Ultimo Aggiornamento : 30-04-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobilità e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
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LA CLASSE INCONOSCIBILE: LEV TROTSKY SULLA BUROCRAZIA SOVIETICA.

Di Alexej Gusev dal n.2  del 1998 della Rivista “Alternative” (Mosca)

   

Che tipo di sistema sociale esisteva nel nostro paese durante la fase sovietica della sua storia?

Questo è senza dubbio uno dei problemi centrali, e non certo semplice,  che sta di fronte agli storici ma anche agli studiosi di altre scienze sociali. Inoltre questo non è solo un problema accademico, ma ha un’importanza fondamentale anche per il presente.

Se si desidera affrontare una tale questione non può evitare di studiare gli scritti di Lev Trotsky in merito, uno dei primi autori, che ha tentato di proporre un’analisi organica del sistema sovietico e del suo strato dirigente.  Trotsky ha consacrato a tale problema una grande quantità di scritti che hanno influenzato non solo i membri dei gruppi trotskisti, ma anche un area di intellettuali molto vasta.  Così il ricercatore inglese Perry Anderson, membro della redazione della rivista “New Left Rewiew” ha annoverato tali scritti come uno dei più importanti aggiornamenti al marxismo del XX secolo.

Le opere di Trotsky hanno avuto una notevole influenza anche in Russia[1]. Qui sono apparsi anche commenti che giudicano tali scritti come un’analisi scientifica sull’Unione Sovietica[2]. Tale infatuazione è stata determinata anche dall’autorevolezza di Trotsky in quanto leader della Rivoluzione Russa e della lotta contro gli stalinisti. Ma veramente le sue risposte, le sue costruzioni teoriche, sono inattaccabili?   Purtroppo nella letteratura russa, sino ad oggi, non è apparso alcun tentativo serio di analisi critica su tale questione.

“La rivoluzione tradita”, il libro in cui nella maniera più sommariamente concentrata troviamo i punti di vista di Trotsky in relazione alla questione che qui affrontiamo, è stato scritto più di sessant’anni fa.  Una delle chiavi di volta del libro è la valutazione sull’essenza e le prospettive dello strato dominante in URSS. Tale approccio è del tutto pertinente: non si può rispondere alla domanda “Cos’è l’URSS” se non si definisce il soggetto fondamentale del sistema. Questo articolo cercherà appunto di verificare, anche in relazione alle novità intervenute negli ultimi decenni, la parabola dell’analisi di Trotsky sulla burocrazia sovietica.

Oggi che affrontare la questione della burocrazia e della sua natura di classe della classe dominante durante il periodo sovietico non è più di moda è ancor più necessario tentare di fare un bilancio dell’analisi di Trotsky valutandone sia gli aspetti positivi  che quelli negativi.

 

LA BUROCRAZIA: LE SUE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI.

 

Proviamo a riassumere le caratteristiche fondamentali della burocrazia per come Trotsky le tratteggia nella “Rivoluzione Tradita”:

 

1.     Nel piano più  alto della piramide sociale dell’URSS c’è “uno strato privilegiato e dirigente nel pieno senso di questa parola”, questo strato “non svolge alcuna attività produttiva ma dirige, comanda, gestisce, grazia e punisce”. Trotsky valuta la consistenza di tale strato in 5-6 milioni di persone.

2.     Comandando su tutto e tutti, tale strato agisce senza controllo alcuno da parte delle masse lavoratrici produttive. La burocrazia insegna alle masse ad “ubbidire e tacere”.

3.     Tale strato impone nella società dei rapporti di diseguaglianza: le “limousine” per gli “attivisti”, ottimi profumi per “le nostre donne”, margarina per gli operai, negozi speciali “di lusso” per gli “amici”. Le condizioni di vita della burocrazia hanno una forte analogia con quelle della borghesia.

4.     Tale strato non esercita solo un dominio oggettivo, esso anche soggettivamente domina la società.

5.     Il dominio di tale strato è sostenuto dalla repressione.

6.     Tra questo strato dominante e la maggioranza  dei lavoratori oppressi è sempre in corso una lotta sociale sotterranea.

