io vedo questa sua espressione sprezzante e mi viene
naturale fissarlo in faccia e gli vedo questa espressione sprezzante negli occhi
e sento salirmi una vampata d'odio di rabbia tu sei una carogna gli dico con gli
occhi non ho il coraggio di dirglielo perché lo vedo lì tutto teso pronto a
partire con una botta se faccio la minima reazione e così mi tolgo le calze e le
mutande e resto lì nudo ho freddo ma non mi muovo è come una rivelazione per me
e penso sono proprio così sono proprio fatti così ma perché mi stupisco quante
volte ce lo siamo detto che sono così
i tre si mettono a frugare i vestiti rivoltano le tasche del giubbotto le
tasche del pantaloni rovesciano fuori quello che c'è dentro sul tavolo poi
prendono tra le dita una per una tutte queste cose che sono le solite cose le
sigarette l'accendino le monete foglietti di carta le chiavi le solite cose che
ci sono sempre quelle tasche le guardano le riguardano se le fanno passare da
una mano all'altra due o tre volte le girano le sentono tra le dita poi se le
passano tra di loro l'accendino le chiavi i foglietti di carta li leggono
attentamente li guardano controluce li riappoggiano delicatamente poi tolgono le
sigarette dal pacchetto tolgono anche la stagnola la osservano attentamente da
una parte e dall'altra ma cosa stanno cercando mi chiedo cosa pensano di trovare
poi fanno passare i vestiti tastano il collo del giubbotto le cuciture
strappano la fodera e ci passano dentro la mano a turno tastano il collo della
camicia la rivoltano controllano le cuciture rovesciano i pantaloni e il
maglione controllano ogni centimetro sempre con lo stesso ritmo calmo si vede
che sono per loro gesti abituali meccanici poi prendono in mano le mutande le
tastano bene anche quelle poi tocca alle scarpe ci infilano la mano sollevano la
linguetta le mettono sotto la luce per guardarci dentro di sbieco controllano la
suola la piegano in due e poi le buttano per terra alla fine la sciarpa rossa e
i calzini sempre con le mani nervose li tirano su li tastano li girano e li
rigirano tre quattro volte se li passano di mano poi quando hanno finito uno
esce dalla stanza
raccolgo la mia roba sparsa in giro per terra faccio le cose lentamente
continuo a non capire dove vogliono arrivare penso che adesso potrebbero anche
dirmi qualcosa però io evito di fare domande finisco di rivestirmi lentamente e
poi mi siedo su una sedia guardo fuori dalla finestra anche se non c'era niente
da guardare perché eravamo al secondo piano e c'era solo il cielo grigio fuori
dalla finestra guardavo fuori nel cielo grigio per non guardare quelli che anche
loro adesso sembravano rilassati e non badavano più molto a me uno si era seduto
sulla scrivania e faceva andare avanti e indietro le gambe penzoloni mentre con
la mano giocherellava con gli oggetti che erano nelle mie tasche e che adesso
formavano un mucchietto sulla scrivania
la carogna ce l'avevo dietro le spalle non lo vedevo ma ero sicuro che aveva
fatto apposta a mettersi li per darmi insicurezza perché potevo pensare ogni
momento che stava per arrivarmi una botta finché dopo qualche minuto quello che
era uscito riappare e gli chiedono se è arrivato il capo ma guarda penso io lo
chiamano davvero il capo e quello risponde adesso arriva io lo so chi è il capo
l'ho già visto tutte le volte che abbiamo fatto una manifestazione era sempre lì
col suo impermeabile doppio petto color crema dietro il finestrino di una
macchina civile con la ricetrasmittente davanti alla bocca a dare ordini ai suoi
ragazzi perché lui li chiama proprio cosi i miei ragazzi e loro lo chiamano il
capo che tipi sono questi sbirri si comportano e parlano veramente come gli
sbirri che si vedono nei film
16.
È passato un istante lunghissimo di silenzio da quando questi qua hanno
smesso di tirare giù le bombe dal tetto e hanno cominciato a scendere giù per la
scala a chiocciola per scendere la scala a chiocciola dal tetto alla rotonda del
secondo piano attraversare il corridoio fino in fondo e entrare in questo
camerone dove eravamo tutti e una questione di pochi secondi se lo fai
normalmente ma questi ci hanno messo un minuto buono a farlo a arrivare perché
scendevano giù con molta cautela scendevano giù tutti scafandrati con questi
giubbotti antiproiettile con questi caschi integrali e quando finalmente sono
arrivati giù in rotonda subito hanno cominciato a sparare raffiche di mitra nei
corridoi da tutte le parti sparavano come impazziti coi mitra in giro
dappertutto e noi tutti quanti gridavamo ci arrendiamo ci arrendiamo non sparate
la scena che ho visto è stata che ho visto uno di questi tutto scafandrato
entrare ma in modo molto calmo ha messo un piede dentro il camerone ha visto
tutti quanti in fondo accovacciati per terra e subito ha tirato una raffica di
mitra contro il soffitto poi ha buttato dentro una bomba dentro il camerone una
bomba non esplosiva una bomba di quelle accecanti di quelle che usano questi
commando come diavolo si chiamano e infatti ti lascia intontito perché fa una
luce abbagliante incredibile un boato enorme che ti stordisce e insieme una luce
ma una luce che veramente ti acceca e infatti chiudi gli occhi ma poi dopo ti
resta questa luce dentro gli occhi ti resta anche se chiudi gli occhi ti resta
per qualche secondo e non capisci niente resti completamente intontito
hanno buttato nel camerone dove eravamo una bomba di questo tipo qua e allora
la cosa che ho sentito è stato che una guardia mi si è infilata sotto le gambe e
mi stringeva aggrappandosi perché ormai tutti avevamo delle reazioni
assolutamente scomposte eravamo tutti quanti seduti con la schiena appoggiata
contro il muro e allora questi dalla porta hanno cominciato a sparare coi mitra
delle raffiche a mezzo metro sopra le teste allora ovviamente tutti quanti
tendevano a sdraiarsi per terra a appiattirsi il più possibile perché questi
sparavano sparavano e insultavano urlavano figli di puttana vi ammazziamo tutti
qua e là e continuavano a sparare poco sopra la testa della gente poi hanno
cominciato a farci girare tutti quanti a calci sdraiati giù con la faccia contro
il pavimento
tutti quanti hanno capito immediatamente e si sono messi tutti con la faccia
in giù da soli senza neanche troppi inviti anche le guardie sequestrate che
stavano lì che si erano prese dei calci in faccia anche quelle che avevano
tentato di dire che loro erano delle guardie stavamo tutti con la faccia contro
il pavimento in modo che tu non vedevi più niente poi hanno cominciato a portare
fuori uno per uno la gente dal camerone hanno cominciato a portarla fuori nel
corridoio non vedevo più niente ma sentivo le raffiche di mitra sui muri che
tiravano continuamente le urla gli insulti i colpi a quelli che venivano portati
fuori a calci urlavano porci rossi carogne bastardi vi ammazziamo tutti nel
frattempo sotto si sentivano esplosioni terribili perché nel frattempo anche
sotto avevano sfondato e erano state gettate anche delle caffettiere
portavano fuori la gente uno per uno dal camerone io sono stato l'ultimo
siccome erano tutti allineati lungo il muro e hanno cominciato dalla parte
opposta alla mia io ero l'ultimo proprio l'ultimo e sentivo solo i rumori perché
non vedevo più niente ero con la faccia a terra non vedevo praticamente più
niente l'unica cosa che sentivo erano questi che sparavano e insultavano erano
anfetaminici drogati gridavano veramente come matti sparavano continuamente poi
prendevano la gente e la portavano fuori nel corridoio sentivo le botte che gli
davano mentre li portavano fuori li portavano fuori nel corridoio e lì poi
sentivo che non c'erano più raffiche ma solo colpi singoli dicevano
inginocchierai sentivo dire mettiti per terra inginocchierai metti le mani sulla
testa e poi sentivo sparare due colpi singoli
allora lì ho detto questi li ammazzano li stanno ammazzando tutti ma ti giuro
adesso è passato del tempo ti giuro lo ero perfettamente convinto che stavano
uccidendo tutti che ci facevano uscire uno per uno per ucciderci tutti uno per
uno nel corridoio e tutti li eravamo convinti di questo sentivamo quei colpi
isolati li fuori nel corridoio e poi rientravano per portarne fuori un altro non
so quanto tempo è durato questo io stavo lì con la faccia giù non avevo idea
quanti ce n'erano ancora prima di me aspettavo da un momento all'altro che
toccava a me ero convinto che proprio ci ammazzavano tutti anche perché la
situazione era tale è chiaro mi dicevo se entrano cosi è perché ti ammazzano se
tirano le bombe in quel modo vuol dire che sono venuti qua per ammazzarci tutti
e anche le guardie hanno subito lo stesso trattamento perché questi non
potevano distinguere le guardie sequestrate dai detenuti quelle gridavano siamo
le guardie siamo le guardie ma questi non gli davano retta gli hanno fatto lo
stesso trattamento identico anche a loro le hanno picchiate trascinate fuori a
calci anche loro le hanno portate fuori nel corridoio e anche loro pensavano e
erano sicuri che li ammazzavano anche loro erano convinti come noi li hanno
portati fuori nel corridoio li hanno messi in ginocchio e gli hanno sparato
sopra la testa finché poi in un secondo tempo li hanno identificati perché dopo
che hanno preso anche il pianterreno è salito sopra un comandante delle guardie
che effettivamente lui li conosceva però prima hanno subito anche loro lo stesso
trattamento
comunque la cosa più assurda che mi è sembrata è stato come era lungo il
tempo che non finiva mai perché io poi ero l'ultimo e sentivo portare via tutti
uno per uno prima di me e mi dicevo qui adesso mi ammazzano la cosa strana era
che ero proprio convinto che mi ammazzavano per cui mi dicevo è finito tutto e
finito tutto quanto adesso mi ammazzano come tutti gli altri però la cosa strana
era che ero completamente tranquillo rispetto a questa cosa non ho avuto
reazioni scomposte e poi ho visto che anche gli altri compagni nessuno aveva
avuto reazioni scomposte tutti erano stati completamente tranquilli mentre
aspettavano il loro turno per essere portati fuori non so forse perché c'era in
tutti un atteggiamento di accettare questa cosa come inevitabile non so
poi quando sono arrivati a me mi hanno preso per capelli un po' di calci un
po' di storie un po' di botte che neanche le ho sentite ti immagini se senti le
botte in quel momento le botte erano la cosa che non sentivi nemmeno perché
pensavi solo al fatto che ti ammazzavano ma anche allora ero completamente calmo
e quando sono arrivato sul corridoio mi hanno dato una botta non so con che cosa
una botta così col calcio del mitra credo mi hanno buttato per terra e io allora
ho fatto in tempo a vedere che erano tutti quanti per terra ammucchiati li
sanguinanti però erano tutti quanti vivi non avevano ucciso nessuno erano tutti
quanti feriti sanguinanti però tutti quanti si muovevano lì stesi per terra con
la faccia a terra
e allora in quel momento ho visto uno di questi scafandrati che ha alzato che
ha preso per i capelli un compagno gli ha alzato la testa e gli ha chiesto come
ti chiami e questo gli ha detto il suo nome allora quello gli ha dato con la
canna della pistola una botta terribile qua ma proprio una botta fortissima qua
in mezzo agli occhi e gli ha tagliato tutto qua e gli è sceso tutto il sangue e
poi a uno a uno hanno cominciato con le pile hanno cominciato a tirarli su per i
capelli e a chiedergli con le pile a chiedergli il loro nome perché ormai era
buio e tra le ombre tu vedevi queste figure che si muovevano enormi gigantesche
perché tra l'altro erano tutti quanti enormi tutti molto grandi e ingigantiti da
questi scafandri
forse ingigantiti anche da questa situazione psicologica in cui ti trovavi
con questi scarponi enormi con queste tute rnimetiche con questi giubbotti
antiproiettili con questi scafandri con questi stivaletti anfibi che davano
calci a tutti quanti che urlavano come matti che insultavano e poi ti prendevano
con una pila ce n'era uno con una pila grandissima ti sollevava per i capelli ti
tirava su la faccia ti puntava la pila fortissima negli occhi e ti diceva come
ti chiami a me mi ha chiesto come ti chiami e ti metteva la pistola a me mi ha
messo la pistola in bocca e mi ha chiesto io ho detto e questo qua mi ha detto
hai paura io gli ho detto sì con la testa ho fatto si con la testa che avevo
paura però ti giuro che in quel momento ho capito che non sparava ero sicuro che
non sparava
17.
La porta si apre e il dottor Donnola entra nella stanza mi viene incontro
serio con la faccia preoccupata ma tranquillo chiede agli altri se mi hanno
perquisito e poi gli dice di uscire perché vuole fare quattro chiacchiere con me
la carogna gli chiede se mi deve ammanettare no no fa il dottor Donnola e poi mi
guarda dicendo noi ci conosciamo già e gli altri escono in fretta dalla stanza e
lasciano la porta socchiusa il capo fa il giro della scrivania e si siede
dall'altra parte sposta con la punta delle dita i miei oggetti che sono sempre
lì sembra non avere nessuna fretta poi finalmente attacca paterno e
confidenziale senti io lo so che tu sei un bravo ragazzo sei uno di quelli che
parlano nelle assemblee che fanno le manifestazioni ma io lo so che tu non sei
uno di quelli che sparano io aspetto che vada avanti a dirmi qualcosa i più
invece lui si ferma e mi resta li a guardare fisso dietro i suoi occhiali
quadrati senza aggiungere altro
allora tocca a me a parlare non so bene cosa dire e mi viene solo fuori da
dire ma perché mi avete portato qui no no io non ti sto interrogando dice subito
Donnola non posso farlo io la legge non lo permette non vedi che siamo qui da
soli e che non scrivo niente voglio solo fare quattro chiacchiere con te se tu
hai qualcosa da dirmi io non ci capivo niente e butto là ma cosa l'e devo dire
siete voi che dovete dirmi mi avete portato qua voi non sono mica venuto qua io
no insomma tu non mi vuoi dire niente fa Donnola niente di cosa chiedo io ma del
tuoi amici della tua casa no quello andava col contagocce giocava al gatto col
topo quali amici quale casa gli faccio lo e Donnola sorride ironico come quale
casa casa tua la casa dove abiti
ma io adesso da un po' di tempo non abito più regolarmente da nessuna parte
rispondo io subito abito un po' in giro di qua e di là mi faccio ospitare da
amici a volte dormo a casa dei miei Donnola sorride ancora ma non sei tu
l'affittuario della casa della via tale non è a tuo nome il contratto si sono io
perché e Donnola fa un sospiro e dice tutto d'un colpo guardandomi fisso abbiamo
fatto una perquisizione a casa tua e abbiamo trovato le armi io non ci ho
creduto giuro che non ci ho creduto ho pensato questo bluffa e bluffa anche
basso e allora gli ho sorriso senta dottor Donnola gli ho detto senta non è il
caso ma Donnola è rimasto serio troppo serio c'è stato un attimo di silenzio poi
Donnola riprende allora non mi vuoi dire proprio niente no dico io se mi vuole
fare delle domande voglio un avvocato e dico così perché non sapevo proprio cosa
dire
va bene dice allora Donnola dopo un attimo di silenzio non mi dici proprio
niente peccato e rimane ancora li fermo sulla sedia a guardarmi aspettando ma
anch'io non mi muovo e non dice niente finché Donnola si alza chiama gli altri
tre che stavano li fuori nel corridoio a aspettare e gli dice andate a casa dei
suoi genitori e poi si rivolge a me e mi dice senti c'è un mandato adesso
dobbiamo fare una perquisizione a casa dei tuoi poi ti porteremo dal giudice che
ti deve interrogare lo ho detto va bene ma la mia unica preoccupazione era
quella di chiamare l'avvocato e ho detto a Donnola va bene però io adesso voglio
chiamare l'avvocato me lo fate chiamare da qui e Donnola sempre placido no da
qui no lo chiami poi da casa tua se vuoi
poi mi hanno rimesso le manette questa volta però me le hanno messe davanti e
quando scende le scale non mi hanno più spinto siamo arrivati giù c'erano già
pronte due auto civili su una c'erano già su quattro in borghese mi hanno
squadrato da cima a fondo e a me mi hanno messo nell'altra dietro tra due di
quelli che mi avevano arrestato ma la carogna è rimasta giù davanti c'erano due
nuovi che non avevo mai visto e siamo partiti per il paese io ero molto
preoccupato per come l'avrebbero presa mio padre e mia madre certamente si
sarebbero spaventati e continuavo a pensare a cosa fare per non farli spaventare
per tranquillizzarli i poliziotti erano abbastanza tranquilli e l'unico rumore
che si sentiva era il gracchiare della radio in contatto con la questura
si tenevano in contatto e ogni tanto segnalavano la posizione segnalavano
dove si trovavano man mano che passavano i paesi non avevano tirato fuori le
pistole per puntarmele contro e quello che stava davanti e che non avevo mai
visto a un certo punto si è girato e mi ha chiesto se voglio una sigaretta io ho
una voglia matta di fumare ma gli dico no mi viene spontaneo di dirgli no mentre
vorrei dire sì poi dopo un po' di giri arriviamo a casa mia le auto si fermano
davanti al cancello senza la più piccola incertezza evidentemente controllavano
tutto da tempo e quello che mi ha offerto le sigarette probabilmente era il
graduato che comandava la spedizione perché ha ordinato di togliermi le manette
e mi ha chiesto serio se in casa avevo delle armi macché gli ho risposto io
i due autisti sono rimasti in macchina e tutti gli altri sono saliti in
corteo per le scale lo sono entrato per primo e ho parlato subito a mio padre e
a mia madre che mi erano venuti incontro sorpresi per tutta quella gente strana
io gli ho detto state calmi non preoccupatevi questi sono poliziotti che devono
fare una perquisizione non è niente di grave non è successo niente adesso chiamo
l'avvocato il graduato con un tono gentile mi interrompe mi dice no senti non è
il caso di scomodare l'avvocato ci mettiamo un attimo anzi se hai delle armi
diccelo subito cosi evitiamo di perdere tempo tutti mia madre impallidisce
quando sente la parola armi lo dico non ci sono armi di nessun genere qua ma
l'avvocato io lo voglio chiamare lo stesso nooo fanno in coro svogliati tutti
gli sbirri
finalmente il graduato mi chiede dove abita l'avvocato e io dico qui vicino
qui in un paese vicino mi era venuto in mente il nome di un avvocato che sapevo
che difendeva i malavitosi della zona io non lo conoscevo ma avevo sentito
parlare di lui da qualcuno cerco il suo nome sulla guida del telefono e trovo il
numero l'avvocato c'è ma fa delle storie è l'ora di cena e dice che preferirebbe
non venire ma io insisto gli dico che deve assolutamente venire e così ci
mettiamo tutti a aspettare l'avvocato in silenzio i poliziotti seguono ogni
mossa che faccio e non mi staccano gli occhi di dosso 10 mi preoccupo soltanto
che a mia madre non salti in mente di offrire da bere ai poliziotti per cortesia
mio padre è visibilmente sconvolto accasciato sulla sedia mi fissa con gli occhi
sbarrati
il tempo passa e l'avvocato non arriva i poliziotti cominciano a lamentarsi
perché si fa tardi e stanno facendo gli straordinari arriviamo a una mediazione
io gli dico che possono cominciare a perquisire mentre aspettiamo l'avvocato ma
una stanza per volta e in mia presenza non voglio che si sparpaglino per le
stanze e che io non posso controllare se mi mettono qualcosa che prima non c'era
io non ero preoccupato per la perquisizione perché sapevo che in casa non c'era
niente di compromettente l'unica cosa che poteva interessargli era in cantina il
mio archivio di documentazione del movimento tutti i giornali le riviste i
volantini di questi anni io ero geloso del mio archivio avevo passato delle ore
a riordinarlo ma era tutta roba legale e quindi non avevo nessuna preoccupazione
a tenerla in casa
l'avvocato e arrivato poco prima che i poliziotti scendessero in cantina a
perquisire un bell'avvocato mi ero scelto un vero mafioso ruffiano per prima
cosa grandi strette di mano con i poliziotti coi quali evidentemente era intimo
e quando ha saputo che era una questione politica ha detto subito che lui di
cose del genere non si occupava solo a fatica sono riuscito a convincerlo a
restare ancora un po' adesso che la cosa era quasi finita lui l'ha fatto di
malavoglia ma per tutto il tempo non ha fatto che parlare e scherzare con i
poliziotti e giù in cantina poi quando hanno aperto l'armadio il graduato si e
passato una mano sulla fronte disperato e adesso come facciamo qui ci mettiamo
due giorni a controllare tutto no facciamo così sequestriamo tutto e poi ci
pensano i magistrati
e così hanno cominciato il via vai del trasloco dall'armadio ai bauli delle
macchine io ero disperato sapevo che il mio archivio non l'avrei mai più rivisto
sarebbe marcito nelle cantine di -qualche questura o tribunale sarebbe scomparso
come negli anni dopo sarebbero scomparsi tutti gli archivi dei compagni
distrutti da loro stessi tutti i giornali tutte le riviste tutti i volantini
tutti i documenti tutti i manifesti tutta la stampa del movimento distrutta
scomparsa tutto cacciato in cartoni e in sacchi di plastica della spazzatura e
bruciato o gettato nelle discariche quintali di roba stampata la storia scritta
del movimento la sua memoria scaricata negli immondezzai data alle fiamme per la
paura della repressione una paura giustificata perché bastava un volantino
trovato in una perquisizione per farsi qualche anno di galera allora
i poliziotti caricano tutto il mio archivio sulle macchine e quando hanno
finito mi dicono beh adesso si va in città dal giudice come se gli dispiaceva
gli dispiaceva per loro perché continuavano a discutere su quanto ci avrebbero
messo su quando sarebbero tornati indietro l'avvocato dice che lui in città non
può venire e io non insisto neanche meglio lasciarlo perdere quel figlio di
puttana mio padre e mia madre cominciano a fare domande agitate al poliziotti ma
dove lo portate quando torna eccetera quelli stanno sul vago non gli dicono mica
che sono agli arresti e anch'io per tranquillizzarli dico che è quasi sicuro che
per la notte non torno ma di non preoccuparsi e di prepararmi una borsa con un
paio di mutande una maglietta il dentifricio lo spazzolino come per mio fratello
quando era partito per il militare ho detto a mia madre scherzando
poi scendiamo e quando mi volto e li vedo pallidi in cima alle scale mi viene
un senso di colpa penso che non dormiranno tutta la notte continuo a pensarci
mentre le macchine attraversano il paese e pensavo che poi sarebbe stato ancora
peggio perché ero convinto che questa volta sarei finito dentro che questa volta
finivo proprio in galera abbiamo attraversato altri paesi prima di arrivare
all'autostrada dai finestrini guardavo le case le macchine che passavano la
gente a piedi e in bicicletta la gente che se ne andava per i fatti suoi quel
movimento della gente lì sulle strade cosi normale che non ci badi mai e in quel
momento mi pareva qualcosa di bello mi è venuta la malinconia poi
sull'autostrada ho visto le montagne lontane era il tramonto vedevo le montagne
e i paesi bianchi giù più in basso che avevo visto da sempre e che forse non
avrei rivisto più per chissà quanto tempo e mi sembrava di dirgli addio per
sempre
18.
Quello dove io vivevo era un paese di merda e anche la gente era gente di
merda non mi piaceva questo paese e non mi piaceva questa gente ma questo paese
e questa gente erano uguali dappertutto qua intorno erano tutti paesi così tutti
paesi uguali a questo e tutta gente uguale a questa qua intorno questi paesi se
non li conosci se non li abiti ti puoi confondere puoi davvero scambiare un
paese con l'altro sono tutti uguali al centro c'è la piazza che è poi sempre la
piazza della chiesa e tutti hanno sempre la stessa strada principale che passa
in mezzo al paese con qualche negozio e i bar la scuola e il municipio tutti
costruiti più o meno uguali e la strada principale che attraversa la piazza e da
una parte porta al cimitero e dall'altra alla stazioncina della ferrovia che
collega tutti quanti i paesini tra di loro
la ferrovia è vecchia e dissestata le carrozze sono sgangherate e sembrano
quelle del far-west e su queste carrozze si va dall'uno all'altro di questi
paesi tutti paesi di duemila tremila abitanti ma ce n'erano anche di più piccoli
la gente nata di qui di famiglia di qui sono ancora di meno sono la metà l'altra
metà è gente che è venuta da fuori che è venuta qui a ondate successive prima i
veneti che io non ho visto arrivare poi i terroni come continuano a chiamarli
qui arrivati qui come le mosche a famiglie intere a villaggi interi loro si che
li ho visti arrivare questi qui così diversi con quelle facce diverse più scure
con una lingua diversa dal nostro dialetto ma diversa anche dall'italiano che
non si capisce quasi e diversi anche nei vestiti
sono arrivati qua e hanno trovato posto nelle vecchie case mezze cadenti le
grandi case con i cortili che prima abitavano i contadini e che adesso andavano
in rovina e loro ci si installavano a gruppi tutti insieme in stanze piccole
umide cadenti e vivevano uno sull'altro c'era il prete del paese che si dava un
po' da fare per sistemarli e questi facevano la coda fuori dalla porta del prete
mentre la gente del posto non li accettava non ne voleva sapere di loro gli
sembravano troppo diversi da loro gli sembravano più incivili sporchi ma gli
uomini trovavano subito da lavorare nelle tante fabbrichette della zona che
spuntavano su dappertutto intorno ai paesi facevano i lavori più di merda
ovviamente e quando potevano portavano a casa dalle fabbrichette il lavoro nero
da fare in famiglia
e tutta la famiglia si metteva al lavoro in cucina e nella stanza da letto e
lavoravano tutti i bambini gli zii e le nonne di ottant'anni vestite di nero
lavoravano tutti li insieme a catena a montare giocattoli topi gigi cerchietti
per i capelli occhiali di plastica torce elettriche e roba del genere i terroni
vivevano ai margini del paese la gente del paese non li voleva non li volevano
nei pochi bar del paese e era diventato famoso quello che aveva detto una
vecchia padrona di un bar quando era entrato un ragazzo meridionale per chiedere
da bere e lei gli aveva detto adesso ti do da bere e non ti faccio pagare bevi
pure gratis te lo offro lo ma poi qui non devi venire mai più e così questa
frase veniva citata come si citava una frase eroica ecco come si doveva fare
insomma
ogni tanto scoppiavano risse tra locali e meridionali i ma tra noi ragazzi
non tanto perché si andava a scuola insieme e quello che si sentiva dire in
famiglia sul terroni era attenuato dal fatto di viverci di giocarci insieme di
starci insieme a scuola per tante ore e poi all'oratorio il pomeriggio dove si
giocava insieme perché qui in questo paese la chiesa controllava tutto il cinema
dove si faceva la fila la domenica pomeriggio era della chiesa e per andare al
cinema noi bambini dovevamo andare all'oratorio e alla messa e li ti timbravano
un cartellino che dovevi presentare al cassiere che se no non ti dava il
biglietto anche il campo di pallone il campo di tennis quello di pallacanestro
quello di pallavolo la palestra sono tutti dell'oratorio e anche la biblioteca e
la metà dei bar
lì il prete era potentissimo e si confondeva con gli amministratori del paese
che da sempre erano democristiani erano le famiglie potenti del paese ricche da
sempre prima della terra e poi col boom economico degli anni '60 con il
proliferare nella zona delle centinaia di fabbrichette dove si lavorava 13 14 a
volte 15 ore al giorno con gli straordinari anche mio padre lavorava in una di
queste fabbrichette e per tutte quelle ore anche lui e anche noi in famiglia
facevamo il lavoro nero come i terroni e lo facevamo da sempre sono cresciuto
anch'io come tutti in paese in mezzo agli scatoloni di cartone con dentro i
pezzi dei fanali e dell'accensione dei motorini da montare era la normalità fare
questo lavoro in famiglia lo si faceva in tutte le ore del giorno e i miei
genitori anche la notte in cucina
dopo aver mangiato si tiravano fuori gli scatoloni da sotto il tavolo della
cucina si montava sul bordo del tavolo il bilanciere che poi era una specie di
percussore a mano rudimentale e si cominciava a montare i pezzi insieme si
faceva una specie di catena chi montava e chi ribatteva e fissava col bilanciere
i pezzi con i chiodini di alluminio i ribattini così piccoli che scappavano
sempre dalle dita e con i ribattini si fissavano i pulsanti della luce e del
clacson al coperchio di ferro cromato si faceva questo lavoro per ore e ore
questo lavoro stupido sempre uguale lo si faceva tutti i giorni per anni da
sempre questo lavoro che veniva pagato pochi centesimi al pezzo però lavorando
tutti insieme si facevano migliaia di pezzi e allora saltavano fuori le mille
lire che aumentavano il reddito della famiglia
c'erano passaggi di mano del materiale da montare prima che arrivasse alle
famiglie c'erano dei mezzani che in genere erano i caporeparti delle fabbriche e
che distribuivano il lavoro alle famiglie e che guadagnavano unicamente su
questo passaggio e venivano anche considerati dei benefattori e poi ci potevano
essere altri passaggi di mano perché ognuno era libero di ridistribuirlo a sua
volta a chi voleva purché si rispettassero i tempi della consegna anche mio
padre passava il lavoro alle famiglie dei meridionali che venivano a prenderlo a
casa lui non era razzista non è che amava i meridionali ma neppure li
disprezzava mentre i meridionali in genere erano considerati gente che facevano
il lavoro male e non rispettavano le scadenze di consegna
e cosi lui garantiva per loro le consegne e rispondeva del lavoro anche se
ovviamente in quel passaggio lui ci guadagnava qualcosa ovviamente alle
fabbrichette che fabbricavano i pezzi conveniva farli montare fuori conveniva
farli montare dalle famiglie perché cosi veniva a costare enormemente di meno e
così tutta l'economia del paese e degli altri paesi intorno era organizzata cosi
tra il lavoro nelle fabbrichette e il lavoro nero in famiglia chi lavorava di
più nel lavoro nero era ovviamente mia madre che lo faceva da anni che lo faceva
tutto il giorno non appena finiva di fare i mestieri e di cucinare allora subito
si metteva lì e stava lì per delle ore a ribattere i chiodini velocemente con
quel tac tac secco che era il rumore che si sentiva in casa sempre a tutte le
ore e nessuno ci badava più
noi in famiglia lavoravamo tutti anche mio fratello che finita la quanta
elementare era andato anche lui a lavorare come meccanico solo io non lavoravo
perché i mie si erano messi in testa da quando ero piccolo che io dovevo
studiare mica studiare questo o quello per diventare questo o quello ma
semplicemente che dovevo studiare e poi la solita frase vecchia come il mondo
così non ti toccherà lavorare come noi anche mio fratello a furia di sentirlo
ripetere non si incazzava se vedeva che quando lui lavorava io non facevo niente
perché io ero destinato a studiare e anche se leggevo un fumetto stavo studiando
lì avere un figlio in casa che andava a scuola era una cosa di grande prestigio
per le famiglie come la mia faceva nascere una specie di orgoglio
la gente viveva lì in questo clima rassegnati senza nemmeno pensare che
poteva esistere qualcosa di diverso solo la scuola era forse la sola cosa che
poteva cambiare la vita di uno e in fatti negli ultimi anni qualcosa di
importante era cominciati a cambiare da quando i giovani cominciavano sempre di
più andare nella cittadina vicina per fare le scuole medie superiori c'era quel
salire sul treno ogni mattina stracolmo di gente d studenti di operai pendolari
c'era quella mezz'ora dì viaggia in cui si conoscevano tante persone le più
diverse e poi c'era la città che anche se era una piccola città ci sembrava
enorme rispetto al paese la città col traffico la confusione del centro i negozi
gli uffici e poi c'era la scuola il liceo che era una scuola nuova e diversa con
tanta gente nuova che arrivava da situazioni diverse dalla mia
la gente della città era molto diversa dalla gente del paese era migliore mi
pareva migliore perché non stavano lì a controllarti a spiarti come in paese e
li in città quello che facevi non veniva mica saputo subito da tutti mica
arrivava subito ai tuoi genitori al tuoi vicini di casa a tutti mica dovevi
sempre rendere conto a tutti di quello che facevi perché invece in paese è
proprio cosi tutti si conoscono ci si conosce tutti e la minima cosa che fai
diventi subito motivo di pettegolezzo e quando cammini per la strada ti accorgi
di avere tutti gli occhi della gente addosso tutti che ti guardano e che parlano
di te appena sei passato a me la gente del paese non mi piaceva perché erano
tutti baciapile bigotti tutti pretaioli ipocriti e cattivi tutti cattivi dentro
dopo avere frequentato un anno la città io sentivo di avere rotto con queste
storie non me ne fregava più niente e la gente del paese la sopportavo ancora
meno di prima non la sopportavo proprio più e così ho cominciato a andare in
città col treno che ci voleva solo mezz'ora a andarci ci andavo anche il
pomeriggio quando non c'era la scuola e in città ho fatto amicizia coi ragazzi.
della mia età con ragazzi di 15 16 anni come me che abitavano in città e me ne
sono fregato di stare al paese non ci stavo più o ci stavo il meno possibile i
certo il problema esisteva la sera dopo cena quando non potevo andare in città
perché non c'erano più treni per tornare e allora ripiombavo in quel clima di
bar di paese in quel vuoto che io e anche gli altri ragazzi della mia età non
sopportavamo più dopo che avevamo conosciuto la città perché tutto era diverso
era più bello nella città
19.
Quello che era successo nel frattempo al primo piano e stata una cosa
completamente diversa perché i compagni invece di mettersi tutti in un camerone
e fare come abbiamo fatto noi al secondo piano alcuni di questi hanno tentato
una difesa hanno tentato di impedirgli di entrare e hanno tirato le caffettiere
così ci hanno raccontato dopo e allora i carabinieri che sono entrati arrivando
dal pianterreno hanno cominciato a sparare a tutto spiano cioè sparavano
dappertutto entravano nel corridoi sparavano nei corridoi sparavano dentro le
celle hanno sparato dentro tutte le celle e hanno cominciato a ferire la gente
hanno ferito una guardia che ovviamente in quel caos si era divincolata non era
controllata più da nessuno e si è messa a gridare sono una guardia sono una
guardia
gli è arrivata una sventagliata di mitra che l'ha segato in due ma non è
morto e poi un altro ancora che era un comune e si è reso due colpi al femore
adesso è zoppo è zoppo per tutta la vita e ancora adesso sono rimasti nelle
blindate i segni dei proiettili si possono vedere quanti proiettili hanno tirato
e a che altezza li tiravano si può vedere dai buchi che sono rimasti nelle
blindate anche se i giornali poi hanno detto che avevano sparato proiettili di
gomma col cazzo quelli hanno cominciato anche lì a tirar bombe nei corridoi e a
sparare all'impazzata e allora lì la situazione è stata che a differenza di
aggregarsi tutti in un camerone la gente si è divisa nelle varie celle prendendo
ogni gruppo una guardia in ostaggio
però anche con la guardia in ostaggio evidentemente tutti quanti hanno capito
che visto il livello a cui era arrivata la cosa li non bastava più la guardia in
ostaggio come garanzia del fatto che non ti uccidevano li allora i carabinieri
arrivavano di cella in cella sparavano e dicevano o uscite subito o vi buttiamo
dentro una bomba e quelli uscivano però la cosa strana e stata che '1 massacro
vero e proprio l'hanno fatto sopra e non sotto anche se sopra non c'è stata
nessuna resistenza perché in fondo sotto non hanno toccato nessuno non hanno
picchiato nessuno mentre invece sopra hanno fatto il massacro hanno picchiato
tutti hanno fatto tutte queste sceneggiate sparavano puntavano alla gente ti
appoggiavano la canna del mitra qua sulla tempia poi sparavano facevano di
queste scene qua
dopodiché io ho pensato che la cosa peggiore in quel momento era passata ho
pensato ingenuamente che il peggio era finito ci hanno messi tutti quanti con le
mani sopra la testa e siccome eravamo al secondo piano hanno cominciato a fare
scendere tutta la gente in fila giù per le scale ovviamente tu non è che
scendevi camminando ti facevano scendere a calci a colpi di calci di mitra nella
schiena e facevi le rampe di scale a rotoloni in mezzo ai colpi arrivavano colpi
da tutte le parti però non è che quei colpi io personalmente li ho sentiti molto
non ho sentito niente mentre rotolavo giù dalle scale illuminate dalle pile non
vedevamo niente sbattevamo dappertutto non ho sentito niente probabilmente
perché la reazione che ho avuto è stata quella che pensavo soltanto che non mi
avevano ucciso
qua non mi hanno ucciso pensavo non ci hanno ucciso nessuno ma soltanto non
capivo dove ci stavano portando cosa stavano facendo adesso cosa fanno questi
adesso cosa faranno adesso che la cosa è finita adesso cosa stanno facendo dove
ci stanno portando non riuscivo a capire cosa stavano facendo dove ci avrebbero
portati e allora quando sono arrivato a rotoloni in fondo alla rotonda del
pianterreno dopo aver fatto due piani a colpi e a rotoloni dopo che sono finite
le scale e sono uscito dal cancello che dava sulla rotonda del pianterreno lì la
scena era molto illuminata c'era molta luce mentre dove venivamo da sopra era
tutto spento c'erano solo i fari delle pile mentre li quando siamo arrivati giù
era tutto acceso era tutto illuminato fortissimo
è lì ma è stato un flash una cosa di un secondo il tempo di attraversare la
rotonda con tutta quella luce e li ho visto per un attimo molte persone in
divisa e in borghese c'erano i comandanti delle guardie brigadieri e marescialli
c'era gente venuta da fuori e li a calci a spintoni a colpi e a botte mi hanno
indirizzato verso il corridoio scoperto che porta ai cortili dell'aria ho visto
che era nei cortili che ci volevano portare solo che il problema era che appena
ho cominciato a scendere i tre gradini che davano su questo corridoio scoperto
ho capito ho visto che lì c'era il massacro perché li c'erano allineate su due
file tutte quante le guardie mascherate con i passamontagna stavano lì su due
file con questi grandi pastrani e con in mano manganelli e sbarre di ferro
allora siccome questi ci costringevano a correre nel corridoio scoperto con
le mani dietro la testa e tu non potevi ripararti evidentemente allora eravamo
ben contenti di dover tenere le mani sopra la testa perché i colpi ti arrivavano
principalmente sulla testa erano colpi tremendi che questi tiravano con tutte le
loro forze coi manganelli e con le sbarre di ferro io appena ho fatto i due
gradini c'era una guardia che subito ha tentato di farmi lo sgambetto di farmi
cadere immediatamente perché lì il problema era di farti cadere e poi picchiarti
mentre era per terra però non sono riusciti a farmi cadere era molto illuminato
questo corridoio era delimitato da una parte dal muro della sezione e dall'altra
parte c'era una grande rete metallica che delimitava i cortili delle arie
e allora io ho visto davanti a me c'era un compagno e ho visto che gli è
arrivato un colpo tremendo con una spranga di ferro gli è arrivato un colpo
tremendo su un fianco e questo si è piegato in due e gli sono saltati addosso
due tre guardie per picchiarlo selvaggiamente lo sono riuscito a evitarli a
andare avanti sempre con le mani sopra la testa coi colpi che arrivavano da
tutte le parti ho pensato istintivamente che dovevamo percorrere tutta quanta la
lunghezza del corridoio che saranno stati un trenta quaranta metri ho pensato
che c'era da fare tutto quanto questo percorso dove erano allineati questi due
cordoni di guardie che picchiavano e l'ho percorso tutto in mezzo ai colpi ma
senza cadere pensando se arrivo là in fondo è finita
e sono riuscito a arrivare fino in fondo senza cadere prendendo colpi da
tutte le parti perché il problema era di non cadere perché ho capito che se
cadevi era finita perché se cadevi evidentemente ti massacravano potevano
picchiarti come volevano e cosi i colpi li prendevo però andavo avanti e sono
arrivato là in fondo però il guaio è stato che quando sono arrivato in fondo ho
capito allora che non era lì che dovevo andare perché ho visto che la gente la
facevano entrare nel primo cortile per cui avevo fatto metà corridoio per niente
allora ho girato e ho dovuto tornare indietro e lì ancora per una seconda volta
passare in mezzo alle botte sono tornato indietro e sono arrivato fino al
cancello dell'aria dove dovevamo entrare per ché ho visto che lì c'era una
guardia mascherata che apriva il cancello
però i cancelli che danno sul cortili dell'aria per paura appunto dei
sequestri questo cancello non si apre mai con un angolo di novanta gradi non si
apre come si apre una porta normale c'è per terra fissato per terra c'è un piolo
che fa in modo che il cancello si apre solo per un angolo di quarantacinque
gradi non si apre poco in modo che ci può passare solo una persona per volta e
in più mettendosi di fianco quello che apriva il cancello era un graduato e era
lui che giudicava se una persona aveva preso abbastanza botte oppure no e questo
lo giudicava se vedeva che questo poteva stare ancora in piedi o no per cui se
vedeva che uno poteva stare ancora in piedi e non arrivava strisciando sulle
ginocchia allora quando arrivavi davanti al cancello te lo chiudeva davanti
allora mi ricordo che io sono arrivato fino al cancello e sono riuscito a
infilarmi dentro questo cancello ma siccome il cancello si apriva in quel modo
come ho detto si apriva appena così lo non riuscivo a entrarci del tutto mentre
questi lì fuori continuavano a picchiarmi ancora e cosi sono riusciti a tirarmi
ancora fuori dal cancello a strapparmi dal cancello dove stavo entrando e a
picchiarmi ancora e l'ultima cosa che mi ricordo di questa storia di botte è
stato che mentre uno mi teneva per i capelli e allora qui c'è stato un fatto che
è stato fortunato perché lo avevo una lunghissima sciarpa di lana rossa molto
spessa me l'aveva regalata China e la portavo sempre e quando su sono arrivati i
carabinieri ero indeciso se tenermela su o se toglierla
era una sciarpa lunghissima dava l'idea di un cappio e io ho pensato qua
adesso mi strozzano con questa sciarpa ho pensato istintivamente ho pensato di
toglierla però ho detto no non la tolgo e invece di toglierla me la sono avvolta
completamente intorno al collo e cosi allora quando questo mi ha preso per i
capelli mentre un altro mi tirava per il giubbotto la cosa che mi ricordo è che
mi è arrivata una mazzata proprio fortissima non so se con un manganello o con
una spranga così una botta terribile sul collo qui sulla nuca e così allora sono
svenuto solo che fortunatamente c'era questo strato di lana della sciarpa che ha
attutito il colpo infatti poi non mi è rimasto niente solo che lì io sono
svenuto però siccome ero a metà già dentro il cancello qualcuno da dentro mi ha
tirato dentro finalmente nel cortile dell'aria
20.
