Ultimo Aggiornamento : 2-09-2003 : Last Release
Nei segni che confondono la borghesia, la nobilità e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione! - KARL MARX -
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CAPITOLO 7

LE ALTRE ORGANIZZAZIONI TROTSKISTE (1968-1980)

 

La Lega Comunista 

La FMR, al momento della sua uscita dai GCR, ha già cristallizzato in un documento organico le sue divergenze con i GCR. Il documento intitolato “Le origini storiche del centrismo sui generis”. Il documento riprende per sommi capi tutti i dibattiti e i contrasti all’interno della Quarta Internazionale a partire dalla fine degli anni quaranta fino alla metà degli anni ’70.

 

L’accusa che noi rivolgiamo alla TMI è di opporsi in maniera sistematica e ormai pluridecennale a queste indicazioni di Trotsky [la necessità di risolvere il problema della direzione rivoluzionaria]  e alla ricerca di tale soluzione. La conferma delle nostre accuse è nella pratica e nel fallimento attuale del gruppo dirigente della TMI(…): tale direzione veniva definita (...) come ‘centrista sui generis’.

La FMR si serve di questo bilancio come di uno strumento per la elaborazione di una corretta politica e per la rifondazione del marxismo rivoluzionario in Italia[1].

 

Quando la FMR, all’inizio del 1975, dopo l’espulsione dai GCR si trova ad operare come organizzazione indipendente, può contare su un piccolo gruppo di militanti assai eterogeneo. I primi tentativi di dar vita a una nuova formazione politica sono condotti:

1. dal gruppo originario della FMR a cui si aggiungono i bellunesi e veneziani provenienti dal Programma Comunista già aderenti ai GCR dal 1974.

2. da un nucleo di militanti liguri (Corrado Basile, Renata Bruzzone, Roberto Pata) anch’essi provenienti dal bordighismo e che avevano rotto con il Gruppo Bolscevico Leninista (GBL) subito dopo la sua fondazione.

3.        dal Gruppo Rivoluzione Permanente di Torino[2] aderente alla FMR ma con propria struttura e organo di stampa.

Rapidamente però questo composito nucleo di forze promotrici si squaglia. Gli ex-GBL e i militanti bellunesi, convinti dell’eccessivo tatticismo di Massari verso i GCR, abbandonano l’impresa quasi subito formando rispettivamente il Coordinamento Falcemartello e il Nucleo Spartacista d’Italia, mentre il GRP torinese decide di continuare autonomamente il suo lavoro prevalentemente operaio collocandosi sul piano internazionale a metà strada tra FLT e “Terza Tendenza”[3].

Quindi la FMR quando viene “fondata” è solo un piccolissimo raggruppamento presente principalmente a Roma. La FMR, in questa prima fase, pubblica un ciclostilato mensile, con una funzione di orientamento politico e teorico. Tra i primi, e fra i più interessanti, c’è un numero monografico sull’arte rivoluzionaria, vecchio pallino di Massari. Il numero raccoglie contributi che vanno dal surrealismo alla pop art, cercando di riflettere sul delicato rapporto tra politica ed arte[4].

Durante le elezioni del 1976 la FMR da l’indicazione del voto rosso ovvero l’indicazione di voto per il PCI o per DP ammonendo però che

 

non saranno le elezioni a convincere i riformisti della necessità di rompere con la borghesia. Non saranno nemmeno le elezioni a mutare i rapporti di forza nel paese. Esse potranno al massimo riflettere gli spostamenti già avvenuti (...)[5].

 

La polemica  si concentra su DP.

 

Il pateracchio di Democrazia Proletaria perciò è tale non tanto perché al suo interno sono presenti forze di diversissime dimensioni, estrazione e ideologia (dagli m-l, ai cattolici, agli  pseudotrotskisti) ma perché non altro che il risultato di pressioni della base forti ma confuse, e perché non intende svolgere altro che un ruolo di pressione sul PCI, preparandosi a coprire a sinistra un governo di collaborazione di classe quale che sia, motivando magari tale ruolo con la necessità di costruire i presupposti di  un ‘governo delle sinistre’[6].

 

L’analisi del voto non si distingue invece essenzialmente da quella dei GCR che hanno visto nelle elezioni una ulteriore “polarizzazione tra le classi sociali”. La FMR coltiva anche l’illusione che nella fase post elettorale si apra una profonda contraddizione tra le aspettative delle masse e la politica del PCI.

 

Il voto massiccio al PCI - se sono vere le esigenze di classe che l’hanno dettato - è un cappio al collo della politica dei riformisti che non potranno limitarsi a gestire l’accresciuto peso in sede parlamentare senza presentare una contropartita alla classe[7] (nostra sottolineatura).

 

Nel luglio del 1976 viene fondata con una assemblea nazionale la Lega Comunista (LC), prodotto di una fusione tra il nucleo italiano della FMR e compagni di diversa provenienza politica, tra i quali però, un ruolo di primo piano è stato svolto dagli animatori del Circolo K. Marx di Roma[8].

Sempre nello stesso periodo viene dato il via alla iniziativa editoriale delle Edizioni Controcorrente, che nel giro di qualche anno pubblicherà alcuni interessanti volumi dedicati alle origini del movimento trotskista in Italia, alla rivoluzione portoghese, alla fino agli scritti di Trotsky sull’Italia.

A partire dalla fine del 1976 la Lega Comunista è in grado di pubblicare un vero e proprio giornale mensile che si denominerà La Classe e che uscirà con una buona regolarità fino alla metà del 1980. Il giornale assomiglia a Bandiera Rossa degli anni ’50 e ’60. In quattro anni vengono pubblicate, tra l’altro, interviste a Carlo Cassola, Dante Corneli, Alfonso Leonetti. E in ogni numero è comunque possibile trovare articoli su ampio spettro di avvenimenti e protagonisti della vita culturale dai festival del cinema a Felix Guattari, da Pasolini alle mostre d’arte, da Fromm ai concerti rock.

Nello scorcio finale del decennio, a partire dalle sue modeste forze la LC, si impegna soprattutto nella battaglia nel movimento studentesco.

Quando esplode il movimento del ’77, la Lega Comunista coglie le potenzialità del movimento ma anche i rischi incipienti di isolamento che aprirebbero la strada alla repressione generalizzata. Per Massari

 

Lo stato d’assedio a Bologna, l’uccisione di Lorusso, le aggressioni sistematiche ai cortei studenteschi da parte della polizia, la condanna ‘esemplare’di Panzieri (...) servono tutte a questo scopo preciso: isolare il movimento degli studenti, terrorizzare quegli strati che potrebbero essere tentati di affiancarlo, stremare le sue energie in una sequela di guerriglie urbane senza sbocchi politici, e tendenzialmente mirare a decapitare le sue espressioni organizzate - prima gli ‘autonomi’, mai poi l’insieme della sinistra antiriformista[9].

 

Ma anche ciò sarebbe solo il primo tempo della partita, in quanto la borghesia intenderebbe in un secondo tempo estendere la repressione alle avanguardie delle fabbriche.

In una simile situazione il compito principale è quello di non lasciare isolato il movimento.

 

  Se è giusto quindi autodifendersi da aggressioni del servizio d’ordine del PCI (come all’università di Roma) (...) è necessario però non confondere questa difesa dall’apparato con un attacco frontale all’intero Partito Comunista, proprio per non favorire il recupero demagogico di quei settori di base operaia, che possono essere conquistati a una prospettiva anticapitalistica anche nell’immediato[10].

 

Nei primi mesi del ’77 si registra anche una certa crescita dell’organizzazione, che avviene sia attraverso il recupero di vecchi militanti dei GCR (con l’adesione di Silvio Paolicchi, di un gruppo ex- GCR di Bari e in seguito del Collettivo Falce Martello di Milano) sia reclutando militanti delusi dall’esperienza nei gruppi della nuova sinistra (per esempio Daniele Bruscagin della Face Standard già leader operaio di AO). L’estensione geografica dell’organizzazione resta comunque limitata a un pugno di città: Milano, Roma, Bari, Torino, Teramo, Firenze e nell’ultimo periodo Palermo. Il reclutamento è reso possibile sia dalla debolezza in quel periodo dei GCR sia dalla disinvoltura con cui la LC civetta con le diverse componenti del movimento come l’Autonomia o il MLS.

Il connotato più caratteristico di Autonomia, per la “Lega”, è quello di raccogliere le aree più esasperate ed emarginate della gioventù proletaria

 

(...) connotato che salta più all’occhio, come ben sanno i fascisti, la polizia, il servizio d’ordine del PCI e quanti hanno tentato di contrapporsi fisicamente a questa fascia massiccia di giovani e studenti (...)[11].

 

Ma il loro programma di rivendicazioni, pur rispondendo ad esigenze elementari degli strati sociali che rappresentano, finisce per ridurre la loro politica a “Programma minimo+scontro”, che li rende recuperabili al riformismo oppure disponibili a entrare nel tunnel della lotta armata.