E così davanti a noi abbiamo il seguente quadro: esiste uno strato sociale dominante numeroso, che controlla monopolisticamente la produzione; che si assicura una parte delle merci prodotte (e così svolge una funzione di sfruttamento) ed è unito da interessi materiali comuni, interessi che lo contrappongono alla classe dei produttori.

Come viene definito dal marxismo un tale strato? La risposta è facile: nel pieno senso della parola esso è una classe sociale dominante.

Trotsky accompagna il lettore fino a una tale conclusione. Ma egli tuttavia si ferma invece proprio qui: afferma che lo strato dirigente russo non è “niente di più che una burocrazia”. Cosa si significa “niente di più”? Questo Trotsky non lo dice anche se dedica un capitolo intero a caratterizzare la natura di classe della burocrazia. Egli tratteggia il quadro di una classe sfruttatrice dominate ma all’ultimo momento si ritrae, si rifiuta di riconoscerla e chiamarla con il suo nome.

 

STALINISMO E CAPITALISMO.

 

Resta indefinita in Trotsky anche un’altra questione, ovvero quella della comparazione tra il sistema burocratico stalinista e il sistema capitalista.

Nel II Capitolo della “Rivoluzione Tradita” Trotsky scrive che:

 “Mutatis mutandis il regime sovietico si è posto in rapporto all’economia nel suo insieme nella posizione del capitalista in rapporto ad un’azienda isolata”.

Leggiamo poi nel capitolo IX:

“Il passaggio delle fabbriche allo stato non ha cambiato che la condizione giuridica dell’operaio (sottolineature dell’autore dell’articolo A. Gusev); di fatto egli vive nell’indigenza, pur lavorando un certo numero di ore per un determinato salario. Le speranze che il lavoratore riponeva prima sul partito e sui sindacati, le ha trasferite dopo la rivoluzione sullo Stato che ha creato. Ma il lavoro utile di questo Stato si è trovato limitato dall’insufficienza della tecnica  e della cultura. Per migliorare l’una e l’altra, il nuovo Stato ha fatto ricorso ai vecchi metodi all’usura dei muscoli  e dei nervi dei lavoratori. Si è costituito tutto un corpo di pungolatori. La gestione dell’industria  è diventata estremamente burocratica. Gli operai hanno perduto tutta la loro influenza  sulla direzione delle fabbriche. Lavorando a cottimo, vivendo in un profondo disagio, privato della libertà di spostarsi, subendo nella stessa fabbrica un regime poliziesco terribile, l’operaio potrebbe difficilmente sentirsi un “libero lavoratore”. Il funzionario è per lui il capo, lo Stato un padrone. Il lavoro libero è incompatibile con l’esistenza dello Stato burocratico”.

Sembrerebbe una enunciazione ancora più evidente, che constaterebbe elementarmente il punto di vista marxista dei fatti. Marx metteva infatti sempre l’accento sul fatto che le caratteristiche concrete di ogni sistema sociale non sono desunte né dalla posizione giuridica né dalle “forme di proprietà”. I fattori concreti nei rapporti sociali reali,  prima di tutto fanno i conti con il rapporto dei gruppi sociali con il plusvalore prodotto. Uno stesso modo di produzione può configurarsi con diversi tipi di proprietà. Ciò è stato evidenziato molto efficacemente, per esempio durante l’epoca feudale. Durante il medioevo nei paesi dell’occidente sussisteva  fondamentalmente la proprietà privata feudale della terra, mentre nei paesi dell’oriente erano basati sulla proprietà statal-feudale. Comunque in tutti e due i casi sussistevano dei rapporti sociali di tipo feudale.

Nel III volume del Capitale  Marx definisce concretamente le caratteristiche universali di ogni  regime sociale  classista come “quella forma economica specifica nella quale il plus-valore viene espropriato ai diretti produttori”.  Il discorso qui affronta il problema fondamentale del rapporto tra chi controlla  il processo e i prodotti della produzione e chi solamente partecipa invece a tale produzione. “Il rapporto diretto dei proprietari dei mezzi di produzione con i diretti produttori... ecco quello che noi sveliamo come il segreto più profondo che si nasconde nelle fondamenta di ogni regime sociale”  scrive sempre Marx nel Capitale.

