Ultimo Aggiornamento : 10-09-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobiltà e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
 
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Nanni Balestrini

Gli invisibili

 

 

PRIMA PARTE

 

 

 

 

 


1.

 


I sotterranei sono un dedalo di budelli illuminati ogni venti trenta metri da tubi al neon polverosi appesi a lunghi fili elettrici sbrindellati che pendono dal soffitto di cemento grezzo del sotterraneo spaccato da fenditure profonde lunghe che non si vede la fine e in qualche punto si abbassa gonfiato verso il basso come spinto da un peso enorme che sopra lo schiaccia curvandolo sfondandolo e ogni quattro cinque metri puntelli di grosse travi lo sostengono il legno è marcio ammuffito il suolo è coperto da un sottile velo d'acqua marcia l'odore dolciastro e nauseante di carogna d'animale si mescola all'odore della muffa ogni tanto a una biforcazione o a un incrocio di due budelli ci sono piccoli mucchi di sabbia di cemento bagnati franati calpestati pale e altri attrezzi arrugginiti abbandonati l'aria è umida e dalla bocca escono piccole nuvole di vapore quando si respira quell'aria nauseante

lo scalpiccio disordinato del piccolo corteo muto si mescola al tintinnare continuo delle catene rimbomba quando si attraversano le passerelle di legno fradicio le ombre si allungano dietro i passi quando si avvicinano alle zone illuminate dai neon scompaiono e subito riappaiono davanti e si allungano i passi avanzano lenti facendo attenzione a dove si mettono i piedi e alle catene per non tirarle troppo davanti o dietro cercando di lasciare sempre la stessa distanza con chi sta davanti o con chi sta dietro facendo attenzione a non strisciare la spalla destra sulla parete viscida bagnata e evitare a sinistra le canne dei mitra puntati orizzontali mentre il piccolo corteo gira più volte a destra e a sinistra a sinistra e a destra fino a perdere del tutto l'orientamento

poi saliamo su una scala stretta semibuia soffocante con lunghe rampe alti gradini faticosi strappi alle catene che fanno male ai polsi e alla fine dell'ultima rampa la luce di una piccola porta e sbuchiamo fuori in alto in cima a una gradinata spalancata su un'enorme sala molto illuminata piena di gente che si muove giù in basso sotto di noi sento improvvisamente contro la gamba un muso che ringhia minaccioso le pupille nere dilatate i grandi occhi sporgenti due lunghi denti bianchissimi le labbra rosse contratte rovesciate un grosso cane gigantesco il pelo lucido nero rizzato sulla schiena che si incurva tesa le orecchie dritte mosse da un tremito continuo il carabiniere che lo tiene al guinzaglio è impassibile nella sua tuta blindata antiterrorismo ultimo modello

dal punto in cui siamo la gradinata scende ripida fino al pavimento della sala e da lì salgono tutt'intorno fino al soffitto spesse sbarre cilindriche di ferro verniciate di grigio metallizzato l'enorme gabbia è piena di carabinieri in tuta blindata grigia metallizzata sopra sotto di fianco con altri grandi cani neri ringhianti e nervosi a uno a uno i carabinieri ci sfilano la catena ci tolgono i ceppi dai polsi rossi che fanno male ci arrivano in faccia le vampate di luce accecante dei flash dei fotografi cani anche questi anzi sciacalli e si contorcono si piegano si alzano sulle punte dei piedi un balletto affannoso alzando le braccia tirandole ancora più su con le maniche delle giacche che si accorciano sui gomiti ancora più su

ci freghiamo i polsi rossi accendiamo le sigarette camminiamo un po' su e giù per la gradinata salutiamo qualche parente ci sediamo a due o a tre vicini scambiando qualche frase a bassa voce i fotografi in basso si piegano sulle ginocchia spostano di scatto il tronco a destra e a sinistra come contorsionisti del circo si protendono verso le bestie dentro la gabbia tentano di infilare la testa di traverso tra le sbarre infilando i lunghi obbiettivi tra le gambe le braccia dei carabinieri che formano una barriera immobile agitano le dita isteriche fanno ballonzolare le macchine e scattano e sparano lampi abbaglianti contro le facce nella gabbia poi in un angolo lontano si accende una luce ancora più abbagliante e comincia il ronzio delle telecamere

mi siedo sul gradino più in alto della gradinata e giù in fondo vedo gli avvocati con le mantelline nere distrattamente buttate sulle spalle che confabulano tra loro calmi a gruppetti dietro i banchi di legno scrostato sulla destra parallela alla gabbia è schierata la corte con il presidente arcigno e pensoso seduto in mezzo lo schienale altissimo che gli arriva un bel pezzo sopra la testa poi il giudice a latere stravaccato di traverso su un'altra sedia altissima e a destra e a sinistra i giurati popolari uomini e donne quasi tutti con la faccia nascosta dietro occhiali larghi e scuri le larghe fascie tricolori che attraversano i golfini pallidi le camicette gonfie con i colletti inamidati le giacche doppiopetto in diverse tonalità di grigio le cravatte verdastre bluastre o giallastre e in fondo a destra c'è il palchetto solitario del pubblico ministero

sopra le teste della corte milioni di tessere compongono un enorme mosaico impolverato e sbiadito che arriva fino al soffitto e rappresenta una scena confusa una battaglia furiosa dalla parte sinistra ci sono le forze del male rappresentate da strani esseri contorti mostruosi aggrovigliati soprattutto di colore verde e viola e dalla parte destra le forze del bene angeliche trasparenti armoniose azzurre e leggere che si scontrano al centro in una battaglia furiosa ma le forze del male sono già chiaramente sconfitte e battono in ritirata incalzate dalle implacabili forze del bene in basso in un ovale dorato campeggia la figura imponente della giustizia bendata che regge in una mano lo spadone nell'altra la bilancia un po' più sotto la scritta in rilievo la legge è uguale per tutti c'è scritto

sulla sinistra dietro lo sbarramento dei carabinieri ci sono le transenne di legno dietro le transenne c'è lo spazio per il pubblico ma il pubblico non c'è lo spazio per il pubblico è quasi completamente vuoto salvo qualche parente madre padre sorella fratello cugino zio cognata nessun amico nessun compagno perché tutti hanno paura perché visto da fuori il tribunale si presenta con una scenografia da guerra transenne metalliche e fili spinati cordoni di polizia e carabinieri un susseguirsi di sbarramenti e mezzi blindati disposti nei punti strategici mentre altri mezzi blindati girano continuamente intorno al palazzo e poi cani e metal detector all'entrata e perquisizioni interrogatori schedature minacce avvertimenti insinuazioni e tutto il resto

la piccola porta alle nostre spalle si apre un'altra volta e in mezzo a un altro nugolo di carabinieri appaiono in cima alla gradinata le donne anche loro incatenate e con i ceppi tutti ci alziamo avvicinando ci la gabbia si riempie di grida di saluti di sorrisi di profumi diversi si sono messe tutte vestiti coloratissimi gonne lunghe camicie colorate foulard colorati gli anelli alle dita collane catenine spille braccialetti ciondoli ai polsi grandi orecchini bizzarri fermagli tra i capelli nella confusione i carabinieri si agitano urlano ordini i cani ringhiano minacciosi riesplodono le vampate dei flash dei fotografi i giornalisti prendono frenetici appunti sui taccuini i pochi parenti si sbracciano gridano saluti dietro le transenne e rispondono altre grida e saluti

a una a una i carabinieri sfilano la catena e tolgono i ceppi le ragazze corrono verso di noi corriamo verso di loro sulla gradinata ci ingarbugliamo ci intrecciamo ci avviluppiamo in un mosaico di abbracci di strette di baci di voci l'unica cosa che ci interessa adesso è poterci parlare parlare di tante cose parlare di tutto finalmente parlare parlare il più a lungo possibile e poterci toccare sentire tra uomini e donne tutto scompare intorno l'aula i carabinieri i fotografi i cani i giudici tutto quello che c'è al di là delle sbarre ci è estraneo non esiste si intrecciano i regali amuleti piccoli oggetti tutto quello che è stato possibile portare fin lì dentro la gabbia ci scambiamo anche i vestiti le camicie i maglioni i foulard le sciarpe

squilli di un campanello che viene dal banco della corte e il presidente comincia a leggere arcigno il lungo elenco dei capi d'imputazione questo quello imputato di e così e così per avere e qui e là questo quello imputato di e qui e là per avere e così e così e in concorso con legge con un tono di voce uniforme in modo sbrigativo tirato via questo quello imputato di e così e così per avere e qui e là tira via si mangia le parole dalla fretta questo quello banda armata associazione e qui e là non si riesce a seguire niente finisce in fretta e poi vengono i preliminari e gli avvocati senza nessuna convinzione e per pura formalità presentano le solite inutili eccezioni e quindi sospensione della seduta e ritiro della corte per decidere delle eccezioni della difesa e pochi minuti e sono già di ritorno e altri squilli per dire che ovviamente tutte le eccezioni della difesa sono respinte e altri squilli e si dichiara aperto e il presidente dichiara aperto il dibattimento

 

 

 

 

2.

 


È arrivato il giorno stabilito e la mattina presto prima che aprono i cancelli avevamo attaccato un grande manifesto che annunciava l'assemblea e invitava tutti a partecipare l'assemblea si prende e non si chiede c'era scritto in grande e sotto Gelso aveva aggiunto e anche tutto il resto di cui abbiamo bisogno il preside Mastino arriva come il solito per primo e si mette a leggere il manifesto poi gonfia la mascella e ci guarda da cattivo ci fissa uno per uno come dire prendo nota e poi vi sistemo voi poi arrivano i professori che leggono e non commentano si limitano a guardarci come dei pazzi dopo qualche minuto esce fuori una schiera di bidelli che Mastino gli aveva dato l'ordine di strappare via i manifesti

il più coraggioso che era anche il più stupido dei bidelli alza un braccio per staccare il manifesto ma Cocco gli arriva davanti infuriato con le braccia alzate col suo pastrano lungo e nero con la fodera color cardinale e gli lancia un urlo il bidello si ferma impressionato e intanto anche noi ci facciamo avanti i bidelli non sanno cosa fare guardano su verso Mastino che li guarda giù dalla finestra della presidenza però alla fine decidono di tornarsene dentro perché capiscono che se insistono finisce a botte i primi studenti che arrivano hanno visto la scena si mettono a discutere con noi e non entrano e piano piano il gruppo s'ingrossa allora Mastino pensa bene di intervenire direttamente e esce sotto il porticato per farsi vedere che è lì e comincia a passeggiare su e giù

mi sembrava di vedere il padrone che passeggia davanti alla fabbrica in quelle storie che avevo letto sulle prime lotte operaie sui primi scioperi lo stesso metodo di intimidazione e infatti gli studenti prendono paura qualcuno comincia a dire che vuole entrare tirano fuori mille scuse benché noi facciamo di tutto per spiegargli che se stiamo fuori tutti Mastino non può farci niente non può sospenderci tutti ma c'è troppa indecisione e troppa paura e un primo gruppetto con la testa bassa comincia a entrare è come un segnale generale anche tutti gli altri si precipitano dentro in pochi minuti sono dentro quasi tutti restano fuori solo una ventina più noi sei e anche Mastino rientra e sogghigna soddisfatto

noi abbiamo le pive nel sacco Malva è sconvolta ma Cocco non molla entriamo e la facciamo lo stesso in quanti siamo dice dobbiamo farla lo stesso tanto ormai non abbiamo più niente da perdere grida e così convinciamo gli altri a fare lo stesso l'assemblea entriamo tutti insieme e ci mettiamo in un'aula vuota del pianterreno è un minuto che siamo dentro e non abbiamo ancora cominciato a dire
una parola che arriva Mastino sbraitando cosa fate qui tu tu e tu siete tutti quanti sospesi passate in presidenza uno alla volta e esce lasciando la porta aperta Scilla dà un calcio alla porta e poi la barrica ci spingiamo davanti due banchi restiamo un momento in silenzio dobbiamo fare qualcosa ci guardiamo negli occhi ma non sappiamo cosa fare ci sentiamo in trappola

poi è un lampo e mi vedo davanti agli occhi la pagina di un opuscolo che avevo letto quest'estate sulle forme di lotta nelle fabbriche e tutte queste cose mi vedo lì davanti agli occhi quella pagina con il titolo in neretto corteo interno e dico corteo interno dobbiamo fare un corteo interno che cosa dicono gli altri sì un corteo interno entriamo in tutte le aule e facciamo uscire tutti almeno ci proviamo cominciamo dalla prima e le facciamo passare tutte tutti sono d'accordo usciamo fuori e facciamo un piccolo corteo nel corridoio e arriviamo davanti alla prima aula la lezione è già cominciata noi facciamo irruzione entriamo tutti insieme nell'aula in silenzio il professore noto ruffiano di Mastino si spaventa e non fiata tutti gli studenti sono voltati verso la porta

Valeriana è decisa quando parla è sicura nervosa ma chiara ha un tono di voce alto e scandisce bene dice il preside ci ha sospesi noi tutti perché volevamo fare un'assemblea senza il suo permesso tutti lo sapevano lo sapevate anche voi tutti che c'era il programma di fare questa assemblea sono quindici giorni che ne discutiamo oggi siete entrati per paura però se avete paura oggi avrete paura anche domani e sempre e non potremo mai decidere da soli i nostri problemi allora dovete muovervi adesso subito noi dobbiamo fare tutti subito l'assemblea per dimostrare che in questa scuola non siamo degli schiavi la dobbiamo fare per fare quello che fanno in tutte le altre scuole per dimostrare che siamo noi a decidere perché la scuola è nostra non è di Mastino

Cocco e Scilla guardano minacciosi il professore come per dirgli non azzardarti a aprire bocca tu e quello infatti se ne sta lì zitto da alcuni banchi qualcuno si alza e partono i primi commenti giusto usciamo usciamo tutti sì andiamo a fare il giro delle classi Mastino arriva dall'altra parte del corridoio e si trova contro il corteo si mette a urlare ma ormai non fa più paura a nessuno Cocco gli si ferma davanti e gli grida sul naso assemblea assemblea Mastino continua a gridare rosso di rabbia e minaccia tutti di sospensione e urla di rientrare in classe ma il corteo fa irruzione in un'altra classe la tecnica è di entrare tutti insieme nella classe di colpo

Valeriana fa il discorso a metà che sono già tutti in piedi pronti a uscire non c'è più bisogno neanche di parlare hanno già capito tutto il casino fa uscire tutti anche dalle altre classi il corteo s'ingrossa e il pianterreno è completamente spazzato saliamo in corteo su per le scale al primo piano e entriamo nella prima classe che ci capita ormai la gente è tanta che non si riesce a starci tutti e anche lì tutti gli studenti escono fuori subito quelli che premono per entrare si scontrano con quelli che premono per uscire non entriamo nemmeno più nelle altre aule gli studenti escono da soli dappertutto anche al secondo piano ne vediamo che si sporgono dalla ringhiera si urla tutti fuori e saliamo le scale fino al secondo piano e quando arriviamo nel corridoio sono già fuori tutti dalle classi e si uniscono al corteo

il corteo è fermo su per le scale tutti si accalcano su per tutta la lunghezza delle scale si sente Mastino che urla qualcosa dal basso ma non si capisce non si sente cosa dice c'è un casino incredibile poi ci sporgiamo e vediamo Mastino giù al pianterreno in mezzo alla tromba delle scale che si mette le mani nei capelli e fa una faccia disperata si sente solo che urla la scala la scala da sopra partono delle pallottole di carta che finiscono giù sulla testa di Mastino poi dal primo e dal secondo piano cominciano a volare le biro le gomme le matite poi anche i quaderni e i libri tutti buttano giù qualcosa contro Mastino che è lì giù solo in mezzo alla tromba delle scale non tenta neanche di ripararsi si tiene le mani tra i capelli ma non per ripararsi e continua a urlare le scale le scale

i professori non si vedono i bidelli sono scomparsi alcuni professori sono scappati nelle aule vuote e si sono chiusi dentro partono uno dietro l'altro i vetri delle aule e si vedono i professori in piedi terrorizzati con le spalle al muro giù sotto Mastino lancia un ultimo grido disperato che riesce a farsi sentire la scala cede le urla calano di tono non tanto per quello che ha detto Mastino ma perché la gente si è già sfogata abbastanza Gelso mi guarda da dietro i suoi occhialini rotondi e mi chiede che cazzo urla lo stronzo e Cocco dice sta bluffando non sa più cosa fare Mastino da sotto apre le braccia verso l'alto e implora ragazzi ragazzi state fermi la scala non può reggere tutto quel peso state calmi e scendete in ordine senza correre calmi

ma quale ordine ma sentite non smette di dare ordini quello lì urla Cocco adesso tu ti rimangi tutte le minacce ti rimangi tutto qui davanti a tutti niente più sospensioni e assemblee quando le vogliamo si sente un boato di urla tutti gridano assemblea assemblea Mastino giù sotto spalanca le braccia e poi le lascia ricadere e quando riesce a parlare dice ansimando sì sì tutto quello che volete ma venite giù subito vi supplico ve lo dico per il vostro bene venite giù scendete piano non
correte vi prego non ci saranno sospensioni potrete fare le vostre assemblee ma venite giù vi prego tutti urlano vittoria vittoria ma nessuno scende giù nessuno ci crede alla storia della scala che cede nessuno ci pensa nemmeno per un attimo

Gelso si pulisce gli occhiali soddisfatto io e Malva ci abbracciamo felici e si sente ancora il vocione roco di Cocco che urla hai finito di fare il gradasso adesso eh e poi aggiunge Mastino sei sospeso per sempre passa in presidenza quando ti chiamiamo si sente la voce di Valeriana che dice che adesso è meglio andare giù nel cortile a fare l'assemblea perché è l'unico posto dove possiamo starci tutti insieme e tutti gridano che sono d'accordo tutti gridano assemblea assemblea cortile cortile e cominciano a scendere giù e invece di scendere ordinatamente come voleva Mastino tutti scendono di corsa e per di più saltando battendo forte i piedi per fargli dispetto e spingendosi tutti Mastino è sempre lì immobile con le braccia alzate la testa in su che grida no no piano piano e poi lo sanno tutti come è andata a finire

 

 

 

 

3.

 


In città i circoli giovanili hanno organizzato una festa in piazza del duomo io e China ci andiamo in treno da soli arriviamo in anticipo all'appuntamento con gli altri nostri compagni c'è già moltissima gente la polizia presidia in forze tutto intorno si fanno scritte sui muri e per terra lo spazio è un diritto oppure per la società della festa oppure riprendiamoci la vita la polizia comincia a fare pressione per farci sgomberare c'è qualche tafferuglio partono un paio di candelotti che non spaventano nessuno però riescono a prendere un compagno e a manganellarlo un po' ce ne andiamo dalla piazza ma nelle strade intorno cominciamo a sporfidare e riempirci le sacche intanto arrivano all'appuntamento grossi gruppi soprattutto dei quartieri ghetto della periferia

proviamo a metterci in cordoni e viene fuori un serpentone mica male vediamo gli altri del nostro collettivo sono venuti tutti stanno a gruppetti mischiati con gli altri la testa del corteo parte decisa in direzione della piazza del duomo tirando su uno striscione con scritto ribellarsi è ora è carnevale lo si vede dai coriandoli e dalle stelle filanti per terra le famiglie portano a spasso i bambini mascherati da zorro sandokan o da corsaro nero facciamo il giro intorno alla piazza del duomo e a quel punto scoppia il casino perché i carabinieri attaccano la coda del corteo sparano raffiche di lacrimogeni l'aria si fa subito irrespirabile tutti hanno gli occhi che piangono le famiglie vengono prese dal panico rincorrono i loro zorro sandokan e corsaro nero dispersi nel fuggi fuggi

io e China ci fermiamo con un gruppo che tira cubetti di porfido e ci troviamo di fianco Cotogno Valeriana e Nocciola vediamo i carabinieri partire di corsa per caricare allora alcuni compagni spostano un po' di macchine di traverso alla strada un paio di bottiglie sulle macchine e i carabinieri non si vedono più dietro le fiamme e le nuvole di fumo nero cento metri più avanti c'è un gruppo che se la sta prendendo con una Rolls Royce metallizzata bandierate e sprangate sulla carrozzeria sassate contro i vetri e poi anche lì una bottiglia e l'auto del padrone fa un bel rogo giochiamo ancora un po' a inseguirci coi carabinieri per le strade del centro alla fine ci disperdiamo e ci ritroviamo tutti alla stazione

abbiamo tutti gli occhi che bruciano e continuiamo a sfregarci anche se è peggio e in più nel naso l'odore puzzolente dei lacrimogeni ci laviamo gli occhi alla fontanella arriva Malva che è inciampata era venuta coi tacchi alti ha battuto il naso e ce l'ha tutto spelacchiato Gelso come al solito gli sono caduti gli occhiali e qualcuno nella confusione glieli ha schiacciati e non ci vede quasi più Verbena ha respirato un sacco di gas ha la nausea e sta per vomitare arriva Ortica alza la falda del suo impermeabile e ci fa vedere un manganello nero e lungo quasi quasi ci portavamo anche qualcos'altro dice vero Cocco Cocco ha trovato per terra un fucile si erano persi anche un fucile dovevate vedere Cocco che correva come uno struzzo con il fucile in mano ridevano tutti e applaudivano ma poi l'abbiamo buttato via che ce ne facevamo di un fucile

un'altra volta una sera alla metà di aprile alla televisione danno la notizia dell'assassinio di un compagno un fascista gli ha sparato aveva diciassette anni e subito la reazione è spontanea immediata la mattina ci ritroviamo tutti sul treno per la città le stesse facce le stesse scarpe da tennis i giubbotti le sacche a tracolla le sciarpe i fazzoletti i guanti i berretti i vagoni sono pieni la gente è in piedi nei corridoi nessuno parla e a ogni stazione ne sale dell'altra sui muri dei paesi che attraversiamo si vedono le scritte fresche le stesse parole che si leggono nelle facce silenziose dei compagni dalle ultime stazioni della periferia sale una marea di gente che si pigia nelle piattaforme portano sacchetti di plastica con dentro i caschi e sotto i giubbotti chiavi inglesi spranghe tondini di ferro in tasca fionde biglie bulloni

quando arriviamo un lungo corteo riempie la banchina e s'infila giù per le scale del metro nessuno fa il biglietto nei vagoni entrano anche le bandiere e le lunghe aste degli striscioni qualcuno accenna a una canzone ma il clima è cupo minaccioso si arriva all'università nella piazza davanti all'università c'è una marea di gente ma non solo studenti non solo giovani c'è gente di tutte le età c'è anche gente anziana ci sono operai con le tute e i fazzoletti rossi al collo il corteo è già il schierato che aspetta di partire i servizi d'ordine in testa i fazzoletti legati sotto gli occhi e i grossi bastoni a cui sono legate piccolissime bandiere rosse c'è un rumoreggiare cupo poi un urlo e parte uno slogan compagno ucciso sarai vendicato tutti insieme un boato e il corteo parte

davanti al palazzo di giustizia davanti alle scalinate c'è uno schieramento di celerini in assetto di guerra con i lacrimogeni infilati in cima ai fucili e le visiere dei caschi abbassate il corteo si ferma di colpo e partono slogan contro i poliziotti la tensione sale a mille il corteo riparte e poi si ferma di nuovo in una piazza vedo un vecchietto con un fazzoletto rosso intorno al collo che viene issato sul basamento dell'obelisco che c'è in mezzo alla piazza e che si porta la tromba alle labbra e che suona il silenzio e si fa subito un silenzio pauroso si sentono solo gli acuti della tromba quando la tromba finisce c'è un urlo un urlo enorme dappertutto si alzano migliaia di braccia tutte armate di chiavi inglesi e di spranghe

tutti i negozi delle strade che attraversiamo sono chiusi le saracinesche sono tutte abbassate e improvvisamente a un certo punto tutti si infilano i caschi vedo apparire cordone per cordone una distesa di caschi colorati come un mare di biglie colorate bianche rosse blu verdi nere il corteo si ferma nel viale all'altezza di una traversale c'è li davanti dopo pochi metri nella traversale c'è uno sbarramento auto jeep jeepponi cellulari della polizia e dei carabinieri che proteggono la sede dei
fascisti che è pochi metri dietro lo sbarramento la testa del corteo col servizio d'ordine si ferma pochi metri davanti lo sbarramento le chiavi e le spranghe si levano minacciose poliziotti e i carabinieri serrano le file e si coprono con gli scudi parte una sassaiola che sembra non finire mai si sentono i tonfi dei sassi che finiscono contro gli scudi e i caschi dei poliziotti

volano nell'aria le molotov a decine poi salgono le vampate altissime gialle rosse azzurre formano un muro altissimo di fiamme davanti a noi alcune jeep hanno preso fuoco i poliziotti rompono le file corrono tutti indietro inciampando calpestandosi nella fuga altro lancio di molotov e altre macchine prendono fuoco una nuvola di fumo nero non si vede più niente poi si sentono i botti sordi dei lacrimogeni che ci grandinano addosso a decine una pioggia di lacrimogeni che ci piovono da tutte le parti in un attimo l'aria è irrespirabile i cordoni del servizio d'ordine indietreggiano e si portano all'imbocco della traversale si fermano all'imbocco dietro nel viale il corteo si è sfaldato e improvvisamente in fondo al viale si sentono acutissime le sirene di una colonna di jeepponi

le sirene si avvicinano sempre più forti sento urla dappertutto poi d'improvviso tutta la gente corre verso i lati del viale verso il marciapiede e improvvisamente nella folla che si apre appare un enorme jeep pone grigioverde lanciato velocissimo che ci sfiora anch'io sto correndo sul marciapiede arrivano altri jeepponi della colonna le sirene vicinissime spaccano i timpani partono sassi e qualche molotov contro i jeepponi che hanno i vetri protetti da grate di ferro dalla fiancata di uno si alzano fiamme sono tanti sembrano non finire mai dai marciapiedi i compagni continuano a tirare sassi e bottiglie tirano biglie e bulloni con le fionde vedo un jeeppone zigzagare in mezzo al viale e poi puntare dritto sul marciapiede

la gente si butta contro i muri delle case si arrampicano sulle grate sulle saracinesche dei negozi sui cornicioni delle finestre dei primi piani i jeepponi salgono sui marciapiedi e passano rasente i muri delle case ci sfiorano io mi arrampico sulla grata di una saracinesca tutti tentano di arrampicarsi ma non c'è posto per tutti la gente si aggrappa uno all'altro i jeepponi passano sui marciapiedi rasente i muri delle case sfiorandoci uno due tre tengo il fiato e chiudo gli occhi qualcuno vicino a me urla terrorizzato io resto attaccato alla grata anche quando la colonna è passata e vedo l'ultimo jeeppone che dopo averci sfiorato ha come un sobbalzo e sterza di colpo verso il centro della strada sento molte urla tutte insieme che vengono dal punto dove il jeeppone ha sterzato

urla fortissime grida vedo molti compagni che corrono verso quel punto non riesco a vedere niente c'è fumo e confusione tutti hanno gli occhi rossi che piangono per i lacrimogeni scendo dalla saracinesca e vado verso quel punto correndo insieme a altri ci scontriamo con altri che vengono in senso opposto facce disperate occhi sbarrati alcuni abbassano i fazzoletti uno si mette le mani nei capelli non riesco a vedere cosa è successo c'è un gruppo di compagni fermi a semicerchio alcuni piangono non è per i lacrimogeni alcuni singhiozzano una ragazza grida qualcosa che non capisco poi più in là vedo il corpo insanguinato per terra vedo la lunga scia di sangue scuro e più in là vedo la massa rossiccia del cervello che la ruota del jeeppone gli ha schizzato fuori dalla testa schiacciata

 

 

 

 

 

4.

 

 

Poi di colpo un'immagine fissa confusa che non riuscivo bene a decifrare non era una fotografia perché c'erano dei movimenti appena percettibili nell'inquadratura c'era la luce intensa di un proiettore doveva essere una ripresa notturna qualcosa ripreso da molto vicino tanto vicino che non si riusciva a distinguere niente di preciso non c'era nessun commento c'era solo quell'immagine silenziosa e confusa sentivo solo il frusciare delle dita di China che arrotolava lo spinello poi l'obiettivo della telecamera ha zummato all'indietro e ha messo a fuoco una testa la testa di un uomo la testa era appoggiata su una macchia una macchia larga rossa e c'era una striscia rossa che usciva da un orecchio e scendeva giù per la guancia fino al colletto bianco della camicia

la telecamera ha zummato ancora all'indietro e ha mostrato il corpo del carabiniere abbattuto davanti alla colonnina gialla di una pompa della benzina di fianco al corpo si vedeva una pistola non so se era la sua o quella che l'aveva ucciso ho alzato il volume della televisione che era abbassato l'annunciatore diceva che il carabiniere era stato atteso sotto casa e ucciso con due colpi di calibro nove nella testa l'omicidio non era ancora stato rivendicato poi c'è stato un riepilogo delle forze dell'ordine cadute dall'inizio dell'anno immagini di carabinieri e poliziotti uccisi per strada o dietro i finestrini di automobili un lungo elenco di nomi e di date

le immagini dei caduti erano inframmezzate da altre immagini la televisione commentava foto segnaletiche di latitanti scene di arresti di terroristi di scontri a fuoco con terroristi di uccisioni di terroristi scene di processi con i terroristi dentro i gabbioni schierati col pugno alzato e le facce minacciose il tono del commento era quello di un bollettino di guerra China che intanto si era acceso lo spinello me l'ha passato e ha preso il telecomando e ha tolto il sonoro si vedono ancora due carabinieri in alta uniforme giovani e impettiti che portano una gigantesca corona di fiori attraversata da un grande nastro viola con su scritto in grandi caratteri oro li Governo poi China ha cambiato canale si è messa a passare da un canale all'altro avanti e indietro

in quel periodo io avevo appena smesso di lavorare nella fabbrica di coloranti e io e China non avevamo più una casa fissa dove stare stavamo in giro un po' qui un po' là dai compagni che potevano ospitarci non eravamo mica i soli a vivere così anzi allora in quel periodo eravamo un po' tutti costretti a fare i nomadi per via del clima pesante che c'era c'erano arresti a catena e perquisizioni quasi tutti i giorni fatte anche così a casaccio alla gente più diversa del movimento a tutti quelli che in qualche modo erano compagni o avevano a che fare coi compagni quindi era un'abitudine non restare mai nello stesso posto per troppo tempo

si cercava di dormire la notte nelle case di quei compagni che si ritenevano meno conosciuti meno esposti o meglio ancora nelle case di amici che non c'entravano niente o nelle case di amici di amici le manifestazioni e le feste di piazza erano finite da un pezzo il movimento era come un enorme fantasma assente ripiegato su se stesso rintanato nei suoi ghetti la scena adesso era occupata dallo stillicidio di azioni armate clandestine rivendicate da decine di sigle di organizzazioni combattenti che si facevano concorrenza la vita del movimento era finita ma per i compagni non era finita non è che potevano mettersi da parte e dire aspettiamo stiamo a vedere perché per la repressione tutti erano coinvolti non si facevano troppe distinzioni

e così stavamo lì quella sera io e China su quel letto sconosciuto coperto di giornali di riviste di vestiti fumando uno spinello e guardando la televisione che di solito non la guardavamo mai e fuori si sentivano ogni tanto le sirene della polizia che passavano nessuno andava più in giro la sera anche in sede ci si vedeva solo di giorno e in giro si faceva attenzione quando ci si incontrava coi compagni e poi c'era la storia di Scilla e dei suoi amici che ci preoccupava ci preoccupava per loro e ci preoccupava anche per i riflessi che poteva avere su di noi mi ricordo che ne abbiamo parlato anche quella sera mentre China continuava a passare da un canale all'altro della televisione col telecomando

prima di allora Scilla era la classica figura del servizio d'ordine quello che in occasione degli scontri coi fascisti si era distinto come personaggio estremamente deciso molto violento molto aggressivo Scilla era sempre stato dentro tutti gli scontri si era battuto coi fascisti anche da solo e in questo modo si era pian piano costruito un mito perché lì in quella cittadina la presenza dei fascisti era stata considerevole e anche lì come altrove non permettevano di girare in centro con un abbigliamento che allora veniva etichettato di sinistra di avere in mano un giornale di sinistra allora i fascisti provocavano e picchiavano la gente riconosciuti di sinistra o solo sospettati di essere di sinistra

poi il movimento è riuscito a conquistare l'egemonia grazie a tipi come Scilla ma allora erano i fascisti che dominavano e la polizia e la magistratura coprivano i fascisti e all'interno di questo Scilla e quelli come lui la corporazione diciamo militare del movimento hanno costruito il loro prestigio in virtù di una necessità che era riconosciuta da tutta la sinistra la contrapposizione fisica al fascismo era una funzione riconosciuta come legittima e necessaria e su questo ruolo di militante antifascista attivo Scilla ha potuto costruire il suo prestigio che in futuro poi l'ha messo al riparo dai sospetti quando ha cominciato a svolgere il ruolo di confidente dei carabinieri

Scilla dimostrava sempre un atteggiamento di competitività fisica contro tutto e tutti anche coi compagni anche perché probabilmente sentiva di non potere competere su altri terreni per cui lui aggrediva sempre magari col pretesto di buttarla in gioco ma era sempre un gioco pesante sgradevole ecco sì sgradevole e quelli che non riusciva a coinvolgere dentro questo meccanismo di competizione fisica erano quelli verso cui aveva un atteggiamento di soggezione un po' viscido e forzato in sostanza riproduceva all'interno del movimento gli stessi gradi di violenza che esprimeva verso il nemico si sentiva sempre in guerra contro tutto e tutti e in tutti vedeva dei nemici contro cui scaricare la sua violenza e picchiava un compagno esattamente come picchiava un fascista

e così anche all'interno del movimento in sostanza quelli come Scilla servivano era un poliziotto interno svolgeva una funzione magari sgradevole ma considerata utile Scilla e quelli come lui non hanno mai partecipato al dibattito interno del movimento nelle riunioni nelle assemblee stavano per lo più zitti interessati solo a dove c'entrava la violenza hanno semplicemente vissuto la fase di accelerazione dello scontro in termini meccanici e unicamente militari di innalzamento dello scontro e di pratica della violenza contro lo Stato come prima era stato contro i fascisti sono sempre stati fuori dalle lotte nelle fabbriche nel territorio e poco a poco hanno cominciato a mimare comportamenti e ideali clandestini la pratica della pistoletta nascosta in cantina eccetera

poi quando si è arrivati a quella riunione che ha deciso la rottura del nostro gruppo e che racconterò dopo dopo quella riunione di lui e di quelli che hanno preso la sua strada non si è saputo più niente noi non li abbiamo più visti non si è saputo più niente di lui di Valeriana di Cotogno e di Gelso se non dei volantini che rivendicavano le azioni armate che loro hanno fatto hanno fatto una serie di iniziative armate fino a questo carabiniere ma questo l'ho saputo solo dopo quando ero già dentro non hanno fatto morti hanno fatto rapine attentati qualche ferimento fino a questo carabiniere ma allora quando l'ho visto quella sera alla televisione con China non abbiamo pensato minimamente che potevano c'entrare loro

China fa scattare ancora il telecomando adesso sullo schermo si vede una pianura sconfinata l'obiettivo zumma in avanti deve essere ripreso da un elicottero e si vede uno struzzo che corre velocissimo sulla pianura arida e piatta corre velocissimo in linea retta la testa immobile il corpo che sussulta ritmicamente le gambe non si vedono tanto sono veloci volta ogni tanto la testa e accelera sempre più un'ombra bassa e lunga lo segue veloce guadagna terreno lo struzzo volta la testa l'ombra è a pochi metri lo struzzo adesso corre a zig zag guadagna qualche metro ma dopo pochi secondi l'ombra è di nuovo vicinissima lo struzzo corre verso il niente con tutte le sue forze l'ombra si solleva nell'aria e il ghepardo gli è sopra con un balzo formano un'unica ombra immobile l'elicottero gira si vede solo il cielo grigio e il rumore delle pale

 

 

 

 

 

 

5.

 

 

È successo subito dopo Natale alla vigilia di Natale io avevo ricevuto un telegramma di China che mi avvisava che mi veniva a trovare lunedì per un colloquio questo telegramma mi era arrivato mentre si discuteva io ero in camerone con altri quattro compagni mentre si discuteva su come dividersi i compiti per cucinare il pranzo per Natale io facevo il risotto facevo il risotto giallo e stavo facendo il brodo col dado sul fornello da campeggio una guardia mi ha chiamato mi sono girato e ho visto appoggiato sul cancello il quadratino giallo ho pensato che era l'avvocato per il processo che era ormai vicino ma poi quando ho visto che era di China ho pensato non ho pensato niente credo che ero molto contento perché era stata una sorpresa e ho pensato che China mi aveva fatto questa sorpresa di venirmi a trovare per Natale e ero molto contento

è buffo ho pensato perché tutti i Natali che abbiamo passato insieme credo che non ne abbiamo mai festeggiato uno una volta e adesso invece ero lì che preparavo il pranzo di Natale ho pensato ai capelli di China ai suoi capelli lunghi che quando ride se li butta davanti e si copre tutta la faccia coi suoi capelli neri lunghissimi che quando si faceva il colloquio col vetro non potevo neanche toccarli ma per fortuna qui adesso il colloquio si faceva senza vetri ma allora mi ricordo era una sofferenza che non ci potevamo neanche toccare una mano per un momento e questo ci deprimeva moltissimo anche se eravamo contenti di vederci ma non in quella maniera disumana umiliante e deprimente e certe volte mi veniva anche una rabbia furibonda prima del colloquio sapendo che l'avrei vista lì dietro il vetro e che si doveva parlare attraverso il vetro senza poterci toccare neanche con un dito

mi veniva quella sensazione di odio che mi era già venuta delle altre volte mi saliva il sangue alla testa un desiderio violentissimo di uccidere tutti le guardie qualcuno lì subito immediatamente con le mie mani se ci penso mi sembra di sentirla quella sensazione ancora adesso anche se è passato tutto questo tempo insomma non me l'aspettavo quella visita perché China era venuta lì già la settimana scorsa era stata una visita molto bella avevamo parlato di tante cose fatto progetti perché pensavo di uscire presto subito dopo il processo e così adesso ero commosso pensando a quel viaggio pazzesco che doveva fare per me tutte le volte mille chilometri per venirmi a trovare e poi altri mille chilometri per tornare ogni volta era pazzesco ma comunque quel colloquio non si è più potuto poi fare per tutto il casino che è successo dopo

è arrivato lunedì anzi era domenica era ora d'aria pomeridiana la mattina c'era stata una perquisizione ma stranamente questa perquisizione a differenza delle altre solite perquisizioni era stata un po' più dura delle altre e le guardie avevano fatto anche una cosa strana avevano lasciato perché lì viaggia molto il simbolico durante queste cose durante le perquisizioni e cose di questo genere è un problema di lanciarsi dei segni reciprocamente e così il segno che avevano lasciato questa volta strano da interpretare cioè strano per me che non avevo assolutamente sentore di quello che stava succedendo mentre probabilmente le guardie il sentore ce l'avevano eccome perché annusavano il clima che c'era questo segno l'abbiamo trovato lì sul tavolo quando siamo tornati nelle celle su dall'aria pomeridiana

avevano lasciato su tutti i tavoli in tutte le celle in tutti i cameroni avevano lasciato tutti quanti gli oggetti tutti quelli che erano delle scatole le cose i recipienti i barattoli le bottiglie tutti quanti i contenitori insomma li avevano messe lì sui tavoli dalle scatole che contenevano detersivo a quelle del caffè o dello zucchero alle bottiglie dell'olio e dello shampoo tutte quante le scatole tutti quanti i recipienti le bottiglie le avevano lasciate lì sui tavoli come se volevano alludere a qualcosa io questa cosa l'ho realizzata solo dopo all'inizio non ci ho fatto particolarmente caso mi ha sorpreso il fatto di trovare tutte queste tutte 11 sul tavolo allineate e poi quando dopo sono sceso all'aria nel pomeriggio mi ha sorpreso anche il fatto di sapere che la stessa cosa era stata fatta anche in tutte le altre celle

allora mi ricordo che il clima di quel pomeriggio all'aria era particolarmente teso c'era un clima in cui l'aria si tagliava a fette e quello che io ho pensato anche basandomi su situazioni e esperienze precedenti che ho avuto ho pensato che si trattava di uno scannamento di qualcuno perché c'era molta tensione e la si vedeva nell'aria la si sentiva da tante cose da uno strano silenzio che non era quello solito e specialmente dagli sguardi sguardi rapidi veloci che certi si scambiavano improvvisamente mentre camminavano su e giù e allora la cosa che ho immaginato è che doveva esserci in ballo un accoltellamento o comunque un regolamento di qualche storia tra qualcuno e me lo aspettavo che succedeva da un momento all'altro una cosa del genere che avevo già visto altre volte come una volta poco dopo che mi avevano arrestato e che mi aveva fatto molta impressione allora

quella volta era successo che si passeggiava normalmente all'aria e a un certo punto tre o quattro comuni perché facevamo l'aria insieme ai detenuti comuni questi comuni si sono avvicinati da dietro le spalle a un altro comune si sono avvicinati a uno di quelli che passeggiava lì come loro e da dietro gli hanno messo intorno al collo un laccio un cappio fatto col fu di ferro gli hanno messo questo laccio intorno al collo da dietro e in due gli hanno preso le braccia gli hanno stretto le braccia per tenerlo fermo e hanno tirato il fil di ferro si usa questo sistema per immobilizzare uno durante un accoltellamento perché non è così facile come sembra accoltellare uno a meno che la coltellata arrivi così bene in un punto vitale per cui questo schianta ma capita che uno non muore neanche dopo venti trenta coltellate

non è facile accoltellare uno non è facile come può sembrare cioè è facile accoltellarlo ma non è facile ucciderlo perché uno tra l'altro non è che prende le coltellate e non tenta di reagire uno reagisce si divincola fa casino si sbatte qua e là è molto difficile tenerlo fermo insomma e uno dei metodi è appunto quello di mettergli prima un laccio intorno alla gola tirarlo finché questo perde per metà i sensi perché è quasi soffocato e nel frattempo accoltellarlo con dei colpi dal basso verso l'alto perché le coltellate dall'alto verso il basso sono meno efficaci bisogna tirare le coltellate dal basso verso l'alto e bisogna soprattutto cercare di mirare in un punto vitale possibilmente qua sotto lo sterno

e allora gli hanno messo questo laccio intorno al collo e gli altri gli hanno preso le braccia e quello dietro ha cominciato a tirare il laccio di fil di ferro però il fil di ferro si è rotto o è più probabile che il cappio era fatto male fatto sta che si è spaccato si è allentato o non so fatto sta che non sono riusciti a stringerglielo intorno al collo la reazione che quello ha avuto è stata ovviamente di terrore perché ha capito subito quali erano le intenzioni di questi che tentavano di mettergli il fil di ferro intorno al collo e questi invece dopo un primo momento di imbarazzo hanno reagito scherzando anche perché non avevano ancora tirato fuori i coltelli non si erano ancora visti i coltelli

allora questi scherzavano gli davano le pacche sulle spalle dicendogli hai preso paura eh come se si trattava di uno scherzo però quello non ha creduto che si trattava di uno scherzo non ci è mica cascato anche perché non sono mica scherzi che si fanno questi in prigione se uno ti fa uno scherzo così poi tu lo ammazzi davvero perché non sono scherzi da fare questi allora il tipo si è avvicinato al cancello dell'aria e ha cominciato a gridare per chiamare le guardie per farlo uscire a quel punto questi che dovevano farselo hanno capito che o gli saltavano addosso subito oppure le guardie arrivavano e tutto diventava più difficile e se poi quello faceva in tempo a uscire dal cancello non lo beccavano più perché poi chiaramente sarebbe stato trasferito o si buttava alle celle d'isolamento comunque di certo non si faceva più vedere lì

allora proprio mentre le guardie accorrevano per vedere perché quello urlava gli sono saltati addosso in quattro o cinque con dei coltelli con delle lame dei punteruoli e hanno cominciato a colpirlo in maniera un po' confusa e quello evidentemente reagiva non è che prendeva le coltellate e stava lì fermo dava calci cercava di ripararsi si divincolava e ha preso un bel numero di coltellate senza cadere per terra e nel frattempo urlava e le guardie accorrevano nel corridoio dell'aria vedevano la scena però non entravano nel cortile c'era un brigadiere che gridava da dietro il cancello basta basta è stata una scena che è durata parecchi secondi gli altri stavano in fondo al muro eravamo lì tutti in fondo che guardavamo immobili è stata una scena che è durata parecchi secondi

quello urlava urlava come un impazzito poi è stato buttato per terra più che buttato per terra è caduto sulle ginocchia e in quel momento gli sono arrivati due o tre colpi di punteruolo dall'alto verso il basso sulla testa proprio così col punteruolo giù sulla testa e nel momento in cui ha girato la testa un punteruolo un altro colpo di punteruolo gli si è infilato in un occhio proprio un punteruolo gli si è proprio infilato in un occhio un colpo di punteruolo dentro l'occhio e quello urlava veramente in modo incredibile poi è caduto per terra poi allora questi quando è caduto per terra sono andati avanti a dargli le coltellate cercando di colpirlo al cuore perché insistevano con colpi al torace ma gli davano anche colpi al collo gli tentavano di squarciare il collo

il sangue quello era per terra con il sangue che gli zampillava fuori da tutti quanti i buchi da tutte le ferite da tutti i tagli che aveva dalla testa da questo occhio con sangue che gli usciva dappertutto era un lago di sangue era una pozza di sangue che sarà stata larga un metro e mezzo veramente e non si muoveva più con questo occhio che era una macchia rossa con l'occhio mezzo fuori e l'altro occhio sbarrato e sembrava morto e non si muoveva più sembrava morto non muoveva neanche più un dito allora questi hanno smesso e sono tornati indietro dove c'erano tutti gli altri in fondo al muro del cortile e le guardie hanno aperto un po' il cancello perché quello fra l'altro era proprio a un metro dal cancello hanno preso quello per i piedi e l'hanno trascinato fuori


 

 

 

 

 

6.

 

 

Intanto però lì all'aria il tempo passava e non succedeva niente e quando è arrivato il momento di salire perché noi in quell'occasione eravamo nell'aria della pallavolo però nessuno giocava a pallavolo tutti passeggiavano su e giù scambiandosi quegli sguardi veloci e ogni tanto poche parole sottovoce e il tempo passava e non succedeva niente io mi aspettavo un accoltellamento ma non è successo niente tanto è vero che quando è arrivato il momento che le guardie sono arrivate per ritirare la gente nelle celle la gente ha cominciato a salire su normalmente tranquillamente e così tutti quanti sono saliti su e io sono salito tra gli ultimi conversando con un altro compagno e non mi immaginavo proprio assolutamente che proprio allora stava succedendo un puttanaio del genere

sono arrivato in cella e erano passati pochissimi minuti da quando ero tornato in cella quando ho sentito delle urla provenire dalla rotonda devo spiegare cos'è la rotonda la sezione speciale del carcere dove eravamo era una palazzina a pianta rettangolare una palazzina di tre piani pianterreno primo piano e secondo piano e ogni piano era diviso in due bracci al centro di questi due bracci a tutti i piani c'erano due cancelli e in mezzo tra i due cancelli c'era uno spazio che era la rotonda appunto la rotonda dove arrivavano le scale e di lì si smistava la gente in un braccio o nell'altro braccio il braccio destro da una parte e il braccio sinistro dall'altra io ero al braccio sinistro dell'ultimo piano cioè del secondo piano

al primo piano c'erano tutti i comuni e al pianterreno c'erano i cosiddetti lavoranti che sono dei detenuti che svolgono nei corridoi mansioni di distribuzione del cibo e fanno la pulizia nei corridoi eccetera l'ultimo piano comprendeva invece tutti i politici eravamo sessanta politici e tra l'altro bisogna notare che negli ultimi giorni erano arrivati anche la stragrande maggioranza dei detenuti tra comuni e politici che avevano fatto una rivolta molto dura in un altro carcere speciale e erano stati poi trasferiti lì era stata una rivolta molto dura c'erano stati due morti erano stati uccisi due detenuti considerati degli infami e era stato distrutto praticamente tutto il carcere e così adesso lì da noi il piano dei politici era strapieno non c'era più un posto eravamo in sessanta e lì era tutto strapieno

io ero allora in cella con altri quattro compagni e ho sentito delle urla arrivare dalla rotonda delle urla molto concitate e ho visto le guardie che passeggiavano nel corridoio del nostro braccio in un primo momento le ho viste correre verso la rotonda in fondo al braccio e nelle celle tutti quanti si sono affacciati dai cancelli che danno sui corridoi e dopo un momento le guardie urlando sono tornate indietro di corsa e hanno cominciato a chiudere le porte blindate perché le celle hanno un cancello e hanno anche davanti una porta blindata e proprio grazie alle lotte che c'erano state in quel carcere noi avevamo conquistato di tenere aperta per tutta la giornata la porta blindata e di chiuderla solo alle 11 di sera fino alle 7 del mattino

quindi quella era un'ora pomeridiana le porte blindate erano aperte e così la reazione che le guardie hanno avuto appena hanno capito che era in atto il sequestro delle guardie che si trovavano in rotonda da parte di due compagni perché allora si saliva a due per volta cosa che è stata poi abolita e così quando questi due compagni sono arrivati su in rotonda hanno tirato fuori i coltelli che avevano con loro e hanno sequestrato le guardie le hanno sequestrate e con la minaccia di ucciderle si sono fatti aprire anzi dato che le guardie avevano con loro le chiavi dei cancelli gliele hanno prese e hanno aperto loro i due cancelli che davano sui due bracci il braccio di sinistra da una parte e il braccio di destra dall'altra

e così le guardie che si trovavano nei due bracci si sono trovate la via chiusa si sono trovate chiusi in trappola perché da una parte del corridoio c'era il cancello della rotonda dove si trovavano i compagni che avevano catturato le guardie e dall'altra parte del corridoio c'erano i finestroni in fondo al corridoio e così lì le guardie si trovavano senza via d'uscita erano terrorizzati anche perché non sapevano come le cose si sarebbero sviluppate quindi la cosa che hanno fatto istintivamente perché è la cosa che probabilmente sta scritta nel regolamento delle guardie è che in questi casi si devono chiudere le blindate quindi allora tutto quello che gli è venuto in mente di fare e tutto quello che hanno fatto è stato di tentare di chiudere le blindate

e allora alcune blindate anzi una sola blindata sono riusciti a chiuderla altre blindate non le hanno chiuse perché nella confusione nella paura non hanno fatto in tempo a chiuderle altre non sono riuscite a chiuderle perché i compagni che erano nelle celle hanno messo immediatamente di traverso tra il cancello e la blindata delle scope dei manici di scopa tra il cancello e la blindata impedendo che le blindate venivano chiuse tu ti devi immaginare che questa cosa si è svolta in frazioni di secondo quindi questi sono riusciti praticamente a chiudere una sola blindata altre hanno tentato di chiuderle o si sono dimenticati o non hanno fatto in tempo a chiuderle fatto sta che tutte le guardie si sono arrese immediatamente tutti si sono arresi nel terrore più assoluto

ma nel frattempo mentre questi due compagni prendevano le guardie in rotonda prendevano tre o quattro guardie non so quante nel frattempo era successo che nel braccio di destra io ero al sinistrò nel braccio di destra in un camerone i compagni avevano segato le sbarre c'erano otto compagni in quel camerone perché tu allora avevi la possibilità di uscire dalla tua cella all'ora di pranzo per cucinare e mangiare insieme questa era un'altra cosa che avevamo conquistato con le lotte che c'erano state negli ultimi mesi in quel carcere e avevi la possibilità di riunirti in un camerone per mangiare insieme a altri compagni e allora a quel tempo nei cameroni potevamo stare insieme fino a un massimo di otto

avevano segato le sbarre del cancello e nel momento in cui questi due compagni hanno sequestrato le due guardie in rotonda quelli che le avevano già segate prima e che aspettavano quel momento hanno tolto le sbarre del camerone e sono usciti in otto quindi praticamente erano in dieci detenuti che erano fuori gli otto del camerone e i due in rotonda e così insomma hanno sequestrato anche tutte le guardie che stavano nel corridoio del secondo piano tutto questo ovviamente io l'ho saputo poi dopo perché io ero chiuso in cella ero nel braccio sinistro e non ho visto niente sentivamo solo delle grandi urla sentivamo urlare e sentivamo solo tutto questo casino le guardie che cercavano di chiudere le blindate che correvano su e giù le urla però è stato veramente tutto un attimo

quello che è successo e che si è saputo poi dopo o almeno in parte perché non è che poi tutto si può sempre raccontare di queste storie è stato che velocissimamente i compagni che avevano sequestrato le guardie sono scesi giù con le chiavi che avevano preso alle guardie hanno aperto il cancello che dava sulle scale e sono scesi giù al primo piano e hanno sequestrato tutte le guardie che stavano di sotto e così hanno aperto i due bracci del primo piano e allora hanno cominciato a aprire le celle ai comuni e così si sono riversati fuori dalle celle tutti quanti i comuni e allora sono saliti anche loro al secondo piano e così hanno cominciato a aprire anche le celle di tutti quanti noi

giù al pianterreno non sono scesi perché non era difendibile come i piani superiori e lì i lavoranti sono rimasti poi per tutto il tempo della rivolta imbottigliati nel loro braccio tra i due piani in rivolta e le guardie fuori io a questo punto ho visto della gente mascherata che sono arrivati nel mio braccio sono arrivati davanti alla mia cella e hanno aperto tutte le celle del braccio sinistro hanno aperto anche la mia cella e allora c'era una grande confusione e le indicazioni che alcuni davano sono state c'è una rivolta abbiamo sequestrato le guardie stiamo calmi mettete dei materassi sulle finestre perché è probabile che sparino dei candelotti dentro le celle e allora tutti hanno messo i materassi sulle finestre e poi tutti quanti ci siamo riversati fuori nel corridoio

proprio nel momento in cui sono uscito dalla mia cella sul corridoio ho sentito un grandissimo boato una botta incredibile era successo che un compagno che era rimasto al primo piano di guardia aveva visto arrivare le guardie al pianterreno che tentavano di salire le guardie in forza già organizzate allora questo aveva gettato alcuni grammi di plastico però a carica libera cioè non compresso dentro un contenitore ma solamente con il detonatore e la miccia ha gettato questo plastico a scopo puramente deterrente infatti mi pare che non ci sono stati feriti non so bene ma solo che in questo spazio chiuso ha fatto un enorme boato le guardie allora sono scappate via tutte e da quel momento ha preso avvio la rivolta

 

 

 

 

 

7.

