(da Battaglia comunista n. 10 - maggio 1973)
Stiamo tornando nel clima storico che abbiamo dolorosamente vissuto e nel
quale la lotta politica era ridotta all'urto tra fascismo e antifascismo, che
polarizzava i partiti e le rispettive masse in due fronti solo apparentemente
contrapposti.
Allora, dagli anni Venti in poi, solo la Sinistra italiana mise in evidenza
l'imbroglio e i falsi scopi ideologici e politici che si nascondevano dietro
questo binomio fascismo-antifascismo, e indicò come sola cosa valida la
continuazione di una strategia di classe tanto sul fronte della lotta operaia
come su quello della guerra imperialista.
L'esperienza fatta in questi ultimi decenni ha dimostrato chiaramente come
fascismo e antifascismo altro non sono che due escrescenze sociali e politiche
del capitalismo, venute fuori dalla sua matrice storica, e nel quale e per il
quale entrambi hanno operato, anche se l'uno in senso regressivo di destra e
l'altro in senso progressivo di sinistra; regressivo e progressivo che si sono
dimostrati, nei momenti più difficili del sistema, i due ingredienti utili e
indispensabili ad una saggia politica di conservazione del sistema.
Qualche richiamo storico che evidenzi il fenomeno. Nella strategia
interimperialista della Seconda guerra mondiale, il capitalismo, nella unità
mondiale dei suoi interessi di classe, ha potuto sbarrare la strada ad ogni
tentativo di soluzione rivoluzionaria proprio in virtù di questa sua apparente
estraneità allo schema tattico imperniato sulla polarizzazione delle masse verso
i due poli dello schieramento politico fascismo-antifascismo. Per questo, alla
sconfitta del nazismo in Germania e del fascismo in Italia, il capitalismo è
stato in grado di ricostruire il tessuto della economia e i tradizionali organi
di potere, dal momento che la dittatura, battuta sul piano eemilitare, era
costretta a passare la mano alla democrazia parlamentare, cioè un passaggio di
potere dal fascismo all'antifascismo, che avveniva nell'ambito del sistema e non
contro di esso.
Come si vede, si tratta di due momenti della dialettica formale al servizio
del potere, e in nessun caso di contraddizioni fondamentali proprie della
dialettica rivoluzionaria.
Ricordiamo che ad onta dei nostri gravi e insanabili dissensi interni, la
lotta contro il fascismo condotta dai comunisti di ogni tendenza, relegati nei
reclusori e nei campi di concentramento, significava per tutti lotta a fondo
contro tutto il capitalismo e tale assunto strategico non era stato ancora
contaminato dalla lebbra della "democrazia progressiva" ispirata poi da Mosca.
Sarà questo il compito maggiore e completamente riuscito del "giolittismo" di
Togliatti: fin dallo sbarco a Salerno ebbe di mira l'imbrigliamento del P.C.I.,
quello di Livorno, per farne un puntello del potere repubblicano; operò un
radicale ribaltamento ideologico e politico costringendo a piegare la schiena i
vecchi quadri disillusi e invigliacchiti, e immettendo nel partito nuovi e
giovani quadri provenienti dal dissolvimento fascista e dalle più disparate
correnti ideologiche, a tinte più o meno libertarie ma obiettivamente piccolo
borghesi.
Al ribaltamento delle ideologie, da rivoluzionaria a conformista, faceva
inevitabilmente seguito una forse meno avvertita, ma non per questo meno grave,
dislocazione delle forze che modificava la natura del partito, da partito di
classe a partito genericamente operaio a direzione qualunquista. A Togliatti
riconosciamo il merito di aver portato a compimento l'opera che passerà alla
storia come la svolta "rivoluzionaria" contro il sistema per rafforzare ...il
sistema stesso.
E sarà questa la linea di sviluppo, il "corso nuovo" del partito di Togliatti,
che nella situazione di apertura alle forze democratico-parlamentari, resa
possibile dalla vittoria delle armate, soprattutto americane, troverà la base
sociale e politica per svolgere il suo ruolo di incanalamento e di guida
particolarmente dei ceti medi, ora chiamati a continuare negli istituti della
democrazia la politica che gli stessi avevano sperimentato nel seno dello Stato
corporativo del Ventennio fascista.
Sono le masse di riserva che la rivoluzione tecnologica e il neo-capitalismo
hanno in questi anni generato e dilatato a dismisura, creando le condizioni
oggettive e soggettive di una realtà socio-economica di enorme ampiezza e di
rilevanza politica tutt'altro che marginale.
La crisi monetaria, la crisi del profitto, l'inflazione e la disoccupazione
hanno poi colpito e ridimensionato in modo particolare il settore vasto ed
asfittico delle medie e piccole aziende, mettendo in movimento strati
considerevoli della media e piccola borghesia. Sono le categorie sociali situate
tra il capitalismo e il proletariato, continuamente sballottate tra questi due
poli opposti e perciò instabili e insofferenti, prive di una propria base
economica, dedite ad attività di natura prevalentemente parassitaria e disposte
quindi ad offrirsi ora alle iniziative più avventate sotto il segno del mito
della violenza come negli anni del Ventennio, ed ora al mito della potenza dei
numeri e dei voti per la conquista di una maggioranza elettorale democratica nel
parlamento e nel governo, che costituisce l'aspirazione limite del partito di
Amendola e di Berlinguer. L'accaparramento organizzativo di queste forze sociali
è oggi l'obiettivo massimo e immediato di tutti i partiti dell'arco cosiddetto
costituzionale e delle stesse frange dei gruppi extraparlamentari.
E' indubbio che a beneficiare di questa situazione doveva essere soprattutto
il partito picista che più di ogni altro ha fatto proprie le istanze delle
classi medie, volubili e politicamente informi. Il partito che più di ogni altro
ha manovrato fin qui con una politica di fittizia ed epidermica opposizione
parlamentare, sempre di grande presa sulle masse in genere, e soprattutto ha
saputo usare a suo favore lo spauracchio fascista per ramazzare forze vecchie e
nuove sul fronte dello schieramento antifascista, utile per lo meno a
legittimare il suo diritto ad una fetta del potere.
Si tratta di un contesto politico, questo, del tutto estraneo al marxismo e
si situa, senza possibilità di equivoci, dalla parte opposta della barricata di
classe.
Che sulla linea della lotta rivoluzionaria la Sinistra italiana si trovi
ancora sola o quasi, è la prova di una continuità conseguente al marxismo che
vuole che la lotta contro il fascismo non sia un espediente tattico di difesa
democratica e di conquista di voti (il M.S.I. non è forse un partito dell'arco
costituzionale?) ma colpisca nel cuore il capitalismo che lo ha generato.