Abbiamo visto come descrive Trotsky i rapporti tra regime dominante e diretti produttori. Da una parte fattualmente, “la proprietà dei mezzi di produzione è dello stato” (ovvero della burocrazia organizzata) e dall’altra la proprietà “giuridica” sarebbe nelle mani dei lavoratori: lavoratori senza diritti, operai dai quali “viene estratto lavoro non pagato”. Quindi se questa è la situazione si può arrivare solo a una logica conclusione: tra il sistema burocratico stalinista e il sistema “classico” del capitalismo non ci sono differenze fondamentali. Ma qui come detto Trotsky si ferma e afferma al contrario che regime esistente in URSS non è capitalismo di stato e addirittura che in URSS c’è una qualche forma non definita di “stato operaio”, nel quale esiste una “espropriazione politica” della classe operaia la quale però resta, dal punto di vista economico, la classe dirigente e proprio per questo non è sfruttata.

Per sostenere tale tesi Trotsky si appella alla proprietà statale della terra, dei mezzi di produzione, dei trasporti e di scambio, e perfino al monopolio del commercio con l’estero, ovvero a tutti argomenti “giuridici”.

 

LO SCHEMA CHE METTE IN OMBRA LA REALTA’.

 

Perché Trotsky giunge a tali conclusioni? Perché il Trotsky-giornalista che critica duramente lo stalinismo, che registra i fatti,  che descrive la burocrazia proprio come una classe, come un espropriatore collettivo è così contrapposto al Trotsky-teorico che tenta di negare i fatti più evidenti?

 Possiamo ipotizzare due ragioni fondamentali che costringono Trotsky in tale contraddizione.

Sono motivi di ordine politico e teorico.

Nella “Rivoluzione Tradita” Trotsky tenta di sostenere la sua tesi sulla natura di classe della burocrazia appoggiandosi ad argomenti molto deboli come “essa non possiede azioni o obbligazioni”. Ma da ciò non deriva che essa non possa essere una classe dominante.  Si può elementarmente rispondere che non è importante tanto se la burocrazia “possieda azioni o obbligazioni” in quanto tali,  ma se tale burocrazia è quel gruppo sociale che sistematicamente espropria del loro prodotto i produttori diretti.

A nostro avviso l’argomento più importante che sosteneva la tesi di Trotsky era rappresentato dal suo profondo convincimento che la burocrazia non potesse essere l’elemento centrale di un sistema stabile, che essa  “rifletteva” gli interessi di una qualche altra classe.

Tale convincimento ancora negli anni ’20 aveva ancora un suo fondamento perché era basato sullo schema  di Trotsky per cui tutti gli antagonismi si risolvevano nella dicotomia “tranciante”: proletariato - capitale privato. In  tale schema non c’era spazio per una “terza forza”. L’ascesa, in questo quadro, della burocrazia era vista come il prodotto della pressione della piccola borghesia della campagna e della città sul partito e sullo stato. La stessa burocrazia si presentava come gruppo che mediava gli interessi degli operai e dei “nuovi proprietari”.

Ma il corso seguente degli avvenimenti prese poi una diversa strada. La burocrazia non rimase a mezza strada tra piccola borghesia e proletariato ma liquidò la NEP, “liquidando i kulaki come classe”, procedendo alla collettivizzazione e alla industrializzazione forzata.  Tutto ciò era inconcepibile per Trotsky e i suoi seguaci e non è un caso quindi che l’opposizione trotskista stessa alla fine degli anni ’20 finì per decomporsi catastroficamente.

L’incapacità di leggere gli eventi portò Trotsky a sostenere che la burocrazia sotto la spinta di diverse forze sociali avrebbe finito per scindersi. Nel “progetto di piattaforma dell’opposizione di sinistra internazionale sulla questione russa” del 1931 parlò della concreta possibilità di una guerra civile in URSS in cui ci sarebbe prodotta una scissione “verso i lati opposti della barricata”  tra gli elementi dell’apparato statale e del partito.