Per converso la Lega Comunista strizza l’occhio anche al MLS. Esso, non solo è riuscito nell’operazione di riaggregare l’area degli m-l, ma è stato

 

(...) l’unico gruppo già conosciuto che abbia avuto il coraggio di funzionare nel movimento come corrente, proponendo sue parole d’ordine (...) ma rispettando l’autonomia del movimento. Non vorremmo illuderci, ma pensiamo che questo gruppo (...) sia l’unico ad aver tratto benefici dal movimento, non tanto  sul piano organizzativo, quanto su quello della riflessione interna e del ripensamento della linea politica[12].

 

Con l’emergere delle tematiche più caratteristiche del ’77 la Lega Comunista però finisce per estraniarsi sempre di più dal movimento fino a non aderire al Convegno di Bologna .

La LC rigetta la sovrapposizione, presente nel testo di presentazione del Convegno, tra repressione statale e repressione stalinista del PCI, che aprirebbe la strada a nuove versioni della deleteria teoria del “socialfascismo”. Ciò

 

(...) offriva il pretesto per una campagna internazionale di destra contro l’eurocomunismo, in particolare contro il PCI, indicando nella giunta socialcomunista di Bologna il principale simbolo della repressione e dell’oscurantismo. Questa campagna  non è stata però organizzata e seguita  da forze del movimento operaio europeo (...) ma abilmente orchestrata dalla forze oltranziste che ancora si oppongono all’entrata del PCI al governo[13].

                   

Nel luglio del 1978, durante il dibattito del suo II Congresso, la LC delinea le tendenze della situazione politica italiana. Per la LC il padronato si appresterebbe ad aprire una sfida generalizzata al movimento operaio. In tale situazione l’esigenza di una tendenza sindacale diventa non più procrastinabile. Il compromesso storico sarebbe in crisi perché la DC ha potuto governare per oltre due anni senza fare concessioni significative al PCI. Si tratterebbe però, nella prossima fase, per il PCI, di rinegoziare l’accordo e di non rompere la maggioranza. Questa eventualità è scartata dalla Lega Comunista nel medio periodo, quindi uno degli obbiettivi principali dei trotskisti deve essere

 

(...) la creazione  di correnti critiche di sinistra all’interno del PCI, approfittando della delusione (...) Queste correnti avranno tanto più la possibilità di crescere ed arrivare a fratture significative con l’apparato stalinista, se noi sapremo (...) tradurre in termini aggiornati e di principio il patrimonio essenziale della nostra corrente storica sul terreno della difesa dell’URSS, della difesa della democrazia sovvietista e della necessità di un partito leninista di combattimento internazionale[14].

 

Per quanto riguarda il movimento sorto nel ’77 e la Nuova Sinistra,  gli ex-FMR sono convinti che non saranno in grado di produrre una opposizione di massa  all’attacco padronale incipiente. Inoltre in  questa area si è fatta strada un’ondata di spontaneismo individualista particolarmente acuta in alcune frange del movimento del ’77, ma presente anche nel “partito della vita” nato durante il rapimento Moro.

 

Lo stesso terrorismo rosso assume le caratteristiche della rivolta individuale contro il capitalismo. L’iniziativa dei rivoluzionari, mettendo in risalto il minoritarismo dei terroristi, deve favorire un ripensamento al loro interno, anche se questo processo è reso più difficile dall’inesistenza in Italia di una organizzazione trotskista sviluppata.

 

Questo non deve significare la minima concessione politica verso la profonda negatività della loro azione, e neppure ovviamente un abbandono della solidarietà nei loro confronti quando cadono vittime della repressione borghese: La richiesta della libertà incondizionata di tutti i prigionieri politici vittime dello stato borghese, rimane un compito primordiale del movimento operaio. Il senso della nostra proposta politica, a questi compagni disposti al massimo sacrificio, per una politica errata che ritengono giusta, deve essere quello indicato tradizionalmente da Trotsky: ‘Cercate un’altra via!’[15].

 

Proprio a partire da questo periodo la LC accentua il suo coinvolgimento nelle campagne contro la repressione e le leggi liberticide in Italia, che finisce per coinvolgere anche un suo militante della sede di Bari[16].

Nelle elezioni politiche ed europee del giugno del 1979 la Lega Comunista sceglie l’indicazione del voto rosso (PSI-PCI-PdUP-NSU) per le prime consultazioni  e l’astensione per le seconde. Per la LC è comunque importante votare (in queste elezioni si avranno ampi settori di sinistra che diserteranno le urne) sia per non separarsi elitariamente dalla massa e allo stesso tempo “per indebolire il fronte borghese globale”[17]. Queste indicazioni comunque non vengono più accompagnate dalle parole d’ordine di “governo operaio PCI-PSI-DP!”, come nel passato, ma a semplici inviti a “organizzarsi e costruire la Lega Comunista”.

 L’indicazione di voto rosso (escluse però le liste trotskiste presenti) verrà ripetuta nel 1980 per le elezioni amministrative. In questo caso però tra la segreteria nazionale e le sedi di Milano e Firenze si determinano delle divergenze, che saranno poi esplicitate dentro il dibattito del III e ultimo Congresso della LC.

La segreteria della LC infatti si è orientata per la

 

(...) formazione di liste alternative a sinistra del PCI, ovunque queste potessero esprimere e raccogliere ciò che resta dei movimenti anticapitalistici (...) di questi anni, ponendo due precise discriminanti  politiche per la formazione di queste liste: un no deciso alla riproposizione delle giunte rosse (oltre che a quelle bianche, ovviamente) ed una proposta di opposizione di massa locale (...) [18].

 

Su questa base viene privilegiata l’ipotesi di accordi con DP, città per città.

I milanesi pensano invece che non ci sia motivo per cambiare atteggiamento elettorale, mentre i fiorentini, negativamente colpiti dall’esperienza della giunta di sinistra, vorrebbero orientarsi per una astensione. La soluzione di compromesso trovata non entusiasma neppure la segreteria, che parla di “indicazione di ripiego e di pura testimonianza”.

L’ultima fase della vita della Lega Comunista è abbastanza confusa e concitata, perché dopo le elezioni amministrative la segreteria nazionale controllata da Massari si orienta per una rapida confluenza in Democrazia Proletaria. Tale scelta non può non destare dubbi, viste le differenze di proposta politica che fino ad allora avevano diviso le due organizzazioni. Se DP in quella fase opera alacremente per assemblare i più diversi spezzoni e gruppetti locali della sinistra rivoluzionaria di qualunque orientamento essi siano, la sterzata della LC appare comunque troppo repentina, visto che DP era stata in precedenza ignorata o pesantemente criticata.

Il documento che presenta la proposta di “fusione con DP” fa un bilancio assai negativo del periodo intercorso tra il II e III Congresso della LC.

La crisi del PCI che la LC aveva pronosticato e auspicato non si è determinata. Non c’è stata quindi neppure quella “liberazione” di migliaia di militanti che avrebbe dovuto rivitalizzare l’estrema sinistra La stessa crescita quantitativa dell’organizzazione è continuata lentamente.

A sinistra del PCI la situazione resta difficile: se si escludono le tendenze allo scioglimento di Lotta Continua, quelle di accomodamento al PCI del PdUP-MLS e la massiccia ascesa delle formazioni terroristiche, restano “in lizza” solo l’Autonomia e DP.

La prima

 

   (...) è stata la vittima principale dell’ondata della repressione ed ha pagato prezzi molto alti. Essa non si è comunque sciolta nemmeno nei momenti peggiori, dimostrando così di possedere capacità organizzative e militanti di devozione provata. Essa continua tuttavia a non possedere una linea politica chiara, una prospettiva strategica, e soprattutto continua a pagare i prezzi del localismo (...)[19];

 

la seconda invece ha subito un “lento (troppo lento)  ma ininterrotto spostamento verso sinistra delle sue posizioni, del tipo di militanti, del modo stesso di far politica”. Per la segreteria della LC, l’unica area che potrebbe raccogliere i frutti di una rottura o crisi del PCI è proprio quella di DP.

La formazione di Capanna

 

    (...) costituisce oggettivamente l’unico punto di attrazione organizzativo per le avanguardie di movimento e l’unico strumento organizzativo che può aspirare realisticamente ad una rifondazione dell’estrema sinistra italiana; la sua linea politica è in via di rielaborazione e suscettibile di modifiche (...)[20].

 

La alternativa alla fusione con DP, cioè la prosecuzione dell’esperienza della Lega Comunista, porterebbe solo a un conservatorismo d’organizzazione e al settarismo.

Una parte dell’organizzazione (Milano, Firenze, Teramo), dopo essersi opposta allo scioglimento nel Congresso del settembre del 1980, decide di non confluire in DP. Successivamente solo un piccolo gruppo degli oppositori alla fusione continuerà la militanza politica nel movimento trotskista partecipando alla nascita della Lega Operaia Rivoluzionaria (LOR).

Si conclude così la parabola della LC iniziata con l’opposizione interna ai GCR.

 La sua scomparsa così improvvisa dal panorama politico della sinistra è da imputarsi in ugual misura al clima di demoralizzazione di tutta l’area della estrema sinistra della fine anni ’70 e dalla spregiudicatezza del suo principale leader.