Arrivati in città l'auto innesta la sirena passa col rosso l'autista si
diverte a andare forte si vede che nella grande città si diverte a fare
accelerate brusche a frenare improvvisamente a superare tutte le altre macchine
poi improvvisamente dopo un casino di curve che a me sembra sia una curva sola
che non finisce mai si blocca davanti a un grande portone di un palazzo tutto
illuminato da luci gialle da cui entrano e escono le volanti con la luce azzurra
sopra che gira e leggo su una piastra li davanti sul muro Questura i poliziotti
davanti al portone fanno segno alla nostra macchina di entrare e quello s'infila
con la solita accelerata brusca nel portone e poi si blocca coi freni che
stridono tra una fila di volanti celesti e bianche
prima di scendere chiedo ma non dovevamo andare in tribunale per
l'interrogatorio quello che è davanti che è il graduato mi risponde che il
tribunale a quest'ora è chiuso da un pezzo e che sarò interrogato li in questura
che i magistrati sono già lì che mi aspettano scendiamo e mi fanno entrare in
una porticina del cortile che dà su una scala strettissima che si può salire
solo uno per volta e cominciamo a salire per questa scala lo davanti e tutti gli
altri dietro la scala gira ogni dieci quindici gradini sento lo scalpiccio dei
nostri passi che rimbomba in quello spazio stretto e continuiamo a salire le
scale non finiscono mai scale e pianerottoli a non finire mi viene il fiatone
ogni tanto mi fermo a un pianerottolo ma quello dietro mi dice sempre su su
arriviamo all'ultimo piano evidentemente perché non ci sono più scale e dopo
un breve corridoio sbuchiamo in una saletta con due poltroncine e un divanetto
rivestiti di plastica verde un po' unta mi fanno segno di sedermi lì il graduato
esce da una porta e rientra subito e mi dice di andare là entro in un'altra
stanza piccola che è piena di gente tutti in civile per lo più giovani in jeans
e giubbotto con la barba e anche con i capelli lunghi non avevo mai visto dei
poliziotti travestiti da compagni e la cosa mi ha meravigliato un po' non capivo
perché c'era li tutta questa gente che mi aspettava poi ho capito che era la
conclusione di un'operazione dì polizia a cui evidentemente avevano partecipato
e di cui io ero la conclusione
dietro la scrivania stretta e lunga c'è un tipo lungo e magro che mi getta un
solo sguardo serissimo appena entro e poi riprende a leggere su un mucchio di
carte che ha davanti mi fanno sedere su una sedia di legno sgangherata che
sembra sfasciarsi da un momento all'altro e che scricchiola anche se mi muovo
appena sono seduto davanti al tipo lungo e magro che sta sempre con la testa
bassa sulle carte e quella faccia la riconosco perché l'ho già vista sui
giornali quello li è il giudice Lince gli altri sono tutti in piedi appoggiati
alle pareti c'è pochissimo spazio tra loro e la scrivania e quando c'è un nuovo
che deve entrare c'è un movimento generale per farlo passare e tutti quanti si
pigiano contro la parete
una porta della stanza è aperta e fuori c'è altra gente che cammina avanti e
indietro mi rimettono le manette americane con le man' davanti e il graduato che
mi aveva portato li dice che loro se ne vanno che se ne tornano a casa che hanno
fatto il rapporto e che l'hanno consegnato e che c'è un mucchio di materiale che
hanno sequestrato e che l'hanno scaricato giù da basso il giudice alza un attimo
la testa e fa un cenno di approvazione e dice arrivederci poi subito si rivolge
a me guardandomi in faccia e mi chiede se ho nominato un avvocato io dico no lui
dice che è tardi e che a quell'ora è praticamente impossibile trovare un
avvocato disposto a venire lì ma che comunque loro ne hanno già lì uno che hanno
avvisato e che se l'accetto come avvocato d'ufficio poi domani ne nomino un
altro chi voglio io
subito dalla porta aperta sbuca fuori l'avvocato non è mica di verso
dall'altra gente che è li tanto che penso che sicuramente è anche lui un
poliziotto e che mi stanno tirando un brutto scherzo però quando Lince fa
battere a macchina le mie generalità da un tipo grasso in divisa dietro un
macchinone da scrivere antidiluviano e gli detta prima le mie generalità e poi
quelle dell'avvocato che neanche me le ricordo più adesso e dice avvocato tale
allora io un po' mi tranquillizzo e guardo l'avvocato come per cercare un'intesa
ma quello mi guarda con una faccia inespressivo sta li seduto sulla sua sedia
che scricchiola e giocherella con un grande mazzo di chiavi e fa un rumore che
mi innervosisce il giudice Lince allora comincia a parlarmi mi parla con un tono
duro ostile e aggressivo e mi dà del lei
lei intende rispondere ha la facoltà di non rispondere se non vuole no faccio
io io intendo rispondere e cerco di essere il più sicuro possibile e penso che
quel clima è peggio di tutti gli interrogatori che mi hanno fatto nella mia vita
tutti i maestri professori eccetera lei lo sa di cosa è imputato vero no non
precisamente ma non le è stato detto niente quando l'hanno fermata no niente di
preciso il dottor Donnola mi ha solo accennato a delle armi che sarebbero state
trovate in una casa che io avevo affittato tre anni fa e intanto il tipo dietro
il macchinone da scrivere comincia a battere con un frastuono indiavolato che si
mischia alle parole che sto dicendo e mi innervosisce cosi che quando quello
smette per paura di non essere stato capito ripeto tutto da capo
allora penso preoccupatissimo che devo stare attento ancora di più a tutto
quello che dico e mi rendo conto di come non sono preparato a quella cosa di
come non so come funziona di come mi può fregare anche una sola parola fuori
posto però penso che devo continuare a rispondere perché sono sicuro che me la
posso cavare spiegando come stanno le cose anche se sento che sono li solo
contro tutti quelli che mi stanno intorno e che non vedo e che mi ascoltano in
silenzio e mi vengono ancora in mente le botte penso che mi possono picchiare e
istintivamente guardo il mio avvocato per accertami che almeno lui sta dalla mia
parte ma capisco subito che è un'illusione che a quello non gliene frega niente
quello non mi guarda nemmeno si preoccupa solo di pulirsi le unghie con la punta
di una chiave
appunto fa Lince lei ammette allora ammetto cosa dico io che la casa era
affittata a me si che l'ammetto c'è anche il contratto no volevo chiederle se
lei ammette che le armi trovate li sono sue no ma quali armi io non ne so niente
di queste armi non so chi può averle portate li ma come lei non sa che c'erano
delle armi a casa sua no no un momento io non abito più a casa mia in quella
casa insomma io non ho mai detto che abito in quella casa e intanto guardo
preoccupato quello che scrive velocissimo come una mitragliatrice senza alzare
un attimo la testa Lince capisce e mi dice di stare tranquillo perché poi lui mi
farà leggere il verbale e che se non sono d'accordo non lo firmo ma che bisogna
scrivere tutto quello che si dice
comunque riprendo a parlare e dico che in quella casa io non abito più da più
di due mesi e che l'ho subaffittata e Lince chiede subito a chi come se non
aspettava che quel momento e scatti in avanti guardandomi fisso e io resto di
merda e penso che casino e adesso come faccio non posso mica fare il nome ma
Lince riattacca subito come leggendo quello che pensavo e mi dice se non intende
rispondere guardi che si può anche non rispondere alle domande lei ne ha il
diritto lo resto lì sempre zitto come uno scemo senza sapere cosa dire allora
Lince con un sorriso ironico dice va bene non risponde mettiamo a verbale che
non risponde e prima che posso dire qualcosa ma che cosa potevo poi dire non so
quell'altro fa partire il suo ticchettio diabolico una frazione di secondo e ha
già smesso
merda ho pensato qua sono fregato quello ha già scritto e adesso resta
scritto ma Lince rompe ancora il silenzio comunque glielo dico lo il nome anzi i
nomi perché li abbiamo arrestati tutti e quattro i suoi compagni e mi fa il nome
di Gelso e di altri tre che non ho mai sentito io penso che non è vero che me li
dice per farmi parlare è un trucco e se poi non li hanno arrestati e hanno solo
trovato le armi e neanche quello lei le conosce vero queste persone no non li
conosco anzi sì ne conosco uno uno lo conosco è Gelso ma gli altri tre non li ho
nemmeno sentiti nominare e sarebbe a questo Gelso che lei ha subaffittato la
casa maledizione siamo al punto di prima ha preso la cosa da un'altra parte lo
che Gelso lo conosco non potevo non dirlo ma mica potevo dirgli che gli ho
lasciato la casa che casino resto in silenzio e francamente vado in confusione
ah già a questa domanda lei non vuole rispondere l'abbiamo già verbalizzato
ma è ben sicuro guardi che ci può ripensare non è assolutamente grave io guardo
l'avvocato disperatamente ma dì qualcosa porco dio aiutami ma lui mi guardava
con la faccia di dire ma che cazzo stai a menare il can per l'aia e Lince
riattacca va bene non vuol dire andiamo avanti dunque i tre che lei dice di non
conoscere si sono rifiutati di parlare e si sono dichiarati prigionieri politici
mentre questo Gelso che lei ha ammesso di conoscere mi ha detto anche lui questa
storia del subaffitto dunque lei non ci perde niente a ammetterlo anche se io le
devo dire sinceramente che non ci credo sono convinto che vi siete messi
d'accordo prima tra di voi su cosa rispondere ma stia tranquillo le indagini
proveranno che vi conoscevate e che anche lei sapeva benissimo dell'esistenza di
quelle armi a casa sua
e continua alzando la voce minaccioso ma lo sa che a casa sua è stato trovato
un vero e proprio arsenale a chi vuole darla da intendere che lei non ne sapeva
nulla senta per il suoi bene io le consiglio di dire tutto quello che sa se non
vuole andare incontro a guai peggiori dunque se vuole rifacciamo il verbale da
capo questo lo stracciamo e lei mi racconta veramente le cose come stanno lei
deve dirmi semplicemente la verità ma quella vera non quella che vi siete
preparati lei e i suoi amici se lei mi dice la verità il suo reato potrà
ridimensionarsi da quello di banda armata e detenzione di armi a quello di
favoreggiamento io le garantisco che sosterrò questa tesi davanti al giudice
istruttore in caso contrario insisterò per le imputazioni rischia anni di
carcere
21.
Dopo l'esame di maturità al liceo avevo deciso di andarmene di casa di non
vivere più in famiglia di lasciare il paese definitivamente e di trasferirmi di
affittarci una casa e di viverci con China e con gli altri compagni che
costituivano il nostro gruppo di affinità lo chiamavamo cosi gruppo di affinità
perché eravamo appunto affini riguardo al nostro modo di vivere c'era un'intesa
tra noi naturale su come prendere le cose su come viverle c'era una grande
tensione a fare insieme le cose a vivere insieme tutto il tempo eravamo in
cinque e per tutti e cinque il movimento costituiva il nostro interesse e il
nostro impegno principale eravamo due ragazze e tre ragazzi e avevamo deciso di
andare a vivere insieme come risultato naturale del nostro rapporto di piccolo
gruppo
tutti e cinque ne avevamo pieni i coglioni di stare in famiglia di continuare
a vivere questi pezzi di tempo in famiglia che poi si limitavano al momento di
mangiare e di dormire al momento di mangiare in cui non c'era niente da dirsi
intorno alla tavola non c'era nessuna comunicazione non c'era nessun interesse e
partecipazione e a parte questi pezzi di tempo vuoti e estranei che passavamo in
famiglia tutto il resto del tempo lo passavamo in giro come randagi nella sede
dentro i luoghi del movimento coi compagni e li sì che c'era interesse
partecipazione comunicazione c'era esperienza sperimentazione ricerca il
movimento era la mia famiglia con le sue decine di case aperte ospitali
disponibili era lì che avevo centinaia di fratelli con cui discutere e fare
i due problemi principali erano i soldi e lo spazio della casa lo spazio
doveva essere grande sufficiente a garantire a ognuno una stanza autonoma per i
soldi c'era qualche problema perché solo due di noi avevano un'occupazione e
quindi un salario fisso io e gli altri che non avevamo lavoro avremmo dovuto
cercarlo però Cotogno e Gelso dicevano di non preoccuparsi perché loro potevano
garantire l'affitto per i primi tempi e anche per le spese e il mangiare si
sarebbe fatta cassa comune chi li aveva li metteva e basta poi magari si sarebbe
fatto a turno a andare a lavorare quelli che adesso lavoravano avrebbero smesso
per un po' e avrebbero lavorato gli altri e così via dunque in fondo il problema
dei soldi era un problema che si poteva risolvere
abbiamo cominciato a girare e a chiedere alle agenzie ma non si trovava
niente e quello che si trovava aveva dei prezzi che per noi erano impossibili
poi un giorno Cotogno girando alla periferia ha visto una casa una villetta a
due piani con un piccolo giardino davanti si vedeva che era sfitta da anni
c'erano le erbacce che si arrampicavano fin su sui muri però non c'era nessun
cartello di affittasi o vendesi abbiamo suonato a qualche campanello delle case
vicine finché abbiamo saputo che il proprietario di quella casa che era
disabitata da sei anni era un notaio della città che si chiamava Spinone abbiamo
guardato sull'elenco e abbiamo trovato l'indirizzo del notaio Spinone e abbiamo
deciso di andarci e di farci affittare la casa
avevamo deciso di andare dal notaio in tre Cotogno io e China e siccome
avevamo a che fare con un notaio abbiamo pensato che dovevamo vestirci bene
Cotogno per l'occasione si era messo anche una cravatta di suo padre che faceva
orrore a vederla con un nodo enorme su una camicia bianca non stirata in più si
era data una spuntata al barbone incolto e si era tirato indietro i capelli
lunghi che aveva sempre arruffati e ci aveva messo della lacca per schiacciarli
giù solo che ce ne aveva messa troppa e i capelli erano così schiacciati giù che
gli spuntavano fuori delle enormi orecchie a sventola da cui però non aveva
tolto l'orecchino che per lui era sacro e per completare il tutto e avere
un'aria seria si era messo anche un paio di occhiali di tartaruga che gli
facevano vedere tutto annebbiato quando l'abbiamo visto non l'abbiano
riconosciuto e non abbiamo fatto che ridere per tutto il tempo che abbiamo
dovuto aspettare nella sala d'aspetto del notaio Spinone
quando è il nostro turno Cotogno scatta in piedi e dice perentorio lasciate
parlare me poi entra nello studio con noi due dietro e il notaio Spinone che se
ne stava sprofondato nella sua poltrona di pelle marrone dietro un'enorme
scrivania tutta decorata e lucida senza un granello di polvere ha avuto un
sobbalzo quando si è visto davanti Cotogno a noi due ha gettato solo un'occhiata
rapida e è tornato a fissare Cotogno visibilmente impressionato dal suo aspetto
ma dato che eravamo del clienti si è sforzato di sorridere e di chiedere in che
cosa ci poteva essere utile e Cotogno ha subito attaccato con decisione senta
mio cugino qui con la sua fidanzata si devono sposare tra qualche settimana e
stanno cercando casa lei capisce e il notaio sorridendo ha fatto sì con la testa
per fortuna abbiamo saputo che lei ha una casa sfitta in via tale e vorremmo
affittarla ha buttato là Cotogno ricambiandogli il sorriso ma Il notaio è
diventato subito serio e anche irritato e ha risposto no guardi che io non ho
nessuna intenzione di affittare quella casa come ha visto non c'è nessun
cartello mi dispiace buongiorno e si alza in piedi ah non ce la vuole affittare
dice Cotogno no risponde Spinone impaziente non è che non la voglio affittare a
voi è che quella casa non è da affittare come le ho già detto Cotogno si alza
anche lui e dice va bene se è cosi ci rivediamo no guardi perché ci dobbiamo
rivedere non c'è nessuna ragione di rivederci ma Cotogno insiste buongiorno ci
rivediamo presto e va verso la porta seguito da noi due che non capiamo
quando siamo fuori Cotogno ci spiega il suo piano prima di tutto informarsi
attraverso un compagno che lavora al catasto e salta fuori che Spinone è padrone
di altre due case e di cinque appartamenti tutti sfitti e poi chiedere a una
ventina di compagni di darci una mano questi naturalmente non si fanno pregare e
così una settimana dopo ci ripresentiamo dal notaio ovviamente senza preavviso
lasciamo i compagni di sotto in strada e saliamo sempre noi tre questa volta
Cotogno è vestito come il solito ma non è che fa meno impressione la segretaria
del notaio appena ci vede si irrigidisce e ci dice sulla porta il signor notaio
oggi è assente ma Cotogno senza guardarla la scosta con due dita e punta dritto
verso la porta dello studio
Spinone appena ci vede entrare diventa paonazzo ma come vi permettete ma
Cotogno non lo lascia parlare senti cocco tu adesso ci affitti la casa e senza
tante storie lui minaccia di chiamare la polizia se non ce ne andiamo
immediatamente allora Cotogno gli dice che è meglio di no perché se no salta
fuori che lui ha otto case sfitte su cui per di più non paga nemmeno le tasse
Spinone è sempre più paonazzo sembra che è li per esplodere da un momento
all'altro e si sfoga gettandosi con un urlo su China che indifferente come se
quella storia non la riguardasse aveva preso dalla scrivania una penna
stilografica d'oro e stava svitando il cappuccio con un urlo Spinone si getta su
di lei e le strappa di mano la stilografica e la rimette al suo posto
Cotogno è andato alla finestra la spalanca vieni qui invece di gridare e
quello senza capire bene si avvicina ma poi per stare a distanza da Cotogno apre
la finestra vicina e guarda giù sulla strada sotto e sulla strada tutti i
compagni si erano messi a guardare su verso le finestre aperte e come succede
anche i passanti si erano fermati a guardare su dopo qualche minuto c'era una
piccola folla che guardava su senza capire che cosa stava succedendo a quel
punto un compagno srotola un grande foglio su cui c'è scritto Spinone fai il
bravo dacci la casa Spinone si tira indietro pallido e soffia con un filo di
voce mafiosi delinquenti Cotogno gli si avvicina e guardandolo fisso gli dice
delinquente sei tu che sei uno speculatore di merda noi la tua casa te la
paghiamo vogliamo un affitto regolare facci il contratto se no chiamiamo noi la
polizia e ti denunciamo vuoi che la chiamo subito la polizia guarda che la
chiamo dice Cotogno appoggiando la mano sul telefono
barcollando Spinone torna alla sua scrivania si lascia cadere sulla poltrona
e rimane in silenzio per qualche minuto mordendosi le labbra mentre dalle
finestre aperte si sentiva il coro dei compagni Spinone dacci la casa Spinone
dacci la casa Spinone era ormai cotto ha tentato di dire va bene ma ci devo
riflettere tornate tra qualche giorno ci vuole il suo tempo per fare un
contratto neanche per sogno gli ha detto duro Cotogno sedendosi sulla scrivania
tu il contratto ce lo fai ora e subito se no non andiamo via e anzi facciamo
venire su anche i nostri amici che sono sotto e cosi alla fine visto che non
c'era niente da fare Spinone ha ceduto e cosi abbiamo avuto quella casa che però
poi è stata l'origine di tutti i miei guai
22.
Io ero svenuto poi la prima cosa che ho sentito è che c'era un compagno che
mi ha preso e mi ha trascinato in fondo all'aria in quel momento tutto era buio
dentro questo cortile e c'erano ancora lì pochi compagni e mi ricordo che questo
compagno che si reggeva in piedi perché evidentemente lui di botte ne aveva
prese un po' meno durante il pestaggio delle guardie che continuava ancora
sentivo le urla e i colpi gli insulti delle guardie questo compagno mi ha
portato alla fontana c'era un rubinetto e mi ha bagnato un po' la faccia finché
mi sono un po' ripreso allora mi ricordo che ero tutto quanto dolorante
acciaccato dappertutto però riuscivo a stare in piedi a camminare tutto quanto
dolorante ma riuscivo a camminare ancora
e intanto tutto questo continua e io là fuori dal cancello dalla rete vedevo
che continuavano a sfilare i compagni continuava il massacro continuavano a
picchiare la gente io mi ricordo che là dentro era buio non si vedeva bene cosa
c'era là dentro l'aria dove mi trovavo però mi ricordo di avere visto un
compagno che era seduto su questa panca di cemento che c'era li con le spalle
appoggiate al muro era immobile su questa panca e aveva una faccia che era
completamente piena di sangue la cosa che ho pensato era che a questo compagno
qua gli avevano maciullato la faccia non era più riconoscibile io l'ho
riconosciuto per i vestiti non gli vedevi più la faccia era una maschera di
sangue poi ho preso un fazzoletto e gli abbiamo asciugato un po' la faccia
la cosa atroce era questa qua la cosa assurda era di dovere assistere in
maniera impotente a questo massacro che ti sfilava sotto gli occhi proprio
davanti agli occhi dietro questa rete e tu vedevi tutto quanto lo spettacolo tu
vedevi questo spettacolo atroce e la cosa atroce era che ti sentivi non soltanto
impotente perché eri a pezzi ma impotente due volte perché non solo non potevi
fare niente per quello che stava succedendo ma se tu accennavi anche soltanto a
una reazione che poteva soltanto essere una reazione verbale perché che cosa
altro potevi fare questi sarebbero entrati e tu non eri nelle condizioni
assolutamente di fare la minima resistenza dopo avere già preso tutte quelle
botte e sarebbe stato soltanto peggio
ora questa cosa ti abbatteva in maniera incredibile ti abbatteva più delle
botte perché non potevi che assistere impotente l'istinto di diceva di stare
zitto ma come si faceva a stare zitti davanti a quello spettacolo e poi eri
obbligato a vedere come questi picchiavano i compagni e li picchiavano in
maniera differente perché non li picchiavano tutti nello stesso modo c'erano
alcuni compagni coi quali si sfogavano con maggiore rabbia e erano ovviamente
quei compagni che odiavano di più perché con loro avevano avuto scazzi screzi
minacce eccetera e poi perché c'erano quelli che in base ai rapporti che c'erano
dentro il carcere loro pensavano che erano i capi ma in generale le guardie
erano assolutamente assatanate e decise veramente a ammazzarci tutti di botte
si scatenava un odio incredibile e la scena era rumorosa c'era un rumore
terribile era rumorosa per i colpi che sentivi arrivare era rumorosa per i
lamenti ma era rumorosa soprattutto per le urla di odio per gli insulti carogna
bastardo e quando arrivava un compagno che questi odiavano particolarmente gli
si buttavano addosso in tanti urlando insulti e giù colpi tremendi c'era uno di
questi compagni che era molto odiato dalle guardie era alto un metro e sessanta
scarsi questo compagno qua l'hanno proprio massacrato di botte perché lo
odiavano e tu assistevi a questa scena impotente e pensavi è impossibile che
questo qua non muoia con tutti colpi che gli danno era un pestaggio che durava
troppo a lungo per essere soltanto un pestaggio
picchiavano con manganelli con bastoni con spranghe di ferro e questo
compagno che era piccolo lo hanno proprio massacrato di botte poi un'altra scena
che ho visto è stato uno che l'hanno preso per i capelli dopo averlo pestato a
terra l'hanno tirato su per i capelli e l'hanno messo contro il muro e poi uno
con una spranga di ferro gliel'ha data sulla faccia proprio così un colpo con la
spranga di ferro così di traverso sulla faccia e gli hanno spaccato il naso e la
fronte poi c'è stata un'altra scena orribile con un altro compagno che mentre
stava per terra gli hanno dato una sprangata di ferro sulla bocca e gli hanno
spaccato tutti i denti qua davanti queste erano le cose che si vedevano mentre
stavamo lì al buio dietro la rete metallica impotenti
un altro l'hanno costretto a mettere le mani sul muretto gli hanno preso le
mani e gliele hanno tenute ferme lì sul muretto e gli hanno picchiato con le
spranghe sulle mani gli hanno dato un sacco di sprangate sulle dita e gli hanno
spaccato tutte le dita delle mani qua qua qua e qua gli hanno spaccato le mani e
poi le dita qua le dita qua e le dita qua e questo compagno ancora adesso quando
mangia perde il cucchiaio e gli cade il cucchiaio di mano perché non riesce a
tenerlo in mano questo qua dopo quando mangiava con il cucchiaio di plastica in
carcere gli cadeva sempre il cucchiaio perché non riusciva più a afferrare
niente con le dita non riusciva più a sentire la presa di niente e ha avuto le
mani rotte per sempre
le guardie si sono sfogate principalmente con quelli che gli avevano
particolarmente rotto i coglioni questa foga questo odio questa cosa loro ce
l'avevano principalmente per tutte queste storie che erano successe prima nel
carcere che erano successe lì prima della rivolta ma anche perché erano convinti
che qualcuno di loro era morto perché erano convinti che in tutto il casino che
era successo durante la rivolta c'era scappato il morto che avevamo ucciso delle
guardie le notizie che avevano avuto erano che c'erano state delle guardie
ferite però loro invece avevano capito che erano state ferite dai detenuti e che
erano in pericolo di vita mentre in realtà erano state ferite dal carabinieri
con i colpi di mitra dei carabinieri
quindi questi dicevano voi avete accoltellato le guardie e adesso noi vi
ammazziamo la cosa che avevano in testa era di ucciderci per davvero cioè di
ucciderne qualcuno di noi con le loro mani di fare un massacro con le loro mani
e la cosa assurda è che mentre i carabinieri sparavano e avevano sparato come
dei pazzi e io avevo pensato mentre sentivo i colpi che sparavano pensavo qua
adesso ci ammazzano tutti la cosa assurda è che invece qua adesso non erano i
carabinieri ma erano le guardie che ti uccidevano a botte non i carabinieri
quando sparavano coi mitra e buttavano le bombe e adesso dietro la rete tu
vedevi che stavano uccidendo qualcuno veramente lo stavano uccidendo a botte
dicevi porco dio quello là lo ammazzano non la smettono di picchiarlo è giù per
terra da quanti minuti e continuano a stargli su in dieci a dargli botte questo
qua muore è chiaro
poi ne entrano alcuni che erano ridotti non so come erano a pezzi pieni di
sangue tutti rotti avevano le gambe rotte avevano le braccia rotte li vedevi che
avevano le braccia rotte le gambe rotte urlavano lì nella nostra aria saremo
stati in trenta ci siamo contati alla fine eravamo in trenta ma in piedi eravamo
soltanto in tre cioè in piedi voleva dire riuscire a stare soltanto in piedi non
a correre in giro ma a riuscire a stare soltanto in piedi senza cadere eravamo
in tre e era per puro caso che anche noi tre non eravamo ridotti come tutti gli
altri che erano li stesi per terra gli altri erano tutti per terra con le ossa
rotte proprio con le ossa rotte con le gambe rotte con le braccia rotte con la
faccia rotta con la testa rotta col sangue dappertutto
23.
Mentre ascoltavo quella tirata minacciosa che il giudice Lince mi giaceva io
cercavo disperatamente di concentrarmi su cosa dovevo fare pensavo che se quello
che mi aveva raccontato era vero allora Gelso mi aveva voluto scagionare dicendo
che io gli avevo subaffittata la casa ma se era una trappola non vedevo come
potevo venirne fuori era un vero casino e mi rendevo conto di come ero stato
ingenuo a pensare fino a quel momento che avrei potuto spiegarmi con
l'interrogatorio che avrei potuto spiegare che non c'entravo un cazzo con quella
storia e che loro avrebbero capito e mi avrebbero lasciato andare così mi sono
messo il cuore in pace tanto non mi mollavano più qualsiasi cosa dicevo
l'interrogatorio era solo una cosa che serviva solo a fregarti ancora di più e
così era meglio smettere subito perché comunque continuava non avrebbe fatto che
peggiorare le cose
quando ha finito Lince ha aspettato un attimo poi visto che stavo zitto ha
pensato di continuare più distaccato e con un tono compiaciuto le devo dire
ancora che ho raccolto anche la testimonianza del notalo Spinone proprietario
della casa da lei affittata il quale afferma di avere subito da lei e da altri
individui delle vere e proprie minacce anche fisiche per convincerlo a stipulare
il contratto cos'ha da dirmi in proposito allora io senza nemmeno pensarci su mi
è uscita fuori quasi da sola la frase mi riservo di chiarire queste vicende nel
prossimo interrogatorio e così l'interrogatorio è finito non me ne fregava un
cazzo se Lince prendeva quella frase per un'ammissione a quello che mi aveva
detto non me ne fregava un cazzo perché era chiaro che comunque lui era li solo
per mandarmi in galera in ogni modo
Lince non ha avuto obiezioni mi ha fatto leggere il verbale e me l'ha fatto
firmare anche l'avvocato l'ha firmato ha detto buonasera a tutti e senza neanche
darmi un'occhiata se n'è andato via precipitosamente intanto a quell'ora il
carcere era già chiuso non facevano più entrare nessuno a quell'ora e allora
Lince ha detto ai poliziotti di portarmi giù nelle celle di sicurezza della
questura io ho preso su da terra la mia borsetta con dentro lo spazzolino e le
mutande perché mi avevano tolto le manette che evidentemente servivano solo per
impedirmi di strangolare il giudice tutti se ne sono andati e mi hanno fatto
rifare al contrario il percorso giù per le scale strette ma arrivati á
pianterreno abbiamo continuato a scendere sempre più giù
scendiamo giù lungo i muri umidi illuminati da lampadine sporche appese a
fili elettrici sbrindellati arrivati in fondo mi hanno fatto entrare in una
stanzetta piccolissima uno sgabuzzino dove c'era uno sbirro giovane con la
pistola nella fondina sotto l'ascella e questo mi ha preso le impronte di tutte
le dita delle mani prima una mano poi l'altra mano me le schiacciava su un
grande tampone d'inchiostro nero e poi l'appoggiava sulla pagina di un registro
poi sotto ci ha scritto le mie generalità aveva l'aria molto sfigata si capiva
che non gli piaceva per niente fare quel lavoro poi mi ha allungato uno straccio
sporchissimo per pulirmi le mani ma non c'era niente da fare non veniva via
niente e dopo un po' che insistevo ho rinunciato e mi sono tenuto le mani nere
mi sono ripreso la mia borsetta tenendola tra le punte di due dita siamo
usciti di lì e abbiamo fatto un pezzo di corridoio con continue svolte poi uno
degli sbirri che mi accompagnava bussa a una grande porta di legno tutta tarlata
con la vernice scrostata nessuno viene a aprire allora quello bussa più forte e
chiama a voce alta agente la porta si apre e appare un omaccione con una
barbaccia nera come l'inchiostro una bocca larga come un forno e due occhi rossi
e che aveva in mano un grande mazzo di chiavi con cui richiude rumorosamente il
portone alle mie spalle e mi ritrovo in uno stanzone fiocamente illuminato da
una lampadina che pende al centro senza finestre il pavimento e le pareti
sporchissime le pareti tutte scrostate dall'umidità
l'omaccione ci fa entrare e ci dirigiamo verso un lungo tavolo che sta contro
il muro quello bestemmia incazzato contro non so cosa da un corridoio arriva un
vociare confuso mescolato a lamenti e a grida a un certo punto un urlo più forte
e l'omaccione si precipita bestemmiando furioso e dicendo frasi sconnesse in un
dialetto meridionale che non capisco verso il corridoio dove c'è una fila di
pesanti porte grigie apre uno spioncino dopo l'altro urlando minacce e
sbattendoli poi violentemente poi torna al tavolo e urla ai due che mi
accompagnavano e questo qui indicandomi col mazzo di chiavi quelli gli spiegano
che devo passare la notte li l'omaccione li riaccompagna alla porta apre e
richiude poi si riattacca il mazzo di chiavi a un gancio che ha sulla cintura e
torna verso di me che sono rimasto li con la mia borsetta tra due dita
quello mi strappa la borsa di mano e la butta sul tavolo poi mi grida
minaccioso di spogliarmi io non ci provo neanche a dirgli che mi hanno già
perquisito perché mi sembra di leggergli in faccia che quello aspetta solo un
mezzo pretesto per darmi una passata ha la faccia tutta sudata e l'uniforme
sudicia bisunta con grandi macchie scure dappertutto e cosi si ripete tutta la
storia della perquisizione ma questa volta con più violenza perché mi sembra che
quello voglia strappare miei indumenti dalla foga con cui li maneggia sempre
bestemmiando incazzatissimo roteando gli occhi rossi alla fine mi fa girare due
o tre volte li nudo mi passa le sue manacce lerce due o tre volte tra i capelli
che avevo piuttosto lunghi e finalmente mi dice di prendere la mia roba i
vestiti la borsa e la roba che c'era dentro tutto sparpagliato sul tavolo e di
seguirlo
non capisco se prima devo rivestirmi ma non glielo chiedo quello ha ripreso a
urlare e a bestemmiare mi accorgo adesso che in quello stanzone fumoso si
aggirano altri tre tipi simili a lui evidentemente suoi subalterni e lui gli
grida delle cose con la sua bocca larga come un forno e allora cosi nudo prendo
tutta la mia roba sottobraccio e lo seguo nel corridoio davanti alla fila di
porte grigie da dove vengono sempre grida e lamenti lui apre una porta e mi
spinge dentro nel buio con una gran manata sulla schiena che quasi mi butta per
terra poi sbatte la porta con fracasso sento un gran freddo e di colpo penso che
li può esserci anche qualcun altro che io non posso vedere ma che mi ha visto
quando la porta si è aperta ho brividi per il freddo ma anche per la paura
pensando che qualcuno mi può saltare addosso da un momento all'altro qualcuno
orribile mostruoso perché li qualcuno non può che essere orribile
resto lì per qualche secondo paralizzato il fatto che sono nudo mi dà come la
sensazione l'impossibilità di potermi difendere resto li immobile a aspettare
che il mostro mi salti addosso incapace di muovere un dito la cosa mi sembra
inevitabile finché sento di nuovo le bestemmie che si avvicinano e di colpo lo
spioncino si apre vedo controluce la sagoma della sua testa e un fascio di luce
fioca illumina per un momento il fondo della cella e vedo che è vuota sul fondo
c'è solo una specie di rialzo di cemento nel buio annaspo ci salgo sopra finché
con le mani arrivo a toccare la parete di fondo che è umida e fredda con un po'
di pazienza riesco a rivestirmi arrotolo il giubbotto e po' mi stendo sul
cemento e ci appoggio la testa sopra
chiudo gli occhi le orecchie mi si riempiono del vociare indistinto che viene
dalle altre celle i lamenti le grida le bestemmie provo a tapparmi le orecchie
ma è inutile ma sono stanchissimo sono esausto mi fanno male i muscoli delle
gambe come se avessi corso tutta la giornata e mi addormento di colpo ma non è
un sonno continuo ogni tanto mi svegliavo per le urla e per lo sbattere delle
porte e poi ripiombavo nel sonno e poi di nuovo mi svegliavo a un certo punto ho
sentito una voce di donna che cantava a voce altissima tutti la notte dormono ma
lo non dormo mai era ubriaca poi quando l'hanno fatta smettere si è messa a
piangere ancora più forte mi addormentavo e mi svegliavo in continuazione e così
è passata tutta la notte
ho capito che era il mattino quando il mangiafuoco mi ha riaperto la cella e
mi ha ordinato nel suo dialetto incomprensibile di venire fuori in fretta era
ancora più sporco più unto e sudato e si grattava con tutte le due mani il
barbone nero mi ha fatto venire fino al tavolo contro il muro dove mi ha
restituito la borsetta e mi ha consegnato a tre nuovi poliziotti che erano lì
per prendermi due giovani e uno più anziano in civile con la camicia bianca e
cravatta appena rasati i capelli lucidi con tutti e tre lo stesso odore di
dopobarba mi hanno messo le manette dietro la schiena uno ha preso la mia
borsetta dopo averci guardato dentro e averci frugato un po' con le dita siamo
risaliti su per le scale e arrivati al pianterreno la luce del sole mi ha fatto
chiudere gli occhi
24.