Ma ciò non avvenne e la burocrazia invece di scindersi si rafforzò. Ma Trotsky continuò a sostenere tale tesi. Nell’articolo “L’URSS in guerra” del settembre 1939 Trotsky dice: “Non sarebbe una situazione ridicola se quella oligarchia burocratica che qualcuno vuole chiamare classe dominante crollasse tra qualche anno se non tra qualche mese?”

Quindi tutte le sue previsioni sulla durata della burocrazia “sovietica”  si dimostrarono errate. Tuttavia Trotsky non desiderava cambiare idea. E quindi molte delle ragioni per cui mantenne tale posizione, in relazione al ruolo sociale della burocrazia,  non vanno ricercate nella teoria ma in ambito strettamente politico.

 

TERMINOLOGIA E POLITICA.

 

Se noi guardiamo a tutta la storia dell’opposizione trotskista negli anni ’20 e inizio anni ’30 vediamo che fondamentalmente tutta la strategia politica di tale opposizione  si fonda sulla convinzione che ci sarà una scissione nell’apparato sovietico. Proprio nella unità con un’ipotetica “ala sinistra” della burocrazia Trotsky vedeva la possibilità di arrivare a una riforma del partito e dello stato. “Il blocco con i centristi [la frazione stalinista dell’apparato]  è possibile ed è una variante su cui riflettere” - scrive nel 1928 - “Penso anzi che solo unificandoci a tale gruppo nel partito possiamo salvare la rivoluzione.”

Le illusioni sulla “burocrazia progressista” continuarono anche al confino e nell’immigrazione.

Ma se nel marzo del 1932 Trotsky aveva scritto: “Bisogna, infine, che sia adempiuto l’ultimo consiglio che Lenin diede da vivo: eliminare Stalin!” solo qualche mese dopo si rimangiò le sue stesse parole: “Il problema che rimanga Stalin personalmente o no... non si pone. Lo slogan “Via Stalin” può essere travisato in “Via tutto l’apparato”. Ma invece deve essere chiaro che  noi vogliamo riformare il sistema e non distruggerlo...”.

Ancora nel “Programma di Transizione” della IV Internazionale del 1938  si sosteneva che nell’apparato dell’URSS si potevano trovare tutto lo spettro delle tendenze politiche incluso “l’autentico bolscevismo”.

In questa frazione  “autenticamente bolscevica” Trotsky vedeva una risorsa potenziale per l’opposizione di sinistra. Per di più il leader della IV Internazionale ammetteva la possibilità di creare un “fronte unico” direttamente con la frazione stalinista dell’apparato nel caso ci fosse stato un tentativo di restaurazione capitalistica, cosa che era da aspettarsi - siamo nel 1938 - in un futuro prossimo.

Va detto a onor del vero che Trotsky nel concepire tale “fronte unico” monoclassista rifiutava comunque i “fronti popolari” che si andavano costituendo in Francia e in Spagna nella seconda metà degli anni ’30,  accordi politici con classi avversarie.

Complessivamente la concezione di Trotsky che prevedeva negli ultimi anni ’20 una “riforma del sistema sovietico” e dopo il 1933 “il fronte unico” con gli stalinisti in caso di tentativi controrivoluzionari, fa assumere alla questione della natura sociale della burocrazia, che in un primo momento può sembrare una questione di carattere strettamente teorico e terminologico, un significato molto più profondo.

 

DESTINO DELLA BUROCRAZIA.

 

Ma bisogna anche dare a Trotsky ciò che è di Trotsky: egli negli ultimi anni si stava indirizzando verso una revisione del suo punto di vista sulla burocrazia stalinista. Ciò è evidente nel suo ultimo, importante, anche se non concluso, libro su Stalin (1940): tornando sugli avvenimenti decisivi degli anni ’20 e ’30 in relazione al fatto che la burocrazia aveva stabilito nel paese il monopolio assoluto sul potere e la proprietà, Trotsky valuta l’apparato statale e di partito già come una forza sociale strutturata che lotta costantemente per accaparrarsi “il plus-valore nazionale”. 