 

La Cellula Trotskista d’Italia

 

La Cellula Trotskista d’Italia (CTd’I) sorge per iniziativa di Franco Grisolia e Susanna Marzolla due militanti genovesi dei GCR. Giunti alla conclusione della impossibilità di riformare i GCR in senso “trotskista ortodosso”, prendono contatto con il Comitato Internazionale (C.I.) (la scissione antipablista internazionale del 1952-1953) nel 1971 partecipando al Congresso della OCI (Organisation Communiste Internationaliste) e aderendo all’organizzazione internazionale “antipablista” ufficialmente al rally di Essen[21] nel luglio dello stesso anno. Ai due militanti genovesi sembra di aver trovato nel C.I. la sistematizzazione storica e politica alle critiche che vanno conducendo da un paio di anni ai GCR e al S.U. più in generale Al momento della scissione nel C.I., qualche mese dopo, [22] prendono posizione per i lambertisti[23] francesi legandosi al costituendo Comitato d’Organizzazione per la Ricostruzione della Quarta Internazionale (CORQI).

Una volta tornato in Italia il gruppo lambertista italiano prima si orienta verso l’entrismo “aperto” nel gruppo del Manifesto, per circa un anno, e poi da vita al gruppo indipendente della Cellula Trotskista d’Italia (CTd’I), che pubblica un bollettino trimestrale intitolato Ottobre. Il gruppo riesce a fondare una cellula anche a Roma costituita da un altro ex-militante dei GCR, Giancarlo De Regis.

Ottobre ha un taglio da rivista con commenti su questioni sia nazionali che internazionali. E’ la rivista di un gruppo sostanzialmente osservatore della lotta di classe in Italia, mentre molti degli articoli sulla situazione internazionale sono ripresi, quando non tradotti tout-court, dalla stampa del CORQI.

L’attenzione è spesso rivolta all’analisi delle forze sociali e politiche in campo: il CORQI infatti riprende in modo sistematico la tesi di Trotsky per cui “la crisi dell’umanità si riduce alla crisi della direzione rivoluzionaria”, facendone l’alfa e l’omega di tutte le sue analisi  politiche. In occasione del golpe in Cile, per esempio, l’attenzione è concentrata sul ruolo dei due partiti operai (PC e PS) nella crisi. Il PC e il PS

 

   (...) furono gli incaricati di irreggimentare il movimento di massa nel quadro della coesistenza pacifica e del rispetto dell’ordine borghese. Si trasformarono come non potevano fare diversamente, nella cinghia di trasmissione della politica della burocrazia sovietica e la espressero nazionalmente sotto forma di sistematica ricerca di accordi con la Democrazia Cristiana e le Forze Armate[24].

 

Anche negli articoli dedicati all’Italia l’attenzione è concentrata sui partiti riformisti con rapide puntate su Il Manifesto  e sui GCR, mentre i gruppi operaisti come LC o Potere Operaio vengono del tutto ignorati.

 

Il PCI, il PSI, la direzione del movimento sindacale, sono quindi più che mai impegnati, data la gravità della congiuntura, ad ingabbiare la lotta di classe del proletariato, a diventare oggettivamente l’unico mezzo che la borghesia ha ancora (prima del fascismo) per poter continuare a governare. (...) Man mano che la borghesia imporrà alle masse un livello di vita sempre più insopportabile, assisteremo a grandiosi scontri di classe. Pertanto noi militanti rivoluzionari vi diciamo che fin da ora i militanti operai devono lottare nelle loro organizzazioni, partiti e sindacati, per imporre la prospettiva del governo operaio e contadino[25].

 

La CTd’I avrà comunque una vita breve. Il gruppo genovese, entrato in contrasto con l’Internazionale lambertista sul caso Varga[26] e sul giudizio sulla rivoluzione portoghese, si orienta, nel 1974, a favore di una fusione con il Gruppo Bolscevico Leninista, mentre il gruppo romano resta legato al CORQI e inizierà un opera di entrismo nel PdUP.

 

Il Gruppo Bolscevico Leninista

 

Il Gruppo Bolscevico Leninista (GBL) nasce per iniziativa di un gruppo di quadri fuoriusciti dal Partito Comunista Internazionale (Programma Comunista) come Fernando Visentin, Corrado Basile, Renata Bruzzone, ecc. e da un gruppo di militanti liguri provenienti da Lotta Comunista fondendosi subito dopo con una parte del GTd’I.

Questi gruppi, pur riconoscendo che la Quarta Internazionale  ha subito un processo degenerativo nel secondo dopoguerra, si ricollegano alla battaglia di Trotsky per la costruzione della Quarta Internazionale come espressione d’avanguardia rivoluzionaria tra le due guerre. Se le precedenti concezioni “ultrasinistre” vengono tacciate di infantilismo, l’”invarianza teorica” giudicata una scusa per l’astensione politica e il ripudio della strategia, l’”anticulturismo” un modo per far diventare “mistica” i documenti elaborati da Bordiga, anche il trotskismo dopo Trotsky è passato pesantemente al setaccio:

 

   Questa degenerazione [della Quarta Internazionale] si è manifestata in altre deviazioni, non meno importanti, ravvisabili in una distorsione o addirittura nella sottovalutazione sistematica del problema cruciale della direzione rivoluzionaria, anche in nome di una interpretazione meccanicistica della teoria della rivoluzione permanente che ne nega gli stessi presupposti. Si vedano l’ipotesi di costruzione di Stati operai da parte di forze estranee per orientamento politico e per composizione sociale alla classe proletaria, l’assolutizzazione del giudizio storicamente determinato dato dall’Opposizione di Sinistra sulle tendenze e le condizioni dei rapporti dei rapporti di classe nell’area russa e la sua estrapolazione dal contesto internazionale che contribuiva a giustificare l’indirizzo della difesa dell’URSS. Quest’ultima  concezione metastorica è del resto la base della valutazione favorevole data dal pablismo in tutte le sue varianti, sulle possibilità rivoluzionarie internazionali del regime staliniano e post-staliniano, identificato senz’altro come “campo socialista” così come le accennate deformazioni della teoria della rivoluzione permanente hanno portato a ricoprire di un mantello socialista movimenti e realizzazioni tipicamente piccolo-borghesi e al conferire al “neo-trotskismo” del Segretariato Unificato parecchi tratti populisti e terzomondisti[27]. (nostra sottolineatura)

 

Purtroppo, una serie di questioni poste dentro questo articolo, e a mio avviso decisive per costruire un bilancio generale del trotskismo, venivano in seguito messe da parte nella elaborazione de Il Militante  (l’organo trimestrale del GBL), che approdava invece a un “trotskismo ortodosso”, non dissimile dalle coordinate del “lambertismo”, completamente sterile sotto il profilo dell’elaborazione teorica. Per queste ed altri motivi avverrà, dopo la pubblicazione del secondo numero del giornale, la fuoriuscita di una parte del gruppo proveniente dal programmismo che si orienterà a stringere rapporti più stretti con la FMR e il GRP torinese.

Negli anni seguenti il GBL resta un piccolo gruppo, rafforzandosi solo a Genova, dove recluta un altro piccolo gruppo di ex militanti di  Lotta Comunista (tra cui Marco Ferrando) e Lotta Continua e aprendo un debole intervento a Torino e Roma.

Il Militante dedica molto del suo spazio per seguire attentamente la situazione internazionale e in particolare agli avvenimenti portoghesi, polemizzando sia con il SWP americano che con l’OCI per le loro parole d’ordine democratiche e il sostegno al PS nel suo tentativo di normalizzare e riportare sui binari della democrazia borghese la mobilitazione di massa.

 Per quanto riguarda l’Italia l’attenzione principale della rivista è rivolta ai gruppi principali dell’estrema sinistra come LC e AO o terroriste come le BR:

 

     È evidente per noi, che le concezioni delle BR si avvicinano piuttosto a quelle bakuniniste che non a quelle bolscevico-leniniste : ma restano, quelle delle BR azioni errate condotte contro la borghesia, e per quanto possono risultare ‘controproducenti’, non saranno mai assimilabili all’opera rovinosa svolta dai tradizionali e collaudati ‘organizzatori delle sconfitte’, dagli opportunisti  e collaborazionisti di classe”.[28]

 

Nelle elezioni del 1975 il GBL indica la necessità di dare un voto al PCI, mentre nel 1976 preferisce sostenere DP, senza però entrare nel cartello e criticando il suo cedimento  al “frontepopolarismo”.