 

 

Mi ricordo che quando sono stato trasferito a quel carcere speciale avevo una certa paura solo quel nome carcere speciale faceva paura e la sera prima della partenza con i compagni della mia cella siamo stati svegli a parlare tutta la notte loro capivano che ero spaventato e sono rimasti svegli con me per tutta la notte per tenermi compagnia poi c'è stato tutto il viaggio di trasferimento che è stato lunghissimo attraverso tutta l'Italia incatenato in quel furgone blindato ma quella paura appena arrivato allo speciale è praticamente scomparsa appena sono arrivato lì sono rimasto praticamente stupito di come funzionava quel carcere non me lo immaginavo così adesso che lo racconto mi rendo conto che in realtà il clima che c'era lì era piuttosto teso c'era una grande tensione ma appena arrivato mi è sembrato una grande fiera

quello di nome ho pensato appena arrivato poteva anche chiamarsi carcere speciale ma in realtà era una fiera e le celle erano dei bazar praticamente si poteva tenere in cella di tutto tutte le celle erano stracolme di oggetti di ogni genere si poteva suonare fare musica c'erano chitarre e tamburelli bonghi fisarmoniche c'era perfino uno che aveva un violino e lo suonava quando voleva si potevano avere tutti i tipi di colori che si volevano per dipingere si potevano avere le tele i colori a olio a tempera pastelli carboncini macchine da scrivere si potevano avere i libri che si volevano tutte le riviste e i giornali che si volevano si potevano avere registratori e cassette scarpe da pallone e da tennis non c'era limite alla quantità di indumenti che si potevano tenere in cella quante scarpe quanti maglioni quanti cappelli tutto quello che si voleva si poteva tenere lì nelle celle

la socialità come la chiamavamo lì era qualcosa di incredibile tenendo conto che si trattava di uno speciale c'erano quattro ore due alla mattina e due al pomeriggio c'erano quattro ore al giorno per l'aria e in più c'erano due ore due volte alla settimana che ci si poteva trovare tutti in un grande camerone e in più c'era la possibilità durante l'ora di pranzo per i compagni che stavano nelle celle singole di potere andare a mangiare coi compagni che stavano nei cameroni per cui qui la socialità era questa tu ti alzavi alle nove andavi all'aria alle undici risalivi e le guardie dovevano fare un lavoro che era incredibile alle undici risalivi dall'aria e allora loro dovevano organizzare tutti gli spostamenti per accompagnare tutte le persone che si cambiavano di posto per andare a mangiare in altre celle

si faceva semplicemente la domandina per andare in un'altra cella la si faceva così al momento su un pezzetto di carta e quello era sufficiente in realtà avrebbero dovuto perquisire qua e là ma non si può pensare di spostare sessanta persone in neanche mezz'ora e perquisirle anche e così tutti si muovevano tranquillamente da una cella all'altra per andare a mangiare non è che la facevi il giorno prima la domandina la facevi lì sul momento era una formalità lì non potevano certo controllare le domandine lo potevano fare eventualmente dopo e gli serviva più che altro per cercare di capire quali erano le componenti per capire da come la gente si frequentava quali erano i legami politici che i compagni avevano tra loro i raggruppamenti gli orientamenti politici diversi

in realtà le guardie erano obbligate a perquisirti quando tu uscivi dalla cella alla mattina per andare all'aria e erano obbligate a riperquisirti quando tu salivi per tornare in cella e a riperquisirti un'altra volta quando uscivi dalla cella per andare a mangiare in un'altra cella ma tutto questo era diventato impossibile non lo facevano più e così non controllavano più niente c'era questa continua mobilità c'era questo continuo aprire e chiudere le celle c'era questa enorme quantità di oggetti accumulati nelle celle e quando la situazione è questa quando ci sono tutti questi spazi che tu ti prendi che ti conquisti allora la situazione diventa ingovernabile quello che lì mi impressionava era l'enorme agibilità che c'era all'interno del carcere era un carcere speciale ma tu lì ti muovevi come volevi

anche le perquisizioni nelle celle non erano affatto accurate più roba c'è in una cella e più difficile è perquisirla tua e bene la differenza che c'era con il carcere normale da cui io arrivavo era che qui di perquisizioni ne facevano una alla settimana mentre là ce n'era una al mese ma qui c'era un rapporto con le guardie che se durante una perquisizione spariva una penna biro partiva un battitura delle sbarre in tutte le celle che subito questo tornava con la penna biro chiedendoti scusa e qui il rapporto con le guardie era tale che si sorbivano i peggiori insulti e le peggiori minacce e se tu a mezzanotte chiamavi una guardia per farle portare delle sigarette o un giornale o del vino o una pastasciutta a qualcuno in un'altra cella anche se non era il lavoro suo questo lo faceva subito lo stesso e di corsa questo era il rapporto che c'era con le guardie

se tu un giorno durante una perquisizione gli dicevi no tu non mettermi le mani addosso quello non ti perquisiva più nemmeno e se durante le perquisizioni nelle celle trovavano i coltelli neanche dicevano più niente non te la menavano neanche più era diventato normale per loro trovare coltelli nelle celle te li sequestravano e basta questo era il clima che c'era lì prima della rivolta il colloquio si faceva senza vetri doveva essere di un'ora per il regolamento però lo si faceva puntualmente sempre di due ore e a volte anche di più se si insisteva un po' e si potevano fare quattro colloqui al mese più un colloquio straordinario che si poteva ottenere in più e se non facevi un colloquio al suo posto potevi telefonare per una decina di minuti

i detenuti comuni degli speciali non sono i comuni dei carceri normali sono persone che dentro il carcere hanno tentato almeno una volta di scappare sono tutte persone che fanno parte della grande criminalità o di bande importanti e lì c'era la socialità anche con i comuni si poteva andare all'aria con loro e anche andare a mangiare con loro bastava fare la domandina per vedersi con loro c'era insomma un situazione di progressivo allargamento degli spazi all'interno del carcere c'era una situazione di lotta continua che andava a incidere sulla struttura del controllo perché il carcere è questo è una struttura che elabora al massimo il controllo sul corpo e quindi il fatto che questo controllo venga ridimensionato corrisponde a una variazione del rapporto di forza tra detenuti e custodia

mi sono reso conto presto del clima pesante e teso prodotto da questa situazione che c'era dietro l'aspetto di fiera che era stata la mia prima impressione c'è stata tutta una serie di lotte ci sono state le lotte per impedire alle guardie di perquisire tutte le volte che si usciva dalle celle per andare all'aria o le lotte per andare a mangiare in un'altra cella o le lotte per il colloquio o per parlare con l'avvocato eccetera quando tu innesti una lotta e per esempio quando ti rifiuti di farti perquisire i casi sono due o la direzione cede e di conseguenza tu ottieni un livello di forza superiore e la cosa passa in sostanza oppure la direzione reagisce e allora la lotta va avanti e la tensione si alza finché si arriva allo scontro

allora avvenivano continue fermate all'aria la gente si rifiutava di rientrare nelle celle e avvenivano battiture delle sbarre dei cancelli e cose di questo genere c'è sempre un tetto quando una lotta comincia se la direzione non cede subito si va poi avanti col meccanismo della botta e risposta ma poi c'è un tetto e questo tetto misura il rapporto di forza per esempio se i detenuti hanno un rapporto di forza tale da minacciare un sequestro delle guardie allora evidentemente la direzione cede prima perché sa che i detenuti possono arrivare fino al sequestro e il in genere la direzione cedeva sempre perché aveva paura di questo che i detenuti sequestravano delle guardie ovviamente tu non potevi chiedere l'impossibile non potevi chiedere di aprirti le celle e di lasciarti andare a casa però potevi spingere continuamente per allargare gli spazi di socialità

e le lotte riuscivano perché erano compatte tutti partecipavano immediatamente senza nemmeno pensarci su le guardie ormai non si assumevano più nessuna responsabilità le guardie reagivano delegando tutte le volte le cose da fare alloro superiore il quale a sua volta le scaricava al suo superiore e così fino a arrivare al direttore del carcere e il direttore si rivolgeva al ministero per cui qualsiasi cosa tu facevi all'interno del carcere non ti impattavi con la guardia ma il livello di forza che avevi era tale che si finiva per trattare direttamente col ministero per qualsiasi lotta che tu facevi e dato che ormai la posta in gioco era ormai sempre innestare un meccanismo che poteva arrivare fino al sequestro delle guardie a partire magari dal fatto che tu volevi un pennarello blu e allora la politica che loro avevano era quella di cedere su tutto

anche perché la strategia del ministero puntava come sempre sulla differenziazione per cui quel carcere speciale era un carcere di raffreddamento il polo positivo diciamo degli speciali mentre all'altro polo c'era un carcere di massima deterrenza il regime carcerario è tutto basato su questa strategia della differenziazione deve poter sempre ricattarti con la minaccia di un peggioramento delle tue condizioni deve poterti dire che se lotti attenzione perché ti mando in un carcere peggiore di quello dove sei adesso e allora il dibattito tra i compagni era non è che qui noi non dobbiamo lottare perché qui si sta bene ma noi dobbiamo lottare lo stesso anche qui per rompere questo meccanismo ricattatorio che ci minaccia tutti di finire in un carcere peggiore

 

 

 

 

 

8.

 

 

China la prima volta che l'ho conosciuta è stato quando c'è stata l'occupazione del Cantinone è lì che l'ho vista la prima volta China era arrivata lì non so quando e stava aiutando Gelso a fare il murales che Gelso aveva deciso di fare sulla parete più grande aveva un grande pennello e lo intingeva in un secchio di tempera bianca ma lo intingeva troppo e la pittura schizzava dappertutto e colava giù sul pavimento io ho visto quel disastro e sono andato lì per farle vedere come doveva fare ma anche perché mi sembrava molto carina e mi ricordo che è lì che mi ha regalato quella sciarpa è stato proprio quella volta quando l'ho conosciuta la prima volta perché quando mi sono avvicinato naturalmente mi è arrivato un bello schizzo qui davanti e lei in cambio mi ha messo poi al collo la sua sciarpa rossa era una sciarpa lunghissima lunga fino ai piedi e mi ha detto tienila te la regalo così non si vede la macchia

che non ce n'era proprio bisogno bastava vedere come mi vestivo allora la camicia militare con il maglione troppo largo i gomiti lisi bucherellato coi fili che pendono i blue jeans sfilacciati in fondo con una spilla da balia al posto della cerniera rotta da mesi una scarpa scucita che quando pioveva mi entrava l'acqua l'altra era senza stringa ma aveva con un nodo fisso le calze spaiate una nera e una grigia e sopra tutto l'impermeabile bianco ghiacciato che è la mia seconda pelle tutto stropicciato e sporco i bottoni che mancano tanto lo lascio sempre aperto uno strappo sotto l'ascella le tasche sfondate ma la roba finisce sempre nella fodera i giornali i volantini i pennarelli sempre gli stessi stracci finché cadono a pezzi perché fa parte della scommessa perché ci giochiamo tutto e come fai a pensare ai vestiti quando butti tutto dentro il casino

la mattina che abbiamo fatto l'occupazione del Cantinone eravamo arrivati lì molto presto eravamo arrivati lì la mattina prestissimo era sabato mattina e la notte prima mentre Valeriana e Nocciola controllavano la strada dalle due parti io Cotogno e Ortica abbiamo trapanato con un trapanino a mano il lucchetone da sotto dove c'è la serratura abbiamo fatto saltare i tamburi e il lucchetto si è aperto così la mattina dopo sarebbe stato già tutto pronto e sarebbe bastato sfilare la catena poi abbiamo disposto lungo il fossato dall'altra parte della strada sacchetti di plastica nascosti nella sterpaglia con dentro sassi biglie e fionde mica troppa roba perché dentro il Cantinone c'era materiale di tutti i tipi per poterci difendere in caso di attacco immediato

la mattina alle sette puntualissimi noi cinque ci siamo trovati alla stazione e con l'auto di Ortica abbiamo fatto il giro passando per le strade dove ci dovevano già essere appostati i gruppi dei compagni che dovevano fare l'irruzione c'erano tutti quelli che dovevano esserci tutti infularmati come per le manifestazioni in cui si sa che ci possono scappare degli scontri sciarpe guanti berretti e tutto quanto abbiamo sfilato la catena e siamo entrati e subito dietro sono arrivati a gruppi i compagni abbiamo fatto una veloce ispezione dentro era ancora quasi buio non c'era l'elettricità e illuminando con una pila dentro abbiamo visto le pile di legname di tutte le misure pile di assi e di travi lo spazio era così grande che con la pila non si riusciva a vedere il muro di fronte ma ci sembrava bellissimo

il Cantinone era un'ala di un vecchio castello di proprietà della Curia le altre parti del castello erano occupate da una scuola materna di suore e da un ospizio di vecchi pure gestito dalle suore l'ala che ci interessava a noi era attualmente adibita a deposito di materiale di un'impresa edile era una grande costruzione a pianta rettangolare al pianterreno c'era un unico grandissimo salone che adesso era pieno di travi e di legname al piano superiore c'erano delle stanze al pianterreno due file di colonne lo attraversavano per tutta la lunghezza reggendo due alte volte a crociera in mezzo c'era un grande portone d'ingresso in mezzo a due file di finestroni lungo tutta la facciata chiusi dalle inferriate ma non c'erano né vetri né infissi

visto che tutto si era svolto nel migliore dei modi un compagno è uscito per andare a dare il segnale a un altro gruppo che aspettava lì fuori e che è partito per andare a affiggere i manifesti e distribuire i volantini che avevamo preparato per annunciare l'occupazione intanto noi dentro abbiamo cominciato a fare la catena per sgomberare il Cantinone del materiale edile attraverso la porta che dava sul cortile portavamo fuori tutto e lo ammucchiavamo lì fuori le suore e i vecchi dell'ospizio hanno cominciato a guardare dalle finestre sempre più numerosi ci guardavano con stupore e incredulità forse in un primo tempo hanno pensato che eravamo operai dell'impresa edile però devono avere avuto dei dubbi perché vedevano lì al lavoro che c'erano anche delle ragazze

passa quasi un'ora e quelli che stanno di guardia fuori danno l'allarme che arrivano e ci precipitiamo tutti fuori in strada i carabinieri stavano arrivando tranquilli piano piano con i loro due pullmini e arrivati di fronte al portone si fermano e scendono saranno stati una decina tranquilli senza niente in mano il maresciallo ci viene incontro con una faccia perplessa e Valeriana gli va incontro di qualche passo e gli dice è un'occupazione e gli dà il volantino e gli dice qui è spiegato tutto il maresciallo lo scorre un attimo ma poi dice che vuole entrare a vedere e indica il portone e fa per muoversi in quella direzione ma subito spontaneamente tutti i compagni che erano usciti fuori formiamo un cordone compatto formiamo un muro tra lui e il portone del Cantinone

il maresciallo ci guarda più che altro stupito poi dice ma lo sapete che state facendo delle cose illegali Cotogno gli risponde sì ma le stiamo facendo in tanti e non siamo solo noi qui a farle le occupazioni il maresciallo scuote la testa e chiede ma chi è il responsabile qui e noi rispondiamo tutti siamo tutti siamo noi tutti i responsabili qui il maresciallo un po' interdetto fa segno con la mano ai suoi di andarsene ma noi non ci muoviamo restiamo n in attesa che se ne vadano davvero questi risalgono tutti sui pullmini fanno retromarcia e poi se ne vanno lentamente ma arrivati all'incrocio uno dei due pullmini resta n mentre l'altro scompare allora noi rientriamo e Scilla comincia a menarla un servizio d'ordine così fa schifo qui ci vogliono le bottiglie perché quelli possono tornare da un momento all'altro e succede un massacro

intanto altra gente cominciava a arrivare arrivavano a gruppi gli studenti che già sapevano della cosa e poi arrivavano i primi curiosi arrivavano operai e disoccupati che avevano visto i nostri manifesti e i volantini si era sparsa la voce e la gente arrivava entrava e si aggirava per lo stabile guardando dappertutto noi spiegavamo perché abbiamo occupato cosa vogliamo fare adesso e la gente discuteva domandava arrivava sempre più gente gente che non avevo mai visto prima c'era- no i bambini che correvano su e giù per il salone salivano nelle stanze sopra c'era dappertutto un caos completo a un certo punto vediamo da una parte tre tipi ben vestiti che non avevamo visto entrare con le facce cupe che si guardano in giro preoccupati e parlottano tra di loro gira subito la voce è arrivato il sindaco

i tre ci vengono incontro davanti il sindaco un omone alto e grosso con un cappotto cammello lungo quasi fino ai piedi e quando il sindaco apre bocca finiscono i rumori assordanti solo i bambini continuano a correre su e giù per il salone ci dice subito con voce brusca chi è il responsabile qui lo sapete che state facendo una cosa illegale subito tutti quanti ci mettiamo a ridere quelli si guardano intorno senza capire poi il vicesindaco un vecchio magro dalla faccia rossa che è anche il segretario del partito attacca aggressivo siete dei provocatori avete fatto questa pagliacciata per danneggiare la nuova giunta di sinistra questa è una provocazione qui c'è un sacco di gente che non è di qui che è venuta da fuori è una provocazione manovrata io faccio politica da quarant'anni e li conosco bene io i provocatori

ma il sindaco riprende lui la parola sentite ragazzi noi siamo venuti qui per dirvi che è già stata inoltrata una denuncia contro di voi e che è già in moto il meccanismo della legge che porterà allo sgombero forzato noi vi assicuriamo che faremo ritirare la denuncia ma voi dovete sgomberare subito adesso e rimettere tutto a posto com'era prima e vi garantiamo che non vi succederà niente sul piano penale buuuh fanno tutti e Nocciola si fa avanti rivolto ai tre guardate bene che qui noi di andarcene non se ne parla neanche per un secondo qui l'unica cosa che tutti vogliamo è continuare questa occupazione per realizzare i nostri obiettivi che voi non vi degnate neanche di conoscere non so se l'avete capito il sindaco fa un gesto infastidito fa marcia indietro e se ne va seguito dal suo codazzo

poi non mi ricordo cosa è successo ancora è successo che nel pomeriggio c'è stata anche la visita degli extraparlamentari che avevano appena fondato il loro partito e da allora avevano smesso i blue jeans e l'eskimo sono arrivati lì col giornale del partito che sporgeva dalla tasca del loden grigio si sono avvicinati a me e a Cotogno e il loro capo ci ha detto senza preamboli qui bisogna subito organizzare un'assemblea per discutere il da farsi è necessario dirigere politicamente questo movimento spontaneo facciamo subito una riunione ristretta tra noi e i responsabili dell'occupazione e così fisseremo il programma che poi faremo approvare all'assemblea eccetera alla fine se ne sono andati abbacchiati ma il loro capo ci ha minacciati tutte le lotte di massa sono perdenti se non c'è un'avanguardia che le dirige voi non avete nessuna linea politica e trascinate le masse alla sconfitta e blablabla e blablabla

 

 

 

 

 

 

9.

 

 

Allora nei primi momenti della rivolta ci sono state scene molto confuse nel senso che immediatamente la cosa che è circolata è stata ci sono diciannove guardie sequestrate e questo ha prodotto un grande stupore c'erano sentimenti d'incredulità di paura e di stupore ma poi subito il clima generale è diventato rapidamente un clima di grande eccitazione probabilmente perché quello che tutti quanti sentivano in quel momento è stato specialmente il fatto di essere padroni di questo spazio il fatto di potersi muovere e di potere andare su e giù liberamente per tutto questo spazio e anche il solo fatto di muoversi liberi in uno spazio più grande della propria cella nella quale si era costretti innescava questo meccanismo di eccitazione generale

allora è successo che la parte dei detenuti che avevano preparato la cosa che l'avevano organizzata hanno immediatamente innescato tutti i meccanismi organizzativi della rivolta questi compagni si sono dati dei ruoli dei compiti precisi che erano quelli della vigilanza del controllo dei punti principali da dove si poteva tentare un'irruzione da fuori perché le guardie potevano sempre tentare un'irruzione anche se con gli ostaggi che avevamo la cosa non era così semplice e poi c'era chi doveva occuparsi del piantonamento delle guardie sequestrate e tutto questo è avvenuto molto in fretta tutto questo meccanismo organizzativo è stato messo in funzione rapidamente nonostante la grande confusione perché evidentemente era già stato tutto prestabilito e questi ruoli erano tutti già stati assegnati prima

c'erano dei compagni con un armamento che andava da queste caffettiere che erano caffettiere moka che poi infatti dopo ne hanno vietato l'uso in cella da queste caffettiere usciva la miccia c'era il detonatore e dentro c'era l'esplosivo e queste caffettiere funzionavano da granate l'esplosivo era stato nascosto nelle celle e era proprio questo che le guardie cercavano quando avevano fatto quella strana perquisizione avevano cercato in tutte le scatole e nelle bottiglie perché è lì che si nasconde l'esplosivo non l'avevano trovato ma le avevano lasciate tutte sui tavoli per lasciare il messaggio che lo sapevano che in carcere c'era l'esplosivo che avevano sentore che qualcosa doveva succedere

le guardie sono state messe tutte quante dentro un camerone e è cominciato tutto questo rito della perquisizione eccetera le guardie non sono state assolutamente toccate nessuno gli ha fatto male solo alcuni compagni hanno cominciato a mimare ma senza cattiveria con molta ironia sembrava una scena degli indiani del '77 hanno cominciato a mimare tutto quanto il rito della guardia nei confronti del detenuto e allora così sono stati perquisiti tutti quanti esattamente come loro perquisivano i detenuti quotidianamente sono stati messi lì in piedi con la gambe un poco divaricate le braccia alzate e poi perquisiti come si fa abitualmente come loro facevano a noi tutti i giorni quando uscivamo e quando ritornavamo nelle celle

gli si facevano passare prima le mani sulla testa le dita tra i capelli sotto i capelli poi giù dietro la testa sul collo giù sulle spalle e sotto le ascelle e poi scendendo giù lungo la schiena in basso il culo le gambe dietro e giù per le gambe fino ai piedi e poi di lì risalire di nuovo su per le gambe le cosce l'interno delle cosce il ventre e poi su per tutto il torace fino a tornare al collo e poi facendo sbottonare i pantaloni abbassare la cerniera tastando la cinta dei pantaloni tastando i coglioni e poi togliere le scarpe farsele dare e rovesciarle per guardarci dentro tutto questo mentre stavano lì le guardie una dopo l'altra come noi abitualmente le braccia alzate le gambe un poco divaricate

ma la cosa che tutti hanno constatato dopo questa perquisizione che hanno fatto a tutte le guardie è stato che fra le diciannove guardie sequestrate non c'era neppure un graduato se non un povero disgraziato appuntato che evidentemente era lì per caso e questo fatto che non c'era lì neanche un graduato ha fatto pensare a tutti che i graduati avevano avuto sentore che stava succedendo qualcosa sapevano benissimo cosa stava per succedere perché mai e poi mai era successo che sul piano non ci fosse nemmeno un graduato nemmeno un brigadiere e in quella circostanza proprio quella volta lì su tutto il piano anzi su tutti e due i piani il primo e il secondo piano in tutti i bracci non c'era nemmeno un brigadiere

poi più tardi gli hanno fatto togliere anche le divise li hanno spogliati e gli hanno portato degli abiti che portavano i detenuti e li hanno fatti vestire con questi abiti perché questi qui erano ostaggi e quindi se avevano la divisa se c'era un'irruzione sarebbero stati immediatamente individuati da chi faceva l'irruzione polizia carabinieri o le guardie stesse per liberarli che così potevano esercitare una rappresaglia immediata contro i detenuti senza correre il rischio di mettere in gioco la vita delle loro guardie se invece erano vestite come i detenuti tutto sarebbe stato più difficile

però non c'è stato nessun atto di violenza nei confronti delle guardie tutti quanti mi ricordo si preoccupavano e continuavano a ripetere che comunque alle guardie non doveva essere fatto nulla perché quello era la garanzia del fatto che tutto finiva bene le guardie sequestrate sono state messe tutte quante dentro un camerone e controllate da fuori sono sempre state trattate bene hanno avuto anche da mangiare come tutti noi quello che si mangiava durante la rivolta erano gli spaghetti che ce n'erano delle quantità nelle celle c'erano dei compagni che cucinavano gli spaghetti per tutti gli altri e passavano a prendere le ordinazioni tre matriciane quattro carbonare cinque al pomodoro si cucinavano spaghetti dappertutto sui fornelli a gas da campeggio e anche le guardie sequestrate hanno avuto i loro spaghetti

anche gli altri detenuti quelli che non erano tra gli iniziatori della rivolta si sono dati anche loro subito spontaneamente un livello di organizzazione adeguato in caso di un eventuale scontro con le guardie in caso di un eventuale attacco è partito così tutto un meccanismo con molta enfasi da parte di tutti e insomma la gente ha cominciato a armarsi hanno cominciato a tirare giù gli infissi delle finestre per fame lame spranghe e cose di questo genere hanno cominciato a fare i punteruoli con i ganci dei fornelli a gas da campeggio con le punte che venivano acuminate hanno cominciato a fare mazze spaccando le gambe dei tavoli e cose di questo genere poi sono state tirate giù dai cardini le blindate e sono state piazzate contro i finestroni in fondo ai corridoi perché da fuori potevano sparare dentro eccetera

tra l'altro prendendosi tutto il carcere la gente si erano presi anche alcuni strumenti anche delle macchine per esempio si era presa una mola elettrica che è servita per tagliare le piastre di ferro dei letti e così con quelle piastre si potevano fare lame si potevano farle in serie e c'era anche una saldatrice elettrica che è stata usata per saldare i cancelli della rotonda e bloccare così la possibilità di un'irruzione dal basso e anche di un'irruzione dall'alto perché dal secondo piano c'era una scaletta a chiocciola che portava sul tetto e poi c'era anche la possibilità di usare il telefono del posto di guardia del secondo piano e attraverso questo telefono si comunicava con la direzione del carcere e questo è stato lo strumento di comunicazione per le trattative

e poi c'era la televisione perché un'altra cosa strana è stata che durante le rivolte in genere tolgono completamente 1'elettricità e invece questa volta non avevano tolto l'elettricità e avevano lasciato in funzione la televisione come per lasciarci la possibilità di sapere le notizie dall'esterno avrebbero potuto benissimo staccare tutto quanto ma invece hanno lasciato 1'elettricità hanno lasciato in funzione il telefono hanno lasciato in funzione la televisione e dalla televisione arrivavano le notizie sulle trattative tutte le televisioni nelle celle erano tutte accese in continuazione col volume al massimo specialmente quando c'erano i telegiornali e la notizia della rivolta veniva sempre per prima

dentro le celle non sono state affatto distrutte si è trasformato tutto in un enorme bivacco nel senso che la gente non faceva che andare su e giù per tutta la lunghezza dei corridoi che saranno stati una cinquantina sessanta metri tutti andavano su e giù continuamente alcuni bardati semplicemente con un fazzoletto o una sciarpa intorno alla faccia altri invece che erano irriconoscibili incappucciati in una federa con due buchi per gli occhi una coperta come un poncho sulle spalle e questi erano evidentemente comuni perché i comuni avevano le loro abitudini nelle rivolte per non farsi riconoscere come si vede sempre nelle fotografie delle rivolte sui tetti che hanno sempre la faccia nascosta per non farsi riconoscere e evitare le conseguenze

e dappertutto la gente non faceva che muoversi tutti non facevano che camminare su e giù per i corridoi dentro e fuori nelle celle sembravano misurare veramente uno spazio fisico maggiore uno spazio più grande di agibilità che avevano conquistato e continuavano a camminare continuavano su e giù per i corridoi dentro e fuori le celle tutte aperte che davano sui corridoi e tutti quanti continuamente si spostavano da una cella a un'altra cella al punto che le celle hanno completamente cambiato aspetto c'era un movimento continuo di persone e di oggetti che venivano spostati trasportati da una cella all'altra un movimento continuo di oggetti di indumenti di cose era diventato tutto un grande bivacco una festa

il clima che c'era era di euforia c'era un clima di festa io mi ricordo di questa enorme euforia di questa eccitazione di questa festa e quello che tutti dicevano in continuazione e di cui erano convinti era che mai e poi mai ci poteva essere un intervento militare da parte delle guardie dei carabinieri della polizia delle forze repressive e questo proprio per via del fatto che c'erano sequestrate diciannove guardie e questo rendeva quasi impossibile un'irruzione perché sarebbe stato molto pericoloso per le guardie sequestrate mi ricordo che non c'erano preoccupazioni mi ricordo che non c'era assolutamente nessuna ansietà mi ricordo che c'era euforia e eccitazione c'era questo meccanismo che era scattato nella testa di tutti di considerare questa situazione come non pericolosa e che la faceva vivere a tutti come una festa

 

 

 

 

10.


C'era un'attività frenetica al Cantinone c'era quello che faceva l'elettricista e aveva tirato una linea elettrica attaccandosi ai fili esterni dell'ospizio c'era quello che faceva l'idraulico e aveva sistemato le tubature e cosi avevamo anche l'acqua c'erano quelli che facevano i muratori e che erano andati a prendere i loro attrezzi e si erano messi a chiudere i buchi nel pavimento e a sistemare le piastrelle c'erano quelli che facevano i falegnami e che costruivano telai di legno per le finestre e le chiudevano poi con dei teli di plastica e in fondo A salone stavamo costruendo con le assi e le travi che avevamo trovato lì un grande palco per i concerti e per gli spettacoli che volevano fare il concerto di inaugurazione era già stato annunciato con un manifesto e dei volantini che i compagni distribuivano in giro

erano arrivati anche tre o quattro vecchietti dall'ospizio li vicino che si ricordavano quando una volta il Cantinone funzionava da osteria e c'erano li delle botti enormi dei tavoli e delle panche per tutta la lunghezza perché quello era il posto dove i contadini si incontravano per bere il vino e giocare a carte e gli abbiamo promesso che avremmo rimesso lì le botti e le panche e il vino come una volta poi tornano un gruppo di compagni che era andato in giro a fare propaganda per il concerto tornano con le macchine pieni di roba da mangiare noi crediamo che abbiano rubato e c'incazziamo ma invece c'erano stati del negozianti che ci avevano regalato casse di bibite e di pasta e poi sono arrivati li dei ragazzi napoletani che lavoravano in una pizzeria sono arrivati con una montagna di pizze e così c'era da mangiare per tutti

intanto si erano formate le prime commissioni di lavoro chi si erano installate nelle stanze al primo piano Valeriana e un gruppo di ragazze si riunivano per mettere in piedi un consultorio autogestito altri preparavano un programma di controinformazione sulle droghe leggere e pesanti altri si occupavano dell'alimentazione e della controcultura altri della musica del cinema del teatro si decide di prendere contatti con i circoli giovanili di altre città di cui avevamo avuto notizie per uno scambio di esperienze e di informazione e per formare un centro di documentazione con i loro giornali e i loro documenti e in un'altra stanza del primo piano già funzionava un centro stampa con macchine da scrivere e ciclostile che lavorava a tempo pieno i pacchi di volantini di comunicati di annunci di documenti si accumulavano sui tavoli del centro stampa in attesa di essere distribuiti

arriva la sera del concerto e arrivano i gruppi musicali arrivano da diversi paesi del dintorni l'impianto è pronto le luci sono pronte le luci fanno macchie colorate sui muri imbiancati del salone i gruppi cominciano a provare suonano tutti insieme e i suoni sovrapposti escono sulla strada si diffondono in giro la gente arriva a mucchi arrivano giovani da tutte le parti e anche non giovani la strada davanti si trasforma in un parcheggio con tutte le macchine imbottigliate dentro c'è una marea di teste tutti seduti sulle panche e per terra che battono i piedi per terra e tutto rimbomba mentre le luci colorate girano sempre più in fretta io guardo in giro per vedere dov'è China e la vedo contro il muro con Gelso che ride con la testa che sussulta i capelli che le coprono tutta la faccia quando la rialza mi vede e agita la mano e mi fa segno di venire lì anch'io

la festa era al massimo c'era una grande euforia c'era una grande eccitazione gente che entrava e che usciva in continuazione una confusione indescrivibile tutti erano entusiasti di quel posto dicevano che dovevamo restarci che dovevamo restare lì a tutti i costi che avremmo fatto delle cose fantastiche nel Cantinone la musica suonava al massimo io attraverso la folla incrocio Scilla con in mano una chiave inglese lunga mezzo metro che dice qui ci sono troppi sballati se ne trovo uno che si buca lo sfondo era l'unico cupo li dentro Scilla tutti guardavano il palco dove uno adesso cantava mi piace molto di suonare e con la musica pestare ma non mi guadagno il pane perché suono come un cane sono un teppista c'ho in testa la conquista sono un po' brutale ma ti giuro son normale e io sono andato a mettermi con China proprio sotto il palco e sono stato li stretto con China mentre la musica suonava al massimo

improvvisamente la musica si interrompe Scilla è salito sul palco e dice nel microfono è arrivato qua fuori l'assessore culturale con un messaggio del sindaco e della giunta la gente sghignazza e dice portacelo qua che ce lo mangiamo l'assessore alla cultura è giovane piccolo nervoso con i baffetti un impermeabile bianco e ha fatto il '68 aspetta pazientemente che le voci si abbassino per lasciarlo parlare e poi dice vi devo comunicare che la situazione è precipitata abbiamo appena ricevuto una telefonata dal questore che ci annuncia lo sgombero nelle prossime ventiquattro ore a nome della giunta e del sindaco vi rinnovo l'appello alla ragionevolezza e al buon senso evacuate il Cantinone e vi promettiamo uno spazio nel nuovo centro polivalente appena saranno terminati i lavori

partono da ogni parte della sala urla e schiamazzi poi prende la parola Nocciola tu vuoi fare il furbo prima andate a dire che qui siamo provocatori e fascisti poi che ci volete trovare uno spazio per noi l'unica cosa è che vi trema il culo per la vostra giunta perché se era per voi la polizia la chiamavate voi benissimo che questa storia del per primi ma noi sappiamo centro polivalente è una favola basta pensare al disinteresse che avete sempre avuto per i nostri problemi no no lo interrompe coraggiosamente l'assessore voglio dire che questa è una calunnia il problema del giovani e un problema che ci sta molto a cuore nel nostro bilancio sono previste spese importanti per i giovani e per la cultura ma ci sono del tempi che si devono rispettare però vi assicuro che anche i vostri problemi troveranno rapidamente una soluzione adeguata

dovevate parlarne con noi prima dice con tono conciliante dovevate rivolgervi a noi con fiducia e insieme avremmo trovato una soluzione adeguata io penso che le esigenze che sottendono questa vostra iniziativa sono legittime quello che invece non è legittimo è la forma con cui pensate realizzarle noi dobbiamo trovare insieme un altra forma ma intanto e necessario sgomberare il Cantinone prima che accada l'irreparabile la gente ne ha abbastanza fuori fuori gridano tutti aspetto una risposta me ne andrò da qui solo con la vostra risposta sia che sia affermativa o negativa riesce ancora a dire poi Valeriana dal palco fa fare un po' di silenzio e dice che la decisione spetta all'assemblea e che dobbiamo discuterne tutti ma non in sua presenza e che lui se vuole può aspettare fuori e poi gli riferiremo la nostra decisione

Scilla lo scorta fuori e prima di scendere dal palco alza il braccio con la chiave inglese levata scoppia un applauso fragoroso tutti urlano noi del collettivo non sappiamo bene che cosa fare ci consultiamo un momento poi Cotogno prende il microfono compagni noi da qua non ce ne possiamo andare sotto la minaccia dell'intervento della polizia se noi adesso sgomberiamo volontariamente accettando il ricatto del sindaco e del partiti noi abbiamo perso allora noi dobbiamo decidere cosa è meglio fare se restare qua a difendere l'occupazione il che vuol dire andare allo scontro oppure no io penso che oggi come oggi non ci conviene andare allo scontro penso che stroncherebbe il movimento sia che vinciamo o che perdiamo militarmente perché in tutti i casi perderemo politicamente e anche se vinciamo militarmente ci troveremo di fronte una situazione ingestibile

noi dobbiamo decidere la cosa che ci conviene di più per la crescita e il rafforzamento di questo movimento e allora il problema più importante per noi non è di conservare il Cantinone a ogni prezzo il problema è che dobbiamo conservare questa forza che ci siamo costruita e per questo noi dobbiamo rifiutare lo sgombero volontario che ci propongono ma dobbiamo anche rifiutare lo scontro magari un minuto prima ma dobbiamo decidere autonomamente noi quando e come sgomberare se noi sgomberiamo per decisione autonoma nostra noi conserviamo intatta la nostra forza politica e domani potremo portare avanti di nuovo le lotte di questo movimento per la conquista di uno spazio sociale potremo portare avanti altre occupazioni e altre lotte se invece andiamo allo scontro oggi qui ci giochiamo tutto e secondo me perdiamo tutto

ci sono state molte bocche storte anche se la maggioranza è d'accordo con Ortica ma nell'euforia generale quello era buttare acqua sul fuoco comunque la nostra posizione passa nella discussione e così mandiamo a dire al sindaco che l'assemblea ha deciso di continuare l'occupazione a oltranza ma poi decidiamo che non possiamo stare lì a aspettare tutti quanti l'irruzione ci saranno lì quattrocento persone rimanere lì tutti e poi andarsene tutti quanti all'ultimo momento è impossibile è meglio che lo facciano in pochi perché così è più facile andare via ci vuole pazienza per convincere tutti nessuno se ne voleva andare nessuno voleva rassegnarsi che la festa era già finita ma alla fine se ne sono andati hanno smontato e portato via tutto quello che non doveva restare li e alla fine siamo rimasti lì solo quelli del collettivo una sessantina in tutto

nel salone si accendono le candele e si spengono le lampade centrali ritorna il clima delle sere prima coi sacchi a pelo che si srotolano e la gente che si stende solo che nessuno questa volta ha voglia di parlare o di cantare di raccontare storie e fare progetti di arrotolare spinelli e fare l'amore questa sera ognuno ha di fianco al suo sacco a pelo un bastone o una spranga vedo Valeriana seduta contro una colonna che fuma guardando fisso le ombre geometriche sulle volte a crociera mi avvicino con China e vado che ha gli occhi un po' lucidi che c'è Valeriana merda tutto questo lavoro per un cazzo a me piaceva questo posto un posto cosi bello non lo trovi più magari se occupiamo un capannone diroccato in mezzo alla campagna quello magari sono capaci di lasciarcelo ma un posto come questo che poi non sanno neanche cosa farsene non ce i lo lasciano mica quel bastardi

ogni tanto qualcuno del turno di guardia torna dentro per darsi il cambio fuori fa un freddo cane anche dentro non fa più troppo caldo mettiamo giù il sacco a pelo e io m'infilo così come sono il pavimento è duro ma sono stanco e mi sembra di essere comodo lo stesso China si toglie la sua giacca da uomo a spighe l'arrotola e me la mette sotto la testa cosi sa remo più comodi dice e s'infila anche lei China non ha sonno e canta a bassa voce io sono un gran teppista sono il meglio della festa non tagliare la mia pista o per te saranno guai io dico con gli occhi chiusi la pista ormai ci hanno già tagliato tutto adesso basta che non ci arrivano anche i guai ma China continua a volte è fatale se mi comporta male ma anche in galera volevo uscire ogni sera

 

 

 

 

11.

Le guardie fuori dal carcere dopo quel primo tentativo di reazione ricacciato con quella carica esplosiva al plastico al pianterreno non hanno più reagito anche perché a un certo punto un compagno ha mostrato dall'alto di un finestrone una bella palla arancione che saranno stati due chili di plastico e quella palla arancione li bastava per fare venire giù tutto il carcere e cosi loro hanno capito che quel primo botto non era che un avvertimento che se insistevano poteva capitare di peggio e poi ogni tanto qualcuna delle guardie catturate veniva anche mostrata dai finestroni dei corridoi con un coltello alla gola per fare vedere che erano vivi e per dire a quelli di sotto di non tentare nessun intervento

le guardie catturate erano state divise in piccoli gruppi e venivano spostate ogni mezz'ora in celle sempre diverse c'erano dei turni precisi era stato previsto tutto un sistema di spostamenti ogni mezz'ora in modo che da fuori non si poteva mai sapere in che cella si trovavano le guardie in modo che non era possibile tentare qualcosa per liberarle quelli che gestivano le trattative ci tenevano al corrente minuto per minuto di come andavano le cose dicevano che alle trattative partecipavano dall'altra parte del telefono oltre alla direzione del carcere e i comandanti delle guardie anche uomini politici del ministero della giustizia e del governo rappresentanti che questi sembravano bloccati di fronte alla gravità del cosa prendevano tempo ma anche sembravano disponibili trattare

quando è cominciato a fare buio si sono stabiliti del turni vigilare su quello che succedeva fuori per tenere d'occhio dai finestroni protetti dalle blindate quello che succedeva intorno al carcere specialmente le guardie che facevano s u e giù per camminamenti sul muri di cinta che erano so lo a venti trenta metri dal carcere anche meno il carcere era tutto illuminato forte dalle luci gialle dei proiettori e da li dal secondo piano dove stavamo si vedevano al di là del muro di cinta una quantità di camionette di automobili di blindati di furgoni le automobili con le luci azzurre sul tetto che giravano e le camionette coi fari accesi che giravano intorno al carcere e nell'ombra ogni tanto movimenti confusi gruppi di gente in divisa che si spostavano qua e là nell'ombra intorno al carcere illuminato dai proiettori

nessuno ha dormito quella notte perché c'era una tensioni rossa per quello che era successo mi ricordo che c'era questo va e vieni di gente dentro le celle dei corridoi un grande movimento di persone c'era una confusione indescrivibile con li radio e le televisioni sempre accese al massimo c'erano delle discussioni molto accese non tutti erano d'accordo c'erano de compagni che ritenevano che quella rivolta avrebbe segnato un disastro per il movimento del prigionieri ma non potevano fare a meno di accettare anche loro questa situazione perché c'erano dentro non potevano che stare dentro anche loro in questa situazione anche se dimostravano molta malavoglia ne viverla insomma e mentre gli altri ritenevano invece che s. trattava di una grande vittoria

però era successo che mentre questi sequestravano le guardie c'era scappato un ferito cioè questo appuntato l'unico graduato che si trovava nei bracci che era un appuntato e che era rimasto ferito con una punteruolata e questo appuntato ferito destava molte preoccupazioni era un po' la nota stonata in tutta la storia l'unica nota stonata tutti quanti capivano che un morto in quella circostanza avrebbe cambiato completamente le cose è successo che nel momento in cui hanno sequestrato le guardie nel corridoi questo appuntato ha tentato una reazione e un compagno che stava facendo il sequestro gli ha tirato una punteruolata nel fianco con un punteruolo ricavato dal solito gancio del fornello da campeggio

questo appuntato evidentemente fingeva di stare più male di quello che stava in realtà allora i compagni che gestivano la rivolta in più occasioni hanno trattato di rilasciare questo ostaggio ferito l'hanno accompagnato tre o quattro volte giù fino al cancello che segnava la terra di nessuno che in sostanza era la rotonda del pianterreno per lasciarglielo dicendo noi apriamo il cancello e ve lo lasciamo fuori ma nessuno ha compreso e questi qua invece non lo volevano dicevano no no tenetevelo perché voi volete soltanto prendere il pianterreno voi volete aprire il cancello per prendervi anche il pianterreno questa era la motivazione che davano ma nessuno ha compreso che quello era un segno di quello che sarebbe successo

altri suggerivano addirittura di segare le sbarre di una finestra lare giù questo appuntato con una imbragatura perché nessuno lo voleva li nessuno voleva correre il rischio che questo moriva li perché avrebbe snaturata tutta quanta la cosa perché tutto quanto in fondo era andato liscio finora per esempio nessuno aveva pensato di distruggere il carcere non era stato toccato niente non era stato distrutto niente mentre nella rivolta che c'era stata poco tempo prima in quell'altro carcere speciale il carcere era stato completamente distrutto nel senso che lì avevano demolito tutto avevano distrutto l'impianto elettrico avevano distrutto l'impianto idraulico avevano abbattuto i muri avevano reso il carcere completamente inagibile

io a un certo punto sono tornato nella mia cella non c'era nessuno c'era un mucchio di maglioni camicie pantaloni sparsi sulla branda l'armadietto era sparito ho buttato tutto per terra e mi sono buttato sulla branda la televisione era accesa ma non c'era più niente c'era un turbinio di puntini c'era questo che suonava il violino nella cella di fianco suonava sempre le stesse note ho pensato a China e che era certo che domani non la vedevo con questo casino devo scriverle domani appena possibile devo si è affacciato il mio compagno di cella cosa fai lì cosa c'è ti senti male hai sentito le novità che ci sono ci sono delle novità nelle trattative e forse abbiamo vinto forse qua adesso vinciamo

ma guarda gli ho detto non so perché ma avevo un tono incazzato ma lo sai che io veramente non ne posso più non ne posso più veramente che siamo qua sempre ancora con questa storia ancora adesso con questa storia di vincere o di perdere e che mi sembra che sia stata veramente sempre questa la nostra grande disgrazia tutte le volte che abbiamo pensato che la cosa che contava era in fondo solo il fatto di vincere o di perdere mentre poi invece le cose che noi abbiamo fatto veramente non hanno mai avuto niente a che fare col vincere e col perdere intanto perché se si tratta soltanto di vincere o perdere è chiaro che qua abbiamo già perso tutto e da un pezzo ma il fatto è che io penso e anche tanti come me lo pensano che in fondo non abbiamo mai avuto non solo non abbiamo mai avuto nessuna idea né voglia di vincere ma nemmeno nessuna idea che c'era qualcosa da vincere da qualche parte e poi sai se ci penso bene adesso a me la parola vincere mi sembra proprio uguale come a morire

questo appuntato ferito è rimasto lì per tutto il tempo della rivolta perché non l'hanno voluto non hanno voluto che glielo davamo questo povero disgraziato non hanno voluto assolutamente che glielo davamo abbiamo fatto di tutto per darglielo ma loro non lo volevano assolutamente è rimasto li sdraiato per terra tutta la notte fingendo di stare più male di quello che stava si lamentava è passata la notte e non sapevamo più cosa fare e poi la mattina è cominciata a funzionare la stanchezza e il timore che le cose andando per le lunghe avrebbero comportato qualche problema man mano che passava il tempo si cominciavano a sentire da più voci la stanchezza che cominciava a farsi strada la gente era molto tesa e tutti quanti dicevano che si doveva trovare al più presto una soluzione al problema

basta chiudiamo questa storia qui fintanto che abbiamo questo rapporto positivo fintanto che possiamo finire le cose bene cioè il carcere è qua che è tutto in piedi non l'abbiamo distrutto le guardie non sono state toccate non è successo niente di irreparabile è successa una cosa grossissima ma non c'è stato neanche un morto c'è un ferito con una punteruolata e bisogna darglielo prima che muoia queste erano le cose che si ' dicevano questa era la tensione che c'era poi verso sera si sono diffuse le ultime notizie delle trattative uno dei compagni che conduceva le trattative è uscito dal posto di guardia e ha annunciato che le cose andavano bene che era ormai innescato il meccanismo della smobilitazione della rivolta che tra poco sarebbero cominciati i preparativi del rilascio delle guardie sequestrate e che insomma avevamo vinto

dopo questa notizia c'è stato un momento di sollievo c'è stato un momento di rilassamento c'è stato un momento di stanchezza ma anche di rilassamento tutti si interrogavano ma adesso cosa ci faranno ci picchieranno forse no si facevano paragoni su come si erano concluse altre rivolte e c'erano quelli che preparavano i loro zaini perché pensavano che ci sarebbe stato un trasferimento immediato e intanto anche la sorveglianza su quello che succedeva fuori si era rallentata nessuno si preoccupava più tanto di vigilare dai finestroni i compagni rassicuravano le guardie che tutto era finito che presto le avrebbero liberate c'era questo clima di rilassamento e di stanchezza quando alle cinque del pomeriggio quando ormai questo clima era quello generale si è sentito un rumore assordante

 

 

 

 

 

12.

Saranno passate due o tre ore che ci sveglia la voce di Nocciola fuori hanno visto arrivare l'altro pullmino dei carabinieri che ha chiuso la strada e sono scesi da tutti e due hanno tutti in mano i mitra e le pistole hanno chiuso la strada da una parte e dall'altra io con un po' di fatica mi sfilo dal sacco a pelo sono le cinque è ancora buio totale China dice piano ti prego dormiamo ancora un po' mi metto in piedi ho brividi di freddo dappertutto e come mi muovo mi fanno male le ossa mi vesto in fretta scuoto un po' China che dorme con la faccia nascosta dai capelli e le dico di raggiungermi giù in fretta perché stanno arrivando corro in fretta giù per le scale mentre mi infilo i guanti di pelle nera bucati e mi faccio due giri intorno al collo con la sciarpa rossa

giù sotto nel salone tra i resti della festa i compagni si preparano in fretta per terra è rimasto un mare di bottigliette di barattoli di birra di cartacce non c'è più niente sul palco sul muro dietro il palco adesso si vede bene il murales fatto da Gelso che ieri sera nessuno ha visto con tutte quelle luci abbaglianti era un paesaggio tropicale con le palme e le scimmie sugli alberi e dietro un enorme vulcano in eruzione con la lava rossa che scende verso una specie di New York di grattacieli Sentiamo correre giù per le scale arriva giù Scilla saltando i gradini quattro a quattro con dietro gli altri che erano di turno a guardare la caserma ho fatto il giro dietro dice ansando sono arrivati una fila di camion che non finisce mai sono sul piazzale della caserma ma la fila continua anche fuori sulla strada

allora si va barrichiamo le porte tutti barrichiamo le porte ci spingiamo contro le panche spingiamo contro anche il palco contro i1 portone centrale e accendiamo tutte le luci nel salone poi i primi cominciano a salire in soffitta dove c'è un botola da dove si può uscire sul tetto nella soffitta qualcuno incespica spegnendo la candela buio pesto e si perde altro tempo per ritrovarla e riaccenderla Scilla bestemmia e insulti tutti cazzo di imbranati muovete il culo sembra un sergente alle prese con l'addestramento della sua truppa sentiamo arrivare i camion che poi si fermano mentre i motori restano accesi Nocciola spinge su China che gli sta davanti e sparisce anche lui su per la botola Scilla chiede dove sono le bottiglie non ti preoccupare sono già sul tetto saliamo per ultimi e Cotogno chiude la botola e siamo tutti sul tetto

sul tetto non ci possono vedere perché le luci dei lampioni sono spente perché le abbiamo rotte a sassate intravedo fa fila del compagni che avanzavano in fila sul tetto da giù arrivano voci e ordini secchi mescolati al rumore del motori sempre accesi vedo Scilla steso sulle tegole a pancia in giù che striscia fino all'orlo del tetto appoggia le mani alla grondaia e sporge la testa io e qualcun altro lo raggiungiamo per guardare giù hanno spento i motori in quel momento sono tutti schierati su tre file con gli scudi e i caschi con le visiere abbassate la prima fila con i fucili con i candelotti infilati in cima le altre due file con in mano lunghi manganelli c'è un gruppetto di graduati e di borghesi che parlottano in fondo alla strada

la luce del finestroni illumina la prima fila immobile con i fucili e i candelotti rivolti verso l'alto ci aspettiamo che diano l'ordine di sgomberare con un megafono perché sono convinti che siamo tutti dentro invece nessuno si avvicina all'edificio un graduato si stacca dal gruppetto in fondo alla strada fa un gesto e la prima fila abbassa i fucili puntandoli sui finestroni partono quasi tutti insieme dei colpi attutiti si sentono i candelotti che forano i teloni di plastica dei finestroni quattro bottiglie e li becchiamo tutti dice Scilla tiriamole adesso che sono tutti in un mucchio ma Cotogno gli mette una mano sulla spalla se lo meriterebbero quei figli di puttana ma abbiamo deciso che le bottiglie servivano solo per fermarli se non riuscivamo a uscire tutti in tempo

andiamo via piuttosto dice Valeriana vediamo il fumo che esce sotto dai finestroni e sale piano denso cominciamo a sentire l'odore del lacrimogeno e risaliamo in diagonale il tetto piegati in avanti lo getto un'ultima occhiata i poliziotti sono ancora schierati come prima forse stanno aspettando che apriamo la porta e usciamo camminiamo in fretta sulla cima del tetto Ortica e un altro portano il sacco pesante delle bottiglie che sbattono e minacciano di rompersi passiamo sul terrazzino e di li scendiamo nel parco lì tutto è tranquillo non si sente nessun rumore attraversiamo il parco di corsa arriviamo allo steccato e lo scavalchiamo li di fronte ci sono le macchine gli altri sono già partiti l'appuntamento è alla sede

Ortica è già pronto a infilare il sacco nel baule aperto di una macchina speriamo che non ci fermino con le bocce in macchina ci mettono dentro tutti si e meglio non portarle in macchina ci mettono dentro tutti se ci trovano con questa roba e poi gli servirà per gettare merda sull'occupazione è meglio che le lasciamo qui no e meglio che le svuotiamo perché se poi le trovano qui è lo stesso si ma non qui là in fondo dietro alla siepe Ortica porta lì il sacco togliamo le bottiglie dal sacco ma i tappi sono infilati bene e non mi riesce a toglierli allora spacchiamo le bottiglie coi sassi dopo avere tolto gli antivento con lo scotch che resta attaccato alle cita gelate dal freddo poi buttiamo lontano i cocci delle bottiglie la puzza di benzina ci prende al naso e ci resta addosso anche quando saliamo in macchina

facciamo una strada passando per i campi tutto è tranquillo facciamo un lungo giro e arriviamo alla sede non c'è nessun poliziotto intorno dentro la luce è accesa e ci sono già lì tutti i compagni decidiamo di andare tutti a casa e poi di rivederci qui stasera però bisogna che qualcuno vada a vedere che cosa fanno al Cantinone decidiamo che un gruppo va a vedere tra un paio d'ore bastano quattro o cinque i compagni sfollano a piccoli gruppi parlando a voce bassa Gelso passa da casa a prendere la macchina fotografica noi restiamo lì parlando per restare svegli perché se smettiamo di parlare ci addormentiamo salvo China che si addormenta subito comincia a fare chiaro ci rimettiamo in macchina andiamo al bar della stazione a prendere un cappuccino

dopo un po' arriva Gelso con la macchina fotografica saliamo in macchina e arriviamo all'incrocio ecco lì i due pullmini e le macchine della questura la colonna di camion non c'è più e sull'angolo opposto del Cantinone non vediamo nessuno e dico a Cotogno di fare il giro dell'isolato così ci fermiamo li e facciamo le foto facciamo il giro e ci fermiamo all'inizio della strada che costeggia il Cantinone China e Valeriana restano nella macchina sedute dietro lo Cotogno e Gelso scendiamo e ci mettiamo dietro la macchina per non farei vedere Gelso appoggia la macchina fotografica sul tetto della macchina e comincia a scattare le foto davanti al portone vedo dei muratori che stanno passando il cemento su una parete di mattoni che chiude il portone stanno murando il Cantinone ci sono lì dei carabinieri che stanno a guardare con le mani nelle tasche

vediamo i teloni di plastica dei finestroni al pianterreno squarciati e bruciacchiati dal candelotti siamo cosi presi che non ci accorgiamo che una delle macchine della questura è partita fa il giro dell'isolato e ci arriva dietro sento la voce di Valeriana che li vede arrivare e dice attenzione la macchina frena facendo stridere le gomme scendono due da dietro correndo la macchina resta li in mezzo alla strada col motore acceso e le portiere aperte i due ci sono di fianco la mano di uno impugna il calcio della pistola Gelso non ha nemmeno il tempo di tentare di nascondere la macchina uno gliela strappa di mano e dice che cosa fotografate l'altro apre la portiera e dice voi due fuori subito scendete è arrivato li anche il poliziotto che guidava e ci chiedono a tutti i documenti

mentre un poliziotto va con i documenti verso la loro macchina uno fruga nella borsetta di Valeriana mentre l'altro continua a puntarci contro la pistola dopo qualche istante quello che è andato alla macchina mi fa segno di avvicinarmi io non capisco subito e l'altro mi dà un colpetto con la canna della pistola mi incammino e mi fermo davanti al finestrino davanti abbassato a metà dietro c'è seduto un tipo con un impermeabile chiaro che spegne la ricetrasmittente tiene in mano le carte d'identità la mia sopra le altre alza la testa mi guarda dietro gli occhiali quadrati non ti basta fare casino alla tua scuola mi dice ma non è aggressivo suona come un rimprovero a un ragazzino disobbediente io dico piano stavamo solo facendo delle foto non credo sia proibito

lui non dice niente allora mi viene in mente che quello è il dottor Donnola il capo della squadra politica della questura quello che anche davanti alla scuola quando ci sono i casini se ne sta sempre li nella macchina un po' lontano a parlare nella ricetrasmittente uno dei poliziotti adesso gli porta la macchina fotografica ma lui non la tocca neanche fa un gesto con la testa e allora il poliziotto la apre e tira fuori il rollino poi la chiude e me la porge in malo modo lo prendo la macchina e la tengo in mano il dottor Donnola sfoglia ancora una volta le carte d'identità una per una poi le batte sul bordo del finestrino e me le tende io le prendo mentre lui mi guarda ancora negli occhi dietro gli occhiali quadrati e mi dice come con un sospiro arrivederci

 

 

 

 

 

 

 


 


 

 

 

SECONDA PARTE


13.

