Ultimo Aggiornamento : 10-09-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobiltà e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
 
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I FATTORI DELLA NUOVA CONTESA IMPERIALISTICA

APPARSO SU LOTTA COMUNISTA N. 120 NELL'AGOSTO 1980

 

La ripartizione del mondo in sfere di influenza e, in alcuni casi, di controllo da parte delle potenze imperialistiche avviene sulla base della loro forza economica, la quale si esprime in forza politica e militare.
Quando si parla di sfere di influenza e, in alcuni casi, di controllo non bisogna intendere un qualcosa che assomiglia ad un disegno, un progetto, una trama come sempre vien rappresentato dalla polemica politica, dalla grande stampa e dalla pubblicistica imperante in Italia. Questo modo volgare di concepire le relazioni internazionali è puramente fantastico, non corrisponde alla realtà ed è estraneo alla serietà scientifica della scuola marxista la quale non è andata a ricercare le caratteristiche dell'imperialismo nei complotti, nelle alcove e nei pettegolezzi.
Le sfere di influenza dell'imperialismo sono un qualcosa di ben più profondo ed oggettivo perché sono il risultato dinamico di una fitta rete di interessi tra imprese, tra settori, tra mercati: dove si stabilisce una infinità di rapporti soggetti, a loro volta, ad una infinità di variazioni.
Dice Trotsky che la vita sociale corrisponde più alla biologia che alla meccanica. Ciò è ancor più vero quando il corpo della vita sociale è il mondo e quando le relazioni che vi intercorrono hanno la dimensione internazionale.
Siccome il processo che trasforma la forza economica in forza politica e militare non si svolge in modo rettilineo e simultaneo, necessariamente dà luogo ad una serie di tensioni e di scontri di tipo economico, finanziario, commerciale, monetario e politico. Se il peso economico si traducesse meccanicamente in un peso politico basterebbe un calcolatore a regolare le relazioni internazionali. Non vi sarebbero le lotte, gli scontri, le guerre dell'imperialismo.
E' assurdo pensare ad un mondo di potenze statico ed in equilibrio perpetuo. Il mondo è un campo di forze, piccole, medie, grandi in continuo movimento perché è un campo di forze che variano in termini economici, dato lo sviluppo ineguale del capitalismo. Ciò avviene non solo sul terreno economico ma pure sul terreno politico, dato che le forze economiche tendono ad esprimere una corrispondente forza politica.
L'attuale campo mondiale di forze economiche comprende parecchi milioni di piccole imprese, parecchie centinaia di migliaia di medie imprese, parecchie migliaia di grandi imprese, alcune migliaia di grandi gruppi ed alcune centinaia di grandi insiemi finanziari-economici.
Questi fattori dinamici modificano in continuazione il peso delle forze economiche e, nel lungo periodo, il rapporto tra gli Stati. Ma come possono influire sul breve periodo e in che modo è compito della analisi marxista delle relazioni internazionali stabilirlo. Nessuna teoria può sostituire la necessità dell'esame del processo in corso.
Occorre iniziare dai fattori economici per stabilire il mondo delle potenze e per potere analizzare in che modo possono giocare il ruolo di potenze politiche.
In base al prodotto lordo una ventina di Stati conta sopra, o attorno, il centesimo, ossia è composta da Stati ciascuno dei quali ha un peso economico superiore, o attorno all'1 per cento del prodotto lordo mondiale. Possono essere considerati medie potenze e sono i protagonisti principali della scena politica internazionale.
Questa ventina di potenze rappresenta circa 1'85% del prodotto lordo mondiale. Gli altri 141 Stati rappresentano, quindi, il restante 15% e possono essere considerati piccole potenze; però un 12% va ad una quarantina di Stati ed il rimanente 3% va ripartito tra gli ultimi cento Stati che possono essere considerati piccolissime potenze. In sostanza, cento piccolissime potenze contano economicamente per il 3 per cento, quaranta piccole potenze per il 12% e venti medie potenze per 1'85%. Le prime dieci di queste rappresentano il 72% del totale mondiale e possono essere considerate grandi potenze.
Questa è la scala piramidale delle potenze economiche e la graduatoria mondiale delle forze economiche.
Se consideriamo la produzione industriale, includente l'attività estrattiva, troviamo una scala piramidale analoga, anche se con alcune variazioni che non approfondiamo dato che ciò richiederebbe una trattazione statistica a parte, con inevitabile e necessario confronto di numerose fonti. In questo caso si dovrebbero trattare, oltre ai centesimi di produzione industriale mondiale, millesimi, decimillesimi e centomillesimi. In questa sede ci basti un confronto ad alto grado di aggregazione, sufficiente comunque a fornirci un quadro delle forze industriali.
Anche qui le prime dieci potenze industriali rappresentano il 72% della produzione industriale mondiale, le seconde dieci il 13%, altre quaranta il 14% e le ultime cento l'1%.
Nella produzione industriale manifatturiera la variazione, specie per le piccolissime potenze, diventa ancora più sensibile. In definitiva, significative sono realmente le prime venti potenze mondiali e, in subordine, le seconde quaranta.
Per dare una immagine ancora più chiara suggeriamo un paragone con la graduatoria delle imprese costruttrici di automobili e veicoli industriali. Se paragoniamo le prime 161 imprese mondiali e i 161 Stati ricostruiamo una impressionante analogia nelle due scale piramidali.
