Ultimo Aggiornamento : 16-04-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobilità e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
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CHE SE NE VADANO TUTTI… O RIMANGA QUALCUNO?

 

Come in un remake di cattivo gusto, in Argentina sono andate onda le elezioni presidenziali. A quindici mesi dalla rivolta che infiammò il paese, non sembra essere rimasta traccia della parola d’ordine “che se ne vadano tutti!” che era passata di bocca in bocca in quei giorni. Infatti ha partecipato al voto ben l’80% della popolazione e i candidati che andranno al ballottaggio sono due peronisti: l’ex presidente Menem e il figlioccio di Duhalde, Kirchner.

Se si tiene conto che i candidati che hanno superato lo 0,5% dei voti sono stati 11, la cosiddetta sinistra con i suoi due candidati “marxisti” (Patricia Walsh del blocco MST-PC e Jorge Altamira, del Partido Obrero) hanno raccolto complessivamente circa il 2,5% dei suffragi mentre le stesse forze che avevano invitato all’astensionismo “attivo” (inserire delle schede false nell’urna) come il PTS, Zamora, ecc. hanno ottenuto il miserrimo risultato di circa 15.000 schede false ritrovate nell’urna. Tutto ciò potrebbe indurre a scoraggiamento e invece impone una riflessione non scontata:

1.      Il livello d’integrazione nel sistema della classe proletaria (per non parlare delle classi medie impoverite e no) in tutti i paesi democratici resta un fattore straordinario di salvaguardia e stabilizzazione del sistema. Il solo fatto che la borghesia non abbia utilizzato il metodo golpista per porre fine alla rivolta del dicembre 2001, ci segnala come la “maturità democratica” argentina sia assai forte.

2.      Ne discende che il problema non è solo che “la classe deve fare le sue esperienze” cercando tutte le soluzioni all’interno del sistema prima di rivolgersi all’alternativa rivoluzionaria (il voto a Kirchner è visto dagli analisti come un voto di centro-sinistra, una sorta di freno al liberismo!), ma della necessità di un lavoro di educazione e organizzazione antistatale e antiparlamentare di lunga lena, che non può essere improvvisato. 

3.      La fragilità dell’avanguardia sociale che fu in prima linea in quella insurrezione (disoccupati e piccola borghesia impoverita) e che potrebbe diventare l’elemento caratteristico fondamentale delle insurrezioni della nostra epoca, fa sì che gli stessi modelli tradizionali di partiti rivoluzionari divengano del tutto inutilizzabili: il lento lavoro di organizzazione centralizzato nelle grandi concentrazioni industriali di un piccolo gruppo d’avanguardia non si confà a situazioni in cui a rapide e violente ascese corrispondono altrettanto rapidi riflussi. Questo è ancora di più vero quando si vede il cul-de-sac in cui sono finite le occupazioni della Zanon e di altre aziende del paese.

4.      Il fallimento di tutto l’apparato delle varie sinistre trotskiste e neo-leniniste. Dopo aver blaterato per mesi sul “febbraio argentino” a cui sarebbe seguito il suo “Ottobre”, dopo le dispute sulle parole d’ordine e sulla direzione del “movimento”, hanno dimostrato nel partecipazionismo elettoralesco tutta la loro impotenza. Percentuali di voto da prefisso telefonico e legittimazione del sistema, è tutto quello che queste forze sono riuscite a ottenere. Al costante clima di rissa e di intimidazione fisica tra militanti delle forze di estrema sinistra, si è aggiunta inoltre la “mafia welferista” della gestione dei contributi statali per i disoccupati. Infatti ognuno di questi gruppi ha creato la propria associazione di piqueteros. Oggi esistono almeno una dozzina di organizzazioni piquetere controllate ognuna dispoticamente dal gruppetto di sinistra di turno. Il controllo ferreo di queste associazioni  da parte dei gruppi di sinistra non è solo il prodotto del settarismo ma soprattutto dal loro perverso intreccio con lo Stato che a chiacchiere vorrebbero abbattere. Infatti ognuna di queste associazioni riceve mensilmente dallo Stato 50 dollari di sussidio per ogni suo associato, 50 dollari che poi è la stessa organizzazione “piquetera” a distribuire ai “suoi” disoccupati. E così la militanza piquetera si è trasformato in un tragicomico welfare statale gestito… dalle estreme sinistre, che in tal modo mantengono mafiosamente legati gli aderenti ai loro gruppi. D’altro canto i disoccupati, una volta chiamati a votare, hanno preferito votare per i candidati peronisti che hanno promesso che i sussidi rimarranno anche dopo le elezioni e non per i vari Lenin della Pampa. I disoccupati hanno inteso che in fondo essi  sono solo i dispensatori dell’elemosina di Stato. Insomma molto pragmaticamente i proletari hanno compreso, chi in questa farsa parassitaria, chi è il “signore” e chi è il “valvassino”.

5.      La carsicità e l’andamento tachicardico della lotta di classe in Argentina è destinato però a diventare permanente. L’Argentina non può tornare a essere né quella d’inizio secolo, né quella degli anni ’60: la maturità della struttura mondiale imperialista non consente a un paese che si basa sull’export di prodotti agricoli e su un’industria in gran parte desueta (anche in relazioni alle necessità del mercato interno) di potersi rivitalizzare. L’Argentina può al massimo galleggiare in attesa di un nuovo tonfo: il PIL e la produzione industriale sono negativi da un anno e mezzo anche se la stabilizzazione del dollaro a quota 2.90 ha calmierato l’ansietà delle classi medie (anche se al prezzo di una perdita ulteriore del 30% dei risparmi). 600.000 operai e professionisti sono emigrati e molti altri attendono i visti dalle ambasciate per lasciare il Paese. La disoccupazione è al 21% mentre i sottoccupati rappresentano il 40% della restante forza-lavoro. La malnutrizione resta uno dei caratteri fondamentali in un paese che esporta carne in tutto il globo. 10 milioni di argentini vivono con meno di 70 dollari al mese.

Le contraddizioni e la crisi argentina non potranno che tornare a far parlare di sé il mondo. L’affermazione di una nuova teoria della liberazione e dell’organizzazione, la nascita di una nuova avanguardia antistatale e rivoluzionaria (fuori dalle vecchie mafie trotskiste e maoiste), sono le condizioni necessarie per una nuova insorgenza proletaria che “spazzi via tutti”, una volta per tutte.

 per conoscere tutti i dati delle elezioni clicca http://www.sf-frontlines.com/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=305

 

 

 

 

 


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