Improvvisamente una luce fortissima ci illumina di colpo avevano portato li
due grandi generatori a motore è cominciato un ronzio assordante e hanno
cominciato a proiettare dei fari enormi in direzione dei cortili loro stavano
nell'ombra e tu eri completamente illuminato con questa scena intorno di sangue
dappertutto di gente con le teste rotte tutta quanta rotta e che si lamentava e
hanno cominciato questi sempre mascherati nell'ombra a picchiare con le sbarre e
con i manganelli sulle reti dei cortili e a urlare figli di puttana froci ve la
faremo pagare a tutti in ginocchio chiedete perdono bocchinari inculati questo
qua è solo l'inizio e questa è una cosa che ci faceva veramente terrorizzare
cazzo se questi veramente entrano e danno anche solamente ancora dieci botte a
questi che sono qua per terra conciati così basta è finita
hanno fatto tutto questo puttanaio e intanto è successo che c'era un compagno
dentro la mia aria che stava li seduto immobile lo non ci ho parlato perché
essendo in piedi aiutavo quelli che erano più conciati e siccome l'avevo visto
li immobile seduto e apparentemente non aveva sangue né niente ho pensato l'avrà
scioccato la situazione ma non ha niente quando poi le cose più gravi i feriti
quelli pieni di sangue si sono un po' rimediate si è messa la gente seduta con
le spalle al muro le cose minime insomma e io gli ho detto oh come stai lui mi
ha detto piano mi sento qualcosa di rotto dentro in effetti questo aveva tutte
le costole rotte poi l'hanno portato all'ospedale durante la notte perché
rischiava di rimanerci non poteva fare il minimo movimento che urlava dal mal
con tutte le costole rotte
io aspettavo quel mio compagno di cella che nel momento della confusione
quando i carabinieri sono entrati ci eravamo separati ero molto preoccupato
perché lui era sceso al primo piano e io pensavo che sotto era successo un
disastro che c'erano i morti perché quando arrivavano man mano i compagni io
chiedevo a tutti ma è morto qualcuno e uno mi aveva risposto credo più di uno e
allora io aspettavo questo mio compagno e poi questo compagno l'ho visto sfilare
e ho visto tutte quante le botte che gli hanno dato gliene hanno date proprio
tante poi è entrato nella mia stessa aria è entrato in piedi continuando a
saltellare senza staccarsi le mani da dietro la testa aveva i guanti di lana e
gli ho detto come stai e lui mi ha detto bene però devo avere tutte le dita
rotte allora gli ho sfilato più piano possibile i guanti dito per dito con
questo che bestemmiava tutte le madonne ma non li aveva rotti tutti solo
qualcuno
dopo che le guardie hanno minacciato di entrare un'altra volta nei cortili
dell'aria se ne sono andate è calato un silenzio pauroso nessuno parlava più con
gli altri e quella è stata una cosa alla quale poi ho ripensato perché tutti
quanti in quel momento secondo me pensavano che era inutile parlare dire
qualsiasi cosa c'è stato un momento in cui tutti sono rimasti immobili li cosi
come si trovavano come statue pietrificati sotto la luce fortissima dei
generatori e si sentiva solo il rumore dei generatori poi è tornato il fracasso
le guardie erano salite nei piani e stavano spaccando tutto hanno devastato
tutto hanno distrutto tutto fracassando tutto e devastando tutto quello che
c'era lì urlavano come dannati e si sfogavano sulla nostra roba che stava nelle
celle
hanno preso le televisioni e le hanno scaraventate per terra hanno preso
tutti gli oggetti tutte le scatole tutte le bottiglie e le hanno fatte a pezzi e
calpestate hanno spaccato sgabelli e tavoli hanno spaccato tutto hanno
stracciato i libri hanno preso i vestiti e li hanno strappati e li hanno buttati
per terra e ci hanno pisciato sopra hanno divelto i caloriferi è uscita l'acqua
e ha inondato tutto il piano hanno distrutto tutto il carcere l'hanno reso
inutilizzabile loro l'hanno distrutto non noi per mezz'ora si sono sfogati
contro le nostre cose contro il carcere gridando urlando erano impazziti poi si
sono calmati anche perché probabilmente erano arrivate le notizie le guardie
sequestrate avevano detto come erano andate le cose che non erano state ferite
dal prigionieri che a ferirle erano stati i carabinieri
mentre quelli sfasciavano il carcere la gente si era un po' tranquillizzata
perché fintanto che sfasciavano le cose voleva dire che non venivano da noi poi
si è capito che il peggio era passato quando le guardie sono tornate giù e non
erano più mascherate non avevano più i passamontagna e allora li si è capito che
questi non avrebbero picchiato più perché avevano la faccia scoperta e i
brigadieri hanno cominciato a dire chi sta male lo portiamo all'ospedale però
nessuno voleva uscire dal cortili perché non si fidava neanche quelli che
stavano peggio neanche quelli che proprio stavano male e avevano le ossa rotte e
allora i brigadieri hanno cominciato a dare rassicurazioni no non vi facciamo
niente vi portiamo all'ospedale e quelli che stanno meno male li portiamo qua in
infermeria
allora c'era un compagno che stava particolarmente male perché gli avevano
dato un colpo sulla gola e non riusciva più a respirare questo qua sveniva
continuamente rantolava sembrava che soffocava allora a turno bisognava
mettergli le dita perché a questo qua gli si attorcigliava indietro la lingua e
gli andava giù in gola non respirava più e diventava cianotico rischiava di
soffocare allora bisognava tenerlo su con la schiena contro il muro e mettergli
le dita io e un altro compagno lo facevamo a turno gli mettevamo a turno le dita
in gola gli prendevamo con le dita la lingua cercando di schiacciargli la lingua
giù di tenerla ferma per fargli passare un po' d'aria nella gola ma era
difficile perché questo non stava fermo con la testa
è andata avanti per un'ora cosi e questo diceva con un filo di voce quando
riuscivamo a farlo respirare un po' a forza non voglio andare all'ospedale
perché ho sentito dire una guardia che mi picchiava che mi vogliono ammazzare
allora cercavamo di rassicurarlo perché li cosi rischiava di morire veramente
intanto altri compagni hanno cominciato a uscire per farsi tare all'ospedale poi
è stata una sfilata per tutta la notte poi gente che andava all'ospedale o in
infermeria e a quelli che avevano le ossa rotte gli hanno fatto le ingessature a
quelli che avevano i tagli li hanno cuciti gli hanno dato i punti eccetera ma
questo che non respirava era ancora li a metà della notte che non voleva uscire
e si pensava che moriva poi verso le quattro le cinque del mattino ci siamo
decisi e lo abbiamo accompagnato al cancello perché proprio non poteva più
rimanere lì cosi
da quel momento che hanno cominciato a portare la gente all'ospedale e in
infermeria le guardie non hanno più minacciato né fatto niente è passata questa
notte freddissima forse era la notte di Natale non mi ricordo adesso figuriamoci
se gli importava qualcosa li a qualcuno del Natale faceva un freddo sotto zero e
non avevamo niente all'alba sono arrivate delle guardie con il latte incredibile
con il pane e il latte caldo e le coperte la gente era ancora li tutta dolorante
ma era già ingessata era passata la paura allora sono cominciate le prime voci
la gente ha cominciato a parlarsi dentro ogni aria poi sono cominciate le prime
voci che rimbalzavano da aria a aria perché c'erano i muri divisori e non ci si
vedeva come sta quello come sta l'altro eravamo contenti che non era morto
nessuno e poi la cosa principale era che ora non ci picchiavano più
per tutta la giornata siamo rimasti tutti distesi per terra su queste coperte
perché venivano fuori tutti i dolori i lividi le botte a mezzogiorno ci hanno
portato delle salsicce delle cose cotte dell'altro pane poi è calato ancora il
buio e quella notte era splendida perché era serenissimo il cielo e c'erano
tantissime stelle l'aria era freddissima e poi pian piano hanno cominciato a
farci uscire uno alla volta dai cortili e ci hanno portato nelle celle del
pianterreno dove c'erano i lavoranti avevano sgomberato tutto dalle celle
avevano tolto tutto e avevano lasciato solo i letti il pianterreno non era stato
coinvolto nella rivolta sopra non potevano metterci perché tutto era stato
distrutto e allora hanno preso i lavoranti e li hanno messi da un'altra parte
provvisoriamente
hanno tolto tutto nelle celle hanno tolto gli armadietti i tavoli gli
sgabelli qualsiasi cosa nelle celle non c'era più niente c'erano solo le brande
fissate per terra e i soliti materassi di gommapiuma che erano dei semplici
pezzi di gommapiuma e basta e hanno cominciato a uno a uno a farci uscire e ci
sistemavano a gruppi in queste celle a me mi hanno messo in una un cameroncina
con cinque letti eravamo in dieci e una volta sdraiati tutti non c'era più
spazio per camminare e eravamo li così in dieci senza niente con delle coperte
con gli stessi vestiti perché mica potevamo cambiarci la nostra roba era su nel
piano distrutto avevano ancora addosso gli stessi vestiti sporchi di sangue
strappati sporchi e li dentro siamo rimasti in queste condizioni per tre
settimane
25.
Era una bellissima giornata e non faceva freddo nel cortile della questura
c'era un grande via vai di gente in uniforme e in civile macchine bianche e
celesti che entravano e che uscivano velocissime mi hanno fatto salire su una
macchina civile io dietro con vicino quello che portava la mia borsetta l'altro
giovane guidava e quello più anziano con l'aria di un buon padre di famiglia
vicino a lui siamo partiti e appena fuori mi sono guardato nello specchietto
retrovisore avevo una faccia spaventosa gli occhi gonfi e rossi i capelli
aggrovigliati e dritti le mani nere con cui non mi potevo nemmeno toccare ma
soprattutto mi sembrava di avere sulla pelle sui vestiti sui capelli dappertutto
uno strato di unto sporco e viscido come quello delle guardie in quella fogna
giù da dove venivo
adesso sto andando in carcere penso che cos'è il carcere non ne so niente di
preciso cerco di scavare nella memoria quel poco che avevo letto sul fogli del
movimento o i racconti che avevo sentito di quelli che c'erano stati ma non
saltava fuori molto per farmi immaginare che cosa mi aspettava arriviamo a un
semaforo rosso l'autista frena di fianco alla macchina vedo dal finestrino c'è
una ragazza su una bicicletta un piede su un pedale e l'altro appoggiato per
terra mi piacerebbe anche a me adesso andare in giro in bicicletta se mi veniva
in mente ieri non me ne sarebbe fregato niente avrei pensato che andare in
bicicletta è una cosa che non dà nessun piacere particolare anzi è una
faticaccia in più e per niente adesso invece mi sembrava una cosa bellissima
poi scatta il verde e l'auto fila via dritta mentre la ragazza è ancora lì
ferma con un piede sul pedale e l'altro appoggiato per terra avrei voglia di
girarmi ma non lo faccio sono lì in mezzo a dei poliziotti e il mio ruolo è
quello di uno che sta andando in galera mica posso girarmi a guardare le ragazze
che vanno in bicicletta quello più anziano si gira e con un tono paterno m,
chiede se è la prima volta che vado dentro si gli rispondo io e lui fa una
faccia dispiaciuta e mi chiede la mia età sei giovane è una brutta esperienza e
scuote la testa sono sempre così quelli più vecchi quelli più giovani sono duri
stanno zitti non ti dicono niente se ti parlano è solo per darti degli ordini si
indovina il disprezzo e l'odio ma anche i vecchi tutti sono la stessa cosa sono
rutti uguali nella sostanza fanno tutti le stesse cose lo stesso mestiere
il mio ruolo è quello di uno che sta andando in galera adesso pensavo ai
compagni e questo mi consolava perché pensavo che adesso tutti si stavano
mobilitando si stavano dando da fare per me non mi avrebbero lasciato solo e ero
orgoglioso del fatto che avevo tutti questi compagni questa grande famiglia che
si prendeva a carico la mia situazione i miei problemi che avrebbe pensato a
tutto l'avvocato i soldi a tutte le altre cose che adesso non mi immaginavo
sentivo che non ero solo facevo parte di una forza collettiva e questo mi dava
una grande forza avrei sopportato con fierezza tutto quello a cui stavo andando
incontro e pensavo che adesso dovevo comportarmi come sotto gli occhi dei
compagni non ero solo c'erano loro con me sempre presenti sulla scena
arriviamo al carcere l'auto costeggia per un pezzo il muro di cinta con le
torrette per le guardie poi si ferma davanti a un grande portone chiuso davanti
c'è ferma una volante e intorno ci sono quattro poliziotti in uniforme con i
mitra imbracciati e i giubbotti antiproiettile che si guardano intorno tesi e
guardano dentro le macchine che passano lente a passo d'uomo il portone si
socchiude e spunta fuori per metà un'uniforme grigia anche questo col giubbotto
antiproiettile e il mitra in mano la canna un po' alzata verso l'alto quello più
anziano della mia scorta scende va verso di lui gli parla e gli passa dei fogli
di carta l'uniforme grigia li prende li osserva un attimo poi rientra nel
portone e il portone si richiude
dopo un po' il portone si riapre quanto basta per lasciarci passare la nostra
auto che si ferma davanti a un secondo portone mentre il primo portone si
richiude dentro è buio nell'atrio ci sono solo le luci di due lampade fioche
sulla destra c'è una guardiola chiusa da vetri antiproiettile con dentro altre
uniformi grigie armate i poliziotti della scorta scendono e consegnano le loro
pistole poi risalgono mentre lo non mi muovo dal sedile posteriore il secondo
portone si apre e l'auto si avvia lentamente per una stradina asfaltata trenta
quaranta metri e si ferma di nuovo scendiamo tutti un altro grigio ci apre un
cancello che dà su un corridoio lungo stretto altra guardia altro cancello altro
corridoio poi a sinistra una porta con scritto ufficio matricola
entriamo in uno stanzone pieno di scaffali pieno di registri accatastati alla
rinfusa e di tavolacci di formica verde tutti screpolati e di uniformi grigie
che sembrano lavorare come impiegati tra le carte sparse dappertutto c'è un
bancone alto che vide la stanza in due per tutta la lunghezza i tre della scorta
mi tolgono le manette parlano in fretta con quello che sembra essere lì il
capufficio gli consegnano delle carte e la mia borsetta e se ne vanno senza
neanche guardarmi il capufficio mi fa segno di sedermi su una panca e riprende
il lavoro che stava facendo quando siamo entrati prende un mucchio di carte da
un tavolo e le trasporta su un altro tavolo poi prende un altro mucchio di carte
da un altro tavolo e lo trasporta sul primo tavolo ma non sembra soddisfatto e
riporta tutto come prima scuotendo la testa
dopo un po' mi fa segno di venire lì al bancone tira fuori un grosso registro
e un tampone e mi riprende le impronte digitali le mie mani si sporcano ancora
d'inchiostro sono ormai completamente nere lo ormai so come si fa e cerco di
premere da solo le dita sul foglio perché mi dà fastidio che quello prenda le
mie mani fra le sue ma quello lo fa lo stesso evidentemente perché è abituato a
farlo poi mi chiede anche lui le generalità le scrive sotto le impronte e ci
aggiunge l'imputazione e posso leggere associazione sovversiva banda armata e
detenzione di armi poi mi misura l'altezza con un trabiccolo come quelli che si
usano durante la visita militare e scrive anche quello sul registro e lo mette
via
alla fine mi fa consegnare il portafoglio con i soldi e la carta d'identità
mi fa consegnare l'orologio e la cintura e tutte le cose che avevo in tasca
l'accendino e le chiavi e le mette sul bancone vicino alla borsetta chiama due
guardie e dice portatelo alle celle questo è in isolamento giudiziario non ti
chiamano per nome qua tra loro le guardie ti chiamano sempre questo e io vado
con le due guardie superiamo moltissimi cancelli dove a ognuno c'è sempre una
guardia che apre e che chiude nei corridoi incrociamo altre guardie che passano
sole o a gruppi o scortano dei detenuti a un certo punto arriviamo davanti a una
porticina che una guardia ci apre e scendiamo le scale che portano all'interrato
dove si trovano le celle d'isolamento
in fondo alle scale c'è un'altra porticina che ci viene aperta dall'interno
c'è un largo corridoio lungo trenta quaranta metri e su ciascun lato del
corridoio ogni due tre metri c'è una porta metallica grigia chiusa con uno
spioncino chiuso e in fondo al corridoio c'è una parete senza finestre con una
piccola porta chiusa tutto è illuminato da lampade al neon le due guardie che mi
accompagnano si rivolgono a una delle guardie che sta nel corridoio chiamandolo
capoposto il capoposto ha attaccato alla cintura un grosso mazzo di chiavi ne
prende una e apre la porta blindata della cella numero 27 poi con la stessa
chiave apre un cancello che sta dietro la porta blindata
prima di farmi entrare una delle guardie che mi scortava appiccica sul muro
di fianco alla porta un cartoncino con su il mio nome e cognome e numero di
matricola un numero di cinque cifre poi mi fanno segno di entrare io entro loro
entrano dietro di me e mi dicono ancora una volta di spogliarmi nudo io mi
spoglio nudo un'altra volta e questi mi fanno da capo una nuova perquisizione
controllando bene tutti gli indumenti dove non c'è ormai più niente poi escono
il capoposto chiude il cancello fa girare la chiave nella toppa poi la due passi
indietro e spinge la porta e la porta si chiude con uno scatto secco sento la
chiave che gira e mi ritrovo li in piedi nudo con le mani tutte nere nella cella
d'isolamento numero 27
TERZA PARTE
26.
E allora a questo punto non mi ricordo più dove ero rimasto in tutta questa
storia anche perché ci sono un sacco di cose che non mi ricordo che non mi
ricordo più bene precisamente come sono successe e ci sono anche un sacco di
cose che non si possono ricordare che si possono solo dimenticare non è che qui
io voglio raccontare tutta la storia della mia vita e neanche voglio raccontare
tutto quello che è successo in questo periodo in cui sono successe tante cose
diverse di tutti i tipi contradditorie che metterle tutte insieme cercare di
dargli un senso mi sembra proprio impossibile ma quello che mi interessa qui
adesso è soltanto raccontare ma cosi dal mio punto di vista naturalmente queste
storie che mi sono successe cosi perché forse adesso vale la pena di raccontarle
a scuola era successo che dopo che l'avevamo cacciato il preside Mastino se
n'era andato e i professori si erano dovuti adattare il loro potere era crollato
avevamo ottenuto le assemblee avevamo ottenuto tutto niente più interrogazioni
niente più registri sospensioni giustificazioni eccetera la scuola era scoppiata
in breve tempo era diventata una scuola aperta ci veniva gente di tutti i tipi
amici e studenti di altre scuole operai che non andavano al lavoro ci venivano
disoccupati invece di andare al bar e emarginati vari invece di andare in giro
li chiamavamo esterni tutti questi e così la scuola era diventata una fiera un
bazar ci si giocava a scacchi a carte ci si portava da bere gli spinelli e i
professori assistevano impotenti senza osare alzare un dito a tutto quello
sfacelo
uno di questi esterni era Nocciola che ormai a scuola ci veniva tutti i
giorni Nocciola campava rubacchiando nei supermercati e nei negozi fregava di
tutto anche quello che non gli serviva perché poi lo rivendeva e la scuola era
diventata un po' il suo mercato addirittura c'era chi gli prenotava dei
mocassini o un giradischi e poi anche noi che non avevamo soldi e che adesso ci
rompeva le balle chiederli a casa per fortuna c'era Nocciola che ci insegnava
mille sistemi per campare con pochi soldi e per trovarne un po' rubavamo in
massa nelle librerie e poi vendevamo i libri alle bancarelle falsificavamo i
tesserini delle mense Nocciola sapeva aprire le cabine del telefono e girava
sempre con chili di gettoni nelle tasche pagava tutto in gettoni andava al
cinema e pagava in gettoni
poco a poco abbiamo cominciato anche a vendere la scuola abbiamo cominciato a
smontarla proprio a smontarla e a vendere la roba pezzo per pezzo lampade
macchine da scrivere sedie sgabelli le enciclopedie della biblioteca il
materiale del laboratorio di chimica e di fisica le bacheche e gli armadietti
non è rimasto più niente nella scuola una volta hanno ricomprato tutto nuovo ma
noi abbiamo venduto tutto un'altra volta e così hanno lasciato perdere i
professori non lasciavano neanche più la macchina al parcheggio se no gli
sparivano le gomme la scuola era ormai diventata uno spazio vuoto vuoto anche
d'interessi completamente estraneo da cui a un certo punto ci siamo resi conto
che bisognava uscire per andare a svuotare qualcosa d'altro e così non ci siamo
più andati e abbiamo cominciato a vivere nella sede
quando abbiamo preso la sede è successo che eravamo andati nella sede di un
gruppo marxista leninista per chiedere la possibilità di utilizzarla per le
nostre riunioni era una sede molto grande cinque o sei stanze era al pianterreno
di un vecchio stabile del centro era tenuta benissimo c'era il parquet lucidato
un ambiente molto decoroso con le tende rosse però era molto triste quelle
grandi stanze vuote e un odore di chiuso e di chiesa sui muri c'erano enormi
manifesti cinesi incorniciati sotto vetro manifesti di operai e contadini cinesi
molto muscolosi e sorridenti sempre col pugno alzato e grandi striscioni appesi
per tutta la lunghezza delle pareti viva l'eroica vittoria del popolo cambogiano
c'era una sala adibita a centro culturale il centro culturale Antonio Gramsci
c'era scritto sulla targhetta lucida della porta
quando abbiamo suonato c'era lì solo un compagno che stava ordinando i libri
della biblioteca quasi tutti edizioni cinesi delle opere di Mao e Stalin e altre
cose cosi e ci ha annunciati al compagno segretario che stava nel suo ufficio
dietro una scrivania lucida dove c'era il telefono il segretario era un
personaggio piccoletto con un gran pancione sempre molto serio con una gran
pastrano grigio che non si levava mai, gli abbiamo detto cosa volevamo ma lui si
è messo a parlare di linea politica facendoci una grande tirata sulla linea
politica del suo partito voleva un confronto politico ma a noi del confronto
politico non ce ne fregava niente in quel periodo c'erano un sacco di lotte in
piedi e questi qui non si erano mai visti e adesso veniva a chiederci il
confronto con la linea politica del loro partito
non ce ne fregava niente ma abbiamo dovuto ascoltare tutta la sua tirata
trionfalista sul suo partito guardavamo il telefono sperando che suonasse per
interromperlo però non suonava mai ma poi ci dice che però in quella particolare
congiuntura di fase la presenza del partito in città si era affievolita per
l'espulsione di alcuni militanti per deviazionismo di destra e di sinistra però
avevano tre operai attivi come cellula del partita in due fabbriche e uno
studente ma questo studente nell'ultimo periodo frequentava gentaglia che si
ritrovava alla stazione e addirittura si sospettava che si drogava e alla fine
il compagno segretario si è lasciato andare dicendo che non aveva più i soldi
per pagare l'affitto e anche il telefono era tagliato e i tre operai ne avevano
pieni i coglioni di tassarsi i salari ogni mese per pagare la sede cosi ci siamo
messi d'accordo che loro ci passavano tutte le stanze meno una e così è stato
loro in tre o quattro hanno alzato un muro per isolare la loro stanza dalle
altre e hanno fatto un'entrata autonoma ma dopo tutto questo lavoro non li
abbiamo più visti né sentiti finché ci siamo accorti che non venivano più e
allora abbiamo buttato giù il muro e abbiamo usato anche la loro stanza subito
nel giro di pochissimi giorni c'è stato un grande afflusso di persone tutta la
gente sparsa del movimento ha cominciato a affluire lì è arrivato di tutto
operai studenti disoccupati donne freak vecchi compagni dei gruppi
extraparlamentari anarchici era un luogo diverso dalla classica sede dei gruppi
quella era una sede di movimento e dato che era grande offriva molti spazi per
tutte le differenze
avevamo ereditato tutto l'arredamento degli emme elle le loro sedie le loro
scaffalature i loro armadi il telefono invece se l'era portato via il compagno
segretario avevamo ereditato i grandi manifesti cinesi incomiciati con Mao che
passeggia sorridente in mezzo alla campagna seguito da drappelli di contadini
chi con la falce chi col forcone chi col fucile e li abbiamo lasciati li la sede
era sempre aperta si faceva finta di chiuderla la sera accostando la porta ma in
realtà le chiavi non esistevano c'era gente che andava gente che veniva in
continuazione c'erano riunioni di operai di studenti di precari di ospedalieri
di donne ma anche gruppi che venivano li con le chitarre i flauti e il resto a
suonare a fumare gli spinelli a fissare gli appuntamenti per la serata era
diventata una tappa obbligata nella giornata di tutta la gente
i compagni ovviamente utilizzavano anche la sede come luogo dove elaborare i
vari sistemi per non pagare le bollette della luce del gas del telefono i
sistemi per non pagare i trasporti per sabotare le macchinette dei biglietti
degli autobus per falsificare i biglietti dei treni per sabotare i contatori
della luce eccetera erano cose che partivano spontaneamente da individui o da
piccoli gruppi e che comunicandosele avrebbero poi portato a organizzare vere
lotte di massa su queste cose per esempio si era presa l'abitudine di andare la
domenica al cinema gratis in cinquanta sessanta si entrava tutti di prepotenza o
al massimo se si capiva che avrebbero chiamata la polizia si scendeva al patto
della colletta una somma irrisoria del tutto simbolica
stessa cosa per i negozi di lusso del centro entrare in trenta quaranta in un
negozio di ricchi già di per sé intimidiva mica male e senza neanche fare le
cose troppo in fretta era semplicissimo portarsi a casa un piatto dello stereo
una piastra un giubbotto di pelle una macchina fotografica eccetera stessa cosa
per le lotte dei trasporti si viaggiava a gruppi numerosi e si dichiarava che
non si pagava distribuendo poi alla gente dei volantini per invitarli a fare lo
stesso finché diventava un'abitudine e il bigliettaio neanche più chiedeva il
biglietto ai compagni neanche quando erano soli in un primo tempo la società
degli autobus ha pensato di mettere delle guardie sugli autobus ma poi ha dovuto
rinunciare perché a questo costo doveva sommare quello delle devastazione delle
stazioni e anche quello di un paio di autobus andati in cenere una notte
la nostra sede era in pieno centro e tutta la zona circostante era di fatto
occupata da noi ci circolava gente del movimento fuori sulle panchine del
giardinetto stazionavano per tutto il giorno gruppi di compagni a circa duecento
metri c'era un grande magazzino che era quotidianamente visitato da gruppi di
compagni quelli della direzione del grande magazzino a un certo punto hanno
pensato di reagire a quella spudorata razzia quotidiana e hanno messo lì un gran
numero di guardioni questi un giorno si sono messi a correre dietro a dei
compagni che avevano rubato della roba da mangiare gli hanno corso dietro anche
fuori e allora i compagni si sono messi a correre verso la sede e hanno
cominciato a gridare è stato un attimo allarme generale tutti fuori con le
bandiere che in realtà erano manici di piccone con attaccata una strisciolina
rossa
i guardioni non se lo aspettavano hanno frenato a pochi metri dalle prime
bandiere retromarcia e via però hanno saputo il nome di una nostra compagna e
l'hanno denunciata e per paura di una reazione da parte nostra hanno chiesto due
auto con gli sbirri davanti all'entrata allora le compagne hanno deciso una
bella mossa si sono messe tutte vestite bene e sono entrate in venti trenta nel
grande magazzino e una volta dentro hanno cominciato a girare nel reparto
abbigliamento con delle lamette e zac zac giacche maglioni gonne pantaloni
impermeabili vestiti mantelli un vero disastro milioni di danni e poi se ne sono
uscite tranquille nessuno si è accorto di niente le macchine della polizia sono
rimaste di guardia per altre due settimane e intanto la gente andava a rubare in
un altro supermercato e poi tutto è ricominciato anche li di nuovo un'altra
volta
in un primo tempo la sede è stata utilizzata dalla massa del movimento
principalmente per queste attività alcuni addirittura utilizzavano la sede come
abitazione provvisoria quelli che magari il giorno prima se ne erano andati di
casa diventava il loro bivacco notturno tiravano fuori dall'armadio il loro
sacco a pelo che poi la mattina lo riarrotolavano e lo rinfilavano nell'armadio
c'erano i bagni e il riscaldamento e in una stanza si è ricavato anche un bar il
momento dell'incontro di tutti era l'assemblea generale che si teneva nella
stanza più grande circa ogni settimana tutti insieme pigiati si discutevano
insieme le cose che i vari collettivi avevano intenzione di fare o avevano fatto
nella settimana e ci ponevamo il problema di come utilizzare la forza che ci
eravamo costruita per generalizzare l'offensiva nelle fabbriche nelle scuole
negli ospedali nei quartieri nelle piazze e preparavamo i volantini
generalizzare l'offensiva significa radicalizzare l'insubordinazione a
qualsivoglia gerarchia esercitare la nostra creatività distruttiva contro la
società dello spettacolo sabotare le macchine e la merce che sabotano la nostra
vita promuovere scioperi generali selvaggi a tempo interminato riunirsi sempre
in assemblea in tutte le fabbriche della separazione eleggere delegati sempre
revocabili dalla base collegare costantemente tutti i luoghi di lotta non
trascurare tutti i mezzi tecnici utili alla comunicazione liberata dare un
valore d'uso diretto a tutto ciò che ha un valore di scambio occupare in
permanenza le fabbriche e gli edifici pubblici organizzare l'autodifesa dei
territori conquistati e avanti musica
27.
La cella d'isolamento aveva due metri per tre di lunghezza una branda di
ferro fissata a terra un materasso di gommapiuma un cuscino di gommapiuma due
lenzuola una federa per il cuscino una coperta marrone un lavandino di ceramica
bianca sporco e non c'era altro e sulla parete di fondo di fronte alla porta
c'era una finestra sbarrata dietro alla finestra una rete che dà su un cunicolo
che permette appena il passaggio di una persona ma da molto tempo non ci deve
più essere passato nessuno dalla quantità di polvere sporcizia e ragnatele
accumulate la cella è illuminata da una luce piuttosto forte che proviene da una
lampadina che non si vede ma che si deve trovare nel corridoio sopra la porta e
la luce filtra attraverso una grata di ferro quadrata di circa trenta centimetri
di lato
il pavimento è una colata di cemento solcata da crepe di diverse dimensioni
le crepe sono piene di polvere di mozziconi di sigarette di pezzi d'intonaco di
sporcizia i muri che una volta dovevano essere bianchi hanno un colore giallo
sporco e pezzi di intonaco si staccano qua e là dappertutto dopo avere formato
prima delle bolle per via dell'umidità le bolle si gonfiano poi si spaccano poi
pezzi d'intonaco cominciano a staccarsi e a cadere si staccano anche dal
soffitto basso e irregolare e cadono in mezzo alla cella sul muri scritte di
ogni genere scavate nell'intonaco con le unghie o bruciate con le sigarette le
scritte sono moltissime intricate sovrapposte semicancellate fino a confondersi
in basso sulla sinistra a livello del pavimento una porticina di ferro alta
trenta quaranta centimetri socchiusa la apro c'è un piccolo vano e dentro c'è un
secchio di metallo tutto rugginoso da dove esce una puzza nauseabonda dentro ci
sono ancora residui di merda e di piscio scarafaggi insetti schifosi con un
calcio chiudo lo sportello non cagherò mai lì dentro impossibile adesso non devo
cagare ma devo pisciare vado a pisciare nel lavandino anche quello piuttosto
schifoso tutto scrostato e pieno di crepe che si può spaccare da un momento
all'altro faccio scorrere a lungo l'acqua dallo sportello è venuta fuori una
puzza che mi fa quasi vomitare ma forse la puzza c'era già prima e non me n'ero
accorto è la puzza di quel sotterraneo
una puzza nauseabonda dì piscio di merda di vomito di chiuso provo a
trattenere il respiro per qualche secondo ma è la stessa cosa non cambia niente
anzi quando riprendo a respirare è peggio mi guardo in giro ma non c'è niente da
guardare mi siedo sul letto e ascolto sento solo il passo lento e strascicato di
una guardia su e giù per il corridoio a differenza della cella in questura qui
c'è silenzio ma forse il silenzio è peggio mi guardo le mani nere d'inchiostro
provo a lavarmele con l'acqua del lavandino ma non c'è neanche un pezzetto di
sapone e l'acqua scorre via sull'inchiostro impermeabile allora penso di
raschiarlo via con uno dei pezzi d'intonaco che si staccano dalle pareti ma è
inutile ci rinuncio e torno a sedermi sul letto cosa faccio adesso mi chiedo e
adesso cosa faccio
cosa si fa qua dentro per fare passare il tempo e poi penso che non so
nemmeno quanto tempo dovrò passare qua non so nemmeno cosa devo aspettare no
ecco l'avvocato devo aspettare l'avvocato uscirò dalla cella per vedere
l'avvocato ma poi dovrò tornarci ancora e mi prende una sensazione di
oppressione come se qualcosa mi schiaccia i polmoni il cuore lo stomaco tutto
dentro tutto chiuso compresso un blocco doloroso mi guardo le mani nere devo
stare attento dove le appoggio per non sporcare dappertutto i vestiti le
lenzuola ma non h niente da prendere in mano non mi hanno lasciato niente solo
un pacchetto a metà di sigarette ma non l'accendino cosa m servono le sigarette
se non ho niente per accenderle
sento il rumore della chiave che s'infila nella porta due giri la porta si
apre appare il capoposto con due guardie ai lati e mi dice che devo andare dal
dottore io esco senza fare domande perché indovino che è la prassi andiamo fino
in fondo al corridoio e arriviamo all'ultima cella che è stata trasformata in
infermeria se così si può chiamare con dentro un lettino coperto da un telo di
plastica trasparente una scrivania e un armadietto di plastica con dentro
qualche scatola di medicinale il dottore è giovane la faccia antipatica e
infastidita mi guarda appena di sfuggita poi scrive su una scheda le mie
generalità e comincia a chiedermi le malattie dell'infanzia e dell'adolescenza
morbillo orecchioni varicella tutta quella roba li legge su una lista tirando
via veloce come un treno non sta neanche a aspettare che rispondo fa un segnetto
a tutte le righe della lista e alza la testa solo alla domanda se ho delle
malattie infettive gli rispondo di no e allora quello ha finito fa uno
scarabocchio in fondo alla scheda e un gesto alle guardie per dire che possiamo
andarcene il tutto è durato un minuto sono di nuovo nella mia cella il cancello
e la porta metallica sbattono alle mie spalle resto lì un po' in piedi poi
decido di fare il letto faccio tutto molto lentamente ci metto il doppio o il
triplo del tempo che ci metterci di solito per cercare di occupare più tempo
possibile
quando arrivo alla coperta mi rendo conto che non deve essere lavata da mesi
appena la smuovo si alza un sacco di polvere pesa il doppio tanto è piena di
polvere macchie di roba secca la coprono un po' dappertutto fa veramente schifo
ma fa freddo e non posso rinunciare alla coperta e la stendo ugualmente sopra le
lenzuola mi stendo sul letto e comincio a leggere le scritte sui muri cercando
di fissare una scritta dopo l'altra di decifrare le scritture di leggere tutto
quel groviglio di macchie e di sporco a stare sdraiati sembra che la puzza sia
più forte mi alzo torno a sdraiarmi tre o quattro volte finché mi convinco che è
la stessa cosa o che almeno non c'è una grande differenza
mi rimetto a guardare le scritte ci sono date e firme date fino a due anche a
tre anni prima firme con saluti insulti alle guardie insulti a altri nomi e
ricorre spesso la parola infame infame questo infame quello galera infame poi
nomi di donne con cuori frasi d'amore poesie disegni di cazzi e di fighe qualche
falce e martello qualche fascio slogan politici di sinistra e di destra qualche
stella a cinque punte con scritto BR disegni e scritte modificati stravolti e
poi dappertutto macchie di sporco schizzi strisce e virgole color marroncino mi
viene in mente che potrei scrivere qualcosa anch'io quelli che avevano fatto
quei segni li avevano fatti perché non avevano niente da fare come me per
passare il tempo ma non mi viene in mente niente che potrei scrivere su quei
muri
il tempo passa non mi rendo conto della velocità con cui passa il tempo non
posso controllarlo perché mi hanno portato via l'orologio e non si vede la luce
del giorno a un certo punto si riapre lo spioncino appare una faccia nuova mi fa
cenno di avvicinarmi e mi passa un piatto di plastica e un bicchiere di plastica
mi chiede se voglio la minestra cerco di guardare fuori dallo spioncino per
vedere di che minestra si tratta fuori c'è un carrello di ferro con su un enorme
pentolone un enorme mestolo infilato in una brodaglia rossastra dico che non lo
voglio e allora quello mi passa un sacche di plastica con dentro un pezzetto di
formaggio secco e mele verdi raggrinzite e un pezzo di pane quello almeno fresco
lo spioncino si richiude sento il rumore del carrello che si allontana
appoggio il mio pranzo sul giubbotto perché la coperta mi fa schifo lavo le mele
sotto il rubinetto ma non ho fame anche se non mangio da ieri mattina però
mangio lo stesso mangio lentamente rigirandomi il cibo in bocca penso che anche
per mangiare è meglio metterci più tempo possibile ma penso anche che deve
essere solo mezzogiorno visto che mi hanno portato da mangiare che sono passate
solo p che ore ho freddo l'umidità mi entra nelle ossa sento brividi nella
schiena mi rimetto il giubbotto con la fodera tutta strappata dalle
perquisizioni faccio un po' di movimento per riscaldarmi provo a misurare quanti
passi posso fare nella cella quattro passi per il lungo quattro passi e mezzo
per il largo e dietrofront troppo pochi poter fare passare il tempo così e così
torno a sdraiarmi
28.