Dopo le elezioni, con la crisi della nuova sinistra, il GBL orienta la sua polemica maggiormente verso le organizzazioni trotskiste. E’particolarmente interessato all’evoluzione della FMR, contro il cui “eclettismo”apre una polemica serrata ; mentre le scissioni dei GCR, seguite alla XVIII Conferenza (LSR, Organizzazione Giovanile Falcemartello e i collettivi locali come il Lenin-Trotsky di Livorno e il Collettivo Punto Rosso di Taranto, ecc.) vengono sbrigativamente caratterizzate come “scissioni a destra dei GCR”. Un giudizio diametralmente opposto è riservato invece al piccolo Nucleo Spartacista d’Italia che, “pur commettendo gravi errori settari, si situa essenzialmente sul terreno del trotskismo ortodosso”. Il GBL, in particolare, non concorda con il giudizio della TSI sul fronte popolare e sul bilancio storico della Quarta Internazionale (alla “rigenerazione” auspicata dalla TSI contrappone la battaglia per la sua “ricostruzione” realizzabile con il raggruppamento dei settori più ortodossi del movimento internazionale).

Fallito il tentativo di entrare nella TSI come “frazione”; il GBL inizia a intessere rapporti con il GBL D’Umbria, che falliranno anch’essi per la decisione di quest’ultimo di diventare a tutti gli effetti la sezione italiana della TSI.

Il GBL resta estraneo all’ascesa del movimento del ’77 e ai suoi contenuti e suggestioni, pur riconoscendone le potenzialità di movimento d’opposizione. L’Autonomia Operaia viene definita, su Il Militante, come una ”espressione del ribellismo ideologizzato di un piccola borghesia declassata”.

 

     L’aberrante concezione dei ‘teorici’ dell’Autonomia Operaia secondo cui la classe operaia tradizionalmente concentrata nelle sue organizzazioni storiche esprimerebbe un livello di coscienza e di maturità politicamente più arretrato di quella... del ladro di polli del Parco Lambro, dell’espropriatore ‘proletario’ di blues jeans ed affini, o dell’assenteista cronico, rappresenta un capovolgimento completo della realtà[29].

 

Nel 1980 infine il GBL entra a far parte di una tendenza internazionale sorta essenzialmente intorno alla Workers’ Socialist League inglese di Alan Thornett  (una scissione di qualche centinaia di militanti, soprattutto operai, del WRP healysta) che si denomina Comitato di Collegamento Trotskista Internazionale (per la ricostruzione della Quarta Internazionale) e che può contare su sezioni anche negli USA, in Australia, Danimarca e Turchia.

 

La Lega Trotskista d’Italia

 

 

Nel 1980 la Lega Trotskista d’Italia diventa sezione simpatizzante italiana della Tendenza Spartacista Internazionale (TSI). La TSI come raggruppamento internazionale inizia a operare alla metà degli anni ’70. In realtà la sua sezione americana la Spartacist League (SL) raccoglie la stragrande maggioranza delle forze della TSI (il quartier generale del movimento internazionale è a New York). Costruita  a cavallo degli anni ’60 e ’70, la SL nasce dalla espulsione di un pugno di militanti del SWP (US) diretti da Jim Robertson (a sua volta già dirigente della gioventù shachtmanista nella seconda metà degli anni ’50). Vicina per qualche tempo al C.I., con cui rompe nel 1966, da allora non ha rapporti di discussione con qualsiasi altra organizzazione che non siano la violenta polemica (le altre organizzazioni marxiste rivoluzionarie sono bollate come “pseudotrotskiste”). Inizialmente, la TSI, si contraddistingue per una accanita contrapposizione ai raggruppamenti elettorali di sinistra (e ciò li porta a sostenere spesso una posizione astensionista) e ai governi di sinistra (i cosiddetti “fronti popolari”). In molti casi, inoltre, è pronta a difendere i terroristi dal “maglio della giustizia borghese” quando non si siano macchiati di “atti indifendibili”. Questo tipo di impostazione unita a un ferreo centralismo, gli attira l’attenzione di giovani militanti fortemente motivati.

In Italia, in realtà gli esordi della TSI sono  precedenti al 1974-1975, quando un piccolo gruppo di militanti bellunesi e veneziani (già provenienti dal Partito Comunista Internazionale (Programma Comunista)), di cui il punto di riferimento è Marcello Braccini, rompono con la FMR, subito dopo la loro espulsione dai GCR, per aderire alla TSI. La pubblicistica del gruppo è frammentaria: un numero di Spartacist in lingua italiana del settembre 1975, in cui vengono tradotti i principali documenti internazionali della tendenza, e un opuscolo a nome del Nucleo Spartacista d’Italia, in cui si propaganda l’astensione nelle imminenti elezioni legislative del 20 giugno.

 Del gruppo non si avrà più notizie a partire dal 1977 quando Braccini rompe la TSI, iniziando le pubblicazione del ciclostilato Il Programma Trotskista[30].

Più o meno nello stesso periodo di questa falsa partenza viene avviato un confronto tra il GBL e la TSI,  presto interrotto a causa di uno stuolo di divergenze programmatiche[31]. Il gruppo da cui sorgerà la continuità organizzativa dello spartacismo in Italia è invece il Gruppo Bolscevico Leninista  d’Umbria, un gruppo di ex-militanti dei GCR che avevano rotto con la formazione di Maitan proprio a partire dal rifiuto del sostegno alle liste elettorali di DP[32]. Il gruppo, composto prevalentemente da studenti universitari di Perugia, pubblica un bollettino (in alcuni momenti quotidiano) chiamato Talpa Rossa, mentre della rivista teorica Le lezioni dell’Ottobre uscirà un solo numero. Il gruppo, dopo aver preso contatto con l’altro GBL, finisce per avvicinarsi alla TSI, proprio quando si vanno facendo più sfumati i rapporti tra quest’ultima e il gruppo di Grisolia[33], grazie anche all’apporto di un membro italiano dell’esecutivo internazionale della TSI, Federico Parodi (Luciano Dondero).

 

     Nell’aprile 1978, a Perugia, il GBL d’Umbria, decide di costituirsi in Lega Trotskista d’Italia, in concomitanza con lo stabilimento di un processo di discussione con la TSI[34].

 

In questo periodo il gruppo italiano approfondisce le sue relazioni con la TSI, frutto anche di un lavoro di educazione e chiarimento che questa ultima svolge ininterrottamente con l’invio a varie riprese di quadri del centro internazionale.

La LTd’I partecipa anche alla I Conferenza Internazionale della TSI nell’agosto del 1979[35]. L’andamento dei lavori sarebbe abbastanza scontato se gli italiani non trovassero scorretta la posizione dell’organizzazione americana (contrastata comunque anche da una minoranza della SL) a proposito della imminente bancarotta della Chrysler. La SL (US) aveva lanciato la parola d’ordine “quello che la Chrysler vale, datelo agli operai”[36] definita anche “asta operaia” (in pratica la messa in vendita della azienda e la suddivisone del ricavato tra i lavoratori), mentre la LTd’I sosteneva la necessità di propagandare il più classico slogan della “nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio”. Questo contrasto finiva per accentuare il conflitto tra una parte dell’organizzazione italiana guidata da Moreno Pasquinelli e la maggioranza, che diventava ufficialmente sezione nell’agosto del 1980.

Dopo la scissione con il gruppo di Pasquinelli, la Lega Trotskista si dota di una rivista trimestrale di propaganda, Spartaco, che presenta per lo più le traduzioni di Workers Vanguard, il giornale della SL. Proprio dal 1980 la TSI inizia ad accentuare la propensione a mettere in evidenza la vecchia posizione trotskista sulla “difesa incondizionata dell’URSS”; anche in casi controversi come l’invasione dell’Afghanistan. L’invasione viene difesa dagli spartacisti, in quanto l’Armata Rossa attraverso la sua occupazione del territorio afgano, eliminerebbe le vestigie feudali del paese, favorendo nello stesso tempo lo sviluppo politico delle masse urbane e operaie. In secondo luogo, l’invasione si renderebbe necessaria per fini geo-strategici nell’ambito della “II Guerra Fredda”, che gli Stati Uniti avrebbero dato inizio, proprio in quegli anni, contro gli “Stati operai”.

Tale propaganda della TSI intende a raccogliere simpatie nell’area filosovietica del PCI mentre si moltiplicano gli attacchi alle posizioni degli altri gruppi trotskisti accusati di terzocampismo[37].

All’inizio del 1981 il gruppo della LTd’I - che ha spostato il baricentro della sua azione nel nord Italia - è in grado di pubblicare un altro opuscolo di bilancio sui 35 giorni di lotta alla FIAT. Spartaco, però, si accontenta della solita declamazione “sulla mancanza di una direzione rivoluzionaria” sulla necessità del Programma di Transizione, sulle sterili polemiche contro i presunti tradimenti delle altre organizzazioni trotskiste a cui è dedicata larga parte dell’opuscolo.

La LTd’I si distingue, in questo suo primo periodo di esistenza, inoltre, per una campagna per la difesa e la liberazione dei militanti di estrema sinistra e terroristi, e più in generale contro la repressione.

