Nei giorni 3 e 4 Novembre del 1957 si tenne a Livorno un convegno del movimento
della sinistra comunista. In tale occasione vennero discusse le "Tesi sullo
sviluppo imperialistico, durata della fase controrivoluzionaria e sviluppo del
partito di classe" presentate dai compagni Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi.
Pubblichiamo, a distanza di 20 anni, queste tesi perchè esse rappresentano la
base strategica della nostra organizzazione per le tendenze internazionali che
individuano e per i compiti che indicano al partito di classe.
Su questa base si è sviluppato e si sviluppa il nostro
movimento,differenziandosi da altre correnti storiche e tracciando una netta
demarcazione da gruppi contingenti ed eterogenei.
Due decenni di storia dell'imperialismo e di lotta di classe non sono passati
invano. Molto materiale da analizzare si è aggiunto e noi lo abbiamo analizzato
e lo andiamo analizzando giorno per giorno nel lavoro di militanza leninista.
Ma le idee generali contenute nelle tesi del 1957 si sono dimostrate valide e
feconde, tanto da non temere l'usura del tempo. Anzi, il tempo le ha rese ancora
più attuali.
E' nel segno della coerenza, che non è solo atto individuale ma soprattutto
comportamento collettivo, che il nostro partito ha l'onore di rendere pubblico
un documento della sua lotta.
L'analisi di tutto il periodo di politica internazionale che attraversiamo e
l'analisi più dettagliata degli avvenimenti che si sono succeduti sulla scena
mondiale in questo ultimo anno, confermano i caratteri classici
dell'imperialismo descritti nella nota teoria leninista. Non solo la teoria
leninista ha ricevuto una convalida storica, ma proprio i suoi lati più
peculiari ci aiutano oggi nell'esame della situazione mondiale. Ci riferiamo in
particolare al fattore "mercato economico mondiale" posto da Lenin al centro
delle leggi che determinano lo sviluppo imperialistico del capitalismo.
Quindi l'imperialismo non va visto soltanto attraverso i suoi aspetti
politici-militari -alcuni dei quali, anzi, in via di trasformazione (vedi il
colonialismo)- ma soprattutto va considerato come fenomeno economico.
L'imperialismo é essenzialmente conquista o ripartizione del mercato e
conseguente lotta con mezzi pacifici-diplomatici o coercitivi-militari:
conquista e ripartizione che avviene tramite la supremazia negli scambi
commerciali e l'esportazione dei capitali da parte dei paesi più
industrializzati.
Solo tenendo presente questo aspetto della teoria marxista e leninista evitiamo
di considerare imperialismo solo quello che si manifesta nelle vecchie forme
colonialiste e siamo invece in grado di individuarlo in tutte quelle forme
economiche nelle quali, sostanzialmente, è costituito.
In altre parole, si tratta di ristabilire la definizione di "imperialismo"
risalendo alle fonti stesse della teoria marxista ed alle leggi obiettive che
questa ha scoperto nel processo di produzione capitalistico.
Nel quadro di questa fedele definizione dell'imperialismo si colloca il doppio
problema dello sviluppo capitalistico e delle sue contraddizioni e crisi;
problema fondamentale per la strategia del partito rivoluzionario poichè da esso
dipende il corso generale ed i tempi particolari della sua azione politica.
Primo compito di una seria politica della minoranza rivoluzionaria diventa,
quindi, l'analisi dello sviluppo imperialistico; analisi che va centrata
soprattutto nella valutazione del mercato mondiale. Da tale analisi ne escono
tracciate le linee della strategia, cioè le linee dell'azione a lungo e vasto
raggio.
Preliminare è, tuttavia, la verifica dei caratteri classici del capitalismo
nella fase imperialistica.
1 Lo sviluppo tecnologico delle nuove forme di produzione nel capitalismo
occidentale (automazione, energia atomica, ecc.), e particolarmente negli Stati
Uniti non ha modificato od alterato i classici rapporti di produzione
capitalistici. Il fenomeno di sviluppo tecnologico riguarda esclusivamente le
forme del processo produttivo; indirettamente riguarda non un mutamento ma un
rafforzamento delle forze produttive tendenti alla socializzazione dei mezzi di
produzione. L'accentramento e la concentrazione del capitalismo monopolistico e
di Stato - processo che determina ed accompagna lo sviluppo tecnologico - pone
le condizioni per la liquidazione delle forme arretrate della piccola proprietà
e della piccola produzione, per la estensione della proletarizzazione, per la
socializzazione dei mezzi di produzione concentrati nelle grosse organizzazioni
capitalistiche e nello Stato.