La manifestazione parte con il nostro gruppo che sta nelle prime file con
Talpa il sindacalista della fabbrica occupata ci sono dei tamburi e dei
campanacci che fanno un rumore d'inferno prima passiamo per il paese tutta la
gente è fuori a guardare per le strade sui marciapiedi alle finestre in questo
paese non c'è mai stata una manifestazione noi lanciamo slogan un po' duri e
tutti gli operai e le operaie li riprendono subito e si divertono gridando un
nuovo modo di fare la produzione sotto le presse mettiamoci il padrone su su i
prezzi vanno su prendiamoci la roba e non paghiamo più facciamo tutte le strade
del paese un pullmino dei carabinieri segue a distanza usciti dal centro del
paese ci dirigiamo verso le fabbrichette alcune sono chiuse sapendo della
manifestazione e delle intenzioni di fare casino circolate la sera prima nei bar
e molti operai non si sono presentati al lavoro
così succede per tre o quattro fabbrichette poi Pepe che è poco convinto fa
il giro della quarta fabbrica vede che dietro sono posteggiate le automobili che
hanno nascosto le automobili e chiuso i cancelli per far credere che la fabbrica
era chiusa Pepe avvisa la prima fila del corteo e in un attimo la voce arriva
fino in fondo dietro front si arriva davanti al cancello tutti gridano fuori
crumiri ruffiani vigliacchi un casino d'inferno con tamburi e campanacci ma da
dentro niente silenzio Cotogno con Ortica Valeriana e gli altri fanno il giro da
dietro salgono sulla cancellata e tirano qualche sassata contro le automobili
rutti indovinano cosa succederà e Talpa scatta verso il retro ma alcuni operai
lo prendono per le braccia e gli dicono di lasciar fare che quelli sono facce di
merda
gli operai che erano dentro escono sul piazzale uno alla volta spiando prima
dal portone di ferro semiaperto il più anziano si avvicina alla cancellata con
tutti che gli urlano . addosso lui parla con il sindacalista che deve conoscere
dice che non lo sapeva che c'era sciopero se no lui lo avrebbe fatto si mette
d'accordo col sindacalista usciranno tutti e noi staremo li per controllare fino
alla fine i crumiri salgono sulle loro automobili e escono mentre tutta la gente
fuori dal cancello fa corridoio devono per forza andare a passo d'uomo e si vede
dalla faccia che hanno paura con i finestrini alzati e le sicure abbassate sputi
sui finestrini qualche calcio sulle fiancate le donne sono le più infuriate
fermano qualche macchina mettendosi davanti e agitando i pugni
se ne vanno via e noi riprendiamo il corteo altra fabbrichetta e anche qua
altra gente che lavora però a non si sono neanche preoccupati di nascondere le
auto lo fanno proprio spudoratamente gli animi sono accesi ma quelli appena
sentono il casino escono subito si giustificano sempre allo stesso modo dicendo
che non sapevano dello sciopero si va avanti cosi fabbrichetta per fabbrichetta
alcune sono veramente chiuse in altre gli operai escono prima che arriviamo e
qualcuno addirittura aspetta il corteo e si mette dentro anche lui arriviamo in
una fabbrichetta dell'indotto una di quelle in cui si fa il lavoro della
fabbrica occupata per la quale manifestiamo il cancello è aperto irruzione
dentro i reparti un piccolo corteo interno confuso perché non ci si sta dentro
tutti
si sentono rumori e tonfi il materiale plastico viene rovesciato per terra
Lauro si prende a botte con un crumiro che non vuole uscire vengono divisi quasi
subito poi il crumiro esce prendendosi un fazzoletto sul naso da cui cola il
sangue non facciamo in tempo a spazzolare la palazzina dove ci sono gli uffici
perché gli impiegati sono già scappati tutti e riprendiamo il corteo verso
un'altra fabbrica dell'indotto questa è un po' più grande delle altre ci saranno
una trentina di operai ma non tutti sono al lavoro anche li calci e bastonate
alle macchine un finestrino va in frantumi Talpa corre avanti e indietro a
calmare gli animi e Cotogno questa volta s'incazza e gli dice piantala di fare
il pompiere
i cancelli sono chiusi si fa casino per farli aprire dall'ingresso vengono
fuori i due padroncini con l'aria da incazzati e per fare un gesto di sicurezza
aprono il cancello e si mettono a parlare con Talpa la gente dietro però preme e
fa irruzione i due padroncini scappano e si fermano davanti alla grande porta a
vetri facendo scudo con il loro corpo dietro si vedono i crumiri che hanno
smesso di lavorare e che sbirciano fuori i due padroncini si rimettono a
discutere con Talpa che fa il deciso oggi non si lavora fuori tutti sono già
venuto qui a parlare di questo problema se qui si lavora si boicotta la nostra
lotta per tenerci il posto il lavoro perché voi qui con gli straordinari fate il
nostro lavoro della nostra fabbrica che abbiamo occupato e boicottate la nostra
lotta
i due padroncini non ne vogliono sapere uno guarda il pullmino del
carabinieri fermo a una trentina di metri e dice adesso chiamo i carabinieri
Talpa risponde i carabinieri vedono benissimo quello che stiamo facendo e non
intervengono perché ho parlato anche con loro e li ho informati mi sono assunto
la responsabilità che non succederanno incidenti ma voi dovete fare uscire gli
operai i due padroncini non ne vogliono sapere e dicono che non abbiamo il
diritto di fare quello che stiamo facendo dietro gli operai cominciano a perdere
la pazienza qualcuno spinge basta basta entriamo Talpa va avanti ancora a
discutere con tutti gli operai dietro che urlano partono le prime sassate si
sentono i vetri del capannone che si rompono
i due padroncini fanno ancora di più gli incazzati Talpa finta di niente e va
avanti a discutere io sono proprio dietro a lui di fianco a Cotogno e a Ortica
ho in mano una bandiera con un grosso bastone gli operai dietro continuano a
spingere sento i vetri che si rompono e senza neanche pensarci spingo con forza
il bastone contro la vetrata succede il finimondo la vetrata viene giù tutta
insieme un pezzo di lastra stacca dall'alto e cade piatto sulla testa di Talpa
frammenti rimbalzano addosso a me e agli altri che sono vicini sulla testa
pelata del sindacalista si apre un taglio che si colora subito rosso cazzo non
credevo che era così fragile forse non era messa su bene
uno dei due padroncini quello che voleva chiamare i carabinieri crede che sia
stato Cotogno a rompere la vetrata e gli pianta un cazzotto sul naso Ortica
scatta come una molla alza con le due mani la bandiera e gliela cala secca sulla
testa sento il colpo vedo gli occhi che strabuzzano poi le gambe gli cedono e
cade giù secco l'altro padroncino resta impietrito perché Ortica ha già alzato
la bandiera un'altra volta sopra la si testa però non l'abbassa Talpa si stacca
le mani dalla testa e guarda le dita sporche di sangue un po' inebetito c'è un
attimo di silenzio di stupore da parte di tutti il padroncino prende il suo
socio sotto le ascelle e lo tira verso la parete
da dietro si spinge e si entra tutti i crumiri scappano uscendo dalle porte
laterali ma nessuno li rincorre ci si sfoga sulle cose come nella fabbrica di
prima anche di più tutto il materiale plastico viene rovesciato per terra sparsi
dappertutto si rompono tutti i vetri del finestroni è la fabbrica dove lavoro io
questa merda mi dice Verbena i più incazzati quelli che sfasciano di più sono i
giovani e le donne ma anche gli altri sono d'accordo perché non dicono niente
non cercano di fermarli quando usciamo il pullmino dei carabinieri è sempre li
immobile non sono neanche scesi
i due padroncini sono scomparsi il corteo si riforma e si spazzolano altre
fabbrichette ma non succedono più incidenti il taglio sulla testa di Talpa non è
profondo come sembrava in un primo momento ma lui fa l'incazzato con noi perché
lo sa che c'eravamo noi dietro di lui quando è venuta giù la vetrata ma non ci
dice niente fa solo l'incazzato e non ci caga torniamo alla mensa della fabbrica
occupata e si decide di fare un volantino da distribuire in paese per spiegare
quello che è successo lo scriviamo e facciamo girare il testo che è approvato da
tutti si minacciano altre spazzolate se nei prossimi giorni si verrà a sapere
che continua il lavoro straordinario nelle fabbrichette dell'indotto poi andiamo
a gruppi a distribuire il volantino per le strade nei negozi e nei bar del paese
29.
La luce sopra la porta è forte e mi picchia negli occhi per dormire mi devo
voltare sulla pancia o mettermi il cuscino sulla faccia ma non avevo sonno e
cosi mi sono messo a pensare ai compagni che a quest'ora si saranno tutti
mobilitati per mio arresto staranno discutendo in sede staranno facendo delle
cose per farmi uscire di qua staranno parlando con l'avvocato mi immagino come
la notizia ha fatto il giro velocemente subito dopo il mio arresto telefonate
incontri riunioni a quest'ora già tutto il movimento saprà del mio arresto
adesso tutti si stanno organizzando per tutte le cose da fare quando penso ai
compagni mi sento un po' meglio appena potrò scrivere li metterò al corrente di
tutto sono anni che non scrivo una lettera provo a pensare a tutti quelli a cui
devo scrivere sono troppi meglio che scrivo delle lettere collettive
penso che dovrò scrivere anche ai miei me li immagino lì a casa angosciati
preoccupati da questa storia che non potevano aspettarsi anch'io non me
l'aspettavo anche se qualche volta ci avevo pensato ma mi sembrava una cosa
remota anche se possibile e che comunque non valeva la pena starci lì a pensare
allora è anche per questo che adesso sono così stupito e incredulo e soprattutto
così impreparato adesso che è successo ma i miei non se lo potevano proprio
immaginare che io potevo avere a che fare con la giustizia per loro io ero un
marziano un visionario un illuso ma innocuo incapace di fare del male a qualcuno
speravo che erano andati da loro i compagni per tranquillizzarli per dargli un
po' di sicurezza io a loro non avrei proprio saputo come scrivere non sapevo
come comunicare con loro
lo spioncino si riapre è il capoposto che mi fissa in silenzio senza parlare
passa qualche istante io gli faccio un cenno con la testa come per domandare che
c'è lui sta zitto ancora un po' poi mi chiede non sarai mica stato tu a
ammazzare il nostro maresciallo due mesi fa io rispondo che non ho mai ammazzato
nessuno che sono lì per un errore che presto si chiarirà il capoposto fa la
faccia sorpresa e dice che quelli come me che lui ha visto finora non dicono mai
che non c'entrano e che non hanno fatto niente dicono solo che sono orgogliosi
di essere dei comunisti che lottano contro lo stato e che sono i comuni che
invece dicono sempre che sono innocenti anche quando li hanno presi sul fatto
resto lì imbarazzato non vorrei avere fatto una cazzata ho come il senso di
avere trasgredito una norma di comportamento che devono avere i compagni in
carcere il capoposto intanto si mette a raccontarmi che il maresciallo ammazzato
era una brava persona che aveva figli e famiglia che quello che dicevano nel
volantino quelli che l'hanno ammazzato non era vero per niente dice che quello
non aveva nessuna squadra di picchiatori che non aveva mai picchiato o fatto
picchiare nessuno che era una brava persona umana eccetera e continua a
spiegarmi che loro sono tutti brave persone che è un errore prendersela con loro
perché bisogna capire che loro fanno quel mestiere solo per campare perché
devono dare da mangiare alla loro famiglia
che non è colpa loro se c'è la disoccupazione che loro so primi a volersene
andare di lì se gli viene data un'altra possibilità che loro sono venuti su dal
sud dove non c'è lavo che non hanno studiato e per questo non possono che quei
lavori lì ma che lo fanno con il rispetto delle persone e che non è con loro che
bisogna prendersela perché loro eseguono solo degli ordini e che sono obbligati
a eseguirli che è coi politici che noi dobbiamo prendercela non con loro loro
sono d'accordo che le cose cosi fanno schifo e che bisogna cambiarle perché
anche loro capiscono che così non si può più andare avanti ma che noi non
dobbiamo sparare addosso a loro ma a chi comanda davvero a chi è il vero
responsabili della situazione il capoposto va avanti così e non la smette più
mentre continuava così mi sembrava di sentire le stesse motivazioni le stesse
cose che dicevano i crumiri che facevano gli straordinari quando andavamo
davanti alle fabbriche per fare i picchetti per non farli entrare ma qui c'era
in più l'ingenuità con cui diceva quelle cose dove si capiva che non erano idee
sue che erano idee che aveva preso parlando con dei compagni erano gli argomenti
rozzi della propaganda di base le frasi fatte e tutto questo diventava le sue
giustificazioni ma punto era il motivo perché mi faceva tutto questo discorso
questo era il punto e evidentemente me lo faceva perché aveva paura di fare la
fine di quel suo collega che era stato ammazzato e voleva tenersi buono chi
direttamente o indirettamente poteva costituire per lui una minaccia
e io in quel momento per come stavano le cose avevo con come un rapporto di
forza in mio favore io allora non conoscevo proprio niente del carcere ma
cominciavo a intuire che quello era un altro mondo con altre regole e altre
logiche che dovevo imparare il più in fretta possibile perché lì dentro insieme
all'aria di merda di piscio di vomito annusavi anche un'aria di paura costante
di minaccia di pericolo dunque era meglio essere cauti essere prudenti meglio un
eccesso di prudenza che un errore che poteva avere conseguenze che non mi potevo
immaginare sentivo istintivamente il pericolo anche nel discorso del capoposto
magari era stato mandato li per sondarmi per vedere che tipo ero e come la
pensavo e la cosa migliore da fare era allora non scoprirsi rimanere nel vago ma
poi anche volendo cosa avrei avuto da rispondere a quel discorso del capoposto
mi sono quindi limitato a guardarlo che parlava finché ha smesso perché una
guardia lo chiamava io speravo di non vederlo tornare ma quello aveva lasciato
aperto lo spioncino e infatti un minuto dopo si è riaffacciato ma prima di
lasciarlo riattaccare gli ho chiesto se poteva darmi dei fiammiferi perché mi
avevano lasciato le sigarette ma senza fuoco non potevo accendere allora il
capoposto mi dice che il regolamento vieta a quelli in isolamento di tenere i
fiammiferi perché è già capitato che qualcuno ha dato fuori di testa e ha dato
fuoco al materasso che è di gommapiuma e brucia in un attimo e fa un fumo che ti
soffoca in pochi minuti e se capita di notte quando le chiavi delle celle sono
su in rotonda si rischia un incendio che brucia tutti dentro le celle
quando vuoi accendere chiama le guardie picchia sullo spioncino e loro ti
fanno accendere visto che il capoposto era così disponibile a darmi delle
informazioni gli chiedo anche quanti giorni devo rimanere li in isolamento lui
si stupisce della domanda non sapeva quanti giorni dovevo restare in isolamento
sapeva solo che ero in isolamento giudiziario in attesa dell'interrogatorio e
che prima di allora non potevo avere rapporti con nessuno né all'esterno né
all'interno del carcere non potevo salire ai raggi né andare all'aria con altri
nemmeno con altri che erano in isolamento come me e non potevo avere colloqui
con l'avvocato e con i parenti fino all'interrogatorio e che siccome lo ero un
politico l'isolamento era ancora più rigido queste erano le consegne che lui
aveva ricevuto dai suoi superiori che a loro volta le avevano ricevute
magistrati
e come per riprendere il discorso di prima mi fa ammiccante vedi che non
siamo noi a mettervi in queste condizioni non le prendiamo noi queste decisioni
hai capito chi è che le prende io gli chiedo quanto tempo passa in genere prima
dell'interrogatorio col giudice e lui mi dice che può arrivare fino a quaranta
giorni dal giorno dell'arresto io penso che non è passata nemmeno mezza giornata
e sono già in questo stato non riesco nemmeno a immaginarmi quaranta giorni il
capoposto mi fa accendere e poi io per fargli capire che non ho più voglia di
parlare gli giro le spalle e vado verso la branda allora lui chiude lo spioncino
e se ne va mi sdraio e fumo piano la sigaretta assaporando ogni boccata e senza
neanche accorgermi mi addormento
mi risveglio ancora per lo spioncino che si apre di colpo una faccia
grassoccia batte con una biro sulla porta e dice due volte spesa la guardia ha
in mano un pezzo di compensato con appiccicata una lista di generi alimentari e
altro io gli chiedo che cosa posso ordinare e lui mi dice che ne so un po'
spazientito mi vengono in mente le sigarette e dell'acqua minerale e ordino
quella roba li lui ha in mano un modulo con mio nome e il mio numero di
matricola e scrive sigarette e acqua minerale e poi richiude lo sportello
dicendo che mi porteranno la roba il giorno dopo lo mi rimetto un po' sul letto
ma non riesco a riaddormentarmi allora mi alzo e picchio col palmo della mano
sulla porta non arriva nessuno allora grido guardia guardia due o tre volte lo
spioncino si apre e una guardia mi fa accendere con un accendino e poi richiude
quando lo spioncino si apre mi sembra per un attimo di non essere chiuso in
quel buco e per un attimo mi fa sentire meglio la sera torna il detenuto che
porta il cibo una pastasciutta scotta con un sugo rosso acido una forchettata
con la forchetta di plastica e lascio lì tutto e mi rimetto a dormire nella
notte si sentono ogni tanto delle urla dalle celle intorno si sente gente che
chiama la guardia che non arriva la luce è rimasta accesa e mi picchia dritta
negli occhi se sono sdraiato sulla schiena e mentre sono sveglio durante una
conta che è la ronda che fanno a intervalli aprendo lo spioncino chiedo alla
guardia di spegnere la luce ma quello dice che non è possibile che deve rimanere
accesa di regolamento
una notte di dormiveglia con quella luce forte sempre accesa poi la mattina
passa prestò la prima conta e poi il lavorante con il caffelatte annacquato e un
pezzo di pane mezz'ora dopo mi aprono per l'aria le guardie fuori nel corridoio
hanno ognuna un manganello lungo in mano e con quello una mi indica la porticina
in fondo al corridoio prima di uscire mi chiede se voglio vuotare il bugliolo ma
io dico di no mi fa schifo l'idea i prendere in mano quel secchio puzzolente mi
infilo nella porticina seguito dalle guardie coi manganelli passiamo in una
specie di tunnel stretto e in fondo si sbuca all'aperto in una specie di
corridoio stretto tra due alti muri dove passa una sola persona per volta in
fondo si apre un cortiletto di qualche metro quadrato circondato da alti muri
mi aprono l'ultimo cancello in fondo a sinistra e poi richiudono sopra c'è
una grata di ferro e di là vedo un pezzo di un braccio del carcere con le
finestre nascoste dalle bocche di lupo fuori da alcune bocche di lupo spuntano
dei manici di scopa con legate le antenne della televisione penso che quelle
sono le celle dove andrò dopo l'isolamento non so bene che differenza c'è ma
comunque c'è la televisione non so da quanti anni non vedo la televisione ma
adesso ho una grande voglia di vedere la televisione di vedere qualsiasi cosa
delle immagini dei suoni qualsiasi cosa che viene da fuori di lì qualsiasi cosa
con delle facce dei colori delle parole
30.
Nella sede ci venivano anche moltissime ragazze donne giovani e meno giovani
studentesse operaie casalinghe che erano venute alle manifestazioni che si sono
conosciute alle occupazioni e nella sede si sono prese una stanza per loro e
hanno messo sulla porta un cartello stanza delle donne e guai a chi entra senza
il loro permesso soprattutto quando fanno le loro riunioni e poi fuori fanno
circolare materiale di controinformazione sulla sessualità sulla salute sulla
riappropriazione del corpo sul salario domestico fanno un sacco di cose chiedono
in comune di creare un consultorio autogestito martellano strade e piazze con la
campagna per l'aborto libero e gratuito e una sera fanno irruzione in un cinema
mentre si proietta i film pornografico e con le polaroid fotografano coi flash
gli spettatori poi salgono nella cabina di proiezione e sequestrai le pizze del
film
un'altra sera aspettano in gruppo per la strada un mezzo malavitoso coinvolto
in una faccenda successa da poco un tentativo di stupro e gli saltano addosso in
una ventina coi bastoni lo prendono a calci e a legnate un gruppo di suoi amici
escono da un bar lì vicino e seguono la scena sghignazzando corriamo li anche
noi maschi perché sapendo della cosa ci erravamo appostati non troppo lontano
tenendo una reazione ma le donne agitano i bastoni incazzate contro i malavitosi
e contro di noi e ci dicono di andare via che non hanno bisogno di farsi
difendere da noi e il giorno dopo rivendicano l'iniziativa con un tazebao che
attaccano sui muri dove c'è scritto riprendiamoci il diritto di vivere la notte
le donne in sede parlano sempre più tra di loro e se parlano degli uomini si
capisce che non ne parlano come noi parliamo di loro in fondo da maschi le donne
anche lì in sede sono sempre considerate delle donne cioè qualcosa di diverso e
anche sulle donne che vengono lì in sede si fanno calcoli progetti pettegolezzi
che sono i soliti che fanno tutti gli uomini e col passare del tempo le donne
accentuano i loro momenti separati di riunioni di conversazioni separate e se
qualcuno di noi si avvicina mentre loro stanno parlando lo cacciano dopo un po'
noi ci incazziamo perché non capiamo che cosa vuole dire cominciamo a prenderle
in giro e loro diventano aggressive si chiudono tra di loro si muovono in gruppo
vanno via in macchina da sole confabulano e ci guardano male ma che cazzo è
successo
una sera non si fanno vedere del tutto e per tutta la sera noi ne parliamo
facciamo ipotesi pettegolezzi malignità poi si incarica Cotogno di indagare su
Valeriana anche se non gli va troppo perché conosce meglio di noi Valeriana e
infatti Valeriana lo tratta subito male appena lui prova a farle qualche domanda
lo caccia gli dice di farsi i cazzi suoi e di smettere di fare la spia per tutti
gli altri stronzi che poi saremmo noi anche Lauro e Lupino ci provano con Mora e
Verbena stesso risultato e lo con China e finiamo per litigare panico generale
passa qualche giorno e ne vediamo in sede un gruppetto che appendono su una
parete un manifesto che indice una riunione di chiarimento per la sera dopo lo
appendono con le puntine e lo scotch parlando tra di loro come se noi non ci
fossimo
clima di guerra c'è chi propone di disertare la riunione ricambiando
l'atteggiamento che loro hanno adottato negli ultimi giorni quelli accoppiati
sono più perplessi cauti e timorosi ma gli altri sono più accesi tanto non hanno
niente da perdere Cotogno in particolare è ammutolito Nocciola sbadiglia
indifferente gli esce solo un cose da donne ogni tanto impazziscono che ci
volete fare ma la riunione si presenta tesa quando arrivo loro sono già là tutte
schierate minacciose sedute una di fianco all'altra nessuno di noi parla a voce
alta nell'attesa beh era il caso di fare le cose in questo modo dice Gelso
rompendo il silenzio e cercando di essere il più naturale possibile sì era il
caso dice subito Menta perché ci avete rotto le palle con i vostri comportamenti
da stronzi
quali comportamenti stronzi ci guardiamo tutti con aria sorpresa gli sguardi
si incrociano è Menta che continua ci trattate come pezze da piedi e fate pure
gli ipocriti i sorpresi ma da oggi è finita se non cambia piuttosto ce ne
andiamo via e andatevene allora grida Ortica spazientito chi vi trattiene sì
dice sempre Menta ma prima vogliamo chiarire quanto siete stronzi dei pezzi di
merda nella media di tutti gli altri uomini anche se vi date arie di
rivoluzionari e fate le avanguardie del proletariato ma nei rapporti con noi
siete delle retroguardie a livello di mio padre e di mio nonno Lupino è
sinceramente sorpreso ma cosa sta succedendo cosa è successo cos'è questa storia
che maniera è di fare le cose di discutere sparite per una settimana e vi rifate
vive con un manifesto riunione va bene e poi venite qui a dire che siamo degli
stronzi tutti quanti veramente non capisco
Valeriana comincia a parlare e comincia guardando fisso Cotogno ci siamo
incontrate separatamente noi donne da sole abbiamo fatto delle discussioni tra
noi è cominciato così spontaneamente poi la cosa è diventata più seria è
diventato un bisogno di tirare fuori tutto quello che avevamo dentro come
abbiamo vissuto i rapporti con voi qui nel collettivo e fare i paragoni con i
rapporti che avevamo avuto prima bene abbiamo scoperto che non c'è nessuna
differenza essere compagni dovrebbe voler dire essere diversi dalla normalità
essere migliori più avanti sul piano culturale e soprattutto umano ma voi non
siete un millimetro più avanti degli altri uomini nel rapporto che avete con le
donne
noi nelle nostre riunioni siamo riuscite a tirare fuori tutto è stato
difficile bello a momenti ma anche brutto ci siamo raccontate cose particolari
intime private come si usa dire le paure i sensi di colpa i complessi di
inferiorità tutto quello che proviamo nei rapporti con voi con ognuno di voi poi
in maniera particolare con gli uomini con cui stiamo è interrotta da Lauro deve
essere troppo per lui si sì vi confessate tra di voi come si faceva col prete ma
Mora non lo lascia continuare ma come fai a essere cosi rozzo sei rozzo come
quando mi metti le mani addosso come quando mi scopi non ti sei mai accorto di
quanto sei rozzo Lauro resta di ghiaccio si sente tutti gli occhi addosso ma
Mora non ha finito
tu avanguardia degli operai che fai il ganzo sindacale perché lo so che
preferisci fare i tuoi interventi da saputello nelle fabbriche dove ci sono le
operaie cosi magari te ne scopi anche qualcuna dopo l'assemblea tu e il tuo
socio Ortica perché invece di parlare solo delle 35 ore pagate 40 non ci parlate
delle storie che succedono in fabbrica le palpate di culo le scopate nei cessi
solo che una volta erano i capi che andavano a caccia nei reparti mentre adesso
sono le avanguardie operaie come voi Lauro è terreo riesce appena a balbettare
cos'è hai scoperto la liberazione femminista mettendo in piazza che ti scopo
male ma allora perché non vai a farti scopare da qualcun altro visto che è la
sola cosa che hai nel cervello
il braccio di Mora scatta come una molla un'arancia mezzo sbucciata che aveva
in mano parte in direzione della faccia di Lauro ma la mira è sbagliata e
l'arancia centra in pieno Aglio che gli sta dietro resta un attimo immobile nel
silenzio generale tutti si aspettano che si incazzi ma lui si toglie solo di
tasca un fazzoletto si pulisce velocissimo la faccia due colpetti col dito per
mettere a posto i baffetti poi si alza e va in un'altra stanza adesso comincia a
parlare Verbena comincia un po' tesa volevo dire che non è che i rapporti tra
uomini e donne in fabbrica siano diversi da quelli che ci sono nel nostro
collettivo è la stessa merda sono gli stessi ruoli e tu Nocciola è meglio che
smetti di ridere in quel modo ironico perché è proprio meglio visto che per
scopare vai a puttane e poi quando vieni qua fai quello che non ci bada a queste
cose
io la interrompo mi spiace per Nocciola dico credo che non sia giusto
offenderlo e mi sembra esagerato attaccare così personalmente la gente China
deve avercela con me perché mi attacca subito anche tu è meglio che stai zitto
tu sei quello che pensa sempre a altro la causa della rivoluzione davanti a
tutti e il sesso viene dopo magari di nascosto sono convinta che tu ti
scoperesti indifferentemente ognuna di noi pensando a altro alla
ristrutturazione alla crisi al decentramento produttivo tanto non è importante
noi siamo un gradino più in basso serviamo a quelle cose li come serviamo a fare
andare il ciclostile e a distribuire i volantini ecco è il mio turno penso io
che noia non fanno che ripetere tutte la stessa cosa mi alzo e esco dalla stanza
non faccio neanche finta di essere offeso semplicemente me la batto
passano cinque minuti e arriva anche Cotogno che non ha assolutamente aperto
bocca e resta in piedi davanti a me e a Aglio che siamo seduti silenziosi su due
sedie arriva Ortica con Nocciola Ortica è esasperato secondo me bisogna dargli
due sberloni a testa e Nocciola commenta magari sono diventate lesbiche ma
Cotogno scuote la testa lo ho pensato che pensava a Valeriana e che aveva paura
di come poteva andare a finire il suo rapporto ma poi mi sono reso conto tutti
siamo resi conto che non si trattava solo di piccole storie personali si
trattava di una storia molto più grande si trattava come l'abbiamo visto bene
dopo di un trauma di un grande trauma di una grande rottura forse più grande di
tutte quelle che stavamo facendo e che poi ci ha cambiati tutti
31.
A sinistra una guardia sta dentro un gabbiotto di vetri antiproiettile e
sopra ci sono le telecamere puntate sugli spicchi in cui il cortile è diviso da
robuste cancellate spicchi piccolissimi grandi non più delle celle sopra lo
spicchio c'è una pesante grata di ferro in fondo sotto una piccola tettoia di
cemento un rubinetto con un lavandino e un cesso alla turca sporco meglio
comunque del bugliolo puzzolente adesso posso finalmente cagare anche se non in
pace perché a pochi metri le guardie passeggiano oltre il cancello coi loro
manganelli in mano e c'è quello nel gabbiotto e le telecamere puntate poi dal
braccio del carcere che riesco a vedere da lì mi arriva qualche voce e capisco
che li devono stare insieme nelle celle non sono soli come me
io non ho mai vissuto la solitudine o almeno non ho mai avuto il senso della
solitudine e non mi immaginavo che il fatto che ti obbligano a stare solo a non
vedere gli altri poteva essere una cosa dura brutta e deprimente ti mettono lì
apposta per farti prendere paura per farti soffrire una solitudine forzata che
tu non ti sei scelto che giustificano con la storia che così non inguini le
indagini e puoi riflettere puoi pensare è un'ipocrisia di merda ti mettono lì
per farti prendere paura per intimidirti per angosciarti per farti soffrire per
farti assaggiare la loro forza di farti stare male senza che puoi farci niente
puoi solo subire e se accenni a ribellarti ci sono le guardie là fuori coi loro
manganelli che fanno girare tra le mani per farti capire cosa ti aspetta se
rompi i coglioni
niente carta igienica e allora straccio il fazzoletto e mi pulisco con quello
cammino avanti e indietro al posto di quattro passi e mezzo qui ce ne sono quasi
sette ma almeno non c'è la puzza della cella la guardia col manganello si
avvicina al cancello e picchietta con la chiave sulle sbarre per segnalare che
il tempo è passato che è ora di rientrare tre quarti d'ora non sono lunghi e li
mi sono sembrati ancora più corti mi hanno fatto fare l'ora d'aria presto prima
degli altri per farmela fare completamente solo anche gli altri li chiudono
ognuno in uno spicchio da solo ma gli fanno fare l'aria tutti insieme in due o
tre turni
poco dopo che sono rientrato in cella il lavorante mi porta il caffelatte
annacquato comincia un altro giorno un altro giorno uguale al primo segnato
dalle stesse cose la conta delle guardie e il lavorante che ti porta da mangiare
e la guardia che passa per la spesa del giorno dopo dopo pranzo improvvisamente
ho sentito una voce che mi chiamava dalla finestra di fianco era un ragazzo che
stava di fianco a me e che poi non l'ho nemmeno mai visto in faccia sentivo solo
la sua voce solo che in un primo momento quando mi faceva delle domande
chiedendomi perché ero finito in carcere io ero timoroso stavo sulle mie perché
non mi fidavo pensavo che poteva essere uno che mi avevano messo lì apposta per
farmi chiacchierare
però il dubbio poi mi è passato perché mi è sembrato uno del tutto spontaneo
mi ha dato subito una serie di informazioni mi ha detto che ha capito che era la
prima volta che finivo in carcere e per questo ha capito che era importante
darmi delle informazioni spiegarmi come funzionavano lì le cose perché più hai
informazioni più ti senti sicuro mi ha detto di non preoccuparmi mi diceva il
carcere non è così questo non é il carcere normale perché sopra si può fare la
pastasciutta e si può cucinare quello che si vuole si hanno tutti i libri che si
vogliono si sta in cella con gli altri insomma mi ha spiegato cosa c'era sopra e
poi mi ha dato anche del consigli giuridici mi ha detto che dopo
l'interrogatorio del giudice istruttore avrei potuto fare i colloqui con
l'avvocato e anche con i familiari
e mi ha detto che se non ero sposato e volevo fare il colloquio con la mia
compagna avrei potuto fare il certificato di convivenza e come si faceva a farlo
e tutte queste cose insomma nessuna guardia è intervenuta per farci stare zitti
parlare e questo mi ha stupito abbastanza poi qualche giorno dopo è riuscito
anche a passarmi un libro tramite il lavorante che portava da mangiare mi
ricordo che era un romanzo tipo serie nera sesso e pistole però questo libro era
tutto scritto in francese e io non sapevo il francese e lui si è stupito che non
sapevo il francese mi ha detto ma come voi politici siete tutti professori e tu
non sai il francese allora sai l'inglese no gli ho detto non so neanche
l'inglese è stato zitto un momento era molto meravigliato che non sapevo le
lingue
poi quella sera per la prima volta succede una storia che poi vedrò ripetersi
decine di volte dentro la galera sento vociare con insistenza dentro una cella
erano forse le sei o le sette uno alza la voce dice frasi che non riesco bene a
capire sento però che chiama le guardie continua a chiamare guardia ma
evidentemente la guardia non arriva perché questo continua a chiamare con
insistenza con un'insistenza che innervosisce è impossibile che la guardia non
senta perché io sento i suoi passi che vanno su e giù la voce si alza sempre di
più e diventa un grido seguito da insulti poi questo dentro la cella comincia a
picchiare coi piedi probabilmente contro la porta perché fa un grande rumore
contro la blindata che rimbomba nel corridoio
questo urla picchia bestemmia e chiama forse sta male chiama la guardia forse
perché sta male sono impressionato e incerto se devo fare qualcosa non sento
altro rumore che quello che fa questo e sento che tutti gli altri devono stare
zitti perché non sento altre voci altri rumori dalle altre celle sono indeciso
istintivamente penso che dovrei mettermi anch'io a picchiare perché se quello
chiama con tanta insistenza ci sarà bene una ragione ma sono sorpreso che nessun
altro lo fa mentre sono lì indeciso se cominciare anch'io a picchiare sulla
blindata sento uno scalpiccio veloce nel corridoio di passi che corrono veloci
molti passi come un gruppo di persone che corre lungo il corridoio è facile
immaginarseli perché il corridoio è vuoto e tutti i rumori rimbombano
amplificati
poi lo scalpiccio si ferma qualche cella dopo la mia e sento aprire la porta
le urla di questo aumentano ma adesso sono urla diverse sono come urla di paura
ma continuo a non capire cosa dice poi sento dei rumori confusi delle urla
fortissime di dolore e di colpo capisco che lo stanno picchiando adesso insieme
alla voce che urla sempre più forte sento altre voci e colpi sordi contro i muri
come se picchiassero contro i muri lo stanno picchiando non c'è dubbio la cosa
dura tanto o almeno a me pare che duri tanto perché tutti quei rumori che sento
mi fanno pensare che continuano ancora a picchiarlo che non smettono più di
picchiarlo e che sono in tanti a picchiarlo e mi immagino lí un gruppo di
guardie a picchiare uno dentro quel buco a picchiarsi tra di loro per picchiarlo
dentro quel poco spazio che c'è
poi i rumori e i colpi finiscono di colpo sento parlare a alta voce due o tre
voci che parlano tra loro insieme e un lamento continuo poi sbattere il cancello
e la porta con un colpo fortissimo che rimbomba nel corridoio poi più niente per
qualche istante poi dei rumori metallici sono gli spioncini che vengono aperti
per qualche secondo e poi sbattuti stanno facendo il giro delle celle e aprono
gli spioncini sento quello prima del mio poi si apre anche il mio io sono
davanti al cancello davanti allo spioncino sono rimasto lì immobile dal primo
momento da quando ero indeciso se picchiare anch'io sulla blindata o no sono
rimasto lí immobile a aspettare
lo spioncino si abbassa una faccia una faccia giovane e scura con gli occhi
sbarrati stravolti che in un primo momento mi pare quella del capoposto ma non è
il capoposto è un altro anche lui con la pelle scura e gli occhi neri ma più
giovane la faccia tutta sudata guarda dentro per un attimo sconvolta eccitata
del pestaggio mi guarda dritto negli occhi per un secondo con gli occhi
stravolti poi sbatte subito lo spioncino mi sale un odio con il sangue nella
testa mi sale la sensazione una sensazione che non avevo mai provato una
sensazione di odio un desiderio violentissimo di uccidere di volerlo uccidere
subito immediatamente di una cosa che non sapevo ma che era un desiderio
violentissimo di volere schiacciare di volerla pestare quella faccia di
ammazzare
mi sentivo male c'è stato poi subito anche lo sconforto come un sentirsi
stanchi come una grande stanchezza deprimente che non mi faceva più stare in
piedi che mi faceva le gambe molli mi sono sdraiato sul letto le scritte si
confondono tutte insieme un intrico di segni indecifrabili e confuso con le
macchie di umidità con le bolle dell'intonaco scrostato con le crepe del
pavimento con la luce forte che picchia negli occhi mi giro sul fianco con la
faccia verso il muro e davanti agli occhi ci sono le macchie marroni quegli
schizzi e quelle virgole sull'intonaco giallastro e umido e non ho più dubbi
adesso su cosa sono di cosa sono tutte quelle macchie quel colore adesso so
cos'è quelle macchie marroni schizzate dappertutto sui muri della cella
32.