Io questa cosa me la ricorderò per sempre un rumore veramente assordante un rumore che veniva dall'alto un rumore che veniva dappertutto che diventava sempre più forte sempre più assordante avevamo capito quasi subito che era un rumore di elicotteri e questi elicotteri facevano un rumore fortissimo non era un solo elicottero dovevano essere tanti elicotteri e tutti sono rimasti per un attimo immobili tutti sono stati molto disorientati perché tutti quanti ritenevano impossibile un intervento militare al punto in cui eravamo arrivati proprio adesso che le trattative erano arrivate fino a lì e poi c'era la questione delle diciannove guardie nessuno pensava che avrebbero messo in gioco la vita delle diciannove guardie sequestrate e che avrebbero fatto un intervento militare

sono arrivati si è sentito questo rumore assordante di elicotteri tutto tremava i muri tremavano e tutto sembrava tremare e tutti hanno cominciato a reagire in maniera diversa quella che ho visto è stata la confusione completa è stata una situazione che avevo già vissuto in altre occasioni quando la polizia carica nei cortei e non c'è il servizio d'ordine per far fronte a una carica di polizia e proteggere la gente che sta nel corteo per mantenere la calma per potere rifluire e andarsene con calma ecco la situazione è stata quella una situazione di panico generale però nonostante che c'era questo panico continuava a esserci la convinzione da parte di tutti che era un bluff che questi bluffavano che questi in realtà non arrivavano e anche quando si sono cominciate a sentire le prime esplosioni si è pensato che era una cosa solo a scopo deterrente

allora è successo che l'azione militare si è svolta cosi è successo che questi sono arrivati con gli elicotteri la scena che ho visto è stata di questi enormi elicotteri che arrivavano e che facevano questo rumore assordante e da un finestrone del corridoio ho proprio visto benissimo questi in divisa nera tutti quanti armati fino ai denti con questi caschi integrali che gli coprivano tutta la testa li ho visti che stavano sugli elicotteri e che scendevano che stavano per scendere con delle scalette di corda con delle funi non so fatto sta che scendevano sul tetto scendevano giù dagli elicotteri sul tetto a terrazza sopra di noi e c'era questo rumore assordante queste esplosioni gli elicotteri arrivavano a ondate questi scendevano giù e subito ne arrivavano degli altri e cosi via

questi sono arrivati sul tetto sono scesi giù sul tetto e hanno cominciato a tirare le bombe sono arrivati sul tetto e sul tetto c'era una botola hanno fatto saltare questa botola con le bombe questa botola dava su una scala a chiocciola scala a chiocciola dava su un cancello che dava sulla rotonda del secondo piano e che avevamo saldato allora loro hanno fatto saltare immediatamente questa botola sul tetto che dava sulla scala a chiocciola e appena hanno aperto la botola hanno cominciato prima di scendere a buttare giù una dopo l'altra saponette di plastico cioè proprio buttavano giù le bombe dalla scala e man mano che le bombe arrivavano giù nella rotonda c'erano questi boati veramente assordanti queste esplosioni

a questo punto tutti si sono resi conto che questi stavano entrando davvero che non era più un bluff e tra l'altro le esplosioni non si sentivano solo di sopra ma si cominciavano a sentire anche da sotto perché stavano attaccando anche da sotto allora c'è stato il panico generale e in quel momento è successo che uno in quel momento ha deciso da solo quello che gli conveniva più fare non c'è stata una reazione ordinata alla cosa ecco non c'è stata una reazione collettiva ordinata e anche quelli che si erano organizzati non hanno reagito in maniera disciplinata e organizzata e non c'è stata nemmeno da parte di quelli che avevano messo in conto l'irruzione che pensavano quella cosa poteva succedere non c'è stato niente di organizzato quando abbiamo visto che questi effettivamente cominciavano a tirare le bombe

allora c'era li era stata organizzata una struttura di servizio militare eccetera che aveva l'armamento cioè c'erano questi che avevano c'erano dei compagni che avevano delle bombe che erano state costruite che avevano questo plastico dentro le caffettiere però non c'è stata una reazione ordinata quello a cui lo ho assistito è stata una grande confusione ho assistito alla grande confusione di tutti ognuno ha reagito istintivamente ha reagito come pensava che era meglio reagire in una circostanza del genere ma individualmente nel senso che in quel momento non si è vista nessuna reazione ordinata nessuno faceva riferimento a nessuno ma faceva riferimento solo a se stesso e al proprio istinto

la gente ha cominciato a scappare a correre a correre avanti e indietro avanti e indietro dentro questo spazio limitato a correre avanti e indietro per questo corridoio a entrare e uscire dalle celle in maniera confusa e caotica per tutti questi lunghi minuti senza sapere assolutamente cosa fare cercando qualcuno e non trovandolo entrando e uscendo dalle celle insomma la classica situazione di fuga davanti a una carica di polizia quando non si è difesi però la differenza è che quando tu scappi davanti a una carica della polizia hai davanti a te uno spazio illimitato qui invece tutti quanti scappavano come topi in gabbia perché tutti quanti sapevano istintivamente che non c'era spazio tu eri dentro uno spazio bloccato e questi arrivavano e tiravano le bombe e c'era questo rumore assordante di esplosioni continue che ti facevano saltare i timpani

allora lo mi ricordo che ho avuto solo il tempo per scambiarmi le opinioni sul da farsi col mio compagno di cella l'ho visto lì nel corridoio e gli ho detto senti qui cosa si fa e lui mi ha detto secondo me bisogna scendere al primo piano perché questi stanno calando dall'alto stanno venendo giù dal tetto fra qualche secondo sono qui e allora è meglio scendere al primo piano e io mi ricordo che gli ho detto ma guarda che stanno salendo su anche dal pianterreno stanno salendo su al primo piano per cui e esattamente la stessa cosa e qua il problema adesso non è di stare qua o di scendere al primo piano il problema è che cosa si fa ci si arrende o si fa qualcosa e cosa si fa se si può fare qualcosa ma lui ha detto no io scendo al primo piano

allora è successo che istintivamente ognuno ha scelto spontaneamente quello che pensava che era meglio fare in questa situazione e c'è stata questa divisione tra quelli che sono rimasti e quelli che sono andati però la cosa strana in questa divisione tra quelli che sono andati sotto e quelli che sono rimasti sopra è stato che si sono mischiati tutti insieme quelli che ritenevano di non fare resistenza perché non era possibile fare resistenza perché tanto non c'era niente da fare e era già tanto se si salvava la pelle e poi quelli che invece credevano che si poteva fare una resistenza anche se non sapevano non capivano come si poteva fare a farla non è che quelli sono rimasti sopra e gli altri sono andati sotto ma si sono trovati mischiati tutti insieme tutti quanti sopra e sotto

io al secondo piano ho sentito urlare di concentrarsi tutti nel grande camerone allora una trentina di compagni sono andati in questo grande camerone e allora lì ci sono stati dei Momenti terribili perché questi avevano tolto l'elettricità ormai era buio si sentivano delle esplosioni spaventose tutti quanti stavano lì allineati contro il muro in fondo al muro di questo camerone tutti quanti accovacciati uno sull'altro con la convinzione che questi ci uccidevano tutti perché dal momento che questi erano arrivati non facevano che tirare bombe in continuazione e si vedevano calcinacci saltare pezzi di pavimento saltare questa è stata l'ultima cosa che ho visto prima che hanno tolto l'elettricità buchi nel pavimento per le bombe che tiravano giù dal tetto

alcune delle guardie sequestrate sono state portate di sotto al primo piano con i coltelli alla gola altre guardie sono rimaste di sopra al secondo piano nel camerone con noi e le guardie erano terrorizzate quando gli hanno aperto le celle dove si trovavano e li hanno tirati fuori in mezzo a tutto quel casino che c'era in mezzo a quel fracasso e a quella confusione con la gente che correva da tutte le parti con le esplosioni ininterrotte delle bombe che scoppiavano in continuazione li hanno tirati fuori dalle celle e hanno pensato erano sicuri che gli tagliavano le teste e li buttavano di sotto uno per volta hanno pensato che li ammazzavano e che li buttavano di sotto per fermare quelli che stavano entrando

le guardie non dicevano niente avevano gli occhi sbarrati ce n'era uno che continuava a svenire dalla paura era pallidissimo gli cedevano le gambe e sveniva in continuazione allora un compagno gli dava degli schiaffi per non farlo svenire poi gli hanno tirato un secchio d'acqua in faccia e quelli che lo tenevano su per le braccia gli continuavano a dire di stare calmo che non lo ammazzavano le guardie che stavano nel camerone del secondo piano non erano assolutamente tenute da nessuno minacciate da nessuno si sgolavano a gridare dalle finestre non entrate non entrate che ci ammazzano tutti e allora un compagno gli ha detto vi ammazzano vostri soci mica noi

tra l'altro le guardie non avevano più le divise erano vestiti con vestiti normali come noi e quindi erano esposti come noi a quelli che entravano tirando bombe e sparando non si potevano distinguere da tutti noi e intanto nessuno li minacciava nessuno gli faceva niente stavano li con noi anche loro accovacciati e anche loro tremanti di paura e in quel momento c'è stato un attimo di solidarietà tra tutti perché eravamo tutti nella stessa situazione perché c'era in gioco la vita e le guardie si erano rese perfettamente conto che i carabinieri stavano mettendo in gioco anche la loro vita non gliene fregava niente ai carabinieri della loro vita e infatti questi sono arrivati facendogli rischiare di essere uccisi due volte una volta da noi e una volta da loro è chiaro che in quel momento per un attimo c'è stata una solidarietà tra noi e le guardie

 

 

 

 

 

 

14.

Le elezioni dei decreti delegati sono arrivate in un clima accesissimo la mattina presto come prestabilito ci siamo trovati in un centinaio davanti ai cancelli della scuola è domenica e c'è un sole tiepido tutti abbiamo giubbotti sciarpe e berretti di lana guanti bandiere siamo tutti intruppati molto aggressivi formiamo una parata di presenza dura agguerrita Malva è incazzatissima non è d'accordo continua a ripeterlo litiga con tutti dice che bisogna sbaraccare tutto quell'armamentario da sceneggiata militare che dobbiamo puntare tutto sulla discussione e non sulla minaccia ma nessuno le dà retta e Scilla che ha portato un mazzo di manici di piccone a cui sono legati degli straccetti rossi le urla vaffanculo stronza mettiti anche tu in lista e non rompere i coglioni

il cancello viene aperto dai bidelli vestiti in borghese e pagati con lo straordinario per quel lavoro festivo formiamo quattro cordoni che sbarrano l'entrata subito arrivano due volanti della polizia due auto dei carabinieri e un cellulare della questura c'è la solita auto civetta chiara della polizia che dà ordini con una ricetrasmittente dopo un po' un graduato si avvicina e chiede di lasciare aperto il passaggio ma noi non ci muoviamo il clima è tesissimo i poliziotti si schierano formano anche loro un cordone ma non hanno manganelli né caschi né scudi non hanno in mano niente e sono un po' intimoriti dalle nostre bandiere

i carabinieri stanno in disparte a guardare i poliziotti hanno formato un cordone e avanzano serrati verso di noi e arrivano quasi a toccarci ci insultiamo guardandoci negli occhi e cominciamo a spingerci corpo contro corpo per il momento non ci spingiamo con le mani premiamo solo coi corpi contro corpi degli altri noi teniamo davanti al nostro cordone le aste delle bandiere orizzontale e spingiamo con le aste per non fare avanzate i poliziotti allora i poliziotti prendono in mano anche loro le bandiere e le spingono contro di noi si spinge da tutte e due le parti e la linea orizzontale delle bandiere fa da divisione tra i nostri corpi e i loro sembra un gioco un tiro alla fune rovesciato e c'è anche chi si diverte con quel gioco che continua per un bel po'

mentre spingiamo noi gridiamo oh oh oooh i poliziotti invece spingono senza dire niente la massa ondeggia avanti e indietro uno schieramento perde un metro ma poi lo riconquista e cosi passa qualche minuto io sono proprio in mezzo e mi sento schiacciato come una sardina pressato da tutte le parti accaldato mi sembra di soffocare poi alla fine riusciamo a buttarli indietro noi perché siamo più numerosi e c`è anche un sacco di gente che spinge da dietro l'ultima spinta che diamo è violentissima ì cordoni dei poliziotti non riescono a bloccarla qualche poliziotto finisce per terra a gambe per aria e si rialza in fretta raccogliendo il cappello e bestemmiando di rabbia e così riusciamo a occupare completamente lo spazio davanti al cancello

viene avanti di nuovo lo stesso graduato di prima e comincia una trattativa lui dice che a loro interessa soltanto lasciare aperta l'entrata che loro sono lì per garantire questo che la gente possa entrare e uscire liberamente e che se non la smettiamo prendono i manganelli e ci caricano allora Canforo fa da mediatore e si arriva all'accordo di schierarci lateralmente lasciando libera l'entrata perché noi non siamo li per impedire alla gente di entrare a votare ma per discutere con loro ma in realtà non si discute un cazzo alcuni gruppetti di studenti che arrivano li per votare vedono la situazione e fanno dietro front ma la stragrande maggioranza non si presenta neanche solo alcuni genitori restano lì smarriti non capiscono niente ma c'è troppa tensione per discutere non c'è neanche la voglia da parte nostra

la nostra attenzione è ormai tutta per i poliziotti sentiamo che lo scontro è con loro che intanto hanno riformato il loro cordone hanno formato un cordone parallelo al nostro che lascia libero un corridoio largo un paio di metri e lungo una decina di metri che arriva fino al cancello finalmente ci sono un p alo di genitori coraggiosi certamente comunisti che s'incamminano nel corridoio lasciato libero davanti all'entrata e allora subito noi avanziamo tutti insieme di colpo e immediatamente avanza anche il cordone del poliziotti e cosi ci ritroviamo nella situazione di prima faccia a faccia con i genitori presi in mezzo come un sandwich di fianco a me c'è Scilla ci teniamo sotto braccio sento il suo braccio teso che si stringe al mio

poi improvvisamente il braccio di Scilla si divincola rapidissimo dal mio e di colpo vedo il sangue che scende dal naso del poliziotto che gli sta di fronte è stato un attimo nessuno ha visto il suo pugno scattare che ora è di nuovo sotto il mio braccio il poliziotto apre le braccia molli e si lascia andare indietro con il cappello che gli scende sulla faccia intanto i due schieramenti si sono di nuovo staccati e sono tornati ognuno sulla linea di partenza il poliziotto a terra viene portato via senza che si capisce bene che cosa gli è successo dopo un po' arriva un gruppetto di cattolici e si ferma a qualche metro di distanza parlottando un po' tra loro e poi in fila vengono avanti imboccando il corridoio

riparte il gioco degli schieramenti tutti ci buttiamo dì nuovo in avanti e il gruppetto degli aspiranti delegati torna indietro precipitosamente dopo avere ricevuto qualche spintone e qualche sputo poco dopo arriva il primo della classe che è della FGCI arriva accompagnato da una decina di altri ragazzotti ben vestiti e dalla faccia pulita come la sua evidentemente tutti militanti della sua organizzazione fantasma si preoccupano per un po' di fermare i pochi studenti che arrivano e di convincerli a restare lì poi parlottano con i poliziotti parlottano con il gruppetto dei cattolici Valeriana per prima urla eccolo lì il compromesso storico poi partono gli slogan uniti si ma contro la DC

i poliziotti partono di sorpresa e di slancio guadagnano qualche metro i cordoni dei due schieramenti si sfilacciano nella confusione partono calci e cazzotti da tutte e due le parti un po' di studenti riescono a entrare approfittando della confusione quasi tutti si prendono qualche botta a Cocco strappano la fodera color cardinale del suo pastrano a Gelso spaccano un mignolo a me arriva un colpo sul braccio sento un dolore lancinante mi guardo in giro ma c'è una tale confusione che non capisco chi me l'ha dato i poliziotti sono incazzati perché noi abbiamo le bandiere e capiscono che cominceremo a usarle intanto arrivano a frotte i militanti del PCI sono sempre più numerosi e si mettono dietro ai poliziotti e li incitano a spazzarci via

uno del PCI alto e grosso dalla faccia prepotente si fa avanti e prende Pepe per il bavero e gli grida fascista Pepe sì divincola e riesce a tirargli un calcio negli stinchi un calcio durissimo con la punta del suo anfibio roba da spaccargli la gamba ma quello non fa una mossa e non molla il suo collo allora Ortica che è lì di fianco alza la bandiera e la cala con due mani sul braccio del bestione un urlo dì dolore e quello lascia la presa è il caos botte da orbi da tutte le parti ormai è un corpo a corpo le bandiere saettano l'aria urla bestemmie insulti sento qualcuno che mi prende per ì capelli ma poi mi molla subito vedo Scilla che tira colpi da forsennato usando la bandiera come una clava contro i poliziotti che cercano di raccogliere le bandiere cadute per terra per usarle anche loro

arrivano delle ambulanze con le sirene la zuffa smette quasi di colpo e ci si ridivide nei due schieramenti ritornando alle posizioni iniziali improvvisamente sento gridare che hanno preso Canforo e faccio in tempo a vedere Canforo tenuto per le braccia che viene spinto da quattro poliziotti sul cellulare ci precipitiamo tutti sul cellulare e lo circondiamo altre spinte altri cazzotti coi poliziotti ma il cellulare non può partire perché schiaccerebbe qualcuno allora noi cominciamo a scuotere il cellulare a sballottarlo spingendo tutti insieme a quel punto i poliziotti promettono il rilascio di Canforo in cambiò della consegna delle bandiere noi accettiamo lasciamo lì i bastoni per terra e Canforo viene fatto scendere dal cellulare

è mezzogiorno siamo li da quattro ore i seggi chiudono la sera e noi non vogliamo andarcene ma non si può andare avanti a botte fino a sera decidiamo cosi di fare uno schieramento ridotto fino a dopo pranzo tanto ormai il nostro obiettivo è stato raggiunto l'affluenza alle urne è stata quasi nulla decidiamo di dare una tregua ai poliziotti e io accompagno Canforo a parlare col graduato che è li dall'altra parte della strada appoggiato a una volante e discute con uno in civile con un impermeabile doppio petto color crema la tensione si è allentata del tutto qualcuno si siede sul marciapiede a mangiare i panini un poliziotto giovane si toglie di tasca la radiolina per sentire la partita e ci dice ma che fate è domenica perché non e andate nei prati con qualche ragazza invece di stare qui a fare tutto questo casino

 

 

 

 

 

 


 

 

15.

La volta che mi hanno arrestato eravamo appena arrivati col treno dal paese camminavo con China e con altri due compagni per la strada dalla stazione verso la sede c'era la riunione alla sede per la radio che stavamo mettendo su la stavano mettendo su Gelso e Ortica e doveva trasmettere in tutta la provincia passa via un'auto civetta della questura sputtanatissima che negli ultimi tempi vedevamo spesso ferma davanti alla sede ma non ci badiamo neanche tanto stanno controllando come al solito pensiamo ma poi quelli si fermano di colpo proprio di fianco al marciapiede qualche metro davanti a noi si fermano di colpo e subito scendono scendono in fretta con le pistole in mano e vengono verso di noi a me la cosa mi sorprende perché questi ci conoscevano benissimo e non era il caso di fare tutta quella sceneggiata per chiederci i documenti come era già successo ormai un sacco di volte

i tre in civile non badano molto ai compagni che sono con me ma mi circondano mi puntano le pistole addosso e mi dicono di stare fermo non muoverti mi gridano e chi si muove dico io questi si avvicinano e uno mette al muro i compagni e anche China con le mani alzate poi li fruga un po' ma senza convinzione gli altri invece mi prendono per le braccia e mi spingono verso la macchina mi spingono dentro la macchina e mi ritrovo schiacciato tra due con le pistole in mano che me le appoggiano ai fianchi erano piuttosto agitati e non dicevano una parola e allora anch'io non dico una parola riesco solo girando un po' la testa a vedere China sul marciapiede che correva verso la macchina che in quel momento parte di colpo

tutto questo è avvenuto tutto velocissimo quello che era rimasto giù quando ha visto che ero entrato nella macchina ha mollato i compagni che teneva contro il muro con la pistola è corso alla macchina è salito davanti e è partito sgommando a zig zag poi ha guardato dietro nello specchietto e ha detto l'avete perquisito no fa quello alla mia sinistra sempre spingendomi la pistola fra le costole quello che guida s'incazza ma come non l'avete perquisito ma siete fessi dovevate perquisirlo e frena e fa per accostare al marciapiede ma sempre quello alla mia sinistra dice non fermarti adesso quello che guida riprende velocità e dice ma almeno mettetegli le manette no e poi mi chiede minaccioso sei armato

no dico io quello a destra tira fuori le manette e quello che guida gli dice mettigliele dietro allora quello alla mia sinistra mi prende con una mano per i capelli e mi dice avanti metti le mani dietro io ubbidisco ma mi muovo molto lentamente perché mi sento premere la canna della pistola sul fianco quello a sinistra mi tira ancora i capelli finché appoggio la faccia contro il sedile davanti mentre l'altro mi mette le manette intorno ai polsi ma ci mette un po' a metterle perché c'è poco spazio e così finalmente mi trovo ammanettato quello a sinistra mi lascia i capelli adesso sono ammanettato e scomodissimo per via delle braccia dietro la schiena e i due di fianco che mi premono sempre le pistole fra le costole ma preferisco stare zitto e non chiedere niente

la strada che porta alla questura è corta però faccio in tempo a pensare a mille cose penso che questi stanno facendo una cosa dura di intimidazione non capisco per quale motivo ma è certo che stanno facendo una cosa dura e visto come vanno queste cose appena arrivati in questura mi riempiono di botte e penso che sono ammanettato e che così è facile picchiarmi senza che posso nemmeno difendermi e così mi salta addosso la paura delle botte non riesco neanche più a pensare per quale motivo possono avermi fermato penso solo alle botte che mi daranno e arrivati davanti all'entrata principale mi fanno scendere a spintoni sempre con le pistole 'n mano mi spingono su per le scale continuando a spingermi anche se non c'è bisogno mi spingono se salgo piano e se accelero mi dicono dove vai e mi tirano indietro per le manette

insomma facciamo due piani così sempre con questi che mi spingono e mi tirano poi questi mi fanno entrare in una stanza e mi fanno sedere su una sedia io nell'attimo in cui mi siedo sempre con le manette dietro penso adesso cominciano ecco e invece quello che mi aveva messo le manette tira fuori di tasca una chiavetta minuscola e me le toglie io ho tirato un sospiro perché ho pensato che se mi dovevano picchiare era più facile farlo quando ero ammanettato mi frego un po' i polsi che sono rossi e mi fanno male poi quello che guidava mi fa deciso spogliati dà i in fretta io non faccio obiezioni mi tolgo il giubbotto la sciarpa poi mi tolgo il maglione la camicia e la maglietta dà i su in fretta anche i pantaloni mi tolgo le scarpe mi sfilo i pantaloni e poi li guardo

ma sempre quello riattacca da incazzato ho detto tutto ti devi mettere nudo tutto hai capito e mi dà un colpetto sulla spalla con la punta delle dita tese e con una faccia sprezzante io vedo questa sua espressione sprezzante e mi viene naturale fissarlo in faccia e gli vedo questa espressione sprezzante negli occhi e sento salirmi una vampata d'odio di rabbia tu sei una carogna gli dico con gli occhi non ho il coraggio di dirglielo perché lo vedo lì tutto teso pronto a partire con una botta se faccio la minima reazione e così mi tolgo le calze e le mutande e resto lì nudo ho freddo ma non mi muovo è come una rivelazione per me e penso sono proprio così sono proprio fatti così ma perché mi stupisco quante volte ce lo siamo detto che sono così

i tre si mettono a frugare i vestiti rivoltano le tasche del giubbotto le tasche del pantaloni rovesciano fuori quello che c'è dentro sul tavolo poi prendono tra le dita una per una tutte queste cose che sono le solite cose le sigarette l'accendino le monete foglietti di carta le chiavi le solite cose che ci sono sempre quelle tasche le guardano le riguardano se le fanno passare da una mano all'altra due o tre volte le girano le sentono tra le dita poi se le passano tra di loro l'accendino le chiavi i foglietti di carta li leggono attentamente li guardano controluce li riappoggiano delicatamente poi tolgono le sigarette dal pacchetto tolgono anche la stagnola la osservano attentamente da una parte e dall'altra ma cosa stanno cercando mi chiedo cosa pensano di trovare

poi fanno passare i vestiti tastano il collo del giubbotto le cuciture strappano la fodera e ci passano dentro la mano a turno tastano il collo della camicia la rivoltano controllano le cuciture rovesciano i pantaloni e il maglione controllano ogni centimetro sempre con lo stesso ritmo calmo si vede che sono per loro gesti abituali meccanici poi prendono in mano le mutande le tastano bene anche quelle poi tocca alle scarpe ci infilano la mano sollevano la linguetta le mettono sotto la luce per guardarci dentro di sbieco controllano la suola la piegano in due e poi le buttano per terra alla fine la sciarpa rossa e i calzini sempre con le mani nervose li tirano su li tastano li girano e li rigirano tre quattro volte se li passano di mano poi quando hanno finito uno esce dalla stanza

raccolgo la mia roba sparsa in giro per terra faccio le cose lentamente continuo a non capire dove vogliono arrivare penso che adesso potrebbero anche dirmi qualcosa però io evito di fare domande finisco di rivestirmi lentamente e poi mi siedo su una sedia guardo fuori dalla finestra anche se non c'era niente da guardare perché eravamo al secondo piano e c'era solo il cielo grigio fuori dalla finestra guardavo fuori nel cielo grigio per non guardare quelli che anche loro adesso sembravano rilassati e non badavano più molto a me uno si era seduto sulla scrivania e faceva andare avanti e indietro le gambe penzoloni mentre con la mano giocherellava con gli oggetti che erano nelle mie tasche e che adesso formavano un mucchietto sulla scrivania

la carogna ce l'avevo dietro le spalle non lo vedevo ma ero sicuro che aveva fatto apposta a mettersi li per darmi insicurezza perché potevo pensare ogni momento che stava per arrivarmi una botta finché dopo qualche minuto quello che era uscito riappare e gli chiedono se è arrivato il capo ma guarda penso io lo chiamano davvero il capo e quello risponde adesso arriva io lo so chi è il capo l'ho già visto tutte le volte che abbiamo fatto una manifestazione era sempre lì col suo impermeabile doppio petto color crema dietro il finestrino di una macchina civile con la ricetrasmittente davanti alla bocca a dare ordini ai suoi ragazzi perché lui li chiama proprio cosi i miei ragazzi e loro lo chiamano il capo che tipi sono questi sbirri si comportano e parlano veramente come gli sbirri che si vedono nei film

 

 

 

 

 

16.

È passato un istante lunghissimo di silenzio da quando questi qua hanno smesso di tirare giù le bombe dal tetto e hanno cominciato a scendere giù per la scala a chiocciola per scendere la scala a chiocciola dal tetto alla rotonda del secondo piano attraversare il corridoio fino in fondo e entrare in questo camerone dove eravamo tutti e una questione di pochi secondi se lo fai normalmente ma questi ci hanno messo un minuto buono a farlo a arrivare perché scendevano giù con molta cautela scendevano giù tutti scafandrati con questi giubbotti antiproiettile con questi caschi integrali e quando finalmente sono arrivati giù in rotonda subito hanno cominciato a sparare raffiche di mitra nei corridoi da tutte le parti sparavano come impazziti coi mitra in giro dappertutto e noi tutti quanti gridavamo ci arrendiamo ci arrendiamo non sparate

la scena che ho visto è stata che ho visto uno di questi tutto scafandrato entrare ma in modo molto calmo ha messo un piede dentro il camerone ha visto tutti quanti in fondo accovacciati per terra e subito ha tirato una raffica di mitra contro il soffitto poi ha buttato dentro una bomba dentro il camerone una bomba non esplosiva una bomba di quelle accecanti di quelle che usano questi commando come diavolo si chiamano e infatti ti lascia intontito perché fa una luce abbagliante incredibile un boato enorme che ti stordisce e insieme una luce ma una luce che veramente ti acceca e infatti chiudi gli occhi ma poi dopo ti resta questa luce dentro gli occhi ti resta anche se chiudi gli occhi ti resta per qualche secondo e non capisci niente resti completamente intontito

hanno buttato nel camerone dove eravamo una bomba di questo tipo qua e allora la cosa che ho sentito è stato che una guardia mi si è infilata sotto le gambe e mi stringeva aggrappandosi perché ormai tutti avevamo delle reazioni assolutamente scomposte eravamo tutti quanti seduti con la schiena appoggiata contro il muro e allora questi dalla porta hanno cominciato a sparare coi mitra delle raffiche a mezzo metro sopra le teste allora ovviamente tutti quanti tendevano a sdraiarsi per terra a appiattirsi il più possibile perché questi sparavano sparavano e insultavano urlavano figli di puttana vi ammazziamo tutti qua e là e continuavano a sparare poco sopra la testa della gente poi hanno cominciato a farci girare tutti quanti a calci sdraiati giù con la faccia contro il pavimento

tutti quanti hanno capito immediatamente e si sono messi tutti con la faccia in giù da soli senza neanche troppi inviti anche le guardie sequestrate che stavano lì che si erano prese dei calci in faccia anche quelle che avevano tentato di dire che loro erano delle guardie stavamo tutti con la faccia contro il pavimento in modo che tu non vedevi più niente poi hanno cominciato a portare fuori uno per uno la gente dal camerone hanno cominciato a portarla fuori nel corridoio non vedevo più niente ma sentivo le raffiche di mitra sui muri che tiravano continuamente le urla gli insulti i colpi a quelli che venivano portati fuori a calci urlavano porci rossi carogne bastardi vi ammazziamo tutti nel frattempo sotto si sentivano esplosioni terribili perché nel frattempo anche sotto avevano sfondato e erano state gettate anche delle caffettiere

portavano fuori la gente uno per uno dal camerone io sono stato l'ultimo siccome erano tutti allineati lungo il muro e hanno cominciato dalla parte opposta alla mia io ero l'ultimo proprio l'ultimo e sentivo solo i rumori perché non vedevo più niente ero con la faccia a terra non vedevo praticamente più niente l'unica cosa che sentivo erano questi che sparavano e insultavano erano anfetaminici drogati gridavano veramente come matti sparavano continuamente poi prendevano la gente e la portavano fuori nel corridoio sentivo le botte che gli davano mentre li portavano fuori li portavano fuori nel corridoio e lì poi sentivo che non c'erano più raffiche ma solo colpi singoli dicevano inginocchierai sentivo dire mettiti per terra inginocchierai metti le mani sulla testa e poi sentivo sparare due colpi singoli

allora lì ho detto questi li ammazzano li stanno ammazzando tutti ma ti giuro adesso è passato del tempo ti giuro lo ero perfettamente convinto che stavano uccidendo tutti che ci facevano uscire uno per uno per ucciderci tutti uno per uno nel corridoio e tutti li eravamo convinti di questo sentivamo quei colpi isolati li fuori nel corridoio e poi rientravano per portarne fuori un altro non so quanto tempo è durato questo io stavo lì con la faccia giù non avevo idea quanti ce n'erano ancora prima di me aspettavo da un momento all'altro che toccava a me ero convinto che proprio ci ammazzavano tutti anche perché la situazione era tale è chiaro mi dicevo se entrano cosi è perché ti ammazzano se tirano le bombe in quel modo vuol dire che sono venuti qua per ammazzarci tutti

e anche le guardie hanno subito lo stesso trattamento perché questi non potevano distinguere le guardie sequestrate dai detenuti quelle gridavano siamo le guardie siamo le guardie ma questi non gli davano retta gli hanno fatto lo stesso trattamento identico anche a loro le hanno picchiate trascinate fuori a calci anche loro le hanno portate fuori nel corridoio e anche loro pensavano e erano sicuri che li ammazzavano anche loro erano convinti come noi li hanno portati fuori nel corridoio li hanno messi in ginocchio e gli hanno sparato sopra la testa finché poi in un secondo tempo li hanno identificati perché dopo che hanno preso anche il pianterreno è salito sopra un comandante delle guardie che effettivamente lui li conosceva però prima hanno subito anche loro lo stesso trattamento

comunque la cosa più assurda che mi è sembrata è stato come era lungo il tempo che non finiva mai perché io poi ero l'ultimo e sentivo portare via tutti uno per uno prima di me e mi dicevo qui adesso mi ammazzano la cosa strana era che ero proprio convinto che mi ammazzavano per cui mi dicevo è finito tutto e finito tutto quanto adesso mi ammazzano come tutti gli altri però la cosa strana era che ero completamente tranquillo rispetto a questa cosa non ho avuto reazioni scomposte e poi ho visto che anche gli altri compagni nessuno aveva avuto reazioni scomposte tutti erano stati completamente tranquilli mentre aspettavano il loro turno per essere portati fuori non so forse perché c'era in tutti un atteggiamento di accettare questa cosa come inevitabile non so

poi quando sono arrivati a me mi hanno preso per capelli un po' di calci un po' di storie un po' di botte che neanche le ho sentite ti immagini se senti le botte in quel momento le botte erano la cosa che non sentivi nemmeno perché pensavi solo al fatto che ti ammazzavano ma anche allora ero completamente calmo e quando sono arrivato sul corridoio mi hanno dato una botta non so con che cosa una botta così col calcio del mitra credo mi hanno buttato per terra e io allora ho fatto in tempo a vedere che erano tutti quanti per terra ammucchiati li sanguinanti però erano tutti quanti vivi non avevano ucciso nessuno erano tutti quanti feriti sanguinanti però tutti quanti si muovevano lì stesi per terra con la faccia a terra

e allora in quel momento ho visto uno di questi scafandrati che ha alzato che ha preso per i capelli un compagno gli ha alzato la testa e gli ha chiesto come ti chiami e questo gli ha detto il suo nome allora quello gli ha dato con la canna della pistola una botta terribile qua ma proprio una botta fortissima qua in mezzo agli occhi e gli ha tagliato tutto qua e gli è sceso tutto il sangue e poi a uno a uno hanno cominciato con le pile hanno cominciato a tirarli su per i capelli e a chiedergli con le pile a chiedergli il loro nome perché ormai era buio e tra le ombre tu vedevi queste figure che si muovevano enormi gigantesche perché tra l'altro erano tutti quanti enormi tutti molto grandi e ingigantiti da questi scafandri

forse ingigantiti anche da questa situazione psicologica in cui ti trovavi con questi scarponi enormi con queste tute rnimetiche con questi giubbotti antiproiettili con questi scafandri con questi stivaletti anfibi che davano calci a tutti quanti che urlavano come matti che insultavano e poi ti prendevano con una pila ce n'era uno con una pila grandissima ti sollevava per i capelli ti tirava su la faccia ti puntava la pila fortissima negli occhi e ti diceva come ti chiami a me mi ha chiesto come ti chiami e ti metteva la pistola a me mi ha messo la pistola in bocca e mi ha chiesto io ho detto e questo qua mi ha detto hai paura io gli ho detto sì con la testa ho fatto si con la testa che avevo paura però ti giuro che in quel momento ho capito che non sparava ero sicuro che non sparava

 

 

 

 

 

17.

La porta si apre e il dottor Donnola entra nella stanza mi viene incontro serio con la faccia preoccupata ma tranquillo chiede agli altri se mi hanno perquisito e poi gli dice di uscire perché vuole fare quattro chiacchiere con me la carogna gli chiede se mi deve ammanettare no no fa il dottor Donnola e poi mi guarda dicendo noi ci conosciamo già e gli altri escono in fretta dalla stanza e lasciano la porta socchiusa il capo fa il giro della scrivania e si siede dall'altra parte sposta con la punta delle dita i miei oggetti che sono sempre lì sembra non avere nessuna fretta poi finalmente attacca paterno e confidenziale senti io lo so che tu sei un bravo ragazzo sei uno di quelli che parlano nelle assemblee che fanno le manifestazioni ma io lo so che tu non sei uno di quelli che sparano io aspetto che vada avanti a dirmi qualcosa i più invece lui si ferma e mi resta li a guardare fisso dietro i suoi occhiali quadrati senza aggiungere altro

allora tocca a me a parlare non so bene cosa dire e mi viene solo fuori da dire ma perché mi avete portato qui no no io non ti sto interrogando dice subito Donnola non posso farlo io la legge non lo permette non vedi che siamo qui da soli e che non scrivo niente voglio solo fare quattro chiacchiere con te se tu hai qualcosa da dirmi io non ci capivo niente e butto là ma cosa l'e devo dire siete voi che dovete dirmi mi avete portato qua voi non sono mica venuto qua io no insomma tu non mi vuoi dire niente fa Donnola niente di cosa chiedo io ma del tuoi amici della tua casa no quello andava col contagocce giocava al gatto col topo quali amici quale casa gli faccio lo e Donnola sorride ironico come quale casa casa tua la casa dove abiti

ma io adesso da un po' di tempo non abito più regolarmente da nessuna parte rispondo io subito abito un po' in giro di qua e di là mi faccio ospitare da amici a volte dormo a casa dei miei Donnola sorride ancora ma non sei tu l'affittuario della casa della via tale non è a tuo nome il contratto si sono io perché e Donnola fa un sospiro e dice tutto d'un colpo guardandomi fisso abbiamo fatto una perquisizione a casa tua e abbiamo trovato le armi io non ci ho creduto giuro che non ci ho creduto ho pensato questo bluffa e bluffa anche basso e allora gli ho sorriso senta dottor Donnola gli ho detto senta non è il caso ma Donnola è rimasto serio troppo serio c'è stato un attimo di silenzio poi Donnola riprende allora non mi vuoi dire proprio niente no dico io se mi vuole fare delle domande voglio un avvocato e dico così perché non sapevo proprio cosa dire

va bene dice allora Donnola dopo un attimo di silenzio non mi dici proprio niente peccato e rimane ancora li fermo sulla sedia a guardarmi aspettando ma anch'io non mi muovo e non dice niente finché Donnola si alza chiama gli altri tre che stavano li fuori nel corridoio a aspettare e gli dice andate a casa dei suoi genitori e poi si rivolge a me e mi dice senti c'è un mandato adesso dobbiamo fare una perquisizione a casa dei tuoi poi ti porteremo dal giudice che ti deve interrogare lo ho detto va bene ma la mia unica preoccupazione era quella di chiamare l'avvocato e ho detto a Donnola va bene però io adesso voglio chiamare l'avvocato me lo fate chiamare da qui e Donnola sempre placido no da qui no lo chiami poi da casa tua se vuoi

poi mi hanno rimesso le manette questa volta però me le hanno messe davanti e quando scende le scale non mi hanno più spinto siamo arrivati giù c'erano già pronte due auto civili su una c'erano già su quattro in borghese mi hanno squadrato da cima a fondo e a me mi hanno messo nell'altra dietro tra due di quelli che mi avevano arrestato ma la carogna è rimasta giù davanti c'erano due nuovi che non avevo mai visto e siamo partiti per il paese io ero molto preoccupato per come l'avrebbero presa mio padre e mia madre certamente si sarebbero spaventati e continuavo a pensare a cosa fare per non farli spaventare per tranquillizzarli i poliziotti erano abbastanza tranquilli e l'unico rumore che si sentiva era il gracchiare della radio in contatto con la questura

si tenevano in contatto e ogni tanto segnalavano la posizione segnalavano dove si trovavano man mano che passavano i paesi non avevano tirato fuori le pistole per puntarmele contro e quello che stava davanti e che non avevo mai visto a un certo punto si è girato e mi ha chiesto se voglio una sigaretta io ho una voglia matta di fumare ma gli dico no mi viene spontaneo di dirgli no mentre vorrei dire sì poi dopo un po' di giri arriviamo a casa mia le auto si fermano davanti al cancello senza la più piccola incertezza evidentemente controllavano tutto da tempo e quello che mi ha offerto le sigarette probabilmente era il graduato che comandava la spedizione perché ha ordinato di togliermi le manette e mi ha chiesto serio se in casa avevo delle armi macché gli ho risposto io

i due autisti sono rimasti in macchina e tutti gli altri sono saliti in corteo per le scale lo sono entrato per primo e ho parlato subito a mio padre e a mia madre che mi erano venuti incontro sorpresi per tutta quella gente strana io gli ho detto state calmi non preoccupatevi questi sono poliziotti che devono fare una perquisizione non è niente di grave non è successo niente adesso chiamo l'avvocato il graduato con un tono gentile mi interrompe mi dice no senti non è il caso di scomodare l'avvocato ci mettiamo un attimo anzi se hai delle armi diccelo subito cosi evitiamo di perdere tempo tutti mia madre impallidisce quando sente la parola armi lo dico non ci sono armi di nessun genere qua ma l'avvocato io lo voglio chiamare lo stesso nooo fanno in coro svogliati tutti gli sbirri

finalmente il graduato mi chiede dove abita l'avvocato e io dico qui vicino qui in un paese vicino mi era venuto in mente il nome di un avvocato che sapevo che difendeva i malavitosi della zona io non lo conoscevo ma avevo sentito parlare di lui da qualcuno cerco il suo nome sulla guida del telefono e trovo il numero l'avvocato c'è ma fa delle storie è l'ora di cena e dice che preferirebbe non venire ma io insisto gli dico che deve assolutamente venire e così ci mettiamo tutti a aspettare l'avvocato in silenzio i poliziotti seguono ogni mossa che faccio e non mi staccano gli occhi di dosso 10 mi preoccupo soltanto che a mia madre non salti in mente di offrire da bere ai poliziotti per cortesia mio padre è visibilmente sconvolto accasciato sulla sedia mi fissa con gli occhi sbarrati

il tempo passa e l'avvocato non arriva i poliziotti cominciano a lamentarsi perché si fa tardi e stanno facendo gli straordinari arriviamo a una mediazione io gli dico che possono cominciare a perquisire mentre aspettiamo l'avvocato ma una stanza per volta e in mia presenza non voglio che si sparpaglino per le stanze e che io non posso controllare se mi mettono qualcosa che prima non c'era io non ero preoccupato per la perquisizione perché sapevo che in casa non c'era niente di compromettente l'unica cosa che poteva interessargli era in cantina il mio archivio di documentazione del movimento tutti i giornali le riviste i volantini di questi anni io ero geloso del mio archivio avevo passato delle ore a riordinarlo ma era tutta roba legale e quindi non avevo nessuna preoccupazione a tenerla in casa

l'avvocato e arrivato poco prima che i poliziotti scendessero in cantina a perquisire un bell'avvocato mi ero scelto un vero mafioso ruffiano per prima cosa grandi strette di mano con i poliziotti coi quali evidentemente era intimo e quando ha saputo che era una questione politica ha detto subito che lui di cose del genere non si occupava solo a fatica sono riuscito a convincerlo a restare ancora un po' adesso che la cosa era quasi finita lui l'ha fatto di malavoglia ma per tutto il tempo non ha fatto che parlare e scherzare con i poliziotti e giù in cantina poi quando hanno aperto l'armadio il graduato si e passato una mano sulla fronte disperato e adesso come facciamo qui ci mettiamo due giorni a controllare tutto no facciamo così sequestriamo tutto e poi ci pensano i magistrati

e così hanno cominciato il via vai del trasloco dall'armadio ai bauli delle macchine io ero disperato sapevo che il mio archivio non l'avrei mai più rivisto sarebbe marcito nelle cantine di -qualche questura o tribunale sarebbe scomparso come negli anni dopo sarebbero scomparsi tutti gli archivi dei compagni distrutti da loro stessi tutti i giornali tutte le riviste tutti i volantini tutti i documenti tutti i manifesti tutta la stampa del movimento distrutta scomparsa tutto cacciato in cartoni e in sacchi di plastica della spazzatura e bruciato o gettato nelle discariche quintali di roba stampata la storia scritta del movimento la sua memoria scaricata negli immondezzai data alle fiamme per la paura della repressione una paura giustificata perché bastava un volantino trovato in una perquisizione per farsi qualche anno di galera allora

i poliziotti caricano tutto il mio archivio sulle macchine e quando hanno finito mi dicono beh adesso si va in città dal giudice come se gli dispiaceva gli dispiaceva per loro perché continuavano a discutere su quanto ci avrebbero messo su quando sarebbero tornati indietro l'avvocato dice che lui in città non può venire e io non insisto neanche meglio lasciarlo perdere quel figlio di puttana mio padre e mia madre cominciano a fare domande agitate al poliziotti ma dove lo portate quando torna eccetera quelli stanno sul vago non gli dicono mica che sono agli arresti e anch'io per tranquillizzarli dico che è quasi sicuro che per la notte non torno ma di non preoccuparsi e di prepararmi una borsa con un paio di mutande una maglietta il dentifricio lo spazzolino come per mio fratello quando era partito per il militare ho detto a mia madre scherzando

poi scendiamo e quando mi volto e li vedo pallidi in cima alle scale mi viene un senso di colpa penso che non dormiranno tutta la notte continuo a pensarci mentre le macchine attraversano il paese e pensavo che poi sarebbe stato ancora peggio perché ero convinto che questa volta sarei finito dentro che questa volta finivo proprio in galera abbiamo attraversato altri paesi prima di arrivare all'autostrada dai finestrini guardavo le case le macchine che passavano la gente a piedi e in bicicletta la gente che se ne andava per i fatti suoi quel movimento della gente lì sulle strade cosi normale che non ci badi mai e in quel momento mi pareva qualcosa di bello mi è venuta la malinconia poi sull'autostrada ho visto le montagne lontane era il tramonto vedevo le montagne e i paesi bianchi giù più in basso che avevo visto da sempre e che forse non avrei rivisto più per chissà quanto tempo e mi sembrava di dirgli addio per sempre

 

 

 

 

 

18.

Quello dove io vivevo era un paese di merda e anche la gente era gente di merda non mi piaceva questo paese e non mi piaceva questa gente ma questo paese e questa gente erano uguali dappertutto qua intorno erano tutti paesi così tutti paesi uguali a questo e tutta gente uguale a questa qua intorno questi paesi se non li conosci se non li abiti ti puoi confondere puoi davvero scambiare un paese con l'altro sono tutti uguali al centro c'è la piazza che è poi sempre la piazza della chiesa e tutti hanno sempre la stessa strada principale che passa in mezzo al paese con qualche negozio e i bar la scuola e il municipio tutti costruiti più o meno uguali e la strada principale che attraversa la piazza e da una parte porta al cimitero e dall'altra alla stazioncina della ferrovia che collega tutti quanti i paesini tra di loro

la ferrovia è vecchia e dissestata le carrozze sono sgangherate e sembrano quelle del far-west e su queste carrozze si va dall'uno all'altro di questi paesi tutti paesi di duemila tremila abitanti ma ce n'erano anche di più piccoli la gente nata di qui di famiglia di qui sono ancora di meno sono la metà l'altra metà è gente che è venuta da fuori che è venuta qui a ondate successive prima i veneti che io non ho visto arrivare poi i terroni come continuano a chiamarli qui arrivati qui come le mosche a famiglie intere a villaggi interi loro si che li ho visti arrivare questi qui così diversi con quelle facce diverse più scure con una lingua diversa dal nostro dialetto ma diversa anche dall'italiano che non si capisce quasi e diversi anche nei vestiti

sono arrivati qua e hanno trovato posto nelle vecchie case mezze cadenti le grandi case con i cortili che prima abitavano i contadini e che adesso andavano in rovina e loro ci si installavano a gruppi tutti insieme in stanze piccole umide cadenti e vivevano uno sull'altro c'era il prete del paese che si dava un po' da fare per sistemarli e questi facevano la coda fuori dalla porta del prete mentre la gente del posto non li accettava non ne voleva sapere di loro gli sembravano troppo diversi da loro gli sembravano più incivili sporchi ma gli uomini trovavano subito da lavorare nelle tante fabbrichette della zona che spuntavano su dappertutto intorno ai paesi facevano i lavori più di merda ovviamente e quando potevano portavano a casa dalle fabbrichette il lavoro nero da fare in famiglia

e tutta la famiglia si metteva al lavoro in cucina e nella stanza da letto e lavoravano tutti i bambini gli zii e le nonne di ottant'anni vestite di nero lavoravano tutti li insieme a catena a montare giocattoli topi gigi cerchietti per i capelli occhiali di plastica torce elettriche e roba del genere i terroni vivevano ai margini del paese la gente del paese non li voleva non li volevano nei pochi bar del paese e era diventato famoso quello che aveva detto una vecchia padrona di un bar quando era entrato un ragazzo meridionale per chiedere da bere e lei gli aveva detto adesso ti do da bere e non ti faccio pagare bevi pure gratis te lo offro lo ma poi qui non devi venire mai più e così questa frase veniva citata come si citava una frase eroica ecco come si doveva fare insomma

ogni tanto scoppiavano risse tra locali e meridionali i ma tra noi ragazzi non tanto perché si andava a scuola insieme e quello che si sentiva dire in famiglia sul terroni era attenuato dal fatto di viverci di giocarci insieme di starci insieme a scuola per tante ore e poi all'oratorio il pomeriggio dove si giocava insieme perché qui in questo paese la chiesa controllava tutto il cinema dove si faceva la fila la domenica pomeriggio era della chiesa e per andare al cinema noi bambini dovevamo andare all'oratorio e alla messa e li ti timbravano un cartellino che dovevi presentare al cassiere che se no non ti dava il biglietto anche il campo di pallone il campo di tennis quello di pallacanestro quello di pallavolo la palestra sono tutti dell'oratorio e anche la biblioteca e la metà dei bar

lì il prete era potentissimo e si confondeva con gli amministratori del paese che da sempre erano democristiani erano le famiglie potenti del paese ricche da sempre prima della terra e poi col boom economico degli anni '60 con il proliferare nella zona delle centinaia di fabbrichette dove si lavorava 13 14 a volte 15 ore al giorno con gli straordinari anche mio padre lavorava in una di queste fabbrichette e per tutte quelle ore anche lui e anche noi in famiglia facevamo il lavoro nero come i terroni e lo facevamo da sempre sono cresciuto anch'io come tutti in paese in mezzo agli scatoloni di cartone con dentro i pezzi dei fanali e dell'accensione dei motorini da montare era la normalità fare questo lavoro in famiglia lo si faceva in tutte le ore del giorno e i miei genitori anche la notte in cucina

dopo aver mangiato si tiravano fuori gli scatoloni da sotto il tavolo della cucina si montava sul bordo del tavolo il bilanciere che poi era una specie di percussore a mano rudimentale e si cominciava a montare i pezzi insieme si faceva una specie di catena chi montava e chi ribatteva e fissava col bilanciere i pezzi con i chiodini di alluminio i ribattini così piccoli che scappavano sempre dalle dita e con i ribattini si fissavano i pulsanti della luce e del clacson al coperchio di ferro cromato si faceva questo lavoro per ore e ore questo lavoro stupido sempre uguale lo si faceva tutti i giorni per anni da sempre questo lavoro che veniva pagato pochi centesimi al pezzo però lavorando tutti insieme si facevano migliaia di pezzi e allora saltavano fuori le mille lire che aumentavano il reddito della famiglia

c'erano passaggi di mano del materiale da montare prima che arrivasse alle famiglie c'erano dei mezzani che in genere erano i caporeparti delle fabbriche e che distribuivano il lavoro alle famiglie e che guadagnavano unicamente su questo passaggio e venivano anche considerati dei benefattori e poi ci potevano essere altri passaggi di mano perché ognuno era libero di ridistribuirlo a sua volta a chi voleva purché si rispettassero i tempi della consegna anche mio padre passava il lavoro alle famiglie dei meridionali che venivano a prenderlo a casa lui non era razzista non è che amava i meridionali ma neppure li disprezzava mentre i meridionali in genere erano considerati gente che facevano il lavoro male e non rispettavano le scadenze di consegna

e cosi lui garantiva per loro le consegne e rispondeva del lavoro anche se ovviamente in quel passaggio lui ci guadagnava qualcosa ovviamente alle fabbrichette che fabbricavano i pezzi conveniva farli montare fuori conveniva farli montare dalle famiglie perché cosi veniva a costare enormemente di meno e così tutta l'economia del paese e degli altri paesi intorno era organizzata cosi tra il lavoro nelle fabbrichette e il lavoro nero in famiglia chi lavorava di più nel lavoro nero era ovviamente mia madre che lo faceva da anni che lo faceva tutto il giorno non appena finiva di fare i mestieri e di cucinare allora subito si metteva lì e stava lì per delle ore a ribattere i chiodini velocemente con quel tac tac secco che era il rumore che si sentiva in casa sempre a tutte le ore e nessuno ci badava più

noi in famiglia lavoravamo tutti anche mio fratello che finita la quanta elementare era andato anche lui a lavorare come meccanico solo io non lavoravo perché i mie si erano messi in testa da quando ero piccolo che io dovevo studiare mica studiare questo o quello per diventare questo o quello ma semplicemente che dovevo studiare e poi la solita frase vecchia come il mondo così non ti toccherà lavorare come noi anche mio fratello a furia di sentirlo ripetere non si incazzava se vedeva che quando lui lavorava io non facevo niente perché io ero destinato a studiare e anche se leggevo un fumetto stavo studiando lì avere un figlio in casa che andava a scuola era una cosa di grande prestigio per le famiglie come la mia faceva nascere una specie di orgoglio

la gente viveva lì in questo clima rassegnati senza nemmeno pensare che poteva esistere qualcosa di diverso solo la scuola era forse la sola cosa che poteva cambiare la vita di uno e in fatti negli ultimi anni qualcosa di importante era cominciati a cambiare da quando i giovani cominciavano sempre di più andare nella cittadina vicina per fare le scuole medie superiori c'era quel salire sul treno ogni mattina stracolmo di gente d studenti di operai pendolari c'era quella mezz'ora dì viaggia in cui si conoscevano tante persone le più diverse e poi c'era la città che anche se era una piccola città ci sembrava enorme rispetto al paese la città col traffico la confusione del centro i negozi gli uffici e poi c'era la scuola il liceo che era una scuola nuova e diversa con tanta gente nuova che arrivava da situazioni diverse dalla mia

la gente della città era molto diversa dalla gente del paese era migliore mi pareva migliore perché non stavano lì a controllarti a spiarti come in paese e li in città quello che facevi non veniva mica saputo subito da tutti mica arrivava subito ai tuoi genitori al tuoi vicini di casa a tutti mica dovevi sempre rendere conto a tutti di quello che facevi perché invece in paese è proprio cosi tutti si conoscono ci si conosce tutti e la minima cosa che fai diventi subito motivo di pettegolezzo e quando cammini per la strada ti accorgi di avere tutti gli occhi della gente addosso tutti che ti guardano e che parlano di te appena sei passato a me la gente del paese non mi piaceva perché erano tutti baciapile bigotti tutti pretaioli ipocriti e cattivi tutti cattivi dentro

dopo avere frequentato un anno la città io sentivo di avere rotto con queste storie non me ne fregava più niente e la gente del paese la sopportavo ancora meno di prima non la sopportavo proprio più e così ho cominciato a andare in città col treno che ci voleva solo mezz'ora a andarci ci andavo anche il pomeriggio quando non c'era la scuola e in città ho fatto amicizia coi ragazzi. della mia età con ragazzi di 15 16 anni come me che abitavano in città e me ne sono fregato di stare al paese non ci stavo più o ci stavo il meno possibile i certo il problema esisteva la sera dopo cena quando non potevo andare in città perché non c'erano più treni per tornare e allora ripiombavo in quel clima di bar di paese in quel vuoto che io e anche gli altri ragazzi della mia età non sopportavamo più dopo che avevamo conosciuto la città perché tutto era diverso era più bello nella città

 

 

 

 

 

19.

