Ultimo Aggiornamento : 27-06-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobilità e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
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DI CUBA (E DELLE LIBERTA’)

  

Nelle peane in difesa di Cuba, che negli ultimi tempi sentiamo da parte di stalinisti, guevaristi, trotskisti, ecc. disperatamente attaccati agli ultimi “Stati socialisti” in circolazione sentiamo utilizzare alcune argomentazioni del tipo: a Cuba non ci sono  libertà formali in quanto Cuba è assediata dall'imperialismo, ma ci sono libertà reali. A Cuba, secondo i tifosi di Fidel ci sarebbero tante libertà reali: la libertà ad essere educati e curati, la libertà a non essere sfruttati, ecc.

Vediamo di capire se dal punto di vista comunista, tutte queste argomentazioni hanno un senso. In primo luogo,  la contrapposizione tra libertà reali e formali rimanda a una lettura assai rozza di Marx. Marx non ha mai pensato che la classe operaia, una classe che ha la missione storica di liberare l’umanità, vivesse di “solo pane”. Se fosse così questa classe, non sarebbe una classe rivoluzionaria, potrebbe tutt’al più esprimere e difendere i propri interessi e non avrebbe aspirazioni e ideali universali come il comunismo. In realtà a Cuba si toglie un pane ben concreto, un pane ben “duro” come quello della libertà di espressione e di organizzazione, non per i capitalisti, ma per i lavoratori. A Cuba non si può organizzare un sindacato libero, a Cuba non si può scioperare. A Cuba non si applica quello che la Parigi comunarda, la quale subì l'assedio e il massacro di Thiers che fu ben altra cosa che la Baia dei Porci, quel diritto venne garantito dal primo all' ultimo giorno di esistenza: libertà di revocare in ogni momento i propri rappresentanti. Anche per questo è diventata "la legge finalmente scoperta" come scrisse Marx.

L’istruzione, però, non può e non deve servire per contestare Castro. Si sarebbe irriconoscenti. A Cuba c’è la libertà di istruzione, ma questa deve essere utilizzata bene: deve servire per diventare buoni chirurghi o (sempre di più) buoni animatori per alberghi a 5 stelle aperti solo a chi ha in tasca euro da spendere (e cioè non per i cubani). Comunque se i criteri su cui valutare uno Stato operaio fossero quelli qui sopracitati, in Svezia esisterebbe uno Stato operaio da molti decenni.

Tuttavia una libertà, fondamentale, garantita a Cuba non viene citata dai fidelisti: la libertà di vendere la propria forza lavoro in cambio di un salario. Questa è una libertà che a Cuba viene assicurata estensivamente, come in tutto il resto del globo. E’ una libertà che Fidel Castro non pensa neppure lontanamente di limitare o di privare ai cittadini cubani. Sarebbe veramente vergognoso limitare una libertà che è stato difficilissimo conquistare. Marx descrive come fu conquistato questo diritto dai proprietari delle manifatture in celeberrimi capitoli del Capitale. E dopo tutti quei mirabili sforzi, Fidel dovrebbe rinunciare a tale diritto? Piuttosto cediamo su altro: un diritto a caso, quello di scioperare. A quello si può rinunciare, perché è un diritto non conquistato dai padroni ma dagli operai. Eccola qui l’essenza capitalista di Cuba. Tra una libertà dei padroni "conquistata" versando il sangue operaio, e una libertà dei lavoratori sempre conquistata con il sangue operaio, si rinuncia alla seconda…perché meno produttiva! Accumulazione per l’accumulazione! Ecco un'altra legge immanente del capitalismo. Canaglia di un Castro, ha garantito il diritto di lavorare e stare zitti per tutti. Regola che vale per tutti meno che per Castro: che come si sa è logorroico. Tuttavia almeno a Parigi e Milano c’è il diritto di diventare clochard, a Cuba neppure quello. Se ne perderebbe in immagine. Al lavoro dunque: per la dignità nazionale!

I comunisti non sventolano più nessuna bandiera nazionale dal 1914, ma solo la bandiera rossa, quella del colore del sangue di coloro che furono costretti ad accettare la libertà di vendere la propria forza-lavoro. Per i comunisti la libertà non si misura né astrattamente  e neppure con i criteri della borghesia. Libertà per i lavoratori di decidere cosa, come e quanto produrre; libertà per i lavoratori di organizzarsi, di difendersi, di esprimere il proprio punto di vista. E’ la nostra idea di libertà, è l'idea della Comune assediata.

Come sappiamo per i trotskisti, se un operaio vende la propria forza-lavoro allo Stato non si può parlare di sfruttamento in quanto non c’è imprenditore privato. Questa argomentazione è risibile, tuttavia la prendiamo per buona. Ma negli alberghi a capitale spagnolo presenti a Cuba, il governo cubano assicura il diritto a sfruttare i propri camerieri, inservienti, cuochi e animatori?

Un ultima libertà non viene citata dagli stalino-trotskisti-guevaristi-maoisti: la libertà di prostituirsi. Infatti la legge cubana lo vieta, ma Cuba è lo stesso piena di puttane. La buoncostume difetta? O è corrotta fino al midollo? Il governo nicchia, e non si dà da fare per applicare la legge. E così si realizza il massimo dell’ipocrisia. Vendersi per 8 ore in cambio di un salario è un diritto, ma vendere il proprio corpo in cambio di 10 euro, no. Tuttavia la prostituzione fa un gran bene all’economia cubana. Ipocrisia delle ipocrisie: per legge si ha diritto di scioperare, ma se si sciopera si va in galera. Per legge non si ha il diritto di prostituirsi, ma di fatto si può farlo. E non vi capiti di nascere – come dicono a Cuba – “maricones”, un termine spregiativo tipo “culattone”, per dire gay. Ve ne pentireste. Se ci fossero discriminazioni contro i gay come ci sono a Cuba, che ne so in Italia, i filo-cubani direbbero che c’è il fascismo…per Cuba dicono che c’è uno Stato operaio. Speriamo che un giorno gli operai cubani appendano per il collo Castro e tutta la burocrazia che gli sta intorno, lasciando in piedi gli ospedali - se questi funzionano bene -  e fuori dalla porta i capitalisti. E inizino a decidere del proprio futuro tutti i giorni e non una volta ogni 44 anni.

Walter Liberati

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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