I paesi in cui questo processo è molto avanzato sono maturi per una economia
socialista. La mancata trasformazione rivoluzionaria degli attuali rapporti di
produzione dipende principalmente dalle possibilità di espansione imperialistica
che offre un mercato mondiale sottosviluppato.
Sono, perciò, da rigettare tutte quelle tesi revisionistiche che più o meno
velatamente - sulla scia di tutta la pubblicistica "neocapitalistica", "capitalistico-popolare",
ecc. tendono a presentare la fase attuale del capitalismo in termini che non
sono quelli scientificamente enunciati dal marxismo.
2 Lo sviluppo di determinate forme giuridiche che costituiscono la
sovrastruttura sociale, quali il diritto di proprietà dei mezzi di produzione,
non ha modificato od alterato i classici rapporti di produzione capitalistici.
Nell'attuale fase -e particolarmente in determinati paesi- si sta sviluppando la
tendenza al "capitalismo di Stato", tendenza già prevista da Engels nell'"Antiduhring"
e studiata da Lenin ne "L'imperialismo" e in altre opere e che consiste nella
concentrazione delle leve direttive dell'apparato economico nelle istituzioni
statali. Tale sviluppo economico che lascia inalterati i rapporti di produzione
(capitale e salario, circolazione mercantile sulla base della legge del valore
ecc.) è accompagnato dal passaggio giuridico dalla proprietà privata alla
proprietà statale. Economicamente non si ha alcun mutamento dei caratteri
fondamentali del capitalismo,tanto che il "capitalismo di Stato" non rappresenta
alcuna "novità" qualitativa nei confronti del capitalismo classico. Socialmente
non si ha alcuna modifica essenziale nella società divisa in due classi
antagonistiche, le quali conservano le loro fondamentali posizioni nel processo
produttivo.
Lo sviluppo economico del "capitalismo di Stato" - diffusosi in generale nel
mondo e parzialmente in tutti i paesi progrediti industrialmente - ha avuto una
particolare ampiezza nell'Unione Sovietica, in seguito alla straordinaria
formazione di fattori favorevoli e di necessità storiche. Le imprescindibili
esigenze economiche che si presentarono alla Russia, dopo che la grandiosa
Rivoluzione d'Ottobre tentò di aprire l'era della rivoluzione socialista
internazionale senza riuscirvi e senza avere le basi materiali d'avvio
all'economia socialista, necessitarono lo sviluppo del capitalismo di Stato.
Fuori da ogni giudizio moralistico, i caratteri dello sviluppo economico
sovietico confermano la teoria marxista sullo sviluppo capitalistico. Sono,
perciò, da scartare i giudizi che, attingendo a teorie staliniane o trotzkiste,
definiscono la società sovietica "socialista" o società fondamentalmente
socialista.
Pensiamo di poter tracciare così - a grandi linee - la situazione del mercato
mondiale:
a) esistenza di paesi a livello economico avanzato, a livello intermedio e a
livello arretrato. Il criterio di valutazione di tale livello è dato
dall'espansione del sistema di produzione capitalistico all'interno di ogni
paese. Il grado di tale livello si misura, perciò, nella produzione totale
nazionale, nella produzione industriale, nel reddito nazionale e nel reddito
pro-capite.
b) esistenza, quindi, di tre grossi settori quantitativi nell'economia mondiale.
In queste condizioni una differenziazione qualitativa si pone solo nel senso
della maturità capitalistica e della arretratezza precapitalistica o feudale di
ogni singolo paese. E' da escludere assolutamente una valutazione in senso
socialista delle attuali strutture economiche, dato che - secondo la concezione
marxista - per socialismo si intende qualitativamente nuovi rapporti di
produzione. Nei tre settori suddetti - nessuno escluso - i problemi economici
sono ancora di aumento quantitativo della produzione e non possono essere ancora
di mutamento qualitativo in senso socialista.
In tutti i tre settori - nessuno escluso - lo sviluppo quantitativo della
produzione concorre a creare le basi materiali del socialismo con l'aumento di
forze produttive che entreranno irrimediabilmente in contrasto con i rapporti
capitalistici di produzione solo quando il loro confronto sarà generalizzato su
scala internazionale.
c) esistenza di un settore costituito da paesi industrialmente avanzati, dove il
contrasto tra le forze produttive ed i rapporti capitalistici di produzione è
storicamente posto. Questo contrasto trova però, ancora una soluzione nel
mercato mondiale composto dal settore intermedio e dal settore arretrato.