Nelle celle d'isolamento spesso la gente non ce la fa più a resistere e
allora si fa del male perché una volta che sei cacciato lì solo dentro quel buco
ferirti procurarti delle ferite diventa la sola arma che hai per attirare su di
te l'attenzione per poter stare contro la lunghezza dell'isolamento per ottenere
che il magistrato ti interroghi c'è chi riesce a procurarsi una lametta e si
taglia c'è chi ingoia pezzi di vetro pezzi di ferro chi si spacca le dita e cose
di questo genere le forme di autolesionismo sono tante e fantasiose ognuno deve
arrangiarsi con quello che ha o che riesce a procurarsi c'è chi sbatte la testa
contro il muro sembra impossibile crederci ma c'è proprio chi prende la rincorsa
e sbatte la testa contro il muro si spacca la testa così perché è l'unico modo
c'è chi fa l'autolesionismo perché è depresso o spesso anche solo per farsi
curare se è malato e non viene curato
oppure c'è chi fa l'autolesionismo per evitare un pestaggio delle guardie ci
si fa male in anticipo per limitare le botte delle guardie che arrivano lì per
massacrarti e ti vedono giù pieno di sangue così si limitano perché hanno paura
che uno già ferito se lo pestano può rimanerci e allora per forza ci sono le
indagini e possono capitare dei guai mi vengono in mente i racconti che facevano
per guadagnarsi qualche giorno di malattia Pepe si era fatto sbattere una
portiera della cinquecento su una mano da Olivo anche Ortica raccontava che una
volta si era rotto un mignolo della mano col classico sistema del militari di
leva anestetizzandosi il dito col gas dell'accendino e poi infilandolo nel collo
di una bottiglia di cocacola si prende la bottiglia con l'altra mano e la si
rovescia indietro con un colpo secco così il dito si rompe e non senti male poi
vai dal medico e ti fai dare i giorni
a me sembravano racconti pazzeschi ma poi mi sono reso conto anch'io quando
sono andato a lavorare in fabbrica di come stavano le cose io non avevo mai
lavorato finora ma adesso del nostro gruppo di affinità l'unica che lavorava era
rimasta Valeriana e soldi non ci bastavano per la casa Cotogno aveva perso il
posto faceva l'elettricista ma non andava d'accordo col suo padrone perché
questo pretendeva di averlo sempre disponibile anche per lavorerei fuori orario
la sera e anche il sabato poi la cosa era degenerata quando Cotogno durante un
lavoro in un negozio di elettrodomestici si era portato a casa un televisore a
colori il padrone del negozio non aveva prove però ne ha parlato col padrone di
Cotogno che con un pretesto lo ha licenziato
Valeriana lavorava all'ospedale già da due anni finito il liceo non aveva
trovato altro che quel lavoro all'ospedale come infermiera ma in realtà le
facevano fare le pulizie le facevano lavare i pavimenti e la biancheria si era
iscritta a lettere all'università ma non aveva mai frequentato né dato un esame
ne aveva le palle piene di fare quel lavoro e non vedeva l'ora di mollarlo ma
China andava ancora al liceo e così toccava a me e a Gelso darci un po' da fare
ci siamo messi a distribuire depliant pubblicitari di una società ammobiliare
avremmo dovuto fare quartieri interi infilando i depliant dentro le cassette
delle lettere una paga di merda facevamo mezz'ora a distribuire e poi buttavano
i pacchi ancora incartati dentro i sacchi della spazzatura poi passavamo la sera
nell'ufficio della società a prendere i soldi
dopo qualche giorno si sono accorti che non li distribuivamo e non ci hanno
dato più il lavoro facevano dei controlli mandavano in giro qualcuno a
controllare se i depliant erano stati distribuiti e telefonavano un po' a
casaccio nelle case per verificare a noi non ce ne fregava niente dopo di noi
sarebbero arrivati altri e avrebbero fatto la stessa cosa allora io ho avuto
l'occasione di lavorare nella fabbrica di celluloide perché avevo un parente che
ci aveva lavorato fino alla pensione e li le assunzione erano fatte coi criterio
della parentela la direzione assumeva solo delle persone che avevano un parente
che lavorava lì da anni in genere era il padre che già lavorava li da una vita e
allora si assumeva il figlio così c'era maggiore garanzia maggior controllo
maggiore possibilità di ricatto
ma questo criterio di assunzione non valeva per tutti i reparti della
fabbrica la direzione usava questo criterio solo nel reparti che considerava
centrali poi c'era il settore della semplice produzione quello del lavoro più
massacrante nel quale mettevano in conto un ricambio naturale e quindi in questi
reparti assumevano manodopera dequalificata soprattutto giovani meridionali che
sapevano già di entrarci per qualche mese e poi licenziarsi perché era un lavoro
insopportabile molto nocivo e con ritmi impossibili da reggere e era il lavoro
che facevano sulle calandre che erano enormi macchine formate da una specie di
grande imbuto in alto che convogliava i blocchi di celluloide scaldati a alta
temperatura dentro due enormi rulli d'acciaio che giravano verso l'interno
facendo venire fuori in basso le lastre di celluloide
il reparto dove lavoravo lo invece era il reparto sperimentazione si chiamava
così e era un po' il cuore della fabbrica dove si sperimentavano i prodotti
nuovi si facevano i prototipi insomma li si producevano montature per occhiali e
pettini la sperimentazione riguardava i diversi colori da dare alla celluloide
del pettini e delle montature per occhiali era considerata una cosa prestigiosa
lavorare in quel reparto non solo perché i ritmi non erano quelli massacranti
della produzione ma soprattutto perché si lavorava a fianco dei tecnici e degli
ingegneri e questo era motivo di orgoglio per quei vecchi operai che nel lavoro
ci credevano e lavoravano tutti come scemi erano tutti vecchi gli operai in quel
reparto ce n'erano solo due giovani come me
io non sapevo bene cos'era quella fabbrica la vedevo dall'esterno come una
cosa mostruosa enorme e sporca che scaricava fumi nell'aria e liquidi puzzolenti
nel fiume che gli scorre di fianco l'impressione che ho avuto la prima mattina
di lavoro è stata dura c'era questa storia di alzarsi che faceva ancora buio
perché era inverno di prendere l'autobus che passava nei paesini a raccogliere
gli operai e poi la sosta davanti ai cancelli la fila che entrava in una specie
di tunnel e poi timbrare il cartellino e mi hanno indicato dove dovevo andare e
già lì subito mi è venuto voglia di andarmene via di girare le spalle e via
uscire di lì e andarmene quando ho visto il mio reparto una specie di corridoio
lungo e stretto senza finestre c'erano solo del grandi lucernari in alto e una
puzza tremenda di solventi toluolo benzina eccetera
gli operai avevano tutti dei grembiuli neri tranne il caporeparto che aveva
un grembiule bianco e che stava nel suo ufficio in fondo al corridoio chiuso da
una vetrata da dove poteva vedere controllare tutto il reparto il caporeparto mi
ha fatto vedere le macchine mi ha detto di comprarmi un grembiule nero e di
guardare per i primi giorni quello che facevano gli altri operai per farmi
un'idea del lavoro e così ho cominciato a guardarmi in giro sfruttando tutte le
occasioni che avevo per uscire dal reparto per andare a prendere del materiale
eccetera e vedere come era fatta la fabbrica c'erano questi grandi corridoi
scuri con delle diramazioni che di colpo sbucavano nel reparti di produzione
dove c'erano rumori assordanti un clima irrespirabile un caldo una puzza
impossibile pensavo per la gente che ci lavorava
ho scoperto anche che in un cortile interno c'era una porta che dava in un
piccolo locale di quattro metri per quattro dove gli operai andavano a fumare
perché i materiali usati erano altamente infiammabili e allora la direzione
permetteva agli operai di andare lì ogni tanto a fumarsi una sigaretta era un
locale senza neanche una finestra e il fumo delle sigarette lo riempiva che non
ci si vedeva neanche in faccia c'era solo qualche panca contro i muri scrostati
ci venivano per lo più i vecchi operai con le loro facce consumate e rassegnate
non si scambiavano neanche una parola fumavano la loro sigaretta in quel locale
tossico e pieno di fumo e poi tornavano nel reparti che avevano una nocività
altissima perché le sostanze usate erano tutte cancerogene soprattutto i
coloranti e lì dopo che andavano in pensione tutti morivano di cancro dopo
qualche anno
dopo il periodo di prova il lavoro che mi hanno dato da fare insieme agli
altri due giovani era una cosa demenziale ci hanno portato in un locale dove
c'era una grande vasca contro una parete la vasca di ferro era piena d'acqua che
bolliva scaldata da fornelli a gas che correvano sotto la vasca sopra la vasca
c'erano del cerchi di ferro dove bisognava infilare le ampolle di vetro con
dentro il solvente e il colore in polvere preparato dal tecnici dall'ampolla
chiusa con un tappo di sughero partiva un tubo di gomma che finiva in una
serpentina di vetro ci hanno dato del guanti di gomma fino ai gomiti perché
dovevamo ogni tanto agitare l'ampolla sulla vasca d'acqua bollente per aiutare
il colore a mischiarsi bene
la parete dietro alla vasca era tutta rossa e il vecchio operaio che ci ha
portati li ci ha detto sghignazzando che era scoppiata un'ampolla qualche mese
prima e quello che la teneva in mano va in giro ancora adesso dipinto di rosso
perché il colore è indelebile lo ho preso in mano l'ampolla di vetro e dovevo
stare attento a non farla urtare contro il cerchio di ferro o il bordo della
vasca perché se no scoppiava e dovevo anche stare attento a non piegare il tubo
di gomma perché se no la pressione del liquido non aveva sfogo e scoppiava tutto
lo stesso e ogni volta che tiravo fuori un'ampolla per agitarla sudavo freddo
appena la agitavo il liquido schizzava su per il tubo e riempire tutta la
serpentina fino al livello massimo e se lo superava scoppiava tutto lo stesso
dopo qualche giorno ho pensato bene di farla finita con quella storia ci
siamo procurati un po' di colorante e lo aggiungevamo a ogni formula che ci
davano e così i colori alla fine risultavano tutti sbagliati e il danno era
grosso perché ogni formula sbagliata erano un sacco di soldi che volavano via in
quel periodo c'era un casino generalizzato dappertutto nelle fabbriche e fuori
nelle città strade intere s'incendiavano al passaggio di cortei di decine di
migliaia di persone scontri violentissimi con la polizia armerie svaligiate
fabbriche e università occupate cacciata di sindacalisti era chiaro che il
minimo che si poteva fare in quella fabbrica di mummie era un po' di sabotaggio
e poi andarsene e così una mattina abbiamo smesso di andarci e in poco tempo
anche tutti i giovani che lavoravano in quella fabbrica se ne sono andati via
uno dopo l'altro preferivano fare i disoccupati che crepare lì come i loro padri
33.
Dopo dieci giorni di isolamento è arrivato un brigadiere e mi ha detto di
rare la mia roba perché mi trasferivano di sopra al braccio e appena sono stato
portato di sopra e mi hanno aperto questo portone che dava sul corridoio del
braccio immediatamente ho capito che lì al braccio la situazione era
completamente diversa ho sentito un baccano incredibile il tutte le blindate
delle porte delle celle erano aperte anzi allora non erano nemmeno blindate
erano semplicemente porte di legno pesanti le porte di legno erano aperte e
erano chiusi solo i cancelli delle celle c'era un grande movimento un grande
chiasso e vedevo dietro i cancelli gente che si faceva da mangiare che giocava a
carte insomma c'era molto movimento molto chiasso e questa era la cosa che più
mi ha impressionato dopo dieci giorni di isolamento
c'era il vociare dei detenuti e c'era la televisione tutte le televisioni
accese in tutte le celle a altissimo volume sentivo le sparatorie del western
spaghetti che le televisioni private trasmettono a ogni ora del giorno e della
notte una delle caratteristiche del comuni che ho scoperto subito è che vivevano
la notte perché stavano svegli tutta la notte a giocare a carte giocavano a
soldi e i pagamenti poi venivano regolati fuori dagli amici e famigliari perché
in carcere non si possono tenere soldi stavano svegli tutta la notte a giocare a
soldi con le televisioni accese al massimo e poi dormivano di giorno mettevano
con lo scotch dei giornali alle finestre e sopra ci mettevano delle coperte e
così nelle loro celle non c'era mai la luce del giorno se gli serviva la luce
accendevano le lampadine
erano del veri coatti in carcere si usa questo termine coatti per definire
questi comportamenti questa maniera di vivere la carcerazione questo stile che
poi si esprime anche attraverso l'abbigliamento il coatto classico è quello che
sta sempre con l'accappatoio o la tuta o il pigiama anzi la tuta è già una cosa
più elegante questi erano sempre con il pigiama e l'accappatoio scendevano
all'etra sempre così pantaloni del pigiama con sopra l'accappatoio ciabatte con
le calze senza radersi mai mentre nella giornata del colloquio si trasformavano
perfettamente rasati lo shampoo colonia e dopobarba il vestito elegante camicia
bianca e cravatta qualcuno anche con il doppiopetto gessato e le scarpe di
vernice lucidissime si vestivano così per il colloquio con la moglie la famiglia
mentre il resto della settimana stavano in pigiama
sono stato portato in questo braccio mi hanno portato fino al cancello della
mia cella che era un camerone in cui c'erano già tre compagni tre politici
mentre nella cella vicina c'erano altri due compagni eravamo in tutto sei
politici in quel braccio di comuni ma l'aria non la facevamo insieme noi
facevamo l'aria a un orario diverso da quello dei comuni appena entrato nella
cella la cosa che mi ha colpito era la quantità di oggetti che era accumulata
nella cella che a differenza della cella d'isolamento era una cella arredata e
c'erano accumulati viveri e vestiti dappertutto era una cella molto colorata le
pareti erano di colore azzurro le avevano colorate di azzurro che mi sembrava un
colore stranissimo per la cella di un carcere
sono entrato in questa cella dove c'erano questi compagni che mi hanno visto
un po' sballottato mi hanno fatto subito il caffè e poi hanno preparato subito
da mangiare in cella dei ravioli in brodo erano praticamente dieci giorni che
mangiavo solo il cibo schifoso del carcere e i ravioli mi sembravano buonissimi
i compagni si informavano su quello che mi era capitato e mi hanno dato del
consigli legali mi hanno dato l'impressione di conoscere un sacco di cose che io
proprio non conoscevo avevano in cella anche un codice penale e ogni tanto lo
consultavano quando non si trovavano d'accordo su qualcosa e poco a poco mi
hanno aiutato a capire come funzionava il meccanismo carcerario mi indicavano le
guardie più morbide e quelle più carogne e il modo di comportarmi secondo le
circostanze
in quel braccio ho cominciato anche a capire che tipo di rapporto c'è tra noi
e i comuni o almeno i comuni di quel braccio perché non è che tutti i comuni
sono uguali e lì i comuni attraverso le richieste che ci facevano attraverso il
lavorante o gridandoci dalle celle ci chiedevano in continuazione di tutto ci
chiedevano roba da mangiare sigarette di tutto in continuazione e i compagni
della mia cella mi hanno spiegato che questi comuni avevano la convinzione che
noi avevamo più soldi di loro perché eravamo per loro una grande famiglia perché
ragionavano io sono un piccolo delinquente senza soldi e qui in carcere mi tocca
magari fare storie incredibili per mangiare e per fare avere dei soldi alla
famiglia per l'avvocato eccetera
mentre voi siete una grande famiglia avete la solidarietà e il sostegno
materiale di tanta gente fuori perché quando vi arrestano la gente fa le
manifestazioni per voi firma appelli fa casino raccoglie soldi per voi e ve li
manda in carcere e avete gli avvocati che sono vostri amici che pagate poco o
che addirittura non pagate niente e tutte queste sono cose che noi non abbiamo e
a voi i soldi non mancano mai quindi se vi chiediamo le sigarette non dovete
avere nessuna difficoltà a darcele insomma quello che chiedevano era di
partecipare anche loro indirettamente a tutta questa solidarietà che vedevano
che noi avevamo chiedevano attraverso qualche segno che questa solidarietà
arrivasse in parte anche a loro
un'altra funzione che ci chiedevano era quella di scrivani per la
compilazione di richieste di colloqui di permessi di trasferimenti di sconto
pena di semilibertà istanze di tutti i tipi che inviavano in continuazione al
magistrati ai giudici alle corti agli avvocati alla direzione del carcere al
ministero eccetera e ci chiedevano anche di scrivere le lettere alle fidanzate e
alle mogli se non lettere intere almeno delle idee o delle belle frasi delle
poesie perché noi avevamo la cultura eravamo gente che aveva studiato io qui in
carcere mi sono accorto dell'importanza di scrivere prima praticamente non avevo
mai scritto delle lettere non l'avevo mai considerato un mezzo di comunicazione
e adesso invece era l'unico modo insieme al colloquio settimanale se vuoi
conservare del rapporti se vuoi portarli avanti
una volta lì mi è capitato che uno mi ha chiesto di scrivere a delle donne
aveva trovato gli indirizzi negli annunci di qualche rivista c'erano anche dei
magnaccia in questo braccio che da dentro mandavano avanti il loro lavoro
cercando di costruirsi delle nuove relazioni e scrivevano alle donne nella
prospettiva di vederle poi fuori facevano la domanda alla direzione per potersi
fare fotografare col doppiopetto gessato o si facevano mandare da casa una
fotografia dove stavano elegantissimi col piede appoggiato alla ruota del
macchinone rosso fiammante per mandarla con la lettera e ci chiedevano di
inventargli una storia della loro vita una biografia molto avventurosa noi però
questo tipo di richieste non le abbiamo mai soddisfatte
un'altra cosa era per esempio che i lavoranti lì dentro noi politici ci
riempivano di favori c'era il lavorante della lavanderia che si offriva di
lavare la nostra roba personalmente perché anche lui ci considerava dei detenuti
privilegiati a cui era bene fare del favori poi c'era il lavorante che faceva il
panettiere e che faceva un pane schifoso sempre o troppo cotto o troppo crudo ma
a noi in più ci dava la pizza la focaccia che lui cucinava a parte anche per i
brigadieri e i marescialli per farseli amici o in cambio di favori perché lui
ragionava con la logica della gerarchia e aveva individuato nel nostro braccio
noi politici come quelli più importanti e ci offriva le pizze però gente così il
più delle volte è infame è gente che la direzione usa per avere informazioni è
gente di merda ruffiani spinosi viscidi infami
ma quello che più di tutto mi aveva colpito in quei primi giorni in questo
mondo del carcere che stavo scoprendo è stata la televisione lo erano anni che
non vedevo la televisione se non il telegiornale mentre lì ho cominciato a
subire la televisione perché si tratta proprio di subirla di bersela tutta
ventiquattro ore su ventiquattro e all'inizio la subisci e basta senza nessun
criterio di scelta te la vedi tutta indiscriminatamente perché ti dà l'illusione
di sentire di meno il tempo di distrarti però dopo un po' di tempo ti ritrovi
conciato come tiri cretino ti ritrovi rincoglionito completamente e se poi
spegni la televisione credi di stare peggio perché non sai più come fare a fare
per fare passare il tempo
34.
Nella sede i picchetti contro gli straordinari del sabato erano diventati una
pratica sistematica e a farli non ci andavano solo gli operai direttamente
interessati ci andavano un po' tutti e le prime volte ci si divertiva anche
tutti li davanti alle fabbriche alle sei del mattino con la grappa la musica e i
fuochi dei copertoni ma poi dopo i primi mesi sono scoppiate le prime
contraddizioni abbiamo cominciato a chiederci ma chi ce lo fa fare a stare qui a
parlare con questi stronzi rincoglioniti dal lavoro che stanno a ascoltarci solo
perché hanno paura del picchetto più che del padrone e che la volta dopo se non
ci sei riprendono ancora con li straordinari non si può mica andare avanti
all'infinito a spiegargli all'infinito che se fanno gli straordinari fregano i
disoccupati fanno passare la ristrutturazione il decentramento produttivo
ripetere tutto all'infinito come un disco rotto
così è finita che non ci siamo alzati più alle sei di mattina per fare i
picchetti è finita che con quattro o cinque macchine alle dieci o alle undici
facevamo il giro delle fabbriche e se vedevamo che si lavorava cominciavamo
subito col fare svenire tutte le vetrate a tiro utile e se poi riuscivamo a
mettere le mani sulle macchine degli stronzi che lavoravano o sui camion della
fabbrica tanto meglio si faceva più in fretta e ci si divertiva di più e si
facevano più danni e gli operai e i padroni dovevano fare i loro conti se
guadagnavano di più coi loro straordinari del sabato di quello che gli
sfasciavamo noi poi naturalmente il sindacato faceva i suoi comunicati di
condanna e i carabinieri si mettevano a fare le ronde contro di noi solo che
loro potevano impiegare un solo pullmino in una zona dove ci sono duecento
fabbriche e così dopo un mese finisce lo straordinario in quella zona
le notizie delle lotte che arrivano dalle grandi città del sud dove i
disoccupati si sono organizzati fanno nascere nella sede un altro collettivo
appunto di disoccupati la maggioranza del collettivo non è costituita da
disoccupati veri e propri piuttosto si tratta di precari che fanno lavori
saltuari o il lavoro nero nei laboratori o a domicilio ci sono molti che hanno
scelto volontariamente di rinunciare al posto fisso e di lavorare solo lo
stretto necessario per vivere e poi ci sono ovviamente anche del diplomati e
anche qualche laureato anch'io partecipo al collettivo disoccupati perché dopo
che ho lasciato la fabbrica di celluloide sono un vero disoccupato le prime
riunioni che facciamo sono incasinatissime perché è difficile avere un'identità
precisa di quello che si è dato che ci sono tante differenze
e allora l'idea che ci viene è quella di cominciare un'indagine
sull'organizzazione produttiva del territorio raccogliamo informazioni
attraverso i compagni delle fabbriche ordiniamo i dati e intanto un compagno che
lavora in comune ci procura un'enorme mappa eliografata della zona che
appendiamo a un muro della sede e ci segniamo con colori diversi le diverse
articolazioni della produzione che dalle grandi multinazionali si snodano alle
fabbrichette al covi del lavoro nero e alla rete dei mezzani che l'organizzano
che distribuiscono il lavoro alle famiglie e a domicilio e che permettono ai
padroni un enorme sconto sul costo del lavoro la possibilità di pagare dieci
volte meno il lavoro col vantaggio anche di potere ristrutturare bloccando le
assunzioni e di potere continuare a produrre anche in caso di sciopero
lanciamo una campagna di propaganda in tutti i paesi della zona sputtaniamo
con manifesti i mezzani scrivendo nomi e cognomi e poi decidiamo di fare anche
le ronde contro l'organizzazione del lavoro nero come prima le facevamo contro
gli straordinari la prima volta siamo andati in uno di questi scantinati dove si
faceva il lavoro nero in una ventina con i fazzoletti rossi sulla faccia e
qualche bastone perché non si sapeva mai China ha preso la bomboletta e ha
scritto sul muro chiudiamo i covi del lavoro nero quelli che lavoravano lì
facevano pena si sono spaventati a morte salvo un vecchio pensionato che non ha
mosso dito è rimasto seduto immobile come se non stesse succedendo niente
facendo finta di niente
c'era una incinta invece che si è messa a urlare perché pensava che eravamo
rapinatori Valeriana e China hanno cercato di spiegarle cosa facevamo e cosa
volevamo ma questa non capiva niente faceva sì con la testa ma non capiva niente
lo si vedeva dalla faccia pallida e dagli occhi sbarrati che aveva c'erano due
ragazzini che hanno capito subito che non ce l'avevamo con loro e hanno detto
che il padrone non c'era che era sempre in giro per lavoro io e Nocciola abbiamo
squarciato coi coltelli gli scatoloni di materiale plastico e gettato
dappertutto interruttori viti e prese di plastica poi abbiamo detto ai ragazzi
di dire al padrone di farla finita col lavoro nero o la prossima volta lo
scantinato andava in fumo e così abbiamo cominciato le ronde contro i covi del
lavoro nero
ma intanto c'era un altro problema che ci stava venendo addosso tutto d'un
colpo era quello dell'eroina che si stava diffondendo a macchia d'olio e anche
nel movimento cominciava a fare presa ne abbiamo discusso e ridiscusso per
giorni e giorni è chiaro che fa comodo al potere questa situazione che già conta
un sacco di morti e di zombi che si trascinano intorno alle fontanelle delle
piazze con la siringa e il cucchiaino è chiaro che l'eroina in genere incula i
più ribelli e i più insoddisfatti quelli che più rifiutano questo sistema e non
riescono più a sopportarlo con l'eroina ci viene semplicemente offerto uno
sbocco individualistico e autodistruttivo alla voglia di cambiare alla rabbia
che abbiamo dentro
il fatto che l'eroina dilaghi nel proletariato giovanile rappresenta una
potenziale sconfitta perché dilaga proprio sullo stesso terreno del bisogni
della volontà di cambiare la vita quelli che si bucano vivono esattamente i
nostri stessi problemi uno si buca perché non ce la fa più e perché non crede
più che si possa lottare per una vita diversa per cui non dobbiamo assolutamente
emarginare chi si buca e nemmeno delegare il problema alle istituzioni sarebbe
un'illusione e sarebbe il pretesto per aumentare il controllo su di noi per
reprimerci di più la principale arma che abbiamo è la solidarietà e dobbiamo
usarla di più verso quelli che stanno peggio
ma intanto abbiamo pensato anche che era utile cominciare a fare delle ronde
contro i covi della droga abbiamo individuato un bar dove si spacciava l'eroina
e sapevamo che anche il padrone di questo bar era ammanicato nella faccenda
perché dal traffico ricavava la sua bella fetta di torta e così quel bar siamo
andati una notte lo China Nocciola e Ortica a bruciarlo avevamo preparato
quattro bottiglie le avevamo fatte bene con cura perché ci tenevamo che
bruciasse proprio tutto avevamo sciolto del polistirolo espanso nel solvente
alla nitro e l'avevamo aggiunto con dell'olio bruciato alla benzina che così non
brucia in un attimo ma si forma una pappetta che si attacca alle cose anche ai
muri e brucia per un sacco di tempo dove si attacca
siamo arrivati sul posto all'una di notte il bar era chiuso Ortica con una
mazzetta da muratore ha dato una gran botta alla vetrata e si è sentito un
fracasso d'inferno e Ortica dallo slancio è finito dentro il bar con tutti i
vetri che gli cadevano addosso ma non si è tagliato China gli ha detto dai dai
vieni fuori in fretta e ha acceso gli antivento della sua bottiglia Ortica è
uscito saltellando e China ha lanciato c'è stato un botto soffocato una fiammata
che ha illuminato tutto l'interno del bar abbiamo lanciato le altre bottiglie
senza neanche accendere gli antivento tutto è diventato rosso poi una nuvola
densa di fumo nero ha cominciato a uscire piano piano dalla vetrata rotta siamo
corsi via è bruciato tutto in quel bar non è rimasto più neanche un bicchiere
più niente
intanto era venuta l'estate e ci si preparava a partire per le vacanze si
partiva per il sud al mare in gruppi di macchine ci sì fermava in posti a caso
ci restavamo finché ci andava e poi ripartivamo per un altro posto conoscevamo
altra gente come noi altri compagni che fanno le stesse cose che parlano anche
loro del movimento nessuno partiva solo nessuno stava più solo anche le coppie
non stavano più sole era diventato normale ci si muoveva in carovana tutti
insieme anche solo per andare su un prato la domenica e tutte le sere ci si
trovava tutti insieme nella sede il grosso arrivava dopo cena e quando si
arrivava davanti alla sede c'era sempre la solita scena il grande fascio di luce
che attraversa la strada le macchine le moto i motorini del compagni che
ingombrano tutta la strada la gente a gruppi per la strada e intorno alle
panchine
un via vai continuo una grande animazione rumori di macchine che partono e
che arrivano la musica delle autoradio ferme lì davanti e la musica che esce da
dentro la sede la musica strimpellata delle chitarre i suoni dolci dei flauti i
fischi del pifferi il tamburellare ritmico del bonghi ogni sera ci sono facce
nuove ogni sera cose nuove da vedere da sentire da fare il giro del saluti il
giro delle stanze i tazebao e i volantini freschi da leggere le notizie le
informazioni i commenti da scambiare le riunioni da fare l'assemblea generale
gli attacchinaggi di manifesti in carovana le discussioni gli scazzi l'impaccio
e la timidezza del nuovi venuti la sicurezza del vecchi compagni l'arrivo del
pazzo o dell'alcolizzato
intorno alla sede le strade sono percorse continuamente da gruppi di compagni
la sera è animata vivace chiassosa per i nostri rumori le grida i canti la
musica e colorata dal nostri giacconi le sciarpe le gonne i cappelli i muri sono
ininterrotti graffiti disegni e scritte che si mescolano si sovrappongono su
tutti i muri contro i padroni contro il lavoro nero contro tutti i lavori contro
il ghetto contro il clero contro il sindaco contro il sindacato contro i partiti
contro la giunta contro i maschi contro l'eroina contro i fascisti contro gli
sbirri contro i giudici contro lo stato contro la miseria contro la repressione
contro la galera contro la famiglia contro la scuola contro i sacrifici contro
la noia
35.
Pochi giorni dopo il mio arrivo ho fatto il mio primo colloquio con i
famigliari sono venuti mio fratello e mia madre perché mio padre era malato mio
fratello aveva un messaggio dì China che gli aveva detto dì riferirmi che
l'avvocato era ottimista perché si poteva provare che io e anche China in quella
casa del notalo non ci avevamo veramente abitato più da un bel pezzo e infatti
China non aveva avuto nessuna noia e così in fondo la questione era tutta quella
del contratto di affitto che era rimasto intestato a me l'avvocato diceva che mi
aveva chiesto la libertà provvisoria e che pensava che sarei uscito di lì a
qualche settimana era ottimista insomma e poi c'erano notizie del compagni che
mi salutavano tutti e della sede eccetera
mia madre era molto agitata e continuava a chiedermi come stavo se mangiavo a
dirmi che mi aveva portato pacchi con roba da mangiare e vestiti io però ero
interessato solo a quello che mi diceva mio fratello gli facevo domande per
capire come era la situazione fuori quale era lo stato d'animo del compagni il
colloquio si svolgeva in una sala lunga e stretta con in mezzo un lungo tavolo
di marmo che attraversava tutta la stanza i colloqui ce li facevano fare insieme
ai comuni c'era li un casino incredibile una quindicina di detenuti da una parte
del tavolo di marmo e almeno il triplo di parenti dall'altra parte madri nonne
zie bambini un vociare assordante urla grida di gioia pianti isterismi rabbia
disperazione insulti alle mogli sospettato d'infedeltà schiaffi sceneggiate
le guardie chiudono la porta a tripla mandata e si mettono dietro una vetrata
dalla parte del parenti per controllare che non succedano irregolarità troppo
grandi la gente era sempre troppa e nonostante i controlli avvenivano sempre
delle cose passavano biglietti lettere quello certamente lo mettono nel conto
che passi della roba per loro il problema è che non passino delle armi il
colloquio è una fiera un mercato famiglie intere con nonne e bambini tutti che
urlano per farsi sentire e anch'io dovevo urlare per farmi sentire ma ero
intimorito mentre vedevo gli altri perfettamente a loro agio il tavolo di marmo
era largo un metro e mezzo per impedire i contatti ma a volte i bambini venivano
passati per qualche minuto da una parte all'altra del tavolo
il controllo non era molto rigido mi è capitato di assistere a effusioni
amorose anche abbastanza spinte c'era gente che praticamente riusciva a scopare
al colloquio c'erano tutti degli accorgimenti speciali grandi mantelli anche
d'estate che si potevano aprire in modo speciale poi magari il tipo di fianco
s'incazza perché c'è lì il bambino o la nonna che vede tutto insomma un vero
puttanaio gente che s'insulta altri che si picchiano tutti che urlano la
situazione è tale che nel tre quarti d'ora passati così non si riesce a
discutere di niente il tempo passa in un attimo si sente una campanella come
quella della scuola e il colloquio è finito e poi ti portano in una cella di
fianco dove ti perquisiscono un'altra volta
dopo qualche tempo siamo stati trasferiti in un altro braccio dove è venuta a
cadere la differenza tra noi e i comuni quindi le ore d'aria le facevamo insieme
i comuni di questo nuovo braccio erano diversi da quelli di prima che erano
soggetti piuttosto ambigui non dico infami comunque soggetti non del tutto
puliti era la categoria più bassa dei comuni magnaccia e gente di questo genere
insomma nel braccio nuovo invece i comuni erano di tipo diverso tutti
giovanissimi bande di piccoli rapinatori gente molto affiatata tra di loro e noi
siamo così entrati in contatto con questi comuni raggruppati in bande ogni banda
aveva il suo capo e quando bisognava parlare era il capo che parlava per tutta
la sua banda noi all'aria siamo stati accolti subito benissimo proprio come se
eravamo un'altra banda e non ci sono stati problemi nel rapporto con loro
poi ha contato anche il fatto che si è cominciato a giocare insieme al
pallone e a pallavolo e abbiamo cominciato a fare amicizie e abbiamo visto che
il tipo di rapporto con questi altri comuni era diverso perché questi non ci
chiedevano continuamente piccoli favori come gli altri questi sembravano molto
orgogliosi ostentavano molta sicurezza anzi non ci chiedevano niente erano loro
piuttosto a offrirci continuamente qualcosa hanno cominciato subito a chiederci
se avevamo bisogno di questo o di quello facendo capire che loro avevano una
rete di relazioni dentro e fuori il carcere con cui ci si poteva procurare delle
cose fare uscire messaggi comunicare con gli altri bracci eccetera
piano piano abbiamo capito che tra queste bande c'erano degli equilibri
basati sul loro traffici sulle loro zone d'influenza per i traffici che facevano
dentro il carcere per esempio lo spaccio di coca e di ero sicuramente a questi
traffici non erano estranee alcune guardie perché in carcere la roba entra
principalmente attraverso le guardie queste guardie che fanno questo lavoro di
portare dentro la roba per venderla ai detenuti si chiamano cavalli portano
dentro per soldi dì tutto soprattutto droga e coltelli e infatti vedevamo che
tra questi comuni ce n'erano molti che erano fatti di droga di coca soprattutto
facevano un grande uso di coca e le gerarchie delle guardie certamente lo
sapevano ci hanno anche offerto la coca ma la rifiutavamo invece il fumo lo
accettavamo e per loro darci il fumo era un segno di amicizia
una volta è capitato un casino con questi delle bande giù all'aria un
pomeriggio era un'aria apparentemente come le altre c'era chi giocava al pallone
chi chiacchierava camminando o seduti sulle panchine però si vedeva che c'era un
po' d'agitazione nell'aria e a un certo punto due capetti delle bande hanno
tirato fuori dai loro accappatoi dei bastoni che erano stati ricavati dagli
sgabelli o dalle gambe dei tavoli delle celle e hanno cominciato a dare
bastonate a un lavorante del braccio e questo sotto gli occhi di tutti senza
preavviso era il primo pestaggio a cui assistevo in carcere anche se sapevo che
era una cosa normale in carcere che era una cosa quotidiana faceva parte della
legge del carcere del suo meccanismo normale
e così questo lavorante l'hanno picchiato abbastanza duramente intanto che
tutti stavano lì a guardare senza muoversi e poi gli hanno detto di salire di
farsi la roba e di andarsene alle celle d'isolamento che lì uno poteva chiedere
di andarsene di sua volontà perché se no loro la volta dopo lo avrebbero
ammazzato noi politici non abbiamo avuto nessun tipo di reazione non abbiamo
chiesto niente però questi devono avere capito che eravamo rimasti sorpresi che
non ce l'aspettavamo anche perché questo lavorante che avevano bastonato ci
sembrava che era uno che si faceva i cazzi suoi ma certamente se l'avevano
bastonato non poteva essere uno che si faceva i cazzi suoi infatti poi il giorno
dopo ci hanno spiegato che questo lavorante era un infame era uno di quelli che
informavano la direzione delle cose che succedevano nel braccio
qualche tempo dopo è successa anche un'altra storia di questo tipo era
successo che era arrivato li un ragazzo molto giovane che non parlava mai era
molto timido doveva essere un mezzo handicappato se ne stava lì sempre da solo e
non parlava mai questo ragazzo è salito dall'isolamento e è venuto nel nostro
braccio dove è stato messo in cella con altri quattro e è successo che uno di
questi quattro suoi compagni di cella lo ha violentato ma questo noi lo abbiamo
saputo dopo dopo che questo stronzo che ha fatto questa infornata è stato
massacrato di botte è successo che gli altri tre non se n'erano accorti sul
momento perché la storia si è svolta nel cesso che è separato dalla cella con
una tenda e questo stronzo mentre faceva la storia lo minacciava con un coltello
alla gola
poi finita la storia gli ha intimato di non dire assolutamente niente
altrimenti lo avrebbe ammazzato allora questo ragazzino si è spaventato e non ha
detto niente ma gli altri tre hanno avuto del sospetti e hanno cominciato a fare
girare la voce nel braccio che avevano questo sospetto e allora si è deciso di
fare una verifica e uno del capetti è andato dallo stronzo e con tono complice
gli ha detto allora te lo sei fatto il ragazzino e allora questo stronzo che era
anche cretino gli ha detto fiero di sì allora è scoppiato il puttanaio perché
questo qui lo hanno preso e lo hanno letteralmente massacrato di botte che poi
non lo riconosceva più neanche sua madre gli hanno spaccato tutta la faccia e
anche la testa gli hanno schiacciato il naso a scarpate a bastonate gli hanno
maciullato tutto
è stato in quel periodo che un giorno che ero li che stavo lavando i piatti
in cella e ogni tanto gettavo un'occhiata al telegiornale ma non sentivo quasi
niente per l'acqua che correva di colpo mi è sembrato di vedere sullo schermo
qualcosa che avevo già visto un'immagine che mi ricordava qualcosa ma non sapevo
bene cosa la telecamera girava in una stanza in disordine sedie rovesciate un
letto disfatto con una grande spalliera metallica poi ho visto su una parete un
manifesto di Humphrey Bogart e subito ho realizzato ho riconosciuto subito
quell'appartamento dove avevamo avuto quella famosa riunione con Scilla e gli
altri poi si è visto in mezzo alla stanza un lenzuolo che copriva qualcosa un
corpo immobile si vedeva una gamba che usciva fuori un piede nudo senza scarpe
immobile
ho smesso di lavare i piatti e mi sono avvicinato alla televisione ho alzato
il sonoro e parlava di un terrorista ucciso in uno scontro a fuoco coi
carabinieri il terrorista era ritenuto responsabile dell'omicidio di un
carabiniere avvenuto qualche mese prima è apparsa un'immagine che avevo già
visto anche quella il corpo del carabiniere abbattuto davanti alla colonnina
gialla di una pompa della benzina che avevo visto con China una sera alla
televisione poco prima che mi arrestavano si prevedeva imminente l'arresto di
altri complici poi è apparsa sullo schermo un'enorme fotografia in bianco e nero
e era i a faccia di Cotogno una fotografia di carta d'identità ben pettinato e
serio ma l'ho riconosciuto subito era Cotogno che adesso era lì immobile sotto
il lenzuolo
36.
