La ripartizione
del mondo in sfere di influenza e, in alcuni casi, di controllo da parte delle
potenze imperialistiche avviene sulla base della loro forza economica, la quale
si esprime in forza politica e militare.
Quando si parla di sfere di influenza e, in alcuni casi, di controllo non
bisogna intendere un qualcosa che assomiglia ad un disegno, un progetto, una
trama come sempre vien rappresentato dalla polemica politica, dalla grande
stampa e dalla pubblicistica imperante in Italia. Questo modo volgare di
concepire le relazioni internazionali è puramente fantastico, non corrisponde
alla realtà ed è estraneo alla serietà scientifica della scuola marxista la
quale non è andata a ricercare le caratteristiche dell'imperialismo nei
complotti, nelle alcove e nei pettegolezzi.
Le sfere di influenza dell'imperialismo sono un qualcosa di ben più profondo ed
oggettivo perché sono il risultato dinamico di una fitta rete di interessi tra
imprese, tra settori, tra mercati: dove si stabilisce una infinità di rapporti
soggetti, a loro volta, ad una infinità di variazioni.
Dice Trotsky che la vita sociale corrisponde più alla biologia che alla
meccanica. Ciò è ancor più vero quando il corpo della vita sociale è il mondo e
quando le relazioni che vi intercorrono hanno la dimensione internazionale.
Siccome il processo che trasforma la forza economica in forza politica e
militare non si svolge in modo rettilineo e simultaneo, necessariamente dà luogo
ad una serie di tensioni e di scontri di tipo economico, finanziario,
commerciale, monetario e politico. Se il peso economico si traducesse
meccanicamente in un peso politico basterebbe un calcolatore a regolare le
relazioni internazionali. Non vi sarebbero le lotte, gli scontri, le guerre
dell'imperialismo.
E' assurdo pensare ad un mondo di potenze statico ed in equilibrio perpetuo. Il
mondo è un campo di forze, piccole, medie, grandi in continuo movimento perché è
un campo di forze che variano in termini economici, dato lo sviluppo ineguale
del capitalismo. Ciò avviene non solo sul terreno economico ma pure sul terreno
politico, dato che le forze economiche tendono ad esprimere una corrispondente
forza politica.
L'attuale campo mondiale di forze economiche comprende parecchi milioni di
piccole imprese, parecchie centinaia di migliaia di medie imprese, parecchie
migliaia di grandi imprese, alcune migliaia di grandi gruppi ed alcune centinaia
di grandi insiemi finanziari-economici.
Questi fattori dinamici modificano in continuazione il peso delle forze
economiche e, nel lungo periodo, il rapporto tra gli Stati. Ma come possono
influire sul breve periodo e in che modo è compito della analisi marxista delle
relazioni internazionali stabilirlo. Nessuna teoria può sostituire la necessità
dell'esame del processo in corso.
Occorre iniziare dai fattori economici per stabilire il mondo delle potenze e
per potere analizzare in che modo possono giocare il ruolo di potenze politiche.
In base al prodotto lordo una ventina di Stati conta sopra, o attorno, il
centesimo, ossia è composta da Stati ciascuno dei quali ha un peso economico
superiore, o attorno all'1 per cento del prodotto lordo mondiale. Possono essere
considerati medie potenze e sono i protagonisti principali della scena politica
internazionale.
Questa ventina di potenze rappresenta circa 1'85% del prodotto lordo mondiale.
Gli altri 141 Stati rappresentano, quindi, il restante 15% e possono essere
considerati piccole potenze; però un 12% va ad una quarantina di Stati ed il
rimanente 3% va ripartito tra gli ultimi cento Stati che possono essere
considerati piccolissime potenze. In sostanza, cento piccolissime potenze
contano economicamente per il 3 per cento, quaranta piccole potenze per il 12% e
venti medie potenze per 1'85%. Le prime dieci di queste rappresentano il 72% del
totale mondiale e possono essere considerate grandi potenze.
Questa è la scala piramidale delle potenze economiche e la graduatoria mondiale
delle forze economiche.
Se consideriamo la produzione industriale, includente l'attività estrattiva,
troviamo una scala piramidale analoga, anche se con alcune variazioni che non
approfondiamo dato che ciò richiederebbe una trattazione statistica a parte, con
inevitabile e necessario confronto di numerose fonti. In questo caso si
dovrebbero trattare, oltre ai centesimi di produzione industriale mondiale,
millesimi, decimillesimi e centomillesimi. In questa sede ci basti un confronto
ad alto grado di aggregazione, sufficiente comunque a fornirci un quadro delle
forze industriali.
Anche qui le prime dieci potenze industriali rappresentano il 72% della
produzione industriale mondiale, le seconde dieci il 13%, altre quaranta il 14%
e le ultime cento l'1%.
Nella produzione industriale manifatturiera la variazione, specie per le
piccolissime potenze, diventa ancora più sensibile. In definitiva, significative
sono realmente le prime venti potenze mondiali e, in subordine, le seconde
quaranta.
Per dare una immagine ancora più chiara suggeriamo un paragone con la
graduatoria delle imprese costruttrici di automobili e veicoli industriali. Se
paragoniamo le prime 161 imprese mondiali e i 161 Stati ricostruiamo una
impressionante analogia nelle due scale piramidali.
Questa è la base oggettiva sulla quale poggiano le relazioni internazionali e
dalla quale si sprigionano incessantemente i tentativi di modificarle in un
verso o nell'altro. Spesso i mutamenti avvengono in modo impercettibile, tramite
una infinità di azioni reciproche, ma molto più spesso si vengono a creare
situazioni che impediscono i mutamenti delle relazioni internazionali.