Nell’articolo già citato “L’URSS in guerra” Trotsky aveva già comunque fatto un ulteriore passo nella direzione del riconoscimento che si potesse cristallizzare in URSS una nuova classe dominante. Egli sostiene che dal punto di vista teorico è possibile che: “il regime staliniano sia la prima tappa verso una nuova società sfruttatrice”. Egli inoltre affermava che in caso di entrata in guerra dell’URSS si sarebbe chiarite molte cose.

Ciò che è poi successo è noto a tutti. Per Trotsky la burocrazia di per sé aveva una qualche missione “interclassista” da compiere, ma non aveva un ruolo indipendente, era solo “un episodio recidivo”. La burocrazia proletarizzò milioni di contadini e di piccoli borghesi creando le condizioni per uno sfruttamento dall’alto dei lavoratori e per l’industrializzazione e dopo la guerra esportò i suoi metodi di sfruttamento in tutto l’est e centro Europa oltre che nel sud-est asiatico. Avrebbe Trotsky cambiato il suo punto di vista sulla burocrazia alla luce di tali processi? La cosa è difficile da valutare: non ebbe la possibilità di sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale  e di studiare “il campo socialista” che si costituì. Ma la maggioranza dei suoi seguaci  continuarono a ripetere, decennio dopo decennio, parola per parola, i dogmi teorici della “Rivoluzione Tradita”. La storia ha evidentemente confutato, in tutti gli aspetti  fondamentali l’analisi trotskista sulla natura del sistema sociale dell’URSS. Tuttavia ancora oggi alcuni autori (per non parlare dei rappresentanti del movimento trotskista internazionale) continuano ad affermare che l’analisi di Trotsky per cui la burocrazia era solo una “casta” sia stata confermata dagli avvenimenti degli ultimi anni in Russia e nei paesi del “blocco sovietico”. Affermano che Trotsky aveva valutato due possibili varianti alla crisi dello stalinismo: o la rivoluzione “politica” del proletariato o la controrivoluzione capitalista. Per esempio Vadim Rogovin autore di una serie di libri apologetici dell’opera di Trotsky afferma che le previsioni di Trotsky si sono affermate, anche se in ritardo.

Valutare la “variante controrivoluzionaria” della previsione di Trotsky deve far riferimento principalmente alla contemporanea caduta della burocrazia come “strato” dominante. Infatti la burocrazia essendo direttamente collegata con la classe economicamente dominante (il proletariato) in cui affondava le proprie radici avrebbe dovuto resistere e cadere assieme ad essa. Se si pensa che nei paesi dell’ex URSS nel 1991 c’è stata una controrivoluzione sociale e la classe proletaria ha perso il suo dominio politico-sociale, insieme alla classe proletaria sarebbe dovuta crollare anche la burocrazia.

E’ crollata veramente la burocrazia? Secondo i dati dell’Istituto di Sociologia RAN più del 75% della “elitè politica” e più del 61% dei “business-men”  provengono dalla nomenklatura del periodo “sovietico”.  Il dominio sociale, politico ed economico è restato nelle stesse mani di prima[3].

E così malgrado Trotsky la burocrazia non è crollata. Ma prendiamo anche l’altro aspetto di tale previsione. La formazione oltre a una frazione “borghese” di una frazione “autenticamente bolscevica” all’interno della burocrazia. Effettivamente i capi dei diversi partiti comunisti esistenti oggi in Russia affermano di essere i difensori degli interessi della classe operaia e seguaci del bolscevismo. Possiamo veramente pensare che Trotsky avrebbe considerato Zuganov o Antilop degli “elementi proletari” quando tutta la loro lotta “anticapitalista” punta solo alla restaurazione dell’ordine burocratico nella sua forma classico-stalinista oppure in quella “statal-patriottica”?

Infine l’ipotesi “controrivoluzionaria” di Trotsky era tratteggiata in tinte apocalittiche:

“... il capitalismo potrebbe - ipoteticamente - ritornare in Russia solo al prezzo di una terribile insurrezione  che produrrebbe un versamento di sangue dieci volte maggiore di quello che venne versato nella Rivoluzione d’Ottobre e in tutta la guerra civile. Il posto ora occupato dai Soviet sarebbe occupato solo da un verace fascismo russo, in confronto al quale il regime di Mussolini e Hitler sembrerebbe una fondazione filantropica”.