La macchina si ferma in un cortile buio circondato da vecchie case scrostate
per metà disabitate viste le poche luci accese alle finestre con me c'è China e
Ortica e Nocciola subito dopo arriva l'auto di Scilla con su Cotogno Valeriana e
Gelso il cerchio di luce della torcia elettrica corre veloce su ciuffi d'erba
pezzi di legno cocci di bottiglia tegole rotte poi saliamo su per una ripida
scala di legno con la ringhiera che dondola i gradini che scricchiolano Scilla
infila la chiave nella serratura che cigola un colpo con la spalla e entriamo
dentro c'è un tanfo di chiuso Scilla accende una lampadina che pende dal
soffitto da un filo sfilacciato qualche vecchio mobile macchie d'umidità sulle
pareti e un manifesto di Humphrey Bogart sopra un letto con una grande spalliera
metallica
ci sediamo intorno al tavolo sulle sedie impagliate Cotogno e Valeriana si
siedono sul letto non ci sono sedie per tutti e Scilla prende da una credenza
sbilenca una bottiglia di whisky e la mette sul tavolo con alcuni bicchieri
sapete lo scopo di questa riunione dice Ortica si tratta di valutare le diverse
proposte di organizzazione maturate dentro il movimento c'è una componente che
pratica azioni d'avanguardia con l'uso delle armi dell'illusione che di per sé
determinino la crescita di tutto il movimento ora noi non siamo contrari di
principio a queste pratiche perché sappiamo tutti benissimo che non si può
affermare di essere coerentemente rivoluzionari senza porsi il problema
dell'esercizio della forza della necessità di costruire un contropotere pari e
anzi più violento a quello che quotidianamente viene esercitato dallo stato
ma la nostra critica a questi compagni è sul fatto che questa costruzione e
esercizio del contropotere deve vivere tutta all'interno del movimento ormai si
tratta di una coscienza acquisita a livello di massa basta vedere le cronache
l'uso della forza si va diffondendo in maniera accelerata dentro tutte le
occasioni di lotta l'illegalità di massa è oggi una pratica abituale si tratta
allora di discutere se riteniamo possibile un ulteriore salto in avanti di massa
di tutto il movimento il cui contenuto non può che essere quello
dell'organizzazione della forza o il problema della lotta armata se si
preferisce Cotogno si alza dal letto cigolante prende la bottiglia dal tavolo e
versa il whisky nel bicchieri anche Scilla si è alzato e è andato a rovistare in
una vecchia cassapanca in un angolo della stanza
adesso è inutile che sto lì a raccontare per filo e per segno come si è
svolta tutto quello che è successo in quella riunione che è andata avanti fino
all'alba e che è stata anche l'ultima perché poi ci siamo divisi e poi non ci
siamo più visti è scoppiato un casino quella volta lì è scoppiata una lite che
quasi finiva a botte Cotogno a un certo punto si è messo a gridare c'è chi
adesso non vuole vedere che adesso siamo oggettivamente in una situazione di
guerra non volere vedere questo è o opportunismo di chi non vuole assumersi e
fino in fondo le sue responsabilità di rivoluzionarlo per cui chi non vuole
vedere che adesso siamo oggettivamente in una situazione di guerra va combattuto
e emarginato
ma quale guerra ha gridato Ortica la guerra che dici tu che pensi tu è la
guerra che vogliono loro e non ha niente a che fare ma proprio niente con tutto
quello che noi abbiamo fatto e con tutto quello che abbiamo pensato noi fino a
adesso tu pensi tu sei convinto che l'obiettivo sia la conquista del potere così
com'è e quindi per te adesso tutto il problema diventa solo quello di vincere o
di perdere Scilla è tornato al tavolo e ci ha appoggiato sopra due pistole una
grande a tamburo e una più piccola che bisogno c'era di portare qua le pistole
ha detto China Scilla l'ha guardata male una è una rivoltella l'altra è una
pistola ha detto l'ha presa in mano maneggiandola con abilità con disinvoltura
ha premuto il calcio col pollice e ha estratto il caricatore e poi ha estratto i
proiettili e li ha disposti uno a uno in fila sul tavolo
il whisky versato nel bicchieri restava sul tavolo nessuno pensava a bere
mentre la tensione nella stanza saliva gli schieramenti erano chiari da una
parte Scilla Cotogno Valeriana dall'altra Ortica Nocciola China e io c'era solo
Gelso che non si capiva bene da che parte stava era nervosissimo stava zitto non
faceva che pulirsi continuamente le lenti degli occhialini e mordersi le unghie
noi sostenevamo che era una follia decidere in nome del movimento il salto nella
clandestinità cancellare d'un colpo tutto quello che si era fatto fino a lì
mollare un movimento di lotta di migliaia di persone per fare la guerra in 20 o
30
è finita all'alba con urla e insulti Scilla continuava a smaneggiare le sue
armi e quando a un certo punto Nocciola gli ha detto di smetterla Scilla
velocissimo ha impugnato la pistola a tamburo e gliel'ha puntata contro ti
faccio un buco nella testa gli ha detto ci siamo fermati tutti è piombato il
silenzio si sentiva solo la goccia che cadeva nel lavandino tutti guardavamo
Scilla col braccio teso sospeso in aria la pistola puntata contro Nocciola
sapevamo tutti che era scarica ma non era quello che importava ci siamo alzati e
ce ne siamo andati via Ortica Nocciola China io e gli altri sono rimasti lì
intorno al tavolo anche Gelso immobile con la testa bassa che si mangiava le
unghie fissando il tavolo dove c'erano le armi e i bicchieri di whisky che
nessuno aveva bevuto
dopo quella sera non li abbiamo più rivisti sicuramente si erano trasferiti
in un'altra città perché con quel salto che intendevano fare non potevano più
stare lì nella nostra zona dove erano troppo conosciuti non ho più visto
Valeriana Cotogno e Scilla mentre Gelso mi capitava di incontrarlo per caso ma
tutti e due evitavamo di parlare di quello che era successo mi sembrava patetico
Gelso lui che era sempre stato un fricchettone si vestiva serio adesso con la
giacca e la cravatta e i capelli tagliati corti e la montatura degli occhiali
che da rotondi erano diventati quadrati poi non abbiamo visto più nemmeno lui e
così è finito il nostro gruppo di affinità e la loro è diventata un'altra storia
che non spetta a me qui adesso di raccontare
noi dentro al collettivo ci siamo messi a lavorare con più foga di prima era
come se sentivamo dietro di noi qualcosa di distruttivo di mostruoso che ci
inseguiva sempre più da vicino e forse anche perché c'era come il bisogno di
dimostrare a noi stessi che la scelta che avevamo fatto di restare dentro il
movimento era la scelta giusta la repressione avanzava giorno dopo giorno agli
attentati seguivano arresti in massa indiscriminati ma la repressione non erano
soltanto carabinieri e poliziotti era anche l'assedio della stampa e
dell'informazione unito alla rottura della nostra rete di comunicazione le
difficoltà e spesso l'impossibilità che si aveva per fare uscire i nostri
giornali per via degli arresti del sequestri della mancanza di soldi
si è messa in moto una martellante campagna di criminalizzazione di tutto il
movimento la mattina leggevo il giornale un giornale qualsiasi e non c'era
nessuna differenza dall'ultimo scribacchino di cronaca fino all'illustre
intellettuale sociologo filosofo psicologo storico romanziere eccetera tutti
scrivevano che il movimento non era altro che un'agitazione convulsa di spostati
avventurasti fascisti schizofrenici delinquenti che andavano spazzati via il più
presto possibile per la salvezza della democrazia e della civile convivenza
c'era in noi un senso d'impotenza di fronte a quella falsificazione sistematica
di tutto ma abbiamo creduto che non ci fosse altra scelta che accettare comunque
la sfida sul terreno della comunicazione e così abbiamo deciso di costruire una
radio di movimento
finanziariamente il problema lo abbiamo affrontato come tutte le altre volte
tutti i compagni si sono dati da fare come meglio hanno potuto per trovare soldi
senza tanto andare per il sottile sui metodi e così abbiamo cominciato a
procurarci l'attrezzatura Nocciola si è fatto prestare un furgone e con due
compagni ha fatto il giro delle case in costruzione nella zona e dal cantieri ha
portato via lana di vetro pannelli di polistirolo e altro materiale utile poi ci
siamo procurati anche qualche centinaio di confezioni di cartone per
l'imballaggio delle uova e con tutta questa roba abbiamo cominciato a
insonorizzare un locale della sede e poi l'abbiamo diviso in due con del
pannelli di panforte e lastre di perspex da una parte la sala di registrazione
dall'altra parte la regia
adesso dovevamo procurarci l'apparecchiatura il mixer l'amplificatore le
piastre di registrazione e i piatti stereo ma il problema più grosso era quello
di farsi largo nella giungla delle frequenze farsi largo con i soldi o con la
forza perché o si avevano tanti soldi e allora si comprava un trasmettitore
potente che copriva le altre radio oppure si doveva usare il sistema di farsi
largo a spintoni facendo tacere le altre radio e su questo non ci facevamo
scrupoli perché ci dicevamo cosa cazzo trasmettono queste radio commerciali
oltre alla pubblicità trasmettono musica di merda quiz di merda notiziari di
merda e poi di chi sono queste radio sono comunque radio nemiche che partecipano
alla distruzione che il potere stava facendo della nostra comunicazione
allora abbiamo cominciato la notte a fare visita alle antenne e ai
trasmettitori delle radio commerciali della zona che ci davano fastidio e le
sabotavamo tiravamo giù i piccoli tralicci che reggevano le antenne e se
potevamo portavamo via i trasmettitori o altre attrezzature che potevano
servirci per la nostra radio era facile compiere queste azioni di esproprio e di
sabotaggio perché in genere le apparecchiatura si trovavano in zone piuttosto
isolate le antenne erano piazzate su collinette o su tetti di edifici alti ci
andavamo anche in dieci o quindici senza particolari precauzioni c'erano dei
gabbiotti di lamiera con dentro i trasmettitori e noi aprivamo la serratura e i
lucchetti con un trapano a pila e se non ci riuscivamo versavamo un litro o due
di benzina sotto la porta e ci buttavamo un cerino e così poco a poco ci
aprivamo uno spazio nella giungla delle frequenze dove soltanto il più forte
poteva sopravvivere
37.
E' arrivato il brigadiere erano le undici di sera mi ha chiamato dallo
spioncino con la solita voce come se dovesse consegnarmi una cartolina
illustrata invece era un fonogramma del ministero con l'ordine del mio
trasferimento in un carcere speciale noi stavamo ridendo in cella mezzi ubriachi
è piombato il silenzio allora quel nome carcere speciale faceva paura c'erano
sei ore ancora prima di arrivare alle cinque di domattina l'ora della partenza
il tempo di preparare gli zaini e di fare e di ricevere del regali di restare
svegli a parlare fino all'ultimo minuto la notizia fa il giro delle celle urlata
dagli spioncini i saluti mi vengono urlati perché mi imbarcano alle cinque e non
ci si può neanche abbracciare un'ultima volta all'aria
alle cinque puntuali le guardie arrivano a prelevarmi hanno fretta sono
assonnate e nervose perché è l'ultima consegna prima di smontare di turno
abbraccio i compagni della mia cella che mi aiutano a sistemare gli zaini sulle
spalle allora ci vediamo fuori si dice sempre così quando si viene divisi dicono
così anche quelli che hanno tre ergastoli da fare molti compagni sono svegli e
faccio il giro delle blindate per stringere le mani che sbucano dagli spioncini
ci scambiamo le ultime parole le ultime raccomandazioni raccolgo i messaggi e i
saluti da portare al compagni che troverò laggiù poi il cancello della sezione
si chiude dietro le mie spalle e seguo le guardie attraverso i corridoi
silenziosi del carcere addormentato
all'ufficio matricola si fa tutta la trafila del dati da trasmettere alla
nuova destinazione questo è il momento più critico perché se ti devono pestare
lo fanno in quel momento li è il momento della resa del conti se hai avuto degli
scazzi con qualche guardia loro si passano la voce su quelli che vengono
trasferiti ci sono guardie che anche se la mattina del tuo trasferimento non
sono di turno sono capaci di alzarsi alle cinque giusto per il gusto di darti
una passata di botte se hanno qualche conto da regolare con te spesso aspettano
il trasferimento per dartele specialmente nei periodi in cui non hanno la forza
di farlo immediatamente a caldo nelle celle ma sono fortunato perché si
accontentano di qualche spinta provocatoria e di ricordarmi minacciosi qualche
fatto
sbrigate le faccende della matricola comincia la perquisizione le guardie
tirano fuori la roba dagli zaini e la controllano con molta più cura del solito
poi io rimetto tutto a posto con pazienza ma poi arrivano i carabinieri che mi
devono scortare e tutto ricomincia da capo altra perquisizione ne fanno due
quando sei in partenza una le guardie e l'altra i carabinieri che ti devono
scortare perché non si fidano gli uni degli altri poi mi portano al furgone il
furgone blindato è posteggiato dieci metri fuori dal cancello della matricola
che è al centro del carcere ma i carabinieri mi mettono lo stesso i ceppi con la
catena lunga mi mettono in catena per i dieci metri che devo fare dal cancello
al blindato
fuori è ancora buio fa freddo e la nebbia è tanto spessa che i fari del
blindato la colorano di giallo senza riuscire a bucarla il caposcorta cammina
davanti a me reggendo la catena a cui sono legati i miei ceppi gli altri mi
camminano dietro avanziamo così in corteo verso il furgone che aspetta avvolto
nella nebbia gialla col motore acceso e i portali aperti il blindato è la prima
volta che lo vedo all'interno è diviso in tre scomparti davanti la cabina di
guida in mezzo la celletta con due panche di ferro disposte una di fronte
all'altra lungo le fiancate dietro il posto della scorta sei uomini in tutto mi
mettono nella celletta togliendomi la catena ma lasciandomi i ceppi stretti ai
polsi poi chiudono con un lucchetto la grata
il primo pezzo fino all'imbocco dell'autostrada lo fanno con un po' di
preoccupazione fino a lì sono anche scortati da due volanti una davanti e una
dietro con cui sono anche in contatto radio Lepre chiama Canguro e quelle cose
lì i carabinieri sono tesi spengono la luce interna e aguzzano lo sguardo fuori
dagli oblò mi sembra assurdo e anche ridicolo tutto questo spiegamento di forze
solo per me ma è il regolamento questi osservano il regolamento e lo da questa
mattina sono uno specializzato cioè per il regolamento sono uno particolarmente
pericoloso cerco si sbirciare la strada dagli oblò ma vedo solo scorci di
palazzi finestre e cornicioni di case mi alzo in piedi tra le due panche ma non
riesco a stare in equilibrio per via del ceppi forse sull'autostrada dove non ci
sono curve potrò guardare la strada davanti attraverso il vetro che dà sulla
cabina di guida
sull'autostrada i carabinieri si rilassano si tolgono i cappelli si allentano
le cravatte si sbottonano le giubbe si mettono comodi tre si mettono a giocare a
carte giocano a sette e mezzo e giocano a soldi dieci lire la carta mettono le
monete dentro i cappelli rovesciati si divertono e s'incazzano il caposcorta
mantiene un contegno si limita a sbirciare il gioco dei suoi ragazzi sono
diversi dalle guardie fanno un altro tipo di mestiere e questo cambia anche il
tipo di rapporto che hanno con te loro trasportano semplicemente dei pacchi
pericolosi fanno migliaia di chilometri su e giù per l'Italia trasportando
continuamente su e giù coi loro furgoni blindati i detenuti per i trasferimenti
da un carcere all'altro il sentiero dei camosci come noi chiamiamo questi
itinerari dei trasferimenti
ogni tanto uno di loro tira fuori dalla sua borsetta tipo borsetta da
tramviere un panino fatto in caserma o fatto dalla moglie la sera prima grossi
panini imbottiti di mortadella di salame o di formaggio lo mangia piano con la
carta in cui era avvolto sulle ginocchia per non correre il rischio di sporcarsi
i pantaloni e poi raccolgono le briciole con una paletta e uno scopino che fanno
parte della dotazione del mezzo blindato hanno più l'aria di pendolari che di
guerrieri io un po' dormo ho i ceppi che mi fanno male e ho fame magari se
chiedo di togliermeli me lì tolgono ma non mi va di chiedergli qualcosa per loro
io non esisto sono solo un oggetto un pacco da trasportare mi ignorano ma ogni
tanto mi controllano con una breve occhiata sono sballottato da tutte le parti
ho tutte le ossa che mi fanno male
poco dopo il mio arrivo giù allo speciale mio padre era stato ricoverato
all'ospedale e mi hanno fatto rifare lo stesso viaggio sul furgone blindato
all'incontrario per andare a fare l'ultima visita a mio padre che stava morendo
di cancro ho rifatto le dieci ore filate di viaggio e quando siamo arrivati
avevo le mani che non le sentivo più per i ceppi stretti intorno ai polsi siamo
arrivati al mattino e dopo una breve sosta nella caserma del carabinieri mi
hanno portato all'ospedale mi hanno fatto scendere dal furgone nel cortile
dell'ospedale e ho visto intorno una distesa di carabinieri e una distesa di
poliziotti tutti con i mitra e le pistole In mano c'erano i cani c'erano le
volanti con le portiere aperte e le luci azzurre che lampeggiavano sul tetti in
una c'era Donnola che dava ordini con la ricetrasmittente
mi hanno messo la catena ai ceppi e mi hanno tirato verso la grande porta a
vetri nell'atrio dell'ospedale pieno di gente in pigiama di gente In camice
bianco con i grembiuli bianchi le scarpe bianche che si fermavano a guardare con
la faccia stupita sorpresa a destra e a sinistra le file di carabinieri facevano
largo spingevano contro le pareti la gente che non capiva bene che cosa stava
succedendo ho sentito la catena che mi tirava i polsi non vedevo dove andavamo
poi sono incespicato la catena mi ha trattenuto era il primo gradino dello
scalone il corteo ha cominciato a salire stringendosi a imbuto non vedevo i
gradini davanti a me alzavo i piedi ma continuavo a incespicare sugli spigoli
dei gradini quelli intorno a me mi schiacciavano la catena mi tirava finalmente
siamo arrivati sul pianerottolo
improvvisamente sul pianerottolo ho visto tutto intorno dietro i carabinieri
che mi circondavano le facce tante facce tutte le facce del miei compagni che mi
guardavano fisso tutte le facce avevano la stessa espressione gli occhi fissi
non dicevano niente non un cenno di saluto un gesto mi guardavano tutti fisso e
non avevano nessuna espressione poi uno strappo al polsi e mi hanno tirato su
per un 9 altra rampa di scale sono scivolato In avanti stavo cadendo il
carabiniere di fianco mi ha preso per il gomito ma il mitra a tracolla gli è
scivolato giù per il braccio e mi si è infilato tra le gambe quello davanti
senza guardare ha dato un altro strappo alla catena e sono caduto in avanti e il
carabiniere che mi teneva è caduto sopra di me e quelli che venivano dietro
anche tutti in un mucchio sul gradini con la catena attorcigliata intorno alle
braccia e le gambe
alla fine siamo arrivati in cima siamo sbucati in una grande camerata coi
malati nel letti allineati lungo le pareti bianche il passo del carabinieri che
rimbombava il tintinnare della catena gli ordini secchi del caposcorta le
proteste del medici e del parenti del malati per quella confusione ho visto
venirmi incontro mia madre e mio fratello che piangevano mio padre era già morto
quando poi quando mi hanno riportato nel furgone blindato il caposcorta ha
tirato un sospiro di sollievo chiudendo, con un colpo secco il portale del
blindato e mentre aspettavamo mentre il motore si scaldava ho visto attraverso
la grata che ha preso dalla borsetta una bottiglietta d'acqua ossigenata ne ha
versato un po' su un batuffolo di cotone e ha cominciato a fregarsi le dita e le
mani per bene con l'acqua ossigenata se l'è fregate a lungo e poi siamo
ripartiti per lo speciale
QUARTA PARTE
38.
Dopo la rivolta nello speciale dopo che siamo stati sistemati in quel modo
nelle celle vuote al pianterreno del carcere distrutto da quel momento in poi
non ci sono stati più pestaggi di massa e si è cominciata la discussione
all'interno di ogni camerone su quello che era successo ovviamente le posizioni
erano molto diverse ma le discussioni più accese sono venute fuori in un secondo
momento perché nei primi giorni tutti quanti badavano a leccarsi le ferite
perché cominciavano a uscire gli acciacchi delle botte e più che altro il clima
era quello di una infermeria da campo intanto ci avevano concesso i giornali e
quello che si leggeva sui giornali era assurdo veramente assurdo non c'era
niente di vero sembrava che non fosse successo niente tutte le notizie erano
distorte e per lo più anzi completamente false
per i giornali l'operazione dei reparti speciali era stata assolutamente
incruenta si era risolta senza nessun problema sembrava che avevano distribuito
quattro scappellotti e tutto si era risolto nella maniera più pacifica noi
abbiamo cominciato a fare pressioni per avere del colloqui coi famigliari che
era l'unico modo per rompere questo blackout della stampa su quello che era
veramente successo alla fine ci hanno concesso qualche colloquio simbolico di
appena qualche minuto col vetro divisorio il risultato è stato di riuscire a
farci vedere per qualche minuto dal parenti dietro i vetri divisori in modo che
i parenti vedevano come eravamo conciati non c'era nemmeno bisogno di parlare
per fare capire come stavano le cose come erano andate le cose
siccome le uniche cose che avevamo erano gli indumenti che avevamo addosso al
momento dell'irruzione dei reparti speciali i parenti ci hanno visto con questi
vestiti coperti di sangue le ingessature le ferite i tagli le botte eccetera e
questo è stato sufficiente con questi colloqui insomma siamo riusciti a scalfire
un po' il muro del blackout che voleva imporre il silenzio sulla vicenda
soprattutto evidentemente abbiamo fatto in modo che al colloqui ci andassero
quel compagni che erano nelle condizioni più brutte nelle condizioni peggiori
fisicamente quindi la gente che era stata più massacrata poi a loro volta i
parenti si sono dati loro da fare hanno cercato di fare passare queste notizie
sulla stampa
i primi giorni sono stati qualcosa di molto duro sul piano della semplice
sopravvivenza dentro queste celle dove non c'era niente però piano piano ci
siamo organizzati per riuscire a vivere anche in quelle condizioni e abbiamo
anche ricominciato a lottare un'altra lotta che aveva come obiettivo di uscire
da quelle condizioni bestiali in cui eravamo ridotti a vivere così in dieci in
queste celle e questa lotta invece (li essere soffocata come poteva essere
facilmente soffocata in quelle condizioni in cui eravamo è riuscita nel senso
che dopo i primi giorni in cui era stata abolita addirittura l'ora d'aria la
direzione ha dovuto concederci l'aria scaglionandoci a gruppi e concedendoci
un'ora d'aria
la rivolta era stata una fiammata che aveva bruciato tutto tutta la forza che
avevamo accumulata si è bruciata dentro la rivolta quindi adesso si trattava di
rimetterci passo dopo passo per riprenderci tutto quello che avevamo perduto e
ovviamente i primi passi erano quelli di garantirci una migliore vivibilità
all'interno del carcere vivibilità vuol dire tante cose vuol dire per esempio
lottare per riavere i colloqui perché i colloqui sono la comunicazione con
l'esterno vuol dire lottare per riavere le ore d'aria perché oltre a essere la
cosa fisicamente indispensabile che è uscire in un cortile almeno un'ora o due
al giorno andare all'aria vuol dire anche la ripresa della comunicazione interna
coi compagni
siccome eravamo tutti sistemati al pianoterra era possibile un minimo di
comunicazione perché anche se le blindate erano chiuse gli spioncini erano
aperti quindi la gente urlando dagli spioncini nel corridoi si comunicavano le
cose la direzione aveva abolito addirittura la funzione del lavorante per
impedire che ci fosse tra noi la circolazione delle informazioni e del dibattito
sul da farsi ormai nel corridoi circolavano soltanto le guardie però attraverso
le urla attraverso i bigliettini che si riuscivano a fare passare di cella in
cella la discussione riusciva a essere collettiva poi una volta che è stata
ristabilita l'ora d'aria tutto quanto è diventato più semplice
dopo un po' ci hanno permesso di farci la barba potevamo farcela con un
rasolo di plastica che ci davano ogni volta e che dovevamo consegnare subito
dopo indietro potevamo usare solo il sapone normale e non avevamo specchietti e
così ci radevamo tra noi uno con l'altro a vicenda e nella mia cella poi c'era
un compagno che aveva tutte e due le mani ingessate e non poteva fare niente e
noi dovevamo togliergli le scarpe i pantaloni il maglione la sera per andare a
letto e rivestirlo la mattina dovevamo imboccarlo quando mangiava lavarlo
pulirlo e lavargli il culo quando cagava tutto dovevamo fargli e lui diceva
sempre grazie compagno grazie compagni
i rapporti con le guardie erano cambiati perché nei pochi momenti che le
guardie sfuggivano al controllo del graduati dei brigadieri e dei marescialli
che almeno uno di loro era sempre presente nei corridoi quando per un momento
capitava che non c'era nessun graduato le guardie ci parlavano e continuavano a
ripeterci che loro non avevano fatto il massacro che loro non c'erano che non
avevano avuto nessuna parte in quel massacro che c'era stato e che anzi non
erano assolutamente d'accordo con quello che era successo e dicevano addirittura
che tutte le guardie che avevano partecipato a quel massacro era state tutte
trasferite
però evidentemente questo non era assolutamente vero e ci sono state diverse
occasioni nelle quali i compagni hanno creduto di identificare alcune guardie
che stavano nel corridoio che facevano servizio e erano sicuri che erano state
tra le guardie che ci avevano picchiato e ci sono stati anche momenti di
tensione ogni tanto scoppiava un casino quando qualcuno credeva di identificarne
uno di quelli che ci avevano picchiato perché allora quelli che avevano preso
più botte gli andava il sangue alla testa e allora partivano le minacce pesanti
e cose così è naturale un giorno un compagno che era sicuro di avere
identificato uno del suoi picchiatori gli ha detto stai tranquillo che un giorno
ti vengo a prendere anche se ti nascondi sotto terra e ti taglio la testa
la reazione del brigadiere che arrivava nel corridoio proprio in quel momento
è stata quella di trasferire immediatamente in un altro posto questa guardia
minacciata per fare sbollire la cosa poi però di questa cosa di queste minacce
loro se ne sono ricordati poi perché tutti quel compagni che durante quel giorni
hanno fatto minacce alle guardie tutti quel compagni quando nelle settimane e
nei mesi successivi è arrivato il momento che sono stati trasferiti in un altro
carcere allora sono stati pestati duro un'altra volta perché funziona sempre
così in non sempre le reazioni sono immediate dipende sempre dal momento dipende
dal rapporto di forza magari succede che delle cose te le fanno pagare anche
molti mesi dopo
le guardie calcolano che a volte non è il caso di fare pagare di picchiare
uno subito a caldo perché ci sarebbe immediatamente la reazione di solidarietà
di tutti gli altri detenuti e allora scoppierebbe il casino generale è molto più
comodo per loro segnare il nome sul libro nero dopodiché il giorno che arriva il
giorno del trasferimento e questo viene tolto dalla cella perché parte per
un'altra destinazione e non tornerà più in quel carcere almeno per un bel po' di
tempo allora lo si picchia ecco sono successe anche cose di questo genere
durante quei giorni però il clima in generale era molto alto il morale di tutti
i compagni era molto alto e quella è stata una verifica della grande solidarietà
che c'era tra tutti i compagni al di là delle posizioni politiche differenti
39.
Comunque durante le prime giornate che abbiamo passato dopo la rivolta in
queste celle senza niente tutti quanti lì ammucchiati in quelle condizioni le
prime cose appunto che sono state fatte sono state quelle di badare a curarsi le
ferite a curare i compagni che stavano peggio e soprattutto si temeva ancora
molto un altro intervento di massacro da parte delle guardie perché noi avevamo
ripreso a lottare e così i compagni hanno pensato bene di darsi almeno un minimo
di armamento difensivo che consisteva nel procurarsi almeno degli oggetti
contundenti cosa non molto facile perché nelle celle non avevano lasciato niente
non avevano lasciato proprio niente neanche degli sgabelli del tavoli niente
quindi le prime cose che sono state prese d'assalto sono state le finestre
che sono state letteralmente smontate sotto gli occhi stessi delle guardie e da
queste finestre sono state ricavate delle sbarre di ferro e in quei primi giorni
le guardie pur vedendo tutto questo non solo non intervenivano quando vedevano
quello che si faceva ma non si azzardavano nemmeno a entrare più nelle celle
cioè era stata sospesa la conta l'entrata nelle celle di un gruppo di guardie
per contare i detenuti le guardie si limitavano a contare aprendo la blindata e
a contare a vista dal cancello però erano perfettamente coscienti che nelle
celle esisteva questo armamento perché lo vedevano che le finestre erano
smontate
ma nel momento in cui ci hanno concesso di riavere l'ora d'aria ovviamente si
è pensato che la mossa era quella di fare in modo che le celle rimanevano vuote
e che nell'ora d'aria le guardie sarebbero entrate e avrebbero ripulito le celle
di quelle sbarre e allora lì la contraddizione era per noi se andare ' do alle
guardie all'aria e lasciare le celle incustodite permettendo alle guardie di
entrare e di disarmarci oppure se dovevamo scegliere di rinunciare all'aria il
che voleva dire rinunciare soprattutto alla comunicazione interna tra di noi ma
indubbiamente la cosa più importante era la comunicazione e infatti come ci si
aspettava le guardie hanno colto l'occasione dell'ora d'aria appena ce l'hanno
di nuovo concessa per precipitarsi nelle celle e fare una perquisizione generale
sequestrando tutto il nostro armamento le sbarre e tutto il resto
da quel momento è cominciata una pressione da parte dei compagni una
pressione per uscire da quelle condizioni però in quelle condizioni non c'erano
molte cose da fare la cosa meno produttiva da fare viste le condizioni era di
sequestrare altre guardie visto come era andata l'esperienza precedente perché
se questi erano intervenuti anche se avevamo diciannove guardie sequestrate
questo voleva dire che erano disposti a accettare quel terreno di scontro
mettendo in conto anche l'eventualità di fare del morti le condizioni in cui ci
trovavamo erano molto dure e dovevamo assolutamente venirne fuori e l'unica
soluzione per venirne fuori era lottare ma doveva essere una lotta produttiva e
in quelle condizioni in cui eravamo dovevamo inventare una forma di lotta nuova
originale
dovevamo riuscire a lottare con le sole armi che avevamo a disposizione e
prima di tutto dovevamo inventare che cosa poteva diventare un'arma visto che
non avevamo niente ovviamente era stata abolita la spesa erano stati aboliti
tutti gli acquisti possibili di cibo il cibo che passavano era quello
dell'amministrazione una brodaglia liquida rossastra che veniva distribuita a
mezzogiorno e alla sera con delle gavette di plastica e del cucchiai di plastica
e allora si è cominciata a fare una pressione a chiedere di potere acquistare
alla spesa almeno alcuni generi alimentari roba che si poteva consumare senza
essere cucinata roba elementare come latte biscotti frutta e roba del genere
perché comunque era fuori discussione che questi ci mollassero il fornelletto il
pentolame e altro
siamo riusciti a ottenere di acquistare questa roba e la possibilità di
acquistare alla spesa del cibo ha costituito il retroterra per questa lotta
perché a questo punto noi potevamo fare a meno di consumare il vitto
dell'amministrazione e il vitto dell'amministrazione è diventato così l'arma di
questa lotta perché ogni giorno accumulavamo nelle celle litri e litri di questa
brodaglia rossastra e poi a un certo punto al momento convenuto tutti quanti
insieme versavamo nel corridoio tutta quanta questa brodaglia un vero fiume di
brodaglia liquida rossastra nauseabonda che da tutte le celle si riversava nel
corridoio e questa è diventata la cosidetta guerra batteriologica
le guardie che stavano nel corridoio erano praticamente raddoppiate perché
dovevano essere in condizione di controllarci visivamente minuto per minuto
quindi c'erano sempre moltissime guardie nel corridoio stavano lì sempre in
gruppi folti e numerosi eravamo al pianterreno che non era neanche molto areato
e allora il fatto di versare rutta quella brodaglia nauseabonda nel corridoio
creava evidentemente un certo disagio per le guardie e stare nel corridoio era
diventato praticamente insopportabile allora le guardie hanno pensato bene di
fare la cosa più naturale cioè di fare intervenire i lavoranti dello speciale
per ripulire il corridoio ma i lavoranti hanno naturalmente rifiutato per
solidarietà con la nostra lotta dicendo noi non andiamo a pulire questa è una
forma di lotta mica siamo del crumiri e ci mettiamo contro una lotta di altri
detenuti
i lavoranti si sono rifiutati di ripulire il corridoio da tutta questa
brodaglia che restava lì e ogni giorno si accumulava sempre di più e noi abbiamo
cominciato a buttare fuori non soltanto la brodaglia ma anche tutti i tipi di
rifiuti che venivano accumulati si è cominciato anche a cagare nei sacchetti di
plastica e di carta o nei giornali e a buttali fuori dagli spioncini nel
corridoio la nostra guerra era proprio una vera guerra batteriologica nel senso
che con questa montagna di sporcizia e di rifiuti di escrementi che si
accumulava ogni giorno di più lì nel corridoio si rischiava ormai il pericolo di
malattie e di epidemie c'era il pericolo di epatite virale e cose di questo
genere noi correvano il rischio di questo pericolo ma lo correvano anche loro
allora le guardie si sono rivolte ai lavoranti del giudiziario non più a
quelli dello speciale ovviamente sono andati a ramazzare gli infami tra i
lavoranti del giudiziario sono andati a ramazzare gli infami e tutti i venduti
le spie al servizio della direzione e li hanno fatti entrare nel nostro
corridoio per ripulirlo allora appena questi sono arrivati lì da dentro le celle
da dietro gli spioncini tutti i compagni abbiamo urlato insulti abbiamo urlato
minacce dicendo se voi state qua e pulite la sezione il giorno che ci tolgono da
queste condizioni la pagherete e la pagherete cara è stata sufficiente questa
minaccia perché questi scappassero immediatamente via tutti quanti e quindi le
guardie si sono ritrovate punto a capo
la situazione era diventata ormai piuttosto pesante era diventata
insostenibile perché le guardie non potevano abbassarsi al ruolo di quelli che
con la scopa in mano puliscono i corridoi perché quello non era il loro compito
non era il loro ruolo e mettersi loro a pulire voleva dire cedere però
dall'altra parte effettivamente cominciava a accumularsi troppa merda nel
corridoio e questi qua rischiavano effettivamente di prendersi qualche infezione
qualche epatite c'era il rischio che lì scoppiava effettivamente una epidemia
erano costretti a girare ormai con un fazzoletto sulla faccia stavano nel
corridoio con un fazzoletto sulla faccia ti venivano a aprire la cella con un
fazzoletto sulla faccia
finché non hanno pensato a una soluzione di forza il ministero ha pensato di
forza di risolvere la situazione mandando all'interno del carcere una ditta
esterna addetta alle pulizie hanno fatto un contratto hanno pagato lautamente
una ditta esterna un'impresa che funziona esattamente come funziona qualsiasi
impresa che lavora sul carcere come un'impresa edile o un'impresa di fabbri o
un'impresa di elettricisti quando ci sono del guasti e questa era un'impresa di
pulizie e quando l'impresa è arrivata le guardie hanno chiuso di colpo tutti gli
spioncini delle blindate e nel giro di un paio d'ore questi dell'impresa con
tutta quanta la loro attrezzatura di pulizia e di disinfezione hanno ripulito
via tutto quanto
40.