Quello che era successo nel frattempo al primo piano e stata una cosa completamente diversa perché i compagni invece di mettersi tutti in un camerone e fare come abbiamo fatto noi al secondo piano alcuni di questi hanno tentato una difesa hanno tentato di impedirgli di entrare e hanno tirato le caffettiere così ci hanno raccontato dopo e allora i carabinieri che sono entrati arrivando dal pianterreno hanno cominciato a sparare a tutto spiano cioè sparavano dappertutto entravano nel corridoi sparavano nei corridoi sparavano dentro le celle hanno sparato dentro tutte le celle e hanno cominciato a ferire la gente hanno ferito una guardia che ovviamente in quel caos si era divincolata non era controllata più da nessuno e si è messa a gridare sono una guardia sono una guardia

gli è arrivata una sventagliata di mitra che l'ha segato in due ma non è morto e poi un altro ancora che era un comune e si è reso due colpi al femore adesso è zoppo è zoppo per tutta la vita e ancora adesso sono rimasti nelle blindate i segni dei proiettili si possono vedere quanti proiettili hanno tirato e a che altezza li tiravano si può vedere dai buchi che sono rimasti nelle blindate anche se i giornali poi hanno detto che avevano sparato proiettili di gomma col cazzo quelli hanno cominciato anche lì a tirar bombe nei corridoi e a sparare all'impazzata e allora lì la situazione è stata che a differenza di aggregarsi tutti in un camerone la gente si è divisa nelle varie celle prendendo ogni gruppo una guardia in ostaggio

però anche con la guardia in ostaggio evidentemente tutti quanti hanno capito che visto il livello a cui era arrivata la cosa li non bastava più la guardia in ostaggio come garanzia del fatto che non ti uccidevano li allora i carabinieri arrivavano di cella in cella sparavano e dicevano o uscite subito o vi buttiamo dentro una bomba e quelli uscivano però la cosa strana e stata che '1 massacro vero e proprio l'hanno fatto sopra e non sotto anche se sopra non c'è stata nessuna resistenza perché in fondo sotto non hanno toccato nessuno non hanno picchiato nessuno mentre invece sopra hanno fatto il massacro hanno picchiato tutti hanno fatto tutte queste sceneggiate sparavano puntavano alla gente ti appoggiavano la canna del mitra qua sulla tempia poi sparavano facevano di queste scene qua

dopodiché io ho pensato che la cosa peggiore in quel momento era passata ho pensato ingenuamente che il peggio era finito ci hanno messi tutti quanti con le mani sopra la testa e siccome eravamo al secondo piano hanno cominciato a fare scendere tutta la gente in fila giù per le scale ovviamente tu non è che scendevi camminando ti facevano scendere a calci a colpi di calci di mitra nella schiena e facevi le rampe di scale a rotoloni in mezzo ai colpi arrivavano colpi da tutte le parti però non è che quei colpi io personalmente li ho sentiti molto non ho sentito niente mentre rotolavo giù dalle scale illuminate dalle pile non vedevamo niente sbattevamo dappertutto non ho sentito niente probabilmente perché la reazione che ho avuto è stata quella che pensavo soltanto che non mi avevano ucciso

qua non mi hanno ucciso pensavo non ci hanno ucciso nessuno ma soltanto non capivo dove ci stavano portando cosa stavano facendo adesso cosa fanno questi adesso cosa faranno adesso che la cosa è finita adesso cosa stanno facendo dove ci stanno portando non riuscivo a capire cosa stavano facendo dove ci avrebbero portati e allora quando sono arrivato a rotoloni in fondo alla rotonda del pianterreno dopo aver fatto due piani a colpi e a rotoloni dopo che sono finite le scale e sono uscito dal cancello che dava sulla rotonda del pianterreno lì la scena era molto illuminata c'era molta luce mentre dove venivamo da sopra era tutto spento c'erano solo i fari delle pile mentre li quando siamo arrivati giù era tutto acceso era tutto illuminato fortissimo

è lì ma è stato un flash una cosa di un secondo il tempo di attraversare la rotonda con tutta quella luce e li ho visto per un attimo molte persone in divisa e in borghese c'erano i comandanti delle guardie brigadieri e marescialli c'era gente venuta da fuori e li a calci a spintoni a colpi e a botte mi hanno indirizzato verso il corridoio scoperto che porta ai cortili dell'aria ho visto che era nei cortili che ci volevano portare solo che il problema era che appena ho cominciato a scendere i tre gradini che davano su questo corridoio scoperto ho capito ho visto che lì c'era il massacro perché li c'erano allineate su due file tutte quante le guardie mascherate con i passamontagna stavano lì su due file con questi grandi pastrani e con in mano manganelli e sbarre di ferro

allora siccome questi ci costringevano a correre nel corridoio scoperto con le mani dietro la testa e tu non potevi ripararti evidentemente allora eravamo ben contenti di dover tenere le mani sopra la testa perché i colpi ti arrivavano principalmente sulla testa erano colpi tremendi che questi tiravano con tutte le loro forze coi manganelli e con le sbarre di ferro io appena ho fatto i due gradini c'era una guardia che subito ha tentato di farmi lo sgambetto di farmi cadere immediatamente perché lì il problema era di farti cadere e poi picchiarti mentre era per terra però non sono riusciti a farmi cadere era molto illuminato questo corridoio era delimitato da una parte dal muro della sezione e dall'altra parte c'era una grande rete metallica che delimitava i cortili delle arie

e allora io ho visto davanti a me c'era un compagno e ho visto che gli è arrivato un colpo tremendo con una spranga di ferro gli è arrivato un colpo tremendo su un fianco e questo si è piegato in due e gli sono saltati addosso due tre guardie per picchiarlo selvaggiamente lo sono riuscito a evitarli a andare avanti sempre con le mani sopra la testa coi colpi che arrivavano da tutte le parti ho pensato istintivamente che dovevamo percorrere tutta quanta la lunghezza del corridoio che saranno stati un trenta quaranta metri ho pensato che c'era da fare tutto quanto questo percorso dove erano allineati questi due cordoni di guardie che picchiavano e l'ho percorso tutto in mezzo ai colpi ma senza cadere pensando se arrivo là in fondo è finita

e sono riuscito a arrivare fino in fondo senza cadere prendendo colpi da tutte le parti perché il problema era di non cadere perché ho capito che se cadevi era finita perché se cadevi evidentemente ti massacravano potevano picchiarti come volevano e cosi i colpi li prendevo però andavo avanti e sono arrivato là in fondo però il guaio è stato che quando sono arrivato in fondo ho capito allora che non era lì che dovevo andare perché ho visto che la gente la facevano entrare nel primo cortile per cui avevo fatto metà corridoio per niente allora ho girato e ho dovuto tornare indietro e lì ancora per una seconda volta passare in mezzo alle botte sono tornato indietro e sono arrivato fino al cancello dell'aria dove dovevamo entrare per ché ho visto che lì c'era una guardia mascherata che apriva il cancello

però i cancelli che danno sul cortili dell'aria per paura appunto dei sequestri questo cancello non si apre mai con un angolo di novanta gradi non si apre come si apre una porta normale c'è per terra fissato per terra c'è un piolo che fa in modo che il cancello si apre solo per un angolo di quarantacinque gradi non si apre poco in modo che ci può passare solo una persona per volta e in più mettendosi di fianco quello che apriva il cancello era un graduato e era lui che giudicava se una persona aveva preso abbastanza botte oppure no e questo lo giudicava se vedeva che questo poteva stare ancora in piedi o no per cui se vedeva che uno poteva stare ancora in piedi e non arrivava strisciando sulle ginocchia allora quando arrivavi davanti al cancello te lo chiudeva davanti

allora mi ricordo che io sono arrivato fino al cancello e sono riuscito a infilarmi dentro questo cancello ma siccome il cancello si apriva in quel modo come ho detto si apriva appena così lo non riuscivo a entrarci del tutto mentre questi lì fuori continuavano a picchiarmi ancora e cosi sono riusciti a tirarmi ancora fuori dal cancello a strapparmi dal cancello dove stavo entrando e a picchiarmi ancora e l'ultima cosa che mi ricordo di questa storia di botte è stato che mentre uno mi teneva per i capelli e allora qui c'è stato un fatto che è stato fortunato perché lo avevo una lunghissima sciarpa di lana rossa molto spessa me l'aveva regalata China e la portavo sempre e quando su sono arrivati i carabinieri ero indeciso se tenermela su o se toglierla

era una sciarpa lunghissima dava l'idea di un cappio e io ho pensato qua adesso mi strozzano con questa sciarpa ho pensato istintivamente ho pensato di toglierla però ho detto no non la tolgo e invece di toglierla me la sono avvolta completamente intorno al collo e cosi allora quando questo mi ha preso per i capelli mentre un altro mi tirava per il giubbotto la cosa che mi ricordo è che mi è arrivata una mazzata proprio fortissima non so se con un manganello o con una spranga così una botta terribile sul collo qui sulla nuca e così allora sono svenuto solo che fortunatamente c'era questo strato di lana della sciarpa che ha attutito il colpo infatti poi non mi è rimasto niente solo che lì io sono svenuto però siccome ero a metà già dentro il cancello qualcuno da dentro mi ha tirato dentro finalmente nel cortile dell'aria

 

 

 

 

 

20.

Arrivati in città l'auto innesta la sirena passa col rosso l'autista si diverte a andare forte si vede che nella grande città si diverte a fare accelerate brusche a frenare improvvisamente a superare tutte le altre macchine poi improvvisamente dopo un casino di curve che a me sembra sia una curva sola che non finisce mai si blocca davanti a un grande portone di un palazzo tutto illuminato da luci gialle da cui entrano e escono le volanti con la luce azzurra sopra che gira e leggo su una piastra li davanti sul muro Questura i poliziotti davanti al portone fanno segno alla nostra macchina di entrare e quello s'infila con la solita accelerata brusca nel portone e poi si blocca coi freni che stridono tra una fila di volanti celesti e bianche

prima di scendere chiedo ma non dovevamo andare in tribunale per l'interrogatorio quello che è davanti che è il graduato mi risponde che il tribunale a quest'ora è chiuso da un pezzo e che sarò interrogato li in questura che i magistrati sono già lì che mi aspettano scendiamo e mi fanno entrare in una porticina del cortile che dà su una scala strettissima che si può salire solo uno per volta e cominciamo a salire per questa scala lo davanti e tutti gli altri dietro la scala gira ogni dieci quindici gradini sento lo scalpiccio dei nostri passi che rimbomba in quello spazio stretto e continuiamo a salire le scale non finiscono mai scale e pianerottoli a non finire mi viene il fiatone ogni tanto mi fermo a un pianerottolo ma quello dietro mi dice sempre su su

arriviamo all'ultimo piano evidentemente perché non ci sono più scale e dopo un breve corridoio sbuchiamo in una saletta con due poltroncine e un divanetto rivestiti di plastica verde un po' unta mi fanno segno di sedermi lì il graduato esce da una porta e rientra subito e mi dice di andare là entro in un'altra stanza piccola che è piena di gente tutti in civile per lo più giovani in jeans e giubbotto con la barba e anche con i capelli lunghi non avevo mai visto dei poliziotti travestiti da compagni e la cosa mi ha meravigliato un po' non capivo perché c'era li tutta questa gente che mi aspettava poi ho capito che era la conclusione di un'operazione dì polizia a cui evidentemente avevano partecipato e di cui io ero la conclusione

dietro la scrivania stretta e lunga c'è un tipo lungo e magro che mi getta un solo sguardo serissimo appena entro e poi riprende a leggere su un mucchio di carte che ha davanti mi fanno sedere su una sedia di legno sgangherata che sembra sfasciarsi da un momento all'altro e che scricchiola anche se mi muovo appena sono seduto davanti al tipo lungo e magro che sta sempre con la testa bassa sulle carte e quella faccia la riconosco perché l'ho già vista sui giornali quello li è il giudice Lince gli altri sono tutti in piedi appoggiati alle pareti c'è pochissimo spazio tra loro e la scrivania e quando c'è un nuovo che deve entrare c'è un movimento generale per farlo passare e tutti quanti si pigiano contro la parete

una porta della stanza è aperta e fuori c'è altra gente che cammina avanti e indietro mi rimettono le manette americane con le man' davanti e il graduato che mi aveva portato li dice che loro se ne vanno che se ne tornano a casa che hanno fatto il rapporto e che l'hanno consegnato e che c'è un mucchio di materiale che hanno sequestrato e che l'hanno scaricato giù da basso il giudice alza un attimo la testa e fa un cenno di approvazione e dice arrivederci poi subito si rivolge a me guardandomi in faccia e mi chiede se ho nominato un avvocato io dico no lui dice che è tardi e che a quell'ora è praticamente impossibile trovare un avvocato disposto a venire lì ma che comunque loro ne hanno già lì uno che hanno avvisato e che se l'accetto come avvocato d'ufficio poi domani ne nomino un altro chi voglio io

subito dalla porta aperta sbuca fuori l'avvocato non è mica di verso dall'altra gente che è li tanto che penso che sicuramente è anche lui un poliziotto e che mi stanno tirando un brutto scherzo però quando Lince fa battere a macchina le mie generalità da un tipo grasso in divisa dietro un macchinone da scrivere antidiluviano e gli detta prima le mie generalità e poi quelle dell'avvocato che neanche me le ricordo più adesso e dice avvocato tale allora io un po' mi tranquillizzo e guardo l'avvocato come per cercare un'intesa ma quello mi guarda con una faccia inespressivo sta li seduto sulla sua sedia che scricchiola e giocherella con un grande mazzo di chiavi e fa un rumore che mi innervosisce il giudice Lince allora comincia a parlarmi mi parla con un tono duro ostile e aggressivo e mi dà del lei

lei intende rispondere ha la facoltà di non rispondere se non vuole no faccio io io intendo rispondere e cerco di essere il più sicuro possibile e penso che quel clima è peggio di tutti gli interrogatori che mi hanno fatto nella mia vita tutti i maestri professori eccetera lei lo sa di cosa è imputato vero no non precisamente ma non le è stato detto niente quando l'hanno fermata no niente di preciso il dottor Donnola mi ha solo accennato a delle armi che sarebbero state trovate in una casa che io avevo affittato tre anni fa e intanto il tipo dietro il macchinone da scrivere comincia a battere con un frastuono indiavolato che si mischia alle parole che sto dicendo e mi innervosisce cosi che quando quello smette per paura di non essere stato capito ripeto tutto da capo

allora penso preoccupatissimo che devo stare attento ancora di più a tutto quello che dico e mi rendo conto di come non sono preparato a quella cosa di come non so come funziona di come mi può fregare anche una sola parola fuori posto però penso che devo continuare a rispondere perché sono sicuro che me la posso cavare spiegando come stanno le cose anche se sento che sono li solo contro tutti quelli che mi stanno intorno e che non vedo e che mi ascoltano in silenzio e mi vengono ancora in mente le botte penso che mi possono picchiare e istintivamente guardo il mio avvocato per accertami che almeno lui sta dalla mia parte ma capisco subito che è un'illusione che a quello non gliene frega niente quello non mi guarda nemmeno si preoccupa solo di pulirsi le unghie con la punta di una chiave

appunto fa Lince lei ammette allora ammetto cosa dico io che la casa era affittata a me si che l'ammetto c'è anche il contratto no volevo chiederle se lei ammette che le armi trovate li sono sue no ma quali armi io non ne so niente di queste armi non so chi può averle portate li ma come lei non sa che c'erano delle armi a casa sua no no un momento io non abito più a casa mia in quella casa insomma io non ho mai detto che abito in quella casa e intanto guardo preoccupato quello che scrive velocissimo come una mitragliatrice senza alzare un attimo la testa Lince capisce e mi dice di stare tranquillo perché poi lui mi farà leggere il verbale e che se non sono d'accordo non lo firmo ma che bisogna scrivere tutto quello che si dice

comunque riprendo a parlare e dico che in quella casa io non abito più da più di due mesi e che l'ho subaffittata e Lince chiede subito a chi come se non aspettava che quel momento e scatti in avanti guardandomi fisso e io resto di merda e penso che casino e adesso come faccio non posso mica fare il nome ma Lince riattacca subito come leggendo quello che pensavo e mi dice se non intende rispondere guardi che si può anche non rispondere alle domande lei ne ha il diritto lo resto lì sempre zitto come uno scemo senza sapere cosa dire allora Lince con un sorriso ironico dice va bene non risponde mettiamo a verbale che non risponde e prima che posso dire qualcosa ma che cosa potevo poi dire non so quell'altro fa partire il suo ticchettio diabolico una frazione di secondo e ha già smesso

merda ho pensato qua sono fregato quello ha già scritto e adesso resta scritto ma Lince rompe ancora il silenzio comunque glielo dico lo il nome anzi i nomi perché li abbiamo arrestati tutti e quattro i suoi compagni e mi fa il nome di Gelso e di altri tre che non ho mai sentito io penso che non è vero che me li dice per farmi parlare è un trucco e se poi non li hanno arrestati e hanno solo trovato le armi e neanche quello lei le conosce vero queste persone no non li conosco anzi sì ne conosco uno uno lo conosco è Gelso ma gli altri tre non li ho nemmeno sentiti nominare e sarebbe a questo Gelso che lei ha subaffittato la casa maledizione siamo al punto di prima ha preso la cosa da un'altra parte lo che Gelso lo conosco non potevo non dirlo ma mica potevo dirgli che gli ho lasciato la casa che casino resto in silenzio e francamente vado in confusione

ah già a questa domanda lei non vuole rispondere l'abbiamo già verbalizzato ma è ben sicuro guardi che ci può ripensare non è assolutamente grave io guardo l'avvocato disperatamente ma dì qualcosa porco dio aiutami ma lui mi guardava con la faccia di dire ma che cazzo stai a menare il can per l'aia e Lince riattacca va bene non vuol dire andiamo avanti dunque i tre che lei dice di non conoscere si sono rifiutati di parlare e si sono dichiarati prigionieri politici mentre questo Gelso che lei ha ammesso di conoscere mi ha detto anche lui questa storia del subaffitto dunque lei non ci perde niente a ammetterlo anche se io le devo dire sinceramente che non ci credo sono convinto che vi siete messi d'accordo prima tra di voi su cosa rispondere ma stia tranquillo le indagini proveranno che vi conoscevate e che anche lei sapeva benissimo dell'esistenza di quelle armi a casa sua

e continua alzando la voce minaccioso ma lo sa che a casa sua è stato trovato un vero e proprio arsenale a chi vuole darla da intendere che lei non ne sapeva nulla senta per il suoi bene io le consiglio di dire tutto quello che sa se non vuole andare incontro a guai peggiori dunque se vuole rifacciamo il verbale da capo questo lo stracciamo e lei mi racconta veramente le cose come stanno lei deve dirmi semplicemente la verità ma quella vera non quella che vi siete preparati lei e i suoi amici se lei mi dice la verità il suo reato potrà ridimensionarsi da quello di banda armata e detenzione di armi a quello di favoreggiamento io le garantisco che sosterrò questa tesi davanti al giudice istruttore in caso contrario insisterò per le imputazioni rischia anni di carcere

 

 

 

 

 

21.

Dopo l'esame di maturità al liceo avevo deciso di andarmene di casa di non vivere più in famiglia di lasciare il paese definitivamente e di trasferirmi di affittarci una casa e di viverci con China e con gli altri compagni che costituivano il nostro gruppo di affinità lo chiamavamo cosi gruppo di affinità perché eravamo appunto affini riguardo al nostro modo di vivere c'era un'intesa tra noi naturale su come prendere le cose su come viverle c'era una grande tensione a fare insieme le cose a vivere insieme tutto il tempo eravamo in cinque e per tutti e cinque il movimento costituiva il nostro interesse e il nostro impegno principale eravamo due ragazze e tre ragazzi e avevamo deciso di andare a vivere insieme come risultato naturale del nostro rapporto di piccolo gruppo

tutti e cinque ne avevamo pieni i coglioni di stare in famiglia di continuare a vivere questi pezzi di tempo in famiglia che poi si limitavano al momento di mangiare e di dormire al momento di mangiare in cui non c'era niente da dirsi intorno alla tavola non c'era nessuna comunicazione non c'era nessun interesse e partecipazione e a parte questi pezzi di tempo vuoti e estranei che passavamo in famiglia tutto il resto del tempo lo passavamo in giro come randagi nella sede dentro i luoghi del movimento coi compagni e li sì che c'era interesse partecipazione comunicazione c'era esperienza sperimentazione ricerca il movimento era la mia famiglia con le sue decine di case aperte ospitali disponibili era lì che avevo centinaia di fratelli con cui discutere e fare

i due problemi principali erano i soldi e lo spazio della casa lo spazio doveva essere grande sufficiente a garantire a ognuno una stanza autonoma per i soldi c'era qualche problema perché solo due di noi avevano un'occupazione e quindi un salario fisso io e gli altri che non avevamo lavoro avremmo dovuto cercarlo però Cotogno e Gelso dicevano di non preoccuparsi perché loro potevano garantire l'affitto per i primi tempi e anche per le spese e il mangiare si sarebbe fatta cassa comune chi li aveva li metteva e basta poi magari si sarebbe fatto a turno a andare a lavorare quelli che adesso lavoravano avrebbero smesso per un po' e avrebbero lavorato gli altri e così via dunque in fondo il problema dei soldi era un problema che si poteva risolvere

abbiamo cominciato a girare e a chiedere alle agenzie ma non si trovava niente e quello che si trovava aveva dei prezzi che per noi erano impossibili poi un giorno Cotogno girando alla periferia ha visto una casa una villetta a due piani con un piccolo giardino davanti si vedeva che era sfitta da anni c'erano le erbacce che si arrampicavano fin su sui muri però non c'era nessun cartello di affittasi o vendesi abbiamo suonato a qualche campanello delle case vicine finché abbiamo saputo che il proprietario di quella casa che era disabitata da sei anni era un notaio della città che si chiamava Spinone abbiamo guardato sull'elenco e abbiamo trovato l'indirizzo del notaio Spinone e abbiamo deciso di andarci e di farci affittare la casa

avevamo deciso di andare dal notaio in tre Cotogno io e China e siccome avevamo a che fare con un notaio abbiamo pensato che dovevamo vestirci bene Cotogno per l'occasione si era messo anche una cravatta di suo padre che faceva orrore a vederla con un nodo enorme su una camicia bianca non stirata in più si era data una spuntata al barbone incolto e si era tirato indietro i capelli lunghi che aveva sempre arruffati e ci aveva messo della lacca per schiacciarli giù solo che ce ne aveva messa troppa e i capelli erano così schiacciati giù che gli spuntavano fuori delle enormi orecchie a sventola da cui però non aveva tolto l'orecchino che per lui era sacro e per completare il tutto e avere un'aria seria si era messo anche un paio di occhiali di tartaruga che gli facevano vedere tutto annebbiato quando l'abbiamo visto non l'abbiano riconosciuto e non abbiamo fatto che ridere per tutto il tempo che abbiamo dovuto aspettare nella sala d'aspetto del notaio Spinone

quando è il nostro turno Cotogno scatta in piedi e dice perentorio lasciate parlare me poi entra nello studio con noi due dietro e il notaio Spinone che se ne stava sprofondato nella sua poltrona di pelle marrone dietro un'enorme scrivania tutta decorata e lucida senza un granello di polvere ha avuto un sobbalzo quando si è visto davanti Cotogno a noi due ha gettato solo un'occhiata rapida e è tornato a fissare Cotogno visibilmente impressionato dal suo aspetto ma dato che eravamo del clienti si è sforzato di sorridere e di chiedere in che cosa ci poteva essere utile e Cotogno ha subito attaccato con decisione senta mio cugino qui con la sua fidanzata si devono sposare tra qualche settimana e stanno cercando casa lei capisce e il notaio sorridendo ha fatto sì con la testa

per fortuna abbiamo saputo che lei ha una casa sfitta in via tale e vorremmo affittarla ha buttato là Cotogno ricambiandogli il sorriso ma Il notaio è diventato subito serio e anche irritato e ha risposto no guardi che io non ho nessuna intenzione di affittare quella casa come ha visto non c'è nessun cartello mi dispiace buongiorno e si alza in piedi ah non ce la vuole affittare dice Cotogno no risponde Spinone impaziente non è che non la voglio affittare a voi è che quella casa non è da affittare come le ho già detto Cotogno si alza anche lui e dice va bene se è cosi ci rivediamo no guardi perché ci dobbiamo rivedere non c'è nessuna ragione di rivederci ma Cotogno insiste buongiorno ci rivediamo presto e va verso la porta seguito da noi due che non capiamo

quando siamo fuori Cotogno ci spiega il suo piano prima di tutto informarsi attraverso un compagno che lavora al catasto e salta fuori che Spinone è padrone di altre due case e di cinque appartamenti tutti sfitti e poi chiedere a una ventina di compagni di darci una mano questi naturalmente non si fanno pregare e così una settimana dopo ci ripresentiamo dal notaio ovviamente senza preavviso lasciamo i compagni di sotto in strada e saliamo sempre noi tre questa volta Cotogno è vestito come il solito ma non è che fa meno impressione la segretaria del notaio appena ci vede si irrigidisce e ci dice sulla porta il signor notaio oggi è assente ma Cotogno senza guardarla la scosta con due dita e punta dritto verso la porta dello studio

Spinone appena ci vede entrare diventa paonazzo ma come vi permettete ma Cotogno non lo lascia parlare senti cocco tu adesso ci affitti la casa e senza tante storie lui minaccia di chiamare la polizia se non ce ne andiamo immediatamente allora Cotogno gli dice che è meglio di no perché se no salta fuori che lui ha otto case sfitte su cui per di più non paga nemmeno le tasse Spinone è sempre più paonazzo sembra che è li per esplodere da un momento all'altro e si sfoga gettandosi con un urlo su China che indifferente come se quella storia non la riguardasse aveva preso dalla scrivania una penna stilografica d'oro e stava svitando il cappuccio con un urlo Spinone si getta su di lei e le strappa di mano la stilografica e la rimette al suo posto

Cotogno è andato alla finestra la spalanca vieni qui invece di gridare e quello senza capire bene si avvicina ma poi per stare a distanza da Cotogno apre la finestra vicina e guarda giù sulla strada sotto e sulla strada tutti i compagni si erano messi a guardare su verso le finestre aperte e come succede anche i passanti si erano fermati a guardare su dopo qualche minuto c'era una piccola folla che guardava su senza capire che cosa stava succedendo a quel punto un compagno srotola un grande foglio su cui c'è scritto Spinone fai il bravo dacci la casa Spinone si tira indietro pallido e soffia con un filo di voce mafiosi delinquenti Cotogno gli si avvicina e guardandolo fisso gli dice delinquente sei tu che sei uno speculatore di merda noi la tua casa te la paghiamo vogliamo un affitto regolare facci il contratto se no chiamiamo noi la polizia e ti denunciamo vuoi che la chiamo subito la polizia guarda che la chiamo dice Cotogno appoggiando la mano sul telefono

barcollando Spinone torna alla sua scrivania si lascia cadere sulla poltrona e rimane in silenzio per qualche minuto mordendosi le labbra mentre dalle finestre aperte si sentiva il coro dei compagni Spinone dacci la casa Spinone dacci la casa Spinone era ormai cotto ha tentato di dire va bene ma ci devo riflettere tornate tra qualche giorno ci vuole il suo tempo per fare un contratto neanche per sogno gli ha detto duro Cotogno sedendosi sulla scrivania tu il contratto ce lo fai ora e subito se no non andiamo via e anzi facciamo venire su anche i nostri amici che sono sotto e cosi alla fine visto che non c'era niente da fare Spinone ha ceduto e cosi abbiamo avuto quella casa che però poi è stata l'origine di tutti i miei guai

 

 

 

 

 

 

22.

Io ero svenuto poi la prima cosa che ho sentito è che c'era un compagno che mi ha preso e mi ha trascinato in fondo all'aria in quel momento tutto era buio dentro questo cortile e c'erano ancora lì pochi compagni e mi ricordo che questo compagno che si reggeva in piedi perché evidentemente lui di botte ne aveva prese un po' meno durante il pestaggio delle guardie che continuava ancora sentivo le urla e i colpi gli insulti delle guardie questo compagno mi ha portato alla fontana c'era un rubinetto e mi ha bagnato un po' la faccia finché mi sono un po' ripreso allora mi ricordo che ero tutto quanto dolorante acciaccato dappertutto però riuscivo a stare in piedi a camminare tutto quanto dolorante ma riuscivo a camminare ancora

e intanto tutto questo continua e io là fuori dal cancello dalla rete vedevo che continuavano a sfilare i compagni continuava il massacro continuavano a picchiare la gente io mi ricordo che là dentro era buio non si vedeva bene cosa c'era là dentro l'aria dove mi trovavo però mi ricordo di avere visto un compagno che era seduto su questa panca di cemento che c'era li con le spalle appoggiate al muro era immobile su questa panca e aveva una faccia che era completamente piena di sangue la cosa che ho pensato era che a questo compagno qua gli avevano maciullato la faccia non era più riconoscibile io l'ho riconosciuto per i vestiti non gli vedevi più la faccia era una maschera di sangue poi ho preso un fazzoletto e gli abbiamo asciugato un po' la faccia

la cosa atroce era questa qua la cosa assurda era di dovere assistere in maniera impotente a questo massacro che ti sfilava sotto gli occhi proprio davanti agli occhi dietro questa rete e tu vedevi tutto quanto lo spettacolo tu vedevi questo spettacolo atroce e la cosa atroce era che ti sentivi non soltanto impotente perché eri a pezzi ma impotente due volte perché non solo non potevi fare niente per quello che stava succedendo ma se tu accennavi anche soltanto a una reazione che poteva soltanto essere una reazione verbale perché che cosa altro potevi fare questi sarebbero entrati e tu non eri nelle condizioni assolutamente di fare la minima resistenza dopo avere già preso tutte quelle botte e sarebbe stato soltanto peggio

ora questa cosa ti abbatteva in maniera incredibile ti abbatteva più delle botte perché non potevi che assistere impotente l'istinto di diceva di stare zitto ma come si faceva a stare zitti davanti a quello spettacolo e poi eri obbligato a vedere come questi picchiavano i compagni e li picchiavano in maniera differente perché non li picchiavano tutti nello stesso modo c'erano alcuni compagni coi quali si sfogavano con maggiore rabbia e erano ovviamente quei compagni che odiavano di più perché con loro avevano avuto scazzi screzi minacce eccetera e poi perché c'erano quelli che in base ai rapporti che c'erano dentro il carcere loro pensavano che erano i capi ma in generale le guardie erano assolutamente assatanate e decise veramente a ammazzarci tutti di botte

si scatenava un odio incredibile e la scena era rumorosa c'era un rumore terribile era rumorosa per i colpi che sentivi arrivare era rumorosa per i lamenti ma era rumorosa soprattutto per le urla di odio per gli insulti carogna bastardo e quando arrivava un compagno che questi odiavano particolarmente gli si buttavano addosso in tanti urlando insulti e giù colpi tremendi c'era uno di questi compagni che era molto odiato dalle guardie era alto un metro e sessanta scarsi questo compagno qua l'hanno proprio massacrato di botte perché lo odiavano e tu assistevi a questa scena impotente e pensavi è impossibile che questo qua non muoia con tutti colpi che gli danno era un pestaggio che durava troppo a lungo per essere soltanto un pestaggio

picchiavano con manganelli con bastoni con spranghe di ferro e questo compagno che era piccolo lo hanno proprio massacrato di botte poi un'altra scena che ho visto è stato uno che l'hanno preso per i capelli dopo averlo pestato a terra l'hanno tirato su per i capelli e l'hanno messo contro il muro e poi uno con una spranga di ferro gliel'ha data sulla faccia proprio così un colpo con la spranga di ferro così di traverso sulla faccia e gli hanno spaccato il naso e la fronte poi c'è stata un'altra scena orribile con un altro compagno che mentre stava per terra gli hanno dato una sprangata di ferro sulla bocca e gli hanno spaccato tutti i denti qua davanti queste erano le cose che si vedevano mentre stavamo lì al buio dietro la rete metallica impotenti

un altro l'hanno costretto a mettere le mani sul muretto gli hanno preso le mani e gliele hanno tenute ferme lì sul muretto e gli hanno picchiato con le spranghe sulle mani gli hanno dato un sacco di sprangate sulle dita e gli hanno spaccato tutte le dita delle mani qua qua qua e qua gli hanno spaccato le mani e poi le dita qua le dita qua e le dita qua e questo compagno ancora adesso quando mangia perde il cucchiaio e gli cade il cucchiaio di mano perché non riesce a tenerlo in mano questo qua dopo quando mangiava con il cucchiaio di plastica in carcere gli cadeva sempre il cucchiaio perché non riusciva più a afferrare niente con le dita non riusciva più a sentire la presa di niente e ha avuto le mani rotte per sempre

le guardie si sono sfogate principalmente con quelli che gli avevano particolarmente rotto i coglioni questa foga questo odio questa cosa loro ce l'avevano principalmente per tutte queste storie che erano successe prima nel carcere che erano successe lì prima della rivolta ma anche perché erano convinti che qualcuno di loro era morto perché erano convinti che in tutto il casino che era successo durante la rivolta c'era scappato il morto che avevamo ucciso delle guardie le notizie che avevano avuto erano che c'erano state delle guardie ferite però loro invece avevano capito che erano state ferite dai detenuti e che erano in pericolo di vita mentre in realtà erano state ferite dal carabinieri con i colpi di mitra dei carabinieri

quindi questi dicevano voi avete accoltellato le guardie e adesso noi vi ammazziamo la cosa che avevano in testa era di ucciderci per davvero cioè di ucciderne qualcuno di noi con le loro mani di fare un massacro con le loro mani e la cosa assurda è che mentre i carabinieri sparavano e avevano sparato come dei pazzi e io avevo pensato mentre sentivo i colpi che sparavano pensavo qua adesso ci ammazzano tutti la cosa assurda è che invece qua adesso non erano i carabinieri ma erano le guardie che ti uccidevano a botte non i carabinieri quando sparavano coi mitra e buttavano le bombe e adesso dietro la rete tu vedevi che stavano uccidendo qualcuno veramente lo stavano uccidendo a botte dicevi porco dio quello là lo ammazzano non la smettono di picchiarlo è giù per terra da quanti minuti e continuano a stargli su in dieci a dargli botte questo qua muore è chiaro

poi ne entrano alcuni che erano ridotti non so come erano a pezzi pieni di sangue tutti rotti avevano le gambe rotte avevano le braccia rotte li vedevi che avevano le braccia rotte le gambe rotte urlavano lì nella nostra aria saremo stati in trenta ci siamo contati alla fine eravamo in trenta ma in piedi eravamo soltanto in tre cioè in piedi voleva dire riuscire a stare soltanto in piedi non a correre in giro ma a riuscire a stare soltanto in piedi senza cadere eravamo in tre e era per puro caso che anche noi tre non eravamo ridotti come tutti gli altri che erano li stesi per terra gli altri erano tutti per terra con le ossa rotte proprio con le ossa rotte con le gambe rotte con le braccia rotte con la faccia rotta con la testa rotta col sangue dappertutto

 

 

 

 

 

 

23.

Mentre ascoltavo quella tirata minacciosa che il giudice Lince mi giaceva io cercavo disperatamente di concentrarmi su cosa dovevo fare pensavo che se quello che mi aveva raccontato era vero allora Gelso mi aveva voluto scagionare dicendo che io gli avevo subaffittata la casa ma se era una trappola non vedevo come potevo venirne fuori era un vero casino e mi rendevo conto di come ero stato ingenuo a pensare fino a quel momento che avrei potuto spiegarmi con l'interrogatorio che avrei potuto spiegare che non c'entravo un cazzo con quella storia e che loro avrebbero capito e mi avrebbero lasciato andare così mi sono messo il cuore in pace tanto non mi mollavano più qualsiasi cosa dicevo l'interrogatorio era solo una cosa che serviva solo a fregarti ancora di più e così era meglio smettere subito perché comunque continuava non avrebbe fatto che peggiorare le cose

quando ha finito Lince ha aspettato un attimo poi visto che stavo zitto ha pensato di continuare più distaccato e con un tono compiaciuto le devo dire ancora che ho raccolto anche la testimonianza del notalo Spinone proprietario della casa da lei affittata il quale afferma di avere subito da lei e da altri individui delle vere e proprie minacce anche fisiche per convincerlo a stipulare il contratto cos'ha da dirmi in proposito allora io senza nemmeno pensarci su mi è uscita fuori quasi da sola la frase mi riservo di chiarire queste vicende nel prossimo interrogatorio e così l'interrogatorio è finito non me ne fregava un cazzo se Lince prendeva quella frase per un'ammissione a quello che mi aveva detto non me ne fregava un cazzo perché era chiaro che comunque lui era li solo per mandarmi in galera in ogni modo

Lince non ha avuto obiezioni mi ha fatto leggere il verbale e me l'ha fatto firmare anche l'avvocato l'ha firmato ha detto buonasera a tutti e senza neanche darmi un'occhiata se n'è andato via precipitosamente intanto a quell'ora il carcere era già chiuso non facevano più entrare nessuno a quell'ora e allora Lince ha detto ai poliziotti di portarmi giù nelle celle di sicurezza della questura io ho preso su da terra la mia borsetta con dentro lo spazzolino e le mutande perché mi avevano tolto le manette che evidentemente servivano solo per impedirmi di strangolare il giudice tutti se ne sono andati e mi hanno fatto rifare al contrario il percorso giù per le scale strette ma arrivati á pianterreno abbiamo continuato a scendere sempre più giù

scendiamo giù lungo i muri umidi illuminati da lampadine sporche appese a fili elettrici sbrindellati arrivati in fondo mi hanno fatto entrare in una stanzetta piccolissima uno sgabuzzino dove c'era uno sbirro giovane con la pistola nella fondina sotto l'ascella e questo mi ha preso le impronte di tutte le dita delle mani prima una mano poi l'altra mano me le schiacciava su un grande tampone d'inchiostro nero e poi l'appoggiava sulla pagina di un registro poi sotto ci ha scritto le mie generalità aveva l'aria molto sfigata si capiva che non gli piaceva per niente fare quel lavoro poi mi ha allungato uno straccio sporchissimo per pulirmi le mani ma non c'era niente da fare non veniva via niente e dopo un po' che insistevo ho rinunciato e mi sono tenuto le mani nere

mi sono ripreso la mia borsetta tenendola tra le punte di due dita siamo usciti di lì e abbiamo fatto un pezzo di corridoio con continue svolte poi uno degli sbirri che mi accompagnava bussa a una grande porta di legno tutta tarlata con la vernice scrostata nessuno viene a aprire allora quello bussa più forte e chiama a voce alta agente la porta si apre e appare un omaccione con una barbaccia nera come l'inchiostro una bocca larga come un forno e due occhi rossi e che aveva in mano un grande mazzo di chiavi con cui richiude rumorosamente il portone alle mie spalle e mi ritrovo in uno stanzone fiocamente illuminato da una lampadina che pende al centro senza finestre il pavimento e le pareti sporchissime le pareti tutte scrostate dall'umidità

l'omaccione ci fa entrare e ci dirigiamo verso un lungo tavolo che sta contro il muro quello bestemmia incazzato contro non so cosa da un corridoio arriva un vociare confuso mescolato a lamenti e a grida a un certo punto un urlo più forte e l'omaccione si precipita bestemmiando furioso e dicendo frasi sconnesse in un dialetto meridionale che non capisco verso il corridoio dove c'è una fila di pesanti porte grigie apre uno spioncino dopo l'altro urlando minacce e sbattendoli poi violentemente poi torna al tavolo e urla ai due che mi accompagnavano e questo qui indicandomi col mazzo di chiavi quelli gli spiegano che devo passare la notte li l'omaccione li riaccompagna alla porta apre e richiude poi si riattacca il mazzo di chiavi a un gancio che ha sulla cintura e torna verso di me che sono rimasto li con la mia borsetta tra due dita

quello mi strappa la borsa di mano e la butta sul tavolo poi mi grida minaccioso di spogliarmi io non ci provo neanche a dirgli che mi hanno già perquisito perché mi sembra di leggergli in faccia che quello aspetta solo un mezzo pretesto per darmi una passata ha la faccia tutta sudata e l'uniforme sudicia bisunta con grandi macchie scure dappertutto e cosi si ripete tutta la storia della perquisizione ma questa volta con più violenza perché mi sembra che quello voglia strappare miei indumenti dalla foga con cui li maneggia sempre bestemmiando incazzatissimo roteando gli occhi rossi alla fine mi fa girare due o tre volte li nudo mi passa le sue manacce lerce due o tre volte tra i capelli che avevo piuttosto lunghi e finalmente mi dice di prendere la mia roba i vestiti la borsa e la roba che c'era dentro tutto sparpagliato sul tavolo e di seguirlo

non capisco se prima devo rivestirmi ma non glielo chiedo quello ha ripreso a urlare e a bestemmiare mi accorgo adesso che in quello stanzone fumoso si aggirano altri tre tipi simili a lui evidentemente suoi subalterni e lui gli grida delle cose con la sua bocca larga come un forno e allora cosi nudo prendo tutta la mia roba sottobraccio e lo seguo nel corridoio davanti alla fila di porte grigie da dove vengono sempre grida e lamenti lui apre una porta e mi spinge dentro nel buio con una gran manata sulla schiena che quasi mi butta per terra poi sbatte la porta con fracasso sento un gran freddo e di colpo penso che li può esserci anche qualcun altro che io non posso vedere ma che mi ha visto quando la porta si è aperta ho brividi per il freddo ma anche per la paura pensando che qualcuno mi può saltare addosso da un momento all'altro qualcuno orribile mostruoso perché li qualcuno non può che essere orribile

resto lì per qualche secondo paralizzato il fatto che sono nudo mi dà come la sensazione l'impossibilità di potermi difendere resto li immobile a aspettare che il mostro mi salti addosso incapace di muovere un dito la cosa mi sembra inevitabile finché sento di nuovo le bestemmie che si avvicinano e di colpo lo spioncino si apre vedo controluce la sagoma della sua testa e un fascio di luce fioca illumina per un momento il fondo della cella e vedo che è vuota sul fondo c'è solo una specie di rialzo di cemento nel buio annaspo ci salgo sopra finché con le mani arrivo a toccare la parete di fondo che è umida e fredda con un po' di pazienza riesco a rivestirmi arrotolo il giubbotto e po' mi stendo sul cemento e ci appoggio la testa sopra

chiudo gli occhi le orecchie mi si riempiono del vociare indistinto che viene dalle altre celle i lamenti le grida le bestemmie provo a tapparmi le orecchie ma è inutile ma sono stanchissimo sono esausto mi fanno male i muscoli delle gambe come se avessi corso tutta la giornata e mi addormento di colpo ma non è un sonno continuo ogni tanto mi svegliavo per le urla e per lo sbattere delle porte e poi ripiombavo nel sonno e poi di nuovo mi svegliavo a un certo punto ho sentito una voce di donna che cantava a voce altissima tutti la notte dormono ma lo non dormo mai era ubriaca poi quando l'hanno fatta smettere si è messa a piangere ancora più forte mi addormentavo e mi svegliavo in continuazione e così è passata tutta la notte

ho capito che era il mattino quando il mangiafuoco mi ha riaperto la cella e mi ha ordinato nel suo dialetto incomprensibile di venire fuori in fretta era ancora più sporco più unto e sudato e si grattava con tutte le due mani il barbone nero mi ha fatto venire fino al tavolo contro il muro dove mi ha restituito la borsetta e mi ha consegnato a tre nuovi poliziotti che erano lì per prendermi due giovani e uno più anziano in civile con la camicia bianca e cravatta appena rasati i capelli lucidi con tutti e tre lo stesso odore di dopobarba mi hanno messo le manette dietro la schiena uno ha preso la mia borsetta dopo averci guardato dentro e averci frugato un po' con le dita siamo risaliti su per le scale e arrivati al pianterreno la luce del sole mi ha fatto chiudere gli occhi

 

 

 

 

 

 

24.

Improvvisamente una luce fortissima ci illumina di colpo avevano portato li due grandi generatori a motore è cominciato un ronzio assordante e hanno cominciato a proiettare dei fari enormi in direzione dei cortili loro stavano nell'ombra e tu eri completamente illuminato con questa scena intorno di sangue dappertutto di gente con le teste rotte tutta quanta rotta e che si lamentava e hanno cominciato questi sempre mascherati nell'ombra a picchiare con le sbarre e con i manganelli sulle reti dei cortili e a urlare figli di puttana froci ve la faremo pagare a tutti in ginocchio chiedete perdono bocchinari inculati questo qua è solo l'inizio e questa è una cosa che ci faceva veramente terrorizzare cazzo se questi veramente entrano e danno anche solamente ancora dieci botte a questi che sono qua per terra conciati così basta è finita

hanno fatto tutto questo puttanaio e intanto è successo che c'era un compagno dentro la mia aria che stava li seduto immobile lo non ci ho parlato perché essendo in piedi aiutavo quelli che erano più conciati e siccome l'avevo visto li immobile seduto e apparentemente non aveva sangue né niente ho pensato l'avrà scioccato la situazione ma non ha niente quando poi le cose più gravi i feriti quelli pieni di sangue si sono un po' rimediate si è messa la gente seduta con le spalle al muro le cose minime insomma e io gli ho detto oh come stai lui mi ha detto piano mi sento qualcosa di rotto dentro in effetti questo aveva tutte le costole rotte poi l'hanno portato all'ospedale durante la notte perché rischiava di rimanerci non poteva fare il minimo movimento che urlava dal mal con tutte le costole rotte

io aspettavo quel mio compagno di cella che nel momento della confusione quando i carabinieri sono entrati ci eravamo separati ero molto preoccupato perché lui era sceso al primo piano e io pensavo che sotto era successo un disastro che c'erano i morti perché quando arrivavano man mano i compagni io chiedevo a tutti ma è morto qualcuno e uno mi aveva risposto credo più di uno e allora io aspettavo questo mio compagno e poi questo compagno l'ho visto sfilare e ho visto tutte quante le botte che gli hanno dato gliene hanno date proprio tante poi è entrato nella mia stessa aria è entrato in piedi continuando a saltellare senza staccarsi le mani da dietro la testa aveva i guanti di lana e gli ho detto come stai e lui mi ha detto bene però devo avere tutte le dita rotte allora gli ho sfilato più piano possibile i guanti dito per dito con questo che bestemmiava tutte le madonne ma non li aveva rotti tutti solo qualcuno

dopo che le guardie hanno minacciato di entrare un'altra volta nei cortili dell'aria se ne sono andate è calato un silenzio pauroso nessuno parlava più con gli altri e quella è stata una cosa alla quale poi ho ripensato perché tutti quanti in quel momento secondo me pensavano che era inutile parlare dire qualsiasi cosa c'è stato un momento in cui tutti sono rimasti immobili li cosi come si trovavano come statue pietrificati sotto la luce fortissima dei generatori e si sentiva solo il rumore dei generatori poi è tornato il fracasso le guardie erano salite nei piani e stavano spaccando tutto hanno devastato tutto hanno distrutto tutto fracassando tutto e devastando tutto quello che c'era lì urlavano come dannati e si sfogavano sulla nostra roba che stava nelle celle

hanno preso le televisioni e le hanno scaraventate per terra hanno preso tutti gli oggetti tutte le scatole tutte le bottiglie e le hanno fatte a pezzi e calpestate hanno spaccato sgabelli e tavoli hanno spaccato tutto hanno stracciato i libri hanno preso i vestiti e li hanno strappati e li hanno buttati per terra e ci hanno pisciato sopra hanno divelto i caloriferi è uscita l'acqua e ha inondato tutto il piano hanno distrutto tutto il carcere l'hanno reso inutilizzabile loro l'hanno distrutto non noi per mezz'ora si sono sfogati contro le nostre cose contro il carcere gridando urlando erano impazziti poi si sono calmati anche perché probabilmente erano arrivate le notizie le guardie sequestrate avevano detto come erano andate le cose che non erano state ferite dal prigionieri che a ferirle erano stati i carabinieri

mentre quelli sfasciavano il carcere la gente si era un po' tranquillizzata perché fintanto che sfasciavano le cose voleva dire che non venivano da noi poi si è capito che il peggio era passato quando le guardie sono tornate giù e non erano più mascherate non avevano più i passamontagna e allora li si è capito che questi non avrebbero picchiato più perché avevano la faccia scoperta e i brigadieri hanno cominciato a dire chi sta male lo portiamo all'ospedale però nessuno voleva uscire dal cortili perché non si fidava neanche quelli che stavano peggio neanche quelli che proprio stavano male e avevano le ossa rotte e allora i brigadieri hanno cominciato a dare rassicurazioni no non vi facciamo niente vi portiamo all'ospedale e quelli che stanno meno male li portiamo qua in infermeria

allora c'era un compagno che stava particolarmente male perché gli avevano dato un colpo sulla gola e non riusciva più a respirare questo qua sveniva continuamente rantolava sembrava che soffocava allora a turno bisognava mettergli le dita perché a questo qua gli si attorcigliava indietro la lingua e gli andava giù in gola non respirava più e diventava cianotico rischiava di soffocare allora bisognava tenerlo su con la schiena contro il muro e mettergli le dita io e un altro compagno lo facevamo a turno gli mettevamo a turno le dita in gola gli prendevamo con le dita la lingua cercando di schiacciargli la lingua giù di tenerla ferma per fargli passare un po' d'aria nella gola ma era difficile perché questo non stava fermo con la testa

è andata avanti per un'ora cosi e questo diceva con un filo di voce quando riuscivamo a farlo respirare un po' a forza non voglio andare all'ospedale perché ho sentito dire una guardia che mi picchiava che mi vogliono ammazzare allora cercavamo di rassicurarlo perché li cosi rischiava di morire veramente intanto altri compagni hanno cominciato a uscire per farsi tare all'ospedale poi è stata una sfilata per tutta la notte poi gente che andava all'ospedale o in infermeria e a quelli che avevano le ossa rotte gli hanno fatto le ingessature a quelli che avevano i tagli li hanno cuciti gli hanno dato i punti eccetera ma questo che non respirava era ancora li a metà della notte che non voleva uscire e si pensava che moriva poi verso le quattro le cinque del mattino ci siamo decisi e lo abbiamo accompagnato al cancello perché proprio non poteva più rimanere lì cosi

da quel momento che hanno cominciato a portare la gente all'ospedale e in infermeria le guardie non hanno più minacciato né fatto niente è passata questa notte freddissima forse era la notte di Natale non mi ricordo adesso figuriamoci se gli importava qualcosa li a qualcuno del Natale faceva un freddo sotto zero e non avevamo niente all'alba sono arrivate delle guardie con il latte incredibile con il pane e il latte caldo e le coperte la gente era ancora li tutta dolorante ma era già ingessata era passata la paura allora sono cominciate le prime voci la gente ha cominciato a parlarsi dentro ogni aria poi sono cominciate le prime voci che rimbalzavano da aria a aria perché c'erano i muri divisori e non ci si vedeva come sta quello come sta l'altro eravamo contenti che non era morto nessuno e poi la cosa principale era che ora non ci picchiavano più

per tutta la giornata siamo rimasti tutti distesi per terra su queste coperte perché venivano fuori tutti i dolori i lividi le botte a mezzogiorno ci hanno portato delle salsicce delle cose cotte dell'altro pane poi è calato ancora il buio e quella notte era splendida perché era serenissimo il cielo e c'erano tantissime stelle l'aria era freddissima e poi pian piano hanno cominciato a farci uscire uno alla volta dai cortili e ci hanno portato nelle celle del pianterreno dove c'erano i lavoranti avevano sgomberato tutto dalle celle avevano tolto tutto e avevano lasciato solo i letti il pianterreno non era stato coinvolto nella rivolta sopra non potevano metterci perché tutto era stato distrutto e allora hanno preso i lavoranti e li hanno messi da un'altra parte provvisoriamente

hanno tolto tutto nelle celle hanno tolto gli armadietti i tavoli gli sgabelli qualsiasi cosa nelle celle non c'era più niente c'erano solo le brande fissate per terra e i soliti materassi di gommapiuma che erano dei semplici pezzi di gommapiuma e basta e hanno cominciato a uno a uno a farci uscire e ci sistemavano a gruppi in queste celle a me mi hanno messo in una un cameroncina con cinque letti eravamo in dieci e una volta sdraiati tutti non c'era più spazio per camminare e eravamo li così in dieci senza niente con delle coperte con gli stessi vestiti perché mica potevamo cambiarci la nostra roba era su nel piano distrutto avevano ancora addosso gli stessi vestiti sporchi di sangue strappati sporchi e li dentro siamo rimasti in queste condizioni per tre settimane

 

 

 

 

 

25.