 

Gruppo Operaio Rivoluzionario

 

 

La minoranza della LTd’I raggruppata intorno a Moreno Pasquinelli, prima come Opposizione Internazionalista Operaia e poi, una volta scissasi dalla LTd’I, come Gruppo Operaio Rivoluzionario (GOR), comincia nel novembre del 1980 a pubblicare il giornale Il Comunista, giornale dalla periodicità molto irregolare. Il primo numero affronta l’enigma della invasione sovietica in Afghanistan in modo speculare a quello spartacista, pur  demarcandosi leggermente:

 

     La filo-stalinista TSI ha chiesto: ’Armata Rossa estendi in Afganistan le conquiste dell’Ottobre’. Il che equivale a dire: burocrazia del Kremlino prendi il potere. NO. (...) Noi siamo in Afganistan non per uno stato operaio deformato, noi siamo anche in Afganistan per la dittatura del proletariato (...) Noi svolgeremmo  una propaganda (ovviamente clandestina) tra le file dell’Armata Rossa per porre i soldati dell’Armata Rossa contro i loro capi (...)[38].

 L’invasione viene comunque difesa per due ordini di motivi:

     1. “il primo, per noi più importante, è il compito della difesa delle frontiere dell’URSS (...) Sostenere la difesa delle frontiere dello Stato Operaio Degenerato contro tutti i lacchè europei e delle classi possidenti è oggi il dovere dei rivoluzionari di tutto il mondo. Ogni territorio o posizione militare strappata all’URSS da parte dell’imperialismo è una vittoria della borghesia sul proletariato internazionale (...)

    2. “il secondo fattore progressivo nell’intervento sovietico è che esso è diretto contro un blocco sociale completamente reazionario. E’ chiaro che senza intervento dell’Armata Rossa i governi del PdPA sarebbero periti sotto i colpi dei “ribelli musulmani” i quali, ristabilito l’assolutismo e l’oscurantismo più biechi, avrebbero riconsegnato l’Afghanistan nelle mani dell’imperialismo (...)[39].

 

L’organizzazione sviluppa anche un certo lavoro politico a livello regionale umbro, entrando in contatto con le fabbriche della zona.

 

Il Partito Comunista Rivoluzionario (Trotskista)

 

     Un giorno arrivò nel mio studio legale un compagno del Partito Comunista Rivoluzionario (Trotskista) il quale mi espose la situazione di alcuni compagni argentini esuli in Venezuela, in procinto di essere espulsi da questo paese e riconsegnati alle autorità argentine le quali li avrebbero sicuramente imprigionati se non eliminati. Mi chiese di intervenire affinché il governo italiano concedesse il visto di entrata nel nostro paese. Mi diedi da fare e dopo lunghe peregrinazioni ottenni il visto d’entrata.

     Il giorno dell’arrivo del volo dal Venezuela con i compagni a bordo mi recai all’aeroporto per accoglierli. (...). Poco dopo l’aereo atterrò e dalla scaletta vidi scendere i profughi argentini... si trattava di Juan Posadas e la sua famiglia[40].

 

La sorte del PCR (T), in fondo, si può proprio sintetizzare nella traiettoria del suo leader carismatico: Juan Posadas (pseudonimo di Homero Cristali). Già portiere della nazionale di calcio argentina, nel secondo dopoguerra, dopo l’uscita di gran parte delle sezioni latinoamericane trotskiste con il Comitato Internazionale ai tempi della “svolta pablista”, Posadas diviene uno dei principali leaders del S.U.. Con il riavvicinamento di parte del C.I. (SWP e alcune sezioni sudamericane) al S.U. all’inizio degli anni ’60, toccava però a Posadas uscire dal Segretariato, e formare un proprio raggruppamento internazionale che poi si definirà Quarta Internazionale (Posadista).

Il raggruppamento, le cui maggiori forze sono stanziate proprio nel cono sud dell’America, si distingue per le posizioni stravaganti del suo leader. Celebri sono le posizioni posadiste in favore  di “una guerra nucleare preventiva da parte delle potenze socialiste contro gli USA”. A questo tema, Posadas, dedicherà molte decine di articoli dimostrando una vera mania per l’argomento.

Nel 1966 l’organizzazione posadista conosce un breve momento di fama quando Fidel Castro l’attacca pubblicamente, in un discorso al Congresso della Tricontinentale, accusandola di essere un gruppo provocatore. Nei mesi precedenti, Posadas aveva lanciato una campagna,sui periodici da lui controllati, insinuando che la “sparizione” di Che Guevara non fosse dovuta ai motivi militari che conosciamo, ma che questi fosse stato vittima di una resa dei conti ai vertici dello stato cubano organizzata negli ambienti del PC, se non orchestrata da Fidel Castro stesso. Ma un altra ragione del violento attacco di Castro è sicuramente da far risalire alle attività dei trotskisti cubani, che avevano aderito in blocco alla scissione posadista. Il lavoro politico del POR (T) (Partito Obrero Revolucionario (Trotskista)) venne infatti costantemente messo in forse dalle intimidazioni della polizia, con le ripetute soppressioni del giornale Voz Proletaria, fino alla condanna di gran parte del gruppo dirigente trotskista a molti anni di carcere.

La sezione italiana, che pubblica il periodico Lotta Operaia, (il giornale sarà a seconda dei periodi a partire dal 1962 mensile, quindicinale e persino settimanale e verrà poi affiancato dalla pubblicazione della Rivista Marxista Europea e da volumi e opuscoli tutti ovviamente scritti dal prolificissimo Posadas) non andrà mai oltre le dimensioni del piccolo gruppo di propaganda. Diretto per lungo periodo da Piero Leone, già militante dei GCR, avrà il punto di forza a Roma allargandosi poi alcune altre realtà: Milano, Genova e alcune località dell’Abruzzo della Sicilia e della Campania.

Il giornale, tuttavia, nei primi anni, risulta avere una maggiore autonomia dal “Posadas pensiero”  rispetto alla stampa delle altre sezioni, con una maggiore aderenza alle tematiche nazionali. Il mondo del lavoro resta al centro dell’attenzione dei posadisti che riescono a formare anche un comitato di Edili Comunisti Rivoluzionari Romani che pubblica un opuscolo di categoria titolato Cantiere[41]. Una attenzione particolare viene rivolta agli avvenimenti interni al PSI, PSIUP e PCI, ripetutamente invitati a unirsi in Programma Comune come in Francia, a cui i posadisti danno pieno appoggio.

Prevedendo una dinamica golpista del capitalismo italiano, in combutta con la CIA, il PCR si schiera ripetutamente, a partire dalle elezioni del 1972, per un voto critico al PCI e propone la parola d’ordine del “governo PCI-PSI sinistra DC con l’appoggio dei sindacati”.

 

L’inserimento della “sinistra DC” in una coalizione di sinistra viene vista nella prospettiva di provocare la spaccatura della DC, guadagnando la sua base di massa alla prospettiva della costruzione di un Partito Cattolico di Sinistra alleato ai partiti operai e ai sindacati nella costruzione del Socialismo (...)[42].

 

Durante la Quarta Conferenza del PCR (T) nazionale tenutasi nell’ottobre del 1973 viene anche presentato un rapporto organizzativo da parte di Federico Parodi (alias Luciano Dondero),che evidenzia come l’impegno del PCR resti ancorato verso la base del PSI e del PCI.

Il rapporto segnala come

 

     la Conferenza  ha mostrato un équipe di quadri giovani, maturi, omogenei, internazionalisti, fusi con i testi di Posadas e disposti a imparare tutto che è necessario nelle scadenze più brevi possibili, sviluppando la vita collettiva e il costante esame critico e autocritico, con l’orientamento di Posadas e dell’Internazionale.

     La vita collettiva di tre giorni, il lavoro in comune le canzoni rivoluzionarie, le esperienze intercambiate hanno anche dato una dimostrazione di spirito comunista, posadista, dell’équipe educato da Posadas, anche per legarsi alle masse del Cile o del Vietnam, non solo per la teoria ma anche per i sentimenti (..)[43].

 

A partire dalla metà degli anni ’70 le bizzarrie di Posadas finiscono per ridurre il PCR a una caricatura di organizzazione, facendolo diventare oggetto di lazzi in tutta la sinistra.

Ora gli articoli di Posadas su Lotta Operaia finiscono per coprire ogni aspetto della vita sociale: dal “rapporto dei bambini con il genere umano”, al “fronte unico con gli UFO”, dalla “utilizzazione rivoluzionaria delle vacanze”, alla “concezione comunista dei giochi sportivi” (in occasione delle Olimpiadi di Monaco del ’72),  fino alla “ vita capitalista e la guida delle automobili”.

 

(...) il trotskista-posadista che guida le automobili che guida l’auto deve sentire che la voluttuosità che gli produce guidare l’auto si esprime in una infinità di espressioni che lo portano a dimenticare le esperienze che sta vivendo e la sensatezza (...) Non bisogna avere paura quando si guida. Quando c’è uno spazio sufficiente bisogna metterci l’automobile, senza disputa. Nel non avere dispute con l’auto si eleva la capacità di valutare bene lo spazio. (...) Non c’è disputa con l’altra automobile, né competizione, né impegno per sorpassarla, o negligenza. Già esiste una comunicazione con gli altri autisti. Ci sono, sempre meno scontri. (...)  La rabbia sociale si concentra contro il governo (...)[44].