Se le modificazioni nel rapporto di forze economiche sono state consistenti,
ogni situazione che presenta forti ostacoli d'ordine politico ad una
corrispondente modificazione nelle relazioni tra gli Stati diventa esplosiva.
Quando la ripartizione del mondo in base alla forza economica non riesce a
compiersi, dati gli innumerevoli ostacoli d'ordine politico, si creano le
condizioni oggettive per una soluzione di tipo bellico.
L'ultima grande ripartizione del mondo è quella che ha seguito la seconda guerra
mondiale imperialistica durante e per mezzo della quale la Germania, alleandosi
all'Italia e stabilendo un compromesso con la Francia sconfitta militarmente, ha
cercato di dominare il mercato europeo e il Giappone, cercando di fare leva
sulle borghesie nazionali dei paesi asiatici conquistati, ha cercato di creare
un mercato asiatico escludendo militarmente le potenze occidentali.
Gli Stati Uniti, appoggiando l'URSS che pagava seccamente il tipo tedesco e il
tipo giapponese di ripartizione mondiale e sostenendo la Gran Bretagna,
anch'essa destinata a pagare le spese di quella ripartizione che in buona parte
avveniva sui suoi possessi, riuscirono ad impedire quelle due ripartizioni e a
sconfiggere duramente i suoi promotori.
Lo stesso andamento della guerra, combattuta dagli USA sui due fronti e contro
le due ripartizioni, lo dimostra. Gli Stati Uniti, portando avanti la linea
della "resa incondizionata", ridussero talmente la forza economica dei loro
avversarie concorrenti da portarla praticamente alla inefficienza con il
calcolo, abbastanza fondato, che questa dovesse durare per alcuni decenni.
La stessa linea di condotta è valsa anche per i loro alleati, anche se erano
interessati alla linea della "resa incondizionata". Gran Bretagna e Unione
Sovietica, che pur avevano interesse a che Germania e Giappone uscissero dal
conflitto sconfitti e ridimensionati al massimo tanto da propugnare la divisione
della Germania stessa, finirono con il pagare a caro prezzo, almeno per il
decennio post bellico, la soluzione finale concordata con gli USA della guerra,
ma soprattutto voluta ed imposta dalla potenza americana. E' vero che l'URSS
ricevette, nella ripartizione di Yalta, l'Europa Orientale; ma ciò in un altro
contesto e che, comunque, non cancella il fatto che l'URSS dovesse pagare con un
progressivo indebolimento la continuazione del conflitto tesa a spezzare
talmente la forza della Germania da poterla occupare e dividere. D'altra parte
una "resa condizionata", con ogni probabilità, sarebbe andata a scapito della
espansione della potenza russa la quale veniva, così, a trovarsi tra la padella
e la brace.
Non bisogna dimenticare un dato che quasi sempre è taciuto: mentre tutte le
altre potenze belligeranti si indeboliscono economicamente e militarmente negli
ultimi due anni di guerra, quella statunitense si rafforza in modo
straordinario. Si può dire, sulla base di tutta una serie di indicatori e,
soprattutto, di quelli riguardanti la produzione industriale, che più continuava
quel tipo di guerra che aveva impresso un altissimo ritmo di distruzione e di
produzione industriale, più si rafforzavano gli Stati Uniti.
Di fatto essi si trovavano ad avere quasi la metà della produzione industriale
mondiale.
Thomas A. Siefring, nella sua opera "L'US Air Force durante la seconda guerra
mondiale", documenta come durante i bombardamenti sulla Germania vennero persi
ben 8314 aerei e 6378 equipaggi.
Sono annate di produzione della Boeing, della Mc Donnel Douglas, della Lookheed!
Nel 1943 gli USA avevano già vinto la guerra. Produssero ancora due anni per
vincere definitivamente ed imporre la ripartizione di Yalta.
Montagne di libri sono state ormai scritte su Yalta. I retroscena della
diplomazia, quando esistono, hanno poca importanza. La storia segreta aggiunge
ben poco alla storia, specie per chi la legge nei grandi fatti sociali.
Se anche non esistesse alcun patto segreto, esisterebbe comunque la ripartizione
di Yalta, ossia un particolare assetto imperialistico scaturito dalla
conclusione della seconda guerra mondiale e poggiante su di un rapporto
oggettivo di forze che non ha niente di misterioso.
Questo rapporto di forze è, dal punto di vista economico, definitivamente
tramontato.
Tre decenni di sviluppo capitalistico nel mondo hanno profondamente mutato la
situazione economica del dopoguerra.
Gli Stati Uniti non hanno più la metà della produzione industriale mondiale; ne
hanno un quinto. Per molte potenze aver mantenuto la quota che avevano prima
della guerra ha rappresentato già un rafforzamento di fronte agli Stati Uniti in
declino, relativo s'intende, e alle nuove potenze industriali emergenti.
Giappone e Germania hanno modificato profondamente il loro rapporto economico
con gli USA e sono emerse come potenze industriali rafforzate in assoluto.
Nessuno può mettere le brache ad un processo storico-naturale che è fatto da
mille fattori impersonali.
L'assetto economico di Yalta è seppellito. Si è aperta la lotta per la fine
dell'assetto politico. E una lotta sorda, aspra, aperta a molti imprevisti
perché chi conta economicamente finirà con il contare politicamente, ma nessuno
può sapere in quale modo e per quali vie.
La nuova contesa imperialistica è iniziata. Segnerà gli anni '80 e il destino di
un mondo caotico.
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