Era una bellissima giornata e non faceva freddo nel cortile della questura c'era un grande via vai di gente in uniforme e in civile macchine bianche e celesti che entravano e che uscivano velocissime mi hanno fatto salire su una macchina civile io dietro con vicino quello che portava la mia borsetta l'altro giovane guidava e quello più anziano con l'aria di un buon padre di famiglia vicino a lui siamo partiti e appena fuori mi sono guardato nello specchietto retrovisore avevo una faccia spaventosa gli occhi gonfi e rossi i capelli aggrovigliati e dritti le mani nere con cui non mi potevo nemmeno toccare ma soprattutto mi sembrava di avere sulla pelle sui vestiti sui capelli dappertutto uno strato di unto sporco e viscido come quello delle guardie in quella fogna giù da dove venivo

adesso sto andando in carcere penso che cos'è il carcere non ne so niente di preciso cerco di scavare nella memoria quel poco che avevo letto sul fogli del movimento o i racconti che avevo sentito di quelli che c'erano stati ma non saltava fuori molto per farmi immaginare che cosa mi aspettava arriviamo a un semaforo rosso l'autista frena di fianco alla macchina vedo dal finestrino c'è una ragazza su una bicicletta un piede su un pedale e l'altro appoggiato per terra mi piacerebbe anche a me adesso andare in giro in bicicletta se mi veniva in mente ieri non me ne sarebbe fregato niente avrei pensato che andare in bicicletta è una cosa che non dà nessun piacere particolare anzi è una faticaccia in più e per niente adesso invece mi sembrava una cosa bellissima

poi scatta il verde e l'auto fila via dritta mentre la ragazza è ancora lì ferma con un piede sul pedale e l'altro appoggiato per terra avrei voglia di girarmi ma non lo faccio sono lì in mezzo a dei poliziotti e il mio ruolo è quello di uno che sta andando in galera mica posso girarmi a guardare le ragazze che vanno in bicicletta quello più anziano si gira e con un tono paterno m, chiede se è la prima volta che vado dentro si gli rispondo io e lui fa una faccia dispiaciuta e mi chiede la mia età sei giovane è una brutta esperienza e scuote la testa sono sempre così quelli più vecchi quelli più giovani sono duri stanno zitti non ti dicono niente se ti parlano è solo per darti degli ordini si indovina il disprezzo e l'odio ma anche i vecchi tutti sono la stessa cosa sono rutti uguali nella sostanza fanno tutti le stesse cose lo stesso mestiere

il mio ruolo è quello di uno che sta andando in galera adesso pensavo ai compagni e questo mi consolava perché pensavo che adesso tutti si stavano mobilitando si stavano dando da fare per me non mi avrebbero lasciato solo e ero orgoglioso del fatto che avevo tutti questi compagni questa grande famiglia che si prendeva a carico la mia situazione i miei problemi che avrebbe pensato a tutto l'avvocato i soldi a tutte le altre cose che adesso non mi immaginavo sentivo che non ero solo facevo parte di una forza collettiva e questo mi dava una grande forza avrei sopportato con fierezza tutto quello a cui stavo andando incontro e pensavo che adesso dovevo comportarmi come sotto gli occhi dei compagni non ero solo c'erano loro con me sempre presenti sulla scena

arriviamo al carcere l'auto costeggia per un pezzo il muro di cinta con le torrette per le guardie poi si ferma davanti a un grande portone chiuso davanti c'è ferma una volante e intorno ci sono quattro poliziotti in uniforme con i mitra imbracciati e i giubbotti antiproiettile che si guardano intorno tesi e guardano dentro le macchine che passano lente a passo d'uomo il portone si socchiude e spunta fuori per metà un'uniforme grigia anche questo col giubbotto antiproiettile e il mitra in mano la canna un po' alzata verso l'alto quello più anziano della mia scorta scende va verso di lui gli parla e gli passa dei fogli di carta l'uniforme grigia li prende li osserva un attimo poi rientra nel portone e il portone si richiude

dopo un po' il portone si riapre quanto basta per lasciarci passare la nostra auto che si ferma davanti a un secondo portone mentre il primo portone si richiude dentro è buio nell'atrio ci sono solo le luci di due lampade fioche sulla destra c'è una guardiola chiusa da vetri antiproiettile con dentro altre uniformi grigie armate i poliziotti della scorta scendono e consegnano le loro pistole poi risalgono mentre lo non mi muovo dal sedile posteriore il secondo portone si apre e l'auto si avvia lentamente per una stradina asfaltata trenta quaranta metri e si ferma di nuovo scendiamo tutti un altro grigio ci apre un cancello che dà su un corridoio lungo stretto altra guardia altro cancello altro corridoio poi a sinistra una porta con scritto ufficio matricola

entriamo in uno stanzone pieno di scaffali pieno di registri accatastati alla rinfusa e di tavolacci di formica verde tutti screpolati e di uniformi grigie che sembrano lavorare come impiegati tra le carte sparse dappertutto c'è un bancone alto che vide la stanza in due per tutta la lunghezza i tre della scorta mi tolgono le manette parlano in fretta con quello che sembra essere lì il capufficio gli consegnano delle carte e la mia borsetta e se ne vanno senza neanche guardarmi il capufficio mi fa segno di sedermi su una panca e riprende il lavoro che stava facendo quando siamo entrati prende un mucchio di carte da un tavolo e le trasporta su un altro tavolo poi prende un altro mucchio di carte da un altro tavolo e lo trasporta sul primo tavolo ma non sembra soddisfatto e riporta tutto come prima scuotendo la testa

dopo un po' mi fa segno di venire lì al bancone tira fuori un grosso registro e un tampone e mi riprende le impronte digitali le mie mani si sporcano ancora d'inchiostro sono ormai completamente nere lo ormai so come si fa e cerco di premere da solo le dita sul foglio perché mi dà fastidio che quello prenda le mie mani fra le sue ma quello lo fa lo stesso evidentemente perché è abituato a farlo poi mi chiede anche lui le generalità le scrive sotto le impronte e ci aggiunge l'imputazione e posso leggere associazione sovversiva banda armata e detenzione di armi poi mi misura l'altezza con un trabiccolo come quelli che si usano durante la visita militare e scrive anche quello sul registro e lo mette via

alla fine mi fa consegnare il portafoglio con i soldi e la carta d'identità mi fa consegnare l'orologio e la cintura e tutte le cose che avevo in tasca l'accendino e le chiavi e le mette sul bancone vicino alla borsetta chiama due guardie e dice portatelo alle celle questo è in isolamento giudiziario non ti chiamano per nome qua tra loro le guardie ti chiamano sempre questo e io vado con le due guardie superiamo moltissimi cancelli dove a ognuno c'è sempre una guardia che apre e che chiude nei corridoi incrociamo altre guardie che passano sole o a gruppi o scortano dei detenuti a un certo punto arriviamo davanti a una porticina che una guardia ci apre e scendiamo le scale che portano all'interrato dove si trovano le celle d'isolamento

in fondo alle scale c'è un'altra porticina che ci viene aperta dall'interno c'è un largo corridoio lungo trenta quaranta metri e su ciascun lato del corridoio ogni due tre metri c'è una porta metallica grigia chiusa con uno spioncino chiuso e in fondo al corridoio c'è una parete senza finestre con una piccola porta chiusa tutto è illuminato da lampade al neon le due guardie che mi accompagnano si rivolgono a una delle guardie che sta nel corridoio chiamandolo capoposto il capoposto ha attaccato alla cintura un grosso mazzo di chiavi ne prende una e apre la porta blindata della cella numero 27 poi con la stessa chiave apre un cancello che sta dietro la porta blindata

prima di farmi entrare una delle guardie che mi scortava appiccica sul muro di fianco alla porta un cartoncino con su il mio nome e cognome e numero di matricola un numero di cinque cifre poi mi fanno segno di entrare io entro loro entrano dietro di me e mi dicono ancora una volta di spogliarmi nudo io mi spoglio nudo un'altra volta e questi mi fanno da capo una nuova perquisizione controllando bene tutti gli indumenti dove non c'è ormai più niente poi escono il capoposto chiude il cancello fa girare la chiave nella toppa poi la due passi indietro e spinge la porta e la porta si chiude con uno scatto secco sento la chiave che gira e mi ritrovo li in piedi nudo con le mani tutte nere nella cella d'isolamento numero 27
 

 

 

 

 

 

TERZA PARTE

 

26.

E allora a questo punto non mi ricordo più dove ero rimasto in tutta questa storia anche perché ci sono un sacco di cose che non mi ricordo che non mi ricordo più bene precisamente come sono successe e ci sono anche un sacco di cose che non si possono ricordare che si possono solo dimenticare non è che qui io voglio raccontare tutta la storia della mia vita e neanche voglio raccontare tutto quello che è successo in questo periodo in cui sono successe tante cose diverse di tutti i tipi contradditorie che metterle tutte insieme cercare di dargli un senso mi sembra proprio impossibile ma quello che mi interessa qui adesso è soltanto raccontare ma cosi dal mio punto di vista naturalmente queste storie che mi sono successe cosi perché forse adesso vale la pena di raccontarle

a scuola era successo che dopo che l'avevamo cacciato il preside Mastino se n'era andato e i professori si erano dovuti adattare il loro potere era crollato avevamo ottenuto le assemblee avevamo ottenuto tutto niente più interrogazioni niente più registri sospensioni giustificazioni eccetera la scuola era scoppiata in breve tempo era diventata una scuola aperta ci veniva gente di tutti i tipi amici e studenti di altre scuole operai che non andavano al lavoro ci venivano disoccupati invece di andare al bar e emarginati vari invece di andare in giro li chiamavamo esterni tutti questi e così la scuola era diventata una fiera un bazar ci si giocava a scacchi a carte ci si portava da bere gli spinelli e i professori assistevano impotenti senza osare alzare un dito a tutto quello sfacelo

uno di questi esterni era Nocciola che ormai a scuola ci veniva tutti i giorni Nocciola campava rubacchiando nei supermercati e nei negozi fregava di tutto anche quello che non gli serviva perché poi lo rivendeva e la scuola era diventata un po' il suo mercato addirittura c'era chi gli prenotava dei mocassini o un giradischi e poi anche noi che non avevamo soldi e che adesso ci rompeva le balle chiederli a casa per fortuna c'era Nocciola che ci insegnava mille sistemi per campare con pochi soldi e per trovarne un po' rubavamo in massa nelle librerie e poi vendevamo i libri alle bancarelle falsificavamo i tesserini delle mense Nocciola sapeva aprire le cabine del telefono e girava sempre con chili di gettoni nelle tasche pagava tutto in gettoni andava al cinema e pagava in gettoni

poco a poco abbiamo cominciato anche a vendere la scuola abbiamo cominciato a smontarla proprio a smontarla e a vendere la roba pezzo per pezzo lampade macchine da scrivere sedie sgabelli le enciclopedie della biblioteca il materiale del laboratorio di chimica e di fisica le bacheche e gli armadietti non è rimasto più niente nella scuola una volta hanno ricomprato tutto nuovo ma noi abbiamo venduto tutto un'altra volta e così hanno lasciato perdere i professori non lasciavano neanche più la macchina al parcheggio se no gli sparivano le gomme la scuola era ormai diventata uno spazio vuoto vuoto anche d'interessi completamente estraneo da cui a un certo punto ci siamo resi conto che bisognava uscire per andare a svuotare qualcosa d'altro e così non ci siamo più andati e abbiamo cominciato a vivere nella sede

quando abbiamo preso la sede è successo che eravamo andati nella sede di un gruppo marxista leninista per chiedere la possibilità di utilizzarla per le nostre riunioni era una sede molto grande cinque o sei stanze era al pianterreno di un vecchio stabile del centro era tenuta benissimo c'era il parquet lucidato un ambiente molto decoroso con le tende rosse però era molto triste quelle grandi stanze vuote e un odore di chiuso e di chiesa sui muri c'erano enormi manifesti cinesi incorniciati sotto vetro manifesti di operai e contadini cinesi molto muscolosi e sorridenti sempre col pugno alzato e grandi striscioni appesi per tutta la lunghezza delle pareti viva l'eroica vittoria del popolo cambogiano c'era una sala adibita a centro culturale il centro culturale Antonio Gramsci c'era scritto sulla targhetta lucida della porta

quando abbiamo suonato c'era lì solo un compagno che stava ordinando i libri della biblioteca quasi tutti edizioni cinesi delle opere di Mao e Stalin e altre cose cosi e ci ha annunciati al compagno segretario che stava nel suo ufficio dietro una scrivania lucida dove c'era il telefono il segretario era un personaggio piccoletto con un gran pancione sempre molto serio con una gran pastrano grigio che non si levava mai, gli abbiamo detto cosa volevamo ma lui si è messo a parlare di linea politica facendoci una grande tirata sulla linea politica del suo partito voleva un confronto politico ma a noi del confronto politico non ce ne fregava niente in quel periodo c'erano un sacco di lotte in piedi e questi qui non si erano mai visti e adesso veniva a chiederci il confronto con la linea politica del loro partito

non ce ne fregava niente ma abbiamo dovuto ascoltare tutta la sua tirata trionfalista sul suo partito guardavamo il telefono sperando che suonasse per interromperlo però non suonava mai ma poi ci dice che però in quella particolare congiuntura di fase la presenza del partito in città si era affievolita per l'espulsione di alcuni militanti per deviazionismo di destra e di sinistra però avevano tre operai attivi come cellula del partita in due fabbriche e uno studente ma questo studente nell'ultimo periodo frequentava gentaglia che si ritrovava alla stazione e addirittura si sospettava che si drogava e alla fine il compagno segretario si è lasciato andare dicendo che non aveva più i soldi per pagare l'affitto e anche il telefono era tagliato e i tre operai ne avevano pieni i coglioni di tassarsi i salari ogni mese per pagare la sede cosi ci siamo messi d'accordo che loro ci passavano tutte le stanze meno una e così è stato

loro in tre o quattro hanno alzato un muro per isolare la loro stanza dalle altre e hanno fatto un'entrata autonoma ma dopo tutto questo lavoro non li abbiamo più visti né sentiti finché ci siamo accorti che non venivano più e allora abbiamo buttato giù il muro e abbiamo usato anche la loro stanza subito nel giro di pochissimi giorni c'è stato un grande afflusso di persone tutta la gente sparsa del movimento ha cominciato a affluire lì è arrivato di tutto operai studenti disoccupati donne freak vecchi compagni dei gruppi extraparlamentari anarchici era un luogo diverso dalla classica sede dei gruppi quella era una sede di movimento e dato che era grande offriva molti spazi per tutte le differenze

avevamo ereditato tutto l'arredamento degli emme elle le loro sedie le loro scaffalature i loro armadi il telefono invece se l'era portato via il compagno segretario avevamo ereditato i grandi manifesti cinesi incomiciati con Mao che passeggia sorridente in mezzo alla campagna seguito da drappelli di contadini chi con la falce chi col forcone chi col fucile e li abbiamo lasciati li la sede era sempre aperta si faceva finta di chiuderla la sera accostando la porta ma in realtà le chiavi non esistevano c'era gente che andava gente che veniva in continuazione c'erano riunioni di operai di studenti di precari di ospedalieri di donne ma anche gruppi che venivano li con le chitarre i flauti e il resto a suonare a fumare gli spinelli a fissare gli appuntamenti per la serata era diventata una tappa obbligata nella giornata di tutta la gente

i compagni ovviamente utilizzavano anche la sede come luogo dove elaborare i vari sistemi per non pagare le bollette della luce del gas del telefono i sistemi per non pagare i trasporti per sabotare le macchinette dei biglietti degli autobus per falsificare i biglietti dei treni per sabotare i contatori della luce eccetera erano cose che partivano spontaneamente da individui o da piccoli gruppi e che comunicandosele avrebbero poi portato a organizzare vere lotte di massa su queste cose per esempio si era presa l'abitudine di andare la domenica al cinema gratis in cinquanta sessanta si entrava tutti di prepotenza o al massimo se si capiva che avrebbero chiamata la polizia si scendeva al patto della colletta una somma irrisoria del tutto simbolica

stessa cosa per i negozi di lusso del centro entrare in trenta quaranta in un negozio di ricchi già di per sé intimidiva mica male e senza neanche fare le cose troppo in fretta era semplicissimo portarsi a casa un piatto dello stereo una piastra un giubbotto di pelle una macchina fotografica eccetera stessa cosa per le lotte dei trasporti si viaggiava a gruppi numerosi e si dichiarava che non si pagava distribuendo poi alla gente dei volantini per invitarli a fare lo stesso finché diventava un'abitudine e il bigliettaio neanche più chiedeva il biglietto ai compagni neanche quando erano soli in un primo tempo la società degli autobus ha pensato di mettere delle guardie sugli autobus ma poi ha dovuto rinunciare perché a questo costo doveva sommare quello delle devastazione delle stazioni e anche quello di un paio di autobus andati in cenere una notte

la nostra sede era in pieno centro e tutta la zona circostante era di fatto occupata da noi ci circolava gente del movimento fuori sulle panchine del giardinetto stazionavano per tutto il giorno gruppi di compagni a circa duecento metri c'era un grande magazzino che era quotidianamente visitato da gruppi di compagni quelli della direzione del grande magazzino a un certo punto hanno pensato di reagire a quella spudorata razzia quotidiana e hanno messo lì un gran numero di guardioni questi un giorno si sono messi a correre dietro a dei compagni che avevano rubato della roba da mangiare gli hanno corso dietro anche fuori e allora i compagni si sono messi a correre verso la sede e hanno cominciato a gridare è stato un attimo allarme generale tutti fuori con le bandiere che in realtà erano manici di piccone con attaccata una strisciolina rossa

i guardioni non se lo aspettavano hanno frenato a pochi metri dalle prime bandiere retromarcia e via però hanno saputo il nome di una nostra compagna e l'hanno denunciata e per paura di una reazione da parte nostra hanno chiesto due auto con gli sbirri davanti all'entrata allora le compagne hanno deciso una bella mossa si sono messe tutte vestite bene e sono entrate in venti trenta nel grande magazzino e una volta dentro hanno cominciato a girare nel reparto abbigliamento con delle lamette e zac zac giacche maglioni gonne pantaloni impermeabili vestiti mantelli un vero disastro milioni di danni e poi se ne sono uscite tranquille nessuno si è accorto di niente le macchine della polizia sono rimaste di guardia per altre due settimane e intanto la gente andava a rubare in un altro supermercato e poi tutto è ricominciato anche li di nuovo un'altra volta

in un primo tempo la sede è stata utilizzata dalla massa del movimento principalmente per queste attività alcuni addirittura utilizzavano la sede come abitazione provvisoria quelli che magari il giorno prima se ne erano andati di casa diventava il loro bivacco notturno tiravano fuori dall'armadio il loro sacco a pelo che poi la mattina lo riarrotolavano e lo rinfilavano nell'armadio c'erano i bagni e il riscaldamento e in una stanza si è ricavato anche un bar il momento dell'incontro di tutti era l'assemblea generale che si teneva nella stanza più grande circa ogni settimana tutti insieme pigiati si discutevano insieme le cose che i vari collettivi avevano intenzione di fare o avevano fatto nella settimana e ci ponevamo il problema di come utilizzare la forza che ci eravamo costruita per generalizzare l'offensiva nelle fabbriche nelle scuole negli ospedali nei quartieri nelle piazze e preparavamo i volantini

generalizzare l'offensiva significa radicalizzare l'insubordinazione a qualsivoglia gerarchia esercitare la nostra creatività distruttiva contro la società dello spettacolo sabotare le macchine e la merce che sabotano la nostra vita promuovere scioperi generali selvaggi a tempo interminato riunirsi sempre in assemblea in tutte le fabbriche della separazione eleggere delegati sempre revocabili dalla base collegare costantemente tutti i luoghi di lotta non trascurare tutti i mezzi tecnici utili alla comunicazione liberata dare un valore d'uso diretto a tutto ciò che ha un valore di scambio occupare in permanenza le fabbriche e gli edifici pubblici organizzare l'autodifesa dei territori conquistati e avanti musica


 

 

 

 

 

27.

La cella d'isolamento aveva due metri per tre di lunghezza una branda di ferro fissata a terra un materasso di gommapiuma un cuscino di gommapiuma due lenzuola una federa per il cuscino una coperta marrone un lavandino di ceramica bianca sporco e non c'era altro e sulla parete di fondo di fronte alla porta c'era una finestra sbarrata dietro alla finestra una rete che dà su un cunicolo che permette appena il passaggio di una persona ma da molto tempo non ci deve più essere passato nessuno dalla quantità di polvere sporcizia e ragnatele accumulate la cella è illuminata da una luce piuttosto forte che proviene da una lampadina che non si vede ma che si deve trovare nel corridoio sopra la porta e la luce filtra attraverso una grata di ferro quadrata di circa trenta centimetri di lato

il pavimento è una colata di cemento solcata da crepe di diverse dimensioni le crepe sono piene di polvere di mozziconi di sigarette di pezzi d'intonaco di sporcizia i muri che una volta dovevano essere bianchi hanno un colore giallo sporco e pezzi di intonaco si staccano qua e là dappertutto dopo avere formato prima delle bolle per via dell'umidità le bolle si gonfiano poi si spaccano poi pezzi d'intonaco cominciano a staccarsi e a cadere si staccano anche dal soffitto basso e irregolare e cadono in mezzo alla cella sul muri scritte di ogni genere scavate nell'intonaco con le unghie o bruciate con le sigarette le scritte sono moltissime intricate sovrapposte semicancellate fino a confondersi

in basso sulla sinistra a livello del pavimento una porticina di ferro alta trenta quaranta centimetri socchiusa la apro c'è un piccolo vano e dentro c'è un secchio di metallo tutto rugginoso da dove esce una puzza nauseabonda dentro ci sono ancora residui di merda e di piscio scarafaggi insetti schifosi con un calcio chiudo lo sportello non cagherò mai lì dentro impossibile adesso non devo cagare ma devo pisciare vado a pisciare nel lavandino anche quello piuttosto schifoso tutto scrostato e pieno di crepe che si può spaccare da un momento all'altro faccio scorrere a lungo l'acqua dallo sportello è venuta fuori una puzza che mi fa quasi vomitare ma forse la puzza c'era già prima e non me n'ero accorto è la puzza di quel sotterraneo

una puzza nauseabonda dì piscio di merda di vomito di chiuso provo a trattenere il respiro per qualche secondo ma è la stessa cosa non cambia niente anzi quando riprendo a respirare è peggio mi guardo in giro ma non c'è niente da guardare mi siedo sul letto e ascolto sento solo il passo lento e strascicato di una guardia su e giù per il corridoio a differenza della cella in questura qui c'è silenzio ma forse il silenzio è peggio mi guardo le mani nere d'inchiostro provo a lavarmele con l'acqua del lavandino ma non c'è neanche un pezzetto di sapone e l'acqua scorre via sull'inchiostro impermeabile allora penso di raschiarlo via con uno dei pezzi d'intonaco che si staccano dalle pareti ma è inutile ci rinuncio e torno a sedermi sul letto cosa faccio adesso mi chiedo e adesso cosa faccio

cosa si fa qua dentro per fare passare il tempo e poi penso che non so nemmeno quanto tempo dovrò passare qua non so nemmeno cosa devo aspettare no ecco l'avvocato devo aspettare l'avvocato uscirò dalla cella per vedere l'avvocato ma poi dovrò tornarci ancora e mi prende una sensazione di oppressione come se qualcosa mi schiaccia i polmoni il cuore lo stomaco tutto dentro tutto chiuso compresso un blocco doloroso mi guardo le mani nere devo stare attento dove le appoggio per non sporcare dappertutto i vestiti le lenzuola ma non h niente da prendere in mano non mi hanno lasciato niente solo un pacchetto a metà di sigarette ma non l'accendino cosa m servono le sigarette se non ho niente per accenderle

sento il rumore della chiave che s'infila nella porta due giri la porta si apre appare il capoposto con due guardie ai lati e mi dice che devo andare dal dottore io esco senza fare domande perché indovino che è la prassi andiamo fino in fondo al corridoio e arriviamo all'ultima cella che è stata trasformata in infermeria se così si può chiamare con dentro un lettino coperto da un telo di plastica trasparente una scrivania e un armadietto di plastica con dentro qualche scatola di medicinale il dottore è giovane la faccia antipatica e infastidita mi guarda appena di sfuggita poi scrive su una scheda le mie generalità e comincia a chiedermi le malattie dell'infanzia e dell'adolescenza

morbillo orecchioni varicella tutta quella roba li legge su una lista tirando via veloce come un treno non sta neanche a aspettare che rispondo fa un segnetto a tutte le righe della lista e alza la testa solo alla domanda se ho delle malattie infettive gli rispondo di no e allora quello ha finito fa uno scarabocchio in fondo alla scheda e un gesto alle guardie per dire che possiamo andarcene il tutto è durato un minuto sono di nuovo nella mia cella il cancello e la porta metallica sbattono alle mie spalle resto lì un po' in piedi poi decido di fare il letto faccio tutto molto lentamente ci metto il doppio o il triplo del tempo che ci metterci di solito per cercare di occupare più tempo possibile

quando arrivo alla coperta mi rendo conto che non deve essere lavata da mesi appena la smuovo si alza un sacco di polvere pesa il doppio tanto è piena di polvere macchie di roba secca la coprono un po' dappertutto fa veramente schifo ma fa freddo e non posso rinunciare alla coperta e la stendo ugualmente sopra le lenzuola mi stendo sul letto e comincio a leggere le scritte sui muri cercando di fissare una scritta dopo l'altra di decifrare le scritture di leggere tutto quel groviglio di macchie e di sporco a stare sdraiati sembra che la puzza sia più forte mi alzo torno a sdraiarmi tre o quattro volte finché mi convinco che è la stessa cosa o che almeno non c'è una grande differenza

mi rimetto a guardare le scritte ci sono date e firme date fino a due anche a tre anni prima firme con saluti insulti alle guardie insulti a altri nomi e ricorre spesso la parola infame infame questo infame quello galera infame poi nomi di donne con cuori frasi d'amore poesie disegni di cazzi e di fighe qualche falce e martello qualche fascio slogan politici di sinistra e di destra qualche stella a cinque punte con scritto BR disegni e scritte modificati stravolti e poi dappertutto macchie di sporco schizzi strisce e virgole color marroncino mi viene in mente che potrei scrivere qualcosa anch'io quelli che avevano fatto quei segni li avevano fatti perché non avevano niente da fare come me per passare il tempo ma non mi viene in mente niente che potrei scrivere su quei muri

il tempo passa non mi rendo conto della velocità con cui passa il tempo non posso controllarlo perché mi hanno portato via l'orologio e non si vede la luce del giorno a un certo punto si riapre lo spioncino appare una faccia nuova mi fa cenno di avvicinarmi e mi passa un piatto di plastica e un bicchiere di plastica mi chiede se voglio la minestra cerco di guardare fuori dallo spioncino per vedere di che minestra si tratta fuori c'è un carrello di ferro con su un enorme pentolone un enorme mestolo infilato in una brodaglia rossastra dico che non lo voglio e allora quello mi passa un sacche di plastica con dentro un pezzetto di formaggio secco e mele verdi raggrinzite e un pezzo di pane quello almeno fresco

lo spioncino si richiude sento il rumore del carrello che si allontana appoggio il mio pranzo sul giubbotto perché la coperta mi fa schifo lavo le mele sotto il rubinetto ma non ho fame anche se non mangio da ieri mattina però mangio lo stesso mangio lentamente rigirandomi il cibo in bocca penso che anche per mangiare è meglio metterci più tempo possibile ma penso anche che deve essere solo mezzogiorno visto che mi hanno portato da mangiare che sono passate solo p che ore ho freddo l'umidità mi entra nelle ossa sento brividi nella schiena mi rimetto il giubbotto con la fodera tutta strappata dalle perquisizioni faccio un po' di movimento per riscaldarmi provo a misurare quanti passi posso fare nella cella quattro passi per il lungo quattro passi e mezzo per il largo e dietrofront troppo pochi poter fare passare il tempo così e così torno a sdraiarmi


 

 

 

 

 

28.

La manifestazione parte con il nostro gruppo che sta nelle prime file con Talpa il sindacalista della fabbrica occupata ci sono dei tamburi e dei campanacci che fanno un rumore d'inferno prima passiamo per il paese tutta la gente è fuori a guardare per le strade sui marciapiedi alle finestre in questo paese non c'è mai stata una manifestazione noi lanciamo slogan un po' duri e tutti gli operai e le operaie li riprendono subito e si divertono gridando un nuovo modo di fare la produzione sotto le presse mettiamoci il padrone su su i prezzi vanno su prendiamoci la roba e non paghiamo più facciamo tutte le strade del paese un pullmino dei carabinieri segue a distanza usciti dal centro del paese ci dirigiamo verso le fabbrichette alcune sono chiuse sapendo della manifestazione e delle intenzioni di fare casino circolate la sera prima nei bar e molti operai non si sono presentati al lavoro

così succede per tre o quattro fabbrichette poi Pepe che è poco convinto fa il giro della quarta fabbrica vede che dietro sono posteggiate le automobili che hanno nascosto le automobili e chiuso i cancelli per far credere che la fabbrica era chiusa Pepe avvisa la prima fila del corteo e in un attimo la voce arriva fino in fondo dietro front si arriva davanti al cancello tutti gridano fuori crumiri ruffiani vigliacchi un casino d'inferno con tamburi e campanacci ma da dentro niente silenzio Cotogno con Ortica Valeriana e gli altri fanno il giro da dietro salgono sulla cancellata e tirano qualche sassata contro le automobili rutti indovinano cosa succederà e Talpa scatta verso il retro ma alcuni operai lo prendono per le braccia e gli dicono di lasciar fare che quelli sono facce di merda

gli operai che erano dentro escono sul piazzale uno alla volta spiando prima dal portone di ferro semiaperto il più anziano si avvicina alla cancellata con tutti che gli urlano . addosso lui parla con il sindacalista che deve conoscere dice che non lo sapeva che c'era sciopero se no lui lo avrebbe fatto si mette d'accordo col sindacalista usciranno tutti e noi staremo li per controllare fino alla fine i crumiri salgono sulle loro automobili e escono mentre tutta la gente fuori dal cancello fa corridoio devono per forza andare a passo d'uomo e si vede dalla faccia che hanno paura con i finestrini alzati e le sicure abbassate sputi sui finestrini qualche calcio sulle fiancate le donne sono le più infuriate fermano qualche macchina mettendosi davanti e agitando i pugni

se ne vanno via e noi riprendiamo il corteo altra fabbrichetta e anche qua altra gente che lavora però a non si sono neanche preoccupati di nascondere le auto lo fanno proprio spudoratamente gli animi sono accesi ma quelli appena sentono il casino escono subito si giustificano sempre allo stesso modo dicendo che non sapevano dello sciopero si va avanti cosi fabbrichetta per fabbrichetta alcune sono veramente chiuse in altre gli operai escono prima che arriviamo e qualcuno addirittura aspetta il corteo e si mette dentro anche lui arriviamo in una fabbrichetta dell'indotto una di quelle in cui si fa il lavoro della fabbrica occupata per la quale manifestiamo il cancello è aperto irruzione dentro i reparti un piccolo corteo interno confuso perché non ci si sta dentro tutti

si sentono rumori e tonfi il materiale plastico viene rovesciato per terra Lauro si prende a botte con un crumiro che non vuole uscire vengono divisi quasi subito poi il crumiro esce prendendosi un fazzoletto sul naso da cui cola il sangue non facciamo in tempo a spazzolare la palazzina dove ci sono gli uffici perché gli impiegati sono già scappati tutti e riprendiamo il corteo verso un'altra fabbrica dell'indotto questa è un po' più grande delle altre ci saranno una trentina di operai ma non tutti sono al lavoro anche li calci e bastonate alle macchine un finestrino va in frantumi Talpa corre avanti e indietro a calmare gli animi e Cotogno questa volta s'incazza e gli dice piantala di fare il pompiere

i cancelli sono chiusi si fa casino per farli aprire dall'ingresso vengono fuori i due padroncini con l'aria da incazzati e per fare un gesto di sicurezza aprono il cancello e si mettono a parlare con Talpa la gente dietro però preme e fa irruzione i due padroncini scappano e si fermano davanti alla grande porta a vetri facendo scudo con il loro corpo dietro si vedono i crumiri che hanno smesso di lavorare e che sbirciano fuori i due padroncini si rimettono a discutere con Talpa che fa il deciso oggi non si lavora fuori tutti sono già venuto qui a parlare di questo problema se qui si lavora si boicotta la nostra lotta per tenerci il posto il lavoro perché voi qui con gli straordinari fate il nostro lavoro della nostra fabbrica che abbiamo occupato e boicottate la nostra lotta

i due padroncini non ne vogliono sapere uno guarda il pullmino del carabinieri fermo a una trentina di metri e dice adesso chiamo i carabinieri Talpa risponde i carabinieri vedono benissimo quello che stiamo facendo e non intervengono perché ho parlato anche con loro e li ho informati mi sono assunto la responsabilità che non succederanno incidenti ma voi dovete fare uscire gli operai i due padroncini non ne vogliono sapere e dicono che non abbiamo il diritto di fare quello che stiamo facendo dietro gli operai cominciano a perdere la pazienza qualcuno spinge basta basta entriamo Talpa va avanti ancora a discutere con tutti gli operai dietro che urlano partono le prime sassate si sentono i vetri del capannone che si rompono

i due padroncini fanno ancora di più gli incazzati Talpa finta di niente e va avanti a discutere io sono proprio dietro a lui di fianco a Cotogno e a Ortica ho in mano una bandiera con un grosso bastone gli operai dietro continuano a spingere sento i vetri che si rompono e senza neanche pensarci spingo con forza il bastone contro la vetrata succede il finimondo la vetrata viene giù tutta insieme un pezzo di lastra stacca dall'alto e cade piatto sulla testa di Talpa frammenti rimbalzano addosso a me e agli altri che sono vicini sulla testa pelata del sindacalista si apre un taglio che si colora subito rosso cazzo non credevo che era così fragile forse non era messa su bene

uno dei due padroncini quello che voleva chiamare i carabinieri crede che sia stato Cotogno a rompere la vetrata e gli pianta un cazzotto sul naso Ortica scatta come una molla alza con le due mani la bandiera e gliela cala secca sulla testa sento il colpo vedo gli occhi che strabuzzano poi le gambe gli cedono e cade giù secco l'altro padroncino resta impietrito perché Ortica ha già alzato la bandiera un'altra volta sopra la si testa però non l'abbassa Talpa si stacca le mani dalla testa e guarda le dita sporche di sangue un po' inebetito c'è un attimo di silenzio di stupore da parte di tutti il padroncino prende il suo socio sotto le ascelle e lo tira verso la parete

da dietro si spinge e si entra tutti i crumiri scappano uscendo dalle porte laterali ma nessuno li rincorre ci si sfoga sulle cose come nella fabbrica di prima anche di più tutto il materiale plastico viene rovesciato per terra sparsi dappertutto si rompono tutti i vetri del finestroni è la fabbrica dove lavoro io questa merda mi dice Verbena i più incazzati quelli che sfasciano di più sono i giovani e le donne ma anche gli altri sono d'accordo perché non dicono niente non cercano di fermarli quando usciamo il pullmino dei carabinieri è sempre li immobile non sono neanche scesi

i due padroncini sono scomparsi il corteo si riforma e si spazzolano altre fabbrichette ma non succedono più incidenti il taglio sulla testa di Talpa non è profondo come sembrava in un primo momento ma lui fa l'incazzato con noi perché lo sa che c'eravamo noi dietro di lui quando è venuta giù la vetrata ma non ci dice niente fa solo l'incazzato e non ci caga torniamo alla mensa della fabbrica occupata e si decide di fare un volantino da distribuire in paese per spiegare quello che è successo lo scriviamo e facciamo girare il testo che è approvato da tutti si minacciano altre spazzolate se nei prossimi giorni si verrà a sapere che continua il lavoro straordinario nelle fabbrichette dell'indotto poi andiamo a gruppi a distribuire il volantino per le strade nei negozi e nei bar del paese


 

 

 

 

 

 

29.

La luce sopra la porta è forte e mi picchia negli occhi per dormire mi devo voltare sulla pancia o mettermi il cuscino sulla faccia ma non avevo sonno e cosi mi sono messo a pensare ai compagni che a quest'ora si saranno tutti mobilitati per mio arresto staranno discutendo in sede staranno facendo delle cose per farmi uscire di qua staranno parlando con l'avvocato mi immagino come la notizia ha fatto il giro velocemente subito dopo il mio arresto telefonate incontri riunioni a quest'ora già tutto il movimento saprà del mio arresto adesso tutti si stanno organizzando per tutte le cose da fare quando penso ai compagni mi sento un po' meglio appena potrò scrivere li metterò al corrente di tutto sono anni che non scrivo una lettera provo a pensare a tutti quelli a cui devo scrivere sono troppi meglio che scrivo delle lettere collettive

penso che dovrò scrivere anche ai miei me li immagino lì a casa angosciati preoccupati da questa storia che non potevano aspettarsi anch'io non me l'aspettavo anche se qualche volta ci avevo pensato ma mi sembrava una cosa remota anche se possibile e che comunque non valeva la pena starci lì a pensare allora è anche per questo che adesso sono così stupito e incredulo e soprattutto così impreparato adesso che è successo ma i miei non se lo potevano proprio immaginare che io potevo avere a che fare con la giustizia per loro io ero un marziano un visionario un illuso ma innocuo incapace di fare del male a qualcuno speravo che erano andati da loro i compagni per tranquillizzarli per dargli un po' di sicurezza io a loro non avrei proprio saputo come scrivere non sapevo come comunicare con loro

lo spioncino si riapre è il capoposto che mi fissa in silenzio senza parlare passa qualche istante io gli faccio un cenno con la testa come per domandare che c'è lui sta zitto ancora un po' poi mi chiede non sarai mica stato tu a ammazzare il nostro maresciallo due mesi fa io rispondo che non ho mai ammazzato nessuno che sono lì per un errore che presto si chiarirà il capoposto fa la faccia sorpresa e dice che quelli come me che lui ha visto finora non dicono mai che non c'entrano e che non hanno fatto niente dicono solo che sono orgogliosi di essere dei comunisti che lottano contro lo stato e che sono i comuni che invece dicono sempre che sono innocenti anche quando li hanno presi sul fatto

resto lì imbarazzato non vorrei avere fatto una cazzata ho come il senso di avere trasgredito una norma di comportamento che devono avere i compagni in carcere il capoposto intanto si mette a raccontarmi che il maresciallo ammazzato era una brava persona che aveva figli e famiglia che quello che dicevano nel volantino quelli che l'hanno ammazzato non era vero per niente dice che quello non aveva nessuna squadra di picchiatori che non aveva mai picchiato o fatto picchiare nessuno che era una brava persona umana eccetera e continua a spiegarmi che loro sono tutti brave persone che è un errore prendersela con loro perché bisogna capire che loro fanno quel mestiere solo per campare perché devono dare da mangiare alla loro famiglia

che non è colpa loro se c'è la disoccupazione che loro so primi a volersene andare di lì se gli viene data un'altra possibilità che loro sono venuti su dal sud dove non c'è lavo che non hanno studiato e per questo non possono che quei lavori lì ma che lo fanno con il rispetto delle persone e che non è con loro che bisogna prendersela perché loro eseguono solo degli ordini e che sono obbligati a eseguirli che è coi politici che noi dobbiamo prendercela non con loro loro sono d'accordo che le cose cosi fanno schifo e che bisogna cambiarle perché anche loro capiscono che così non si può più andare avanti ma che noi non dobbiamo sparare addosso a loro ma a chi comanda davvero a chi è il vero responsabili della situazione il capoposto va avanti così e non la smette più

mentre continuava così mi sembrava di sentire le stesse motivazioni le stesse cose che dicevano i crumiri che facevano gli straordinari quando andavamo davanti alle fabbriche per fare i picchetti per non farli entrare ma qui c'era in più l'ingenuità con cui diceva quelle cose dove si capiva che non erano idee sue che erano idee che aveva preso parlando con dei compagni erano gli argomenti rozzi della propaganda di base le frasi fatte e tutto questo diventava le sue giustificazioni ma punto era il motivo perché mi faceva tutto questo discorso questo era il punto e evidentemente me lo faceva perché aveva paura di fare la fine di quel suo collega che era stato ammazzato e voleva tenersi buono chi direttamente o indirettamente poteva costituire per lui una minaccia

e io in quel momento per come stavano le cose avevo con come un rapporto di forza in mio favore io allora non conoscevo proprio niente del carcere ma cominciavo a intuire che quello era un altro mondo con altre regole e altre logiche che dovevo imparare il più in fretta possibile perché lì dentro insieme all'aria di merda di piscio di vomito annusavi anche un'aria di paura costante di minaccia di pericolo dunque era meglio essere cauti essere prudenti meglio un eccesso di prudenza che un errore che poteva avere conseguenze che non mi potevo immaginare sentivo istintivamente il pericolo anche nel discorso del capoposto magari era stato mandato li per sondarmi per vedere che tipo ero e come la pensavo e la cosa migliore da fare era allora non scoprirsi rimanere nel vago ma poi anche volendo cosa avrei avuto da rispondere a quel discorso del capoposto

mi sono quindi limitato a guardarlo che parlava finché ha smesso perché una guardia lo chiamava io speravo di non vederlo tornare ma quello aveva lasciato aperto lo spioncino e infatti un minuto dopo si è riaffacciato ma prima di lasciarlo riattaccare gli ho chiesto se poteva darmi dei fiammiferi perché mi avevano lasciato le sigarette ma senza fuoco non potevo accendere allora il capoposto mi dice che il regolamento vieta a quelli in isolamento di tenere i fiammiferi perché è già capitato che qualcuno ha dato fuori di testa e ha dato fuoco al materasso che è di gommapiuma e brucia in un attimo e fa un fumo che ti soffoca in pochi minuti e se capita di notte quando le chiavi delle celle sono su in rotonda si rischia un incendio che brucia tutti dentro le celle

quando vuoi accendere chiama le guardie picchia sullo spioncino e loro ti fanno accendere visto che il capoposto era così disponibile a darmi delle informazioni gli chiedo anche quanti giorni devo rimanere li in isolamento lui si stupisce della domanda non sapeva quanti giorni dovevo restare in isolamento sapeva solo che ero in isolamento giudiziario in attesa dell'interrogatorio e che prima di allora non potevo avere rapporti con nessuno né all'esterno né all'interno del carcere non potevo salire ai raggi né andare all'aria con altri nemmeno con altri che erano in isolamento come me e non potevo avere colloqui con l'avvocato e con i parenti fino all'interrogatorio e che siccome lo ero un politico l'isolamento era ancora più rigido queste erano le consegne che lui aveva ricevuto dai suoi superiori che a loro volta le avevano ricevute magistrati

e come per riprendere il discorso di prima mi fa ammiccante vedi che non siamo noi a mettervi in queste condizioni non le prendiamo noi queste decisioni hai capito chi è che le prende io gli chiedo quanto tempo passa in genere prima dell'interrogatorio col giudice e lui mi dice che può arrivare fino a quaranta giorni dal giorno dell'arresto io penso che non è passata nemmeno mezza giornata e sono già in questo stato non riesco nemmeno a immaginarmi quaranta giorni il capoposto mi fa accendere e poi io per fargli capire che non ho più voglia di parlare gli giro le spalle e vado verso la branda allora lui chiude lo spioncino e se ne va mi sdraio e fumo piano la sigaretta assaporando ogni boccata e senza neanche accorgermi mi addormento

mi risveglio ancora per lo spioncino che si apre di colpo una faccia grassoccia batte con una biro sulla porta e dice due volte spesa la guardia ha in mano un pezzo di compensato con appiccicata una lista di generi alimentari e altro io gli chiedo che cosa posso ordinare e lui mi dice che ne so un po' spazientito mi vengono in mente le sigarette e dell'acqua minerale e ordino quella roba li lui ha in mano un modulo con mio nome e il mio numero di matricola e scrive sigarette e acqua minerale e poi richiude lo sportello dicendo che mi porteranno la roba il giorno dopo lo mi rimetto un po' sul letto ma non riesco a riaddormentarmi allora mi alzo e picchio col palmo della mano sulla porta non arriva nessuno allora grido guardia guardia due o tre volte lo spioncino si apre e una guardia mi fa accendere con un accendino e poi richiude

quando lo spioncino si apre mi sembra per un attimo di non essere chiuso in quel buco e per un attimo mi fa sentire meglio la sera torna il detenuto che porta il cibo una pastasciutta scotta con un sugo rosso acido una forchettata con la forchetta di plastica e lascio lì tutto e mi rimetto a dormire nella notte si sentono ogni tanto delle urla dalle celle intorno si sente gente che chiama la guardia che non arriva la luce è rimasta accesa e mi picchia dritta negli occhi se sono sdraiato sulla schiena e mentre sono sveglio durante una conta che è la ronda che fanno a intervalli aprendo lo spioncino chiedo alla guardia di spegnere la luce ma quello dice che non è possibile che deve rimanere accesa di regolamento

una notte di dormiveglia con quella luce forte sempre accesa poi la mattina passa prestò la prima conta e poi il lavorante con il caffelatte annacquato e un pezzo di pane mezz'ora dopo mi aprono per l'aria le guardie fuori nel corridoio hanno ognuna un manganello lungo in mano e con quello una mi indica la porticina in fondo al corridoio prima di uscire mi chiede se voglio vuotare il bugliolo ma io dico di no mi fa schifo l'idea i prendere in mano quel secchio puzzolente mi infilo nella porticina seguito dalle guardie coi manganelli passiamo in una specie di tunnel stretto e in fondo si sbuca all'aperto in una specie di corridoio stretto tra due alti muri dove passa una sola persona per volta in fondo si apre un cortiletto di qualche metro quadrato circondato da alti muri

mi aprono l'ultimo cancello in fondo a sinistra e poi richiudono sopra c'è una grata di ferro e di là vedo un pezzo di un braccio del carcere con le finestre nascoste dalle bocche di lupo fuori da alcune bocche di lupo spuntano dei manici di scopa con legate le antenne della televisione penso che quelle sono le celle dove andrò dopo l'isolamento non so bene che differenza c'è ma comunque c'è la televisione non so da quanti anni non vedo la televisione ma adesso ho una grande voglia di vedere la televisione di vedere qualsiasi cosa delle immagini dei suoni qualsiasi cosa che viene da fuori di lì qualsiasi cosa con delle facce dei colori delle parole


 

 

 

 

 

30.

Nella sede ci venivano anche moltissime ragazze donne giovani e meno giovani studentesse operaie casalinghe che erano venute alle manifestazioni che si sono conosciute alle occupazioni e nella sede si sono prese una stanza per loro e hanno messo sulla porta un cartello stanza delle donne e guai a chi entra senza il loro permesso soprattutto quando fanno le loro riunioni e poi fuori fanno circolare materiale di controinformazione sulla sessualità sulla salute sulla riappropriazione del corpo sul salario domestico fanno un sacco di cose chiedono in comune di creare un consultorio autogestito martellano strade e piazze con la campagna per l'aborto libero e gratuito e una sera fanno irruzione in un cinema mentre si proietta i film pornografico e con le polaroid fotografano coi flash gli spettatori poi salgono nella cabina di proiezione e sequestrai le pizze del film

un'altra sera aspettano in gruppo per la strada un mezzo malavitoso coinvolto in una faccenda successa da poco un tentativo di stupro e gli saltano addosso in una ventina coi bastoni lo prendono a calci e a legnate un gruppo di suoi amici escono da un bar lì vicino e seguono la scena sghignazzando corriamo li anche noi maschi perché sapendo della cosa ci erravamo appostati non troppo lontano tenendo una reazione ma le donne agitano i bastoni incazzate contro i malavitosi e contro di noi e ci dicono di andare via che non hanno bisogno di farsi difendere da noi e il giorno dopo rivendicano l'iniziativa con un tazebao che attaccano sui muri dove c'è scritto riprendiamoci il diritto di vivere la notte

le donne in sede parlano sempre più tra di loro e se parlano degli uomini si capisce che non ne parlano come noi parliamo di loro in fondo da maschi le donne anche lì in sede sono sempre considerate delle donne cioè qualcosa di diverso e anche sulle donne che vengono lì in sede si fanno calcoli progetti pettegolezzi che sono i soliti che fanno tutti gli uomini e col passare del tempo le donne accentuano i loro momenti separati di riunioni di conversazioni separate e se qualcuno di noi si avvicina mentre loro stanno parlando lo cacciano dopo un po' noi ci incazziamo perché non capiamo che cosa vuole dire cominciamo a prenderle in giro e loro diventano aggressive si chiudono tra di loro si muovono in gruppo vanno via in macchina da sole confabulano e ci guardano male ma che cazzo è successo

una sera non si fanno vedere del tutto e per tutta la sera noi ne parliamo facciamo ipotesi pettegolezzi malignità poi si incarica Cotogno di indagare su Valeriana anche se non gli va troppo perché conosce meglio di noi Valeriana e infatti Valeriana lo tratta subito male appena lui prova a farle qualche domanda lo caccia gli dice di farsi i cazzi suoi e di smettere di fare la spia per tutti gli altri stronzi che poi saremmo noi anche Lauro e Lupino ci provano con Mora e Verbena stesso risultato e lo con China e finiamo per litigare panico generale passa qualche giorno e ne vediamo in sede un gruppetto che appendono su una parete un manifesto che indice una riunione di chiarimento per la sera dopo lo appendono con le puntine e lo scotch parlando tra di loro come se noi non ci fossimo

clima di guerra c'è chi propone di disertare la riunione ricambiando l'atteggiamento che loro hanno adottato negli ultimi giorni quelli accoppiati sono più perplessi cauti e timorosi ma gli altri sono più accesi tanto non hanno niente da perdere Cotogno in particolare è ammutolito Nocciola sbadiglia indifferente gli esce solo un cose da donne ogni tanto impazziscono che ci volete fare ma la riunione si presenta tesa quando arrivo loro sono già là tutte schierate minacciose sedute una di fianco all'altra nessuno di noi parla a voce alta nell'attesa beh era il caso di fare le cose in questo modo dice Gelso rompendo il silenzio e cercando di essere il più naturale possibile sì era il caso dice subito Menta perché ci avete rotto le palle con i vostri comportamenti da stronzi

quali comportamenti stronzi ci guardiamo tutti con aria sorpresa gli sguardi si incrociano è Menta che continua ci trattate come pezze da piedi e fate pure gli ipocriti i sorpresi ma da oggi è finita se non cambia piuttosto ce ne andiamo via e andatevene allora grida Ortica spazientito chi vi trattiene sì dice sempre Menta ma prima vogliamo chiarire quanto siete stronzi dei pezzi di merda nella media di tutti gli altri uomini anche se vi date arie di rivoluzionari e fate le avanguardie del proletariato ma nei rapporti con noi siete delle retroguardie a livello di mio padre e di mio nonno Lupino è sinceramente sorpreso ma cosa sta succedendo cosa è successo cos'è questa storia che maniera è di fare le cose di discutere sparite per una settimana e vi rifate vive con un manifesto riunione va bene e poi venite qui a dire che siamo degli stronzi tutti quanti veramente non capisco

Valeriana comincia a parlare e comincia guardando fisso Cotogno ci siamo incontrate separatamente noi donne da sole abbiamo fatto delle discussioni tra noi è cominciato così spontaneamente poi la cosa è diventata più seria è diventato un bisogno di tirare fuori tutto quello che avevamo dentro come abbiamo vissuto i rapporti con voi qui nel collettivo e fare i paragoni con i rapporti che avevamo avuto prima bene abbiamo scoperto che non c'è nessuna differenza essere compagni dovrebbe voler dire essere diversi dalla normalità essere migliori più avanti sul piano culturale e soprattutto umano ma voi non siete un millimetro più avanti degli altri uomini nel rapporto che avete con le donne

noi nelle nostre riunioni siamo riuscite a tirare fuori tutto è stato difficile bello a momenti ma anche brutto ci siamo raccontate cose particolari intime private come si usa dire le paure i sensi di colpa i complessi di inferiorità tutto quello che proviamo nei rapporti con voi con ognuno di voi poi in maniera particolare con gli uomini con cui stiamo è interrotta da Lauro deve essere troppo per lui si sì vi confessate tra di voi come si faceva col prete ma Mora non lo lascia continuare ma come fai a essere cosi rozzo sei rozzo come quando mi metti le mani addosso come quando mi scopi non ti sei mai accorto di quanto sei rozzo Lauro resta di ghiaccio si sente tutti gli occhi addosso ma Mora non ha finito

tu avanguardia degli operai che fai il ganzo sindacale perché lo so che preferisci fare i tuoi interventi da saputello nelle fabbriche dove ci sono le operaie cosi magari te ne scopi anche qualcuna dopo l'assemblea tu e il tuo socio Ortica perché invece di parlare solo delle 35 ore pagate 40 non ci parlate delle storie che succedono in fabbrica le palpate di culo le scopate nei cessi solo che una volta erano i capi che andavano a caccia nei reparti mentre adesso sono le avanguardie operaie come voi Lauro è terreo riesce appena a balbettare cos'è hai scoperto la liberazione femminista mettendo in piazza che ti scopo male ma allora perché non vai a farti scopare da qualcun altro visto che è la sola cosa che hai nel cervello

il braccio di Mora scatta come una molla un'arancia mezzo sbucciata che aveva in mano parte in direzione della faccia di Lauro ma la mira è sbagliata e l'arancia centra in pieno Aglio che gli sta dietro resta un attimo immobile nel silenzio generale tutti si aspettano che si incazzi ma lui si toglie solo di tasca un fazzoletto si pulisce velocissimo la faccia due colpetti col dito per mettere a posto i baffetti poi si alza e va in un'altra stanza adesso comincia a parlare Verbena comincia un po' tesa volevo dire che non è che i rapporti tra uomini e donne in fabbrica siano diversi da quelli che ci sono nel nostro collettivo è la stessa merda sono gli stessi ruoli e tu Nocciola è meglio che smetti di ridere in quel modo ironico perché è proprio meglio visto che per scopare vai a puttane e poi quando vieni qua fai quello che non ci bada a queste cose

io la interrompo mi spiace per Nocciola dico credo che non sia giusto offenderlo e mi sembra esagerato attaccare così personalmente la gente China deve avercela con me perché mi attacca subito anche tu è meglio che stai zitto tu sei quello che pensa sempre a altro la causa della rivoluzione davanti a tutti e il sesso viene dopo magari di nascosto sono convinta che tu ti scoperesti indifferentemente ognuna di noi pensando a altro alla ristrutturazione alla crisi al decentramento produttivo tanto non è importante noi siamo un gradino più in basso serviamo a quelle cose li come serviamo a fare andare il ciclostile e a distribuire i volantini ecco è il mio turno penso io che noia non fanno che ripetere tutte la stessa cosa mi alzo e esco dalla stanza non faccio neanche finta di essere offeso semplicemente me la batto

passano cinque minuti e arriva anche Cotogno che non ha assolutamente aperto bocca e resta in piedi davanti a me e a Aglio che siamo seduti silenziosi su due sedie arriva Ortica con Nocciola Ortica è esasperato secondo me bisogna dargli due sberloni a testa e Nocciola commenta magari sono diventate lesbiche ma Cotogno scuote la testa lo ho pensato che pensava a Valeriana e che aveva paura di come poteva andare a finire il suo rapporto ma poi mi sono reso conto tutti siamo resi conto che non si trattava solo di piccole storie personali si trattava di una storia molto più grande si trattava come l'abbiamo visto bene dopo di un trauma di un grande trauma di una grande rottura forse più grande di tutte quelle che stavamo facendo e che poi ci ha cambiati tutti


 

 

 

 

 

31.