L'esportazione di tale contrasto è la dinamica del capitalismo divenuto
imperialista.
Per i paesi avanzati il problema della sopravvivenza economica di tipo
capitalistico risiede ormai nella espansione del mercato esterno. La produzione
per la sola area nazionale provocherebbe inevitabilmente la crisi e quest'ultima
viene rimandata ed arginata dalla produzione destinata alle aree depresse e
semi-depresse.
La teoria marxista della crisi trova una più valida conferma nella pratica. Dove
più attenta dovrebbe essere, invece, la elaborazione del marxismo rivoluzionario
è sulla teoria e sui problemi dello sviluppo capitalistico. Come chiaramente è
dimostrato dalla storia degli ultimi decenni, lo sviluppo del capitalismo, oltre
che da fattori tecnologici interni, è determinato dal mercato mondiale. Finchè
in questo mercato sussisterà una vastissima zona -che comprende i due terzi
della popolazione mondiale - in condizioni di arretratezza precapitalistica, la
produzione dei paesi avanzati ivi troverà uno sbocco ed una soluzione alle
proprie contraddizioni.
Tutta la lotta politico- ideologica-militare svolta dalle grandi potenze nel
passato e nel presente, in definitiva, è una lotta per la conquista e la
ripartizione del gigantesco mercato economico.
d) esistenza di un vastissimo settore ad economia arretrata che condiziona non
solo l'ineguale sviluppo del capitalismo, ma, nello stesso tempo, condiziona
pure l'ineguale sviluppo delle basi materiali del socialismo. Data
l'interdipendenza su scala internazionale dei fattori economici non vi può
essere una soluzione nazionale per l'avvento dell'economia socialista, come non
vi può essere una soluzione nazionale per lo sviluppo o la crisi del
capitalismo.
Il problema dello sviluppo capitalistico, della crisi e della rivoluzione
socialista è divenuto effettivamente un problema internazionale e solo in questa
sede può trovare una soluzione storica.
Dato l'attuale livello del mercato mondiale, per cui vastissime zone sono ancora
nella prima fase di costruzione del capitalismo, non si pone ancora
concretamente il problema rivoluzionario dell'avvento dell'economia socialista
su scala internazionale. Questo problema si pone particolarmente in singoli
paesi ma - data la possibilità concreta per il capitalismo di trovare una
vastissima area economica in cui esportare la propria produzione, i propri
capitali, la propria crisi - non può essere affrontato positivamente se non in
singoli episodi destinati ad esaurirsi in breve tempo. Ciò non vuol dire che le
contraddizioni imperialistiche non possano provocare crisi parziali e
rivoluzioni proletarie isolate. Anzi, il futuro corso dell'imperialismo sarà
costellato di simili episodi che rimarranno, però, singoli episodi ben presto
ricomposti nella rete mondiale degli interessi imperialistici. In questo corso
si potranno verificare - come fu nel 1956 per l'Ungheria - gloriose e generose
sollevazioni proletarie che, data la situazione internazionale
controrivoluzionaria in cui verrebbero a porsi, avranno l'immenso valore di
"Comuni" rivoluzionarie, luminose e sfortunate tappe della rivoluzione
socialista internazionale, ma non saranno ancora il vittorioso traguardo di
questa.
e) inesistenza, perciò, delle condizioni generali della rivoluzione socialista.
Affinché tali condizioni si presentino concretamente occorre che il settore ad
economia arretrata superi tutto il primo stadio dell'industrializzazione. Solo
allora - e, in ordine di tempo, nel corso di un ciclo economico - il problema
della rivoluzione socialista si presenterà con una tale carica di contrasti di
classe da poter essere affrontato politicamente ed economicamente nel quadro
della tattica internazionale. Praticamente il problema della rivoluzione
socialista su scala internazionale si presenterà all'ordine del giorno solo
quando lo sviluppo economico delle zone arretrate sarà giunto al punto da
raggiungere una certa autosufficienza e da non poter più assorbire
l'importazione di merci e di capitali provenienti dalle potente imperialistiche.
