Berlusconi capo del governo, Fassino capo del più grande partito
dell'opposizione, Parisi segretario generale della Confindustria, Pezzotta e
Angeletti grandi capi sindacali possono ora brindare al risultato del 15-16
giugno.
Il referendum non ha raggiunto il quorum, i lavoratori delle aziende sotto i
16 dipendenti anche se ingiustamente licenziati non potranno tornare al loro
posto di lavoro, ancora come prima.
Bertinotti si dispera per la sconfitta mentre a testa bassa andrà a chiedere
scusa ai suoi avversari di oggi per aver tentato tanto. Un posto è garantito
anche per lui nella coalizione ulivista.
Gli operai escono a testa alta. Fra i 10 milioni che sono andati a votare
SI, sono l'assoluta maggioranza. Irriducibili e disciplinati, su tutto il
territorio nazionale, gli operai hanno votato allo stesso modo. Sette
milioni che hanno già l'articolo 18 hanno votato per i tre milioni che
dovevano conquistarlo.
Un atto di solidarietà e di unità fra sfruttati che solo gli operai e quanti
sinceramente stanno dalla loro parte potevano realizzare.
Questa è la realtà dei grandi numeri. Gli operai e i lavoratori a salario
che non hanno votato, non sono così significativi da cambiare l'analisi che
facciamo. Non è dipeso certo da queste defezioni marginali la mancanza del
quorum. Lo zoccolo duro è lì davanti a tutti, 10 milioni di uomini e donne
hanno votato SI, per liberare loro e i loro simili dal ricatto del
licenziamento. La classe degli operai si va ricompattando.
Le altre classi hanno pensato ai loro interessi particolari, alla bottega,
al posto garantito per amicizia del capo, alla piccola officina artigiana
nella speranza che diventi grande sulle spalle dell'unico dipendente, alla
libera professione ben pagata, basta andare dove tira il vento. Una massa
che ha girato le spalle agli schiavi salariati sicuri che il problema
dell'articolo 18 le era completamente estraneo.
Una massa incapace di solidarietà sociale, educata al proprio tornaconto.
Ma non andranno lontano. Gli industriali, i grandi banchieri, i manager e i
capi politici, nella crisi, non guarderanno in faccia nemmeno loro e i primi
sintomi si vedono.
Per difendersi avranno ancora bisogno degli operai. Ma noi non
dimenticheremo.
Non dimenticheremo quando alle prossime elezioni ci chiederanno il voto.
Faremo noi gli astensionisti.
Parisi della Confindustria ha dichiarato che hanno il sostegno del 75% dei
cittadini. Peccato che è l'altro 25% che lavora nelle fabbriche e questo gli
ha votato in modo inequivocabile contro.
Non è il caso che la Confindustria canti vittoria, deve fare i conti domani
in ogni fabbrica con lo zoccolo duro, sempre più compatto. E indipendente.
ASSOCIAZIONE per la LIBERAZIONE degli OPERAI
Fip. 18/6/03 Per contatti scrivere: via
Falck, 44 20099 Sesto San Giovanni (Mi)
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