A sinistra una guardia sta dentro un gabbiotto di vetri antiproiettile e sopra ci sono le telecamere puntate sugli spicchi in cui il cortile è diviso da robuste cancellate spicchi piccolissimi grandi non più delle celle sopra lo spicchio c'è una pesante grata di ferro in fondo sotto una piccola tettoia di cemento un rubinetto con un lavandino e un cesso alla turca sporco meglio comunque del bugliolo puzzolente adesso posso finalmente cagare anche se non in pace perché a pochi metri le guardie passeggiano oltre il cancello coi loro manganelli in mano e c'è quello nel gabbiotto e le telecamere puntate poi dal braccio del carcere che riesco a vedere da lì mi arriva qualche voce e capisco che li devono stare insieme nelle celle non sono soli come me

io non ho mai vissuto la solitudine o almeno non ho mai avuto il senso della solitudine e non mi immaginavo che il fatto che ti obbligano a stare solo a non vedere gli altri poteva essere una cosa dura brutta e deprimente ti mettono lì apposta per farti prendere paura per farti soffrire una solitudine forzata che tu non ti sei scelto che giustificano con la storia che così non inguini le indagini e puoi riflettere puoi pensare è un'ipocrisia di merda ti mettono lì per farti prendere paura per intimidirti per angosciarti per farti soffrire per farti assaggiare la loro forza di farti stare male senza che puoi farci niente puoi solo subire e se accenni a ribellarti ci sono le guardie là fuori coi loro manganelli che fanno girare tra le mani per farti capire cosa ti aspetta se rompi i coglioni

niente carta igienica e allora straccio il fazzoletto e mi pulisco con quello cammino avanti e indietro al posto di quattro passi e mezzo qui ce ne sono quasi sette ma almeno non c'è la puzza della cella la guardia col manganello si avvicina al cancello e picchietta con la chiave sulle sbarre per segnalare che il tempo è passato che è ora di rientrare tre quarti d'ora non sono lunghi e li mi sono sembrati ancora più corti mi hanno fatto fare l'ora d'aria presto prima degli altri per farmela fare completamente solo anche gli altri li chiudono ognuno in uno spicchio da solo ma gli fanno fare l'aria tutti insieme in due o tre turni

poco dopo che sono rientrato in cella il lavorante mi porta il caffelatte annacquato comincia un altro giorno un altro giorno uguale al primo segnato dalle stesse cose la conta delle guardie e il lavorante che ti porta da mangiare e la guardia che passa per la spesa del giorno dopo dopo pranzo improvvisamente ho sentito una voce che mi chiamava dalla finestra di fianco era un ragazzo che stava di fianco a me e che poi non l'ho nemmeno mai visto in faccia sentivo solo la sua voce solo che in un primo momento quando mi faceva delle domande chiedendomi perché ero finito in carcere io ero timoroso stavo sulle mie perché non mi fidavo pensavo che poteva essere uno che mi avevano messo lì apposta per farmi chiacchierare

però il dubbio poi mi è passato perché mi è sembrato uno del tutto spontaneo mi ha dato subito una serie di informazioni mi ha detto che ha capito che era la prima volta che finivo in carcere e per questo ha capito che era importante darmi delle informazioni spiegarmi come funzionavano lì le cose perché più hai informazioni più ti senti sicuro mi ha detto di non preoccuparmi mi diceva il carcere non è così questo non é il carcere normale perché sopra si può fare la pastasciutta e si può cucinare quello che si vuole si hanno tutti i libri che si vogliono si sta in cella con gli altri insomma mi ha spiegato cosa c'era sopra e poi mi ha dato anche del consigli giuridici mi ha detto che dopo l'interrogatorio del giudice istruttore avrei potuto fare i colloqui con l'avvocato e anche con i familiari

e mi ha detto che se non ero sposato e volevo fare il colloquio con la mia compagna avrei potuto fare il certificato di convivenza e come si faceva a farlo e tutte queste cose insomma nessuna guardia è intervenuta per farci stare zitti parlare e questo mi ha stupito abbastanza poi qualche giorno dopo è riuscito anche a passarmi un libro tramite il lavorante che portava da mangiare mi ricordo che era un romanzo tipo serie nera sesso e pistole però questo libro era tutto scritto in francese e io non sapevo il francese e lui si è stupito che non sapevo il francese mi ha detto ma come voi politici siete tutti professori e tu non sai il francese allora sai l'inglese no gli ho detto non so neanche l'inglese è stato zitto un momento era molto meravigliato che non sapevo le lingue

poi quella sera per la prima volta succede una storia che poi vedrò ripetersi decine di volte dentro la galera sento vociare con insistenza dentro una cella erano forse le sei o le sette uno alza la voce dice frasi che non riesco bene a capire sento però che chiama le guardie continua a chiamare guardia ma evidentemente la guardia non arriva perché questo continua a chiamare con insistenza con un'insistenza che innervosisce è impossibile che la guardia non senta perché io sento i suoi passi che vanno su e giù la voce si alza sempre di più e diventa un grido seguito da insulti poi questo dentro la cella comincia a picchiare coi piedi probabilmente contro la porta perché fa un grande rumore contro la blindata che rimbomba nel corridoio

questo urla picchia bestemmia e chiama forse sta male chiama la guardia forse perché sta male sono impressionato e incerto se devo fare qualcosa non sento altro rumore che quello che fa questo e sento che tutti gli altri devono stare zitti perché non sento altre voci altri rumori dalle altre celle sono indeciso istintivamente penso che dovrei mettermi anch'io a picchiare perché se quello chiama con tanta insistenza ci sarà bene una ragione ma sono sorpreso che nessun altro lo fa mentre sono lì indeciso se cominciare anch'io a picchiare sulla blindata sento uno scalpiccio veloce nel corridoio di passi che corrono veloci molti passi come un gruppo di persone che corre lungo il corridoio è facile immaginarseli perché il corridoio è vuoto e tutti i rumori rimbombano amplificati

poi lo scalpiccio si ferma qualche cella dopo la mia e sento aprire la porta le urla di questo aumentano ma adesso sono urla diverse sono come urla di paura ma continuo a non capire cosa dice poi sento dei rumori confusi delle urla fortissime di dolore e di colpo capisco che lo stanno picchiando adesso insieme alla voce che urla sempre più forte sento altre voci e colpi sordi contro i muri come se picchiassero contro i muri lo stanno picchiando non c'è dubbio la cosa dura tanto o almeno a me pare che duri tanto perché tutti quei rumori che sento mi fanno pensare che continuano ancora a picchiarlo che non smettono più di picchiarlo e che sono in tanti a picchiarlo e mi immagino lí un gruppo di guardie a picchiare uno dentro quel buco a picchiarsi tra di loro per picchiarlo dentro quel poco spazio che c'è

poi i rumori e i colpi finiscono di colpo sento parlare a alta voce due o tre voci che parlano tra loro insieme e un lamento continuo poi sbattere il cancello e la porta con un colpo fortissimo che rimbomba nel corridoio poi più niente per qualche istante poi dei rumori metallici sono gli spioncini che vengono aperti per qualche secondo e poi sbattuti stanno facendo il giro delle celle e aprono gli spioncini sento quello prima del mio poi si apre anche il mio io sono davanti al cancello davanti allo spioncino sono rimasto lì immobile dal primo momento da quando ero indeciso se picchiare anch'io sulla blindata o no sono rimasto lí immobile a aspettare

lo spioncino si abbassa una faccia una faccia giovane e scura con gli occhi sbarrati stravolti che in un primo momento mi pare quella del capoposto ma non è il capoposto è un altro anche lui con la pelle scura e gli occhi neri ma più giovane la faccia tutta sudata guarda dentro per un attimo sconvolta eccitata del pestaggio mi guarda dritto negli occhi per un secondo con gli occhi stravolti poi sbatte subito lo spioncino mi sale un odio con il sangue nella testa mi sale la sensazione una sensazione che non avevo mai provato una sensazione di odio un desiderio violentissimo di uccidere di volerlo uccidere subito immediatamente di una cosa che non sapevo ma che era un desiderio violentissimo di volere schiacciare di volerla pestare quella faccia di ammazzare

mi sentivo male c'è stato poi subito anche lo sconforto come un sentirsi stanchi come una grande stanchezza deprimente che non mi faceva più stare in piedi che mi faceva le gambe molli mi sono sdraiato sul letto le scritte si confondono tutte insieme un intrico di segni indecifrabili e confuso con le macchie di umidità con le bolle dell'intonaco scrostato con le crepe del pavimento con la luce forte che picchia negli occhi mi giro sul fianco con la faccia verso il muro e davanti agli occhi ci sono le macchie marroni quegli schizzi e quelle virgole sull'intonaco giallastro e umido e non ho più dubbi adesso su cosa sono di cosa sono tutte quelle macchie quel colore adesso so cos'è quelle macchie marroni schizzate dappertutto sui muri della cella


 

 

 

 

 

 

32.

Nelle celle d'isolamento spesso la gente non ce la fa più a resistere e allora si fa del male perché una volta che sei cacciato lì solo dentro quel buco ferirti procurarti delle ferite diventa la sola arma che hai per attirare su di te l'attenzione per poter stare contro la lunghezza dell'isolamento per ottenere che il magistrato ti interroghi c'è chi riesce a procurarsi una lametta e si taglia c'è chi ingoia pezzi di vetro pezzi di ferro chi si spacca le dita e cose di questo genere le forme di autolesionismo sono tante e fantasiose ognuno deve arrangiarsi con quello che ha o che riesce a procurarsi c'è chi sbatte la testa contro il muro sembra impossibile crederci ma c'è proprio chi prende la rincorsa e sbatte la testa contro il muro si spacca la testa così perché è l'unico modo c'è chi fa l'autolesionismo perché è depresso o spesso anche solo per farsi curare se è malato e non viene curato

oppure c'è chi fa l'autolesionismo per evitare un pestaggio delle guardie ci si fa male in anticipo per limitare le botte delle guardie che arrivano lì per massacrarti e ti vedono giù pieno di sangue così si limitano perché hanno paura che uno già ferito se lo pestano può rimanerci e allora per forza ci sono le indagini e possono capitare dei guai mi vengono in mente i racconti che facevano per guadagnarsi qualche giorno di malattia Pepe si era fatto sbattere una portiera della cinquecento su una mano da Olivo anche Ortica raccontava che una volta si era rotto un mignolo della mano col classico sistema del militari di leva anestetizzandosi il dito col gas dell'accendino e poi infilandolo nel collo di una bottiglia di cocacola si prende la bottiglia con l'altra mano e la si rovescia indietro con un colpo secco così il dito si rompe e non senti male poi vai dal medico e ti fai dare i giorni

a me sembravano racconti pazzeschi ma poi mi sono reso conto anch'io quando sono andato a lavorare in fabbrica di come stavano le cose io non avevo mai lavorato finora ma adesso del nostro gruppo di affinità l'unica che lavorava era rimasta Valeriana e soldi non ci bastavano per la casa Cotogno aveva perso il posto faceva l'elettricista ma non andava d'accordo col suo padrone perché questo pretendeva di averlo sempre disponibile anche per lavorerei fuori orario la sera e anche il sabato poi la cosa era degenerata quando Cotogno durante un lavoro in un negozio di elettrodomestici si era portato a casa un televisore a colori il padrone del negozio non aveva prove però ne ha parlato col padrone di Cotogno che con un pretesto lo ha licenziato

Valeriana lavorava all'ospedale già da due anni finito il liceo non aveva trovato altro che quel lavoro all'ospedale come infermiera ma in realtà le facevano fare le pulizie le facevano lavare i pavimenti e la biancheria si era iscritta a lettere all'università ma non aveva mai frequentato né dato un esame ne aveva le palle piene di fare quel lavoro e non vedeva l'ora di mollarlo ma China andava ancora al liceo e così toccava a me e a Gelso darci un po' da fare ci siamo messi a distribuire depliant pubblicitari di una società ammobiliare avremmo dovuto fare quartieri interi infilando i depliant dentro le cassette delle lettere una paga di merda facevamo mezz'ora a distribuire e poi buttavano i pacchi ancora incartati dentro i sacchi della spazzatura poi passavamo la sera nell'ufficio della società a prendere i soldi

dopo qualche giorno si sono accorti che non li distribuivamo e non ci hanno dato più il lavoro facevano dei controlli mandavano in giro qualcuno a controllare se i depliant erano stati distribuiti e telefonavano un po' a casaccio nelle case per verificare a noi non ce ne fregava niente dopo di noi sarebbero arrivati altri e avrebbero fatto la stessa cosa allora io ho avuto l'occasione di lavorare nella fabbrica di celluloide perché avevo un parente che ci aveva lavorato fino alla pensione e li le assunzione erano fatte coi criterio della parentela la direzione assumeva solo delle persone che avevano un parente che lavorava lì da anni in genere era il padre che già lavorava li da una vita e allora si assumeva il figlio così c'era maggiore garanzia maggior controllo maggiore possibilità di ricatto

ma questo criterio di assunzione non valeva per tutti i reparti della fabbrica la direzione usava questo criterio solo nel reparti che considerava centrali poi c'era il settore della semplice produzione quello del lavoro più massacrante nel quale mettevano in conto un ricambio naturale e quindi in questi reparti assumevano manodopera dequalificata soprattutto giovani meridionali che sapevano già di entrarci per qualche mese e poi licenziarsi perché era un lavoro insopportabile molto nocivo e con ritmi impossibili da reggere e era il lavoro che facevano sulle calandre che erano enormi macchine formate da una specie di grande imbuto in alto che convogliava i blocchi di celluloide scaldati a alta temperatura dentro due enormi rulli d'acciaio che giravano verso l'interno facendo venire fuori in basso le lastre di celluloide

il reparto dove lavoravo lo invece era il reparto sperimentazione si chiamava così e era un po' il cuore della fabbrica dove si sperimentavano i prodotti nuovi si facevano i prototipi insomma li si producevano montature per occhiali e pettini la sperimentazione riguardava i diversi colori da dare alla celluloide del pettini e delle montature per occhiali era considerata una cosa prestigiosa lavorare in quel reparto non solo perché i ritmi non erano quelli massacranti della produzione ma soprattutto perché si lavorava a fianco dei tecnici e degli ingegneri e questo era motivo di orgoglio per quei vecchi operai che nel lavoro ci credevano e lavoravano tutti come scemi erano tutti vecchi gli operai in quel reparto ce n'erano solo due giovani come me

io non sapevo bene cos'era quella fabbrica la vedevo dall'esterno come una cosa mostruosa enorme e sporca che scaricava fumi nell'aria e liquidi puzzolenti nel fiume che gli scorre di fianco l'impressione che ho avuto la prima mattina di lavoro è stata dura c'era questa storia di alzarsi che faceva ancora buio perché era inverno di prendere l'autobus che passava nei paesini a raccogliere gli operai e poi la sosta davanti ai cancelli la fila che entrava in una specie di tunnel e poi timbrare il cartellino e mi hanno indicato dove dovevo andare e già lì subito mi è venuto voglia di andarmene via di girare le spalle e via uscire di lì e andarmene quando ho visto il mio reparto una specie di corridoio lungo e stretto senza finestre c'erano solo del grandi lucernari in alto e una puzza tremenda di solventi toluolo benzina eccetera

gli operai avevano tutti dei grembiuli neri tranne il caporeparto che aveva un grembiule bianco e che stava nel suo ufficio in fondo al corridoio chiuso da una vetrata da dove poteva vedere controllare tutto il reparto il caporeparto mi ha fatto vedere le macchine mi ha detto di comprarmi un grembiule nero e di guardare per i primi giorni quello che facevano gli altri operai per farmi un'idea del lavoro e così ho cominciato a guardarmi in giro sfruttando tutte le occasioni che avevo per uscire dal reparto per andare a prendere del materiale eccetera e vedere come era fatta la fabbrica c'erano questi grandi corridoi scuri con delle diramazioni che di colpo sbucavano nel reparti di produzione dove c'erano rumori assordanti un clima irrespirabile un caldo una puzza impossibile pensavo per la gente che ci lavorava

ho scoperto anche che in un cortile interno c'era una porta che dava in un piccolo locale di quattro metri per quattro dove gli operai andavano a fumare perché i materiali usati erano altamente infiammabili e allora la direzione permetteva agli operai di andare lì ogni tanto a fumarsi una sigaretta era un locale senza neanche una finestra e il fumo delle sigarette lo riempiva che non ci si vedeva neanche in faccia c'era solo qualche panca contro i muri scrostati ci venivano per lo più i vecchi operai con le loro facce consumate e rassegnate non si scambiavano neanche una parola fumavano la loro sigaretta in quel locale tossico e pieno di fumo e poi tornavano nel reparti che avevano una nocività altissima perché le sostanze usate erano tutte cancerogene soprattutto i coloranti e lì dopo che andavano in pensione tutti morivano di cancro dopo qualche anno

dopo il periodo di prova il lavoro che mi hanno dato da fare insieme agli altri due giovani era una cosa demenziale ci hanno portato in un locale dove c'era una grande vasca contro una parete la vasca di ferro era piena d'acqua che bolliva scaldata da fornelli a gas che correvano sotto la vasca sopra la vasca c'erano del cerchi di ferro dove bisognava infilare le ampolle di vetro con dentro il solvente e il colore in polvere preparato dal tecnici dall'ampolla chiusa con un tappo di sughero partiva un tubo di gomma che finiva in una serpentina di vetro ci hanno dato del guanti di gomma fino ai gomiti perché dovevamo ogni tanto agitare l'ampolla sulla vasca d'acqua bollente per aiutare il colore a mischiarsi bene

la parete dietro alla vasca era tutta rossa e il vecchio operaio che ci ha portati li ci ha detto sghignazzando che era scoppiata un'ampolla qualche mese prima e quello che la teneva in mano va in giro ancora adesso dipinto di rosso perché il colore è indelebile lo ho preso in mano l'ampolla di vetro e dovevo stare attento a non farla urtare contro il cerchio di ferro o il bordo della vasca perché se no scoppiava e dovevo anche stare attento a non piegare il tubo di gomma perché se no la pressione del liquido non aveva sfogo e scoppiava tutto lo stesso e ogni volta che tiravo fuori un'ampolla per agitarla sudavo freddo appena la agitavo il liquido schizzava su per il tubo e riempire tutta la serpentina fino al livello massimo e se lo superava scoppiava tutto lo stesso

dopo qualche giorno ho pensato bene di farla finita con quella storia ci siamo procurati un po' di colorante e lo aggiungevamo a ogni formula che ci davano e così i colori alla fine risultavano tutti sbagliati e il danno era grosso perché ogni formula sbagliata erano un sacco di soldi che volavano via in quel periodo c'era un casino generalizzato dappertutto nelle fabbriche e fuori nelle città strade intere s'incendiavano al passaggio di cortei di decine di migliaia di persone scontri violentissimi con la polizia armerie svaligiate fabbriche e università occupate cacciata di sindacalisti era chiaro che il minimo che si poteva fare in quella fabbrica di mummie era un po' di sabotaggio e poi andarsene e così una mattina abbiamo smesso di andarci e in poco tempo anche tutti i giovani che lavoravano in quella fabbrica se ne sono andati via uno dopo l'altro preferivano fare i disoccupati che crepare lì come i loro padri


 

 

 

 

 

33.

Dopo dieci giorni di isolamento è arrivato un brigadiere e mi ha detto di rare la mia roba perché mi trasferivano di sopra al braccio e appena sono stato portato di sopra e mi hanno aperto questo portone che dava sul corridoio del braccio immediatamente ho capito che lì al braccio la situazione era completamente diversa ho sentito un baccano incredibile il tutte le blindate delle porte delle celle erano aperte anzi allora non erano nemmeno blindate erano semplicemente porte di legno pesanti le porte di legno erano aperte e erano chiusi solo i cancelli delle celle c'era un grande movimento un grande chiasso e vedevo dietro i cancelli gente che si faceva da mangiare che giocava a carte insomma c'era molto movimento molto chiasso e questa era la cosa che più mi ha impressionato dopo dieci giorni di isolamento

c'era il vociare dei detenuti e c'era la televisione tutte le televisioni accese in tutte le celle a altissimo volume sentivo le sparatorie del western spaghetti che le televisioni private trasmettono a ogni ora del giorno e della notte una delle caratteristiche del comuni che ho scoperto subito è che vivevano la notte perché stavano svegli tutta la notte a giocare a carte giocavano a soldi e i pagamenti poi venivano regolati fuori dagli amici e famigliari perché in carcere non si possono tenere soldi stavano svegli tutta la notte a giocare a soldi con le televisioni accese al massimo e poi dormivano di giorno mettevano con lo scotch dei giornali alle finestre e sopra ci mettevano delle coperte e così nelle loro celle non c'era mai la luce del giorno se gli serviva la luce accendevano le lampadine

erano del veri coatti in carcere si usa questo termine coatti per definire questi comportamenti questa maniera di vivere la carcerazione questo stile che poi si esprime anche attraverso l'abbigliamento il coatto classico è quello che sta sempre con l'accappatoio o la tuta o il pigiama anzi la tuta è già una cosa più elegante questi erano sempre con il pigiama e l'accappatoio scendevano all'etra sempre così pantaloni del pigiama con sopra l'accappatoio ciabatte con le calze senza radersi mai mentre nella giornata del colloquio si trasformavano perfettamente rasati lo shampoo colonia e dopobarba il vestito elegante camicia bianca e cravatta qualcuno anche con il doppiopetto gessato e le scarpe di vernice lucidissime si vestivano così per il colloquio con la moglie la famiglia mentre il resto della settimana stavano in pigiama

sono stato portato in questo braccio mi hanno portato fino al cancello della mia cella che era un camerone in cui c'erano già tre compagni tre politici mentre nella cella vicina c'erano altri due compagni eravamo in tutto sei politici in quel braccio di comuni ma l'aria non la facevamo insieme noi facevamo l'aria a un orario diverso da quello dei comuni appena entrato nella cella la cosa che mi ha colpito era la quantità di oggetti che era accumulata nella cella che a differenza della cella d'isolamento era una cella arredata e c'erano accumulati viveri e vestiti dappertutto era una cella molto colorata le pareti erano di colore azzurro le avevano colorate di azzurro che mi sembrava un colore stranissimo per la cella di un carcere

sono entrato in questa cella dove c'erano questi compagni che mi hanno visto un po' sballottato mi hanno fatto subito il caffè e poi hanno preparato subito da mangiare in cella dei ravioli in brodo erano praticamente dieci giorni che mangiavo solo il cibo schifoso del carcere e i ravioli mi sembravano buonissimi i compagni si informavano su quello che mi era capitato e mi hanno dato del consigli legali mi hanno dato l'impressione di conoscere un sacco di cose che io proprio non conoscevo avevano in cella anche un codice penale e ogni tanto lo consultavano quando non si trovavano d'accordo su qualcosa e poco a poco mi hanno aiutato a capire come funzionava il meccanismo carcerario mi indicavano le guardie più morbide e quelle più carogne e il modo di comportarmi secondo le circostanze

in quel braccio ho cominciato anche a capire che tipo di rapporto c'è tra noi e i comuni o almeno i comuni di quel braccio perché non è che tutti i comuni sono uguali e lì i comuni attraverso le richieste che ci facevano attraverso il lavorante o gridandoci dalle celle ci chiedevano in continuazione di tutto ci chiedevano roba da mangiare sigarette di tutto in continuazione e i compagni della mia cella mi hanno spiegato che questi comuni avevano la convinzione che noi avevamo più soldi di loro perché eravamo per loro una grande famiglia perché ragionavano io sono un piccolo delinquente senza soldi e qui in carcere mi tocca magari fare storie incredibili per mangiare e per fare avere dei soldi alla famiglia per l'avvocato eccetera

mentre voi siete una grande famiglia avete la solidarietà e il sostegno materiale di tanta gente fuori perché quando vi arrestano la gente fa le manifestazioni per voi firma appelli fa casino raccoglie soldi per voi e ve li manda in carcere e avete gli avvocati che sono vostri amici che pagate poco o che addirittura non pagate niente e tutte queste sono cose che noi non abbiamo e a voi i soldi non mancano mai quindi se vi chiediamo le sigarette non dovete avere nessuna difficoltà a darcele insomma quello che chiedevano era di partecipare anche loro indirettamente a tutta questa solidarietà che vedevano che noi avevamo chiedevano attraverso qualche segno che questa solidarietà arrivasse in parte anche a loro

un'altra funzione che ci chiedevano era quella di scrivani per la compilazione di richieste di colloqui di permessi di trasferimenti di sconto pena di semilibertà istanze di tutti i tipi che inviavano in continuazione al magistrati ai giudici alle corti agli avvocati alla direzione del carcere al ministero eccetera e ci chiedevano anche di scrivere le lettere alle fidanzate e alle mogli se non lettere intere almeno delle idee o delle belle frasi delle poesie perché noi avevamo la cultura eravamo gente che aveva studiato io qui in carcere mi sono accorto dell'importanza di scrivere prima praticamente non avevo mai scritto delle lettere non l'avevo mai considerato un mezzo di comunicazione e adesso invece era l'unico modo insieme al colloquio settimanale se vuoi conservare del rapporti se vuoi portarli avanti

una volta lì mi è capitato che uno mi ha chiesto di scrivere a delle donne aveva trovato gli indirizzi negli annunci di qualche rivista c'erano anche dei magnaccia in questo braccio che da dentro mandavano avanti il loro lavoro cercando di costruirsi delle nuove relazioni e scrivevano alle donne nella prospettiva di vederle poi fuori facevano la domanda alla direzione per potersi fare fotografare col doppiopetto gessato o si facevano mandare da casa una fotografia dove stavano elegantissimi col piede appoggiato alla ruota del macchinone rosso fiammante per mandarla con la lettera e ci chiedevano di inventargli una storia della loro vita una biografia molto avventurosa noi però questo tipo di richieste non le abbiamo mai soddisfatte

un'altra cosa era per esempio che i lavoranti lì dentro noi politici ci riempivano di favori c'era il lavorante della lavanderia che si offriva di lavare la nostra roba personalmente perché anche lui ci considerava dei detenuti privilegiati a cui era bene fare del favori poi c'era il lavorante che faceva il panettiere e che faceva un pane schifoso sempre o troppo cotto o troppo crudo ma a noi in più ci dava la pizza la focaccia che lui cucinava a parte anche per i brigadieri e i marescialli per farseli amici o in cambio di favori perché lui ragionava con la logica della gerarchia e aveva individuato nel nostro braccio noi politici come quelli più importanti e ci offriva le pizze però gente così il più delle volte è infame è gente che la direzione usa per avere informazioni è gente di merda ruffiani spinosi viscidi infami

ma quello che più di tutto mi aveva colpito in quei primi giorni in questo mondo del carcere che stavo scoprendo è stata la televisione lo erano anni che non vedevo la televisione se non il telegiornale mentre lì ho cominciato a subire la televisione perché si tratta proprio di subirla di bersela tutta ventiquattro ore su ventiquattro e all'inizio la subisci e basta senza nessun criterio di scelta te la vedi tutta indiscriminatamente perché ti dà l'illusione di sentire di meno il tempo di distrarti però dopo un po' di tempo ti ritrovi conciato come tiri cretino ti ritrovi rincoglionito completamente e se poi spegni la televisione credi di stare peggio perché non sai più come fare a fare per fare passare il tempo


 

 

 

 

 

 

34.

Nella sede i picchetti contro gli straordinari del sabato erano diventati una pratica sistematica e a farli non ci andavano solo gli operai direttamente interessati ci andavano un po' tutti e le prime volte ci si divertiva anche tutti li davanti alle fabbriche alle sei del mattino con la grappa la musica e i fuochi dei copertoni ma poi dopo i primi mesi sono scoppiate le prime contraddizioni abbiamo cominciato a chiederci ma chi ce lo fa fare a stare qui a parlare con questi stronzi rincoglioniti dal lavoro che stanno a ascoltarci solo perché hanno paura del picchetto più che del padrone e che la volta dopo se non ci sei riprendono ancora con li straordinari non si può mica andare avanti all'infinito a spiegargli all'infinito che se fanno gli straordinari fregano i disoccupati fanno passare la ristrutturazione il decentramento produttivo ripetere tutto all'infinito come un disco rotto

così è finita che non ci siamo alzati più alle sei di mattina per fare i picchetti è finita che con quattro o cinque macchine alle dieci o alle undici facevamo il giro delle fabbriche e se vedevamo che si lavorava cominciavamo subito col fare svenire tutte le vetrate a tiro utile e se poi riuscivamo a mettere le mani sulle macchine degli stronzi che lavoravano o sui camion della fabbrica tanto meglio si faceva più in fretta e ci si divertiva di più e si facevano più danni e gli operai e i padroni dovevano fare i loro conti se guadagnavano di più coi loro straordinari del sabato di quello che gli sfasciavamo noi poi naturalmente il sindacato faceva i suoi comunicati di condanna e i carabinieri si mettevano a fare le ronde contro di noi solo che loro potevano impiegare un solo pullmino in una zona dove ci sono duecento fabbriche e così dopo un mese finisce lo straordinario in quella zona

le notizie delle lotte che arrivano dalle grandi città del sud dove i disoccupati si sono organizzati fanno nascere nella sede un altro collettivo appunto di disoccupati la maggioranza del collettivo non è costituita da disoccupati veri e propri piuttosto si tratta di precari che fanno lavori saltuari o il lavoro nero nei laboratori o a domicilio ci sono molti che hanno scelto volontariamente di rinunciare al posto fisso e di lavorare solo lo stretto necessario per vivere e poi ci sono ovviamente anche del diplomati e anche qualche laureato anch'io partecipo al collettivo disoccupati perché dopo che ho lasciato la fabbrica di celluloide sono un vero disoccupato le prime riunioni che facciamo sono incasinatissime perché è difficile avere un'identità precisa di quello che si è dato che ci sono tante differenze

e allora l'idea che ci viene è quella di cominciare un'indagine sull'organizzazione produttiva del territorio raccogliamo informazioni attraverso i compagni delle fabbriche ordiniamo i dati e intanto un compagno che lavora in comune ci procura un'enorme mappa eliografata della zona che appendiamo a un muro della sede e ci segniamo con colori diversi le diverse articolazioni della produzione che dalle grandi multinazionali si snodano alle fabbrichette al covi del lavoro nero e alla rete dei mezzani che l'organizzano che distribuiscono il lavoro alle famiglie e a domicilio e che permettono ai padroni un enorme sconto sul costo del lavoro la possibilità di pagare dieci volte meno il lavoro col vantaggio anche di potere ristrutturare bloccando le assunzioni e di potere continuare a produrre anche in caso di sciopero

lanciamo una campagna di propaganda in tutti i paesi della zona sputtaniamo con manifesti i mezzani scrivendo nomi e cognomi e poi decidiamo di fare anche le ronde contro l'organizzazione del lavoro nero come prima le facevamo contro gli straordinari la prima volta siamo andati in uno di questi scantinati dove si faceva il lavoro nero in una ventina con i fazzoletti rossi sulla faccia e qualche bastone perché non si sapeva mai China ha preso la bomboletta e ha scritto sul muro chiudiamo i covi del lavoro nero quelli che lavoravano lì facevano pena si sono spaventati a morte salvo un vecchio pensionato che non ha mosso dito è rimasto seduto immobile come se non stesse succedendo niente facendo finta di niente

c'era una incinta invece che si è messa a urlare perché pensava che eravamo rapinatori Valeriana e China hanno cercato di spiegarle cosa facevamo e cosa volevamo ma questa non capiva niente faceva sì con la testa ma non capiva niente lo si vedeva dalla faccia pallida e dagli occhi sbarrati che aveva c'erano due ragazzini che hanno capito subito che non ce l'avevamo con loro e hanno detto che il padrone non c'era che era sempre in giro per lavoro io e Nocciola abbiamo squarciato coi coltelli gli scatoloni di materiale plastico e gettato dappertutto interruttori viti e prese di plastica poi abbiamo detto ai ragazzi di dire al padrone di farla finita col lavoro nero o la prossima volta lo scantinato andava in fumo e così abbiamo cominciato le ronde contro i covi del lavoro nero

ma intanto c'era un altro problema che ci stava venendo addosso tutto d'un colpo era quello dell'eroina che si stava diffondendo a macchia d'olio e anche nel movimento cominciava a fare presa ne abbiamo discusso e ridiscusso per giorni e giorni è chiaro che fa comodo al potere questa situazione che già conta un sacco di morti e di zombi che si trascinano intorno alle fontanelle delle piazze con la siringa e il cucchiaino è chiaro che l'eroina in genere incula i più ribelli e i più insoddisfatti quelli che più rifiutano questo sistema e non riescono più a sopportarlo con l'eroina ci viene semplicemente offerto uno sbocco individualistico e autodistruttivo alla voglia di cambiare alla rabbia che abbiamo dentro

il fatto che l'eroina dilaghi nel proletariato giovanile rappresenta una potenziale sconfitta perché dilaga proprio sullo stesso terreno del bisogni della volontà di cambiare la vita quelli che si bucano vivono esattamente i nostri stessi problemi uno si buca perché non ce la fa più e perché non crede più che si possa lottare per una vita diversa per cui non dobbiamo assolutamente emarginare chi si buca e nemmeno delegare il problema alle istituzioni sarebbe un'illusione e sarebbe il pretesto per aumentare il controllo su di noi per reprimerci di più la principale arma che abbiamo è la solidarietà e dobbiamo usarla di più verso quelli che stanno peggio

ma intanto abbiamo pensato anche che era utile cominciare a fare delle ronde contro i covi della droga abbiamo individuato un bar dove si spacciava l'eroina e sapevamo che anche il padrone di questo bar era ammanicato nella faccenda perché dal traffico ricavava la sua bella fetta di torta e così quel bar siamo andati una notte lo China Nocciola e Ortica a bruciarlo avevamo preparato quattro bottiglie le avevamo fatte bene con cura perché ci tenevamo che bruciasse proprio tutto avevamo sciolto del polistirolo espanso nel solvente alla nitro e l'avevamo aggiunto con dell'olio bruciato alla benzina che così non brucia in un attimo ma si forma una pappetta che si attacca alle cose anche ai muri e brucia per un sacco di tempo dove si attacca

siamo arrivati sul posto all'una di notte il bar era chiuso Ortica con una mazzetta da muratore ha dato una gran botta alla vetrata e si è sentito un fracasso d'inferno e Ortica dallo slancio è finito dentro il bar con tutti i vetri che gli cadevano addosso ma non si è tagliato China gli ha detto dai dai vieni fuori in fretta e ha acceso gli antivento della sua bottiglia Ortica è uscito saltellando e China ha lanciato c'è stato un botto soffocato una fiammata che ha illuminato tutto l'interno del bar abbiamo lanciato le altre bottiglie senza neanche accendere gli antivento tutto è diventato rosso poi una nuvola densa di fumo nero ha cominciato a uscire piano piano dalla vetrata rotta siamo corsi via è bruciato tutto in quel bar non è rimasto più neanche un bicchiere più niente

intanto era venuta l'estate e ci si preparava a partire per le vacanze si partiva per il sud al mare in gruppi di macchine ci sì fermava in posti a caso ci restavamo finché ci andava e poi ripartivamo per un altro posto conoscevamo altra gente come noi altri compagni che fanno le stesse cose che parlano anche loro del movimento nessuno partiva solo nessuno stava più solo anche le coppie non stavano più sole era diventato normale ci si muoveva in carovana tutti insieme anche solo per andare su un prato la domenica e tutte le sere ci si trovava tutti insieme nella sede il grosso arrivava dopo cena e quando si arrivava davanti alla sede c'era sempre la solita scena il grande fascio di luce che attraversa la strada le macchine le moto i motorini del compagni che ingombrano tutta la strada la gente a gruppi per la strada e intorno alle panchine

un via vai continuo una grande animazione rumori di macchine che partono e che arrivano la musica delle autoradio ferme lì davanti e la musica che esce da dentro la sede la musica strimpellata delle chitarre i suoni dolci dei flauti i fischi del pifferi il tamburellare ritmico del bonghi ogni sera ci sono facce nuove ogni sera cose nuove da vedere da sentire da fare il giro del saluti il giro delle stanze i tazebao e i volantini freschi da leggere le notizie le informazioni i commenti da scambiare le riunioni da fare l'assemblea generale gli attacchinaggi di manifesti in carovana le discussioni gli scazzi l'impaccio e la timidezza del nuovi venuti la sicurezza del vecchi compagni l'arrivo del pazzo o dell'alcolizzato

intorno alla sede le strade sono percorse continuamente da gruppi di compagni la sera è animata vivace chiassosa per i nostri rumori le grida i canti la musica e colorata dal nostri giacconi le sciarpe le gonne i cappelli i muri sono ininterrotti graffiti disegni e scritte che si mescolano si sovrappongono su tutti i muri contro i padroni contro il lavoro nero contro tutti i lavori contro il ghetto contro il clero contro il sindaco contro il sindacato contro i partiti contro la giunta contro i maschi contro l'eroina contro i fascisti contro gli sbirri contro i giudici contro lo stato contro la miseria contro la repressione contro la galera contro la famiglia contro la scuola contro i sacrifici contro la noia


 

 

 

 

 

 

35.

Pochi giorni dopo il mio arrivo ho fatto il mio primo colloquio con i famigliari sono venuti mio fratello e mia madre perché mio padre era malato mio fratello aveva un messaggio dì China che gli aveva detto dì riferirmi che l'avvocato era ottimista perché si poteva provare che io e anche China in quella casa del notalo non ci avevamo veramente abitato più da un bel pezzo e infatti China non aveva avuto nessuna noia e così in fondo la questione era tutta quella del contratto di affitto che era rimasto intestato a me l'avvocato diceva che mi aveva chiesto la libertà provvisoria e che pensava che sarei uscito di lì a qualche settimana era ottimista insomma e poi c'erano notizie del compagni che mi salutavano tutti e della sede eccetera

mia madre era molto agitata e continuava a chiedermi come stavo se mangiavo a dirmi che mi aveva portato pacchi con roba da mangiare e vestiti io però ero interessato solo a quello che mi diceva mio fratello gli facevo domande per capire come era la situazione fuori quale era lo stato d'animo del compagni il colloquio si svolgeva in una sala lunga e stretta con in mezzo un lungo tavolo di marmo che attraversava tutta la stanza i colloqui ce li facevano fare insieme ai comuni c'era li un casino incredibile una quindicina di detenuti da una parte del tavolo di marmo e almeno il triplo di parenti dall'altra parte madri nonne zie bambini un vociare assordante urla grida di gioia pianti isterismi rabbia disperazione insulti alle mogli sospettato d'infedeltà schiaffi sceneggiate

le guardie chiudono la porta a tripla mandata e si mettono dietro una vetrata dalla parte del parenti per controllare che non succedano irregolarità troppo grandi la gente era sempre troppa e nonostante i controlli avvenivano sempre delle cose passavano biglietti lettere quello certamente lo mettono nel conto che passi della roba per loro il problema è che non passino delle armi il colloquio è una fiera un mercato famiglie intere con nonne e bambini tutti che urlano per farsi sentire e anch'io dovevo urlare per farmi sentire ma ero intimorito mentre vedevo gli altri perfettamente a loro agio il tavolo di marmo era largo un metro e mezzo per impedire i contatti ma a volte i bambini venivano passati per qualche minuto da una parte all'altra del tavolo

il controllo non era molto rigido mi è capitato di assistere a effusioni amorose anche abbastanza spinte c'era gente che praticamente riusciva a scopare al colloquio c'erano tutti degli accorgimenti speciali grandi mantelli anche d'estate che si potevano aprire in modo speciale poi magari il tipo di fianco s'incazza perché c'è lì il bambino o la nonna che vede tutto insomma un vero puttanaio gente che s'insulta altri che si picchiano tutti che urlano la situazione è tale che nel tre quarti d'ora passati così non si riesce a discutere di niente il tempo passa in un attimo si sente una campanella come quella della scuola e il colloquio è finito e poi ti portano in una cella di fianco dove ti perquisiscono un'altra volta

dopo qualche tempo siamo stati trasferiti in un altro braccio dove è venuta a cadere la differenza tra noi e i comuni quindi le ore d'aria le facevamo insieme i comuni di questo nuovo braccio erano diversi da quelli di prima che erano soggetti piuttosto ambigui non dico infami comunque soggetti non del tutto puliti era la categoria più bassa dei comuni magnaccia e gente di questo genere insomma nel braccio nuovo invece i comuni erano di tipo diverso tutti giovanissimi bande di piccoli rapinatori gente molto affiatata tra di loro e noi siamo così entrati in contatto con questi comuni raggruppati in bande ogni banda aveva il suo capo e quando bisognava parlare era il capo che parlava per tutta la sua banda noi all'aria siamo stati accolti subito benissimo proprio come se eravamo un'altra banda e non ci sono stati problemi nel rapporto con loro

poi ha contato anche il fatto che si è cominciato a giocare insieme al pallone e a pallavolo e abbiamo cominciato a fare amicizie e abbiamo visto che il tipo di rapporto con questi altri comuni era diverso perché questi non ci chiedevano continuamente piccoli favori come gli altri questi sembravano molto orgogliosi ostentavano molta sicurezza anzi non ci chiedevano niente erano loro piuttosto a offrirci continuamente qualcosa hanno cominciato subito a chiederci se avevamo bisogno di questo o di quello facendo capire che loro avevano una rete di relazioni dentro e fuori il carcere con cui ci si poteva procurare delle cose fare uscire messaggi comunicare con gli altri bracci eccetera

piano piano abbiamo capito che tra queste bande c'erano degli equilibri basati sul loro traffici sulle loro zone d'influenza per i traffici che facevano dentro il carcere per esempio lo spaccio di coca e di ero sicuramente a questi traffici non erano estranee alcune guardie perché in carcere la roba entra principalmente attraverso le guardie queste guardie che fanno questo lavoro di portare dentro la roba per venderla ai detenuti si chiamano cavalli portano dentro per soldi dì tutto soprattutto droga e coltelli e infatti vedevamo che tra questi comuni ce n'erano molti che erano fatti di droga di coca soprattutto facevano un grande uso di coca e le gerarchie delle guardie certamente lo sapevano ci hanno anche offerto la coca ma la rifiutavamo invece il fumo lo accettavamo e per loro darci il fumo era un segno di amicizia

una volta è capitato un casino con questi delle bande giù all'aria un pomeriggio era un'aria apparentemente come le altre c'era chi giocava al pallone chi chiacchierava camminando o seduti sulle panchine però si vedeva che c'era un po' d'agitazione nell'aria e a un certo punto due capetti delle bande hanno tirato fuori dai loro accappatoi dei bastoni che erano stati ricavati dagli sgabelli o dalle gambe dei tavoli delle celle e hanno cominciato a dare bastonate a un lavorante del braccio e questo sotto gli occhi di tutti senza preavviso era il primo pestaggio a cui assistevo in carcere anche se sapevo che era una cosa normale in carcere che era una cosa quotidiana faceva parte della legge del carcere del suo meccanismo normale

e così questo lavorante l'hanno picchiato abbastanza duramente intanto che tutti stavano lì a guardare senza muoversi e poi gli hanno detto di salire di farsi la roba e di andarsene alle celle d'isolamento che lì uno poteva chiedere di andarsene di sua volontà perché se no loro la volta dopo lo avrebbero ammazzato noi politici non abbiamo avuto nessun tipo di reazione non abbiamo chiesto niente però questi devono avere capito che eravamo rimasti sorpresi che non ce l'aspettavamo anche perché questo lavorante che avevano bastonato ci sembrava che era uno che si faceva i cazzi suoi ma certamente se l'avevano bastonato non poteva essere uno che si faceva i cazzi suoi infatti poi il giorno dopo ci hanno spiegato che questo lavorante era un infame era uno di quelli che informavano la direzione delle cose che succedevano nel braccio

qualche tempo dopo è successa anche un'altra storia di questo tipo era successo che era arrivato li un ragazzo molto giovane che non parlava mai era molto timido doveva essere un mezzo handicappato se ne stava lì sempre da solo e non parlava mai questo ragazzo è salito dall'isolamento e è venuto nel nostro braccio dove è stato messo in cella con altri quattro e è successo che uno di questi quattro suoi compagni di cella lo ha violentato ma questo noi lo abbiamo saputo dopo dopo che questo stronzo che ha fatto questa infornata è stato massacrato di botte è successo che gli altri tre non se n'erano accorti sul momento perché la storia si è svolta nel cesso che è separato dalla cella con una tenda e questo stronzo mentre faceva la storia lo minacciava con un coltello alla gola

poi finita la storia gli ha intimato di non dire assolutamente niente altrimenti lo avrebbe ammazzato allora questo ragazzino si è spaventato e non ha detto niente ma gli altri tre hanno avuto del sospetti e hanno cominciato a fare girare la voce nel braccio che avevano questo sospetto e allora si è deciso di fare una verifica e uno del capetti è andato dallo stronzo e con tono complice gli ha detto allora te lo sei fatto il ragazzino e allora questo stronzo che era anche cretino gli ha detto fiero di sì allora è scoppiato il puttanaio perché questo qui lo hanno preso e lo hanno letteralmente massacrato di botte che poi non lo riconosceva più neanche sua madre gli hanno spaccato tutta la faccia e anche la testa gli hanno schiacciato il naso a scarpate a bastonate gli hanno maciullato tutto

è stato in quel periodo che un giorno che ero li che stavo lavando i piatti in cella e ogni tanto gettavo un'occhiata al telegiornale ma non sentivo quasi niente per l'acqua che correva di colpo mi è sembrato di vedere sullo schermo qualcosa che avevo già visto un'immagine che mi ricordava qualcosa ma non sapevo bene cosa la telecamera girava in una stanza in disordine sedie rovesciate un letto disfatto con una grande spalliera metallica poi ho visto su una parete un manifesto di Humphrey Bogart e subito ho realizzato ho riconosciuto subito quell'appartamento dove avevamo avuto quella famosa riunione con Scilla e gli altri poi si è visto in mezzo alla stanza un lenzuolo che copriva qualcosa un corpo immobile si vedeva una gamba che usciva fuori un piede nudo senza scarpe immobile

ho smesso di lavare i piatti e mi sono avvicinato alla televisione ho alzato il sonoro e parlava di un terrorista ucciso in uno scontro a fuoco coi carabinieri il terrorista era ritenuto responsabile dell'omicidio di un carabiniere avvenuto qualche mese prima è apparsa un'immagine che avevo già visto anche quella il corpo del carabiniere abbattuto davanti alla colonnina gialla di una pompa della benzina che avevo visto con China una sera alla televisione poco prima che mi arrestavano si prevedeva imminente l'arresto di altri complici poi è apparsa sullo schermo un'enorme fotografia in bianco e nero e era i a faccia di Cotogno una fotografia di carta d'identità ben pettinato e serio ma l'ho riconosciuto subito era Cotogno che adesso era lì immobile sotto il lenzuolo


 

 

 

 

 

 

36.