 

Con la morte di Posadas avvenuta a Roma nel 1981, l’attività della sezione italiana che aveva, per tutti gli anni ’70  e primi anni ’80, pubblicato una serie infinita di suoi articoli, opuscoli, libri nell’ultimo periodo ormai tutti più o meno sul livello di quello sugli automobilisti, si è diradata fino praticamente a scomparire.

 

Il Programma Trotskista

 

E’ un bollettino pubblicato solo per due numeri tra la fine del 1977 e l’aprile del 1979 quando il  NSd’I (Nucleo Spartacista d’Italia) diretto da M. Braccini (che si era nel frattempo trasferito da Belluno a Torino)  aveva già rotto con la TSI. Il primo numero del bollettino è diviso in tre parti in cui si analizzano:

1. i motivi della rottura tra TSI e NSd’I

2. una documentazione sulla prime fasi di vita della FMR

3. un ampio dossier teorico “su deformazioni bordighiste e centrismo gramsciano”

Il secondo numero che propone un altro lungo (ed interessante) sul ruolo dei bordighisti davanti alla rivoluzione spagnola[45] propone un editoriale in cui si fanno alcune considerazioni sulla storia del trotskismo italiano:

 

Il minuscolo gruppetto di GCR sopravvissuto alla scissione di Avanguardia Operaia, rinunciando al solito a fare un bilancio della  sua disfatta, tenterà di recupero movimentista, privo di serie prospettive politiche, accodandosi di volta in volta al gruppo centrista prevalente nel momento. A partire dal 1975 si aprirà una fase di scissioni in rapida successione, che porterà alla nascita di una mezza dozzina di raggruppamenti trotskisti. L’atteggiamento fusionista che prevale oggi nel 1978, non sorgendo da un bilancio politico e da una reale prospettiva politica, non deve creare illusioni[46]

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Braccini, dopo aver abbandonato il trotskismo, si è orientato verso la socialdemocrazia pubblicando per un certo periodo la rivista “La fattoria degli animali”.

 

Coordinamento Falce Martello.

 

I militanti del Coordinamento Falce Martello provengono, in gran parte, dall’esperienza del bordighismo e poi dal tentativo di costruire un polo trotskista “non ortodosso” assieme ai vari frammenti usciti dai GCR nel 1974-’75. Anche con questi però si arriva a una rapida rottura (prima con il GBL e poi con la FMR) in quanto considerati ormai

 

(...) incapaci di aggiornare e sviluppare concretamente l’indirizzo generale a fronte delle intervenute modificazioni di ordine oggettivo - rapporto tra le classi - e soggettivo - rapporti ‘interni’ al movimento operaio. Il testo del ’38 non dà, infatti,  nessuna risposta specifica agli avvenimenti che si sono prodotti successivamente, dallo  esito della seconda guerra mondiale in avanti, e non si può dare una risposta alle questioni che si presentano nel 1975, dopo quegli avvenimenti, riportandosi puramente e semplicemente ad esso (...)[47].

 

In seguito a ciò questo gruppo, presente essenzialmente in Liguria (C. Basile e R. Bruzzone) oltre che a Torino (Roberto Pata), Belluno (Bruno da Boit) e Roma (Raffaele Scaruffi) inizia a pubblicare nel novembre del 1975 il giornale Falcemartello (accompagnato dal bollettino interno Contro La Corrente) l’organo dell’omonimo Coordinamento. Come viene spiegato nella presentazione del primo numero:

 

I promotori hanno compiuto esperienze diverse nell’estrema sinistra italiana ed internazionale (...) e si richiamano a tradizioni politiche come a posizioni politiche non omogenee. Ciò che li ha accomunati, come terreno di discussione e confronto, è il fatto di non riconoscersi nelle linee di costruzione  del partito rivoluzionario portate avanti, consapevolmente o meno, dalle organizzazioni che operano attualmente nell’area del movimento operaio italiano.(...)”[48].

 

In sostanza il coordinamento vuole essere un luogo di confronto, che pur partendo da posizioni politiche assai diverse, possa verificare anche in relazione agli avvenimenti della lotta di classe  una ipotesi di lavoro sul partito rivoluzionario. Il coordinamento si dimostra però fragile e non regge all’onda degli avvenimenti successivi alle elezioni del 20 giugno. In seguito da parte di alcuni membri del coordinamento verrà costituita la Lega Leninista[49] (LL) che pur richiamandosi a Trotsky si collocherà all’esterno delle eresie storiche del movimento operaio, più vicina alle elaborazioni dei settori più ideologizzati dell’Autonomia.

 

Il Gruppo Rivoluzione Permanente (Torino).

 

Il GRP di Torino non è da confondere con l’omonima formazione napoletana operante più o meno sempre alla metà degli anni ’70. Il gruppo torinese è il prodotto dell’espulsione dai GCR del leader operaio della Nebiolo, Vito Risceglie.

Risceglie, assieme ai compagni già membri della cellula dei GCR della Nebiolo e della Fiat Ferriere - di cui segue per il sindacato in qualità di funzionario il lavoro del C.d.F. - e di alcuni insegnanti, costituisce nel 1974 il GRP (Torino). La peculiarità della composizione sociale prettamente operaia non serve comunque a sormontare le difficoltà della costruzione di una formazione politica alternativa ai GCR.

 

Il nostro gruppo aveva una ventina di militanti. Per il trotskismo italiano rappresentò un fatto inedito in quanto a omogeneità di composizione di classe. Allo stesso tempo ci rendevamo conto di avere dei limiti di elaborazione di prospettive in quanto gruppo locale. Cominciano in quel periodo i nostri incontri e relazioni con altri gruppi trotskisti italiani il GBL, LSR ,ecc. ma anche con gruppi francesi come i lambertisti  e Lutté Ouvrieré (LO). Quest’ultimo era il gruppo anche per la nostra derivazione sociale che ci interessava maggiormente. Ma mettersi sulla strada come quella LO ci intimoriva per l’impegno e per le difficoltà che comportava[50].

Il GRP, infatti, dopo aver rotto con la FMR di Massari in cui però  continua  a riconoscersi sotto il profilo programmatico, entra in contatto con molti gruppi trotskisti anche stranieri, come abbiamo visto, aprendo un vivace scambio di opinioni, informazioni e discussioni. Tra il 1974 e il 1976, il gruppo pubblica un ciclostilato intitolato Rivoluzione Permanente, in alcuni casi assieme al gruppo napoletano con cui condivide, in un primo momento, molte delle posizioni. Nel 1975 e nel 1976 il GRP si schiererà per il voto al PCI.

Nel 1976 il GRP partecipa anche al Congresso di fondazione della LSR a Napoli per uscirne subito dopo aver criticato la posizione del governo “PCI-PSI-Sindacati”, assunta dalla neonata organizzazione. Senza prospettive politiche, verso la fine del ’76 stesso la maggioranza del GRP si orienta per il rientro nei GCR convinta che, malgrado le divergenze internazionali, solo in quell’ambito si possa sviluppare un lavoro coerente nella realtà delle fabbriche torinesi. Vito Bisceglie invece decide di rimanere fuori dai GCR e di abbandonare la milizia politica attiva.

 

Gruppo Trotskista Internazionalista.

 

Il gruppo pubblica a Milano un ciclostilato denominato Lotta di Classe che esce con una certa regolarità dal 1976 fino anche agli anni ’80. In un certo periodo accosta al ciclostilato una rivista più corposa In difesa del Programma di Transizione. Il gruppo, che per un certo periodo di tempo simpatizza con l’organizzazione francese LO pur non facendo parte mai organicamente della sua tendenza internazionale, è fortemente condizionato dalla personalità del suo principale animatore, Alberto Belcamino, già militante bordighista che coltiva velleità di elaborazione teorica. A questo proposito, il Belcamino, ha pubblicato un volume intitolato Il Superimperialismo, che dovrebbe rappresentare una sistemazione e un aggiornamento della teoria leninista sull’imperialismo. Il gruppo si è sciolto senza lasciare tracce.

 

Organizzazione/Collettivo Falce Martello

 

Dopo il Congresso del 1975, il gruppo milanese giovanile dei GCR, il Collettivo Soviet che pubblicava la rivista omonima decide di rompere con l’organizzazione, orientandosi verso un “progetto di costruzione di un’organizzazione socialista rivoluzionaria della gioventù”. Questo collettivo, che si riconosceva genericamente nella T5 afferma, in un documento di presentazione, che il suo obbiettivo è quello di

 

emancipare l’intervento dal solo terreno della scuola, raggiungere i giovani ovunque essi si trovino e fornire loro una possibilità di organizzazione e una prospettiva di soluzione per ogni tipo di problema che si trovino ad affrontare; eliminare per poter far questo, ogni rigidità teorica nel reclutamento, per poter attrarre i giovani radicalizzati che tuttavia non hanno ancora deciso di entrare a far parte di un partito politico della sinistra (...)[51].

 

Il progetto tuttavia si dimostra effimero. Dopo la pubblicazione di alcuni numeri di un nuovo giornale titolato Falce Martello, segnato da forti spunti giovanilistici, il gruppo si frammenta in varie direzioni in parte aderendo alla LSR e in parte formando il Collettivo Falcemartello.