Senza una comprensione esatta della situazione del mercato mondiale e delle sue
prospettive di sviluppo non si riesce a cogliere le caratteristiche dell'attuale
periodo controrivoluzionario e ad impostare la linea ed il ruolo della minoranza
rivoluzionaria.
f) duplice aspetto del movimento coloniale espresso dai paesi appartenenti al
settore arretrato. Tutta una serie di questi paesi esprime attualmente un forte
movimento di indipendenza politica, movimento destinato a generalizzarsi, a
rinvigorirsi, ad accentuarsi. Inevitabilmente tutti i paesi ieri ed oggi ancora
in condizione coloniale e semicoloniale acquisteranno, nel corso di lotte più o
meno cruente, la loro indipendenza politica. Questo importante fatto se
indebolisce certe sovrastrutture politiche dell'imperialismo non ne indebolisce,
però, la sua dinamica economica. L'indipendenza politica dei paesi coloniali e
semi-coloniali non rappresenta in alcun modo indipendenza economica, anzi più
l'indipendenza politica si attua, più crescono le esigenze di carattere
economico e più cresce, di conseguenza, la dipendenza economica da quei paesi
che, per la loro capacità produttiva, soli sono in grado di intervenire con
aiuti, prestiti, esportazione di capitali, scambi commerciali, nel promuovere lo
sviluppo industriale ed agricolo delle zone arretrate. Senza tale intervento da
parte dei paesi imperialisti non vi è possibilità, per il paese arretrato, di
progresso economico. L'esempio della Cina e dell'India può bastare ad indicare
la validità di questa affermazione.
Si può dire, anzi, che entrando in una nuova fase economica e rompendo la
vecchia stasi di immobilismo coloniale i paesi del settore arretrato allargano
la capacità del mercato mondiale ed offrono all'imperialismo la possibilità di
espansione economica.
Indirettamente il risveglio dei paesi arretrati da un lato mina le posizioni
politiche dell'imperialismo e ne provoca alcune delle più tipiche
contraddizioni, mentre dall'altro ne favorisce economicamente la sopravvivenza.
Un chiaro esempio ci è dato dal movimento d'indipendenza politica afro-asiatico
che indebolendo le posizioni coloniali anglo-francesi ha permesso, però, nello
stesso tempo una vertiginosa espansione e penetrazione dei capitali americani e
tedeschi. Alla luce di queste tendenze economiche di fondo vanno visti tutti gli
avvenimenti che si susseguono- pur in una contorta cornice di iniziative
diplomatiche e propagandistiche - nei continenti africano e asiatico e, in
questo momento, particolarmente nel Medio Oriente.
g) premesse indispensabili dello sviluppo imperialistico risiedono, perciò,
nella lotta di indipendenza dei paesi coloniali. Gli aspetti esteriori di questa
lotta non possono essere considerati obiettivamente antimperialisti, ma vanno
considerati, piuttosto, come manifestazioni di un forte contrasto interno delle
correnti dell'imperialismo; contrasto in cui si affrontano una stratificazione
"vecchia" ed un dinamismo "nuovo", con una netta prevalenza del secondo sulla
prima e con contingenti compromessi di equilibrio.
In nessun modo - come vorrebbero invece le tesi di Kruscev - la lotta di
indipendenza dei paesi arretrati può essere considerata come una tappa di
restrizione del mercato mondiale ai danni dell'imperialismo. Anzi, accade
proprio l'opposto dato che il mercato è destinato ad allargarsi sempre più mano
a mano che le esigenze di sviluppo capitalistico si impongono all'interno di
ogni paese arretrato. Il mercato si restringerà per l'imperialismo solo quando
lo sviluppo di questi nuovi paesi avrà raggiunto un minimo di autosufficienza.
In nessun modo, inoltre, lo sviluppo economico di questi paesi può avvenire in
una forma che escluda il capitalismo e che possa essere definita "socialismo".
Questa tesi assurda è sostenuta da Kruscev e dalla classe dirigente sovietica e
svela facilmente le recondite intenzioni. A somiglianza dello sviluppo economico
sovietico si vorrebbe definire quello storicamente necessario processo di
evoluzione economica del capitalismo di Stato come "edificazione del
socialismo".
Ancora una volta va affermato che - per la concezione marxista della società
socialista - il socialismo è il massimo prodotto del livello delle forze
produttive raggiunto nell'economia capitalista, prodotto che la rivoluzione
socialista libera dai legami costituiti dai vecchi rapporti di produzione ma che
non può assolutamente edificare. Se il livello delle forze produttive non è
ancora giunto a produrre economicamente il socialismo, necessariamente il
processo di edificazione di tale livello non può essere compiuto che dal
capitalismo, privato o statale che sia.