Questa è la base oggettiva sulla quale poggiano le relazioni internazionali e dalla quale si sprigionano incessantemente i tentativi di modificarle in un verso o nell'altro. Spesso i mutamenti avvengono in modo impercettibile, tramite una infinità di azioni reciproche, ma molto più spesso si vengono a creare situazioni che impediscono i mutamenti delle relazioni internazionali.
Se le modificazioni nel rapporto di forze economiche sono state consistenti, ogni situazione che presenta forti ostacoli d'ordine politico ad una corrispondente modificazione nelle relazioni tra gli Stati diventa esplosiva.
Quando la ripartizione del mondo in base alla forza economica non riesce a compiersi, dati gli innumerevoli ostacoli d'ordine politico, si creano le condizioni oggettive per una soluzione di tipo bellico.
L'ultima grande ripartizione del mondo è quella che ha seguito la seconda guerra mondiale imperialistica durante e per mezzo della quale la Germania, alleandosi all'Italia e stabilendo un compromesso con la Francia sconfitta militarmente, ha cercato di dominare il mercato europeo e il Giappone, cercando di fare leva sulle borghesie nazionali dei paesi asiatici conquistati, ha cercato di creare un mercato asiatico escludendo militarmente le potenze occidentali.
Gli Stati Uniti, appoggiando l'URSS che pagava seccamente il tipo tedesco e il tipo giapponese di ripartizione mondiale e sostenendo la Gran Bretagna, anch'essa destinata a pagare le spese di quella ripartizione che in buona parte avveniva sui suoi possessi, riuscirono ad impedire quelle due ripartizioni e a sconfiggere duramente i suoi promotori.
Lo stesso andamento della guerra, combattuta dagli USA sui due fronti e contro le due ripartizioni, lo dimostra. Gli Stati Uniti, portando avanti la linea della "resa incondizionata", ridussero talmente la forza economica dei loro avversarie concorrenti da portarla praticamente alla inefficienza con il calcolo, abbastanza fondato, che questa dovesse durare per alcuni decenni.
La stessa linea di condotta è valsa anche per i loro alleati, anche se erano interessati alla linea della "resa incondizionata". Gran Bretagna e Unione Sovietica, che pur avevano interesse a che Germania e Giappone uscissero dal conflitto sconfitti e ridimensionati al massimo tanto da propugnare la divisione della Germania stessa, finirono con il pagare a caro prezzo, almeno per il decennio post bellico, la soluzione finale concordata con gli USA della guerra, ma soprattutto voluta ed imposta dalla potenza americana. E' vero che l'URSS ricevette, nella ripartizione di Yalta, l'Europa Orientale; ma ciò in un altro contesto e che, comunque, non cancella il fatto che l'URSS dovesse pagare con un progressivo indebolimento la continuazione del conflitto tesa a spezzare talmente la forza della Germania da poterla occupare e dividere. D'altra parte una "resa condizionata", con ogni probabilità, sarebbe andata a scapito della espansione della potenza russa la quale veniva, così, a trovarsi tra la padella e la brace.
Non bisogna dimenticare un dato che quasi sempre è taciuto: mentre tutte le altre potenze belligeranti si indeboliscono economicamente e militarmente negli ultimi due anni di guerra, quella statunitense si rafforza in modo straordinario. Si può dire, sulla base di tutta una serie di indicatori e, soprattutto, di quelli riguardanti la produzione industriale, che più continuava quel tipo di guerra che aveva impresso un altissimo ritmo di distruzione e di produzione industriale, più si rafforzavano gli Stati Uniti.
Di fatto essi si trovavano ad avere quasi la metà della produzione industriale mondiale.
Thomas A. Siefring, nella sua opera "L'US Air Force durante la seconda guerra mondiale", documenta come durante i bombardamenti sulla Germania vennero persi ben 8314 aerei e 6378 equipaggi.
Sono annate di produzione della Boeing, della Mc Donnel Douglas, della Lookheed!
Nel 1943 gli USA avevano già vinto la guerra. Produssero ancora due anni per vincere definitivamente ed imporre la ripartizione di Yalta.
Montagne di libri sono state ormai scritte su Yalta. I retroscena della diplomazia, quando esistono, hanno poca importanza. La storia segreta aggiunge ben poco alla storia, specie per chi la legge nei grandi fatti sociali.
Se anche non esistesse alcun patto segreto, esisterebbe comunque la ripartizione di Yalta, ossia un particolare assetto imperialistico scaturito dalla conclusione della seconda guerra mondiale e poggiante su di un rapporto oggettivo di forze che non ha niente di misterioso.
Questo rapporto di forze è, dal punto di vista economico, definitivamente tramontato.
Tre decenni di sviluppo capitalistico nel mondo hanno profondamente mutato la situazione economica del dopoguerra.
Gli Stati Uniti non hanno più la metà della produzione industriale mondiale; ne hanno un quinto. Per molte potenze aver mantenuto la quota che avevano prima della guerra ha rappresentato già un rafforzamento di fronte agli Stati Uniti in declino, relativo s'intende, e alle nuove potenze industriali emergenti. Giappone e Germania hanno modificato profondamente il loro rapporto economico con gli USA e sono emerse come potenze industriali rafforzate in assoluto.
Nessuno può mettere le brache ad un processo storico-naturale che è fatto da mille fattori impersonali.
L'assetto economico di Yalta è seppellito. Si è aperta la lotta per la fine dell'assetto politico. E una lotta sorda, aspra, aperta a molti imprevisti perché chi conta economicamente finirà con il contare politicamente, ma nessuno può sapere in quale modo e per quali vie.
La nuova contesa imperialistica è iniziata. Segnerà gli anni '80 e il destino di un mondo caotico.
 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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