 

Falcemartello afferma di aver rotto con l’organizzazione giovanile per i suoi cedimenti al centrismo, allo spontaneismo ed al giovanilismo e contro la stessa degenerazione organizzativa di questo gruppo  che aveva ormai abbandonato le premesse politiche maturate (...)[52].

 

Pur essendo costituito essenzialmente da giovanissimi, il gruppo si pone nell’ottica della ricostruzione di una organizzazione politica complessiva,  cimentandosi anche in analisi sulla situazione politica italiana e internazionale. Il gruppo riprende le tematiche della frattura tra base e vertice del PCI, la polemica nei confronti del S.U. sull’estremismo, la centralità della necessità di costituire una tendenza rivoluzionaria nel sindacato. Viene avviata anche una discussione internazionale con il CORQI, che però non avrà seguito. Nel 1978 gran parte di questo gruppo ha aderito alla Lega Comunista.

 

GMR (Gruppo Marxista Rivoluzionario) - (Brescia)

 

Nasce a Brescia nel 1973 dall’incontro di alcuni militanti già sperimentati provenienti dall’esperienza della Sinistra Comunista (Programma Comunista e Azione Comunista) e alcuni giovani militanti che erano passati per tutta la trafila delle organizzazioni di estrema sinistra, per approdare a un inedito “trotskismo con venature operaiste”. Il gruppo interviene nelle scuole cittadine soprattutto partendo dalla parola d’ordine del  “boicottaggio dei decreti delegati” (siamo nel 1974) ma anche in alcune delle fabbriche con più forte tradizione di lotta. 

     Malgrado facessimo riferimento a una tradizione come il trotskismo per lungo tempo ghettizzata ed emarginata, non ci sentimmo mai affetti dalla malattia del minoritarismo. Una parte dei militanti era giovane (ed io ero tra questi) ed inesperti mentre il “nucleo fondatore” conosceva bene l’ambiente delle organizzazioni a sinistra del PCI e l’aveva abbandonato proprio per le sue carenze di fondo. Avevamo, al contrario, una gran voglia di fare e la consapevolezza di aver una preparazione politica e teorica media superiore a quella degli altri militanti nostri coetanei degli altri gruppi. C’era un grande affiatamento nel nostro gruppo che del resto raggiunse, nel momento di suo massimo splendore, la trentina di aderenti.[53]

 

Per tutto questo periodo il GMR segue anche abbastanza intensamente il dibattito internazionale del S.U. e soprattutto le vicende della sezione francese, il cui prestigio non poteva colpire l’immaginazione dei giovani militanti del GMR[54].

Con la Conferenza del 1975 il GMR entrò a far parte dei GCR costituendo la sua cellula locale.

Subito dopo la Conferenza dei GCR del febbraio del 1977 una minoranza rilevante del gruppo dirigente dei GCR bresciani romperà con la “Quarta”, (ormai  vista come una organizzazione tutta interna al dinamica del gauchisme e giudicata incapace di porsi all’altezza delle necessità di strutturazione “militare”), collegandosi alle realtà operaie milanesi di Senza Tregua ed aderendo poi a Prima Linea. Questi militanti fuoriuscirono poi dalla lotta armata per prendere la strada dell’esilio parigino, nel 1980.

 

 

Altre organizzazioni trotskiste

 

A cavallo tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 soggiornò a Milano per qualche tempo Grandizo Munis[55]. Già dirigente trotskista spagnolo durante la guerra civile, nella sua permanenza a Milano ebbe contatti, attraverso Benjamin Peret, con Arturo Schwartz[56]. Pubblica in questo periodo, in mezzo a mille difficoltà economiche, sotto la denominazione di “gruppo M” proprio a Milano il suo giornale Alarma! che diffonde poi clandestinamente in Spagna. Munis in questo periodo ha già da tempo rotto con il trotskismo, sviluppando una peculiare elaborazione politica che si colloca all’interno della più vasta galassia del comunismo libertario. Sempre a Milano in quell’anno finisce di scrivere il suo saggio più celebre Per un secondo manifesto comunista[57].

Negli anni ’70 si hanno notizie frammentarie dell’esistenza di un gruppo di Allarme! anche in Italia: animato principalmente da un giovane studente greco, il bollettino Allarme! è a tutt’oggi irreperibile.

Una certa attività “sotterranea” hanno continuato a svolgere il gruppo di militanti (Gianfranco De Regis, Alberto Pian) legati al CORQI (lambertisti).  Dopo essere usciti dal PdUP entravano fugacemente a far parte della LSR (in contemporanea con la formazione del Comitato Paritetico a seguito della rottura della FB con il S.U.), da cui uscivano però quasi subito per la rottura verticale del Comitato Paritetico intorno alla tattica da seguire in Francia dopo la vittoria elettorale di Mitterand nel 1981.

 La Tendenza Marxista Rivoluzionaria della Quarta Internazionale (TMR), da non confondere con la tendenza di Massari all’interno dei GCR, era invece un gruppo che aveva aderito alla scissione del S.U. operata da Pablo nel 1965. Denominatasi poi anche Tendenza Marxista Internazionale, opera a Roma e Bari a partire dal 1971, riprendendo i temi del tardo pablismo: autogestione, luxemburghismo, terzomondismo. Non aveva un proprio giornale e si è sciolta da molto tempo.

Un altro gruppo che si definiva trotskista, pur essendo in realtà una setta degenerata senza alcuna connotazione politica, era quello dei Comitati Operai Internazionali. Il guru americano del sinistro raggruppamento internazionale International Caucus of Labor Committees, Lynn Marcus ha più tardi “svoltato” verso la destra estrema. Il gruppo italiano pubblicava il libello Bollettino Internazionale (e anche per qualche periodo il settimanale Nuova Solidarietà) da cui è possibile proporre alcuni estratti può far meglio comprendere la natura del gruppo:

(...) la vita politica del PSP [Partito Socialista Portoricano] è il principio dell’impotenza sessuale del ‘machismo’ estesa al campo della commedia politica

oppure

La paura fondamentale dei Francesi e l’obiettivo conscio o inconscio della loro attenzione e la paura della merda[58].

E con questo, probabilmente, di questo bizzarro gruppo abbiamo già detto abbastanza.

 

 

 

 

   

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 


 

[1] Bollettino della Frazione Marxista Rivoluzionaria della IV Internazionale (di seguito Bollettino della FMR) n.8 febbraio 1976 “Le origini storiche del centrismo sui generis” [Archivio Gambino-Verdoja, Torino].

[2] Vedi paragrafo dedicato a questo gruppo in questo saggio.

[3] Per un approfondimento di queste intricate vicende si veda Bollettino della FMR n 2 giugno 1975 “Il Gruppo Rivoluzione Permanente” e “Il programma trotskysta” n. 1 “FMR: centrismo communis generis (I)”

[4] In uno dei primi bollettini si afferma tra l’altro che “(...) un criterio politico non può costituire la discriminante per valutare una creazione intellettuale; un artista politicamente ‘non impegnato’ oppure reazionario è in grado di dare un contributo alla causa della rivoluzione, nella misura in cui  ciò che esprime aumenta la conoscenza sulla realtà umana e sociale. La storia della cultura di quest’ultimo secolo registra molti esempi di questo genere da Van Gogh ai compagni di strada dell’Ottobre russo, dal teatro di Ionesco all’arte letteraria di Solgenicin. Il marxismo rivoluzionario non deve mai rifiutare apporti simili.” Bollettino speciale della FMR n 5 ottobre 1975 “Ideologia del riformismo e cultura rivoluzionaria”

[5]  Bollettino della FMR  n 11 maggio 1976 “Per un uso rivoluzionario delle elezioni borghesi”

[6]  Bollettino della FMR n 11 maggio 1976 “Il pateracchio elettorale di Democrazia Proletaria”.

[7]  Bollettino della FMR n 12 giugno 1976 “In Italia prosegue la polarizzazione tra le classi”.

[8] Bollettino della FMR n 13 agosto-settembre 1976 “Verso la costruzione della Lega Comunista”

[9] La Classe n. 5-6 marzo-aprile 1977 R. Massari “Movimento di massa e PCI”

[10] La Classe n. 5-6 art. cit.

[11] La Classe n. 7 maggio 1977 “A sinistra del PCI, sì ma con chi?”

[12]  La Classe n. 7 art. cit.

[13] La Classe n 9 settembre-ottobre 1977 “Sul Convegno di Bologna”

[14] La Classe n. 17-18 settembre- ottobre 1978 “Declino del compromesso storico”  (Documenti del II Congresso della Lega Comunista)

[15]  La  Classe, ibidem. In relazione alle posizioni sul terrorismo della Lega Comunista  è utile leggere anche il contributo individuale di R. Massari di ricostruzione del dibattito nel marxismo rivoluzionario su tale questione. R. Massari “Marxismo e critica del terrorismo” (Roma, 1979)

[16] E’ il caso di Stefano Fato arrestato nell’aprile del 1979 per associazione sovversiva, uso di esplosivi e danneggiamento. Verrà in seguito scagionato da ogni accusa.