L'azione politica della Sinistra Comunista deriva direttamente dall'analisi,
dalla valutazione, dalle prospettive della situazione internazionale. Non
esistono particolarità nazionali che giustifichino una autonomia italiana nei
problemi della strategia e della tattica rivoluzionaria. Le particolarità
nazionali riguardano solo il processo di formazione del nostro movimento sia per
il passato che per il futuro. E' quindi nel quadro di una valutazione d'ordine
internazionale che la Sinistra Comunista deve delineare una propria azione
politica.
Nella fissazione di questa linea si presentano due serie di problemi, una di
carattere generale, l'altra di carattere particolare. La soluzione di questi
problemi non può avvenire singolarmente poichè, data la loro natura, essi
possono essere impostati e risolti solo nel complesso in cui sono tenacemente
inseriti.
La prima serie di problemi riguarda l'analisi della situazione italiana e
dell'egemonia capitalistica, l'analisi del cosiddetto "neocapitalismo" e del
"capitalismo di Stato", il corso della lotta di classe in Italia, la natura ed i
caratteri della democrazia parlamentare borghese, la natura, il ruolo, le
funzioni dei partiti che hanno una base operaia come il PSI ed il PCI.
La seconda serie di problemi riguarda, invece, gli aspetti più contingenti della
nostra tattica e cioè il programma di azione della Sinistra Comunista, la
tattica verso il PCI e verso la sua Direzione, la tattica verso il PSI ed il
giudizio sull'unificazione socialista, i rapporti con gli altri gruppi di
vecchia e nuova opposizione, l'impostazione teorica e pratica della questione
elettorale, l'azione all'interno dei sindacati e la piattaforma per una
opposizione di classe.
E' evidente che per una seria impostazione di tutti questi problemi tattici
occorre una chiara definizione dei problemi generali di cui, in definitiva, non
sono che emanazioni.
Nata dalla crisi del PCI e del movimento operaio italiano, la Sinistra Comunista
non può porsi al di sopra della crisi, non può tendere alla ricostruzione del
partito rivoluzionario, non può costituire un elemento positivo scaturito dalla
crisi che alla condizione di porsi come movimento teorico e come primo nucleo
organizzato di un vasto e profondo esame teorico della esperienza e dei problemi
che riguardano il movimento operaio internazionale.
Senza questo profondo ed appassionato lavoro teorico la Sinistra Comunista non
potrà mai costituire la premessa del futuro partito di classe e rimarrà nel
limbo dell'agitazione, del travaglio senza prospettive, dell'attività episodica
travolta da fenomeni generali che, nel tempo, oltrepassano le cause contingenti
per le quali la Sinistra Comunista è sorta.
In concreto: o la Sinistra Comunista si pone seriamente la prospettiva di
costituire il nucleo avanzato del futuro partito rivoluzionario - e, pur con
limiti, lavora e si sente parte integrante di questo partito - oppure la sua
presenza e la sua attività, i suoi sforzi non saranno che singoli ed effimeri
episodi sfruttati, col tempo, da quella tendenza alla socialdemocratizzazione
delle masse in corso ad opera del capitalismo più avanzato tramite i suoi
partiti socialisti.
E' una scelta a cui non si sfugge: o si lavora per costruire il partito
rivoluzionario o si lavora per la socialdemocrazia senza saperlo. A questa
scelta non si può dare che una risposta inequivocabile. Bisogna porsi
concretamente il problema della formazione del partito; bisogna porselo con il
materiale che c'è, nelle condizioni che ci sono, nei limiti che purtroppo
esistono. Porsi questo problema non significa costituire, con un atto puramente
formale, il partito rivoluzionario ma significa porre al centro del nostro
lavoro - subordinando ogni altro singolo problema ed ogni altra singola
considerazione tattica - la prospettiva della formazione del partito. Significa
dedicare tutte le energie a questa prospettiva.
Per far ciò occorre elaborare e discutere teoricamente e non aver paura della
discussione per quanto possa apparire accesa perché è solo attraverso la
discussione, la ricerca e la definizione teorica che si forma, si seleziona, si
collauda e si salda il partito rivoluzionario. Il partito rivoluzionario,
essendo un partito di quadri, non può vivere senza un alto livello teorico: anzi
per esso ogni problema di azione politica è un problema teorico e viceversa.
Solo una dialettica interna ad alto livello teorico permette al partito
rivoluzionario la elaborazione, la impostazione, la traduzione politica della
sua base teorica.
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