Insomma si sono creati così questi cicli in cui noi riempivamo il corridoio
di merda e loro facevano intervenire di forza l'impresa di pulizie per ripulirlo
e così via ma alla fine ci hanno concesso i colloqui per cercare di allentare un
po' la tensione la direzione anzi il ministero perché vista la situazione che
c'era chi decideva direttamente era il ministero ci hanno concesso un colloquio
al mese col vetro divisorio e così China è arrivata á colloquio è arrivata senza
che non mi avevano neanche preavvisato mi hanno chiamato e mi hanno portato
nella sala colloqui dove c'erano i vetri era la prima volta che vedevo quella
sala avevano costruito tutto nuovo e China era già lì che mi aspettava era lì
seduta dietro il vetro quando sono entrato
c'era un citofono sotto il vetro dietro una piccola grata quadrata mi sono
abbassato per parlarci dentro ma dall'altra parte China mi ha fatto segno che
non sentiva niente ha provato anche lei a parlare dentro al citofono dalla sua
parte ma non sentivo niente neanche lei lo ho dato un paio di pugni sulla grata
ma non è cambiato niente evidentemente i citofoni erano staccati li avevano
staccati apposta in modo che per riuscire a sentirsi bisognava parlare a voce
molto alta bisognava gridare quasi e così le guardie potevano sentire tutto una
situazione impossibile China aveva fatto mille chilometri per venirmi a trovare
e altri mille doveva fare per tornare a casa e non potevamo neanche parlarci
dovevamo gridare per sentirci
mi sembrava più piccola più magra era vestita elegante non come me la
ricordavo non l'avevo mai vista così aveva la gonna e una giacca elegante con le
spalle gonfie imbottite come doveva essere la moda allora si era tagliata i
capelli ce li aveva corti era più di un mese che non la vedevo aveva dei piccoli
orecchini e un orologino al polso lei che non aveva mai portato orologi era lì
seduta su un blocco di cemento un cubo di cemento che faceva da sgabello il
vetro era spesso era doppio e sporco non era del tutto trasparente era verdastro
vedevo China un po' distorta e mi spostavo un po' a destra e un po' a sinistra
per cercare di vederla meglio nella sala c'erano quattro posti col vetro per i
colloqui come gli sportelli delle banche e le guardie stavano in una stanza alle
nostre spalle e ci guardavano da un'apertura quadrata nel muro
appena mi ha visto entrare nella sala mi ha sorriso dietro i1 vetro poi
quando mi sono avvicinato ha cambiato espressione ha stretto gli occhi e ha
cominciato a fissarmi ma non mi guardava in faccia guardava più giù ho capito
che guardava il mio maglione che era tutto macchiato di sangue era lo stesso
maglione che avevo ancora da quella sera e allora ho detto non è sangue mio ma
China continuava a fissarmi a fissare il maglione e mi sono accorto che non
sentiva mi sono accorto che non si era neanche accorta che le parlavo mi sono
accorto perché poi anche lei ha detto qualcosa ha mosso le labbra ma non ho
sentito la voce
io ho pensato tanto è inutile anche se faccio casino potevo chiamare il
brigadiere e il maresciallo ma sapevo già come andava a finire avrebbero finto
come di regola avrebbero detto che i citofoni erano rotti che non era colpa loro
ma che per il momento era così se volevo era cosi se no potevo anche rinunciare
e tutto questo avrebbe soltanto atto sprecare il tempo del colloquio che era già
poco in quel momento è entrato un compagno aveva tutte e due le braccia
ingessate aveva un taglio sulla testa gli avevano dato un sacco di punti e per
dargli i punti lo avevano rapato a zero ci siamo fatto solo un cenno di saluto
con la testa perché non ci stavamo simpatici a me proprio questo non mi stava
simpatico quando sono entrati i suoi genitori e l'hanno visto in questo stato
sono rimasti stravolti
lui invece era tutto baldanzoso come al solito e si è messo subito a gridare
ha fatto un grande sorriso con la faccia ancora tumefatta e poi gridava cose
come lo scontro in atto una fase altissima la lotta continua ditelo a tutti non
preoccupatevi per me sto benissimo pochi giorni e sarà di nuovo per una nuova
lotta i genitori erano due vecchi stanchi e lo guardavano stravolti con le
lacrime agli occhi anche China lo guardava un po' stupita io non ci ho fatto
neanche caso a quello che diceva questo perché parlava sempre così i genitori
non capivano niente facevano sì con la testa ma non staccavano gli occhi dà
taglio coi punti sulla testa rapata China è tornata a guardarmi con la faccia
triste lo le ho fatto segno che il sangue sul mio maglione non era mio
lei adesso mi guardava le unghie nere per il sangue coagulato per le
manganellate le ho detto a alta voce sto bene e tu e lei ha fatto un mezzo
sorriso tirato e ha alzato le spalle poi mi ha chiesto e adesso lo ho scosso la
testa come per dire non lo so lei ha cominciato a dirmi che mi salutavano questo
e quello sentivo i nomi tutti i nomi e i soprannomi dei compagni che mi
mandavano i saluti ma mi faceva un effetto strano mi faceva un effetto
lontanissimo quasi di gente sconosciuta o di gente morta che non vedrò mai più e
sentivo che in realtà non me ne fregava niente se mi salutavano anzi mi faceva
incazzare ma mi dispiaceva che China se ne accorgeva perché aveva fatto mille
chilometri per venire fino a lì mi dispiaceva
cercavo di sorridere ma mi sembrava che stavamo sprecando il tempo tutto il
tempo del colloquio che era già poco perché stavamo dicendo cose che non
servivano a niente ma non sapevo neanche cosa poteva dirmi cosa poteva servirmi
stavo diventando nervosissimo sentivo per metà quello che mi diceva ma non le
chiedevo neanche di ripetere quello che non capivo poi di colpo è stata zitta io
fissavo il muro verdastro dietro le sue spalle soffici e gonfie non sapevo cosa
dire mi innervosivo sempre di più per il tempo che passava per il tempo che
stavamo sprecando ma non sapevo proprio cosa dire cosa fare per usarlo siamo
stati zitti per un po' poi China ha guardato l'orologio che era un gesto che non
le avevo mai visto e io ho detto perché non mi scrivi e lei ha detto perché non
mi scrivi tu
quando China se ne è andata ho pensato che questa storia dei citofoni
staccati che avevo pensato non aveva senso perché se volevano veramente sentire
tutto quello che si diceva durante il colloquio invece di obbligarci a gridare
era molto più facile molto più produttivo per loro lasciarci i citofoni in
funzione da cui si poteva più facilmente sentire rutto pensando anche che non si
era sentiti e si poteva se si voleva anche registrare tutto quello che dicevamo
nel colloquio dopo questo colloquio non ho più visto China mi è arrivata solo
una sua lettera una o due settimane dopo che cominciava dicendomi che per un po'
non mi avrebbe più scritto
41.
Dopodiché allora noi ci siamo posti il problema di come cominciare a fare
un'altra lotta però a quel punto il problema diventava quello della limitazione
delle ore d'aria che erano ridotte soltanto a un'ora d'aria la mattina e anche
quello della mancanza nei corridoi del lavoranti fissi che limitava al minimo la
nostra possibilità di comunicazione interna e quindi la possibilità di
accordarci su come muoverci insieme allora a questo punto è diventato
indispensabile trovare una soluzione per avere una comunicazione interna
maggiore allora all'interno delle celle si è pensato di forare i muri da cella a
cella in modo che si potesse comunicare direttamente non dico buttare giù tutto
il muro però almeno fare dei buchi da dove parlarsi da cella a cella
e si è cominciato a farlo e effettivamente in quasi tutte le celle sono stati
fatti dei buchi e cosi c'è stata la possibilità di avere una comunicazione
diretta tra noi si bucava il muro con le ultime sbarre che si riuscivano a
smontare dalle finestre o dai letti o con sbarre di ferro che i lavoranti che
venivano lì solo per portare i1 cibo riuscivano a passarci in maniera veramente
spericolata però ovviamente ci volevano ore e ore per esempio per smontare i
letti che erano fissati per terra col cemento per riuscire a ricavare delle
sbarre e per riuscire a fare questi buchi nel muro le guardie sapevano tutto è
evidente si picchiava tutto il giorno e quindi tutto avveniva sotto gli occhi
delle guardie
c'era la preoccupazione il dubbio sempre se entravano e se entravano poteva
succedere un altro macello però non c'era altra soluzione però proprio in
previsione del fatto che le guardie sarebbero potute entrare si è cominciato a
praticare un altro metodo e questo metodo consisteva nel barricamento notturno
della cella con i turni di guardia da parte nostra per non correre il rischio di
farci sorprendere nel sonno durante una loro eventuale irruzione il barricamento
della cella consiste nell'infilare un oggetto uno spessore che poteva anche
essere solo una penna biro o una scheggia di legno tra il cancello e la blindata
perché la distanza che c'è tra il cancello e la blindata è solo di pochi
millimetri
per cui è sufficiente fare uno spessore cioè infilare a forza qualcosa tra il
cancello e la blindata per fare in modo che quando le guardie dall'esterno
infilano la chiave la porta preme sul blocco della serratura e non riescono ad
aprirla in quelle condizioni loro non possono entrare e quindi c'è tutto il
tempo per organizzare dall'interno una resistenza ovviamente loro hanno i loro
metodi per sbarricare che consistono per esempio nel prendere un idrante che c'è
sempre nel corridoi delle sezioni e con questo grande tubo che si srotola
infilare il getto dentro lo spioncino e allora evidentemente con questo getto
fortissimo che spazza la cella tu non puoi fare niente nessuna resistenza perché
ti sbatte contro il muro e loro intanto sbarricano mentre tu non puoi fare
niente
insomma tutte le era diventata pratica costante quella di barricarsi in cella
e di fare dei turni di guardia per controllare il movimento nei corridoio
eravamo riusciti anche a procurarci delle schegge di specchio sempre attraverso
i lavoranti che ci portavano il cibo e con queste schegge di specchio riuscivamo
a metterle fuori dallo spioncino e in questo modo riuscivamo a vedere tutto
quanto il corridoio fino in fondo e a controllare i movimenti delle guardie è
stata una pratica costante per parecchio tempo questa del barricarsi in cella la
notte e di fare i turni di guardia e passavamo il tempo giocando a carte perché
le carte ci erano state concesse stavamo ventitré ore di seguito nelle celle e è
andata avanti cosi per un bel po' nelle celle
quando la forma di lotta della guerra batteriologica è venuta meno allora
attraverso questa comunicazione attraverso i buchi che avevamo fatto tra le
celle è cominciato un dibattito per vedere quale nuova forma di lotta adottare
per fare mollare la direzione su altre cose e allora era chiaro che l'obiettivo
massimo a cui si tendeva con tutto quel crescendo di lotte era di distruggere il
carcere nel senso di distruggerlo proprio come struttura fisica ma di fatto era
ridicolo perché le condizioni in cui ci avevano messo erano che non avevamo
niente da distruggere e non avevamo nemmeno niente che poteva diventare un
oggetto da usare per la nostra lotta intanto perché la cella non era arredata
era completamente vuota e quindi non potevi minacciare di sfasciarla non c'era
niente e cosa potevi fare se non c'era niente da sfasciare
allora il passaggio offensivo successivo è stato quello dell'inondazione e
così dalla guerra batteriologica si è passati all'operazione Niagara in tutte
queste lotte quello che è stato messo in gioco quello che è stato risolutivo è
sempre stata questa grande memoria portata soprattutto dai comuni questa
accumulazione di conoscenze di un sapere di lotta dentro il carcere di un sapere
accumulato nel tempo e quello che era risolutivo era soprattutto erano
evidentemente le proposte dei vecchi carcerati di gente che in carcere ci stava
di dieci vent'anni e che aveva provato di tutto nelle lotte quindi adesso come
forma di lotta dalla guerra batteriologica eravamo passati all'operazione
Niagara che è stata la nostra nuova forma di lotta
l'operazione Niagara consisteva nell'allagamento della sezione l'allagamento
della sezione consisteva nel fatto che a una certa ora della giornata concordata
tutti insieme tutti quanti con degli stracci ricavati stracciando le lenzuola
che ci erano state finalmente concesse e le coperte si facevano degli stopponi e
con questi stopponi si turava il cesso si turava il buco del cesso e si turava
il buco del lavandino dopodiché con strisce del materassi di gommapiuma strisce
di gommapiuma che si strappavano dai materassi si infilavano nello spazio che
c'è tra la porta blindata e il pavimento e contro questa gommapiuma in più si
mettevano ancora strisce di coperta in modo da non permettere che l'acqua
uscisse dalla cella che uscisse fuori nel corridoio
dopodiché aprivamo tutti i rubinetti e fissavamo il bottone dello sciacquone
in modo che l'acqua uscisse a getto continuo e questo lo si faceva nelle ore
notturne dove i turni di guardia erano ridotti e comunque creava maggiori
problemi perché durante la notte lo stato di allarme generale dentro il carcere
è molto più fastidioso che lo stato di allarme di giorno perché tutte le guardie
si devono alzare dal letto e tutto diventa più snervante allora durante la notte
magari alle tre alle quattro di notte chiudevamo i buchi chiudevamo il lavandino
stoppavamo il lavandino stoppavamo il buco del cesso e inondavamo le celle e in
tutte le celle uscivano ettolitri e ettolitri d'acqua finché l'acqua ci arrivava
fino alle ginocchia
l'acqua cresceva nella cella che era tappata dappertutto ermeticamente tu fai
il conto quanti ettolitri d'acqua c'erano l'acqua saliva saliva e quando ti
arrivava alle ginocchia si toglieva lo spessore sotto la blindata che chiudeva
il passaggio tra la porta e il pavimento e l'acqua si gettava come una cascata
da ogni cella ettolitri e ettolitri d'acqua si gettavano in tante cascate nel
corridoio e inondavano in pochi minuti tutta la sezione e li la lotta era
dannosa perché essendo al pianterreno l'acqua si accumulava nei corridoi restava
li e succedeva un pantano e questo l'abbiamo fatto anche mentre era in corso
anche la guerra batteriologica per cui il pantano veniva fuori proprio una cosa
immonda una cosa indescrivibile immonda
le guardie camminavano ormai in un pantano oltre al fazzoletto sulla faccia
adesso dovevano mettersi anche gli stivaloni di gomma mentre quest'acqua usciva
a cascate dalle celle ci buttavamo dentro anche il detersivo in modo che faceva
un'enorme schiuma e qualcuno faceva anche delle barchette con la carta del
giornale buttavano le barchette dallo spioncino che navigavano nei corridoi
trasportate dalle correnti d'acqua schiumosa era una vera e propria inondazione
e questa è stata un'altra forma di lotta praticata e questo creava evidentemente
parecchi problemi alle guardie un'altra forma di lotta utilizzata è stata quella
di provocare dei cortocircuiti che facevano saltare la luce in tutto il carcere
era l'operazione blackout e tutto il carcere restava senza luce
c'era un compagno che era elettricista e sapeva tutto sui sistemi elettrici e
quindi era capace di provocare dei cortocircuiti smontando non so bene cosa io
non l'ho mai fatto per cui non lo so faceva succedere del cortocircuiti e quando
c'era un cortocircuito per alcuni secondi si sentiva un rumore fortissimo che si
metteva in moto era il rumore del gruppi elettrogeni esterni che riattaccavano
immediatamente la luce pero erano momenti di panico perché quando durante la
notte va via la luce in tutto il carcere le guardie si mettono a correre su e
giù con le pile insomma era una cosa molto snervante per loro ma evidentemente
era snervante anche per noi perché da un momento all'altro ci aspettavamo una
reazione ci aspettavamo un intervento massiccio
42.
Questa cosa montava montava queste piccole lotte quotidiane montavano
continuamente fino a che evidentemente da parte della direzione si è posto il
problema di un intervento massiccio risolutivo per farla finita una seconda
volta e per sempre però all'interno delle guardie c'erano due componenti mentre
noi il di là delle differenziazioni politiche e delle diverse opinioni sul
risultato della rivolta stavamo adesso lottando per questioni elementari per
questioni che riguardavano la semplice sopravvivenza e quindi adesso era chiaro
che l'unità era l'unica condizione per garantirci questa sopravvivenza per cui
lottavamo
da parte delle guardie invece la questione stava in termini diversi per cui
tra loro c'erano due componenti c'era la componente degli interventisti insomma
di chi teorizzava che bisognava intervenire subito con la forza e invece quelli
che teorizzavano che non era il caso di intervenire con la forza e questa
contraddizione ovviamente coinvolgeva anche le gerarchie c'erano brigadieri e
marescialli interventisti e brigadieri e marescialli non interventisti però gli
interventisti avevano fatto delle provocazioni era successo per esempio che in
una cella le guardie hanno fatto un giorno un'irruzione perché un compagno aveva
insultato un brigadiere tirandogli in faccia la cicca di una sigaretta
è successo che mentre la maggior parte del compagni erano all'aria un
pomeriggio sono arrivate un gruppo di guardie con gli scudi i caschi e i
manganelli e hanno fatto irruzione nella cella e hanno sequestrato questo
compagno e l'hanno portato alle celle d'isolamento e allora la tensione è salita
a mille e ovviamente i compagni hanno minacciato di fare del disastri se non
riportavano immediatamente in sezione questo compagno allora le guardie hanno
meditato su questo e hanno permesso a altri compagni di andare a visitare il
compagno però la direzione diceva che siccome era in atto una denuncia da parte
di questo brigadiere che si era ricevuta la cicca di una sigaretta in faccia ci
sarebbe stato il processo e quindi non potevano fino al giorno del processo
toglierlo dall'isolamento
però il giorno del processo è stato fissato solo due o tre giorni dopo il
fatto e così questo compagno è andato al processo dove l'hanno condannato
ovviamente e poi è tornato immediatamente a casa cioè in sezione anzi ha colto
l'occasione durante il processo per denunciare pubblicamente le condizioni in
cui eravamo tenuti ancora dopo più di un mese e questa situazione di lotta
quotidiana per la sopravvivenza allora il ministero della giustizia ha elaborato
il suo piano di risoluzione del problema che come tutti i piani di risoluzione
dei problemi quando si tratta di lotte unitarie e omogenee la soluzione del
problema è sempre una sola la separazione dei detenuti la rottura di questa
unità e di questa omogeneità
cioè quello che loro fanno sempre in queste circostanze è sempre di cercare
di individuare quelli che secondo loro sono gli elementi trainanti nelle lotte e
di dividerli dagli altri e di cercare una differenziazione su cui applicare dei
trattamento diversi e allora un giorno mentre eravamo tutti quanti all'aria sono
arrivate una marea di guardie hanno fatto venire anche da altre carceri non so
quante centinaia di guardie era una cosa paurosa che noi abbiamo pensato qua
sono arrivati per sistemare un'altra volta la faccenda con lo stesso sistema e
li tutti i compagni portavano ancora i postumi del massacro dopo la rivolta e
sono arrivati un numero incredibile di guardie ma hanno dichiarato
immediatamente le loro intenzioni dicendo noi dobbiamo fare una separazione fra
di voi e portare della gente al primo piano vi dobbiamo solo separare
ci hanno dichiarato la loro intenzione li all'aria e hanno cominciato a
tirare fuori il loro listone e hanno detto o uscite voi o entriamo noi e succede
un disastro le guardie erano veramente tante con tanti scudi manganelli idranti
eccetera e così abbiamo pensato che era meglio accettare e così tutti quelli che
erano destinati al primo piano sono saliti su si sono fatti portare al primo
piano non c'è stata nessuna violenza ma la prima cosa che i compagni hanno fatto
appena sono saliti su è stata quella di saggiare subito la tenuta del nuovi
vetri blindati che avevano messo il sopra e con gli sgabelli che sopra c'erano
ne hanno spaccato qualcuno così per saggiare la resistenza di questi nuovi vetri
blindati che avevano messo lì
gli altri compagni li hanno lasciati giù sotto al pianterreno la loro
intenzione era quella di rompere ancora una volta il circuito della
comunicazione interna mettendo la gente su due piani perché mettere la gente su
due piani voleva dire provocare la rottura del flusso di comunicazione che ormai
avevamo conquistato però anche a questo si è subito rimediato perché i compagni
di sopra stracciando le lenzuola ne hanno fatto delle strisce e calavano dalle
finestre del primo piano al pianterreno i bigliettini attaccavano un limone alla
striscia di lenzuolo con i bigliettini e facevano penzolare giù davanti alla
finestra del pianterreno il limone e i bigliettini
però contemporaneamente a questa divisione sono cominciati anche i primi
trasferimenti di massa il ministero della giustizia era riuscito a tempo record
a ristrutturare a ricostruire quell'altro carcere speciale che era stato
completamente distrutto qualche mese prima avevano ristrutturato questo carcere
e quindi in base alle loro liste di quelli che loro consideravano come i
promotori della rivolta sono cominciati i trasferimenti di massa arrivavano
trasferimenti di dieci persone per volta hanno cominciato prima con quelli che
avevano messo al piano di sopra poi i trasferimenti sono continuati finché nel
carcere lì siamo rimasti solo una ventina in tutto dopo tutti questi
trasferimenti
qualche giorno prima del trasferimenti la direzione aveva dato a tutti il
permesso di salire uno per volta accompagnati dalle guardie al primo piano che
era stato distrutto dalle guardie ci avevano fatto salire per recuperare le
nostre cose nelle celle che occupavamo prima della rivolta quando io sono salito
ho visto i buchi delle bombe nel pavimento della rotonda e il cancello divelto
appoggiato al muro il corridoio era quasi buio sentivo dell'acqua sotto i piedi
dovevano esserci delle grandi pozzanghere e l'acqua gocciolava anche dalle
tubature rotte c'erano caloriferi rovesciati nel corridoi tavoli rotti
armadietti sfondati sgabelli sparsi dappertutto tutto rotto e sfondato
pezzi di televisori materassi libri sparsi dappertutto avanzi di cibo
indumenti inzuppati d'acqua e c'era una puzza di umido e di marcio che stagnava
nel corridoio la mia cella era illuminata sulla porta sono inciampato nel
violino sventrato con le corde strappate sono entrato e ho visto il disastro
della mia cella tutto fracassato tutto divelto tutto sfasciato tutta la roba per
terra in due tre centimetri d'acqua una poltiglia che marciva lì da due mesi le
guardie guardavano e non dicevano niente io non sapevo da che parte cominciare
non sapevo cosa fare non riconoscevo più niente c'erano delle camicie delle
maglie fradice con chiazze di muffa verde ho lasciato il tutto le camicie e le
maglie
ho preso due maglioni che si erano salvati perché stavano sopra a altra roba
poi ho preso anche un paio di pantaloni mezzi marci e anche strappati in fondo
ma proprio mi servivano ho visto in un angolo un mucchietto le mie lettere
strappate accartocciate stracciate ho riconosciuto il quadratine giallo
dell'ultimo telegramma dì China c'erano le sue lettere e altre lettere le ho
raccolte in una manciata vedevo sul pezzi di carta la sua calligrafia e me li
sono messi in tasca ho cercato i miei libri qualcuno era ancora in buono stato
anche se bagnato li ho asciugati un po' e li ho messi insieme ai maglioni dopo
avere cercato di aisciugarli un po'
ho cercato ancora un po' ma senza molta convinzione ho rimestato un po' col
piede tra i piatti di plastica e i giornali inzuppati sono rimasto li un po' a
guardarmi intorno nella mia cella le guardie non mostravano di avere nessuna
fretta ho guardato fuori dal vetri rotti della finestra poi mi sono chiesto
perché facevo tutto quello e ho lasciato cadere per terra i libri ho tenuto solo
i maglioni e i pantaloni marci poi mi sono messo la mano in tasca ho tirato
fuori i pezzi delle lettere senza guardarli ho lasciato cadere per terra anche
quelli anche le sue lettere e prima di andarmene mi sono tolto dal collo anche
la sciarpa rossa che avevo sempre al collo e l'ho buttata lì anche quella e me
ne sono andato in fretta con le guardie perché tanto non me ne importava più
niente di niente
43.
E' arrivata la data del processo e sono stato trasferito nel carcere dove ero
stato la prima volta dopo che mi avevano arrestato eravamo in un braccetto di
transito per quelli che come me eravamo lì per un processo un braccetto che era
qualcosa di orribile un braccetto sempre buio incassato in un angolo tra due
raggi dove non arrivava mai un raggio di sole è stato lì che io mi sono reso
conto perché l'ho visto direttamente per la prima volta di tutte queste storie
di pentiti che erano cominciate proprio allora mi sono reso conto allora che il
peggio di tutta questa storia doveva ancora venire che tutto quello che era
successo finora non era stato ancora niente in confronto con quello che
cominciava a succedere anzi era stato quasi bello in confronto perché con tutte
queste storie che succedevano adesso mi sembrava che non solo tutto era finito
per sempre ma anche che tutto era stato anche inutile che era stato veramente
tutto inutile tutto quanto tutto quello elle tutti quanti avevamo fatto
è successo che c'era lì in questo braccetto uno che era conosciuto nel
carcere come uno che aveva parlato che aveva mandato in carcere dell'altra gente
la storia di questo qua era molto strana perché lui era stato catturato in
conseguenza delle dichiarazioni di un pentito e allora in un primo tempo aveva
ammesso tutto quello di cui questo lo accusava c'entrava anche un omicidio lui
ha ammesso tutto ma senza dire altro senza accusare nessuno però i suoi compagni
in carcere hanno considerato questo suo comportamento come un comportamento di
ammissione delle dichiarazioni del pentito e gli hanno proposto come soluzione
di farsi spedire in un carcere di pentiti prendere un pentito ammazzarlo
quando i suoi compagni gli hanno imposto questo lui ha avuto una crisi ha
avuto una reazione davanti a questa proposta è entrato in crisi e ha deciso di
pentirsi veramente lui poi l'ha motivato dicendo che aveva vissuto questa
proposta come una cosa mostruosa questa cosa che gli proponevano e cioè un
omicidio per rifarsi una verginità è andato in crisi ha passato così alcuni
giorni poi si è deciso ha chiamato il magistrato e ha parlato davvero e ha fatto
un sacco di nomi ha detto un sacco di cose ha fatto anche il nome di uno che era
il suo migliore amico l'unico che l'aveva difeso in carcere e così sono arrivate
altre incriminazioni per i suoi compagni che erano in carcere che sono stati
nuovamente incriminati per quello che lui aveva detto
alla fine di queste sue dichiarazioni il magistrato gli ha detto con queste
dichiarazioni tu non puoi più tornare in uno speciale con gli altri perché ti
ammazzano subito allora lo hanno spedito in un carcere per pentiti è andato in
questo carcere per pentiti con la convinzione di trovare per lo meno la
possibilità di discutere di queste esperienze però arrivato li in questo carcere
per pentiti altra crisi ancora peggiore della prima perché quello che ha visto
quello che ha sentito nel suoi colloqui con questi pentiti è stata un'esperienza
ancora più brutta perché lui spiegava nelle sue lettere al suo amico che anch'io
leggevo che questi individui non erano affatto pentiti ma erano soltanto
individui che facevano soltanto i loro conti su quando potevano uscire in base
alla quantità di dichiarazioni che avevano fatto in che tempi potevamo uscire in
base a quello
e allora lui è piombato in un'altra crisi e ha chiamato un'altra volta lo
stesso magistrato a cui aveva fatto le sue dichiarazioni C ha ritrattato tutto e
ha detto lo so benissimo che le ritrattazioni che faccio non serviranno senza
dubbio a scagionare le persone che ho coinvolto però comunque lo da questo
carcere me ne voglio andare perché io non voglio più stare qua allora il
magistrato gli ha detto senti guarda che se ritorni dove eri prima ti ammazzano
non ti fanno più nessuna proposta questa volta ma questa volta ti ammazzano
appena ti vedono e così finisce ma lui ha detto non fa niente vado là anche se
mi ammazzano però io qua non ci sto
il ministero non sapendo bene dove metterlo l'ha parcheggiato in questo
braccetto e lui era lì proprio quando io sono arrivato lì per il processo lui
era in isolamento anche all'aria .scendeva da solo lo mettevano in uno di questi
spicchi da solo però appena sono arrivati li anche i suoi compagni lui ha
cominciato a mandare bigliettini e lettere raccontando tutte queste vicende e
dicendo che la sua intenzione era quella di volere tornare con i compagni
nonostante che aveva fatto quello che aveva fatto e diceva che era disposto a
accettare il giudizio che i compagni avrebbero dato sulle sue scelte e sui suoi
comportamenti diceva che preferiva rischiare di essere ucciso perché si rendeva
conto di quello che aveva fatto e che preferiva rischiare di essere ucciso
faceva tutti questi discorsi autocritici che mandava ai suoi compagni
dall'isolamento ma che venivano tutti respinti non riceveva nessuna risposta e
allora dopo questi tentativi andati a vuoto di stabilire un rapporto di
discussione un giorno si è deciso è sceso all'aria e ha insistito per mezz'ora
con il brigadiere che era di servizio per farsi mettere con i compagni ha
insistito tanto il brigadiere era dubbioso poi però l'ha fatto entrare e allora
lui si è messo a parlare coi suoi compagni raccontando la sua storia che già si
sapeva i compagni gli hanno detto non entrare più qua dentro domani se no ti
ammazziamo e allora lui ha detto che sarebbe entrato comunque domani perché se
era quello che decidevano lui comunque lo accettava
e allora i suoi compagni discutono sul da farsi e dicono se effettivamente
domani questo scende all'aria bisogna ammazzarlo davvero altrimenti questo resta
li e la cosa passa e inoltre poi la voce circola in tutte le carceri e si viene
a sapere che questo considerato un infame va tranquillamente all'aria in cortile
con loro e allora il giorno dopo questo effettivamente si presenta all'aria i
compagni avevano una lama ma hanno deciso di non accoltellarlo ma di
strangolarlo con del lacci intrecciati delle scarpe hanno annodato una treccia
fatta di lacci di scarpe e allora lui puntualmente si è presentato all'aria si è
fatto mettere come il giorno prima nello spicchio dove c'erano i compagni e ha
capito che questi lo ammazzavano e era lì a aspettare che lo ammazzavano
infatti lo hanno messo al muro e gli hanno messo questa treccia di lacci
intorno al collo e questo qua non faceva la minima resistenza non diceva niente
non si divincolava assolutamente stava immobile lasciava fare lasciava che gli
mettevano la treccia intorno alla gola quando un compagno ha cominciato a tirare
la treccia intorno al collo l'ultima cosa che ha detto è stata no non così era
un suo amico quello che stava tirando gli ha detto no non così ti prego usa la
lama fai con la lama quello ha continuato .i tirare la treccia e questo qua era
diventato ormai cianotico era viola era completamente viola gli occhi rivoltati
in su a poco a poco soffocava perché la cosa è durata moltissimo poi a poco a
poco è caduto in ginocchio
poi improvvisamente la treccia si è spezzata la treccia di lacci di scarpe si
è spezzata di colpo e quello che tirava è rimasto con in mano la treccia
spezzata allora lì nel frattempo erano accorse le guardie che avevano seguito
tutto dal gabbiotto dalle telecamere puntate e questo in ginocchio è rimasto lì
rannicchiato per terra potevano andare avanti e ammazzarlo con le mani questo
qua non avrebbe fatto nessuna resistenza però l'hanno lasciato avevano tutti le
facce sconvolte sono arrivate le guardie coi cani coi caschi abbassati i
manganelli gli scudi questo era lì rannicchiato per terra mezzo svenuto ma
faceva degli scatti non so tossiva cercava di respirare gli usciva della schiuma
dalla bocca poi vomitava non so ma che cazzo di storia di merda stavo vedendo
che storia di merda che sto raccontando
solo che la storia non è finita qua perché dopo che le guardie l'hanno
portato via e appena si è ripreso questo parlando dalla finestra della sua cella
con quelli della cella di fianco diceva domani scendo ancora io domani scendo e
loro dicevano però le guardie non ti mettono più con noi e lui diceva ho tentato
di uccidermi ma non riesco ad uccidermi dovete uccidermi voi e così poi lui è
sceso all'aria anche il giorno dopo però il giorno dopo era arrivato quel suo
amico che questo aveva denunciato insieme agli altri questo qua è sceso all'aria
e le guardie l'hanno messo ovviamente da solo erano molto tese le guardie perché
non sono mica scene belle e loro davanti a queste scene si convincono che hanno
a che fare con assassini che ammazzano come ridere si convincono ancora di più
è arrivato il suo amico ha saputo della storia dell'aria e allora la prima
cosa che ha fatto è andato al cancello l'altro stava nel cancello di fianco e
cacciando fuori la testa si riusciva a parlare vedendosi in faccia quello è
andato là ha cacciato fuori la testa e si è messo a parlare con questo qua e
allora tra i loro compagni si e creato un po' di imbarazzo per via di questo
gesto perché comunque l'ultima cosa che potevano fare era dare addosso a quello
che era un compagno troppo pulito troppo a posto per osare solo dirgli qualcosa
e quello non solo ha fatto questo gesto ma poi si è tolto anche un anello si è
tolto un anello dalle dita e glielo ha dato attraverso il cancello questo qua lo
aveva denunciato però loro erano amici erano amici fin dall'infanzia
poi il giorno dopo questo qua sempre parlando attraverso la finestra della
cella ha detto ai suoi compagni che lui aveva intenzione di chiamare il
magistrato e di aggredirlo e quindi ha chiesto di passargli un fornello in modo
da fare un punteruolo e allora i compagni gli hanno detto va bene ma non credere
che se fai questa cosa i tuoi problemi sono risolti se tu questa cosa vuoi farla
falla ma non cambia assolutamente niente il sangue di un magistrato non lava i
tuoi problemi proprio così gli hanno detto il sangue di un magistrato non lava i
tuoi problemi però gli hanno dato ugualmente il fornello e lui ha fatto il
punteruolo ha fatto chiamare il magistrato a cui lui aveva fatto le
dichiarazioni il magistrato è arrivato pensando probabilmente che lui doveva
fare altre dichiarazioni e nella sala colloqui lui è riuscito a tirargli una
punteruolata a un braccio dopodiché sono intervenute le guardie e lo hanno
bloccato
44.
Qualche giorno prima dell'inizio del processo sono arrivati nel braccetto
anche Gelso e Ortica io li aspettavo con molta ansia perché era così tanto tempo
che non li vedevo Gelso era stato arrestato quando ero stato arrestato io ma era
stato messo subito in uno speciale ancora più giù al sud e in tutto questo tempo
non avevo avuto più notizie di lui Ortica invece era stato arrestato solo
qualche mese fa e era finito nello stesso speciale di Gelso io ero molto ansioso
emozionato di rivedere i miei compagni dallo spioncino li ho visti arrivare in
fondo al corridoio circondati dalle guardie Ortica era carico di zaini Gelso non
aveva niente per un momento non l'ho nemmeno riconosciuto era magrissimo i
capelli corti senza occhiali guardava davanti a sé senza rispondere al saluti
dagli spioncini delle celle
allora li ho chiamati e Ortica ha sentito subito mi ha riconosciuto anche se
non mi poteva vedere perché le guardie li stavano mettendo in una cella un po'
lontana dalla mia ho sentito la voce di Ortica che mi chiamava e mi diceva dove
sei poi schiacciando la faccia contro lo spioncino l'ho visto per attimo in
mezzo al corridoio che agitava un braccio per salutarmi mentre una guardia lo
tirava indietro per l'altro braccio io appena li hanno chiusi dentro ho chiamato
il brigadiere e gli ho detto che erano miei coimputati che erano lì per i1 mio
stesso processo e ho scritto subito la domandina perché potessero venire nella
mia cella dov'ero solo il brigadiere mi ha detto che la portava in direzione e
che forse la sera stessa si poteva fare il trasferimento di cella
io intanto mi sono messo subito a preparare la cena per Gelso e Ortica nella
mia cella non avevo molta roba ho chiamato il lavorante per mandarlo nelle altre
celle per farmi dare della roba del vino soprattutto intanto ho scopato per
terra e ho lavato anche con lo straccio il pavimento ho tolto il materasso dalla
branda perché non c'era tavolo nella cella ma solo un pezzetto di lamiera rigida
fissata al muro quando il lavorante è tornato mi ha portato tre bottiglie di
plastica d'acqua minerale con dentro un quartino di vino rosso che così lo
vendono alla spesa e altra roba che non era un granché e allora non sapevo come
fare perché volevo fare una bella cena per i miei amici
e allora ho pensato di fare un dolce avevo in cella due bustine per fare i
budini ho fatto due budini uno al cioccolato e uno alla vaniglia scaldando il
latte in un pentolino sul fornello e poi li ho messi a raffreddare fuori dalla
finestra in due scodelle di plastica ho fatto il caffè ci ho inzuppato dentro
del biscotti secchi e poi su un piatto ho messo a strati il budino e i biscotti
ho sbattuto un bianco d'uovo con lo zucchero fino a farlo montare in una crema
bianca che ho messo sopra tutto e sulla brinda ho messo un lenzuolo bianco
pulito poi ho svitato il fornello a gas e ci ho avvitato un cono di stagnola da
cui la fiammella usciva come una candela
ho spento la luce e stavo apparecchiando quando la guardia ha aperto la
blindata e ha fatto entrare Ortica ma Gelso non c'era e Ortica mi ha detto che
mi avrebbe spiegato dopo ci siamo abbracciati e appena le guardie se ne sono
andate mi ha detto che Gelso stava male stava male di testa era già parecchio
tempo che non stava bene non sopportava più il carcere in un primo tempo parlava
solo di evasioni poi ha cominciato a non parlare più con nessuno sembrava che
non riconosceva più le persone non voleva più parlare con nessuno e poi si
metteva anche nell'ora d'aria a camminare a quattro zampe nel cortile ringhiando
e facendo delle smorfie come un pazzo borbottava che se era un cane l'avrebbero
lasciato uscire
avevo preparato per cominciare delle tartine con delle fette di salame e un
po' di maionese abbiamo cominciato a mangiare e Ortica ha cominciato a
raccontarmi la storia di Scilla io avevo già sentito qualche voce che circolava
ma non ci avevo creduto mi sembrava impossibile quello che si diceva che Scilla
era diventato una spia un delatore che aveva tradito i compagni anche se lui a
me non mi era mai stato simpatico però Ortica mi ha raccontato che ormai tutti i
compagni fuori avevano la certezza che Scilla era diventato confidente del
carabinieri che aveva fatto arrestare un sacco di compagni tutto era cominciato
quando i carabinieri gli hanno fatto una perquisizione e o perché gli hanno
trovato delle armi o non si . sa per quale altro fatto fatto sta che se lo sono
portato in caserma e per tutto il giorno è rimasto in caserma e poi lo hanno
rilasciato durante la notte
Scilla aveva motivato la cosa dicendo ai suoi compagni che i carabinieri
gliela avevano menata per tutto il giorno ma che poi lo avevano lasciato andare
perché non avevano in mano niente i compagni ci avevano creduto anzi erano
felici che non era successo niente di grave ma neanche nella maniera più lontana
qualcuno ha avuto un dubbio è arrivato a pensare che in quella occasione era
cominciata la sua collaborazione con i carabinieri Scilla era del tutto
insospettabile tutti avrebbero messo la mano sul fuoco per lui e invece quando i
carabinieri gli hanno fatto la proposta di collaborare lui ha accettato e lo
hanno lasciato andare e poco dopo c'è stato l'agguato e la morte di Cotogno e
poi quando ha finito di denunciare tutti i suoi compagni Scilla sparisce non si
sa forse gli danno un passaporto del soldi e sparisce all'estero
sulla morte di Cotogno la conferma che il responsabile era Scilla Ortica l'ha
avuta direttamente da Valeriana che aveva incontrato poco prima di essere
arrestato aveva incontrato Valeriana per caso davanti a una farmacia era
parecchio che non la vedeva e quasi non la riconosceva aveva sentito dire che
era inscimmiata ma gli ha fatto impressione quando l'ha vista com'era ridotta
Valeriana si vede che quel giorno era in crisi d'astinenza che non trovava roba
per farsi era conciata che non posso spiegarti mi ha raccontato Ortica piangeva
urlava era cuori dalla farmacia e urlava aiutatemi nessuno vuole darmi il
metadone ho fatto il giro di tutte le farmacie di tutti i paesi nessuno mi vuole
dare il metadone questi bastardi di farmacisti di merda li ammazzo tutti sto
male sto impazzendo
non l'ho più rivista per una settimana poi un giorno mi ha aspettato sotto
casa era vestita come l'ultima volta con la stessa cuffia di lana nera calcata
sulla fronte mi ha chiesto Se le potevo trovare del soldi perché con Nocciola
era sotto di un milione Nocciola era diventato lo spacciatore della zona questa
era un'altra cosa che ho saputo da Ortica Valeriana vendeva per lui l'eroina ma
i soldi se li era spesi tutti per farsi lei insomma era nei casini e non poteva
più rivolgersi a nessuno aveva debiti dappertutto parlava ininterrottamente e
diceva che voleva smettere che adesso prendeva il metadone perché voleva
smettere ma che prima doveva sistemare il debito con Nocciola
non aveva paura di lui quanto del suo giro di amici che erano capaci di fare
storie pesanti con quelli che non pagavano l'avevano già minacciata e Nocciola
non si era messo in mezzo se ne lavava le mani e avrebbe sicuramente lasciato
fare ai suoi amici siamo andati in un bar si è tolta la giacca a vento ma teneva
sempre in testa la cuffia di lana nera che le sembrava incollata sulla testa i
capelli ti ricordi che bel capelli aveva biondi lunghi adesso le cadevano sulle
spalle a ciocche impastate di un colore sporco aveva la faccia sudata e
giallognola gli occhi infossati e cerchiati da occhiaie così scavate che
sembravano delle rughe parlava in continuazione facendo scorrere su e giù
continuamente le unghie sulle coste del pantaloni di velluto
è stato quella volta li al bar che Valeriana ha raccontato a Ortica la storia
della morte di Cotogno si erano dati un appuntamento in quell'appartamento dove
avevamo avuto quella famosa riunione Cotogno aveva detto a Valeriana prima di
andarci che aveva un appuntamento con Scilla ma Scilla non era andato
all'appuntamento e invece c'erano andati i carabinieri sono entrati
nell'appartamento e hanno sparato subito evidentemente hanno voluto vendicare il
carabiniere che era stato ucciso da poco e da quel momento Scilla è scomparso
dalla circolazione e c'è stata una serie di arresti tutti compagni che avevano
avuto del rapporti con Scilla e alla fine anche Ortica che con le storie di
Scilla non c'era mai c'entrato niente ma probabilmente perché Scilla lo odiava
abbiamo mangiato l'insalata di riso fredda che avevo rimediato e delle
sardine in scatola Ortica mi ha detto che di China nessuno ne sapeva più niente
da un pezzo era scomparsa completamente volatilizzata lui l'aveva vista l'ultima
volta in sede quando si stavano facendo le prove della radio io preferivo non
parlare di China abbiamo mangiato il budino che era schifoso poi Ortica ha fatto
un grande sorriso e ha tirato fuori dal taschino dei jeans una caccola di fumo
l'ha guardata controluce e mi ha detto sai che storie ho dovuto care per
portarla fin giù siamo seduti sul materasso e ci siamo fatti uno spinello il
fumo era buonissimo e ci siamo messi a ridere tutti e due Ortica rideva sempre
più forte rideva come un matto gli sono venute le lacrime agli occhi
domani abbiamo il processo ti rendi conto domani ci portano lì e ci fanno un
bel processo io non ho la minima idea ma tu hai un'idea che cosa gli diciamo ha
smesso di ridere anche se sembrava che rideva ancora ma sulla faccia aveva una
smorfia io ho detto tanto ci daranno lo stesso un sacco di anni a tutti
qualsiasi cosa gli andiamo a dire o non dire la fiamma a candela del fornello è
scesa piano la bomboletta a gas del fornello stava scendendo finché si è spenta
del tutto io non vedevo quasi più Ortica li al buio gli ho detto qualche volta
mi chiedo adesso che tutto è finito mi chiedo che cosa ha voluto dire tutta
questa nostra storia tutto quello che abbiamo fatto che cosa abbiamo ottenuto
con tutto quello che abbiamo fatto lui ha detto non credo che è importante che
tutto è finito ma credo che la cosa importante è che abbiamo fatto quello che
abbiamo fatto e che pensiamo che è stato giusto farlo questa è l'unica cosa
importante io credo
Ortica mi ha passato lo spinello per l'ultimo tiro e gli ho chiesto della
radio come aveva funzionato la radio Ortica si è rimesso a ridere la radio era
tutto pronto c'era tutto il materiale c'era la frequenza c'era anche il telefono
avevamo fatto tutte le prove di voce con la voce di China uno due tre prova
rideva siamo riusciti a dire solo uno due tre prova c'era tutto lì pronto
bastava schiacciare un pulsante e parlare ma non avevamo più niente da dire
nella sede non ci andava più nessuno ormai ogni giorno capitava un disastro
nuovo uno che arrestavano uno che impazziva uno che spariva uno che si suicidava
tutti sono spariti non c'era più niente da dire e così tutto è rimasto lì a
coprirsi di polvere il trasmettitore la piastra lo sterco l'amplificatore il
microfono e la voce di China
45.