[17]  “La proposta ‘elettorale’ della Lega Comunista”  supplemento a La Classe  n 23

[18] La Classe  n. 30 maggio 1980 “Elezioni amministrative”

[19] Lega Comunista “Bollettino interno di discussione” Documento politico per il III Congresso della LC:”Proposta di fusione con democrazia Proletaria”

[20]  Lega Comunista, ibidem.

[21] Una delle più famose manifestazioni della gioventù trotskista in Francia a cui parteciparono circa 5.000 giovani della Alliance des Jeunesses por le socialisme e, in misura minore, dei Young Socialists.

[22] La scissione avvenuta tra il 1971-’72 è il prodotto di un accumulo di tensioni tra le due sezioni principali del C.I. : la OCI francese e la SLL (Socialist Labour Legue) di G. Healy inglese. Le divergenze riguardavano la questione boliviana, il materialismo dialettico e il lavoro internazionale. Per un resoconto dettagliato vedi R. Alexander, op. cit.

[23] I militanti del CORQI vengono chiamati nell’ambiente trotskista “lambertisti” dal nome del loro principale dirigente Pierre Lambert. La politica di questa organizzazione è improntata in Francia a un’attenzione particolare verso il Partito Socialista, con l’adesione e l’inserimento anche nel sindacato Force Ouvriére. In anni recenti ha dato vita al “Partito dei Lavoratori” una formazione “larga” in cui non è necessaria l’adesione al trotskismo per militarvi.

[24] Ottobre n. 1 anno II Gennaio-Febbraio 1974 “La lotta per i soviet : le lezioni del Cile”.

[25] Ottobre n. 4 anno I ottobre dicembre 1973 “La situazione politica italiana”.

[26] Michel Varga (nom de plume di Balasz Nagy) era stato segretario del Circolo Petòfki ai tempi dell’insurrezione di Budapest del 1956. Esule a Parigi divenne trotskista aderendo prima al CI e poi, dopo la frattura con la SLL, al CORQI. Il suo “caso” esplose con la sua espulsione dal CORQI avvenuta nel 1972 con l’accusa di essere un “doppio” agente del KGB e della CIA. Una commissione internazionale formata da alcuni gruppi trotskisti lo ha in seguito scagionato da ogni addebito.  G. De Regis nell’intervista concessa all’autore ha comunque segnalato come il “caso Varga” sia stato l’elemento scatenante di tutte una serie di divergenze politiche già presenti nella “Cellula”. Vedi Intervista dell’autore a Giancarlo De Regis”.

[27]Il Militante n. 1 19 ottobre 1974 “Per una prima informazione”.

[28]Il Militante maggio 1976. “BR - Alcune considerazioni di metodo”.

[29] Il Militante I-III Trimestre 1979 “Tesi della III Conferenza Nazionale del GBL”

[30] Vedi paragrafo in questo capitolo

[31] Si veda il paragrafo dedicato al GBL.

[32] Vedi capitolo 4

[33]  Ne “Il Comunista” n. 1 novembre-dicembre 1980 in un articolo titolato “Le origini del Gruppo Operaio Rivoluzionario” vengono riassunti i motivi di dissenso tra l’allora GBL d’Umbria e il GBL, identici a quelli che dividono quest’ultimo gruppo dalla TSI: “La principale divergenza che noi avevamo con i GBL “Il militante” era sulla questione se la IV Internazionale fosse stata distrutta dal pablismo o se invece invece i pablisti insieme ad altre correnti, rappresentassero, seppur in forma deformata, la IV Internazionale (...) Per i compagni de “Il Militante” era stata semplicemente “disorganizzata” e non distrutta dal pablismo, (...) Noi rispondemmo al “Militante” che la IV Internazionale andava ritemprata, ricostruita. Il compito dei rivoluzionari non è quello di unificare le varie tendenze pseudotrotskiste (...)”.

[34] “Il Comunista” n. 1 ibidem

[35] Alla Conferenza tenutasi  in Gran Bretagna partecipavano oltre alla delegazione americana, le sezioni australiane, neozelandesi,tedesche, inglesi, francesi e canadesi, mentre erano invitati oltre gli italiani il RWL (Revolutionary Worker Party) di Ceylon diretto da Edmund Samarakkody.

[36] Spartaco n. 3 febbraio 1981 “Dichiarazione di fusione LTd’I-TSI” 

[37] Ovvero una posizione che non considera progressivi gli stati operai e quindi, nel caso di conflitto bellico, non si schiera per la loro difesa militare. Tali posizioni presero piede nel movimento trotskista già durante la II Guerra Mondiale. Attualmente la tendenza internazionale trotskista “terzocampista” più consistente è l’International Socialism Tendency di Tony Cliff.

[38] “ Afghanistan: perché questa volta difendiamo l’intervento dell’URSS” da Il Comunista  op. cit. Si noti il modo di rapportarsi tipicamente distorto del trotskismo in generale agli avvenimenti. Quel “ Noi siamo in Afghanistan per...” non significa assolutamente che un gruppo del GOR stia combattendo in Afghanistan come uno sprovveduto di letteratura trotskista potrebbe presupporre ma sta piuttosto per “Noi in relazione agli avvenimenti sosteniamo....”. Il continuo prendere partito in modo netto su qualsiasi avvenimento mondiale con cui poi demarcarsi da ogni altra tendenza diviene una pratica ossessiva tanto più si è lontani ed ininfluenti dagli avvenimenti. Così per la propaganda tra l’Armata Rossa si deve passare al condizionale (si noti comunque quel surreale “ovviamente clandestina”) : “Noi svolgeremmo...”

[39] Il Comunista “Afghanistan: ...” ibidem

[40]  A. Cascone “Colloquio con D. Giachetti effettuato il 29 agosto 1988”. A. Cascone dopo aver abbandonato i GCR aveva intrapreso la professione di avvocato. Negli ultimi anni della sua vita ha collaborato alla rivista Praxis.

[41] Vedi Lotta Operaia n. 3 ottobre 1962 N. Bellini “La lotta degli edili”.

[42]  Lotta Operaia n. 364 24 ottobre 1973 “Si è riunita la Quarta Conferenza Nazionale del nostro partito”

[43] Lotta Operaia ibidem

[44] Lotta Operaia n 420 12 novembre 1974 J. Posadas “La vita capitalista e la guida delle automobili”

[45]A quel tempo non era ancora disponibile la Storia della Sinistra Comunista Italiana della CCI

[46] Il Programma Trotskista “Sotto la bandiera della IV Internazionale” pag.3-4

[47] Supplemento a “Rivoluzione Permanente” febbraio 1975 “Sull’atteggiamento verso la crisi della IV Internazionale”

[48] Falce Martello n. 1 “Ai lettori”

[49] La Lega Leninista pubblicava Fronte di Classe  e i Quaderni della Lega Leninista e si è sciolta alla metà degli anni ’80.

[50] Intervista dell’autore a  Vito Bisceglie citata.

[51] Soviet anno 3 n. 4 “Soviet e i GCR si dividono”

[52] Collettivo Falcemartello “La situazione politica italiana e i compiti dei marxisti rivoluzionari”

[53] Intervista ad un anonimo ex-militante del GMR di Brescia (aprile 1997, inedita). L’anonimato è stato richiesto dall’intervistato non tanto per non prendersi la responsabilità su quanto ha detto ma piuttosto per rivendicare, fino in fondo, una concezione della storia politica non legata al protagonismo individualista. 

[54] “Una volta che Krivine venne a Milano per un comizio, quasi tutto il gruppo andò sentirlo. Volevamo quasi instaurare un rapporto diretto con la LCR senza passare per i GCR italiani. Era questo il sentimento. Avevamo il mito della Ligue: i compagni ricordavano la sua presenza massiccia alla manifestazione per il Cile [qui probabilmente l’intervistato si confonde con la manifestazione europea per il Vietnam di cui ho trattato nel terzo capitolo del libro] e avevano ancora un ricordo fresco della sua messa fuorilegge nel 1973.”

[55] Grandizo Munis, pseudonimo di Grandizo Fernandez, rompe con la Quarta Internazionale sulla questione della natura sociale dell’URSS, nel secondo dopoguerra rimanendo legato a una profonda amicizia con Natalia Sedova, che condivideva con lui il disprezzo per il nuovo gruppo dirigente del Segretariato Internazionale dopo la morte del “vecchio”. Ha fondato un proprio movimento politico il Fomento Obrero Revolucionario che si è di fatto sciolto con la sua morte avvenuta nel 1989. Dalla fine degli anni ’90 è cominciata, presso un editore spagnolo, la pubblicazione delle sue Opere Complete.

[56] Nella intervista a me concessami da Auturo Schwartz, questi  ricorda Munis come “un uomo dal bell’aspetto di grande rigore morale”. Intervista dell’autore ad Arturo Schwartz, aprile 1996

[57] FOR Per un secondo manifesto comunista (Bologna, 1968).

[58] Vedi Il Bollettino Internazionale n. 6 febbraio-marzo 1974.

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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