La macchina si ferma in un cortile buio circondato da vecchie case scrostate per metà disabitate viste le poche luci accese alle finestre con me c'è China e Ortica e Nocciola subito dopo arriva l'auto di Scilla con su Cotogno Valeriana e Gelso il cerchio di luce della torcia elettrica corre veloce su ciuffi d'erba pezzi di legno cocci di bottiglia tegole rotte poi saliamo su per una ripida scala di legno con la ringhiera che dondola i gradini che scricchiolano Scilla infila la chiave nella serratura che cigola un colpo con la spalla e entriamo dentro c'è un tanfo di chiuso Scilla accende una lampadina che pende dal soffitto da un filo sfilacciato qualche vecchio mobile macchie d'umidità sulle pareti e un manifesto di Humphrey Bogart sopra un letto con una grande spalliera metallica

ci sediamo intorno al tavolo sulle sedie impagliate Cotogno e Valeriana si siedono sul letto non ci sono sedie per tutti e Scilla prende da una credenza sbilenca una bottiglia di whisky e la mette sul tavolo con alcuni bicchieri sapete lo scopo di questa riunione dice Ortica si tratta di valutare le diverse proposte di organizzazione maturate dentro il movimento c'è una componente che pratica azioni d'avanguardia con l'uso delle armi dell'illusione che di per sé determinino la crescita di tutto il movimento ora noi non siamo contrari di principio a queste pratiche perché sappiamo tutti benissimo che non si può affermare di essere coerentemente rivoluzionari senza porsi il problema dell'esercizio della forza della necessità di costruire un contropotere pari e anzi più violento a quello che quotidianamente viene esercitato dallo stato

ma la nostra critica a questi compagni è sul fatto che questa costruzione e esercizio del contropotere deve vivere tutta all'interno del movimento ormai si tratta di una coscienza acquisita a livello di massa basta vedere le cronache l'uso della forza si va diffondendo in maniera accelerata dentro tutte le occasioni di lotta l'illegalità di massa è oggi una pratica abituale si tratta allora di discutere se riteniamo possibile un ulteriore salto in avanti di massa di tutto il movimento il cui contenuto non può che essere quello dell'organizzazione della forza o il problema della lotta armata se si preferisce Cotogno si alza dal letto cigolante prende la bottiglia dal tavolo e versa il whisky nel bicchieri anche Scilla si è alzato e è andato a rovistare in una vecchia cassapanca in un angolo della stanza

adesso è inutile che sto lì a raccontare per filo e per segno come si è svolta tutto quello che è successo in quella riunione che è andata avanti fino all'alba e che è stata anche l'ultima perché poi ci siamo divisi e poi non ci siamo più visti è scoppiato un casino quella volta lì è scoppiata una lite che quasi finiva a botte Cotogno a un certo punto si è messo a gridare c'è chi adesso non vuole vedere che adesso siamo oggettivamente in una situazione di guerra non volere vedere questo è o opportunismo di chi non vuole assumersi e fino in fondo le sue responsabilità di rivoluzionarlo per cui chi non vuole vedere che adesso siamo oggettivamente in una situazione di guerra va combattuto e emarginato

ma quale guerra ha gridato Ortica la guerra che dici tu che pensi tu è la guerra che vogliono loro e non ha niente a che fare ma proprio niente con tutto quello che noi abbiamo fatto e con tutto quello che abbiamo pensato noi fino a adesso tu pensi tu sei convinto che l'obiettivo sia la conquista del potere così com'è e quindi per te adesso tutto il problema diventa solo quello di vincere o di perdere Scilla è tornato al tavolo e ci ha appoggiato sopra due pistole una grande a tamburo e una più piccola che bisogno c'era di portare qua le pistole ha detto China Scilla l'ha guardata male una è una rivoltella l'altra è una pistola ha detto l'ha presa in mano maneggiandola con abilità con disinvoltura ha premuto il calcio col pollice e ha estratto il caricatore e poi ha estratto i proiettili e li ha disposti uno a uno in fila sul tavolo

il whisky versato nel bicchieri restava sul tavolo nessuno pensava a bere mentre la tensione nella stanza saliva gli schieramenti erano chiari da una parte Scilla Cotogno Valeriana dall'altra Ortica Nocciola China e io c'era solo Gelso che non si capiva bene da che parte stava era nervosissimo stava zitto non faceva che pulirsi continuamente le lenti degli occhialini e mordersi le unghie noi sostenevamo che era una follia decidere in nome del movimento il salto nella clandestinità cancellare d'un colpo tutto quello che si era fatto fino a lì mollare un movimento di lotta di migliaia di persone per fare la guerra in 20 o 30

è finita all'alba con urla e insulti Scilla continuava a smaneggiare le sue armi e quando a un certo punto Nocciola gli ha detto di smetterla Scilla velocissimo ha impugnato la pistola a tamburo e gliel'ha puntata contro ti faccio un buco nella testa gli ha detto ci siamo fermati tutti è piombato il silenzio si sentiva solo la goccia che cadeva nel lavandino tutti guardavamo Scilla col braccio teso sospeso in aria la pistola puntata contro Nocciola sapevamo tutti che era scarica ma non era quello che importava ci siamo alzati e ce ne siamo andati via Ortica Nocciola China io e gli altri sono rimasti lì intorno al tavolo anche Gelso immobile con la testa bassa che si mangiava le unghie fissando il tavolo dove c'erano le armi e i bicchieri di whisky che nessuno aveva bevuto

dopo quella sera non li abbiamo più rivisti sicuramente si erano trasferiti in un'altra città perché con quel salto che intendevano fare non potevano più stare lì nella nostra zona dove erano troppo conosciuti non ho più visto Valeriana Cotogno e Scilla mentre Gelso mi capitava di incontrarlo per caso ma tutti e due evitavamo di parlare di quello che era successo mi sembrava patetico Gelso lui che era sempre stato un fricchettone si vestiva serio adesso con la giacca e la cravatta e i capelli tagliati corti e la montatura degli occhiali che da rotondi erano diventati quadrati poi non abbiamo visto più nemmeno lui e così è finito il nostro gruppo di affinità e la loro è diventata un'altra storia che non spetta a me qui adesso di raccontare

noi dentro al collettivo ci siamo messi a lavorare con più foga di prima era come se sentivamo dietro di noi qualcosa di distruttivo di mostruoso che ci inseguiva sempre più da vicino e forse anche perché c'era come il bisogno di dimostrare a noi stessi che la scelta che avevamo fatto di restare dentro il movimento era la scelta giusta la repressione avanzava giorno dopo giorno agli attentati seguivano arresti in massa indiscriminati ma la repressione non erano soltanto carabinieri e poliziotti era anche l'assedio della stampa e dell'informazione unito alla rottura della nostra rete di comunicazione le difficoltà e spesso l'impossibilità che si aveva per fare uscire i nostri giornali per via degli arresti del sequestri della mancanza di soldi

si è messa in moto una martellante campagna di criminalizzazione di tutto il movimento la mattina leggevo il giornale un giornale qualsiasi e non c'era nessuna differenza dall'ultimo scribacchino di cronaca fino all'illustre intellettuale sociologo filosofo psicologo storico romanziere eccetera tutti scrivevano che il movimento non era altro che un'agitazione convulsa di spostati avventurasti fascisti schizofrenici delinquenti che andavano spazzati via il più presto possibile per la salvezza della democrazia e della civile convivenza c'era in noi un senso d'impotenza di fronte a quella falsificazione sistematica di tutto ma abbiamo creduto che non ci fosse altra scelta che accettare comunque la sfida sul terreno della comunicazione e così abbiamo deciso di costruire una radio di movimento

finanziariamente il problema lo abbiamo affrontato come tutte le altre volte tutti i compagni si sono dati da fare come meglio hanno potuto per trovare soldi senza tanto andare per il sottile sui metodi e così abbiamo cominciato a procurarci l'attrezzatura Nocciola si è fatto prestare un furgone e con due compagni ha fatto il giro delle case in costruzione nella zona e dal cantieri ha portato via lana di vetro pannelli di polistirolo e altro materiale utile poi ci siamo procurati anche qualche centinaio di confezioni di cartone per l'imballaggio delle uova e con tutta questa roba abbiamo cominciato a insonorizzare un locale della sede e poi l'abbiamo diviso in due con del pannelli di panforte e lastre di perspex da una parte la sala di registrazione dall'altra parte la regia

adesso dovevamo procurarci l'apparecchiatura il mixer l'amplificatore le piastre di registrazione e i piatti stereo ma il problema più grosso era quello di farsi largo nella giungla delle frequenze farsi largo con i soldi o con la forza perché o si avevano tanti soldi e allora si comprava un trasmettitore potente che copriva le altre radio oppure si doveva usare il sistema di farsi largo a spintoni facendo tacere le altre radio e su questo non ci facevamo scrupoli perché ci dicevamo cosa cazzo trasmettono queste radio commerciali oltre alla pubblicità trasmettono musica di merda quiz di merda notiziari di merda e poi di chi sono queste radio sono comunque radio nemiche che partecipano alla distruzione che il potere stava facendo della nostra comunicazione

allora abbiamo cominciato la notte a fare visita alle antenne e ai trasmettitori delle radio commerciali della zona che ci davano fastidio e le sabotavamo tiravamo giù i piccoli tralicci che reggevano le antenne e se potevamo portavamo via i trasmettitori o altre attrezzature che potevano servirci per la nostra radio era facile compiere queste azioni di esproprio e di sabotaggio perché in genere le apparecchiatura si trovavano in zone piuttosto isolate le antenne erano piazzate su collinette o su tetti di edifici alti ci andavamo anche in dieci o quindici senza particolari precauzioni c'erano dei gabbiotti di lamiera con dentro i trasmettitori e noi aprivamo la serratura e i lucchetti con un trapano a pila e se non ci riuscivamo versavamo un litro o due di benzina sotto la porta e ci buttavamo un cerino e così poco a poco ci aprivamo uno spazio nella giungla delle frequenze dove soltanto il più forte poteva sopravvivere


 

 

 

 

 

 

37.

E' arrivato il brigadiere erano le undici di sera mi ha chiamato dallo spioncino con la solita voce come se dovesse consegnarmi una cartolina illustrata invece era un fonogramma del ministero con l'ordine del mio trasferimento in un carcere speciale noi stavamo ridendo in cella mezzi ubriachi è piombato il silenzio allora quel nome carcere speciale faceva paura c'erano sei ore ancora prima di arrivare alle cinque di domattina l'ora della partenza il tempo di preparare gli zaini e di fare e di ricevere del regali di restare svegli a parlare fino all'ultimo minuto la notizia fa il giro delle celle urlata dagli spioncini i saluti mi vengono urlati perché mi imbarcano alle cinque e non ci si può neanche abbracciare un'ultima volta all'aria

alle cinque puntuali le guardie arrivano a prelevarmi hanno fretta sono assonnate e nervose perché è l'ultima consegna prima di smontare di turno abbraccio i compagni della mia cella che mi aiutano a sistemare gli zaini sulle spalle allora ci vediamo fuori si dice sempre così quando si viene divisi dicono così anche quelli che hanno tre ergastoli da fare molti compagni sono svegli e faccio il giro delle blindate per stringere le mani che sbucano dagli spioncini ci scambiamo le ultime parole le ultime raccomandazioni raccolgo i messaggi e i saluti da portare al compagni che troverò laggiù poi il cancello della sezione si chiude dietro le mie spalle e seguo le guardie attraverso i corridoi silenziosi del carcere addormentato

all'ufficio matricola si fa tutta la trafila del dati da trasmettere alla nuova destinazione questo è il momento più critico perché se ti devono pestare lo fanno in quel momento li è il momento della resa del conti se hai avuto degli scazzi con qualche guardia loro si passano la voce su quelli che vengono trasferiti ci sono guardie che anche se la mattina del tuo trasferimento non sono di turno sono capaci di alzarsi alle cinque giusto per il gusto di darti una passata di botte se hanno qualche conto da regolare con te spesso aspettano il trasferimento per dartele specialmente nei periodi in cui non hanno la forza di farlo immediatamente a caldo nelle celle ma sono fortunato perché si accontentano di qualche spinta provocatoria e di ricordarmi minacciosi qualche fatto

sbrigate le faccende della matricola comincia la perquisizione le guardie tirano fuori la roba dagli zaini e la controllano con molta più cura del solito poi io rimetto tutto a posto con pazienza ma poi arrivano i carabinieri che mi devono scortare e tutto ricomincia da capo altra perquisizione ne fanno due quando sei in partenza una le guardie e l'altra i carabinieri che ti devono scortare perché non si fidano gli uni degli altri poi mi portano al furgone il furgone blindato è posteggiato dieci metri fuori dal cancello della matricola che è al centro del carcere ma i carabinieri mi mettono lo stesso i ceppi con la catena lunga mi mettono in catena per i dieci metri che devo fare dal cancello al blindato

fuori è ancora buio fa freddo e la nebbia è tanto spessa che i fari del blindato la colorano di giallo senza riuscire a bucarla il caposcorta cammina davanti a me reggendo la catena a cui sono legati i miei ceppi gli altri mi camminano dietro avanziamo così in corteo verso il furgone che aspetta avvolto nella nebbia gialla col motore acceso e i portali aperti il blindato è la prima volta che lo vedo all'interno è diviso in tre scomparti davanti la cabina di guida in mezzo la celletta con due panche di ferro disposte una di fronte all'altra lungo le fiancate dietro il posto della scorta sei uomini in tutto mi mettono nella celletta togliendomi la catena ma lasciandomi i ceppi stretti ai polsi poi chiudono con un lucchetto la grata

il primo pezzo fino all'imbocco dell'autostrada lo fanno con un po' di preoccupazione fino a lì sono anche scortati da due volanti una davanti e una dietro con cui sono anche in contatto radio Lepre chiama Canguro e quelle cose lì i carabinieri sono tesi spengono la luce interna e aguzzano lo sguardo fuori dagli oblò mi sembra assurdo e anche ridicolo tutto questo spiegamento di forze solo per me ma è il regolamento questi osservano il regolamento e lo da questa mattina sono uno specializzato cioè per il regolamento sono uno particolarmente pericoloso cerco si sbirciare la strada dagli oblò ma vedo solo scorci di palazzi finestre e cornicioni di case mi alzo in piedi tra le due panche ma non riesco a stare in equilibrio per via del ceppi forse sull'autostrada dove non ci sono curve potrò guardare la strada davanti attraverso il vetro che dà sulla cabina di guida

sull'autostrada i carabinieri si rilassano si tolgono i cappelli si allentano le cravatte si sbottonano le giubbe si mettono comodi tre si mettono a giocare a carte giocano a sette e mezzo e giocano a soldi dieci lire la carta mettono le monete dentro i cappelli rovesciati si divertono e s'incazzano il caposcorta mantiene un contegno si limita a sbirciare il gioco dei suoi ragazzi sono diversi dalle guardie fanno un altro tipo di mestiere e questo cambia anche il tipo di rapporto che hanno con te loro trasportano semplicemente dei pacchi pericolosi fanno migliaia di chilometri su e giù per l'Italia trasportando continuamente su e giù coi loro furgoni blindati i detenuti per i trasferimenti da un carcere all'altro il sentiero dei camosci come noi chiamiamo questi itinerari dei trasferimenti

ogni tanto uno di loro tira fuori dalla sua borsetta tipo borsetta da tramviere un panino fatto in caserma o fatto dalla moglie la sera prima grossi panini imbottiti di mortadella di salame o di formaggio lo mangia piano con la carta in cui era avvolto sulle ginocchia per non correre il rischio di sporcarsi i pantaloni e poi raccolgono le briciole con una paletta e uno scopino che fanno parte della dotazione del mezzo blindato hanno più l'aria di pendolari che di guerrieri io un po' dormo ho i ceppi che mi fanno male e ho fame magari se chiedo di togliermeli me lì tolgono ma non mi va di chiedergli qualcosa per loro io non esisto sono solo un oggetto un pacco da trasportare mi ignorano ma ogni tanto mi controllano con una breve occhiata sono sballottato da tutte le parti ho tutte le ossa che mi fanno male

poco dopo il mio arrivo giù allo speciale mio padre era stato ricoverato all'ospedale e mi hanno fatto rifare lo stesso viaggio sul furgone blindato all'incontrario per andare a fare l'ultima visita a mio padre che stava morendo di cancro ho rifatto le dieci ore filate di viaggio e quando siamo arrivati avevo le mani che non le sentivo più per i ceppi stretti intorno ai polsi siamo arrivati al mattino e dopo una breve sosta nella caserma del carabinieri mi hanno portato all'ospedale mi hanno fatto scendere dal furgone nel cortile dell'ospedale e ho visto intorno una distesa di carabinieri e una distesa di poliziotti tutti con i mitra e le pistole In mano c'erano i cani c'erano le volanti con le portiere aperte e le luci azzurre che lampeggiavano sul tetti in una c'era Donnola che dava ordini con la ricetrasmittente

mi hanno messo la catena ai ceppi e mi hanno tirato verso la grande porta a vetri nell'atrio dell'ospedale pieno di gente in pigiama di gente In camice bianco con i grembiuli bianchi le scarpe bianche che si fermavano a guardare con la faccia stupita sorpresa a destra e a sinistra le file di carabinieri facevano largo spingevano contro le pareti la gente che non capiva bene che cosa stava succedendo ho sentito la catena che mi tirava i polsi non vedevo dove andavamo poi sono incespicato la catena mi ha trattenuto era il primo gradino dello scalone il corteo ha cominciato a salire stringendosi a imbuto non vedevo i gradini davanti a me alzavo i piedi ma continuavo a incespicare sugli spigoli dei gradini quelli intorno a me mi schiacciavano la catena mi tirava finalmente siamo arrivati sul pianerottolo

improvvisamente sul pianerottolo ho visto tutto intorno dietro i carabinieri che mi circondavano le facce tante facce tutte le facce del miei compagni che mi guardavano fisso tutte le facce avevano la stessa espressione gli occhi fissi non dicevano niente non un cenno di saluto un gesto mi guardavano tutti fisso e non avevano nessuna espressione poi uno strappo al polsi e mi hanno tirato su per un 9 altra rampa di scale sono scivolato In avanti stavo cadendo il carabiniere di fianco mi ha preso per il gomito ma il mitra a tracolla gli è scivolato giù per il braccio e mi si è infilato tra le gambe quello davanti senza guardare ha dato un altro strappo alla catena e sono caduto in avanti e il carabiniere che mi teneva è caduto sopra di me e quelli che venivano dietro anche tutti in un mucchio sul gradini con la catena attorcigliata intorno alle braccia e le gambe

alla fine siamo arrivati in cima siamo sbucati in una grande camerata coi malati nel letti allineati lungo le pareti bianche il passo del carabinieri che rimbombava il tintinnare della catena gli ordini secchi del caposcorta le proteste del medici e del parenti del malati per quella confusione ho visto venirmi incontro mia madre e mio fratello che piangevano mio padre era già morto quando poi quando mi hanno riportato nel furgone blindato il caposcorta ha tirato un sospiro di sollievo chiudendo, con un colpo secco il portale del blindato e mentre aspettavamo mentre il motore si scaldava ho visto attraverso la grata che ha preso dalla borsetta una bottiglietta d'acqua ossigenata ne ha versato un po' su un batuffolo di cotone e ha cominciato a fregarsi le dita e le mani per bene con l'acqua ossigenata se l'è fregate a lungo e poi siamo ripartiti per lo speciale
 

 

 

 

 

 

 

QUARTA PARTE

 

 

38.

Dopo la rivolta nello speciale dopo che siamo stati sistemati in quel modo nelle celle vuote al pianterreno del carcere distrutto da quel momento in poi non ci sono stati più pestaggi di massa e si è cominciata la discussione all'interno di ogni camerone su quello che era successo ovviamente le posizioni erano molto diverse ma le discussioni più accese sono venute fuori in un secondo momento perché nei primi giorni tutti quanti badavano a leccarsi le ferite perché cominciavano a uscire gli acciacchi delle botte e più che altro il clima era quello di una infermeria da campo intanto ci avevano concesso i giornali e quello che si leggeva sui giornali era assurdo veramente assurdo non c'era niente di vero sembrava che non fosse successo niente tutte le notizie erano distorte e per lo più anzi completamente false

per i giornali l'operazione dei reparti speciali era stata assolutamente incruenta si era risolta senza nessun problema sembrava che avevano distribuito quattro scappellotti e tutto si era risolto nella maniera più pacifica noi abbiamo cominciato a fare pressioni per avere del colloqui coi famigliari che era l'unico modo per rompere questo blackout della stampa su quello che era veramente successo alla fine ci hanno concesso qualche colloquio simbolico di appena qualche minuto col vetro divisorio il risultato è stato di riuscire a farci vedere per qualche minuto dal parenti dietro i vetri divisori in modo che i parenti vedevano come eravamo conciati non c'era nemmeno bisogno di parlare per fare capire come stavano le cose come erano andate le cose

siccome le uniche cose che avevamo erano gli indumenti che avevamo addosso al momento dell'irruzione dei reparti speciali i parenti ci hanno visto con questi vestiti coperti di sangue le ingessature le ferite i tagli le botte eccetera e questo è stato sufficiente con questi colloqui insomma siamo riusciti a scalfire un po' il muro del blackout che voleva imporre il silenzio sulla vicenda soprattutto evidentemente abbiamo fatto in modo che al colloqui ci andassero quel compagni che erano nelle condizioni più brutte nelle condizioni peggiori fisicamente quindi la gente che era stata più massacrata poi a loro volta i parenti si sono dati loro da fare hanno cercato di fare passare queste notizie sulla stampa

i primi giorni sono stati qualcosa di molto duro sul piano della semplice sopravvivenza dentro queste celle dove non c'era niente però piano piano ci siamo organizzati per riuscire a vivere anche in quelle condizioni e abbiamo anche ricominciato a lottare un'altra lotta che aveva come obiettivo di uscire da quelle condizioni bestiali in cui eravamo ridotti a vivere così in dieci in queste celle e questa lotta invece (li essere soffocata come poteva essere facilmente soffocata in quelle condizioni in cui eravamo è riuscita nel senso che dopo i primi giorni in cui era stata abolita addirittura l'ora d'aria la direzione ha dovuto concederci l'aria scaglionandoci a gruppi e concedendoci un'ora d'aria

la rivolta era stata una fiammata che aveva bruciato tutto tutta la forza che avevamo accumulata si è bruciata dentro la rivolta quindi adesso si trattava di rimetterci passo dopo passo per riprenderci tutto quello che avevamo perduto e ovviamente i primi passi erano quelli di garantirci una migliore vivibilità all'interno del carcere vivibilità vuol dire tante cose vuol dire per esempio lottare per riavere i colloqui perché i colloqui sono la comunicazione con l'esterno vuol dire lottare per riavere le ore d'aria perché oltre a essere la cosa fisicamente indispensabile che è uscire in un cortile almeno un'ora o due al giorno andare all'aria vuol dire anche la ripresa della comunicazione interna coi compagni

siccome eravamo tutti sistemati al pianoterra era possibile un minimo di comunicazione perché anche se le blindate erano chiuse gli spioncini erano aperti quindi la gente urlando dagli spioncini nel corridoi si comunicavano le cose la direzione aveva abolito addirittura la funzione del lavorante per impedire che ci fosse tra noi la circolazione delle informazioni e del dibattito sul da farsi ormai nel corridoi circolavano soltanto le guardie però attraverso le urla attraverso i bigliettini che si riuscivano a fare passare di cella in cella la discussione riusciva a essere collettiva poi una volta che è stata ristabilita l'ora d'aria tutto quanto è diventato più semplice

dopo un po' ci hanno permesso di farci la barba potevamo farcela con un rasolo di plastica che ci davano ogni volta e che dovevamo consegnare subito dopo indietro potevamo usare solo il sapone normale e non avevamo specchietti e così ci radevamo tra noi uno con l'altro a vicenda e nella mia cella poi c'era un compagno che aveva tutte e due le mani ingessate e non poteva fare niente e noi dovevamo togliergli le scarpe i pantaloni il maglione la sera per andare a letto e rivestirlo la mattina dovevamo imboccarlo quando mangiava lavarlo pulirlo e lavargli il culo quando cagava tutto dovevamo fargli e lui diceva sempre grazie compagno grazie compagni

i rapporti con le guardie erano cambiati perché nei pochi momenti che le guardie sfuggivano al controllo del graduati dei brigadieri e dei marescialli che almeno uno di loro era sempre presente nei corridoi quando per un momento capitava che non c'era nessun graduato le guardie ci parlavano e continuavano a ripeterci che loro non avevano fatto il massacro che loro non c'erano che non avevano avuto nessuna parte in quel massacro che c'era stato e che anzi non erano assolutamente d'accordo con quello che era successo e dicevano addirittura che tutte le guardie che avevano partecipato a quel massacro era state tutte trasferite

però evidentemente questo non era assolutamente vero e ci sono state diverse occasioni nelle quali i compagni hanno creduto di identificare alcune guardie che stavano nel corridoio che facevano servizio e erano sicuri che erano state tra le guardie che ci avevano picchiato e ci sono stati anche momenti di tensione ogni tanto scoppiava un casino quando qualcuno credeva di identificarne uno di quelli che ci avevano picchiato perché allora quelli che avevano preso più botte gli andava il sangue alla testa e allora partivano le minacce pesanti e cose così è naturale un giorno un compagno che era sicuro di avere identificato uno del suoi picchiatori gli ha detto stai tranquillo che un giorno ti vengo a prendere anche se ti nascondi sotto terra e ti taglio la testa

la reazione del brigadiere che arrivava nel corridoio proprio in quel momento è stata quella di trasferire immediatamente in un altro posto questa guardia minacciata per fare sbollire la cosa poi però di questa cosa di queste minacce loro se ne sono ricordati poi perché tutti quel compagni che durante quel giorni hanno fatto minacce alle guardie tutti quel compagni quando nelle settimane e nei mesi successivi è arrivato il momento che sono stati trasferiti in un altro carcere allora sono stati pestati duro un'altra volta perché funziona sempre così in non sempre le reazioni sono immediate dipende sempre dal momento dipende dal rapporto di forza magari succede che delle cose te le fanno pagare anche molti mesi dopo

le guardie calcolano che a volte non è il caso di fare pagare di picchiare uno subito a caldo perché ci sarebbe immediatamente la reazione di solidarietà di tutti gli altri detenuti e allora scoppierebbe il casino generale è molto più comodo per loro segnare il nome sul libro nero dopodiché il giorno che arriva il giorno del trasferimento e questo viene tolto dalla cella perché parte per un'altra destinazione e non tornerà più in quel carcere almeno per un bel po' di tempo allora lo si picchia ecco sono successe anche cose di questo genere durante quei giorni però il clima in generale era molto alto il morale di tutti i compagni era molto alto e quella è stata una verifica della grande solidarietà che c'era tra tutti i compagni al di là delle posizioni politiche differenti

 

 

 

 

 

 

 


39.

Comunque durante le prime giornate che abbiamo passato dopo la rivolta in queste celle senza niente tutti quanti lì ammucchiati in quelle condizioni le prime cose appunto che sono state fatte sono state quelle di badare a curarsi le ferite a curare i compagni che stavano peggio e soprattutto si temeva ancora molto un altro intervento di massacro da parte delle guardie perché noi avevamo ripreso a lottare e così i compagni hanno pensato bene di darsi almeno un minimo di armamento difensivo che consisteva nel procurarsi almeno degli oggetti contundenti cosa non molto facile perché nelle celle non avevano lasciato niente non avevano lasciato proprio niente neanche degli sgabelli del tavoli niente

quindi le prime cose che sono state prese d'assalto sono state le finestre che sono state letteralmente smontate sotto gli occhi stessi delle guardie e da queste finestre sono state ricavate delle sbarre di ferro e in quei primi giorni le guardie pur vedendo tutto questo non solo non intervenivano quando vedevano quello che si faceva ma non si azzardavano nemmeno a entrare più nelle celle cioè era stata sospesa la conta l'entrata nelle celle di un gruppo di guardie per contare i detenuti le guardie si limitavano a contare aprendo la blindata e a contare a vista dal cancello però erano perfettamente coscienti che nelle celle esisteva questo armamento perché lo vedevano che le finestre erano smontate

ma nel momento in cui ci hanno concesso di riavere l'ora d'aria ovviamente si è pensato che la mossa era quella di fare in modo che le celle rimanevano vuote e che nell'ora d'aria le guardie sarebbero entrate e avrebbero ripulito le celle di quelle sbarre e allora lì la contraddizione era per noi se andare ' do alle guardie all'aria e lasciare le celle incustodite permettendo alle guardie di entrare e di disarmarci oppure se dovevamo scegliere di rinunciare all'aria il che voleva dire rinunciare soprattutto alla comunicazione interna tra di noi ma indubbiamente la cosa più importante era la comunicazione e infatti come ci si aspettava le guardie hanno colto l'occasione dell'ora d'aria appena ce l'hanno di nuovo concessa per precipitarsi nelle celle e fare una perquisizione generale sequestrando tutto il nostro armamento le sbarre e tutto il resto

da quel momento è cominciata una pressione da parte dei compagni una pressione per uscire da quelle condizioni però in quelle condizioni non c'erano molte cose da fare la cosa meno produttiva da fare viste le condizioni era di sequestrare altre guardie visto come era andata l'esperienza precedente perché se questi erano intervenuti anche se avevamo diciannove guardie sequestrate questo voleva dire che erano disposti a accettare quel terreno di scontro mettendo in conto anche l'eventualità di fare del morti le condizioni in cui ci trovavamo erano molto dure e dovevamo assolutamente venirne fuori e l'unica soluzione per venirne fuori era lottare ma doveva essere una lotta produttiva e in quelle condizioni in cui eravamo dovevamo inventare una forma di lotta nuova originale

dovevamo riuscire a lottare con le sole armi che avevamo a disposizione e prima di tutto dovevamo inventare che cosa poteva diventare un'arma visto che non avevamo niente ovviamente era stata abolita la spesa erano stati aboliti tutti gli acquisti possibili di cibo il cibo che passavano era quello dell'amministrazione una brodaglia liquida rossastra che veniva distribuita a mezzogiorno e alla sera con delle gavette di plastica e del cucchiai di plastica e allora si è cominciata a fare una pressione a chiedere di potere acquistare alla spesa almeno alcuni generi alimentari roba che si poteva consumare senza essere cucinata roba elementare come latte biscotti frutta e roba del genere perché comunque era fuori discussione che questi ci mollassero il fornelletto il pentolame e altro

siamo riusciti a ottenere di acquistare questa roba e la possibilità di acquistare alla spesa del cibo ha costituito il retroterra per questa lotta perché a questo punto noi potevamo fare a meno di consumare il vitto dell'amministrazione e il vitto dell'amministrazione è diventato così l'arma di questa lotta perché ogni giorno accumulavamo nelle celle litri e litri di questa brodaglia rossastra e poi a un certo punto al momento convenuto tutti quanti insieme versavamo nel corridoio tutta quanta questa brodaglia un vero fiume di brodaglia liquida rossastra nauseabonda che da tutte le celle si riversava nel corridoio e questa è diventata la cosidetta guerra batteriologica

le guardie che stavano nel corridoio erano praticamente raddoppiate perché dovevano essere in condizione di controllarci visivamente minuto per minuto quindi c'erano sempre moltissime guardie nel corridoio stavano lì sempre in gruppi folti e numerosi eravamo al pianterreno che non era neanche molto areato e allora il fatto di versare rutta quella brodaglia nauseabonda nel corridoio creava evidentemente un certo disagio per le guardie e stare nel corridoio era diventato praticamente insopportabile allora le guardie hanno pensato bene di fare la cosa più naturale cioè di fare intervenire i lavoranti dello speciale per ripulire il corridoio ma i lavoranti hanno naturalmente rifiutato per solidarietà con la nostra lotta dicendo noi non andiamo a pulire questa è una forma di lotta mica siamo del crumiri e ci mettiamo contro una lotta di altri detenuti

i lavoranti si sono rifiutati di ripulire il corridoio da tutta questa brodaglia che restava lì e ogni giorno si accumulava sempre di più e noi abbiamo cominciato a buttare fuori non soltanto la brodaglia ma anche tutti i tipi di rifiuti che venivano accumulati si è cominciato anche a cagare nei sacchetti di plastica e di carta o nei giornali e a buttali fuori dagli spioncini nel corridoio la nostra guerra era proprio una vera guerra batteriologica nel senso che con questa montagna di sporcizia e di rifiuti di escrementi che si accumulava ogni giorno di più lì nel corridoio si rischiava ormai il pericolo di malattie e di epidemie c'era il pericolo di epatite virale e cose di questo genere noi correvano il rischio di questo pericolo ma lo correvano anche loro

allora le guardie si sono rivolte ai lavoranti del giudiziario non più a quelli dello speciale ovviamente sono andati a ramazzare gli infami tra i lavoranti del giudiziario sono andati a ramazzare gli infami e tutti i venduti le spie al servizio della direzione e li hanno fatti entrare nel nostro corridoio per ripulirlo allora appena questi sono arrivati lì da dentro le celle da dietro gli spioncini tutti i compagni abbiamo urlato insulti abbiamo urlato minacce dicendo se voi state qua e pulite la sezione il giorno che ci tolgono da queste condizioni la pagherete e la pagherete cara è stata sufficiente questa minaccia perché questi scappassero immediatamente via tutti quanti e quindi le guardie si sono ritrovate punto a capo

la situazione era diventata ormai piuttosto pesante era diventata insostenibile perché le guardie non potevano abbassarsi al ruolo di quelli che con la scopa in mano puliscono i corridoi perché quello non era il loro compito non era il loro ruolo e mettersi loro a pulire voleva dire cedere però dall'altra parte effettivamente cominciava a accumularsi troppa merda nel corridoio e questi qua rischiavano effettivamente di prendersi qualche infezione qualche epatite c'era il rischio che lì scoppiava effettivamente una epidemia erano costretti a girare ormai con un fazzoletto sulla faccia stavano nel corridoio con un fazzoletto sulla faccia ti venivano a aprire la cella con un fazzoletto sulla faccia

finché non hanno pensato a una soluzione di forza il ministero ha pensato di forza di risolvere la situazione mandando all'interno del carcere una ditta esterna addetta alle pulizie hanno fatto un contratto hanno pagato lautamente una ditta esterna un'impresa che funziona esattamente come funziona qualsiasi impresa che lavora sul carcere come un'impresa edile o un'impresa di fabbri o un'impresa di elettricisti quando ci sono del guasti e questa era un'impresa di pulizie e quando l'impresa è arrivata le guardie hanno chiuso di colpo tutti gli spioncini delle blindate e nel giro di un paio d'ore questi dell'impresa con tutta quanta la loro attrezzatura di pulizia e di disinfezione hanno ripulito via tutto quanto


 

 

 

 

 

 

40.

Insomma si sono creati così questi cicli in cui noi riempivamo il corridoio di merda e loro facevano intervenire di forza l'impresa di pulizie per ripulirlo e così via ma alla fine ci hanno concesso i colloqui per cercare di allentare un po' la tensione la direzione anzi il ministero perché vista la situazione che c'era chi decideva direttamente era il ministero ci hanno concesso un colloquio al mese col vetro divisorio e così China è arrivata á colloquio è arrivata senza che non mi avevano neanche preavvisato mi hanno chiamato e mi hanno portato nella sala colloqui dove c'erano i vetri era la prima volta che vedevo quella sala avevano costruito tutto nuovo e China era già lì che mi aspettava era lì seduta dietro il vetro quando sono entrato

c'era un citofono sotto il vetro dietro una piccola grata quadrata mi sono abbassato per parlarci dentro ma dall'altra parte China mi ha fatto segno che non sentiva niente ha provato anche lei a parlare dentro al citofono dalla sua parte ma non sentivo niente neanche lei lo ho dato un paio di pugni sulla grata ma non è cambiato niente evidentemente i citofoni erano staccati li avevano staccati apposta in modo che per riuscire a sentirsi bisognava parlare a voce molto alta bisognava gridare quasi e così le guardie potevano sentire tutto una situazione impossibile China aveva fatto mille chilometri per venirmi a trovare e altri mille doveva fare per tornare a casa e non potevamo neanche parlarci dovevamo gridare per sentirci

mi sembrava più piccola più magra era vestita elegante non come me la ricordavo non l'avevo mai vista così aveva la gonna e una giacca elegante con le spalle gonfie imbottite come doveva essere la moda allora si era tagliata i capelli ce li aveva corti era più di un mese che non la vedevo aveva dei piccoli orecchini e un orologino al polso lei che non aveva mai portato orologi era lì seduta su un blocco di cemento un cubo di cemento che faceva da sgabello il vetro era spesso era doppio e sporco non era del tutto trasparente era verdastro vedevo China un po' distorta e mi spostavo un po' a destra e un po' a sinistra per cercare di vederla meglio nella sala c'erano quattro posti col vetro per i colloqui come gli sportelli delle banche e le guardie stavano in una stanza alle nostre spalle e ci guardavano da un'apertura quadrata nel muro

appena mi ha visto entrare nella sala mi ha sorriso dietro i1 vetro poi quando mi sono avvicinato ha cambiato espressione ha stretto gli occhi e ha cominciato a fissarmi ma non mi guardava in faccia guardava più giù ho capito che guardava il mio maglione che era tutto macchiato di sangue era lo stesso maglione che avevo ancora da quella sera e allora ho detto non è sangue mio ma China continuava a fissarmi a fissare il maglione e mi sono accorto che non sentiva mi sono accorto che non si era neanche accorta che le parlavo mi sono accorto perché poi anche lei ha detto qualcosa ha mosso le labbra ma non ho sentito la voce

io ho pensato tanto è inutile anche se faccio casino potevo chiamare il brigadiere e il maresciallo ma sapevo già come andava a finire avrebbero finto come di regola avrebbero detto che i citofoni erano rotti che non era colpa loro ma che per il momento era così se volevo era cosi se no potevo anche rinunciare e tutto questo avrebbe soltanto atto sprecare il tempo del colloquio che era già poco in quel momento è entrato un compagno aveva tutte e due le braccia ingessate aveva un taglio sulla testa gli avevano dato un sacco di punti e per dargli i punti lo avevano rapato a zero ci siamo fatto solo un cenno di saluto con la testa perché non ci stavamo simpatici a me proprio questo non mi stava simpatico quando sono entrati i suoi genitori e l'hanno visto in questo stato sono rimasti stravolti

lui invece era tutto baldanzoso come al solito e si è messo subito a gridare ha fatto un grande sorriso con la faccia ancora tumefatta e poi gridava cose come lo scontro in atto una fase altissima la lotta continua ditelo a tutti non preoccupatevi per me sto benissimo pochi giorni e sarà di nuovo per una nuova lotta i genitori erano due vecchi stanchi e lo guardavano stravolti con le lacrime agli occhi anche China lo guardava un po' stupita io non ci ho fatto neanche caso a quello che diceva questo perché parlava sempre così i genitori non capivano niente facevano sì con la testa ma non staccavano gli occhi dà taglio coi punti sulla testa rapata China è tornata a guardarmi con la faccia triste lo le ho fatto segno che il sangue sul mio maglione non era mio

lei adesso mi guardava le unghie nere per il sangue coagulato per le manganellate le ho detto a alta voce sto bene e tu e lei ha fatto un mezzo sorriso tirato e ha alzato le spalle poi mi ha chiesto e adesso lo ho scosso la testa come per dire non lo so lei ha cominciato a dirmi che mi salutavano questo e quello sentivo i nomi tutti i nomi e i soprannomi dei compagni che mi mandavano i saluti ma mi faceva un effetto strano mi faceva un effetto lontanissimo quasi di gente sconosciuta o di gente morta che non vedrò mai più e sentivo che in realtà non me ne fregava niente se mi salutavano anzi mi faceva incazzare ma mi dispiaceva che China se ne accorgeva perché aveva fatto mille chilometri per venire fino a lì mi dispiaceva

cercavo di sorridere ma mi sembrava che stavamo sprecando il tempo tutto il tempo del colloquio che era già poco perché stavamo dicendo cose che non servivano a niente ma non sapevo neanche cosa poteva dirmi cosa poteva servirmi stavo diventando nervosissimo sentivo per metà quello che mi diceva ma non le chiedevo neanche di ripetere quello che non capivo poi di colpo è stata zitta io fissavo il muro verdastro dietro le sue spalle soffici e gonfie non sapevo cosa dire mi innervosivo sempre di più per il tempo che passava per il tempo che stavamo sprecando ma non sapevo proprio cosa dire cosa fare per usarlo siamo stati zitti per un po' poi China ha guardato l'orologio che era un gesto che non le avevo mai visto e io ho detto perché non mi scrivi e lei ha detto perché non mi scrivi tu

quando China se ne è andata ho pensato che questa storia dei citofoni staccati che avevo pensato non aveva senso perché se volevano veramente sentire tutto quello che si diceva durante il colloquio invece di obbligarci a gridare era molto più facile molto più produttivo per loro lasciarci i citofoni in funzione da cui si poteva più facilmente sentire rutto pensando anche che non si era sentiti e si poteva se si voleva anche registrare tutto quello che dicevamo nel colloquio dopo questo colloquio non ho più visto China mi è arrivata solo una sua lettera una o due settimane dopo che cominciava dicendomi che per un po' non mi avrebbe più scritto


 

 

 

 

 

 

41.

Dopodiché allora noi ci siamo posti il problema di come cominciare a fare un'altra lotta però a quel punto il problema diventava quello della limitazione delle ore d'aria che erano ridotte soltanto a un'ora d'aria la mattina e anche quello della mancanza nei corridoi del lavoranti fissi che limitava al minimo la nostra possibilità di comunicazione interna e quindi la possibilità di accordarci su come muoverci insieme allora a questo punto è diventato indispensabile trovare una soluzione per avere una comunicazione interna maggiore allora all'interno delle celle si è pensato di forare i muri da cella a cella in modo che si potesse comunicare direttamente non dico buttare giù tutto il muro però almeno fare dei buchi da dove parlarsi da cella a cella

e si è cominciato a farlo e effettivamente in quasi tutte le celle sono stati fatti dei buchi e cosi c'è stata la possibilità di avere una comunicazione diretta tra noi si bucava il muro con le ultime sbarre che si riuscivano a smontare dalle finestre o dai letti o con sbarre di ferro che i lavoranti che venivano lì solo per portare i1 cibo riuscivano a passarci in maniera veramente spericolata però ovviamente ci volevano ore e ore per esempio per smontare i letti che erano fissati per terra col cemento per riuscire a ricavare delle sbarre e per riuscire a fare questi buchi nel muro le guardie sapevano tutto è evidente si picchiava tutto il giorno e quindi tutto avveniva sotto gli occhi delle guardie

c'era la preoccupazione il dubbio sempre se entravano e se entravano poteva succedere un altro macello però non c'era altra soluzione però proprio in previsione del fatto che le guardie sarebbero potute entrare si è cominciato a praticare un altro metodo e questo metodo consisteva nel barricamento notturno della cella con i turni di guardia da parte nostra per non correre il rischio di farci sorprendere nel sonno durante una loro eventuale irruzione il barricamento della cella consiste nell'infilare un oggetto uno spessore che poteva anche essere solo una penna biro o una scheggia di legno tra il cancello e la blindata perché la distanza che c'è tra il cancello e la blindata è solo di pochi millimetri

per cui è sufficiente fare uno spessore cioè infilare a forza qualcosa tra il cancello e la blindata per fare in modo che quando le guardie dall'esterno infilano la chiave la porta preme sul blocco della serratura e non riescono ad aprirla in quelle condizioni loro non possono entrare e quindi c'è tutto il tempo per organizzare dall'interno una resistenza ovviamente loro hanno i loro metodi per sbarricare che consistono per esempio nel prendere un idrante che c'è sempre nel corridoi delle sezioni e con questo grande tubo che si srotola infilare il getto dentro lo spioncino e allora evidentemente con questo getto fortissimo che spazza la cella tu non puoi fare niente nessuna resistenza perché ti sbatte contro il muro e loro intanto sbarricano mentre tu non puoi fare niente

insomma tutte le era diventata pratica costante quella di barricarsi in cella e di fare dei turni di guardia per controllare il movimento nei corridoio eravamo riusciti anche a procurarci delle schegge di specchio sempre attraverso i lavoranti che ci portavano il cibo e con queste schegge di specchio riuscivamo a metterle fuori dallo spioncino e in questo modo riuscivamo a vedere tutto quanto il corridoio fino in fondo e a controllare i movimenti delle guardie è stata una pratica costante per parecchio tempo questa del barricarsi in cella la notte e di fare i turni di guardia e passavamo il tempo giocando a carte perché le carte ci erano state concesse stavamo ventitré ore di seguito nelle celle e è andata avanti cosi per un bel po' nelle celle

quando la forma di lotta della guerra batteriologica è venuta meno allora attraverso questa comunicazione attraverso i buchi che avevamo fatto tra le celle è cominciato un dibattito per vedere quale nuova forma di lotta adottare per fare mollare la direzione su altre cose e allora era chiaro che l'obiettivo massimo a cui si tendeva con tutto quel crescendo di lotte era di distruggere il carcere nel senso di distruggerlo proprio come struttura fisica ma di fatto era ridicolo perché le condizioni in cui ci avevano messo erano che non avevamo niente da distruggere e non avevamo nemmeno niente che poteva diventare un oggetto da usare per la nostra lotta intanto perché la cella non era arredata era completamente vuota e quindi non potevi minacciare di sfasciarla non c'era niente e cosa potevi fare se non c'era niente da sfasciare

allora il passaggio offensivo successivo è stato quello dell'inondazione e così dalla guerra batteriologica si è passati all'operazione Niagara in tutte queste lotte quello che è stato messo in gioco quello che è stato risolutivo è sempre stata questa grande memoria portata soprattutto dai comuni questa accumulazione di conoscenze di un sapere di lotta dentro il carcere di un sapere accumulato nel tempo e quello che era risolutivo era soprattutto erano evidentemente le proposte dei vecchi carcerati di gente che in carcere ci stava di dieci vent'anni e che aveva provato di tutto nelle lotte quindi adesso come forma di lotta dalla guerra batteriologica eravamo passati all'operazione Niagara che è stata la nostra nuova forma di lotta

l'operazione Niagara consisteva nell'allagamento della sezione l'allagamento della sezione consisteva nel fatto che a una certa ora della giornata concordata tutti insieme tutti quanti con degli stracci ricavati stracciando le lenzuola che ci erano state finalmente concesse e le coperte si facevano degli stopponi e con questi stopponi si turava il cesso si turava il buco del cesso e si turava il buco del lavandino dopodiché con strisce del materassi di gommapiuma strisce di gommapiuma che si strappavano dai materassi si infilavano nello spazio che c'è tra la porta blindata e il pavimento e contro questa gommapiuma in più si mettevano ancora strisce di coperta in modo da non permettere che l'acqua uscisse dalla cella che uscisse fuori nel corridoio

dopodiché aprivamo tutti i rubinetti e fissavamo il bottone dello sciacquone in modo che l'acqua uscisse a getto continuo e questo lo si faceva nelle ore notturne dove i turni di guardia erano ridotti e comunque creava maggiori problemi perché durante la notte lo stato di allarme generale dentro il carcere è molto più fastidioso che lo stato di allarme di giorno perché tutte le guardie si devono alzare dal letto e tutto diventa più snervante allora durante la notte magari alle tre alle quattro di notte chiudevamo i buchi chiudevamo il lavandino stoppavamo il lavandino stoppavamo il buco del cesso e inondavamo le celle e in tutte le celle uscivano ettolitri e ettolitri d'acqua finché l'acqua ci arrivava fino alle ginocchia

l'acqua cresceva nella cella che era tappata dappertutto ermeticamente tu fai il conto quanti ettolitri d'acqua c'erano l'acqua saliva saliva e quando ti arrivava alle ginocchia si toglieva lo spessore sotto la blindata che chiudeva il passaggio tra la porta e il pavimento e l'acqua si gettava come una cascata da ogni cella ettolitri e ettolitri d'acqua si gettavano in tante cascate nel corridoio e inondavano in pochi minuti tutta la sezione e li la lotta era dannosa perché essendo al pianterreno l'acqua si accumulava nei corridoi restava li e succedeva un pantano e questo l'abbiamo fatto anche mentre era in corso anche la guerra batteriologica per cui il pantano veniva fuori proprio una cosa immonda una cosa indescrivibile immonda

le guardie camminavano ormai in un pantano oltre al fazzoletto sulla faccia adesso dovevano mettersi anche gli stivaloni di gomma mentre quest'acqua usciva a cascate dalle celle ci buttavamo dentro anche il detersivo in modo che faceva un'enorme schiuma e qualcuno faceva anche delle barchette con la carta del giornale buttavano le barchette dallo spioncino che navigavano nei corridoi trasportate dalle correnti d'acqua schiumosa era una vera e propria inondazione e questa è stata un'altra forma di lotta praticata e questo creava evidentemente parecchi problemi alle guardie un'altra forma di lotta utilizzata è stata quella di provocare dei cortocircuiti che facevano saltare la luce in tutto il carcere era l'operazione blackout e tutto il carcere restava senza luce

c'era un compagno che era elettricista e sapeva tutto sui sistemi elettrici e quindi era capace di provocare dei cortocircuiti smontando non so bene cosa io non l'ho mai fatto per cui non lo so faceva succedere del cortocircuiti e quando c'era un cortocircuito per alcuni secondi si sentiva un rumore fortissimo che si metteva in moto era il rumore del gruppi elettrogeni esterni che riattaccavano immediatamente la luce pero erano momenti di panico perché quando durante la notte va via la luce in tutto il carcere le guardie si mettono a correre su e giù con le pile insomma era una cosa molto snervante per loro ma evidentemente era snervante anche per noi perché da un momento all'altro ci aspettavamo una reazione ci aspettavamo un intervento massiccio


 

 

 

 

 

 

42.

Questa cosa montava montava queste piccole lotte quotidiane montavano continuamente fino a che evidentemente da parte della direzione si è posto il problema di un intervento massiccio risolutivo per farla finita una seconda volta e per sempre però all'interno delle guardie c'erano due componenti mentre noi il di là delle differenziazioni politiche e delle diverse opinioni sul risultato della rivolta stavamo adesso lottando per questioni elementari per questioni che riguardavano la semplice sopravvivenza e quindi adesso era chiaro che l'unità era l'unica condizione per garantirci questa sopravvivenza per cui lottavamo

da parte delle guardie invece la questione stava in termini diversi per cui tra loro c'erano due componenti c'era la componente degli interventisti insomma di chi teorizzava che bisognava intervenire subito con la forza e invece quelli che teorizzavano che non era il caso di intervenire con la forza e questa contraddizione ovviamente coinvolgeva anche le gerarchie c'erano brigadieri e marescialli interventisti e brigadieri e marescialli non interventisti però gli interventisti avevano fatto delle provocazioni era successo per esempio che in una cella le guardie hanno fatto un giorno un'irruzione perché un compagno aveva insultato un brigadiere tirandogli in faccia la cicca di una sigaretta

è successo che mentre la maggior parte del compagni erano all'aria un pomeriggio sono arrivate un gruppo di guardie con gli scudi i caschi e i manganelli e hanno fatto irruzione nella cella e hanno sequestrato questo compagno e l'hanno portato alle celle d'isolamento e allora la tensione è salita a mille e ovviamente i compagni hanno minacciato di fare del disastri se non riportavano immediatamente in sezione questo compagno allora le guardie hanno meditato su questo e hanno permesso a altri compagni di andare a visitare il compagno però la direzione diceva che siccome era in atto una denuncia da parte di questo brigadiere che si era ricevuta la cicca di una sigaretta in faccia ci sarebbe stato il processo e quindi non potevano fino al giorno del processo toglierlo dall'isolamento

però il giorno del processo è stato fissato solo due o tre giorni dopo il fatto e così questo compagno è andato al processo dove l'hanno condannato ovviamente e poi è tornato immediatamente a casa cioè in sezione anzi ha colto l'occasione durante il processo per denunciare pubblicamente le condizioni in cui eravamo tenuti ancora dopo più di un mese e questa situazione di lotta quotidiana per la sopravvivenza allora il ministero della giustizia ha elaborato il suo piano di risoluzione del problema che come tutti i piani di risoluzione dei problemi quando si tratta di lotte unitarie e omogenee la soluzione del problema è sempre una sola la separazione dei detenuti la rottura di questa unità e di questa omogeneità

cioè quello che loro fanno sempre in queste circostanze è sempre di cercare di individuare quelli che secondo loro sono gli elementi trainanti nelle lotte e di dividerli dagli altri e di cercare una differenziazione su cui applicare dei trattamento diversi e allora un giorno mentre eravamo tutti quanti all'aria sono arrivate una marea di guardie hanno fatto venire anche da altre carceri non so quante centinaia di guardie era una cosa paurosa che noi abbiamo pensato qua sono arrivati per sistemare un'altra volta la faccenda con lo stesso sistema e li tutti i compagni portavano ancora i postumi del massacro dopo la rivolta e sono arrivati un numero incredibile di guardie ma hanno dichiarato immediatamente le loro intenzioni dicendo noi dobbiamo fare una separazione fra di voi e portare della gente al primo piano vi dobbiamo solo separare

ci hanno dichiarato la loro intenzione li all'aria e hanno cominciato a tirare fuori il loro listone e hanno detto o uscite voi o entriamo noi e succede un disastro le guardie erano veramente tante con tanti scudi manganelli idranti eccetera e così abbiamo pensato che era meglio accettare e così tutti quelli che erano destinati al primo piano sono saliti su si sono fatti portare al primo piano non c'è stata nessuna violenza ma la prima cosa che i compagni hanno fatto appena sono saliti su è stata quella di saggiare subito la tenuta del nuovi vetri blindati che avevano messo il sopra e con gli sgabelli che sopra c'erano ne hanno spaccato qualcuno così per saggiare la resistenza di questi nuovi vetri blindati che avevano messo lì

gli altri compagni li hanno lasciati giù sotto al pianterreno la loro intenzione era quella di rompere ancora una volta il circuito della comunicazione interna mettendo la gente su due piani perché mettere la gente su due piani voleva dire provocare la rottura del flusso di comunicazione che ormai avevamo conquistato però anche a questo si è subito rimediato perché i compagni di sopra stracciando le lenzuola ne hanno fatto delle strisce e calavano dalle finestre del primo piano al pianterreno i bigliettini attaccavano un limone alla striscia di lenzuolo con i bigliettini e facevano penzolare giù davanti alla finestra del pianterreno il limone e i bigliettini

però contemporaneamente a questa divisione sono cominciati anche i primi trasferimenti di massa il ministero della giustizia era riuscito a tempo record a ristrutturare a ricostruire quell'altro carcere speciale che era stato completamente distrutto qualche mese prima avevano ristrutturato questo carcere e quindi in base alle loro liste di quelli che loro consideravano come i promotori della rivolta sono cominciati i trasferimenti di massa arrivavano trasferimenti di dieci persone per volta hanno cominciato prima con quelli che avevano messo al piano di sopra poi i trasferimenti sono continuati finché nel carcere lì siamo rimasti solo una ventina in tutto dopo tutti questi trasferimenti

qualche giorno prima del trasferimenti la direzione aveva dato a tutti il permesso di salire uno per volta accompagnati dalle guardie al primo piano che era stato distrutto dalle guardie ci avevano fatto salire per recuperare le nostre cose nelle celle che occupavamo prima della rivolta quando io sono salito ho visto i buchi delle bombe nel pavimento della rotonda e il cancello divelto appoggiato al muro il corridoio era quasi buio sentivo dell'acqua sotto i piedi dovevano esserci delle grandi pozzanghere e l'acqua gocciolava anche dalle tubature rotte c'erano caloriferi rovesciati nel corridoi tavoli rotti armadietti sfondati sgabelli sparsi dappertutto tutto rotto e sfondato

pezzi di televisori materassi libri sparsi dappertutto avanzi di cibo indumenti inzuppati d'acqua e c'era una puzza di umido e di marcio che stagnava nel corridoio la mia cella era illuminata sulla porta sono inciampato nel violino sventrato con le corde strappate sono entrato e ho visto il disastro della mia cella tutto fracassato tutto divelto tutto sfasciato tutta la roba per terra in due tre centimetri d'acqua una poltiglia che marciva lì da due mesi le guardie guardavano e non dicevano niente io non sapevo da che parte cominciare non sapevo cosa fare non riconoscevo più niente c'erano delle camicie delle maglie fradice con chiazze di muffa verde ho lasciato il tutto le camicie e le maglie

ho preso due maglioni che si erano salvati perché stavano sopra a altra roba poi ho preso anche un paio di pantaloni mezzi marci e anche strappati in fondo ma proprio mi servivano ho visto in un angolo un mucchietto le mie lettere strappate accartocciate stracciate ho riconosciuto il quadratine giallo dell'ultimo telegramma dì China c'erano le sue lettere e altre lettere le ho raccolte in una manciata vedevo sul pezzi di carta la sua calligrafia e me li sono messi in tasca ho cercato i miei libri qualcuno era ancora in buono stato anche se bagnato li ho asciugati un po' e li ho messi insieme ai maglioni dopo avere cercato di aisciugarli un po'

ho cercato ancora un po' ma senza molta convinzione ho rimestato un po' col piede tra i piatti di plastica e i giornali inzuppati sono rimasto li un po' a guardarmi intorno nella mia cella le guardie non mostravano di avere nessuna fretta ho guardato fuori dal vetri rotti della finestra poi mi sono chiesto perché facevo tutto quello e ho lasciato cadere per terra i libri ho tenuto solo i maglioni e i pantaloni marci poi mi sono messo la mano in tasca ho tirato fuori i pezzi delle lettere senza guardarli ho lasciato cadere per terra anche quelli anche le sue lettere e prima di andarmene mi sono tolto dal collo anche la sciarpa rossa che avevo sempre al collo e l'ho buttata lì anche quella e me ne sono andato in fretta con le guardie perché tanto non me ne importava più niente di niente


 

 

 

 

 

 

43.