Trotsky certo non poteva in alcun modo prevedere che non solo negli anni 1989-1991 i lavoratori non solo non si sarebbero sollevati per difendere la proprietà statale e l’apparato “comunista” ma che avrebbero attivamente sostenuto la sua distruzione. Per quanto gli operai non vedevano nel sistema qualcosa da difendere, e nessun bagno di sangue ci sia stato nel passaggio “all’economia di mercato”, il cambiamento delle forme di proprietà non ha comportato nessun fascismo o semi-fascismo.

Se la burocrazia non era una classe fondamentale, come diceva Trotsky,  ma solo “un gendarme” nel processo di produzione, alla restaurazione del capitalismo sarebbe stata necessaria , prima di tutto una qualche accumulazione del capitale.

Nella pubblicistica russa contemporanea l’espressione di “accumulazione personale” si incontra veramente molto spesso. Ma si parla in questo caso dei soldi, dei mezzi di produzione e altre ricchezze concentrati nelle tasche dei “nuovi russi”. Tutto ciò tuttavia non ha nessun rapporto con l’accumulazione del capitale descritta nel Capitale da Marx. Analizzando la genesi del capitale egli sottolineava che “quella che chiamiamo accumulazione del capitale è il processo storico della separazione dei produttori dai mezzi di produzione”. La formazione di un esercito di lavoratori salariati mediante l’espropriazione dei mezzi di produzione, ecco quale è il presupposto per la formazione della classe dominante capitalistica. Si vorrebbe forse dire che negli anni ’90 nei paesi dell’ex URSS si è creata una classe di funzionari che avrebbe espropriato il proletariato? E chiaro che ciò è assurdo: è chiaro che una tale classe esisteva già, e  da lungo tempo, in nessun modo, i diretti produttori controllavano i mezzi di produzione. Dunque non c’è stata alcuna espropriazione. Dunque l’accumulazione originaria del capitale era già avvenuta e anche da parecchio tempo.

Quando Trotsky collegava l’accumulazione originaria con l’imposizione di una dittatura feroce e lo scorrere del sangue aveva assolutamente ragione. L’errore di Trotsky era quello, tuttavia,  di collegare l’accumulazione originaria del capitale con una ipotetica futura controrivoluzione e di non voler vedere i più chiari attributi dell’accumulazione originaria nella mostruosa  tirannia politica e nello sterminio di massa che aveva sotto gli occhi. Milioni di contadini rovinati, uccisi dalla fame e dalle malattie; totalmente privati di diritti e costretti al lavoro forzato, è sulle loro ossa furono raggiunti gli obbiettivi dei piani quinquennali stalinisti; la quantità incommensurabile di reclusi nei GULAG, ecco le vittime dell’accumulazione originaria in URSS. Senza capire ciò non si può capire profondamente né la storia “sovietica” né la Russia contemporanea.

Bilancio finale. La concezione trotskista della burocrazia, sintetizzata in tutta una serie di scritti politici e teorici, non è stata in grado di spiegare la realtà dello stalinismo e la sua evoluzione. Lo stesso si può dire delle altre categorie trotskiane collegate all’analisi della burocrazia (Stato “operaio”, carattere “postcapitalista” dei rapporti sociali”, “ambivalenza” dello stalinismo, ecc.) Allo stesso tempo bisogna dire però che Trotsky tentò di risolvere il compito che gli stava davanti: con la sua meravigliosa penna di pubblicista portò una critica micidiale contro chi sosteneva che l’Unione Sovietica fosse “socialista”. E considerato il tempo in cui visse, non fu certo poco.      

 

 

 

 


 

[1] Vedi per esempio i contributi contenuti nel volume “L’eredità ideale di L.D. Trotsky nella storia e per la contemporaneità”, Mosca, 1996.

[2] Vedi le opere di V.Z. Rogovin

[3] Kristanovskaja O. “L’oligarchia finanziaria in URSS”. Izvestia del 10.1.1996

 

 

 

 

 


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