Non vuole rispondere mi dice nel microfono la voce del presidente e la sento
alle mie spalle rimbombare alzo la testa e guardo quelle teste che mi guardano
dall'alto dietro i loro occhiali scuri mi sento sprofondato in basso sulla mia
sedia con i carabinieri in piedi dietro di me e sopra quella fila di teste
asserragliate dietro il bancone che mi guardano con ostilità e disprezzo tutti
mi guardano nell'aula gli avvocati i giornalisti lo scarso pubblico di parenti i
compagni nella gabbia i carabinieri sparsi dappertutto tutti guardano me tutti
aspettano me aspettano che parlo anch'io aspetto mi sembra che aspetto da sempre
che il tempo si è fermato e adesso cosa faccio cosa dico stavo lì immobile
aspettando non so che cosa
ho fatto sì con la testa per dire che volevo rispondere e subito il
presidente senza neanche guardarmi mi chiede se mi ritengo colpevole o innocente
e allora io dovevo cominciare a parlare visto che avevo fatto sì con la resta ho
fatto un grande sforzo la bocca secca che mi bruciava e senza guardare nessuno
guardavo solo il legno del bancone dritto davanti al miei occhi ho detto che
prima di rispondere bisognava prima intendersi sul significato di queste parole
perché non era detto che per me e per loro queste parole colpevole o innocente
avevano lo stesso significato e allora bisognava prima chiarire capire stavo
dicendo più o meno una cosa del genere e ho sentito un urlo del pubblico
ministero che mi interrompeva dicendo che dovevo rispondere alla domanda e non
fare inutili giochi di parole
ho avuto subito la reazione di alzarmi e dì ritornarmene nella gabbia non
l'ho fatto perché mi sentivo inchiodato incollato su quella sedia adesso intorno
a me c'era il silenzio allora ho aspettato un momento poi ho ripreso ho detto
allora diciamo così voi parlate mi accusate voi dite banda armata che io sono
stato ho partecipato a una banda armata che sono un sovversivo il presidente mi
interrompe dice no no dice non ci siamo non sono io che dico questo e picchia
col palmo della mano sulla pila di fascicoli che ha lì davanti non sono io che
dico questo questi sono gli atti e picchia ancora con la mano sui fascicoli è da
tutti questi atti che il codice penale desume il reato di banda armata è sulla
base di questi atti che noi dobbiamo discutere e che lei mi deve rispondere
perché è sulla base di questi atti che stiamo facendo questo processo
a questo punto sento la voce del mio avvocato dietro di me che dice vorrei se
il presidente me lo consente ma il presidente non consente anzi s'infuria e
grida all'avvocato che lui adesso non consente niente che l'avvocato attenda il
suo momento l'avvocato tenta di insistere ancora e dice io credo di avere il
diritto quale diritto grida il presidente il diritto lo stabilisco lo qui dentro
sono lo che dirigo questo dibattimento dalla gabbia parte qualche grido qualche
fischio il pubblico ministero si alza in piedi e punti il dito verso la gabbia e
urla ma io non sento che cosa urla perché adesso tutti urlano il presidente urla
più di tutti nel microfono i carabinieri si agitano su e giù fuori dalli gabbia
il presidente urla più forte di tutti basta silenzio ancora una parola e faccio
sgomberare l'aula
aspettano ancora tutti un'altra volta che ricomincio a parlare il presidente
si è calmato agita la mano su su andiamo avanti allora lo dico stavo dicendo che
io non capisco che senso ha da parte mia dichiarare di essere innocente o
colpevole perché non è che voglio negare anzi rinnegare quello che ho fatto
quello che sono stato perché se ho pensato che questa società in cui viviamo va
cambiata il presidente mi interrompe ma lei si deve rendere conto che qui non
stiamo processando delle idee ma del fatti del fatti contemplati dal codice
penale come reati ma allora dico lo perché cominciate accusandomi di essere un
terrorista queste sono idee non sono forse idee queste ho detto lo il presidente
alza un dito
ma sono idee che portano dritte al sangue che hanno portato a un lago di
sangue lei si dimentica o vuole volutamente dimenticare tutti i morti che ci
sono stati che sono stati il seguito naturale delle idee e del comportamenti
sovversivi allora io dico a parte che io comunque credo che non sono accusato di
nessun morto di nessun fatto di sangue ma il pubblico ministero mi interrompe
con un urlo indignato questo è un atteggiamento cinico e sprezzante una voce
dalla gabbia riconosco la voce di Ortica gli grida buffone il presidente dice
che non tollera le interruzioni e quel linguaggio e ordina che Ortica sia
espulso dall'aula c'è stata una grande confusione tutti che urlavano dentro la
gabbia gli avvocati che protestavano il pubblico ministero che agitava le
braccia il pubblico che rumoreggiavi finché si è sentito l'urlo del presidente
sospensione e così è finito il mio interrogatorio
tutto quello che ci è stato raccontato finora è una storia insensata ma è
soprattutto una storia criminale così ha cominciato la sua requisitoria alla
fine del processo il pubblico ministero dall'alto del suo banco dritto in piedi
avvolto nella toga nera sotto l'enorme orribile mosaico col trionfo delle
azzurre forze del male la bocca premuta sulla palla nera del microfono e la voce
che rimbomba nel silenzio dell'aula in quella gabbia è rinchiusa la follia di
questi anni tutte le teste dei giurati si girano verso la gabbia tutte insieme
bisogna allontanare ogni tentazione di giustificazione sociale politica
culturale la responsabilità diretta o indiretta nei fatti delittuosi che hanno
insanguinato il paese noi dobbiamo le teste del giurati tornano a girarsi verso
il pubblico ministero
cercando di gettare nel caos le istituzioni fondamentali della nostra
democrazia la famiglia lo studio il lavoro davanti a voi non avete dei
rivoluzionari ma degli uomini e delle donne trasformati dall'odio contro la
società in belve inferocite le teste del giurati si girano tutte verso la gabbia
senza ideali se non quelli della distruzione e della morte alle spalle di questi
individui non c'è cultura c'è la pedagogia della violenza ascoltatemi bene le
teste dei giurati si girano verso il pubblico ministero tutte insieme seminando
odio nelle menti immature e sprovvedute delle giovani generazioni approfittando
bassamente delle libertà che la nostra democrazia offre indistintamente a tutti
per ordire il loro disegno eversivo mirante a abbattere le basi della pacifica e
civile convivenza
ma chi semina vento raccoglie tempesta il pubblico ministero ha alzato la
voce e sembra mangiare il microfono si sporge in avanti appoggiandosi con la
punta delle dita sul bordo del banco non c'è cultura in questa storia non ci
sono idee in queste farneticazioni senza punti né virgole c'è solo predicazione
dell'ignoranza e della violenza del rifiuto totale della negazione pura i
profeti di sventura che hanno tramato alle nostre spalle per anni impuniti che
hanno armato le mani di questi giovani sciagurati che hanno portato tanti lutti
in famiglie oneste innocenti laboriose eccoli ora davanti a voi le teste del
giurati si girano insieme verso la gabbia per un istante poi tornano ,i fissare
il pubblico ministero che ormai grida alzando le braccia al cielo
noi tutti che ci eleviamo a difesa delle istituzioni democratiche e delle sue
leggi dobbiamo dire che lassismo irresponsabile che si è verificato aperto
atteggiamento di complice accondiscendenza i giurati tendono le teste perché la
voce del pubblico ministero rimbomba tanto che le sue parole sono ormai
incomprensibili vero e proprio fiancheggiamento da parte ebbene oggi
intellettuali bramosi ci sentiamo di dire che credevano di fare la storia nessun
dubbio nessuna clemenza questi individui dalla storia saranno condannati punire
fino in fondo il braccio incolto di queste menti perverse monito alla parte sana
del giovani di questo paese finirà nella spazzatura della storia a quelli che
verranno dopo di noi schiacciare questo drago mostruoso
46.
Ho fatto il viaggio di ritorno allo speciale insieme a un ragazzo che poi è
stato ucciso in carcere anche lui e prima a sua volta aveva ammazzato qualcuno
in carcere e era destinato in uno del primi braccetti della morte che stavano
sperimentando in quel periodo era destinato lì perché aveva appena ucciso uno in
uno speciale per una questione di regolamento di conti tra mafiosi non so bene
mi faceva una strana impressione quando pensavo che era uno scannatore
all'apparenza era un ragazzo innocuo quasi tenero aveva un grande drago colorato
tatuato sul petto abbiamo parlato durante tutto il viaggio che mi riportava al
carcere speciale dopo il processo poi è finito male questo ragazzo l'anno dopo
gli hanno tirato una trentina di coltellate l'hanno ammazzato
prima di partire stavamo in celle di fianco era venuto lì anche lui per un
processo e mi passava dalla finestra il pollo arrosto che gli mandava la sorella
ho fatto il viaggio dì ritorno sul solito blindato e la cosa assurda è che ero
contento di tornare giù allo speciale per rivedere tutti i compagni gli amici
parlavo con questo ragazzo nel blindato e lui era abbastanza disperato di finire
in questo braccetto della morte diceva che li era impossibile vivere non c'era
nulla era in isolamento completo totale non poteva scrivere ai famigliari era
difficile perfino comunicare con l'avvocato i detenuti non si vedevano mai tra
di loro una condizione di isolamento assoluto totale
dall'oblò del blindato vedo il complesso del carcere venirmi incontro poi
l'immagine si riduce al particolare del muro di cinta dietro il reticolo della
rete metallica altissima con in cima il filo spinato scorrono le guardiole di
vetro blindato poi il furgone si ferma davanti al primo cancello mi sembra di
tornare a casa vengo consegnato alle guardie e poi comincia il solito rituale
della perquisizione della roba degli zaini mi fanno una radiografia perché c'era
questa novità adesso che il ministero aveva inviato una macchina per fare le
radiografie perché avevano avuto dei casini sempre quando volevano fare le
perquisizioni anali c'erano sempre puttanai casini perché la gente non voleva
per cui erano sempre botte puttanai casini su questa cosa
allora il ministero ha fatto questo salto tecnologico ha mandato negli
speciali queste macchine per le radiografie e allora ti facevano queste
radiografie ti mettevano dietro uno schermo per vedere se avevi infilato su per
il culo le lame dell'esplosivo dentro del bussolotti eccetera perché per chi
stava negli speciali le occasioni di fuga erano date solamente durante i
processi perché c'era il trasferimento si cambiava carcere e allora c'erano
questi che nello speciale ci stavano da anni e che consideravano quella
un'occasione buona per tentare la fuga per cui se avevano lame o esplosivo
potevano magari sfruttare l'occasione per tentare di scappare e allora se lo
portavano con sé nei trasferimenti
mentre mi rivestivo mi ricordo che un brigadiere mi ha fatto qualche commento
sul mio processo che aveva letto sul giornale poi mi ha chiesto se sapevo che
mentre lo non ero li c'era stato uno scannamento tra i comuni io ho detto sì lo
so l'ho letto sul giornale e allora ha cominciato a descrivermi nei particolari
come si era svolto questo scannamento perché lui era proprio lì dietro il
cancello lo tagliavo corto dicevo sì sì non mi interessa anche perché la sua
intenzione era vedere le reazioni che io avevo o forse no una deformazione che
arriva in carcere è che si arriva a voler dare un significato a tutto voler
interpretare tutto che tutto deve essere un segno di qualcosa i deve poter
leggere logicamente mentre invece se ci pensi poi capisci che c'è sempre un
sacco di cose che capitano così per caso come forse quel brigadiere che aveva
forse solo voglia di chiacchierare
dopo quel morto dal ministero è arrivato l'ordine di separate i comuni dai
politici ma il morto è stato un pretesto era un progetto già in piedi da tempo
quello di una separazione netta tra comuni e politici nel frattempo però dopo la
rivolta i rapporti tra comuni e politici si erano incrinati c'era stato un
ricambio generale del comuni e non avevano messo lì più nessun comune che
simpatizzava per i politici e che quindi poteva essere un tramite tra le due
componenti così è venuto meno il rapporto che c'era tra comuni e politici prima
della rivolta non ci sono state reazioni anzi i comuni facevano girare la voce
che erano molto incazzati con i politici perché con i loro casini avevano
peggiorato le condizioni del carcere e che di casini loro non ne volevano avere
più da noi
allora appunto il brigadiere mi ha spiegato quello che era successo mi ha
detto adesso non fate più l'aria insieme i comuni socio incazzati eccetera il
brigadiere continuava ,i parlare ininterrottamente mentre mi accompagnava in
sezione per tutto il percorso del corridoi e quando ci fermiamo ai cancelli
chiusi e su per le scale e mi diceva anche che erano arrivate lì anche
moltissime persone nuove e adesso avevano ristrutturato il secondo piano dopo un
inno di lavori l'avevano tutto ristrutturato e così alla fine tutto è tornato
con lo stesso ordine che c'era prima della rivolta lavoranti al pianterreno
comuni al primo piano e politici al secondo e così hanno potuto riempirlo con
altra gente e quando sono arrivato al secondo piano ristrutturato ho visto come
era stato trasformato
la sezione aveva un'aria tutta nuova aveva un'aria da bunker più bunker di
quanto fosse prima c'erano molte più guardie nei corridoi c'erano molti cancelli
dei filtri nel corridoi non più soltanto i cancelli della rotonda ma c'erano
altri filtri di cancelli c'erano le telecamere in alto che prendevano d'infilata
i corridoi le telecamere accese con le lucine rosse le blindate sono chiuse e
dagli spioncini vedo facce che non conosco il brigadiere mi dice lo ti consiglio
mi dice paternalista lo ti consiglio dammi retta nel tuo interesse di metterti
da solo in una cella perché nel camerone con gli altri lo sai che ti vengono
addosso i guai è da tanto che sei qui e lo sai dammi retta mettiti da solo io
gli ho detto no lo voglio tornare nel camerone con i miei amici
il brigadiere scuote la testa fai come vuoi però per stanotte devi dormire
qui devi stare solo adesso nel tuo camerone i posti sono tutti occupati ma
domani c'è uno che parte per un processo e quando questo parte potrai andare nel
camerone e prendere il tuo posto che avevi prima di partire passando nel
corridoio ho visto molta gente che non conoscevo ma poi sono arrivato nelle
celle dove c'erano i vecchi compagni che avevo lasciato per cui il solito
rituale dei baci tra gli spioncini con i nasi che si appiccicano sui bordi degli
spioncini queste cose le urla i saluti che poi sono continuate quando sono
entrato nella mia cella sono rimasto un po' a urlare dallo spioncino poi è
finito con ci vediamo domani all'aria e poi i compagni mi hanno mandato le cose
da mangiare troppa roba ognuno ha mandato qualcosa
quando i saluti sono finiti ho guardato meglio la cella e la cella in effetti
era completamente trasformata da come erano prima nel senso che per esempio
avevano tolto tutte le mattonelle del pavimento e avevano fatto una semplice
colata di cemento liscio alla finestra oltre alla doppia serie di sbarre che già
esisteva hanno aggiunto un'altra grata di sbarre speciali che erano dei grossi
cilindri incrociati a rombo avevo già sentito parlare di queste nuove sbarre
perché sono le famose sbarre antiseghetto perché sono di una lega speciale e
hanno all'interno un'anima un altro cilindro d'acciaio che ruota sul suo asse
così anche nel caso che col seghetto intacchi le sbarre quando arrivi a metà
trovi l'anima che ruota e il seghetto non riesce a fare presa sull'anima che
ruota
quindi oltre alle doppie sbarre che già c'erano hanno messo in un'altra grata
di queste sbarre speciali e in più ancora fuori hanno messo una grata di ferro
con una rete talmente fitta che non ci passava neanche un mignolo e poi il
giorno dopo ho visto che non ci passava nemmeno quasi la luce e poi ho visto
anche che avevano sostituito il lavandino non era più in ceramica ma era in
ferro in acciaio incassato completamente dentro un blocco di cemento stessa cosa
per il cesso alla turca anche quello incassato in un blocco di cemento anche
l'armadietto era d'acciaio e murato le blindate restavano chiuse praticamente
tutto il giorno era aperto solo lo spioncino e ovviamente anche di notte le
blindate erano sempre chiuse
ho passato lì la prima notte dopo il ritorno in questa cella però prima di
andare a letto è successa un'altra cosa perché nella cella di fronte a me avevo
un vecchio compagno che conoscevo bene e che stava anche lui in carcere da molto
tempo e di fianco alla sua cella ho visto affacciarsi allo spioncino un giovane
compagno che non conoscevo mi ha salutato lo l'ho salutato poi ho parlato un po'
con questo vecchio compagno e il nuovo arrivato stava lì allo spioncino che ci
ascoltava e voleva anche lui parlare con noi ma il vecchio compagno mi faceva
delle strane facce mentre il nuovo arrivato voleva come attaccare discorso con
me l'altro mi faceva strane facce poi mi ha fatto segno con la mano come di
tacere io sul momento non capivo capivo che c'era qualcosa che non andava ma non
capivo che cosa
47.
La mattina dopo sono sceso all'aria e sono subito corso a abbracciare i
vecchi compagni per cui baci e abbracci con rutti e poi hanno cominciato a
raccontarmi tutto quello che era successo in mia assenza soprattutto l'arrivo di
questi nuovi compagni tutti molto giovani che erano giudicati dal vecchi
Compagni come molto infantili e inesperti erano appena entrati in carcere non
conoscevano ancora il funzionamento dei meccanismi del carcere in più giravano
voci che tra loro c'erano persone sospette persone che erano state arrestate su
dichiarazioni di pentiti e che nell'interrogatorio coi magistrati avevano
immesso qualcosa o tutto e avevano così confermato i pentiti anche se non
avevano fatto nomi o aggiunto altre cose e poi c'erano altri che si erano
pentiti e poi si erano pentiti di essersi pentiti e avevano ritrattato
sentivo tutte le contraddizioni e le tensioni di questa nuova situazione
perché prima il clima del carcere era il clima di una comunità dove c'erano
ottimi rapporti di fratellanza eccetera con questi nuovi venuti effettivamente i
problemi erano grossi perché motti di questi nuovi venuti avevano storie assurde
erano l'ultima generazione di combattenti tutti giovanissimi e avevano tutti una
biografia simile non avevano avuto nessun percorso di movimento anche perché
ormai il movimento era stato spazzato via per cui il percorso era stato la
lettura di qualche documento la distribuzione clandestina di qualche volantino
scritte sul muri uno striscione su un cavalcavia e poi magari un omicidio subito
tra le prime azioni e poi l'arresto su dichiarazioni di qualche pentito
vivevano uno sbandamento pauroso perché ormai non avevano più nessun progetto
politico e fuori i loro compagni rimasti erano ormai piccoli gruppi che
cercavano solo di sfuggire braccati inseguiti per tutta Italia da carabinieri e
polizia però anche lì nel carcere conservavano tenacemente i loro vincoli
associativi di clan di banda che erano per loro come vincoli familiari io ho
chiesto di questo compagno nuovo della cella di fronte a me che la sera prima mi
avevano fatto segno di non parlargli e mi hanno detto che era uno di quelli
arrestati un paio di settimane prima lo avevo seguito alla televisione la sua
storia e il suo arresto e quello degli altri suoi compagni feriti fuggiaschi per
le campagne e i boschi questa scena di caccia grossa con l'inseguimento del
carabinieri in elicottero e a cavallo dopo che avevano fatto una rapina andata
male
li hanno catturati e la cosa che era successa è che questo era stato
torturato e sotto tortura aveva parlato e aveva fatto arrestare altri suoi
compagni che adesso erano anche loro lì nello stesso carcere questo per la prima
settimana era rimasto in cella non era sceso all'aria i suoi compagni hanno
dovuto trattare discutere con gli altri e hanno garantito per lui dicendo questo
è stato torturato ha fatto dei nomi però siamo noi semmai che dobbiamo dire
qualcosa perché noi siamo in galera perché lui ha fatto i nostri nomi però
siccome ha parlato sotto tortura e hanno torturato anche noi anche se noi non
abbiamo parlato però comprendiamo benissimo quello che ha fatto quindi dopo una
settimana di discussioni qua e là si era deciso che questo poteva scendere
all'aria e tutto era risolto
all'aria era cambiato il clima non si giocava più a pallone era diventata una
situazione nevrotico di discussioni senza fine in cui ogni giorno c'era il
problema di uno che forse era un infiltrato un infame eccetera e c'era come in
tutti i carceri questo dibattito sul pentimento e sulla tortura che era
diventata la regola per chiunque catturavano allora i compagni di quello che
avevano torturato e che aveva parlato gli hanno detto è bene che questa tua
esperienza venga scritta fatta circolare lui ha preso la cosa con impegno e ha
passato una settimana a scrivere questo documento al momento in cui doveva farlo
leggere ha detto che ci aveva ripensato che quella stesura non andava bene che
doveva farne un'altra sono passati altri giorni ha fatto una seconda stesura
l'ha fatta circolare tra i suoi compagni per i suoi compagni andava benissimo
ma poi lui ha deciso di ritirare anche questa seconda stesura e di non farla
circolare più e poi un giorno è sceso all'aria ha chiamato a raccolta è sceso
all'aria con una faccia incredibile molto teso molto nervoso ha chiamato tutti i
suoi compagni noialtri non capivamo bene cosa cazzo c'era in piedi cosa stava
succedendo ha chiamato i suoi compagni a raccolta in un angolo del cortile e sì
è messo a parlare con questi però noi abbiamo visto che questi quando lui ha
finito di parlare non sì sono messi a discutere lo hanno lasciato finire e se ne
sono andati via tutti subito e l'hanno lasciato lì solo senza dirgli niente e se
ne sono andati
siamo andati a chiedere a questi altri con cui questo aveva parlato e abbiamo
saputo che aveva detto al suoi compagni che lui non era mai stato torturato ma
che era stato solo minacciato di essere torturato per cui aveva preso paura e
aveva parlato e fatto i nomi senza essere stato torturato siamo riarmasti tutti
quanti sbalorditi la cosa era gravissima a questo punto perché si era in pieno
dibattito su come arrestare il pentimento dilagante e capita una storia come
questa qua e ci sono quelli che sono finiti in carcere a causa di questo che
sono stati torturati davvero e che non hanno parlato e questo qua invece è stato
solo minacciato e ha parlato insomma era un casino si capiva che era una
situazione che era un casino
allora la prima cosa che fanno è di allontanarlo dal camerone di metterlo in
una cella da solo in quarantena quando questo scendeva all'aria nessuno più ci
parlava e noi abbiamo chiesto ai suoi compagni che intenzioni avevano loro hanno
detto noi facciamo un'indagine su questa storia e siccome siamo
un'organizzazione chiediamo il parere anche agli altri compagni nelle altre
carceri e anche ai compagni che abbiamo fuori per prendere una decisione e nel
frattempo questo qua sta lì cosi ci hanno risposto così e hanno cominciato la
loro indagine che consisteva attraverso un sistema complicato di codici
attraverso lettere e telegrammi scritti in codice con quelli della loro
organizzazione che stavano in altre carceri o che stavano fuori in clandestinità
a far girare il discorso per avere poi le risposte
questo qua si è chiuso nella sua cella passava tutto il tempo sulla branda a
leggere la pagina sportiva del giornale a guardare i film alla televisione come
un qualsiasi coatto passava così tutto il tempo in attesa della soluzione del
suo problema parlare con lui era inutile non faceva che ripetere lo da qui non
me ne vado è giusto che i compagni che sono in carcere per colpa mia abbiano il
diritto di giudicarmi diceva che era disposto a morire se poteva servire a
ripagare almeno in parte quello che aveva fatto parlava di suicidarsi e alcuni
suoi compagni più cinici pensavano che questa sarebbe stata la migliore
soluzione per tutti perché avrebbe risparmiato loro il problema di ammazzarlo e
anche politicamente sarebbe stato più significativo che ammazzarlo loro
la cosa che i suoi compagni preferivano era certamente di non doverlo
ammazzare non erano assolutamente contenti di dovere affrontare questo problema
e di dovergli dare questa soluzione di doverlo ammazzare sì capiva chiaramente
che se lo facevano non lo facevano mica perché erano convinti ma perché erano
costretti erano costretti in confronto ai loro compagni nelle altre carceri e
fuori di cui cominciavano a arrivare i telegrammi con le decisioni che erano
tutte unanimemente per ammazzarlo e erano costretti in confronto agli altri
gruppi combattenti che in caso contrario li accuserebbero subito di coprire
apertamente un pentito un infame proprio in quel momento in cui il problema è di
lottare contro il pentitismo dilagante per cui se ci si trova davanti a un
pentito bisogna subito inchiodarlo senza pensarci su un secondo
io ero incerto perché da una parte ero ormai dentro a questo meccanismo
psicologico dell'attesa della scarcerazione credevo effettivamente che fosse
ormai questione di poco tempo quindi non era il caso che mi buttassi in tutte
queste storie in maniera appassionato perché tanto avrei dovuto andarmene
abbastanza presto di lì ma anche perché francamente quando ho saputo questa
storia non mi è piaciuta molto non perché lo disprezzavo perché aveva avuto
paura davanti alla tortura io lì non posso dire niente a me non mi hanno mai
minacciato di firme bere litri di acqua salata di darmi delle scariche
elettriche sui coglioni di pestarmi scientificamente coi manganelli di tenermi
in piedi immobile per giorni di tagliuzzarmi con delle lamette di bruciarmi le
dita con gli accendini eccetera non mi hanno mai fatto minacce del genere e in
più sapendo poi alte queste cose te le fanno davvero
una cosa assurda era che questo compagno scendeva all'aria e puntualmente
tutti i giorni andava dai suoi compagni che lo ignoravano evitavano addirittura
di guardarlo e gli diceva allora avete deciso e questi gli dicevano no e lui
tornava nell'angolo allora nonostante tutto io ho deciso di parlarci con questo
qua però questo qua era completamente partito di testa gli ho detto vattene
vattene via di qua perché cosa fai qua cosa aspetti che ti ammazzano lui mi ha
fatto come un sorriso ha scrollato la testa e poi ha ripreso a camminare allora
lo mi sono messo di fianco a lui e sono andato su e giù di fianco a lui un paio
di volte per il cortile si era fatto silenzio nel cortile tutti ci guardavano
era un rischio quello che facevo era una sfida ma poi altri due vecchi compagni
mi hanno raggiunto e hanno passeggiato insieme a me e a questo qua non è che
pensavo che serviva a qualcosa era un gesto un gesto e basta
che forse non serviva a niente in quella situazione di impazzimento generale
ma almeno quello non l'hanno ammazzato gli hanno dato una volta un sacco di
botte e l'hanno obbligato a andare in isolamento e tutto è finito li con quello
ma di cose così poi ne sono successe una dietro l'altra che non si riusciva più
a capire a trovare delle soluzioni e mi sembrava che ormai tutto era impazzito
che tutto era veramente impazzito tutto ormai era diventato possibile come che
il tuo compagno di cella magari il tuo migliore amico di colpo improvvisamente
un giorno scoppia risali dall'aria e lui non c'è più e allora capisci che si è
messo in isolamento dove poi chiama un magistrato e se la canta e si canta anche
te e così è saltata tra di noi la solidarietà che era stata la nostra grande
forza l'unica cosa che ci era rimasta
48.
Quando mi sono arrivate le notizie della fine di Gelso l'inverno era quasi
finito sopra i catino di cemento armato del cortile c'era un cielo azzurro e
luminoso l'aria era dolce quando soffiava il vento si sentiva l'odore del mare
vicino cominciavamo a spogliarci giù all'aria a toglierci le camice e le maglie
ci mettevamo lì sdraiati al sole i nostri corpi bianchi respiravano ma poi ci
guardavamo e vedevamo sui nostri colli sul toraci sulle spalle sulle braccia
pallide delle macchie più scure dappertutto eravamo tutti coperti di quelle
macchie che erano del funghi e facevamo finta di non guardarci di non vedere
quelle macchie che ci coprivano tutti è stato in quei giorni che mi è arrivata
l'ultima lettera da fuori mi ricordo che era di Malva e mi parlava di Gelso
Gelso alla fine anche dietro pressione del medico del carcere che si era
convinto del suo stato di squilibrio mentale era stata accolta la sua domanda di
scarcerazione era stato messo agli arresti domiciliari perché si erano convinti
che in carcere non si poteva curarlo che li non faceva che peggiorare e così era
tornato a casa era tornato a abitare con la famiglia e i primi giorni i suoi
amici i suoi compagni quelli che lo conoscevano bene che erano anche suoi amici
d'infanzia e che gli volevano bene andavano a trovarlo hanno cercato di stargli
vicino di aiutarlo come potevano ma tutto sembrava inutile Gelso ormai sembrava
non riconoscere più nessuno non voleva parlare con nessuno non voleva vedere
nessuno
aveva chiesto ai suoi genitori di non fare entrare nessuno nella sua camera e
anche lui non usciva mai dalla sua camera si faceva anche portare da mangiare
nella sua camera e in pochi giorni ha trasformato la camera in una cella ha
portato fuori tutti i mobili ha voluto tenere solo una branda un tavolo e una
sedia teneva sempre la finestra chiusa e la luce accesa anche di giorno e ha
cominciato anche a arredarla come una cella con quelle cose che usano i detenuti
le scatole di cartone del detersivi o della pasta appese ai muri per farne delle
mensole e poi una sera ha mimato un'evasione ha annodato le lenzuola e si è
calato dalla finestra l'hanno ritrovato nel cortile con una caviglia slogata
ha passato un mese senza mai uscire dalla sua camera viveva come in prigione
e non voleva assolutamente vedere nessuno e se vedeva qualcuno non lo
riconosceva non riconosceva quasi nemmeno i suoi genitori che naturalmente erano
disperati non sapevano più cosa fare ma preferivano tenerlo li anche in quelle
condizioni che così almeno non lo mettevano in un manicomio criminale e dopo un
mese un giorno l'hanno trovato impiccato nella sua cella che era la sua camera
una mattina l'hanno trovato lì che si era impiccato con le lenzuola annodate con
cui aveva mimato l'evasione a cui aveva sempre pensato e che neanche adesso gli
era riuscita
la lettera di Malva finiva dicendo che dovevamo renderci conto di come le
cose erano cambiate fuori adesso e che non ci immaginavamo come le cose erano
diventate diverse fuori come tutto fuori era cambiato l'aria l'atmosfera il
clima i discorsi la gente non dovevamo pensare che le cose erano rimaste come
prima adesso la grande paura era passata i padroni erano di nuovo sicuri di sé
erano tornati a sfoggiare loro i soldi le loro Rolls Royce per le strade le loro
pellicce i loro gioielli alla Scala e adesso tutta la gente e anche tanti di
quel compagni pensavano solo a lavorare a fare i soldi a dimenticare tutto
quello che era successo prima quando si credeva che tutto forse stava per
cambiare
c'è un silenzio strano la sera dopo cena adesso non ci si chiama più da una
cella all'altra si vedono i rettangoli azzurrini degli spioncini allineati tutti
illuminati dal riflesso del televisori si spande un unico impasto di musica e di
voci monotono e ondulato il soffitto è spaccato a intervalli dal riflettori
gialli che proiettano la grata della finestra enorme che ti schiaccia sul letto
sei dentro una gigantesca scatola di sardine schiacciate compresse sei dentro
una scatola chiusa ermeticamente saldata cosa c'è fuori da questa scatola chi
c'è fuori di qui cosa fanno cosa stanno facendo adesso perché continuano a fare
delle cose a fare tutte le cose che fanno senza di me dove sono io quale sono io
qual è la mia faccia adesso che mi è rimasta solo la mia faccia qui compressa
piatta schiacciata
ho rotto lo specchio con il piede dello sgabello ho buttato tutte le schegge
nel cesso ho tirato l'acqua l'ho tirata cinque sei sette volte ho continuato a
tirarla fissando il buco nero del cesso quel cerchio nero in cui l'acqua
scendeva c'ho infilato la mano dentro poi più in fondo per sentire dov'era il
fondo c'ho infilato la testa l'ho schiacciata giù ma la testa non entrava non
riusciva a passare da quel buco a uscire fuori da un'altra parte a vedere fuori
a vedere dove sono dove siete quando eravamo mille diecimila centomila non è
possibile che fuori non c'è più nessuno non è possibile che non sento più niente
che non sento più una voce un rumore un respiro non è possibile che fuori c'è
solo un immenso cimitero dove siete mi sentite non sento non vi sento non sento
più niente i riflettori di colpo spaccano il buio illuminano a giorno la cella
quando la luce opaca del mattino scivolava dentro le sbarre e le grate le
cose nella cella tornavano a avere l'aspetto insignificante e banale di sempre e
riprendevamo a pensare e a immaginare come potevamo vedere come potevamo farci
vedere fuori da quel carcere che stava diventando un cimitero il luogo del
massimo silenzio dove non entra e non esce più un messaggio una voce un rumore
ci siamo posti il problema di come riconquistarci una comunicazione con
l'esterno e abbiamo deciso di cominciare nuove forme di lotta per spezzare quel
silenzio di morte abbiamo cominciato con le battiture notturne delle sbarre ci
si metteva d'accordo sull'ora durante l'aria non avevamo orologi non avevamo
sveglie ma potevamo vedere l'ora sulla televisione accesa tutta la notte
e così nel mezzo della notte tutti insieme alla stessa ora cominciavamo a
battere sulle sbarre coi mestoli di legno coi manici di scopa con gli sgabelli
soprattutto con le pentole e i pentolini e scoppiava il finimondo perché tutti
battevano sempre più forte anche quelli degli altri piani che sentivano battere
e si mettevano a battere anche loro con noi e in quel luogo chiuso tutte le
celle tutti i corridoi rimbombavano nella notte il carcere sembrava scoppiare
sembrava che veniva giù tutto però alla fine quando piano piano i colpi finivano
veniva una grande tristezza perché tutti ci rendevamo conto che battevamo
soltanto per noi stessi e per le guardie perché il carcere era in mezzo alla
campagna isolato sperduto in una grande distesa vuota sconfinata dove intorno
non c'era nessuno che ci poteva sentire
allora abbiamo pensato che forse potevamo attirare di più l'attenzione
facendo le fiaccolate però per fare le fiaccolate era più complicato c'erano più
problemi perché c'erano le grate alle finestre c'erano le grate di ferro che
avevano messo oltre le sbarre per impedire di passare qualcosa da un piano
all'altro e allora abbiamo dovuto bucare le grate abbiamo spaccato gli sgabelli
e abbiamo fatto dei pezzi di legno a punta e con questi pezzi di legno
lentamente e faticosamente riuscivamo a allargare le maglie e a bucare la rete e
poi a ingrandire il buco finché ci potevamo far passare le fiaccole attraverso
il buco
abbiamo fatto i buchi in tutte le reti e poi abbiamo fatto le fiaccole le
fiaccole si facevano con pezzi di lenzuoli legati stretti e poi imbevuti d'olio
e allora anche lì all'ora stabilita nel mezzo della notte rutti accendevano
l'olio delle fiaccole e infilavano questi fuochi nel buchi delle grate ma anche
li non c'era nessuno che li vedeva le fiaccole bruciavano a lungo doveva essere
un bello spettacolo da fuori tutti quei fuochi tremolanti sul muro nero del
carcere in mezzo a quella distesa sconfinata ma gli unici che potevano vedere la
fiaccolata erano i pochi automobilisti che sfrecciavano piccoli lontanissimi sul
nastro nero dell'autostrada a qualche chilometro dal carcere oforse un aeroplano
che passa su in alto ma quelli volano altissimi lassù nel cielo nerosilenzioso e
non vedono niente
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