E' arrivata la data del processo e sono stato trasferito nel carcere dove ero stato la prima volta dopo che mi avevano arrestato eravamo in un braccetto di transito per quelli che come me eravamo lì per un processo un braccetto che era qualcosa di orribile un braccetto sempre buio incassato in un angolo tra due raggi dove non arrivava mai un raggio di sole è stato lì che io mi sono reso conto perché l'ho visto direttamente per la prima volta di tutte queste storie di pentiti che erano cominciate proprio allora mi sono reso conto allora che il peggio di tutta questa storia doveva ancora venire che tutto quello che era successo finora non era stato ancora niente in confronto con quello che cominciava a succedere anzi era stato quasi bello in confronto perché con tutte queste storie che succedevano adesso mi sembrava che non solo tutto era finito per sempre ma anche che tutto era stato anche inutile che era stato veramente tutto inutile tutto quanto tutto quello elle tutti quanti avevamo fatto

è successo che c'era lì in questo braccetto uno che era conosciuto nel carcere come uno che aveva parlato che aveva mandato in carcere dell'altra gente la storia di questo qua era molto strana perché lui era stato catturato in conseguenza delle dichiarazioni di un pentito e allora in un primo tempo aveva ammesso tutto quello di cui questo lo accusava c'entrava anche un omicidio lui ha ammesso tutto ma senza dire altro senza accusare nessuno però i suoi compagni in carcere hanno considerato questo suo comportamento come un comportamento di ammissione delle dichiarazioni del pentito e gli hanno proposto come soluzione di farsi spedire in un carcere di pentiti prendere un pentito ammazzarlo

quando i suoi compagni gli hanno imposto questo lui ha avuto una crisi ha avuto una reazione davanti a questa proposta è entrato in crisi e ha deciso di pentirsi veramente lui poi l'ha motivato dicendo che aveva vissuto questa proposta come una cosa mostruosa questa cosa che gli proponevano e cioè un omicidio per rifarsi una verginità è andato in crisi ha passato così alcuni giorni poi si è deciso ha chiamato il magistrato e ha parlato davvero e ha fatto un sacco di nomi ha detto un sacco di cose ha fatto anche il nome di uno che era il suo migliore amico l'unico che l'aveva difeso in carcere e così sono arrivate altre incriminazioni per i suoi compagni che erano in carcere che sono stati nuovamente incriminati per quello che lui aveva detto

alla fine di queste sue dichiarazioni il magistrato gli ha detto con queste dichiarazioni tu non puoi più tornare in uno speciale con gli altri perché ti ammazzano subito allora lo hanno spedito in un carcere per pentiti è andato in questo carcere per pentiti con la convinzione di trovare per lo meno la possibilità di discutere di queste esperienze però arrivato li in questo carcere per pentiti altra crisi ancora peggiore della prima perché quello che ha visto quello che ha sentito nel suoi colloqui con questi pentiti è stata un'esperienza ancora più brutta perché lui spiegava nelle sue lettere al suo amico che anch'io leggevo che questi individui non erano affatto pentiti ma erano soltanto individui che facevano soltanto i loro conti su quando potevano uscire in base alla quantità di dichiarazioni che avevano fatto in che tempi potevamo uscire in base a quello

e allora lui è piombato in un'altra crisi e ha chiamato un'altra volta lo stesso magistrato a cui aveva fatto le sue dichiarazioni C ha ritrattato tutto e ha detto lo so benissimo che le ritrattazioni che faccio non serviranno senza dubbio a scagionare le persone che ho coinvolto però comunque lo da questo carcere me ne voglio andare perché io non voglio più stare qua allora il magistrato gli ha detto senti guarda che se ritorni dove eri prima ti ammazzano non ti fanno più nessuna proposta questa volta ma questa volta ti ammazzano appena ti vedono e così finisce ma lui ha detto non fa niente vado là anche se mi ammazzano però io qua non ci sto

il ministero non sapendo bene dove metterlo l'ha parcheggiato in questo braccetto e lui era lì proprio quando io sono arrivato lì per il processo lui era in isolamento anche all'aria .scendeva da solo lo mettevano in uno di questi spicchi da solo però appena sono arrivati li anche i suoi compagni lui ha cominciato a mandare bigliettini e lettere raccontando tutte queste vicende e dicendo che la sua intenzione era quella di volere tornare con i compagni nonostante che aveva fatto quello che aveva fatto e diceva che era disposto a accettare il giudizio che i compagni avrebbero dato sulle sue scelte e sui suoi comportamenti diceva che preferiva rischiare di essere ucciso perché si rendeva conto di quello che aveva fatto e che preferiva rischiare di essere ucciso

faceva tutti questi discorsi autocritici che mandava ai suoi compagni dall'isolamento ma che venivano tutti respinti non riceveva nessuna risposta e allora dopo questi tentativi andati a vuoto di stabilire un rapporto di discussione un giorno si è deciso è sceso all'aria e ha insistito per mezz'ora con il brigadiere che era di servizio per farsi mettere con i compagni ha insistito tanto il brigadiere era dubbioso poi però l'ha fatto entrare e allora lui si è messo a parlare coi suoi compagni raccontando la sua storia che già si sapeva i compagni gli hanno detto non entrare più qua dentro domani se no ti ammazziamo e allora lui ha detto che sarebbe entrato comunque domani perché se era quello che decidevano lui comunque lo accettava

e allora i suoi compagni discutono sul da farsi e dicono se effettivamente domani questo scende all'aria bisogna ammazzarlo davvero altrimenti questo resta li e la cosa passa e inoltre poi la voce circola in tutte le carceri e si viene a sapere che questo considerato un infame va tranquillamente all'aria in cortile con loro e allora il giorno dopo questo effettivamente si presenta all'aria i compagni avevano una lama ma hanno deciso di non accoltellarlo ma di strangolarlo con del lacci intrecciati delle scarpe hanno annodato una treccia fatta di lacci di scarpe e allora lui puntualmente si è presentato all'aria si è fatto mettere come il giorno prima nello spicchio dove c'erano i compagni e ha capito che questi lo ammazzavano e era lì a aspettare che lo ammazzavano

infatti lo hanno messo al muro e gli hanno messo questa treccia di lacci intorno al collo e questo qua non faceva la minima resistenza non diceva niente non si divincolava assolutamente stava immobile lasciava fare lasciava che gli mettevano la treccia intorno alla gola quando un compagno ha cominciato a tirare la treccia intorno al collo l'ultima cosa che ha detto è stata no non così era un suo amico quello che stava tirando gli ha detto no non così ti prego usa la lama fai con la lama quello ha continuato .i tirare la treccia e questo qua era diventato ormai cianotico era viola era completamente viola gli occhi rivoltati in su a poco a poco soffocava perché la cosa è durata moltissimo poi a poco a poco è caduto in ginocchio

poi improvvisamente la treccia si è spezzata la treccia di lacci di scarpe si è spezzata di colpo e quello che tirava è rimasto con in mano la treccia spezzata allora lì nel frattempo erano accorse le guardie che avevano seguito tutto dal gabbiotto dalle telecamere puntate e questo in ginocchio è rimasto lì rannicchiato per terra potevano andare avanti e ammazzarlo con le mani questo qua non avrebbe fatto nessuna resistenza però l'hanno lasciato avevano tutti le facce sconvolte sono arrivate le guardie coi cani coi caschi abbassati i manganelli gli scudi questo era lì rannicchiato per terra mezzo svenuto ma faceva degli scatti non so tossiva cercava di respirare gli usciva della schiuma dalla bocca poi vomitava non so ma che cazzo di storia di merda stavo vedendo che storia di merda che sto raccontando

solo che la storia non è finita qua perché dopo che le guardie l'hanno portato via e appena si è ripreso questo parlando dalla finestra della sua cella con quelli della cella di fianco diceva domani scendo ancora io domani scendo e loro dicevano però le guardie non ti mettono più con noi e lui diceva ho tentato di uccidermi ma non riesco ad uccidermi dovete uccidermi voi e così poi lui è sceso all'aria anche il giorno dopo però il giorno dopo era arrivato quel suo amico che questo aveva denunciato insieme agli altri questo qua è sceso all'aria e le guardie l'hanno messo ovviamente da solo erano molto tese le guardie perché non sono mica scene belle e loro davanti a queste scene si convincono che hanno a che fare con assassini che ammazzano come ridere si convincono ancora di più

è arrivato il suo amico ha saputo della storia dell'aria e allora la prima cosa che ha fatto è andato al cancello l'altro stava nel cancello di fianco e cacciando fuori la testa si riusciva a parlare vedendosi in faccia quello è andato là ha cacciato fuori la testa e si è messo a parlare con questo qua e allora tra i loro compagni si e creato un po' di imbarazzo per via di questo gesto perché comunque l'ultima cosa che potevano fare era dare addosso a quello che era un compagno troppo pulito troppo a posto per osare solo dirgli qualcosa e quello non solo ha fatto questo gesto ma poi si è tolto anche un anello si è tolto un anello dalle dita e glielo ha dato attraverso il cancello questo qua lo aveva denunciato però loro erano amici erano amici fin dall'infanzia

poi il giorno dopo questo qua sempre parlando attraverso la finestra della cella ha detto ai suoi compagni che lui aveva intenzione di chiamare il magistrato e di aggredirlo e quindi ha chiesto di passargli un fornello in modo da fare un punteruolo e allora i compagni gli hanno detto va bene ma non credere che se fai questa cosa i tuoi problemi sono risolti se tu questa cosa vuoi farla falla ma non cambia assolutamente niente il sangue di un magistrato non lava i tuoi problemi proprio così gli hanno detto il sangue di un magistrato non lava i tuoi problemi però gli hanno dato ugualmente il fornello e lui ha fatto il punteruolo ha fatto chiamare il magistrato a cui lui aveva fatto le dichiarazioni il magistrato è arrivato pensando probabilmente che lui doveva fare altre dichiarazioni e nella sala colloqui lui è riuscito a tirargli una punteruolata a un braccio dopodiché sono intervenute le guardie e lo hanno bloccato


 

 

 

 

 

 

44.

Qualche giorno prima dell'inizio del processo sono arrivati nel braccetto anche Gelso e Ortica io li aspettavo con molta ansia perché era così tanto tempo che non li vedevo Gelso era stato arrestato quando ero stato arrestato io ma era stato messo subito in uno speciale ancora più giù al sud e in tutto questo tempo non avevo avuto più notizie di lui Ortica invece era stato arrestato solo qualche mese fa e era finito nello stesso speciale di Gelso io ero molto ansioso emozionato di rivedere i miei compagni dallo spioncino li ho visti arrivare in fondo al corridoio circondati dalle guardie Ortica era carico di zaini Gelso non aveva niente per un momento non l'ho nemmeno riconosciuto era magrissimo i capelli corti senza occhiali guardava davanti a sé senza rispondere al saluti dagli spioncini delle celle

allora li ho chiamati e Ortica ha sentito subito mi ha riconosciuto anche se non mi poteva vedere perché le guardie li stavano mettendo in una cella un po' lontana dalla mia ho sentito la voce di Ortica che mi chiamava e mi diceva dove sei poi schiacciando la faccia contro lo spioncino l'ho visto per attimo in mezzo al corridoio che agitava un braccio per salutarmi mentre una guardia lo tirava indietro per l'altro braccio io appena li hanno chiusi dentro ho chiamato il brigadiere e gli ho detto che erano miei coimputati che erano lì per i1 mio stesso processo e ho scritto subito la domandina perché potessero venire nella mia cella dov'ero solo il brigadiere mi ha detto che la portava in direzione e che forse la sera stessa si poteva fare il trasferimento di cella

io intanto mi sono messo subito a preparare la cena per Gelso e Ortica nella mia cella non avevo molta roba ho chiamato il lavorante per mandarlo nelle altre celle per farmi dare della roba del vino soprattutto intanto ho scopato per terra e ho lavato anche con lo straccio il pavimento ho tolto il materasso dalla branda perché non c'era tavolo nella cella ma solo un pezzetto di lamiera rigida fissata al muro quando il lavorante è tornato mi ha portato tre bottiglie di plastica d'acqua minerale con dentro un quartino di vino rosso che così lo vendono alla spesa e altra roba che non era un granché e allora non sapevo come fare perché volevo fare una bella cena per i miei amici

e allora ho pensato di fare un dolce avevo in cella due bustine per fare i budini ho fatto due budini uno al cioccolato e uno alla vaniglia scaldando il latte in un pentolino sul fornello e poi li ho messi a raffreddare fuori dalla finestra in due scodelle di plastica ho fatto il caffè ci ho inzuppato dentro del biscotti secchi e poi su un piatto ho messo a strati il budino e i biscotti ho sbattuto un bianco d'uovo con lo zucchero fino a farlo montare in una crema bianca che ho messo sopra tutto e sulla brinda ho messo un lenzuolo bianco pulito poi ho svitato il fornello a gas e ci ho avvitato un cono di stagnola da cui la fiammella usciva come una candela

ho spento la luce e stavo apparecchiando quando la guardia ha aperto la blindata e ha fatto entrare Ortica ma Gelso non c'era e Ortica mi ha detto che mi avrebbe spiegato dopo ci siamo abbracciati e appena le guardie se ne sono andate mi ha detto che Gelso stava male stava male di testa era già parecchio tempo che non stava bene non sopportava più il carcere in un primo tempo parlava solo di evasioni poi ha cominciato a non parlare più con nessuno sembrava che non riconosceva più le persone non voleva più parlare con nessuno e poi si metteva anche nell'ora d'aria a camminare a quattro zampe nel cortile ringhiando e facendo delle smorfie come un pazzo borbottava che se era un cane l'avrebbero lasciato uscire

avevo preparato per cominciare delle tartine con delle fette di salame e un po' di maionese abbiamo cominciato a mangiare e Ortica ha cominciato a raccontarmi la storia di Scilla io avevo già sentito qualche voce che circolava ma non ci avevo creduto mi sembrava impossibile quello che si diceva che Scilla era diventato una spia un delatore che aveva tradito i compagni anche se lui a me non mi era mai stato simpatico però Ortica mi ha raccontato che ormai tutti i compagni fuori avevano la certezza che Scilla era diventato confidente del carabinieri che aveva fatto arrestare un sacco di compagni tutto era cominciato quando i carabinieri gli hanno fatto una perquisizione e o perché gli hanno trovato delle armi o non si . sa per quale altro fatto fatto sta che se lo sono portato in caserma e per tutto il giorno è rimasto in caserma e poi lo hanno rilasciato durante la notte

Scilla aveva motivato la cosa dicendo ai suoi compagni che i carabinieri gliela avevano menata per tutto il giorno ma che poi lo avevano lasciato andare perché non avevano in mano niente i compagni ci avevano creduto anzi erano felici che non era successo niente di grave ma neanche nella maniera più lontana qualcuno ha avuto un dubbio è arrivato a pensare che in quella occasione era cominciata la sua collaborazione con i carabinieri Scilla era del tutto insospettabile tutti avrebbero messo la mano sul fuoco per lui e invece quando i carabinieri gli hanno fatto la proposta di collaborare lui ha accettato e lo hanno lasciato andare e poco dopo c'è stato l'agguato e la morte di Cotogno e poi quando ha finito di denunciare tutti i suoi compagni Scilla sparisce non si sa forse gli danno un passaporto del soldi e sparisce all'estero

sulla morte di Cotogno la conferma che il responsabile era Scilla Ortica l'ha avuta direttamente da Valeriana che aveva incontrato poco prima di essere arrestato aveva incontrato Valeriana per caso davanti a una farmacia era parecchio che non la vedeva e quasi non la riconosceva aveva sentito dire che era inscimmiata ma gli ha fatto impressione quando l'ha vista com'era ridotta Valeriana si vede che quel giorno era in crisi d'astinenza che non trovava roba per farsi era conciata che non posso spiegarti mi ha raccontato Ortica piangeva urlava era cuori dalla farmacia e urlava aiutatemi nessuno vuole darmi il metadone ho fatto il giro di tutte le farmacie di tutti i paesi nessuno mi vuole dare il metadone questi bastardi di farmacisti di merda li ammazzo tutti sto male sto impazzendo

non l'ho più rivista per una settimana poi un giorno mi ha aspettato sotto casa era vestita come l'ultima volta con la stessa cuffia di lana nera calcata sulla fronte mi ha chiesto Se le potevo trovare del soldi perché con Nocciola era sotto di un milione Nocciola era diventato lo spacciatore della zona questa era un'altra cosa che ho saputo da Ortica Valeriana vendeva per lui l'eroina ma i soldi se li era spesi tutti per farsi lei insomma era nei casini e non poteva più rivolgersi a nessuno aveva debiti dappertutto parlava ininterrottamente e diceva che voleva smettere che adesso prendeva il metadone perché voleva smettere ma che prima doveva sistemare il debito con Nocciola

non aveva paura di lui quanto del suo giro di amici che erano capaci di fare storie pesanti con quelli che non pagavano l'avevano già minacciata e Nocciola non si era messo in mezzo se ne lavava le mani e avrebbe sicuramente lasciato fare ai suoi amici siamo andati in un bar si è tolta la giacca a vento ma teneva sempre in testa la cuffia di lana nera che le sembrava incollata sulla testa i capelli ti ricordi che bel capelli aveva biondi lunghi adesso le cadevano sulle spalle a ciocche impastate di un colore sporco aveva la faccia sudata e giallognola gli occhi infossati e cerchiati da occhiaie così scavate che sembravano delle rughe parlava in continuazione facendo scorrere su e giù continuamente le unghie sulle coste del pantaloni di velluto

è stato quella volta li al bar che Valeriana ha raccontato a Ortica la storia della morte di Cotogno si erano dati un appuntamento in quell'appartamento dove avevamo avuto quella famosa riunione Cotogno aveva detto a Valeriana prima di andarci che aveva un appuntamento con Scilla ma Scilla non era andato all'appuntamento e invece c'erano andati i carabinieri sono entrati nell'appartamento e hanno sparato subito evidentemente hanno voluto vendicare il carabiniere che era stato ucciso da poco e da quel momento Scilla è scomparso dalla circolazione e c'è stata una serie di arresti tutti compagni che avevano avuto del rapporti con Scilla e alla fine anche Ortica che con le storie di Scilla non c'era mai c'entrato niente ma probabilmente perché Scilla lo odiava

abbiamo mangiato l'insalata di riso fredda che avevo rimediato e delle sardine in scatola Ortica mi ha detto che di China nessuno ne sapeva più niente da un pezzo era scomparsa completamente volatilizzata lui l'aveva vista l'ultima volta in sede quando si stavano facendo le prove della radio io preferivo non parlare di China abbiamo mangiato il budino che era schifoso poi Ortica ha fatto un grande sorriso e ha tirato fuori dal taschino dei jeans una caccola di fumo l'ha guardata controluce e mi ha detto sai che storie ho dovuto care per portarla fin giù siamo seduti sul materasso e ci siamo fatti uno spinello il fumo era buonissimo e ci siamo messi a ridere tutti e due Ortica rideva sempre più forte rideva come un matto gli sono venute le lacrime agli occhi

domani abbiamo il processo ti rendi conto domani ci portano lì e ci fanno un bel processo io non ho la minima idea ma tu hai un'idea che cosa gli diciamo ha smesso di ridere anche se sembrava che rideva ancora ma sulla faccia aveva una smorfia io ho detto tanto ci daranno lo stesso un sacco di anni a tutti qualsiasi cosa gli andiamo a dire o non dire la fiamma a candela del fornello è scesa piano la bomboletta a gas del fornello stava scendendo finché si è spenta del tutto io non vedevo quasi più Ortica li al buio gli ho detto qualche volta mi chiedo adesso che tutto è finito mi chiedo che cosa ha voluto dire tutta questa nostra storia tutto quello che abbiamo fatto che cosa abbiamo ottenuto con tutto quello che abbiamo fatto lui ha detto non credo che è importante che tutto è finito ma credo che la cosa importante è che abbiamo fatto quello che abbiamo fatto e che pensiamo che è stato giusto farlo questa è l'unica cosa importante io credo

Ortica mi ha passato lo spinello per l'ultimo tiro e gli ho chiesto della radio come aveva funzionato la radio Ortica si è rimesso a ridere la radio era tutto pronto c'era tutto il materiale c'era la frequenza c'era anche il telefono avevamo fatto tutte le prove di voce con la voce di China uno due tre prova rideva siamo riusciti a dire solo uno due tre prova c'era tutto lì pronto bastava schiacciare un pulsante e parlare ma non avevamo più niente da dire nella sede non ci andava più nessuno ormai ogni giorno capitava un disastro nuovo uno che arrestavano uno che impazziva uno che spariva uno che si suicidava tutti sono spariti non c'era più niente da dire e così tutto è rimasto lì a coprirsi di polvere il trasmettitore la piastra lo sterco l'amplificatore il microfono e la voce di China


 

 

 

 

 

 

45.

Non vuole rispondere mi dice nel microfono la voce del presidente e la sento alle mie spalle rimbombare alzo la testa e guardo quelle teste che mi guardano dall'alto dietro i loro occhiali scuri mi sento sprofondato in basso sulla mia sedia con i carabinieri in piedi dietro di me e sopra quella fila di teste asserragliate dietro il bancone che mi guardano con ostilità e disprezzo tutti mi guardano nell'aula gli avvocati i giornalisti lo scarso pubblico di parenti i compagni nella gabbia i carabinieri sparsi dappertutto tutti guardano me tutti aspettano me aspettano che parlo anch'io aspetto mi sembra che aspetto da sempre che il tempo si è fermato e adesso cosa faccio cosa dico stavo lì immobile aspettando non so che cosa

ho fatto sì con la testa per dire che volevo rispondere e subito il presidente senza neanche guardarmi mi chiede se mi ritengo colpevole o innocente e allora io dovevo cominciare a parlare visto che avevo fatto sì con la resta ho fatto un grande sforzo la bocca secca che mi bruciava e senza guardare nessuno guardavo solo il legno del bancone dritto davanti al miei occhi ho detto che prima di rispondere bisognava prima intendersi sul significato di queste parole perché non era detto che per me e per loro queste parole colpevole o innocente avevano lo stesso significato e allora bisognava prima chiarire capire stavo dicendo più o meno una cosa del genere e ho sentito un urlo del pubblico ministero che mi interrompeva dicendo che dovevo rispondere alla domanda e non fare inutili giochi di parole

ho avuto subito la reazione di alzarmi e dì ritornarmene nella gabbia non l'ho fatto perché mi sentivo inchiodato incollato su quella sedia adesso intorno a me c'era il silenzio allora ho aspettato un momento poi ho ripreso ho detto allora diciamo così voi parlate mi accusate voi dite banda armata che io sono stato ho partecipato a una banda armata che sono un sovversivo il presidente mi interrompe dice no no dice non ci siamo non sono io che dico questo e picchia col palmo della mano sulla pila di fascicoli che ha lì davanti non sono io che dico questo questi sono gli atti e picchia ancora con la mano sui fascicoli è da tutti questi atti che il codice penale desume il reato di banda armata è sulla base di questi atti che noi dobbiamo discutere e che lei mi deve rispondere perché è sulla base di questi atti che stiamo facendo questo processo

a questo punto sento la voce del mio avvocato dietro di me che dice vorrei se il presidente me lo consente ma il presidente non consente anzi s'infuria e grida all'avvocato che lui adesso non consente niente che l'avvocato attenda il suo momento l'avvocato tenta di insistere ancora e dice io credo di avere il diritto quale diritto grida il presidente il diritto lo stabilisco lo qui dentro sono lo che dirigo questo dibattimento dalla gabbia parte qualche grido qualche fischio il pubblico ministero si alza in piedi e punti il dito verso la gabbia e urla ma io non sento che cosa urla perché adesso tutti urlano il presidente urla più di tutti nel microfono i carabinieri si agitano su e giù fuori dalli gabbia il presidente urla più forte di tutti basta silenzio ancora una parola e faccio sgomberare l'aula

aspettano ancora tutti un'altra volta che ricomincio a parlare il presidente si è calmato agita la mano su su andiamo avanti allora lo dico stavo dicendo che io non capisco che senso ha da parte mia dichiarare di essere innocente o colpevole perché non è che voglio negare anzi rinnegare quello che ho fatto quello che sono stato perché se ho pensato che questa società in cui viviamo va cambiata il presidente mi interrompe ma lei si deve rendere conto che qui non stiamo processando delle idee ma del fatti del fatti contemplati dal codice penale come reati ma allora dico lo perché cominciate accusandomi di essere un terrorista queste sono idee non sono forse idee queste ho detto lo il presidente alza un dito

ma sono idee che portano dritte al sangue che hanno portato a un lago di sangue lei si dimentica o vuole volutamente dimenticare tutti i morti che ci sono stati che sono stati il seguito naturale delle idee e del comportamenti sovversivi allora io dico a parte che io comunque credo che non sono accusato di nessun morto di nessun fatto di sangue ma il pubblico ministero mi interrompe con un urlo indignato questo è un atteggiamento cinico e sprezzante una voce dalla gabbia riconosco la voce di Ortica gli grida buffone il presidente dice che non tollera le interruzioni e quel linguaggio e ordina che Ortica sia espulso dall'aula c'è stata una grande confusione tutti che urlavano dentro la gabbia gli avvocati che protestavano il pubblico ministero che agitava le braccia il pubblico che rumoreggiavi finché si è sentito l'urlo del presidente sospensione e così è finito il mio interrogatorio

tutto quello che ci è stato raccontato finora è una storia insensata ma è soprattutto una storia criminale così ha cominciato la sua requisitoria alla fine del processo il pubblico ministero dall'alto del suo banco dritto in piedi avvolto nella toga nera sotto l'enorme orribile mosaico col trionfo delle azzurre forze del male la bocca premuta sulla palla nera del microfono e la voce che rimbomba nel silenzio dell'aula in quella gabbia è rinchiusa la follia di questi anni tutte le teste dei giurati si girano verso la gabbia tutte insieme bisogna allontanare ogni tentazione di giustificazione sociale politica culturale la responsabilità diretta o indiretta nei fatti delittuosi che hanno insanguinato il paese noi dobbiamo le teste del giurati tornano a girarsi verso il pubblico ministero

cercando di gettare nel caos le istituzioni fondamentali della nostra democrazia la famiglia lo studio il lavoro davanti a voi non avete dei rivoluzionari ma degli uomini e delle donne trasformati dall'odio contro la società in belve inferocite le teste del giurati si girano tutte verso la gabbia senza ideali se non quelli della distruzione e della morte alle spalle di questi individui non c'è cultura c'è la pedagogia della violenza ascoltatemi bene le teste dei giurati si girano verso il pubblico ministero tutte insieme seminando odio nelle menti immature e sprovvedute delle giovani generazioni approfittando bassamente delle libertà che la nostra democrazia offre indistintamente a tutti per ordire il loro disegno eversivo mirante a abbattere le basi della pacifica e civile convivenza

ma chi semina vento raccoglie tempesta il pubblico ministero ha alzato la voce e sembra mangiare il microfono si sporge in avanti appoggiandosi con la punta delle dita sul bordo del banco non c'è cultura in questa storia non ci sono idee in queste farneticazioni senza punti né virgole c'è solo predicazione dell'ignoranza e della violenza del rifiuto totale della negazione pura i profeti di sventura che hanno tramato alle nostre spalle per anni impuniti che hanno armato le mani di questi giovani sciagurati che hanno portato tanti lutti in famiglie oneste innocenti laboriose eccoli ora davanti a voi le teste del giurati si girano insieme verso la gabbia per un istante poi tornano ,i fissare il pubblico ministero che ormai grida alzando le braccia al cielo

noi tutti che ci eleviamo a difesa delle istituzioni democratiche e delle sue leggi dobbiamo dire che lassismo irresponsabile che si è verificato aperto atteggiamento di complice accondiscendenza i giurati tendono le teste perché la voce del pubblico ministero rimbomba tanto che le sue parole sono ormai incomprensibili vero e proprio fiancheggiamento da parte ebbene oggi intellettuali bramosi ci sentiamo di dire che credevano di fare la storia nessun dubbio nessuna clemenza questi individui dalla storia saranno condannati punire fino in fondo il braccio incolto di queste menti perverse monito alla parte sana del giovani di questo paese finirà nella spazzatura della storia a quelli che verranno dopo di noi schiacciare questo drago mostruoso


 

 

 

 

 

 

46.

Ho fatto il viaggio di ritorno allo speciale insieme a un ragazzo che poi è stato ucciso in carcere anche lui e prima a sua volta aveva ammazzato qualcuno in carcere e era destinato in uno del primi braccetti della morte che stavano sperimentando in quel periodo era destinato lì perché aveva appena ucciso uno in uno speciale per una questione di regolamento di conti tra mafiosi non so bene mi faceva una strana impressione quando pensavo che era uno scannatore all'apparenza era un ragazzo innocuo quasi tenero aveva un grande drago colorato tatuato sul petto abbiamo parlato durante tutto il viaggio che mi riportava al carcere speciale dopo il processo poi è finito male questo ragazzo l'anno dopo gli hanno tirato una trentina di coltellate l'hanno ammazzato

prima di partire stavamo in celle di fianco era venuto lì anche lui per un processo e mi passava dalla finestra il pollo arrosto che gli mandava la sorella ho fatto il viaggio dì ritorno sul solito blindato e la cosa assurda è che ero contento di tornare giù allo speciale per rivedere tutti i compagni gli amici parlavo con questo ragazzo nel blindato e lui era abbastanza disperato di finire in questo braccetto della morte diceva che li era impossibile vivere non c'era nulla era in isolamento completo totale non poteva scrivere ai famigliari era difficile perfino comunicare con l'avvocato i detenuti non si vedevano mai tra di loro una condizione di isolamento assoluto totale

dall'oblò del blindato vedo il complesso del carcere venirmi incontro poi l'immagine si riduce al particolare del muro di cinta dietro il reticolo della rete metallica altissima con in cima il filo spinato scorrono le guardiole di vetro blindato poi il furgone si ferma davanti al primo cancello mi sembra di tornare a casa vengo consegnato alle guardie e poi comincia il solito rituale della perquisizione della roba degli zaini mi fanno una radiografia perché c'era questa novità adesso che il ministero aveva inviato una macchina per fare le radiografie perché avevano avuto dei casini sempre quando volevano fare le perquisizioni anali c'erano sempre puttanai casini perché la gente non voleva per cui erano sempre botte puttanai casini su questa cosa

allora il ministero ha fatto questo salto tecnologico ha mandato negli speciali queste macchine per le radiografie e allora ti facevano queste radiografie ti mettevano dietro uno schermo per vedere se avevi infilato su per il culo le lame dell'esplosivo dentro del bussolotti eccetera perché per chi stava negli speciali le occasioni di fuga erano date solamente durante i processi perché c'era il trasferimento si cambiava carcere e allora c'erano questi che nello speciale ci stavano da anni e che consideravano quella un'occasione buona per tentare la fuga per cui se avevano lame o esplosivo potevano magari sfruttare l'occasione per tentare di scappare e allora se lo portavano con sé nei trasferimenti

mentre mi rivestivo mi ricordo che un brigadiere mi ha fatto qualche commento sul mio processo che aveva letto sul giornale poi mi ha chiesto se sapevo che mentre lo non ero li c'era stato uno scannamento tra i comuni io ho detto sì lo so l'ho letto sul giornale e allora ha cominciato a descrivermi nei particolari come si era svolto questo scannamento perché lui era proprio lì dietro il cancello lo tagliavo corto dicevo sì sì non mi interessa anche perché la sua intenzione era vedere le reazioni che io avevo o forse no una deformazione che arriva in carcere è che si arriva a voler dare un significato a tutto voler interpretare tutto che tutto deve essere un segno di qualcosa i deve poter leggere logicamente mentre invece se ci pensi poi capisci che c'è sempre un sacco di cose che capitano così per caso come forse quel brigadiere che aveva forse solo voglia di chiacchierare

dopo quel morto dal ministero è arrivato l'ordine di separate i comuni dai politici ma il morto è stato un pretesto era un progetto già in piedi da tempo quello di una separazione netta tra comuni e politici nel frattempo però dopo la rivolta i rapporti tra comuni e politici si erano incrinati c'era stato un ricambio generale del comuni e non avevano messo lì più nessun comune che simpatizzava per i politici e che quindi poteva essere un tramite tra le due componenti così è venuto meno il rapporto che c'era tra comuni e politici prima della rivolta non ci sono state reazioni anzi i comuni facevano girare la voce che erano molto incazzati con i politici perché con i loro casini avevano peggiorato le condizioni del carcere e che di casini loro non ne volevano avere più da noi

allora appunto il brigadiere mi ha spiegato quello che era successo mi ha detto adesso non fate più l'aria insieme i comuni socio incazzati eccetera il brigadiere continuava ,i parlare ininterrottamente mentre mi accompagnava in sezione per tutto il percorso del corridoi e quando ci fermiamo ai cancelli chiusi e su per le scale e mi diceva anche che erano arrivate lì anche moltissime persone nuove e adesso avevano ristrutturato il secondo piano dopo un inno di lavori l'avevano tutto ristrutturato e così alla fine tutto è tornato con lo stesso ordine che c'era prima della rivolta lavoranti al pianterreno comuni al primo piano e politici al secondo e così hanno potuto riempirlo con altra gente e quando sono arrivato al secondo piano ristrutturato ho visto come era stato trasformato

la sezione aveva un'aria tutta nuova aveva un'aria da bunker più bunker di quanto fosse prima c'erano molte più guardie nei corridoi c'erano molti cancelli dei filtri nel corridoi non più soltanto i cancelli della rotonda ma c'erano altri filtri di cancelli c'erano le telecamere in alto che prendevano d'infilata i corridoi le telecamere accese con le lucine rosse le blindate sono chiuse e dagli spioncini vedo facce che non conosco il brigadiere mi dice lo ti consiglio mi dice paternalista lo ti consiglio dammi retta nel tuo interesse di metterti da solo in una cella perché nel camerone con gli altri lo sai che ti vengono addosso i guai è da tanto che sei qui e lo sai dammi retta mettiti da solo io gli ho detto no lo voglio tornare nel camerone con i miei amici

il brigadiere scuote la testa fai come vuoi però per stanotte devi dormire qui devi stare solo adesso nel tuo camerone i posti sono tutti occupati ma domani c'è uno che parte per un processo e quando questo parte potrai andare nel camerone e prendere il tuo posto che avevi prima di partire passando nel corridoio ho visto molta gente che non conoscevo ma poi sono arrivato nelle celle dove c'erano i vecchi compagni che avevo lasciato per cui il solito rituale dei baci tra gli spioncini con i nasi che si appiccicano sui bordi degli spioncini queste cose le urla i saluti che poi sono continuate quando sono entrato nella mia cella sono rimasto un po' a urlare dallo spioncino poi è finito con ci vediamo domani all'aria e poi i compagni mi hanno mandato le cose da mangiare troppa roba ognuno ha mandato qualcosa

quando i saluti sono finiti ho guardato meglio la cella e la cella in effetti era completamente trasformata da come erano prima nel senso che per esempio avevano tolto tutte le mattonelle del pavimento e avevano fatto una semplice colata di cemento liscio alla finestra oltre alla doppia serie di sbarre che già esisteva hanno aggiunto un'altra grata di sbarre speciali che erano dei grossi cilindri incrociati a rombo avevo già sentito parlare di queste nuove sbarre perché sono le famose sbarre antiseghetto perché sono di una lega speciale e hanno all'interno un'anima un altro cilindro d'acciaio che ruota sul suo asse così anche nel caso che col seghetto intacchi le sbarre quando arrivi a metà trovi l'anima che ruota e il seghetto non riesce a fare presa sull'anima che ruota

quindi oltre alle doppie sbarre che già c'erano hanno messo in un'altra grata di queste sbarre speciali e in più ancora fuori hanno messo una grata di ferro con una rete talmente fitta che non ci passava neanche un mignolo e poi il giorno dopo ho visto che non ci passava nemmeno quasi la luce e poi ho visto anche che avevano sostituito il lavandino non era più in ceramica ma era in ferro in acciaio incassato completamente dentro un blocco di cemento stessa cosa per il cesso alla turca anche quello incassato in un blocco di cemento anche l'armadietto era d'acciaio e murato le blindate restavano chiuse praticamente tutto il giorno era aperto solo lo spioncino e ovviamente anche di notte le blindate erano sempre chiuse

ho passato lì la prima notte dopo il ritorno in questa cella però prima di andare a letto è successa un'altra cosa perché nella cella di fronte a me avevo un vecchio compagno che conoscevo bene e che stava anche lui in carcere da molto tempo e di fianco alla sua cella ho visto affacciarsi allo spioncino un giovane compagno che non conoscevo mi ha salutato lo l'ho salutato poi ho parlato un po' con questo vecchio compagno e il nuovo arrivato stava lì allo spioncino che ci ascoltava e voleva anche lui parlare con noi ma il vecchio compagno mi faceva delle strane facce mentre il nuovo arrivato voleva come attaccare discorso con me l'altro mi faceva strane facce poi mi ha fatto segno con la mano come di tacere io sul momento non capivo capivo che c'era qualcosa che non andava ma non capivo che cosa


 

 

 

 

 

 

47.

La mattina dopo sono sceso all'aria e sono subito corso a abbracciare i vecchi compagni per cui baci e abbracci con rutti e poi hanno cominciato a raccontarmi tutto quello che era successo in mia assenza soprattutto l'arrivo di questi nuovi compagni tutti molto giovani che erano giudicati dal vecchi Compagni come molto infantili e inesperti erano appena entrati in carcere non conoscevano ancora il funzionamento dei meccanismi del carcere in più giravano voci che tra loro c'erano persone sospette persone che erano state arrestate su dichiarazioni di pentiti e che nell'interrogatorio coi magistrati avevano immesso qualcosa o tutto e avevano così confermato i pentiti anche se non avevano fatto nomi o aggiunto altre cose e poi c'erano altri che si erano pentiti e poi si erano pentiti di essersi pentiti e avevano ritrattato

sentivo tutte le contraddizioni e le tensioni di questa nuova situazione perché prima il clima del carcere era il clima di una comunità dove c'erano ottimi rapporti di fratellanza eccetera con questi nuovi venuti effettivamente i problemi erano grossi perché motti di questi nuovi venuti avevano storie assurde erano l'ultima generazione di combattenti tutti giovanissimi e avevano tutti una biografia simile non avevano avuto nessun percorso di movimento anche perché ormai il movimento era stato spazzato via per cui il percorso era stato la lettura di qualche documento la distribuzione clandestina di qualche volantino scritte sul muri uno striscione su un cavalcavia e poi magari un omicidio subito tra le prime azioni e poi l'arresto su dichiarazioni di qualche pentito

vivevano uno sbandamento pauroso perché ormai non avevano più nessun progetto politico e fuori i loro compagni rimasti erano ormai piccoli gruppi che cercavano solo di sfuggire braccati inseguiti per tutta Italia da carabinieri e polizia però anche lì nel carcere conservavano tenacemente i loro vincoli associativi di clan di banda che erano per loro come vincoli familiari io ho chiesto di questo compagno nuovo della cella di fronte a me che la sera prima mi avevano fatto segno di non parlargli e mi hanno detto che era uno di quelli arrestati un paio di settimane prima lo avevo seguito alla televisione la sua storia e il suo arresto e quello degli altri suoi compagni feriti fuggiaschi per le campagne e i boschi questa scena di caccia grossa con l'inseguimento del carabinieri in elicottero e a cavallo dopo che avevano fatto una rapina andata male

li hanno catturati e la cosa che era successa è che questo era stato torturato e sotto tortura aveva parlato e aveva fatto arrestare altri suoi compagni che adesso erano anche loro lì nello stesso carcere questo per la prima settimana era rimasto in cella non era sceso all'aria i suoi compagni hanno dovuto trattare discutere con gli altri e hanno garantito per lui dicendo questo è stato torturato ha fatto dei nomi però siamo noi semmai che dobbiamo dire qualcosa perché noi siamo in galera perché lui ha fatto i nostri nomi però siccome ha parlato sotto tortura e hanno torturato anche noi anche se noi non abbiamo parlato però comprendiamo benissimo quello che ha fatto quindi dopo una settimana di discussioni qua e là si era deciso che questo poteva scendere all'aria e tutto era risolto

all'aria era cambiato il clima non si giocava più a pallone era diventata una situazione nevrotico di discussioni senza fine in cui ogni giorno c'era il problema di uno che forse era un infiltrato un infame eccetera e c'era come in tutti i carceri questo dibattito sul pentimento e sulla tortura che era diventata la regola per chiunque catturavano allora i compagni di quello che avevano torturato e che aveva parlato gli hanno detto è bene che questa tua esperienza venga scritta fatta circolare lui ha preso la cosa con impegno e ha passato una settimana a scrivere questo documento al momento in cui doveva farlo leggere ha detto che ci aveva ripensato che quella stesura non andava bene che doveva farne un'altra sono passati altri giorni ha fatto una seconda stesura l'ha fatta circolare tra i suoi compagni per i suoi compagni andava benissimo

ma poi lui ha deciso di ritirare anche questa seconda stesura e di non farla circolare più e poi un giorno è sceso all'aria ha chiamato a raccolta è sceso all'aria con una faccia incredibile molto teso molto nervoso ha chiamato tutti i suoi compagni noialtri non capivamo bene cosa cazzo c'era in piedi cosa stava succedendo ha chiamato i suoi compagni a raccolta in un angolo del cortile e sì è messo a parlare con questi però noi abbiamo visto che questi quando lui ha finito di parlare non sì sono messi a discutere lo hanno lasciato finire e se ne sono andati via tutti subito e l'hanno lasciato lì solo senza dirgli niente e se ne sono andati

siamo andati a chiedere a questi altri con cui questo aveva parlato e abbiamo saputo che aveva detto al suoi compagni che lui non era mai stato torturato ma che era stato solo minacciato di essere torturato per cui aveva preso paura e aveva parlato e fatto i nomi senza essere stato torturato siamo riarmasti tutti quanti sbalorditi la cosa era gravissima a questo punto perché si era in pieno dibattito su come arrestare il pentimento dilagante e capita una storia come questa qua e ci sono quelli che sono finiti in carcere a causa di questo che sono stati torturati davvero e che non hanno parlato e questo qua invece è stato solo minacciato e ha parlato insomma era un casino si capiva che era una situazione che era un casino

allora la prima cosa che fanno è di allontanarlo dal camerone di metterlo in una cella da solo in quarantena quando questo scendeva all'aria nessuno più ci parlava e noi abbiamo chiesto ai suoi compagni che intenzioni avevano loro hanno detto noi facciamo un'indagine su questa storia e siccome siamo un'organizzazione chiediamo il parere anche agli altri compagni nelle altre carceri e anche ai compagni che abbiamo fuori per prendere una decisione e nel frattempo questo qua sta lì cosi ci hanno risposto così e hanno cominciato la loro indagine che consisteva attraverso un sistema complicato di codici attraverso lettere e telegrammi scritti in codice con quelli della loro organizzazione che stavano in altre carceri o che stavano fuori in clandestinità a far girare il discorso per avere poi le risposte

questo qua si è chiuso nella sua cella passava tutto il tempo sulla branda a leggere la pagina sportiva del giornale a guardare i film alla televisione come un qualsiasi coatto passava così tutto il tempo in attesa della soluzione del suo problema parlare con lui era inutile non faceva che ripetere lo da qui non me ne vado è giusto che i compagni che sono in carcere per colpa mia abbiano il diritto di giudicarmi diceva che era disposto a morire se poteva servire a ripagare almeno in parte quello che aveva fatto parlava di suicidarsi e alcuni suoi compagni più cinici pensavano che questa sarebbe stata la migliore soluzione per tutti perché avrebbe risparmiato loro il problema di ammazzarlo e anche politicamente sarebbe stato più significativo che ammazzarlo loro

la cosa che i suoi compagni preferivano era certamente di non doverlo ammazzare non erano assolutamente contenti di dovere affrontare questo problema e di dovergli dare questa soluzione di doverlo ammazzare sì capiva chiaramente che se lo facevano non lo facevano mica perché erano convinti ma perché erano costretti erano costretti in confronto ai loro compagni nelle altre carceri e fuori di cui cominciavano a arrivare i telegrammi con le decisioni che erano tutte unanimemente per ammazzarlo e erano costretti in confronto agli altri gruppi combattenti che in caso contrario li accuserebbero subito di coprire apertamente un pentito un infame proprio in quel momento in cui il problema è di lottare contro il pentitismo dilagante per cui se ci si trova davanti a un pentito bisogna subito inchiodarlo senza pensarci su un secondo

io ero incerto perché da una parte ero ormai dentro a questo meccanismo psicologico dell'attesa della scarcerazione credevo effettivamente che fosse ormai questione di poco tempo quindi non era il caso che mi buttassi in tutte queste storie in maniera appassionato perché tanto avrei dovuto andarmene abbastanza presto di lì ma anche perché francamente quando ho saputo questa storia non mi è piaciuta molto non perché lo disprezzavo perché aveva avuto paura davanti alla tortura io lì non posso dire niente a me non mi hanno mai minacciato di firme bere litri di acqua salata di darmi delle scariche elettriche sui coglioni di pestarmi scientificamente coi manganelli di tenermi in piedi immobile per giorni di tagliuzzarmi con delle lamette di bruciarmi le dita con gli accendini eccetera non mi hanno mai fatto minacce del genere e in più sapendo poi alte queste cose te le fanno davvero

una cosa assurda era che questo compagno scendeva all'aria e puntualmente tutti i giorni andava dai suoi compagni che lo ignoravano evitavano addirittura di guardarlo e gli diceva allora avete deciso e questi gli dicevano no e lui tornava nell'angolo allora nonostante tutto io ho deciso di parlarci con questo qua però questo qua era completamente partito di testa gli ho detto vattene vattene via di qua perché cosa fai qua cosa aspetti che ti ammazzano lui mi ha fatto come un sorriso ha scrollato la testa e poi ha ripreso a camminare allora lo mi sono messo di fianco a lui e sono andato su e giù di fianco a lui un paio di volte per il cortile si era fatto silenzio nel cortile tutti ci guardavano era un rischio quello che facevo era una sfida ma poi altri due vecchi compagni mi hanno raggiunto e hanno passeggiato insieme a me e a questo qua non è che pensavo che serviva a qualcosa era un gesto un gesto e basta

che forse non serviva a niente in quella situazione di impazzimento generale ma almeno quello non l'hanno ammazzato gli hanno dato una volta un sacco di botte e l'hanno obbligato a andare in isolamento e tutto è finito li con quello ma di cose così poi ne sono successe una dietro l'altra che non si riusciva più a capire a trovare delle soluzioni e mi sembrava che ormai tutto era impazzito che tutto era veramente impazzito tutto ormai era diventato possibile come che il tuo compagno di cella magari il tuo migliore amico di colpo improvvisamente un giorno scoppia risali dall'aria e lui non c'è più e allora capisci che si è messo in isolamento dove poi chiama un magistrato e se la canta e si canta anche te e così è saltata tra di noi la solidarietà che era stata la nostra grande forza l'unica cosa che ci era rimasta


 

 

 

 

 

48.

Quando mi sono arrivate le notizie della fine di Gelso l'inverno era quasi finito sopra i catino di cemento armato del cortile c'era un cielo azzurro e luminoso l'aria era dolce quando soffiava il vento si sentiva l'odore del mare vicino cominciavamo a spogliarci giù all'aria a toglierci le camice e le maglie ci mettevamo lì sdraiati al sole i nostri corpi bianchi respiravano ma poi ci guardavamo e vedevamo sui nostri colli sul toraci sulle spalle sulle braccia pallide delle macchie più scure dappertutto eravamo tutti coperti di quelle macchie che erano del funghi e facevamo finta di non guardarci di non vedere quelle macchie che ci coprivano tutti è stato in quei giorni che mi è arrivata l'ultima lettera da fuori mi ricordo che era di Malva e mi parlava di Gelso

Gelso alla fine anche dietro pressione del medico del carcere che si era convinto del suo stato di squilibrio mentale era stata accolta la sua domanda di scarcerazione era stato messo agli arresti domiciliari perché si erano convinti che in carcere non si poteva curarlo che li non faceva che peggiorare e così era tornato a casa era tornato a abitare con la famiglia e i primi giorni i suoi amici i suoi compagni quelli che lo conoscevano bene che erano anche suoi amici d'infanzia e che gli volevano bene andavano a trovarlo hanno cercato di stargli vicino di aiutarlo come potevano ma tutto sembrava inutile Gelso ormai sembrava non riconoscere più nessuno non voleva parlare con nessuno non voleva vedere nessuno

aveva chiesto ai suoi genitori di non fare entrare nessuno nella sua camera e anche lui non usciva mai dalla sua camera si faceva anche portare da mangiare nella sua camera e in pochi giorni ha trasformato la camera in una cella ha portato fuori tutti i mobili ha voluto tenere solo una branda un tavolo e una sedia teneva sempre la finestra chiusa e la luce accesa anche di giorno e ha cominciato anche a arredarla come una cella con quelle cose che usano i detenuti le scatole di cartone del detersivi o della pasta appese ai muri per farne delle mensole e poi una sera ha mimato un'evasione ha annodato le lenzuola e si è calato dalla finestra l'hanno ritrovato nel cortile con una caviglia slogata

ha passato un mese senza mai uscire dalla sua camera viveva come in prigione e non voleva assolutamente vedere nessuno e se vedeva qualcuno non lo riconosceva non riconosceva quasi nemmeno i suoi genitori che naturalmente erano disperati non sapevano più cosa fare ma preferivano tenerlo li anche in quelle condizioni che così almeno non lo mettevano in un manicomio criminale e dopo un mese un giorno l'hanno trovato impiccato nella sua cella che era la sua camera una mattina l'hanno trovato lì che si era impiccato con le lenzuola annodate con cui aveva mimato l'evasione a cui aveva sempre pensato e che neanche adesso gli era riuscita

la lettera di Malva finiva dicendo che dovevamo renderci conto di come le cose erano cambiate fuori adesso e che non ci immaginavamo come le cose erano diventate diverse fuori come tutto fuori era cambiato l'aria l'atmosfera il clima i discorsi la gente non dovevamo pensare che le cose erano rimaste come prima adesso la grande paura era passata i padroni erano di nuovo sicuri di sé erano tornati a sfoggiare loro i soldi le loro Rolls Royce per le strade le loro pellicce i loro gioielli alla Scala e adesso tutta la gente e anche tanti di quel compagni pensavano solo a lavorare a fare i soldi a dimenticare tutto quello che era successo prima quando si credeva che tutto forse stava per cambiare

c'è un silenzio strano la sera dopo cena adesso non ci si chiama più da una cella all'altra si vedono i rettangoli azzurrini degli spioncini allineati tutti illuminati dal riflesso del televisori si spande un unico impasto di musica e di voci monotono e ondulato il soffitto è spaccato a intervalli dal riflettori gialli che proiettano la grata della finestra enorme che ti schiaccia sul letto sei dentro una gigantesca scatola di sardine schiacciate compresse sei dentro una scatola chiusa ermeticamente saldata cosa c'è fuori da questa scatola chi c'è fuori di qui cosa fanno cosa stanno facendo adesso perché continuano a fare delle cose a fare tutte le cose che fanno senza di me dove sono io quale sono io qual è la mia faccia adesso che mi è rimasta solo la mia faccia qui compressa piatta schiacciata

ho rotto lo specchio con il piede dello sgabello ho buttato tutte le schegge nel cesso ho tirato l'acqua l'ho tirata cinque sei sette volte ho continuato a tirarla fissando il buco nero del cesso quel cerchio nero in cui l'acqua scendeva c'ho infilato la mano dentro poi più in fondo per sentire dov'era il fondo c'ho infilato la testa l'ho schiacciata giù ma la testa non entrava non riusciva a passare da quel buco a uscire fuori da un'altra parte a vedere fuori a vedere dove sono dove siete quando eravamo mille diecimila centomila non è possibile che fuori non c'è più nessuno non è possibile che non sento più niente che non sento più una voce un rumore un respiro non è possibile che fuori c'è solo un immenso cimitero dove siete mi sentite non sento non vi sento non sento più niente i riflettori di colpo spaccano il buio illuminano a giorno la cella

quando la luce opaca del mattino scivolava dentro le sbarre e le grate le cose nella cella tornavano a avere l'aspetto insignificante e banale di sempre e riprendevamo a pensare e a immaginare come potevamo vedere come potevamo farci vedere fuori da quel carcere che stava diventando un cimitero il luogo del massimo silenzio dove non entra e non esce più un messaggio una voce un rumore ci siamo posti il problema di come riconquistarci una comunicazione con l'esterno e abbiamo deciso di cominciare nuove forme di lotta per spezzare quel silenzio di morte abbiamo cominciato con le battiture notturne delle sbarre ci si metteva d'accordo sull'ora durante l'aria non avevamo orologi non avevamo sveglie ma potevamo vedere l'ora sulla televisione accesa tutta la notte

e così nel mezzo della notte tutti insieme alla stessa ora cominciavamo a battere sulle sbarre coi mestoli di legno coi manici di scopa con gli sgabelli soprattutto con le pentole e i pentolini e scoppiava il finimondo perché tutti battevano sempre più forte anche quelli degli altri piani che sentivano battere e si mettevano a battere anche loro con noi e in quel luogo chiuso tutte le celle tutti i corridoi rimbombavano nella notte il carcere sembrava scoppiare sembrava che veniva giù tutto però alla fine quando piano piano i colpi finivano veniva una grande tristezza perché tutti ci rendevamo conto che battevamo soltanto per noi stessi e per le guardie perché il carcere era in mezzo alla campagna isolato sperduto in una grande distesa vuota sconfinata dove intorno non c'era nessuno che ci poteva sentire

allora abbiamo pensato che forse potevamo attirare di più l'attenzione facendo le fiaccolate però per fare le fiaccolate era più complicato c'erano più problemi perché c'erano le grate alle finestre c'erano le grate di ferro che avevano messo oltre le sbarre per impedire di passare qualcosa da un piano all'altro e allora abbiamo dovuto bucare le grate abbiamo spaccato gli sgabelli e abbiamo fatto dei pezzi di legno a punta e con questi pezzi di legno lentamente e faticosamente riuscivamo a allargare le maglie e a bucare la rete e poi a ingrandire il buco finché ci potevamo far passare le fiaccole attraverso il buco

abbiamo fatto i buchi in tutte le reti e poi abbiamo fatto le fiaccole le fiaccole si facevano con pezzi di lenzuoli legati stretti e poi imbevuti d'olio e allora anche lì all'ora stabilita nel mezzo della notte rutti accendevano l'olio delle fiaccole e infilavano questi fuochi nel buchi delle grate ma anche li non c'era nessuno che li vedeva le fiaccole bruciavano a lungo doveva essere un bello spettacolo da fuori tutti quei fuochi tremolanti sul muro nero del carcere in mezzo a quella distesa sconfinata ma gli unici che potevano vedere la fiaccolata erano i pochi automobilisti che sfrecciavano piccoli lontanissimi sul nastro nero dell'autostrada a qualche chilometro dal carcere oforse un aeroplano che passa su in alto ma quelli volano altissimi lassù nel cielo nerosilenzioso e non vedono niente



 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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